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12 \chapter{I socket TCP}
13 \label{cha:TCP_socket}
15 In questo capitolo tratteremo le basi dei socket TCP, iniziando con una
16 descrizione delle principali caratteristiche del funzionamento di una
17 connessione TCP; vedremo poi le varie funzioni che servono alla creazione di
18 una connessione fra client e server, fornendo alcuni esempi elementari, e
19 finiremo prendendo in esame l'uso dell'I/O multiplexing.
22 \section{Il funzionamento di una connessione TCP}
23 \label{sec:TCP_connession}
25 Prima di entrare nei dettagli delle singole funzioni usate nelle applicazioni
26 che utilizzano i socket TCP, è fondamentale spiegare alcune delle basi del
27 funzionamento del protocollo, poiché questa conoscenza è essenziale per
28 comprendere il comportamento di dette funzioni per questo tipo di socket, ed
29 il relativo modello di programmazione.
31 Si ricordi che il protocollo TCP serve a creare degli \textit{stream socket},
32 cioè una forma di canale di comunicazione che stabilisce una connessione
33 stabile fra due stazioni, in modo che queste possano scambiarsi dei dati. In
34 questa sezione ci concentreremo sulle modalità con le quali il protocollo dà
35 inizio e conclude una connessione e faremo inoltre un breve accenno al
36 significato di alcuni dei vari \textsl{stati} ad essa associati.
39 \subsection{La creazione della connessione: il \textit{three way handshake}}
40 \label{sec:TCP_conn_cre}
42 \itindbeg{three~way~handshake}
43 Il processo che porta a creare una connessione TCP è chiamato \textit{three
44 way handshake}; la successione tipica degli eventi (e dei
45 \textsl{segmenti}\footnote{si ricordi che il segmento è l'unità elementare di
46 dati trasmessa dal protocollo TCP al livello successivo; tutti i segmenti
47 hanno un header che contiene le informazioni che servono allo \textit{stack
48 TCP} (così viene di solito chiamata la parte del kernel che implementa il
49 protocollo) per realizzare la comunicazione, fra questi dati ci sono una
50 serie di flag usati per gestire la connessione, come SYN, ACK, URG, FIN,
51 alcuni di essi, come SYN (che sta per \textit{syncronize}) corrispondono a
52 funzioni particolari del protocollo e danno il nome al segmento, (per
53 maggiori dettagli vedere sez.~\ref{sec:tcp_protocol}).} di dati che vengono
54 scambiati) che porta alla creazione di una connessione è la seguente:
57 \item Il server deve essere preparato per accettare le connessioni in arrivo;
58 il procedimento si chiama \textsl{apertura passiva} del socket (in inglese
59 \textit{passive open}). Questo viene fatto chiamando la sequenza di funzioni
60 \func{socket}, \func{bind} e \func{listen}. Completata l'apertura passiva il
61 server chiama la funzione \func{accept} e il processo si blocca in attesa di
64 \item Il client richiede l'inizio della connessione usando la funzione
65 \func{connect}, attraverso un procedimento che viene chiamato
66 \textsl{apertura attiva}, dall'inglese \textit{active open}. La chiamata di
67 \func{connect} blocca il processo e causa l'invio da parte del client di un
68 segmento SYN, in sostanza viene inviato al server un pacchetto IP che
69 contiene solo gli header IP e TCP (con il numero di sequenza iniziale e il
70 flag SYN) e le opzioni di TCP.
72 \item il server deve dare ricevuto (l'\textit{acknowledge}) del SYN del
73 client, inoltre anche il server deve inviare il suo SYN al client (e
74 trasmettere il suo numero di sequenza iniziale) questo viene fatto
75 ritrasmettendo un singolo segmento in cui sono impostati entrambi i flag SYN
78 \item una volta che il client ha ricevuto l'acknowledge dal server la funzione
79 \func{connect} ritorna, l'ultimo passo è dare il ricevuto del SYN del
80 server inviando un ACK. Alla ricezione di quest'ultimo la funzione
81 \func{accept} del server ritorna e la connessione è stabilita.
84 Il procedimento viene chiamato \textit{three way handshake} dato che per
85 realizzarlo devono essere scambiati tre segmenti. In fig.~\ref{fig:TCP_TWH}
86 si è rappresentata graficamente la sequenza di scambio dei segmenti che
87 stabilisce la connessione.
89 % Una analogia citata da R. Stevens per la connessione TCP è quella con il
90 % sistema del telefono. La funzione \func{socket} può essere considerata
91 % l'equivalente di avere un telefono. La funzione \func{bind} è analoga al
92 % dire alle altre persone qual è il proprio numero di telefono perché possano
93 % chiamare. La funzione \func{listen} è accendere il campanello del telefono
94 % per sentire le chiamate in arrivo. La funzione \func{connect} richiede di
95 % conoscere il numero di chi si vuole chiamare. La funzione \func{accept} è
96 % quando si risponde al telefono.
99 \centering \includegraphics[width=10cm]{img/three_way_handshake}
100 \caption{Il \textit{three way handshake} del TCP.}
104 Si è accennato in precedenza ai \textsl{numeri di sequenza} (che sono anche
105 riportati in fig.~\ref{fig:TCP_TWH}): per gestire una connessione affidabile
106 infatti il protocollo TCP prevede nell'header la presenza di un numero a 32
107 bit (chiamato appunto \textit{sequence number}) che identifica a quale byte
108 nella sequenza del flusso corrisponde il primo byte della sezione dati
109 contenuta nel segmento.
111 Il numero di sequenza di ciascun segmento viene calcolato a partire da un
112 \textsl{numero di sequenza iniziale} generato in maniera casuale del kernel
113 all'inizio della connessione e trasmesso con il SYN; l'acknowledgement di
114 ciascun segmento viene effettuato dall'altro capo della connessione impostando
115 il flag ACK e restituendo nell'apposito campo dell'header un
116 \textit{acknowledge number}) pari al numero di sequenza che il ricevente si
117 aspetta di ricevere con il pacchetto successivo; dato che il primo pacchetto
118 SYN consuma un byte, nel \textit{three way handshake} il numero di acknowledge
119 è sempre pari al numero di sequenza iniziale incrementato di uno; lo stesso
120 varrà anche (vedi fig.~\ref{fig:TCP_close}) per l'acknowledgement di un FIN.
122 \itindend{three~way~handshake}
125 \subsection{Le opzioni TCP.}
126 \label{sec:TCP_TCP_opt}
128 Ciascun segmento SYN contiene in genere delle opzioni per il protocollo TCP,
129 le cosiddette \textit{TCP options},\footnote{da non confondere con le opzioni
130 dei socket TCP che tratteremo in sez.~\ref{sec:sock_tcp_udp_options}, in
131 questo caso si tratta delle opzioni che vengono trasmesse come parte di un
132 pacchetto TCP, non delle funzioni che consentono di impostare i relativi
133 valori.} che vengono inserite fra l'header e i dati, e che servono a
134 comunicare all'altro capo una serie di parametri utili a regolare la
135 connessione. Normalmente vengono usate le seguenti opzioni:
138 \item \textit{MSS option}, dove MMS sta per
139 \itindex{Maximum~Segment~Size~(MSS)} \textit{Maximum Segment Size}, con
140 questa opzione ciascun capo della connessione annuncia all'altro il massimo
141 ammontare di dati che vorrebbe accettare per ciascun segmento nella
142 connessione corrente. È possibile leggere e scrivere questo valore
143 attraverso l'opzione del socket \const{TCP\_MAXSEG} (vedi
144 sez.~\ref{sec:sock_tcp_udp_options}).
146 \item \textit{window scale option}, il protocollo TCP implementa il controllo
147 di flusso attraverso una \textit{advertised window} (la ``\textsl{finestra
148 annunciata}'', vedi sez.~\ref{sec:tcp_protocol_xxx}) con la quale ciascun
149 capo della comunicazione dichiara quanto spazio disponibile ha in memoria
150 per i dati. Questo è un numero a 16 bit dell'header, che così può indicare
151 un massimo di 65535 byte;\footnote{in Linux il massimo è 32767 per evitare
152 problemi con alcune implementazioni che usano l'aritmetica con segno per
153 implementare lo stack TCP.} ma alcuni tipi di connessione come quelle ad
154 alta velocità (sopra i 45Mbit/sec) e quelle che hanno grandi ritardi nel
155 cammino dei pacchetti (come i satelliti) richiedono una finestra più grande
156 per poter ottenere il massimo dalla trasmissione. Per questo esiste questa
157 opzione che indica un fattore di scala da applicare al valore della finestra
158 annunciata\footnote{essendo una nuova opzione per garantire la compatibilità
159 con delle vecchie implementazioni del protocollo la procedura che la
160 attiva prevede come negoziazione che l'altro capo della connessione
161 riconosca esplicitamente l'opzione inserendola anche lui nel suo SYN di
162 risposta dell'apertura della connessione.} per la connessione corrente
163 (espresso come numero di bit cui spostare a sinistra il valore della
164 finestra annunciata inserito nel pacchetto). Con Linux è possibile indicare
165 al kernel di far negoziare il fattore di scala in fase di creazione di una
166 connessione tramite la \textit{sysctl} \itindex{TCP~window~scaling}
167 \texttt{tcp\_window\_scaling} (vedi
168 sez.~\ref{sec:sock_ipv4_sysctl}).\footnote{per poter usare questa
169 funzionalità è comunque necessario ampliare le dimensioni dei buffer di
170 ricezione e spedizione, cosa che può essere fatta sia a livello di sistema
171 con le opportune \textit{sysctl} (vedi sez.~\ref{sec:sock_ipv4_sysctl})
172 che a livello di singoli socket con le relative opzioni (vedi
173 sez.~\ref{sec:sock_tcp_udp_options}).}
175 \item \textit{timestamp option}, è anche questa una nuova opzione necessaria
176 per le connessioni ad alta velocità per evitare possibili corruzioni di dati
177 dovute a pacchetti perduti che riappaiono; anche questa viene negoziata come
182 La MSS \itindex{Maximum~Segment~Size~(MSS)} è generalmente supportata da quasi
183 tutte le implementazioni del protocollo, le ultime due opzioni (trattate
184 nell'\href{http://www.ietf.org/rfc/rfc1323.txt}{RFC~1323}) sono meno comuni;
185 vengono anche dette \textit{long fat pipe options} dato che questo è il nome
186 che viene dato alle connessioni caratterizzate da alta velocità o da ritardi
187 elevati. In ogni caso Linux supporta pienamente entrambe le opzioni.
190 \subsection{La terminazione della connessione}
191 \label{sec:TCP_conn_term}
193 Mentre per la creazione di una connessione occorre un interscambio di tre
194 segmenti, la procedura di chiusura ne richiede normalmente quattro. In questo
195 caso la successione degli eventi è la seguente:
198 \item Un processo ad uno dei due capi chiama la funzione \func{close}, dando
199 l'avvio a quella che viene chiamata \textsl{chiusura attiva} (o
200 \textit{active close}). Questo comporta l'emissione di un segmento FIN, che
201 serve ad indicare che si è finito con l'invio dei dati sulla connessione.
203 \item L'altro capo della connessione riceve il FIN e dovrà eseguire la
204 \textsl{chiusura passiva} (o \textit{passive close}). Al FIN, come ad ogni
205 altro pacchetto, viene risposto con un ACK, inoltre il ricevimento del FIN
206 viene segnalato al processo che ha aperto il socket (dopo che ogni altro
207 eventuale dato rimasto in coda è stato ricevuto) come un end-of-file sulla
208 lettura: questo perché il ricevimento di un FIN significa che non si
209 riceveranno altri dati sulla connessione.
211 \item Una volta rilevata l'end-of-file anche il secondo processo chiamerà la
212 funzione \func{close} sul proprio socket, causando l'emissione di un altro
215 \item L'altro capo della connessione riceverà il FIN conclusivo e risponderà
219 Dato che in questo caso sono richiesti un FIN ed un ACK per ciascuna direzione
220 normalmente i segmenti scambiati sono quattro. Questo non è vero sempre
221 giacché in alcune situazioni il FIN del passo 1) è inviato insieme a dei dati.
222 Inoltre è possibile che i segmenti inviati nei passi 2 e 3 dal capo che
223 effettua la chiusura passiva, siano accorpati in un singolo segmento. In
224 fig.~\ref{fig:TCP_close} si è rappresentato graficamente lo sequenza di
225 scambio dei segmenti che conclude la connessione.
228 \centering \includegraphics[width=10cm]{img/tcp_close}
229 \caption{La chiusura di una connessione TCP.}
230 \label{fig:TCP_close}
233 Come per il SYN anche il FIN occupa un byte nel numero di sequenza, per cui
234 l'ACK riporterà un \textit{acknowledge number} incrementato di uno.
236 Si noti che, nella sequenza di chiusura, fra i passi 2 e 3, è in teoria
237 possibile che si mantenga un flusso di dati dal capo della connessione che
238 deve ancora eseguire la chiusura passiva a quello che sta eseguendo la
239 chiusura attiva. Nella sequenza indicata i dati verrebbero persi, dato che si
240 è chiuso il socket dal lato che esegue la chiusura attiva; esistono tuttavia
241 situazioni in cui si vuole poter sfruttare questa possibilità, usando una
242 procedura che è chiamata \itindex{half-close} \textit{half-close}; torneremo
243 su questo aspetto e su come utilizzarlo in sez.~\ref{sec:TCP_shutdown}, quando
244 parleremo della funzione \func{shutdown}.
246 La emissione del FIN avviene quando il socket viene chiuso, questo però non
247 avviene solo per la chiamata esplicita della funzione \func{close}, ma anche
248 alla terminazione di un processo, quando tutti i file vengono chiusi. Questo
249 comporta ad esempio che se un processo viene terminato da un segnale tutte le
250 connessioni aperte verranno chiuse.
252 Infine occorre sottolineare che, benché nella figura (e nell'esempio che
253 vedremo più avanti in sez.~\ref{sec:TCP_echo}) sia stato il client ad eseguire
254 la chiusura attiva, nella realtà questa può essere eseguita da uno qualunque
255 dei due capi della comunicazione (come nell'esempio di
256 fig.~\ref{fig:TCP_daytime_iter_server_code}), e anche se il caso più comune
257 resta quello del client, ci sono alcuni servizi, il principale dei quali è
258 l'HTTP, per i quali è il server ad effettuare la chiusura attiva.
261 \subsection{Un esempio di connessione}
262 \label{sec:TCP_conn_dia}
264 Come abbiamo visto le operazioni del TCP nella creazione e conclusione di una
265 connessione sono piuttosto complesse, ed abbiamo esaminato soltanto quelle
266 relative ad un andamento normale. In sez.~\ref{sec:TCP_states} vedremo con
267 maggiori dettagli che una connessione può assumere vari stati, che ne
268 caratterizzano il funzionamento, e che sono quelli che vengono riportati dal
269 comando \cmd{netstat}, per ciascun socket TCP aperto, nel campo
272 Non possiamo affrontare qui una descrizione completa del funzionamento del
273 protocollo; un approfondimento sugli aspetti principali si trova in
274 sez.~\ref{sec:tcp_protocol}, ma per una trattazione completa il miglior
275 riferimento resta \cite{TCPIll1}. Qui ci limiteremo a descrivere brevemente un
276 semplice esempio di connessione e le transizioni che avvengono nei due casi
277 appena citati (creazione e terminazione della connessione).
279 In assenza di connessione lo stato del TCP è \texttt{CLOSED}; quando una
280 applicazione esegue una apertura attiva il TCP emette un SYN e lo stato
281 diventa \texttt{SYN\_SENT}; quando il TCP riceve la risposta del SYN$+$ACK
282 emette un ACK e passa allo stato \texttt{ESTABLISHED}; questo è lo stato
283 finale in cui avviene la gran parte del trasferimento dei dati.
285 Dal lato server in genere invece il passaggio che si opera con l'apertura
286 passiva è quello di portare il socket dallo stato \texttt{CLOSED} allo
287 stato \texttt{LISTEN} in cui vengono accettate le connessioni.
289 Dallo stato \texttt{ESTABLISHED} si può uscire in due modi; se un'applicazione
290 chiama la funzione \func{close} prima di aver ricevuto un
291 \textit{end-of-file} (chiusura attiva) la transizione è verso lo stato
292 \texttt{FIN\_WAIT\_1}; se invece l'applicazione riceve un FIN nello stato
293 \texttt{ESTABLISHED} (chiusura passiva) la transizione è verso lo stato
294 \texttt{CLOSE\_WAIT}.
296 In fig.~\ref{fig:TCP_conn_example} è riportato lo schema dello scambio dei
297 pacchetti che avviene per una un esempio di connessione, insieme ai vari stati
298 che il protocollo viene ad assumere per i due lati, server e client.
301 \centering \includegraphics[width=9cm]{img/tcp_connection}
302 \caption{Schema dello scambio di pacchetti per un esempio di connessione.}
303 \label{fig:TCP_conn_example}
306 La connessione viene iniziata dal client che annuncia una
307 \itindex{Maximum~Segment~Size~(MSS)} MSS di 1460, un valore tipico con Linux
308 per IPv4 su Ethernet, il server risponde con lo stesso valore (ma potrebbe
309 essere anche un valore diverso).
311 Una volta che la connessione è stabilita il client scrive al server una
312 richiesta (che assumiamo stare in un singolo segmento, cioè essere minore dei
313 1460 byte annunciati dal server), quest'ultimo riceve la richiesta e
314 restituisce una risposta (che di nuovo supponiamo stare in un singolo
315 segmento). Si noti che l'acknowledge della richiesta è mandato insieme alla
316 risposta: questo viene chiamato \textit{piggybacking} ed avviene tutte le
317 volte che il server è sufficientemente veloce a costruire la risposta; in
318 caso contrario si avrebbe prima l'emissione di un ACK e poi l'invio della
321 Infine si ha lo scambio dei quattro segmenti che terminano la connessione
322 secondo quanto visto in sez.~\ref{sec:TCP_conn_term}; si noti che il capo della
323 connessione che esegue la chiusura attiva entra nello stato
324 \texttt{TIME\_WAIT}, sul cui significato torneremo fra poco.
326 È da notare come per effettuare uno scambio di due pacchetti (uno di richiesta
327 e uno di risposta) il TCP necessiti di ulteriori otto segmenti, se invece si
328 fosse usato UDP sarebbero stati sufficienti due soli pacchetti. Questo è il
329 costo che occorre pagare per avere l'affidabilità garantita dal TCP, se si
330 fosse usato UDP si sarebbe dovuto trasferire la gestione di tutta una serie di
331 dettagli (come la verifica della ricezione dei pacchetti) dal livello del
332 trasporto all'interno dell'applicazione.
334 Quello che è bene sempre tenere presente è allora quali sono le esigenze che
335 si hanno in una applicazione di rete, perché non è detto che TCP sia la
336 miglior scelta in tutti i casi (ad esempio se si devono solo scambiare dati
337 già organizzati in piccoli pacchetti l'overhead aggiunto può essere eccessivo)
338 per questo esistono applicazioni che usano UDP e lo fanno perché nel caso
339 specifico le sue caratteristiche di velocità e compattezza nello scambio dei
340 dati rispondono meglio alle esigenze che devono essere affrontate.
342 \subsection{Lo stato \texttt{TIME\_WAIT}}
343 \label{sec:TCP_time_wait}
345 Come riportato da Stevens in \cite{UNP1} lo stato \texttt{TIME\_WAIT} è
346 probabilmente uno degli aspetti meno compresi del protocollo TCP, è infatti
347 comune trovare domande su come sia possibile evitare che un'applicazione resti
348 in questo stato lasciando attiva una connessione ormai conclusa; la risposta è
349 che non deve essere fatto, ed il motivo cercheremo di spiegarlo adesso.
351 Come si è visto nell'esempio precedente (vedi fig.~\ref{fig:TCP_conn_example})
352 \texttt{TIME\_WAIT} è lo stato finale in cui il capo di una connessione che
353 esegue la chiusura attiva resta prima di passare alla chiusura definitiva
354 della connessione. Il tempo in cui l'applicazione resta in questo stato deve
355 essere due volte la MSL (\textit{Maximum Segment Lifetime}).
357 La MSL è la stima del massimo periodo di tempo che un pacchetto IP può vivere
358 sulla rete; questo tempo è limitato perché ogni pacchetto IP può essere
359 ritrasmesso dai router un numero massimo di volte (detto \textit{hop limit}).
360 Il numero di ritrasmissioni consentito è indicato dal campo TTL dell'header di
361 IP (per maggiori dettagli vedi sez.~\ref{sec:ip_protocol}), e viene
362 decrementato ad ogni passaggio da un router; quando si annulla il pacchetto
363 viene scartato. Siccome il numero è ad 8 bit il numero massimo di
364 ``\textsl{salti}'' è di 255, pertanto anche se il TTL (da \textit{time to
365 live}) non è propriamente un limite sul tempo di vita, si stima che un
366 pacchetto IP non possa restare nella rete per più di MSL secondi.
368 Ogni implementazione del TCP deve scegliere un valore per la MSL
369 (l'\href{http://www.ietf.org/rfc/rfc1122.txt}{RFC~1122} raccomanda 2 minuti,
370 Linux usa 30 secondi), questo comporta una durata dello stato
371 \texttt{TIME\_WAIT} che a seconda delle implementazioni può variare fra 1 a 4
372 minuti. Lo stato \texttt{TIME\_WAIT} viene utilizzato dal protocollo per due
375 \item implementare in maniera affidabile la terminazione della connessione
376 in entrambe le direzioni.
377 \item consentire l'eliminazione dei segmenti duplicati dalla rete.
380 Il punto è che entrambe le ragioni sono importanti, anche se spesso si fa
381 riferimento solo alla prima; ma è solo se si tiene conto della seconda che si
382 capisce il perché della scelta di un tempo pari al doppio della MSL come
383 durata di questo stato.
385 Il primo dei due motivi precedenti si può capire tornando a
386 fig.~\ref{fig:TCP_conn_example}: assumendo che l'ultimo ACK della sequenza
387 (quello del capo che ha eseguito la chiusura attiva) venga perso, chi esegue
388 la chiusura passiva non ricevendo risposta rimanderà un ulteriore FIN, per
389 questo motivo chi esegue la chiusura attiva deve mantenere lo stato della
390 connessione per essere in grado di reinviare l'ACK e chiuderla correttamente.
391 Se non fosse così la risposta sarebbe un RST (un altro tipo si segmento) che
392 verrebbe interpretato come un errore.
394 Se il TCP deve poter chiudere in maniera pulita entrambe le direzioni della
395 connessione allora deve essere in grado di affrontare la perdita di uno
396 qualunque dei quattro segmenti che costituiscono la chiusura. Per questo
397 motivo un socket deve rimanere attivo nello stato \texttt{TIME\_WAIT} anche
398 dopo l'invio dell'ultimo ACK, per potere essere in grado di gestirne
399 l'eventuale ritrasmissione, in caso esso venga perduto.
401 Il secondo motivo è più complesso da capire, e necessita di una spiegazione
402 degli scenari in cui può accadere che i pacchetti TCP si possano perdere nella
403 rete o restare intrappolati, per poi riemergere in un secondo tempo.
405 Il caso più comune in cui questo avviene è quello di anomalie
406 nell'instradamento; può accadere cioè che un router smetta di funzionare o che
407 una connessione fra due router si interrompa. In questo caso i protocolli di
408 instradamento dei pacchetti possono impiegare diverso tempo (anche dell'ordine
409 dei minuti) prima di trovare e stabilire un percorso alternativo per i
410 pacchetti. Nel frattempo possono accadere casi in cui un router manda i
411 pacchetti verso un altro e quest'ultimo li rispedisce indietro, o li manda ad
412 un terzo router che li rispedisce al primo, si creano cioè dei circoli (i
413 cosiddetti \textit{routing loop}) in cui restano intrappolati i pacchetti.
415 Se uno di questi pacchetti intrappolati è un segmento TCP, chi l'ha inviato,
416 non ricevendo un ACK in risposta, provvederà alla ritrasmissione e se nel
417 frattempo sarà stata stabilita una strada alternativa il pacchetto ritrasmesso
418 giungerà a destinazione.
420 Ma se dopo un po' di tempo (che non supera il limite dell'MSL, dato che
421 altrimenti verrebbe ecceduto il TTL) l'anomalia viene a cessare, il circolo di
422 instradamento viene spezzato i pacchetti intrappolati potranno essere inviati
423 alla destinazione finale, con la conseguenza di avere dei pacchetti duplicati;
424 questo è un caso che il TCP deve essere in grado di gestire.
426 Allora per capire la seconda ragione per l'esistenza dello stato
427 \texttt{TIME\_WAIT} si consideri il caso seguente: si supponga di avere una
428 connessione fra l'IP \texttt{195.110.112.236} porta 1550 e l'IP
429 \texttt{192.84.145.100} porta 22 (affronteremo il significato delle porte
430 nella prossima sezione), che questa venga chiusa e che poco dopo si
431 ristabilisca la stessa connessione fra gli stessi IP sulle stesse porte
432 (quella che viene detta, essendo gli stessi porte e numeri IP, una nuova
433 \textsl{incarnazione} della connessione precedente); in questo caso ci si
434 potrebbe trovare con dei pacchetti duplicati relativi alla precedente
435 connessione che riappaiono nella nuova.
437 Ma fintanto che il socket non è chiuso una nuova incarnazione non può essere
438 creata: per questo un socket TCP resta sempre nello stato \texttt{TIME\_WAIT}
439 per un periodo di 2MSL, in modo da attendere MSL secondi per essere sicuri che
440 tutti i pacchetti duplicati in arrivo siano stati ricevuti (e scartati) o che
441 nel frattempo siano stati eliminati dalla rete, e altri MSL secondi per essere
442 sicuri che lo stesso avvenga per le risposte nella direzione opposta.
444 In questo modo, prima che venga creata una nuova connessione, il protocollo
445 TCP si assicura che tutti gli eventuali segmenti residui di una precedente
446 connessione, che potrebbero causare disturbi, siano stati eliminati dalla
450 \subsection{I numeri di porta}
451 \label{sec:TCP_port_num}
453 In un ambiente multitasking in un dato momento più processi devono poter usare
454 sia UDP che TCP, e ci devono poter essere più connessioni in contemporanea.
455 Per poter tenere distinte le diverse connessioni entrambi i protocolli usano i
456 \textsl{numeri di porta}, che fanno parte, come si può vedere in
457 sez.~\ref{sec:sock_sa_ipv4} e sez.~\ref{sec:sock_sa_ipv6} pure delle strutture
458 degli indirizzi del socket.
460 Quando un client contatta un server deve poter identificare con quale dei vari
461 possibili server attivi intende parlare. Sia TCP che UDP definiscono un gruppo
462 di \textsl{porte conosciute} (le cosiddette \textit{well-known port}) che
463 identificano una serie di servizi noti (ad esempio la porta 22 identifica il
464 servizio SSH) effettuati da appositi server che rispondono alle connessioni
467 D'altra parte un client non ha necessità di usare un numero di porta
468 specifico, per cui in genere vengono usate le cosiddette \textsl{porte
469 effimere} (o \textit{ephemeral ports}) cioè porte a cui non è assegnato
470 nessun servizio noto e che vengono assegnate automaticamente dal kernel alla
471 creazione della connessione. Queste sono dette effimere in quanto vengono
472 usate solo per la durata della connessione, e l'unico requisito che deve
473 essere soddisfatto è che ognuna di esse sia assegnata in maniera univoca.
475 La lista delle porte conosciute è definita
476 dall'\href{http://www.ietf.org/rfc/rfc1700.txt}{RFC~1700} che contiene
477 l'elenco delle porte assegnate dalla IANA (la \textit{Internet Assigned Number
478 Authority}) ma l'elenco viene costantemente aggiornato e pubblicato su
479 internet (una versione aggiornata si può trovare all'indirizzo
480 \url{http://www.iana.org/assignments/port-numbers}); inoltre in un sistema
481 unix-like un analogo elenco viene mantenuto nel file \conffile{/etc/services},
482 con la corrispondenza fra i vari numeri di porta ed il nome simbolico del
483 servizio. I numeri sono divisi in tre intervalli:
486 \item \textsl{le porte note}. I numeri da 0 a 1023. Queste sono controllate e
487 assegnate dalla IANA. Se è possibile la stessa porta è assegnata allo stesso
488 servizio sia su UDP che su TCP (ad esempio la porta 22 è assegnata a SSH su
489 entrambi i protocolli, anche se viene usata solo dal TCP).
491 \item \textsl{le porte registrate}. I numeri da 1024 a 49151. Queste porte non
492 sono controllate dalla IANA, che però registra ed elenca chi usa queste
493 porte come servizio agli utenti. Come per le precedenti si assegna una porta
494 ad un servizio sia per TCP che UDP anche se poi il servizio è implementato
495 solo su TCP. Ad esempio X Window usa le porte TCP e UDP dal 6000 al 6063
496 anche se il protocollo è implementato solo tramite TCP.
498 \item \textsl{le porte private} o \textsl{dinamiche}. I numeri da 49152 a
499 65535. La IANA non dice nulla riguardo a queste porte che pertanto
500 sono i candidati naturali ad essere usate come porte effimere.
503 In realtà rispetto a quanto indicato
504 nell'\href{http://www.ietf.org/rfc/rfc1700.txt}{RFC~1700} i vari sistemi hanno
505 fatto scelte diverse per le porte effimere, in particolare in
506 fig.~\ref{fig:TCP_port_alloc} sono riportate quelle di BSD e Linux.
509 \centering \includegraphics[width=13cm]{img/port_alloc}
510 \caption{Allocazione dei numeri di porta.}
511 \label{fig:TCP_port_alloc}
514 I sistemi Unix hanno inoltre il concetto di \textsl{porte riservate} (che
515 corrispondono alle porte con numero minore di 1024 e coincidono quindi con le
516 \textsl{porte note}). La loro caratteristica è che possono essere assegnate a
517 un socket solo da un processo con i privilegi di amministratore, per far sì
518 che solo l'amministratore possa allocare queste porte per far partire i
521 Le \textsl{glibc} definiscono in \headfile{netinet/in.h}
522 \const{IPPORT\_RESERVED} e \const{IPPORT\_USERRESERVED}, in cui la prima (che
523 vale 1024) indica il limite superiore delle porte riservate, e la seconda (che
524 vale 5000) il limite inferiore delle porte a disposizione degli utenti. La
525 convenzione vorrebbe che le porte \textsl{effimere} siano allocate fra questi
526 due valori. Nel caso di Linux questo è vero solo in uno dei due casi di
527 fig.~\ref{fig:TCP_port_alloc}, e la scelta fra i due possibili intervalli
528 viene fatta dinamicamente dal kernel a seconda della memoria disponibile per
529 la gestione delle relative tabelle.
531 Si tenga conto poi che ci sono alcuni client, in particolare \cmd{rsh} e
532 \cmd{rlogin}, che richiedono una connessione su una porta riservata anche dal
533 lato client come parte dell'autenticazione, contando appunto sul fatto che
534 solo l'amministratore può usare queste porte. Data l'assoluta inconsistenza in
535 termini di sicurezza di un tale metodo, al giorno d'oggi esso è in completo
538 Data una connessione TCP si suole chiamare \textit{socket pair}\footnote{da
539 non confondere con la coppia di socket della omonima funzione
540 \func{socketpair} che fanno riferimento ad una coppia di socket sulla stessa
541 macchina, non ai capi di una connessione TCP.} la combinazione dei quattro
542 numeri che definiscono i due capi della connessione e cioè l'indirizzo IP
543 locale e la porta TCP locale, e l'indirizzo IP remoto e la porta TCP remota.
544 Questa combinazione, che scriveremo usando una notazione del tipo
545 (\texttt{195.110.112.152:22}, \texttt{192.84.146.100:20100}), identifica
546 univocamente una connessione su internet. Questo concetto viene di solito
547 esteso anche a UDP, benché in questo caso non abbia senso parlare di
548 connessione. L'utilizzo del programma \cmd{netstat} permette di visualizzare
549 queste informazioni nei campi \textit{Local Address} e \textit{Foreing
553 \subsection{Le porte ed il modello client/server}
554 \label{sec:TCP_port_cliserv}
556 Per capire meglio l'uso delle porte e come vengono utilizzate quando si ha a
557 che fare con un'applicazione client/server (come quelle che descriveremo in
558 sez.~\ref{sec:TCP_daytime_application} e sez.~\ref{sec:TCP_echo_application})
559 esamineremo cosa accade con le connessioni nel caso di un server TCP che deve
560 gestire connessioni multiple.
562 Se eseguiamo un \cmd{netstat} su una macchina di prova (il cui indirizzo sia
563 \texttt{195.110.112.152}) potremo avere un risultato del tipo:
565 Active Internet connections (servers and established)
566 Proto Recv-Q Send-Q Local Address Foreign Address State
567 tcp 0 0 0.0.0.0:22 0.0.0.0:* LISTEN
568 tcp 0 0 0.0.0.0:25 0.0.0.0:* LISTEN
569 tcp 0 0 127.0.0.1:53 0.0.0.0:* LISTEN
571 essendo presenti e attivi un server SSH, un server di posta e un DNS per il
574 Questo ci mostra ad esempio che il server SSH ha compiuto un'apertura passiva,
575 mettendosi in ascolto sulla porta 22 riservata a questo servizio, e che si è
576 posto in ascolto per connessioni provenienti da uno qualunque degli indirizzi
577 associati alle interfacce locali. La notazione \texttt{0.0.0.0} usata da
578 \cmd{netstat} è equivalente all'asterisco utilizzato per il numero di porta,
579 indica il valore generico, e corrisponde al valore \const{INADDR\_ANY}
580 definito in \headfile{arpa/inet.h} (vedi \ref{tab:TCP_ipv4_addr}).
582 Inoltre si noti come la porta e l'indirizzo di ogni eventuale connessione
583 esterna non sono specificati; in questo caso la \textit{socket pair} associata
584 al socket potrebbe essere indicata come (\texttt{*:22}, \texttt{*:*}), usando
585 anche per gli indirizzi l'asterisco come carattere che indica il valore
588 Dato che in genere una macchina è associata ad un solo indirizzo IP, ci si può
589 chiedere che senso abbia l'utilizzo dell'indirizzo generico per specificare
590 l'indirizzo locale; ma a parte il caso di macchine che hanno più di un
591 indirizzo IP (il cosiddetto \textit{multihoming}) esiste sempre anche
592 l'indirizzo di loopback, per cui con l'uso dell'indirizzo generico si possono
593 accettare connessioni indirizzate verso uno qualunque degli indirizzi IP
594 presenti. Ma, come si può vedere nell'esempio con il DNS che è in ascolto
595 sulla porta 53, è possibile anche restringere l'accesso ad uno specifico
596 indirizzo, cosa che nel caso è fatta accettando solo connessioni che arrivino
597 sull'interfaccia di loopback.
599 Una volta che ci si vorrà collegare a questa macchina da un'altra, per esempio
600 quella con l'indirizzo \texttt{192.84.146.100}, si dovrà lanciare su
601 quest'ultima un client \cmd{ssh} per creare una connessione, e il kernel gli
602 assocerà una porta effimera (ad esempio la 21100), per cui la connessione sarà
603 espressa dalla socket pair (\texttt{192.84.146.100:21100},
604 \texttt{195.110.112.152:22}).
606 Alla ricezione della richiesta dal client il server creerà un processo figlio
607 per gestire la connessione, se a questo punto eseguiamo nuovamente il
608 programma \cmd{netstat} otteniamo come risultato:
610 Active Internet connections (servers and established)
611 Proto Recv-Q Send-Q Local Address Foreign Address State
612 tcp 0 0 0.0.0.0:22 0.0.0.0:* LISTEN
613 tcp 0 0 0.0.0.0:25 0.0.0.0:* LISTEN
614 tcp 0 0 127.0.0.1:53 0.0.0.0:* LISTEN
615 tcp 0 0 195.110.112.152:22 192.84.146.100:21100 ESTABLISHED
618 Come si può notare il server è ancora in ascolto sulla porta 22, però adesso
619 c'è un nuovo socket (con lo stato \texttt{ESTABLISHED}) che utilizza anch'esso
620 la porta 22, ed ha specificato l'indirizzo locale, questo è il socket con cui
621 il processo figlio gestisce la connessione mentre il padre resta in ascolto
622 sul socket originale.
624 Se a questo punto lanciamo un'altra volta il client \cmd{ssh} per una seconda
625 connessione quello che otterremo usando \cmd{netstat} sarà qualcosa del
628 Active Internet connections (servers and established)
629 Proto Recv-Q Send-Q Local Address Foreign Address State
630 tcp 0 0 0.0.0.0:22 0.0.0.0:* LISTEN
631 tcp 0 0 0.0.0.0:25 0.0.0.0:* LISTEN
632 tcp 0 0 127.0.0.1:53 0.0.0.0:* LISTEN
633 tcp 0 0 195.110.112.152:22 192.84.146.100:21100 ESTABLISHED
634 tcp 0 0 195.110.112.152:22 192.84.146.100:21101 ESTABLISHED
636 cioè il client effettuerà la connessione usando un'altra porta effimera: con
637 questa sarà aperta la connessione, ed il server creerà un altro processo
640 Tutto ciò mostra come il TCP, per poter gestire le connessioni con un server
641 concorrente, non può suddividere i pacchetti solo sulla base della porta di
642 destinazione, ma deve usare tutta l'informazione contenuta nella socket pair,
643 compresa la porta dell'indirizzo remoto. E se andassimo a vedere quali sono i
644 processi\footnote{ad esempio con il comando \cmd{fuser}, o con \cmd{lsof}, o
645 usando l'opzione \texttt{-p}.} a cui fanno riferimento i vari socket
646 vedremmo che i pacchetti che arrivano dalla porta remota 21100 vanno al primo
647 figlio e quelli che arrivano alla porta 21101 al secondo.
650 \section{Le funzioni di base per la gestione dei socket}
651 \label{sec:TCP_functions}
653 In questa sezione descriveremo in maggior dettaglio le varie funzioni che
654 vengono usate per la gestione di base dei socket TCP, non torneremo però sulla
655 funzione \func{socket}, che è già stata esaminata accuratamente nel capitolo
656 precedente in sez.~\ref{sec:sock_socket}.
659 \subsection{La funzione \func{bind}}
660 \label{sec:TCP_func_bind}
662 La funzione \funcd{bind} assegna un indirizzo locale ad un
663 socket.\footnote{nel nostro caso la utilizzeremo per socket TCP, ma la
664 funzione è generica e deve essere usata per qualunque tipo di socket
665 \const{SOCK\_STREAM} prima che questo possa accettare connessioni.} È usata
666 cioè per specificare la prima parte dalla socket pair. Viene usata sul lato
667 server per specificare la porta (e gli eventuali indirizzi locali) su cui poi
668 ci si porrà in ascolto. Il prototipo della funzione è il seguente:
669 \begin{prototype}{sys/socket.h}
670 {int bind(int sockfd, const struct sockaddr *serv\_addr, socklen\_t addrlen)}
672 Assegna un indirizzo ad un socket.
674 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 per un errore;
675 in caso di errore la variabile \var{errno} viene impostata secondo i
676 seguenti codici di errore:
678 \item[\errcode{EBADF}] il file descriptor non è valido.
679 \item[\errcode{EINVAL}] il socket ha già un indirizzo assegnato.
680 \item[\errcode{ENOTSOCK}] il file descriptor non è associato ad un socket.
681 \item[\errcode{EACCES}] si è cercato di usare una porta riservata senza
682 sufficienti privilegi.
683 \item[\errcode{EADDRNOTAVAIL}] il tipo di indirizzo specificato non è
685 \item[\errcode{EADDRINUSE}] qualche altro socket sta già usando l'indirizzo.
687 ed anche \errval{EFAULT} e per i socket di tipo \const{AF\_UNIX},
688 \errval{ENOTDIR}, \errval{ENOENT}, \errval{ENOMEM}, \errval{ELOOP},
689 \errval{ENOSR} e \errval{EROFS}.}
692 Il primo argomento è un file descriptor ottenuto da una precedente chiamata a
693 \func{socket}, mentre il secondo e terzo argomento sono rispettivamente
694 l'indirizzo (locale) del socket e la dimensione della struttura che lo
695 contiene, secondo quanto già trattato in sez.~\ref{sec:sock_sockaddr}.
697 Con i socket TCP la chiamata \func{bind} permette di specificare l'indirizzo,
698 la porta, entrambi o nessuno dei due. In genere i server utilizzano una porta
699 nota che assegnano all'avvio, se questo non viene fatto è il kernel a
700 scegliere una porta effimera quando vengono eseguite la funzioni
701 \func{connect} o \func{listen}, ma se questo è normale per il client non lo è
702 per il server\footnote{un'eccezione a tutto ciò sono i server che usano RPC.
703 In questo caso viene fatta assegnare dal kernel una porta effimera che poi
704 viene registrata presso il \textit{portmapper}; quest'ultimo è un altro
705 demone che deve essere contattato dai client per ottenere la porta effimera
706 su cui si trova il server.} che in genere viene identificato dalla porta su
707 cui risponde (l'elenco di queste porte, e dei relativi servizi, è in
708 \conffile{/etc/services}).
710 Con \func{bind} si può assegnare un indirizzo IP specifico ad un socket,
711 purché questo appartenga ad una interfaccia della macchina. Per un client TCP
712 questo diventerà l'indirizzo sorgente usato per i tutti i pacchetti inviati
713 sul socket, mentre per un server TCP questo restringerà l'accesso al socket
714 solo alle connessioni che arrivano verso tale indirizzo.
716 Normalmente un client non specifica mai l'indirizzo di un socket, ed il kernel
717 sceglie l'indirizzo di origine quando viene effettuata la connessione, sulla
718 base dell'interfaccia usata per trasmettere i pacchetti, (che dipenderà dalle
719 regole di instradamento usate per raggiungere il server). Se un server non
720 specifica il suo indirizzo locale il kernel userà come indirizzo di origine
721 l'indirizzo di destinazione specificato dal SYN del client.
723 Per specificare un indirizzo generico, con IPv4 si usa il valore
724 \const{INADDR\_ANY}, il cui valore, come accennato in
725 sez.~\ref{sec:sock_sa_ipv4}, è pari a zero; nell'esempio
726 fig.~\ref{fig:TCP_daytime_iter_server_code} si è usata un'assegnazione
727 immediata del tipo: \includecodesnip{listati/serv_addr_sin_addr.c}
729 Si noti che si è usato \func{htonl} per assegnare il valore
730 \const{INADDR\_ANY}, anche se, essendo questo nullo, il riordinamento è
731 inutile. Si tenga presente comunque che tutte le costanti \val{INADDR\_}
732 (riportate in tab.~\ref{tab:TCP_ipv4_addr}) sono definite secondo
733 \itindex{endianness} l'\textit{endianness} della macchina, ed anche se esse
734 possono essere invarianti rispetto all'ordinamento dei bit, è comunque buona
735 norma usare sempre la funzione \func{htonl}.
740 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
742 \textbf{Costante} & \textbf{Significato} \\
745 \const{INADDR\_ANY} & Indirizzo generico (\texttt{0.0.0.0})\\
746 \const{INADDR\_BROADCAST}& Indirizzo di \itindex{broadcast}
747 \textit{broadcast}.\\
748 \const{INADDR\_LOOPBACK} & Indirizzo di \textit{loopback}
749 (\texttt{127.0.0.1}).\\
750 \const{INADDR\_NONE} & Indirizzo errato.\\
753 \caption{Costanti di definizione di alcuni indirizzi generici per IPv4.}
754 \label{tab:TCP_ipv4_addr}
757 L'esempio precedente funziona correttamente con IPv4 poiché che l'indirizzo è
758 rappresentabile anche con un intero a 32 bit; non si può usare lo stesso
759 metodo con IPv6, in cui l'indirizzo deve necessariamente essere specificato
760 con una struttura, perché il linguaggio C non consente l'uso di una struttura
761 costante come operando a destra in una assegnazione.
763 Per questo motivo nell'header \headfile{netinet/in.h} è definita una variabile
764 \macro{in6addr\_any} (dichiarata come \direct{extern}, ed inizializzata dal
765 sistema al valore \const{IN6ADRR\_ANY\_INIT}) che permette di effettuare una
766 assegnazione del tipo: \includecodesnip{listati/serv_addr_sin6_addr.c} in
767 maniera analoga si può utilizzare la variabile \macro{in6addr\_loopback} per
768 indicare l'indirizzo di \textit{loopback}, che a sua volta viene inizializzata
769 staticamente a \const{IN6ADRR\_LOOPBACK\_INIT}.
772 \subsection{La funzione \func{connect}}
773 \label{sec:TCP_func_connect}
775 La funzione \funcd{connect} è usata da un client TCP per stabilire la
776 connessione con un server TCP,\footnote{di nuovo la funzione è generica e
777 supporta vari tipi di socket, la differenza è che per socket senza
778 connessione come quelli di tipo \const{SOCK\_DGRAM} la sua chiamata si
779 limiterà ad impostare l'indirizzo dal quale e verso il quale saranno inviati
780 e ricevuti i pacchetti, mentre per socket di tipo \const{SOCK\_STREAM} o
781 \const{SOCK\_SEQPACKET}, essa attiverà la procedura di avvio (nel caso del
782 TCP il \itindex{three~way~handshake} \textit{three way handshake}) della
783 connessione.} il prototipo della funzione è il seguente:
784 \begin{prototype}{sys/socket.h}
785 {int connect(int sockfd, const struct sockaddr *servaddr, socklen\_t
788 Stabilisce una connessione fra due socket.
790 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
791 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
793 \item[\errcode{ECONNREFUSED}] non c'è nessuno in ascolto sull'indirizzo
795 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] si è avuto timeout durante il tentativo di
797 \item[\errcode{ENETUNREACH}] la rete non è raggiungibile.
798 \item[\errcode{EINPROGRESS}] il socket è non bloccante (vedi
799 sez.~\ref{sec:file_noblocking}) e la connessione non può essere conclusa
801 \item[\errcode{EALREADY}] il socket è non bloccante (vedi
802 sez.~\ref{sec:file_noblocking}) e un tentativo precedente di connessione
803 non si è ancora concluso.
804 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono più porte locali libere.
805 \item[\errcode{EAFNOSUPPORT}] l'indirizzo non ha una famiglia di indirizzi
806 corretta nel relativo campo.
807 \item[\errcode{EACCES}, \errcode{EPERM}] si è tentato di eseguire una
808 connessione ad un indirizzo \itindex{broadcast} \textit{broadcast} senza
809 che il socket fosse stato abilitato per il \itindex{broadcast}
812 altri errori possibili sono: \errval{EFAULT}, \errval{EBADF},
813 \errval{ENOTSOCK}, \errval{EISCONN} e \errval{EADDRINUSE}.}
816 Il primo argomento è un file descriptor ottenuto da una precedente chiamata a
817 \func{socket}, mentre il secondo e terzo argomento sono rispettivamente
818 l'indirizzo e la dimensione della struttura che contiene l'indirizzo del
819 socket, già descritta in sez.~\ref{sec:sock_sockaddr}.
821 La struttura dell'indirizzo deve essere inizializzata con l'indirizzo IP e il
822 numero di porta del server a cui ci si vuole connettere, come mostrato
823 nell'esempio sez.~\ref{sec:TCP_daytime_client}, usando le funzioni illustrate
824 in sez.~\ref{sec:sock_addr_func}.
826 Nel caso di socket TCP la funzione \func{connect} avvia il
827 \itindex{three~way~handshake} \textit{three way handshake}, e ritorna solo
828 quando la connessione è stabilita o si è verificato un errore. Le possibili
829 cause di errore sono molteplici (ed i relativi codici riportati sopra), quelle
830 che però dipendono dalla situazione della rete e non da errori o problemi
831 nella chiamata della funzione sono le seguenti:
833 \item Il client non riceve risposta al SYN: l'errore restituito è
834 \errcode{ETIMEDOUT}. Stevens riporta che BSD invia un primo SYN alla
835 chiamata di \func{connect}, un altro dopo 6 secondi, un terzo dopo 24
836 secondi, se dopo 75 secondi non ha ricevuto risposta viene ritornato
837 l'errore. Linux invece ripete l'emissione del SYN ad intervalli di 30
838 secondi per un numero di volte che può essere stabilito dall'utente. Questo
839 può essere fatto a livello globale con una opportuna
840 \func{sysctl},\footnote{o più semplicemente scrivendo il valore voluto in
841 \sysctlfile{net/ipv4/tcp\_syn\_retries}, vedi
842 sez.~\ref{sec:sock_ipv4_sysctl}.} e a livello di singolo socket con
843 l'opzione \const{TCP\_SYNCNT} (vedi sez.~\ref{sec:sock_tcp_udp_options}). Il
844 valore predefinito per la ripetizione dell'invio è di 5 volte, che comporta
845 un timeout dopo circa 180 secondi.
847 \item Il client riceve come risposta al SYN un RST significa che non c'è
848 nessun programma in ascolto per la connessione sulla porta specificata (il
849 che vuol dire probabilmente che o si è sbagliato il numero della porta o che
850 non è stato avviato il server), questo è un errore fatale e la funzione
851 ritorna non appena il RST viene ricevuto riportando un errore
852 \errcode{ECONNREFUSED}.
854 Il flag RST sta per \textit{reset} ed è un segmento inviato direttamente
855 dal TCP quando qualcosa non va. Tre condizioni che generano un RST sono:
856 quando arriva un SYN per una porta che non ha nessun server in ascolto,
857 quando il TCP abortisce una connessione in corso, quando TCP riceve un
858 segmento per una connessione che non esiste.
860 \item Il SYN del client provoca l'emissione di un messaggio ICMP di
861 destinazione non raggiungibile. In questo caso dato che il messaggio può
862 essere dovuto ad una condizione transitoria si ripete l'emissione dei SYN
863 come nel caso precedente, fino al timeout, e solo allora si restituisce il
864 codice di errore dovuto al messaggio ICMP, che da luogo ad un
865 \errcode{ENETUNREACH}.
869 Se si fa riferimento al diagramma degli stati del TCP riportato in
870 fig.~\ref{fig:TCP_state_diag} la funzione \func{connect} porta un socket
871 dallo stato \texttt{CLOSED} (lo stato iniziale in cui si trova un socket
872 appena creato) prima allo stato \texttt{SYN\_SENT} e poi, al ricevimento del
873 ACK, nello stato \texttt{ESTABLISHED}. Se invece la connessione fallisce il
874 socket non è più utilizzabile e deve essere chiuso.
876 Si noti infine che con la funzione \func{connect} si è specificato solo
877 indirizzo e porta del server, quindi solo una metà della socket pair; essendo
878 questa funzione usata nei client l'altra metà contenente indirizzo e porta
879 locale viene lasciata all'assegnazione automatica del kernel, e non è
880 necessario effettuare una \func{bind}.
883 \subsection{La funzione \func{listen}}
884 \label{sec:TCP_func_listen}
886 La funzione \funcd{listen} serve ad usare un socket in modalità passiva, cioè,
887 come dice il nome, per metterlo in ascolto di eventuali
888 connessioni;\footnote{questa funzione può essere usata con socket che
889 supportino le connessioni, cioè di tipo \const{SOCK\_STREAM} o
890 \const{SOCK\_SEQPACKET}.} in sostanza l'effetto della funzione è di portare
891 il socket dallo stato \texttt{CLOSED} a quello \texttt{LISTEN}. In genere si
892 chiama la funzione in un server dopo le chiamate a \func{socket} e \func{bind}
893 e prima della chiamata ad \func{accept}. Il prototipo della funzione, come
894 definito dalla pagina di manuale, è:
895 \begin{prototype}{sys/socket.h}{int listen(int sockfd, int backlog)}
896 Pone un socket in attesa di una connessione.
898 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
899 errore. I codici di errore restituiti in \var{errno} sono i seguenti:
901 \item[\errcode{EBADF}] l'argomento \param{sockfd} non è un file descriptor
903 \item[\errcode{ENOTSOCK}] l'argomento \param{sockfd} non è un socket.
904 \item[\errcode{EOPNOTSUPP}] il socket è di un tipo che non supporta questa
909 La funzione pone il socket specificato da \param{sockfd} in modalità passiva e
910 predispone una coda per le connessioni in arrivo di lunghezza pari a
911 \param{backlog}. La funzione si può applicare solo a socket di tipo
912 \const{SOCK\_STREAM} o \const{SOCK\_SEQPACKET}.
914 L'argomento \param{backlog} indica il numero massimo di connessioni pendenti
915 accettate; se esso viene ecceduto il client al momento della richiesta della
916 connessione riceverà un errore di tipo \errcode{ECONNREFUSED}, o se il
917 protocollo, come accade nel caso del TCP, supporta la ritrasmissione, la
918 richiesta sarà ignorata in modo che la connessione possa venire ritentata.
920 Per capire meglio il significato di tutto ciò occorre approfondire la modalità
921 con cui il kernel tratta le connessioni in arrivo. Per ogni socket in ascolto
922 infatti vengono mantenute due code:
924 \item La coda delle connessioni incomplete (\textit{incomplete connection
925 queue}) che contiene un riferimento per ciascun socket per il quale è
926 arrivato un SYN ma il \itindex{three~way~handshake} \textit{three way
927 handshake} non si è ancora concluso. Questi socket sono tutti nello stato
929 \item La coda delle connessioni complete (\textit{complete connection queue})
930 che contiene un ingresso per ciascun socket per il quale il
931 \itindex{three~way~handshake} \textit{three way handshake} è stato
932 completato ma ancora \func{accept} non è ritornata. Questi socket sono
933 tutti nello stato \texttt{ESTABLISHED}.
936 Lo schema di funzionamento è descritto in fig.~\ref{fig:TCP_listen_backlog}:
937 quando arriva un SYN da un client il server crea una nuova voce nella coda
938 delle connessioni incomplete, e poi risponde con il SYN$+$ACK. La voce resterà
939 nella coda delle connessioni incomplete fino al ricevimento dell'ACK dal
940 client o fino ad un timeout. Nel caso di completamento del
941 \itindex{three~way~handshake} \textit{three way handshake} la voce viene
942 spostata nella coda delle connessioni complete. Quando il processo chiama la
943 funzione \func{accept} (vedi sez.~\ref{sec:TCP_func_accept}) la prima voce
944 nella coda delle connessioni complete è passata al programma, o, se la coda è
945 vuota, il processo viene posto in attesa e risvegliato all'arrivo della prima
946 connessione completa.
949 \centering \includegraphics[width=11cm]{img/tcp_listen_backlog}
950 \caption{Schema di funzionamento delle code delle connessioni complete ed
952 \label{fig:TCP_listen_backlog}
955 Storicamente il valore dell'argomento \param{backlog} era corrispondente al
956 massimo valore della somma del numero di voci possibili per ciascuna delle due
957 code. Stevens in \cite{UNP1} riporta che BSD ha sempre applicato un fattore di
958 1.5 a detto valore, e fornisce una tabella con i risultati ottenuti con vari
959 kernel, compreso Linux 2.0, che mostrano le differenze fra diverse
962 In Linux il significato di questo valore è cambiato a partire dal kernel 2.2
963 per prevenire l'attacco chiamato \index{SYN~flood} \textit{SYN flood}. Questo
964 si basa sull'emissione da parte dell'attaccante di un grande numero di
965 pacchetti SYN indirizzati verso una porta, forgiati con indirizzo IP
966 fasullo\footnote{con la tecnica che viene detta \textit{ip spoofing}.} così
967 che i SYN$+$ACK vanno perduti e la coda delle connessioni incomplete viene
968 saturata, impedendo di fatto ulteriori connessioni.
970 Per ovviare a questo il significato del \param{backlog} è stato cambiato a
971 indicare la lunghezza della coda delle connessioni complete. La lunghezza
972 della coda delle connessioni incomplete può essere ancora controllata usando
973 la funzione \func{sysctl} con il parametro \const{NET\_TCP\_MAX\_SYN\_BACKLOG}
974 o scrivendola direttamente in
975 \sysctlfile{net/ipv4/tcp\_max\_syn\_backlog}. Quando si attiva la
976 protezione dei syncookies però (con l'opzione da compilare nel kernel e da
977 attivare usando \sysctlfile{net/ipv4/tcp\_syncookies}) questo valore
978 viene ignorato e non esiste più un valore massimo. In ogni caso in Linux il
979 valore di \param{backlog} viene troncato ad un massimo di \const{SOMAXCONN} se
980 è superiore a detta costante (che di default vale 128).\footnote{il valore di
981 questa costante può essere controllato con un altro parametro di
982 \func{sysctl}, vedi sez.~\ref{sec:sock_ioctl_IP}.}
984 La scelta storica per il valore di questo parametro era di 5, e alcuni vecchi
985 kernel non supportavano neanche valori superiori, ma la situazione corrente è
986 molto cambiata per via della presenza di server web che devono gestire un gran
987 numero di connessioni per cui un tale valore non è più adeguato. Non esiste
988 comunque una risposta univoca per la scelta del valore, per questo non
989 conviene specificarlo con una costante (il cui cambiamento richiederebbe la
990 ricompilazione del server) ma usare piuttosto una variabile di ambiente (vedi
991 sez.~\ref{sec:proc_environ}).
993 Stevens tratta accuratamente questo argomento in \cite{UNP1}, con esempi presi
994 da casi reali su web server, ed in particolare evidenzia come non sia più vero
995 che il compito principale della coda sia quello di gestire il caso in cui il
996 server è occupato fra chiamate successive alla \func{accept} (per cui la coda
997 più occupata sarebbe quella delle connessioni completate), ma piuttosto quello
998 di gestire la presenza di un gran numero di SYN in attesa di concludere il
999 \itindex{three~way~handshake} \textit{three way handshake}.
1001 Infine va messo in evidenza che, nel caso di socket TCP, quando un SYN arriva
1002 con tutte le code piene, il pacchetto deve essere ignorato. Questo perché la
1003 condizione in cui le code sono piene è ovviamente transitoria, per cui se il
1004 client ritrasmette il SYN è probabile che passato un po' di tempo possa
1005 trovare nella coda lo spazio per una nuova connessione. Se invece si
1006 rispondesse con un RST, per indicare l'impossibilità di effettuare la
1007 connessione, la chiamata a \func{connect} nel client ritornerebbe con una
1008 condizione di errore, costringendo a inserire nell'applicazione la gestione
1009 dei tentativi di riconnessione, che invece può essere effettuata in maniera
1010 trasparente dal protocollo TCP.
1013 \subsection{La funzione \func{accept}}
1014 \label{sec:TCP_func_accept}
1016 La funzione \funcd{accept} è chiamata da un server per gestire la connessione
1017 una volta che sia stato completato il \itindex{three~way~handshake}
1018 \textit{three way handshake},\footnote{la funzione è comunque generica ed è
1019 utilizzabile su socket di tipo \const{SOCK\_STREAM}, \const{SOCK\_SEQPACKET}
1020 e \const{SOCK\_RDM}.} la funzione restituisce un nuovo socket descriptor su
1021 cui si potrà operare per effettuare la comunicazione. Se non ci sono
1022 connessioni completate il processo viene messo in attesa. Il prototipo della
1023 funzione è il seguente:
1024 \begin{prototype}{sys/socket.h}
1025 {int accept(int sockfd, struct sockaddr *addr, socklen\_t *addrlen)}
1027 Accetta una connessione sul socket specificato.
1029 \bodydesc{La funzione restituisce un numero di socket descriptor positivo in
1030 caso di successo e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} viene
1031 impostata ai seguenti valori:
1034 \item[\errcode{EBADF}] l'argomento \param{sockfd} non è un file descriptor
1036 \item[\errcode{ENOTSOCK}] l'argomento \param{sockfd} non è un socket.
1037 \item[\errcode{EOPNOTSUPP}] il socket è di un tipo che non supporta questa
1039 \item[\errcode{EAGAIN} o \errcode{EWOULDBLOCK}] il socket è stato impostato
1040 come non bloccante (vedi sez.~\ref{sec:file_noblocking}), e non ci sono
1041 connessioni in attesa di essere accettate.
1042 \item[\errcode{EPERM}] le regole del firewall non consentono la connessione.
1043 \item[\errcode{ENOBUFS}, \errcode{ENOMEM}] questo spesso significa che
1044 l'allocazione della memoria è limitata dai limiti sui buffer dei socket,
1045 non dalla memoria di sistema.
1046 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
1048 Inoltre possono essere restituiti gli errori di rete relativi al nuovo
1049 socket, diversi a secondo del protocollo, come: \errval{EMFILE},
1050 \errval{EINVAL}, \errval{ENOSR}, \errval{ENOBUFS}, \errval{EFAULT},
1051 \errval{EPERM}, \errval{ECONNABORTED}, \errval{ESOCKTNOSUPPORT},
1052 \errval{EPROTONOSUPPORT}, \errval{ETIMEDOUT}, \errval{ERESTARTSYS}.}
1055 La funzione estrae la prima connessione relativa al socket \param{sockfd} in
1056 attesa sulla coda delle connessioni complete, che associa ad nuovo socket con
1057 le stesse caratteristiche di \param{sockfd}. Il socket originale non viene
1058 toccato e resta nello stato di \texttt{LISTEN}, mentre il nuovo socket viene
1059 posto nello stato \texttt{ESTABLISHED}. Nella struttura \param{addr} e nella
1060 variabile \param{addrlen} vengono restituiti indirizzo e relativa lunghezza
1061 del client che si è connesso.
1063 I due argomenti \param{addr} e \param{addrlen} (si noti che quest'ultimo è
1064 passato per indirizzo per avere indietro il valore) sono usati per ottenere
1065 l'indirizzo del client da cui proviene la connessione. Prima della chiamata
1066 \param{addrlen} deve essere inizializzato alle dimensioni della struttura il
1067 cui indirizzo è passato come argomento in \param{addr}; al ritorno della
1068 funzione \param{addrlen} conterrà il numero di byte scritti dentro
1069 \param{addr}. Se questa informazione non interessa basterà inizializzare a
1070 \val{NULL} detti puntatori.
1072 Se la funzione ha successo restituisce il descrittore di un nuovo socket
1073 creato dal kernel (detto \textit{connected socket}) a cui viene associata la
1074 prima connessione completa (estratta dalla relativa coda, vedi
1075 sez.~\ref{sec:TCP_func_listen}) che il client ha effettuato verso il socket
1076 \param{sockfd}. Quest'ultimo (detto \textit{listening socket}) è quello creato
1077 all'inizio e messo in ascolto con \func{listen}, e non viene toccato dalla
1078 funzione. Se non ci sono connessioni pendenti da accettare la funzione mette
1079 in attesa il processo\footnote{a meno che non si sia impostato il socket per
1080 essere non bloccante (vedi sez.~\ref{sec:file_noblocking}), nel qual caso
1081 ritorna con l'errore \errcode{EAGAIN}. Torneremo su questa modalità di
1082 operazione in sez.~\ref{sec:TCP_sock_multiplexing}.} fintanto che non ne
1085 La funzione può essere usata solo con socket che supportino la connessione
1086 (cioè di tipo \const{SOCK\_STREAM}, \const{SOCK\_SEQPACKET} o
1087 \const{SOCK\_RDM}). Per alcuni protocolli che richiedono una conferma
1088 esplicita della connessione,\footnote{attualmente in Linux solo DECnet ha
1089 questo comportamento.} la funzione opera solo l'estrazione dalla coda delle
1090 connessioni, la conferma della connessione viene eseguita implicitamente dalla
1091 prima chiamata ad una \func{read} o una \func{write}, mentre il rifiuto della
1092 connessione viene eseguito con la funzione \func{close}.
1094 È da chiarire che Linux presenta un comportamento diverso nella gestione degli
1095 errori rispetto ad altre implementazioni dei socket BSD, infatti la funzione
1096 \func{accept} passa gli errori di rete pendenti sul nuovo socket come codici
1097 di errore per \func{accept}, per cui l'applicazione deve tenerne conto ed
1098 eventualmente ripetere la chiamata alla funzione come per l'errore di
1099 \errcode{EAGAIN} (torneremo su questo in sez.~\ref{sec:TCP_echo_critical}).
1100 Un'altra differenza con BSD è che la funzione non fa ereditare al nuovo socket
1101 i flag del socket originale, come \const{O\_NONBLOCK},\footnote{ed in generale
1102 tutti quelli che si possono impostare con \func{fcntl}, vedi
1103 sez.~\ref{sec:file_fcntl_ioctl}.} che devono essere rispecificati ogni
1104 volta. Tutto questo deve essere tenuto in conto se si devono scrivere
1105 programmi portabili.
1107 Il meccanismo di funzionamento di \func{accept} è essenziale per capire il
1108 funzionamento di un server: in generale infatti c'è sempre un solo socket in
1109 ascolto, detto per questo \textit{listening socket}, che resta per tutto il
1110 tempo nello stato \texttt{LISTEN}, mentre le connessioni vengono gestite dai
1111 nuovi socket, detti \textit{connected socket}, ritornati da \func{accept}, che
1112 si trovano automaticamente nello stato \texttt{ESTABLISHED}, e vengono
1113 utilizzati per lo scambio dei dati, che avviene su di essi, fino alla chiusura
1114 della connessione. Si può riconoscere questo schema anche nell'esempio
1115 elementare di fig.~\ref{fig:TCP_daytime_iter_server_code}, dove per ogni
1116 connessione il socket creato da \func{accept} viene chiuso dopo l'invio dei
1120 \subsection{Le funzioni \func{getsockname} e \func{getpeername}}
1121 \label{sec:TCP_get_names}
1123 Oltre a tutte quelle viste finora, dedicate all'utilizzo dei socket, esistono
1124 alcune funzioni ausiliarie che possono essere usate per recuperare alcune
1125 informazioni relative ai socket ed alle connessioni ad essi associate. Le due
1126 funzioni più elementari sono queste, che vengono usate per ottenere i dati
1127 relativi alla socket pair associata ad un certo socket.
1129 La prima funzione è \funcd{getsockname} e serve ad ottenere l'indirizzo locale
1130 associato ad un socket; il suo prototipo è:
1131 \begin{prototype}{sys/socket.h}
1132 {int getsockname(int sockfd, struct sockaddr *name, socklen\_t *namelen)}
1133 Legge l'indirizzo locale di un socket.
1135 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1136 errore. I codici di errore restituiti in \var{errno} sono i seguenti:
1138 \item[\errcode{EBADF}] l'argomento \param{sockfd} non è un file descriptor
1140 \item[\errcode{ENOTSOCK}] l'argomento \param{sockfd} non è un socket.
1141 \item[\errcode{ENOBUFS}] non ci sono risorse sufficienti nel sistema per
1142 eseguire l'operazione.
1143 \item[\errcode{EFAULT}] l'indirizzo \param{name} non è valido.
1147 La funzione restituisce la struttura degli indirizzi del socket \param{sockfd}
1148 nella struttura indicata dal puntatore \param{name} la cui lunghezza è
1149 specificata tramite l'argomento \param{namlen}. Quest'ultimo viene passato
1150 come indirizzo per avere indietro anche il numero di byte effettivamente
1151 scritti nella struttura puntata da \param{name}. Si tenga presente che se si è
1152 utilizzato un buffer troppo piccolo per \param{name} l'indirizzo risulterà
1155 La funzione si usa tutte le volte che si vuole avere l'indirizzo locale di un
1156 socket; ad esempio può essere usata da un client (che usualmente non chiama
1157 \func{bind}) per ottenere numero IP e porta locale associati al socket
1158 restituito da una \func{connect}, o da un server che ha chiamato \func{bind}
1159 su un socket usando 0 come porta locale per ottenere il numero di porta
1160 effimera assegnato dal kernel.
1162 Inoltre quando un server esegue una \func{bind} su un indirizzo generico, se
1163 chiamata dopo il completamento di una connessione sul socket restituito da
1164 \func{accept}, restituisce l'indirizzo locale che il kernel ha assegnato a
1167 Tutte le volte che si vuole avere l'indirizzo remoto di un socket si usa la
1168 funzione \funcd{getpeername}, il cui prototipo è:
1169 \begin{prototype}{sys/socket.h}
1170 {int getpeername(int sockfd, struct sockaddr * name, socklen\_t * namelen)}
1171 Legge l'indirizzo remoto di un socket.
1173 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1174 errore. I codici di errore restituiti in \var{errno} sono i seguenti:
1176 \item[\errcode{EBADF}] l'argomento \param{sockfd} non è un file descriptor
1178 \item[\errcode{ENOTSOCK}] l'argomento \param{sockfd} non è un socket.
1179 \item[\errcode{ENOTCONN}] il socket non è connesso.
1180 \item[\errcode{ENOBUFS}] non ci sono risorse sufficienti nel sistema per
1181 eseguire l'operazione.
1182 \item[\errcode{EFAULT}] l'argomento \param{name} punta al di fuori dello
1183 spazio di indirizzi del processo.
1187 La funzione è identica a \func{getsockname}, ed usa la stessa sintassi, ma
1188 restituisce l'indirizzo remoto del socket, cioè quello associato all'altro
1189 capo della connessione. Ci si può chiedere a cosa serva questa funzione dato
1190 che dal lato client l'indirizzo remoto è sempre noto quando si esegue la
1191 \func{connect} mentre dal lato server si possono usare, come vedremo in
1192 fig.~\ref{fig:TCP_daytime_cunc_server_code}, i valori di ritorno di
1195 Il fatto è che in generale quest'ultimo caso non è sempre possibile. In
1196 particolare questo avviene quando il server, invece di gestire la connessione
1197 direttamente in un processo figlio, come vedremo nell'esempio di server
1198 concorrente di sez.~\ref{sec:TCP_daytime_cunc_server}, lancia per ciascuna
1199 connessione un altro programma, usando \func{exec}.\footnote{questa ad esempio
1200 è la modalità con cui opera il \textsl{super-server} \cmd{inetd}, che può
1201 gestire tutta una serie di servizi diversi, eseguendo su ogni connessione
1202 ricevuta sulle porte tenute sotto controllo, il relativo server.}
1204 In questo caso benché il processo figlio abbia una immagine della memoria che
1205 è copia di quella del processo padre (e contiene quindi anche la struttura
1206 ritornata da \func{accept}), all'esecuzione di \func{exec} verrà caricata in
1207 memoria l'immagine del programma eseguito, che a questo punto perde ogni
1208 riferimento ai valori tornati da \func{accept}. Il socket descriptor però
1209 resta aperto, e se si è seguita una opportuna convenzione per rendere noto al
1210 programma eseguito qual è il socket connesso, \footnote{ad esempio il solito
1211 \cmd{inetd} fa sempre in modo che i file descriptor 0, 1 e 2 corrispondano
1212 al socket connesso.} quest'ultimo potrà usare la funzione \func{getpeername}
1213 per determinare l'indirizzo remoto del client.
1215 Infine è da chiarire (si legga la pagina di manuale) che, come per
1216 \func{accept}, il terzo argomento, che è specificato dallo standard POSIX.1g
1217 come di tipo \code{socklen\_t *} in realtà deve sempre corrispondere ad un
1218 \ctyp{int *} come prima dello standard perché tutte le implementazioni dei
1219 socket BSD fanno questa assunzione.
1222 \subsection{La funzione \func{close}}
1223 \label{sec:TCP_func_close}
1225 La funzione standard Unix \func{close} (vedi sez.~\ref{sec:file_open_close})
1226 che si usa sui file può essere usata con lo stesso effetto anche sui file
1227 descriptor associati ad un socket.
1229 L'azione di questa funzione quando applicata a socket è di marcarlo come
1230 chiuso e ritornare immediatamente al processo. Una volta chiamata il socket
1231 descriptor non è più utilizzabile dal processo e non può essere usato come
1232 argomento per una \func{write} o una \func{read} (anche se l'altro capo della
1233 connessione non avesse chiuso la sua parte). Il kernel invierà comunque tutti
1234 i dati che ha in coda prima di iniziare la sequenza di chiusura.
1236 Vedremo più avanti in sez.~\ref{sec:sock_generic_options} come sia possibile
1237 cambiare questo comportamento, e cosa può essere fatto perché il processo
1238 possa assicurarsi che l'altro capo abbia ricevuto tutti i dati.
1240 Come per tutti i file descriptor anche per i socket viene mantenuto un numero
1241 di riferimenti, per cui se più di un processo ha lo stesso socket aperto
1242 l'emissione del FIN e la sequenza di chiusura di TCP non viene innescata
1243 fintanto che il numero di riferimenti non si annulla, questo si applica, come
1244 visto in sez.~\ref{sec:file_shared_access}, sia ai file descriptor duplicati
1245 che a quelli ereditati dagli eventuali processi figli, ed è il comportamento
1246 che ci si aspetta in una qualunque applicazione client/server.
1248 Per attivare immediatamente l'emissione del FIN e la sequenza di chiusura
1249 descritta in sez.~\ref{sec:TCP_conn_term}, si può invece usare la funzione
1250 \func{shutdown} su cui torneremo in seguito (vedi
1251 sez.~\ref{sec:TCP_shutdown}).
1255 \section{Un esempio elementare: il servizio \textit{daytime}}
1256 \label{sec:TCP_daytime_application}
1258 Avendo introdotto le funzioni di base per la gestione dei socket, potremo
1259 vedere in questa sezione un primo esempio di applicazione elementare che
1260 implementa il servizio \textit{daytime} su TCP, secondo quanto specificato
1261 dall'\href{http://www.ietf.org/rfc/rfc867.txt}{RFC~867}. Prima di passare
1262 agli esempi del client e del server, inizieremo riesaminando con maggiori
1263 dettagli una peculiarità delle funzioni di I/O, già accennata in
1264 sez.~\ref{sec:file_read} e sez.~\ref{sec:file_write}, che nel caso dei socket è
1265 particolarmente rilevante. Passeremo poi ad illustrare gli esempi
1266 dell'implementazione, sia dal lato client, che dal lato server, che si è
1267 realizzato sia in forma iterativa che concorrente.
1270 \subsection{Il comportamento delle funzioni di I/O}
1271 \label{sec:sock_io_behav}
1273 Una cosa che si tende a dimenticare quando si ha a che fare con i socket è che
1274 le funzioni di input/output non sempre hanno lo stesso comportamento che
1275 avrebbero con i normali file di dati (in particolare questo accade per i
1276 socket di tipo stream).
1278 Infatti con i socket è comune che funzioni come \func{read} o \func{write}
1279 possano restituire in input o scrivere in output un numero di byte minore di
1280 quello richiesto. Come già accennato in sez.~\ref{sec:file_read} questo è un
1281 comportamento normale per le funzioni di I/O, ma con i normali file di dati il
1282 problema si avverte solo in lettura, quando si incontra la fine del file. In
1283 generale non è così, e con i socket questo è particolarmente evidente.
1286 \begin{figure}[!htbp]
1287 \footnotesize \centering
1288 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1289 \includecodesample{listati/FullRead.c}
1292 \caption{La funzione \func{FullRead}, che legge esattamente \var{count} byte
1293 da un file descriptor, iterando opportunamente le letture.}
1294 \label{fig:sock_FullRead_code}
1297 Quando ci si trova ad affrontare questo comportamento tutto quello che si deve
1298 fare è semplicemente ripetere la lettura (o la scrittura) per la quantità di
1299 byte restanti, tenendo conto che le funzioni si possono bloccare se i dati non
1300 sono disponibili: è lo stesso comportamento che si può avere scrivendo più di
1301 \const{PIPE\_BUF} byte in una pipe (si riveda quanto detto in
1302 sez.~\ref{sec:ipc_pipes}).
1304 Per questo motivo, seguendo l'esempio di R. W. Stevens in \cite{UNP1}, si sono
1305 definite due funzioni, \func{FullRead} e \func{FullWrite}, che eseguono
1306 lettura e scrittura tenendo conto di questa caratteristica, ed in grado di
1307 ritornare solo dopo avere letto o scritto esattamente il numero di byte
1308 specificato; il sorgente è riportato rispettivamente in
1309 fig.~\ref{fig:sock_FullRead_code} e fig.~\ref{fig:sock_FullWrite_code} ed è
1310 disponibile fra i sorgenti allegati alla guida nei file \file{FullRead.c} e
1313 \begin{figure}[!htbp]
1315 \footnotesize \centering
1316 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1317 \includecodesample{listati/FullWrite.c}
1320 \caption{La funzione \func{FullWrite}, che scrive esattamente \var{count}
1321 byte su un file descriptor, iterando opportunamente le scritture.}
1322 \label{fig:sock_FullWrite_code}
1325 Come si può notare le due funzioni ripetono la lettura/scrittura in un ciclo
1326 fino all'esaurimento del numero di byte richiesti, in caso di errore viene
1327 controllato se questo è \errcode{EINTR} (cioè un'interruzione della
1328 \textit{system call} dovuta ad un segnale), nel qual caso l'accesso viene
1329 ripetuto, altrimenti l'errore viene ritornato al programma chiamante,
1330 interrompendo il ciclo.
1332 Nel caso della lettura, se il numero di byte letti è zero, significa che si è
1333 arrivati alla fine del file (per i socket questo significa in genere che
1334 l'altro capo è stato chiuso, e quindi non sarà più possibile leggere niente) e
1335 pertanto si ritorna senza aver concluso la lettura di tutti i byte
1336 richiesti. Entrambe le funzioni restituiscono 0 in caso di successo, ed un
1337 valore negativo in caso di errore, \func{FullRead} restituisce il numero di
1338 byte non letti in caso di end-of-file prematuro.
1341 \subsection{Il client \textit{daytime}}
1342 \label{sec:TCP_daytime_client}
1344 Il primo esempio di applicazione delle funzioni di base illustrate in
1345 sez.~\ref{sec:TCP_functions} è relativo alla creazione di un client elementare
1346 per il servizio \textit{daytime}, un servizio elementare, definito
1347 nell'\href{http://www.ietf.org/rfc/rfc867.txt}{RFC~867}, che restituisce
1348 l'ora locale della macchina a cui si effettua la richiesta, e che è assegnato
1351 In fig.~\ref{fig:TCP_daytime_client_code} è riportata la sezione principale
1352 del codice del nostro client. Il sorgente completo del programma
1353 (\texttt{TCP\_daytime.c}, che comprende il trattamento delle opzioni ed una
1354 funzione per stampare un messaggio di aiuto) è allegato alla guida nella
1355 sezione dei codici sorgente e può essere compilato su una qualunque macchina
1358 \begin{figure}[!htbp]
1359 \footnotesize \centering
1360 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1361 \includecodesample{listati/TCP_daytime.c}
1364 \caption{Esempio di codice di un client elementare per il servizio
1366 \label{fig:TCP_daytime_client_code}
1369 Il programma anzitutto (\texttt{\small 1--5}) include gli header necessari;
1370 dopo la dichiarazione delle variabili (\texttt{\small 9--12}) si è omessa
1371 tutta la parte relativa al trattamento degli argomenti passati dalla linea di
1372 comando (effettuata con le apposite funzioni illustrate in
1373 sez.~\ref{sec:proc_opt_handling}).
1375 Il primo passo (\texttt{\small 14--18}) è creare un socket TCP (quindi di tipo
1376 \const{SOCK\_STREAM} e di famiglia \const{AF\_INET}). La funzione
1377 \func{socket} ritorna il descrittore che viene usato per identificare il
1378 socket in tutte le chiamate successive. Nel caso la chiamata fallisca si
1379 stampa un errore (\texttt{\small 16}) con la funzione \func{perror} e si esce
1380 (\texttt{\small 17}) con un codice di errore.
1382 Il passo seguente (\texttt{\small 19--27}) è quello di costruire un'apposita
1383 struttura \struct{sockaddr\_in} in cui sarà inserito l'indirizzo del server ed
1384 il numero della porta del servizio. Il primo passo (\texttt{\small 20}) è
1385 inizializzare tutto a zero, per poi inserire il tipo di indirizzo
1386 (\texttt{\small 21}) e la porta (\texttt{\small 22}), usando per quest'ultima
1387 la funzione \func{htons} per convertire il formato dell'intero usato dal
1388 computer a quello usato nella rete, infine (\texttt{\small 23--27}) si può
1389 utilizzare la funzione \func{inet\_pton} per convertire l'indirizzo numerico
1390 passato dalla linea di comando.
1392 A questo punto (\texttt{\small 28--32}) usando la funzione \func{connect} sul
1393 socket creato in precedenza (\texttt{\small 29}) si può stabilire la
1394 connessione con il server. Per questo si deve utilizzare come secondo
1395 argomento la struttura preparata in precedenza con il relativo indirizzo; si
1396 noti come, esistendo diversi tipi di socket, si sia dovuto effettuare un cast.
1397 Un valore di ritorno della funzione negativo implica il fallimento della
1398 connessione, nel qual caso si stampa un errore (\texttt{\small 30}) e si
1399 ritorna (\texttt{\small 31}).
1401 Completata con successo la connessione il passo successivo (\texttt{\small
1402 34--40}) è leggere la data dal socket; il protocollo prevede che il server
1403 invii sempre una stringa alfanumerica, il formato della stringa non è
1404 specificato dallo standard, per cui noi useremo il formato usato dalla
1405 funzione \func{ctime}, seguito dai caratteri di terminazione \verb|\r\n|, cioè
1408 Wed Apr 4 00:53:00 2001\r\n
1410 questa viene letta dal socket (\texttt{\small 34}) con la funzione \func{read}
1411 in un buffer temporaneo; la stringa poi deve essere terminata (\texttt{\small
1412 35}) con il solito carattere nullo per poter essere stampata (\texttt{\small
1413 36}) sullo standard output con l'uso di \func{fputs}.
1415 Come si è già spiegato in sez.~\ref{sec:sock_io_behav} la risposta dal socket
1416 potrà arrivare in un unico pacchetto di 26 byte (come avverrà senz'altro nel
1417 caso in questione) ma potrebbe anche arrivare in 26 pacchetti di un byte. Per
1418 questo nel caso generale non si può mai assumere che tutti i dati arrivino con
1419 una singola lettura, pertanto quest'ultima deve essere effettuata in un ciclo
1420 in cui si continui a leggere fintanto che la funzione \func{read} non ritorni
1421 uno zero (che significa che l'altro capo ha chiuso la connessione) o un numero
1422 minore di zero (che significa un errore nella connessione).
1424 Si noti come in questo caso la fine dei dati sia specificata dal server che
1425 chiude la connessione (anche questo è quanto richiesto dal protocollo); questa
1426 è una delle tecniche possibili (è quella usata pure dal protocollo HTTP), ma
1427 ce ne possono essere altre, ad esempio FTP marca la conclusione di un blocco
1428 di dati con la sequenza ASCII \verb|\r\n| (carriage return e line feed),
1429 mentre il DNS mette la lunghezza in testa ad ogni blocco che trasmette. Il
1430 punto essenziale è che TCP non provvede nessuna indicazione che permetta di
1431 marcare dei blocchi di dati, per cui se questo è necessario deve provvedere il
1434 Se abilitiamo il servizio \textit{daytime}\footnote{in genere questo viene
1435 fornito direttamente dal \textsl{superdemone} \cmd{inetd}, pertanto basta
1436 assicurarsi che esso sia abilitato nel relativo file di configurazione.}
1437 possiamo verificare il funzionamento del nostro client, avremo allora:
1439 [piccardi@gont sources]$ ./daytime 127.0.0.1
1440 Mon Apr 21 20:46:11 2003
1442 e come si vede tutto funziona regolarmente.
1445 \subsection{Un server \textit{daytime} iterativo}
1446 \label{sec:TCP_daytime_iter_server}
1448 Dopo aver illustrato il client daremo anche un esempio di un server
1449 elementare, che sia anche in grado di rispondere al precedente client. Come
1450 primo esempio realizzeremo un server iterativo, in grado di fornire una sola
1451 risposta alla volta. Il codice del programma è nuovamente mostrato in
1452 fig.~\ref{fig:TCP_daytime_iter_server_code}, il sorgente completo
1453 (\texttt{TCP\_iter\_daytimed.c}) è allegato insieme agli altri file degli
1456 \begin{figure}[!htbp]
1457 \footnotesize \centering
1458 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1459 \includecodesample{listati/TCP_iter_daytimed.c}
1462 \caption{Esempio di codice di un semplice server per il servizio daytime.}
1463 \label{fig:TCP_daytime_iter_server_code}
1466 Come per il client si includono (\texttt{\small 1--9}) gli header necessari a
1467 cui è aggiunto quello per trattare i tempi, e si definiscono (\texttt{\small
1468 14--18}) alcune costanti e le variabili necessarie in seguito. Come nel caso
1469 precedente si sono omesse le parti relative al trattamento delle opzioni da
1472 La creazione del socket (\texttt{\small 20--24}) è analoga al caso precedente,
1473 come pure l'inizializzazione (\texttt{\small 25--29}) della struttura
1474 \struct{sockaddr\_in}. Anche in questo caso (\texttt{\small 28}) si usa la
1475 porta standard del servizio daytime, ma come indirizzo IP si usa
1476 (\texttt{\small 27}) il valore predefinito \const{INET\_ANY}, che corrisponde
1477 all'indirizzo generico.
1479 Si effettua poi (\texttt{\small 30--34}) la chiamata alla funzione \func{bind}
1480 che permette di associare la precedente struttura al socket, in modo che
1481 quest'ultimo possa essere usato per accettare connessioni su una qualunque
1482 delle interfacce di rete locali. In caso di errore si stampa (\texttt{\small
1483 31}) un messaggio, e si termina (\texttt{\small 32}) immediatamente il
1486 Il passo successivo (\texttt{\small 35--39}) è quello di mettere ``\textsl{in
1487 ascolto}'' il socket; questo viene fatto (\texttt{\small 36}) con la
1488 funzione \func{listen} che dice al kernel di accettare connessioni per il
1489 socket che abbiamo creato; la funzione indica inoltre, con il secondo
1490 argomento, il numero massimo di connessioni che il kernel accetterà di mettere
1491 in coda per il suddetto socket. Di nuovo in caso di errore si stampa
1492 (\texttt{\small 37}) un messaggio, e si esce (\texttt{\small 38})
1495 La chiamata a \func{listen} completa la preparazione del socket per l'ascolto
1496 (che viene chiamato anche \textit{listening descriptor}) a questo punto si può
1497 procedere con il ciclo principale (\texttt{\small 40--53}) che viene eseguito
1498 indefinitamente. Il primo passo (\texttt{\small 42}) è porsi in attesa di
1499 connessioni con la chiamata alla funzione \func{accept}, come in precedenza in
1500 caso di errore si stampa (\texttt{\small 43}) un messaggio, e si esce
1501 (\texttt{\small 44}).
1503 Il processo resterà in stato di \textit{sleep} fin quando non arriva e viene
1504 accettata una connessione da un client; quando questo avviene \func{accept}
1505 ritorna, restituendo un secondo descrittore, che viene chiamato
1506 \textit{connected descriptor}, e che è quello che verrà usato dalla successiva
1507 chiamata alla \func{write} per scrivere la risposta al client.
1509 Il ciclo quindi proseguirà determinando (\texttt{\small 46}) il tempo corrente
1510 con una chiamata a \texttt{time}, con il quale si potrà opportunamente
1511 costruire (\texttt{\small 47}) la stringa con la data da trasmettere
1512 (\texttt{\small 48}) con la chiamata a \func{write}. Completata la
1513 trasmissione il nuovo socket viene chiuso (\texttt{\small 52}). A questo
1514 punto il ciclo si chiude ricominciando da capo in modo da poter ripetere
1515 l'invio della data in risposta ad una successiva connessione.
1517 È importante notare che questo server è estremamente elementare, infatti, a
1518 parte il fatto di poter essere usato solo con indirizzi IPv4, esso è in grado
1519 di rispondere ad un solo un client alla volta: è cioè, come dicevamo, un
1520 \textsl{server iterativo}. Inoltre è scritto per essere lanciato da linea di
1521 comando, se lo si volesse utilizzare come demone occorrerebbero le opportune
1522 modifiche\footnote{come una chiamata a \func{daemon} prima dell'inizio del
1523 ciclo principale.} per tener conto di quanto illustrato in
1524 sez.~\ref{sec:sess_daemon}. Si noti anche che non si è inserita nessuna forma
1525 di gestione della terminazione del processo, dato che tutti i file descriptor
1526 vengono chiusi automaticamente alla sua uscita, e che, non generando figli,
1527 non è necessario preoccuparsi di gestire la loro terminazione.
1530 \subsection{Un server \textit{daytime} concorrente}
1531 \label{sec:TCP_daytime_cunc_server}
1533 Il server \texttt{daytime} dell'esempio in
1534 sez.~\ref{sec:TCP_daytime_iter_server} è un tipico esempio di server iterativo,
1535 in cui viene servita una richiesta alla volta; in generale però, specie se il
1536 servizio è più complesso e comporta uno scambio di dati più sostanzioso di
1537 quello in questione, non è opportuno bloccare un server nel servizio di un
1538 client per volta; per questo si ricorre alle capacità di multitasking del
1541 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_fork} una delle modalità più comuni di
1542 funzionamento da parte dei server è quella di usare la funzione \func{fork}
1543 per creare, ad ogni richiesta da parte di un client, un processo figlio che si
1544 incarichi della gestione della comunicazione. Si è allora riscritto il server
1545 \textit{daytime} dell'esempio precedente in forma concorrente, inserendo anche
1546 una opzione per la stampa degli indirizzi delle connessioni ricevute.
1548 In fig.~\ref{fig:TCP_daytime_cunc_server_code} è mostrato un estratto del
1549 codice, in cui si sono tralasciati il trattamento delle opzioni e le parti
1550 rimaste invariate rispetto al precedente esempio (cioè tutta la parte
1551 riguardante l'apertura passiva del socket). Al solito il sorgente completo del
1552 server, nel file \texttt{TCP\_cunc\_daytimed.c}, è allegato insieme ai
1553 sorgenti degli altri esempi.
1555 \begin{figure}[!htbp]
1556 \footnotesize \centering
1557 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1558 \includecodesample{listati/TCP_cunc_daytimed.c}
1561 \caption{Esempio di codice di un server concorrente elementare per il
1563 \label{fig:TCP_daytime_cunc_server_code}
1566 Stavolta (\texttt{\small 21--26}) la funzione \func{accept} è chiamata
1567 fornendo una struttura di indirizzi in cui saranno ritornati l'indirizzo IP e
1568 la porta da cui il client effettua la connessione, che in un secondo tempo,
1569 (\texttt{\small 40--44}), se il logging è abilitato, stamperemo sullo standard
1572 Quando \func{accept} ritorna il server chiama la funzione \func{fork}
1573 (\texttt{\small 27--31}) per creare il processo figlio che effettuerà
1574 (\texttt{\small 32--46}) tutte le operazioni relative a quella connessione,
1575 mentre il padre proseguirà l'esecuzione del ciclo principale in attesa di
1576 ulteriori connessioni.
1578 Si noti come il figlio operi solo sul socket connesso, chiudendo
1579 immediatamente (\texttt{\small 33}) il socket \var{list\_fd}; mentre il padre
1580 continua ad operare solo sul socket in ascolto chiudendo (\texttt{\small 48})
1581 \var{conn\_fd} al ritorno dalla \func{fork}. Per quanto abbiamo detto in
1582 sez.~\ref{sec:TCP_func_close} nessuna delle due chiamate a \func{close} causa
1583 l'innesco della sequenza di chiusura perché il numero di riferimenti al file
1584 descriptor non si è annullato.
1586 Infatti subito dopo la creazione del socket \var{list\_fd} ha una referenza, e
1587 lo stesso vale per \var{conn\_fd} dopo il ritorno di \func{accept}, ma dopo la
1588 \func{fork} i descrittori vengono duplicati nel padre e nel figlio per cui
1589 entrambi i socket si trovano con due referenze. Questo fa si che quando il
1590 padre chiude \var{sock\_fd} esso resta con una referenza da parte del figlio,
1591 e sarà definitivamente chiuso solo quando quest'ultimo, dopo aver completato
1592 le sue operazioni, chiamerà (\texttt{\small 45}) la funzione \func{close}.
1594 In realtà per il figlio non sarebbe necessaria nessuna chiamata a
1595 \func{close}, in quanto con la \func{exit} finale (\texttt{\small 45}) tutti i
1596 file descriptor, quindi anche quelli associati ai socket, vengono
1597 automaticamente chiusi. Tuttavia si è preferito effettuare esplicitamente le
1598 chiusure per avere una maggiore chiarezza del codice, e per evitare eventuali
1599 errori, prevenendo ad esempio un uso involontario del \textit{listening
1602 Si noti invece come sia essenziale che il padre chiuda ogni volta il socket
1603 connesso dopo la \func{fork}; se così non fosse nessuno di questi socket
1604 sarebbe effettivamente chiuso dato che alla chiusura da parte del figlio
1605 resterebbe ancora un riferimento nel padre. Si avrebbero così due effetti: il
1606 padre potrebbe esaurire i descrittori disponibili (che sono un numero limitato
1607 per ogni processo) e soprattutto nessuna delle connessioni con i client
1610 Come per ogni server iterativo il lavoro di risposta viene eseguito
1611 interamente dal processo figlio. Questo si incarica (\texttt{\small 34}) di
1612 chiamare \func{time} per leggere il tempo corrente, e di stamparlo
1613 (\texttt{\small 35}) sulla stringa contenuta in \var{buffer} con l'uso di
1614 \func{snprintf} e \func{ctime}. Poi la stringa viene scritta (\texttt{\small
1615 36--39}) sul socket, controllando che non ci siano errori. Anche in questo
1616 caso si è evitato il ricorso a \func{FullWrite} in quanto la stringa è
1617 estremamente breve e verrà senz'altro scritta in un singolo segmento.
1619 Inoltre nel caso sia stato abilitato il \textit{logging} delle connessioni, si
1620 provvede anche (\texttt{\small 40--43}) a stampare sullo standard output
1621 l'indirizzo e la porta da cui il client ha effettuato la connessione, usando i
1622 valori contenuti nelle strutture restituite da \func{accept}, eseguendo le
1623 opportune conversioni con \func{inet\_ntop} e \func{ntohs}.
1625 Ancora una volta l'esempio è estremamente semplificato, si noti come di nuovo
1626 non si sia gestita né la terminazione del processo né il suo uso come demone,
1627 che tra l'altro sarebbe stato incompatibile con l'uso della opzione di logging
1628 che stampa gli indirizzi delle connessioni sullo standard output. Un altro
1629 aspetto tralasciato è la gestione della terminazione dei processi figli,
1630 torneremo su questo più avanti quando tratteremo alcuni esempi di server più
1635 \section{Un esempio più completo: il servizio \textit{echo}}
1636 \label{sec:TCP_echo_application}
1638 L'esempio precedente, basato sul servizio \textit{daytime}, è un esempio molto
1639 elementare, in cui il flusso dei dati va solo nella direzione dal server al
1640 client. In questa sezione esamineremo un esempio di applicazione client/server
1641 un po' più complessa, che usi i socket TCP per una comunicazione in entrambe
1644 Ci limiteremo a fornire una implementazione elementare, che usi solo le
1645 funzioni di base viste finora, ma prenderemo in esame, oltre al comportamento
1646 in condizioni normali, anche tutti i possibili scenari particolari (errori,
1647 sconnessione della rete, crash del client o del server durante la connessione)
1648 che possono avere luogo durante l'impiego di un'applicazione di rete, partendo
1649 da una versione primitiva che dovrà essere rimaneggiata di volta in volta per
1650 poter tenere conto di tutte le evenienze che si possono manifestare nella vita
1651 reale di un'applicazione di rete, fino ad arrivare ad un'implementazione
1655 \subsection{Il servizio \textit{echo}}
1656 \label{sec:TCP_echo}
1659 Nella ricerca di un servizio che potesse fare da esempio per una comunicazione
1660 bidirezionale, si è deciso, seguendo la scelta di Stevens in \cite{UNP1}, di
1661 usare il servizio \textit{echo}, che si limita a restituire in uscita quanto
1662 immesso in ingresso. Infatti, nonostante la sua estrema semplicità, questo
1663 servizio costituisce il prototipo ideale per una generica applicazione di rete
1664 in cui un server risponde alle richieste di un client. Nel caso di una
1665 applicazione più complessa quello che si potrà avere in più è una elaborazione
1666 dell'input del client, che in molti casi viene interpretato come un comando,
1667 da parte di un server che risponde fornendo altri dati in uscita.
1669 Il servizio \textit{echo} è uno dei servizi standard solitamente provvisti
1670 direttamente dal superserver \cmd{inetd}, ed è definito
1671 dall'\href{http://www.ietf.org/rfc/rfc862.txt}{RFC~862}. Come dice il nome il
1672 servizio deve riscrivere indietro sul socket i dati che gli vengono inviati in
1673 ingresso. L'RFC descrive le specifiche del servizio sia per TCP che UDP, e per
1674 il primo stabilisce che una volta stabilita la connessione ogni dato in
1675 ingresso deve essere rimandato in uscita fintanto che il chiamante non ha
1676 chiude la connessione. Al servizio è assegnata la porta riservata 7.
1678 Nel nostro caso l'esempio sarà costituito da un client che legge una linea di
1679 caratteri dallo standard input e la scrive sul server. A sua volta il server
1680 leggerà la linea dalla connessione e la riscriverà immutata all'indietro. Sarà
1681 compito del client leggere la risposta del server e stamparla sullo standard
1685 \subsection{Il client \textit{echo}: prima versione}
1686 \label{sec:TCP_echo_client}
1688 Il codice della prima versione del client per il servizio \textit{echo},
1689 disponibile nel file \texttt{TCP\_echo\_first.c}, è riportato in
1690 fig.~\ref{fig:TCP_echo_client_1}. Esso ricalca la struttura del precedente
1691 client per il servizio \textit{daytime} (vedi
1692 sez.~\ref{sec:TCP_daytime_client}), e la prima parte (\texttt{\small 10--27})
1693 è sostanzialmente identica, a parte l'uso di una porta diversa.
1695 \begin{figure}[!htbp]
1696 \footnotesize \centering
1697 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1698 \includecodesample{listati/TCP_echo_first.c}
1701 \caption{Codice della prima versione del client \textit{echo}.}
1702 \label{fig:TCP_echo_client_1}
1705 Al solito si è tralasciata la sezione relativa alla gestione delle opzioni a
1706 riga di comando. Una volta dichiarate le variabili, si prosegue
1707 (\texttt{\small 10--13}) con della creazione del socket con l'usuale controllo
1708 degli errori, alla preparazione (\texttt{\small 14--17}) della struttura
1709 dell'indirizzo, che stavolta usa la porta 7 riservata al servizio
1710 \textit{echo}, infine si converte (\texttt{\small 18--22}) l'indirizzo
1711 specificato a riga di comando. A questo punto (\texttt{\small 23--27}) si può
1712 eseguire la connessione al server secondo la stessa modalità usata in
1713 sez.~\ref{sec:TCP_daytime_client}.
1715 Completata la connessione, per gestire il funzionamento del protocollo si usa
1716 la funzione \code{ClientEcho}, il cui codice si è riportato a parte in
1717 fig.~\ref{fig:TCP_client_echo_sub}. Questa si preoccupa di gestire tutta la
1718 comunicazione, leggendo una riga alla volta dallo standard input \file{stdin},
1719 scrivendola sul socket e ristampando su \file{stdout} quanto ricevuto in
1720 risposta dal server. Al ritorno dalla funzione (\texttt{\small 30--31}) anche
1721 il programma termina.
1723 La funzione \code{ClientEcho} utilizza due buffer (\texttt{\small 3}) per
1724 gestire i dati inviati e letti sul socket. La comunicazione viene gestita
1725 all'interno di un ciclo (\texttt{\small 5--10}), i dati da inviare sulla
1726 connessione vengono presi dallo \file{stdin} usando la funzione \func{fgets},
1727 che legge una linea di testo (terminata da un \texttt{CR} e fino al massimo di
1728 \const{MAXLINE} caratteri) e la salva sul buffer di invio.
1730 Si usa poi (\texttt{\small 6}) la funzione \func{FullWrite}, vista in
1731 sez.~\ref{sec:sock_io_behav}, per scrivere i dati sul socket, gestendo
1732 automaticamente l'invio multiplo qualora una singola \func{write} non sia
1733 sufficiente. I dati vengono riletti indietro (\texttt{\small 7}) con una
1734 \func{read}\footnote{si è fatta l'assunzione implicita che i dati siano
1735 contenuti tutti in un solo segmento, così che la chiamata a \func{read} li
1736 restituisca sempre tutti; avendo scelto una dimensione ridotta per il buffer
1737 questo sarà sempre vero, vedremo più avanti come superare il problema di
1738 rileggere indietro tutti e soli i dati disponibili, senza bloccarsi.} sul
1739 buffer di ricezione e viene inserita (\texttt{\small 8}) la terminazione della
1740 stringa e per poter usare (\texttt{\small 9}) la funzione \func{fputs} per
1741 scriverli su \file{stdout}.
1743 \begin{figure}[!htbp]
1744 \footnotesize \centering
1745 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1746 \includecodesample{listati/ClientEcho_first.c}
1749 \caption{Codice della prima versione della funzione \texttt{ClientEcho} per
1750 la gestione del servizio \textit{echo}.}
1751 \label{fig:TCP_client_echo_sub}
1754 Quando si concluderà l'invio di dati mandando un end-of-file sullo standard
1755 input si avrà il ritorno di \func{fgets} con un puntatore nullo (si riveda
1756 quanto spiegato in sez.~\ref{sec:file_line_io}) e la conseguente uscita dal
1757 ciclo; al che la subroutine ritorna ed il nostro programma client termina.
1759 Si può effettuare una verifica del funzionamento del client abilitando il
1760 servizio \textit{echo} nella configurazione di \cmd{initd} sulla propria
1761 macchina ed usandolo direttamente verso di esso in locale, vedremo in
1762 dettaglio più avanti (in sez.~\ref{sec:TCP_echo_startup}) il funzionamento del
1763 programma, usato però con la nostra versione del server \textit{echo}, che
1764 illustriamo immediatamente.
1767 \subsection{Il server \textit{echo}: prima versione}
1768 \label{sec:TCPsimp_server_main}
1770 La prima versione del server, contenuta nel file \texttt{TCP\_echod\_first.c},
1771 è riportata in fig.~\ref{fig:TCP_echo_server_first_code}. Come abbiamo fatto
1772 per il client anche il server è stato diviso in un corpo principale,
1773 costituito dalla funzione \code{main}, che è molto simile a quello visto nel
1774 precedente esempio per il server del servizio \textit{daytime} di
1775 sez.~\ref{sec:TCP_daytime_cunc_server}, e da una funzione ausiliaria
1776 \code{ServEcho} che si cura della gestione del servizio.
1778 \begin{figure}[!htbp]
1779 \footnotesize \centering
1780 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1781 \includecodesample{listati/TCP_echod_first.c}
1784 \caption{Codice del corpo principale della prima versione del server
1785 per il servizio \textit{echo}.}
1786 \label{fig:TCP_echo_server_first_code}
1789 In questo caso però, rispetto a quanto visto nell'esempio di
1790 fig.~\ref{fig:TCP_daytime_cunc_server_code} si è preferito scrivere il server
1791 curando maggiormente alcuni dettagli, per tenere conto anche di alcune
1792 esigenze generali (che non riguardano direttamente la rete), come la
1793 possibilità di lanciare il server anche in modalità interattiva e la cessione
1794 dei privilegi di amministratore non appena questi non sono più necessari.
1796 La sezione iniziale del programma (\texttt{\small 8--21}) è la stessa del
1797 server di sez.~\ref{sec:TCP_daytime_cunc_server}, ed ivi descritta in
1798 dettaglio: crea il socket, inizializza l'indirizzo e esegue \func{bind}; dato
1799 che quest'ultima funzione viene usata su una porta riservata, il server dovrà
1800 essere eseguito da un processo con i privilegi di amministratore, pena il
1801 fallimento della chiamata.
1803 Una volta eseguita la funzione \func{bind} però i privilegi di amministratore
1804 non sono più necessari, per questo è sempre opportuno rilasciarli, in modo da
1805 evitare problemi in caso di eventuali vulnerabilità del server. Per questo
1806 prima (\texttt{\small 22--26}) si esegue \func{setgid} per assegnare il
1807 processo ad un gruppo senza privilegi,\footnote{si è usato il valore 65534,
1808 ovvero -1 per il formato \ctyp{short}, che di norma in tutte le
1809 distribuzioni viene usato per identificare il gruppo \texttt{nogroup} e
1810 l'utente \texttt{nobody}, usati appunto per eseguire programmi che non
1811 richiedono nessun privilegio particolare.} e poi si ripete (\texttt{\small
1812 27--30}) l'operazione usando \func{setuid} per cambiare anche
1813 l'utente.\footnote{si tenga presente che l'ordine in cui si eseguono queste
1814 due operazioni è importante, infatti solo avendo i privilegi di
1815 amministratore si può cambiare il gruppo di un processo ad un altro di cui
1816 non si fa parte, per cui chiamare prima \func{setuid} farebbe fallire una
1817 successiva chiamata a \func{setgid}. Inoltre si ricordi (si riveda quanto
1818 esposto in sez.~\ref{sec:proc_perms}) che usando queste due funzioni il
1819 rilascio dei privilegi è irreversibile.} Infine (\texttt{\small 30--36}),
1820 qualora sia impostata la variabile \var{demonize}, prima (\texttt{\small 31})
1821 si apre il sistema di logging per la stampa degli errori, e poi
1822 (\texttt{\small 32--35}) si invoca \func{daemon} per eseguire in background il
1823 processo come demone.
1825 A questo punto il programma riprende di nuovo lo schema già visto usato dal
1826 server per il servizio \textit{daytime}, con l'unica differenza della chiamata
1827 alla funzione \code{PrintErr}, riportata in fig.~\ref{fig:TCP_PrintErr}, al
1828 posto di \func{perror} per la stampa degli errori.
1830 Si inizia con il porre (\texttt{\small 37--41}) in ascolto il socket, e poi si
1831 esegue indefinitamente il ciclo principale (\texttt{\small 42--59}).
1832 All'interno di questo si ricevono (\texttt{\small 43--47}) le connessioni,
1833 creando (\texttt{\small 48--51}) un processo figlio per ciascuna di esse.
1834 Quest'ultimo (\texttt{\small 52--56}), chiuso (\texttt{\small 53}) il
1835 \textit{listening socket}, esegue (\texttt{\small 54}) la funzione di gestione
1836 del servizio \code{ServEcho}, ed al ritorno di questa esce (\texttt{\small
1839 Il padre invece si limita (\texttt{\small 57}) a chiudere il \textit{connected
1840 socket} per ricominciare da capo il ciclo in attesa di nuove connessioni. In
1841 questo modo si ha un server concorrente. La terminazione del padre non è
1842 gestita esplicitamente, e deve essere effettuata inviando un segnale al
1845 Avendo trattato direttamente la gestione del programma come demone, si è
1846 dovuto anche provvedere alla necessità di poter stampare eventuali messaggi di
1847 errore attraverso il sistema del \textit{syslog} trattato in
1848 sez.~\ref{sec:sess_daemon}. Come accennato questo è stato fatto utilizzando
1849 come \textit{wrapper} la funzione \code{PrintErr}, il cui codice è riportato
1850 in fig.~\ref{fig:TCP_PrintErr}.
1852 In essa ci si limita a controllare (\texttt{\small 2}) se è stato impostato
1853 (valore attivo per default) l'uso come demone, nel qual caso (\texttt{\small
1854 3}) si usa \func{syslog} (vedi sez.~\ref{sec:sess_daemon}) per stampare il
1855 messaggio di errore fornito come argomento sui log di sistema. Se invece si è
1856 in modalità interattiva (attivabile con l'opzione \texttt{-i}) si usa
1857 (\texttt{\small 5}) semplicemente la funzione \func{perror} per stampare sullo
1860 \begin{figure}[!htbp]
1861 \footnotesize \centering
1862 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1863 \includecodesample{listati/PrintErr.c}
1866 \caption{Codice della funzione \code{PrintErr} per la
1867 generalizzazione della stampa degli errori sullo standard input o
1868 attraverso il \texttt{syslog}.}
1869 \label{fig:TCP_PrintErr}
1872 La gestione del servizio \textit{echo} viene effettuata interamente nella
1873 funzione \code{ServEcho}, il cui codice è mostrato in
1874 fig.~\ref{fig:TCP_ServEcho_first}, e la comunicazione viene gestita all'interno
1875 di un ciclo (\texttt{\small 6--13}). I dati inviati dal client vengono letti
1876 (\texttt{\small 6}) dal socket con una semplice \func{read}, di cui non si
1877 controlla lo stato di uscita, assumendo che ritorni solo in presenza di dati
1878 in arrivo. La riscrittura (\texttt{\small 7}) viene invece gestita dalla
1879 funzione \func{FullWrite} (descritta in fig.~\ref{fig:sock_FullWrite_code}) che
1880 si incarica di tenere conto automaticamente della possibilità che non tutti i
1881 dati di cui è richiesta la scrittura vengano trasmessi con una singola
1884 \begin{figure}[!htbp]
1885 \footnotesize \centering
1886 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1887 \includecodesample{listati/ServEcho_first.c}
1890 \caption{Codice della prima versione della funzione \code{ServEcho} per la
1891 gestione del servizio \textit{echo}.}
1892 \label{fig:TCP_ServEcho_first}
1895 In caso di errore di scrittura (si ricordi che \func{FullWrite} restituisce un
1896 valore nullo in caso di successo) si provvede (\texttt{\small 8--10}) a
1897 stampare il relativo messaggio con \func{PrintErr}. Quando il client chiude
1898 la connessione il ricevimento del FIN fa ritornare la \func{read} con un
1899 numero di byte letti pari a zero, il che causa l'uscita dal ciclo e il ritorno
1900 (\texttt{\small 12}) della funzione, che a sua volta causa la terminazione del
1904 \subsection{L'avvio e il funzionamento normale}
1905 \label{sec:TCP_echo_startup}
1907 Benché il codice dell'esempio precedente sia molto ridotto, esso ci permetterà
1908 di considerare in dettaglio le varie problematiche che si possono incontrare
1909 nello scrivere un'applicazione di rete. Infatti attraverso l'esame delle sue
1910 modalità di funzionamento normali, all'avvio e alla terminazione, e di quello
1911 che avviene nelle varie situazioni limite, da una parte potremo approfondire
1912 la comprensione del protocollo TCP/IP e dall'altra ricavare le indicazioni
1913 necessarie per essere in grado di scrivere applicazioni robuste, in grado di
1914 gestire anche i casi limite.
1916 Il primo passo è compilare e lanciare il server (da root, per poter usare la
1917 porta 7 che è riservata), alla partenza esso eseguirà l'apertura passiva con
1918 la sequenza delle chiamate a \func{socket}, \func{bind}, \func{listen} e poi
1919 si bloccherà nella \func{accept}. A questo punto si potrà controllarne lo
1920 stato con \cmd{netstat}:
1922 [piccardi@roke piccardi]$ netstat -at
1923 Active Internet connections (servers and established)
1924 Proto Recv-Q Send-Q Local Address Foreign Address State
1926 tcp 0 0 *:echo *:* LISTEN
1929 che ci mostra come il socket sia in ascolto sulla porta richiesta, accettando
1930 connessioni da qualunque indirizzo e da qualunque porta e su qualunque
1933 A questo punto si può lanciare il client, esso chiamerà \func{socket} e
1934 \func{connect}; una volta completato il \itindex{three~way~handshake}
1935 \textit{three way handshake} la connessione è stabilita; la \func{connect}
1936 ritornerà nel client\footnote{si noti che è sempre la \func{connect} del
1937 client a ritornare per prima, in quanto questo avviene alla ricezione del
1938 secondo segmento (l'ACK del server) del \itindex{three~way~handshake}
1939 \textit{three way handshake}, la \func{accept} del server ritorna solo dopo
1940 un altro mezzo RTT quando il terzo segmento (l'ACK del client) viene
1941 ricevuto.} e la \func{accept} nel server, ed usando di nuovo \cmd{netstat}
1944 Active Internet connections (servers and established)
1945 Proto Recv-Q Send-Q Local Address Foreign Address State
1946 tcp 0 0 *:echo *:* LISTEN
1947 tcp 0 0 roke:echo gont:32981 ESTABLISHED
1949 mentre per quanto riguarda l'esecuzione dei programmi avremo che:
1951 \item il client chiama la funzione \code{ClientEcho} che si blocca sulla
1952 \func{fgets} dato che non si è ancora scritto nulla sul terminale.
1953 \item il server eseguirà una \func{fork} facendo chiamare al processo figlio
1954 la funzione \code{ServEcho}, quest'ultima si bloccherà sulla \func{read}
1955 dal socket sul quale ancora non sono presenti dati.
1956 \item il processo padre del server chiamerà di nuovo \func{accept}
1957 bloccandosi fino all'arrivo di un'altra connessione.
1959 e se usiamo il comando \cmd{ps} per esaminare lo stato dei processi otterremo
1960 un risultato del tipo:
1962 [piccardi@roke piccardi]$ ps ax
1963 PID TTY STAT TIME COMMAND
1965 2356 pts/0 S 0:00 ./echod
1966 2358 pts/1 S 0:00 ./echo 127.0.0.1
1967 2359 pts/0 S 0:00 ./echod
1969 (dove si sono cancellate le righe inutili) da cui si evidenzia la presenza di
1970 tre processi, tutti in stato di \textit{sleep} (vedi
1971 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}).
1973 Se a questo punto si inizia a scrivere qualcosa sul client non sarà trasmesso
1974 niente fin tanto che non si prema il tasto di a capo (si ricordi quanto detto
1975 in sez.~\ref{sec:file_line_io} a proposito dell'I/O su terminale), solo allora
1976 \func{fgets} ritornerà ed il client scriverà quanto immesso sul socket, per
1977 poi passare a rileggere quanto gli viene inviato all'indietro dal server, che
1978 a sua volta sarà inviato sullo standard output, che nel caso ne provoca
1979 l'immediata stampa a video.
1982 \subsection{La conclusione normale}
1983 \label{sec:TCP_echo_conclusion}
1985 Tutto quello che scriveremo sul client sarà rimandato indietro dal server e
1986 ristampato a video fintanto che non concluderemo l'immissione dei dati; una
1987 sessione tipica sarà allora del tipo:
1989 [piccardi@roke sources]$ ./echo 127.0.0.1
1995 che termineremo inviando un EOF dal terminale (usando la combinazione di tasti
1996 ctrl-D, che non compare a schermo); se eseguiamo un \cmd{netstat} a questo
1999 [piccardi@roke piccardi]$ netstat -at
2000 tcp 0 0 *:echo *:* LISTEN
2001 tcp 0 0 localhost:33032 localhost:echo TIME_WAIT
2003 con il client che entra in \texttt{TIME\_WAIT}.
2005 Esaminiamo allora in dettaglio la sequenza di eventi che porta alla
2006 terminazione normale della connessione, che ci servirà poi da riferimento
2007 quando affronteremo il comportamento in caso di conclusioni anomale:
2010 \item inviando un carattere di EOF da terminale la \func{fgets} ritorna
2011 restituendo un puntatore nullo che causa l'uscita dal ciclo di \code{while},
2012 così la funzione \code{ClientEcho} ritorna.
2013 \item al ritorno di \code{ClientEcho} ritorna anche la funzione \code{main}, e
2014 come parte del processo di terminazione tutti i file descriptor vengono chiusi
2015 (si ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:proc_term_conclusion}); questo
2016 causa la chiusura del socket di comunicazione; il client allora invierà un
2017 FIN al server a cui questo risponderà con un ACK. A questo punto il client
2018 verrà a trovarsi nello stato \texttt{FIN\_WAIT\_2} ed il server nello stato
2019 \texttt{CLOSE\_WAIT} (si riveda quanto spiegato in
2020 sez.~\ref{sec:TCP_conn_term}).
2021 \item quando il server riceve il FIN la \func{read} del processo figlio che
2022 gestisce la connessione ritorna restituendo 0 causando così l'uscita dal
2023 ciclo e il ritorno di \code{ServEcho}, a questo punto il processo figlio
2024 termina chiamando \func{exit}.
2025 \item all'uscita del figlio tutti i file descriptor vengono chiusi, la
2026 chiusura del socket connesso fa sì che venga effettuata la sequenza finale
2027 di chiusura della connessione, viene emesso un FIN dal server che riceverà
2028 un ACK dal client, a questo punto la connessione è conclusa e il client
2029 resta nello stato \texttt{TIME\_WAIT}.
2033 \subsection{La gestione dei processi figli}
2034 \label{sec:TCP_child_hand}
2036 Tutto questo riguarda la connessione, c'è però da tenere conto dell'effetto
2037 del procedimento di chiusura del processo figlio nel server (si veda quanto
2038 esaminato in sez.~\ref{sec:proc_termination}). In questo caso avremo l'invio
2039 del segnale \signal{SIGCHLD} al padre, ma dato che non si è installato un
2040 gestore e che l'azione predefinita per questo segnale è quella di essere
2041 ignorato, non avendo predisposto la ricezione dello stato di terminazione,
2042 otterremo che il processo figlio entrerà nello stato di \itindex{zombie}
2043 \textit{zombie} (si riveda quanto illustrato in sez.~\ref{sec:sig_sigchld}),
2044 come risulterà ripetendo il comando \cmd{ps}:
2046 2356 pts/0 S 0:00 ./echod
2047 2359 pts/0 Z 0:00 [echod <defunct>]
2050 Dato che non è il caso di lasciare processi \itindex{zombie} \textit{zombie},
2051 occorrerà ricevere opportunamente lo stato di terminazione del processo (si
2052 veda sez.~\ref{sec:proc_wait}), cosa che faremo utilizzando \signal{SIGCHLD}
2053 secondo quanto illustrato in sez.~\ref{sec:sig_sigchld}. Una prima modifica al
2054 nostro server è pertanto quella di inserire la gestione della terminazione dei
2055 processi figli attraverso l'uso di un gestore. Per questo useremo la funzione
2056 \code{Signal} (che abbiamo illustrato in fig.~\ref{fig:sig_Signal_code}), per
2057 installare il gestore che riceve i segnali dei processi figli terminati già
2058 visto in fig.~\ref{fig:sig_sigchld_handl}. Basterà allora aggiungere il
2059 seguente codice: \includecodesnip{listati/sigchildhand.c}
2061 all'esempio illustrato in fig.~\ref{fig:TCP_echo_server_first_code}.
2063 In questo modo però si introduce un altro problema. Si ricordi infatti che,
2064 come spiegato in sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}, quando un programma si trova in
2065 stato di \texttt{sleep} durante l'esecuzione di una \textit{system call},
2066 questa viene interrotta alla ricezione di un segnale. Per questo motivo, alla
2067 fine dell'esecuzione del gestore del segnale, se questo ritorna, il programma
2068 riprenderà l'esecuzione ritornando dalla \textit{system call} interrotta con
2069 un errore di \errcode{EINTR}.
2071 Vediamo allora cosa comporta tutto questo nel nostro caso: quando si chiude il
2072 client, il processo figlio che gestisce la connessione terminerà, ed il padre,
2073 per evitare la creazione di \itindex{zombie} \textit{zombie}, riceverà il
2074 segnale \signal{SIGCHLD} eseguendo il relativo gestore. Al ritorno del gestore
2075 però l'esecuzione nel padre ripartirà subito con il ritorno della funzione
2076 \func{accept} (a meno di un caso fortuito in cui il segnale arriva durante
2077 l'esecuzione del programma in risposta ad una connessione) con un errore di
2078 \errcode{EINTR}. Non avendo previsto questa eventualità il programma considera
2079 questo un errore fatale terminando a sua volta con un messaggio del tipo:
2081 [root@gont sources]# ./echod -i
2082 accept error: Interrupted system call
2085 Come accennato in sez.~\ref{sec:sig_gen_beha} le conseguenze di questo
2086 comportamento delle \textit{system call} possono essere superate in due modi
2087 diversi, il più semplice è quello di modificare il codice di \func{Signal} per
2088 richiedere il riavvio automatico delle \textit{system call} interrotte secondo
2089 la semantica di BSD, usando l'opzione \const{SA\_RESTART} di \func{sigaction};
2090 rispetto a quanto visto in fig.~\ref{fig:sig_Signal_code}. Definiremo allora
2091 la nuova funzione \func{SignalRestart}\footnote{anche questa è definita,
2092 insieme alle altre funzioni riguardanti la gestione dei segnali, nel file
2093 \file{SigHand.c}, il cui contento completo può essere trovato negli esempi
2094 allegati.} come mostrato in fig.~\ref{fig:sig_SignalRestart_code}, ed
2095 installeremo il gestore usando quest'ultima.
2097 \begin{figure}[!htbp]
2098 \footnotesize \centering
2099 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2100 \includecodesample{listati/SignalRestart.c}
2103 \caption{La funzione \func{SignalRestart}, che installa un gestore di
2104 segnali in semantica BSD per il riavvio automatico delle \textit{system
2106 \label{fig:sig_SignalRestart_code}
2109 Come si può notare questa funzione è identica alla precedente \func{Signal},
2110 illustrata in fig.~\ref{fig:sig_Signal_code}, solo che in questo caso invece
2111 di inizializzare a zero il campo \var{sa\_flags} di \struct{sigaction}, lo si
2112 inizializza (\texttt{\small 5}) al valore \const{SA\_RESTART}. Usando questa
2113 funzione al posto di \func{Signal} nel server non è necessaria nessuna altra
2114 modifica: le \textit{system call} interrotte saranno automaticamente
2115 riavviate, e l'errore \errcode{EINTR} non si manifesterà più.
2117 La seconda soluzione è più invasiva e richiede di controllare tutte le volte
2118 l'errore restituito dalle varie \textit{system call}, ripetendo la chiamata
2119 qualora questo corrisponda ad \errcode{EINTR}. Questa soluzione ha però il
2120 pregio della portabilità, infatti lo standard POSIX dice che la funzionalità
2121 di riavvio automatico delle \textit{system call}, fornita da
2122 \const{SA\_RESTART}, è opzionale, per cui non è detto che essa sia disponibile
2123 su qualunque sistema. Inoltre in certi casi,\footnote{Stevens in \cite{UNP1}
2124 accenna che la maggior parte degli Unix derivati da BSD non fanno ripartire
2125 \func{select}; altri non riavviano neanche \func{accept} e \func{recvfrom},
2126 cosa che invece nel caso di Linux viene sempre fatta.} anche quando questa è
2127 presente, non è detto possa essere usata con \func{accept}.
2130 La portabilità nella gestione dei segnali però viene al costo di una
2131 riscrittura parziale del server, la nuova versione di questo, in cui si sono
2132 introdotte una serie di nuove opzioni che ci saranno utili per il debug, è
2133 mostrata in fig.~\ref{fig:TCP_echo_server_code_second}, dove si sono riportate
2134 la sezioni di codice modificate nella seconda versione del programma, il
2135 codice completo di quest'ultimo si trova nel file
2136 \texttt{TCP\_echod\_second.c} dei sorgenti allegati alla guida.
2138 La prima modifica effettuata è stata quella di introdurre una nuova opzione a
2139 riga di comando, \texttt{-c}, che permette di richiedere il comportamento
2140 compatibile nella gestione di \signal{SIGCHLD} al posto della semantica BSD
2141 impostando la variabile \var{compat} ad un valore non nullo. Questa è
2142 preimpostata al valore nullo, cosicché se non si usa questa opzione il
2143 comportamento di default del server è di usare la semantica BSD.
2145 Una seconda opzione aggiunta è quella di inserire un tempo di attesa fisso
2146 specificato in secondi fra il ritorno della funzione \func{listen} e la
2147 chiamata di \func{accept}, specificabile con l'opzione \texttt{-w}, che
2148 permette di impostare la variabile \var{waiting}. Infine si è introdotta una
2149 opzione \texttt{-d} per abilitare il debugging che imposta ad un valore non
2150 nullo la variabile \var{debugging}. Al solito si è omessa da
2151 fig.~\ref{fig:TCP_echo_server_code_second} la sezione di codice relativa alla
2152 gestione di tutte queste opzioni, che può essere trovata nel sorgente del
2155 \begin{figure}[!htbp]
2156 \footnotesize \centering
2157 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2158 \includecodesample{listati/TCP_echod_second.c}
2161 \caption{La sezione nel codice della seconda versione del server
2162 per il servizio \textit{echo} modificata per tener conto dell'interruzione
2163 delle \textit{system call}.}
2164 \label{fig:TCP_echo_server_code_second}
2167 Vediamo allora come è cambiato il nostro server; una volta definite le
2168 variabili e trattate le opzioni il primo passo (\texttt{\small 9--13}) è
2169 verificare la semantica scelta per la gestione di \signal{SIGCHLD}, a seconda
2170 del valore di \var{compat} (\texttt{\small 9}) si installa il gestore con la
2171 funzione \func{Signal} (\texttt{\small 10}) o con \texttt{SignalRestart}
2172 (\texttt{\small 12}), essendo quest'ultimo il valore di default.
2174 Tutta la sezione seguente, che crea il socket, cede i privilegi di
2175 amministratore ed eventualmente lancia il programma come demone, è rimasta
2176 invariata e pertanto è stata omessa in
2177 fig.~\ref{fig:TCP_echo_server_code_second}; l'unica modifica effettuata prima
2178 dell'entrata nel ciclo principale è stata quella di aver introdotto, subito
2179 dopo la chiamata (\texttt{\small 17--20}) alla funzione \func{listen}, una
2180 eventuale pausa con una condizione (\texttt{\small 21}) sulla variabile
2181 \var{waiting}, che viene inizializzata, con l'opzione \texttt{-w Nsec}, al
2182 numero di secondi da aspettare (il valore preimpostato è nullo).
2184 Si è potuto lasciare inalterata tutta la sezione di creazione del socket
2185 perché nel server l'unica chiamata ad una \textit{system call} lenta, che può
2186 essere interrotta dall'arrivo di \signal{SIGCHLD}, è quella ad \func{accept},
2187 che è l'unica funzione che può mettere il processo padre in stato di sleep nel
2188 periodo in cui un figlio può terminare; si noti infatti come le altre
2189 \index{system~call~lente} \textit{system call} lente (si ricordi la
2190 distinzione fatta in sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}) o sono chiamate prima di
2191 entrare nel ciclo principale, quando ancora non esistono processi figli, o
2192 sono chiamate dai figli stessi e non risentono di \signal{SIGCHLD}.
2194 Per questo l'unica modifica sostanziale nel ciclo principale (\texttt{\small
2195 23--42}), rispetto precedente versione di fig.~\ref{fig:TCP_ServEcho_first},
2196 è nella sezione (\texttt{\small 25--31}) in cui si effettua la chiamata di
2197 \func{accept}. Quest'ultima viene effettuata (\texttt{\small 26--27})
2198 all'interno di un ciclo di \code{while}\footnote{la sintassi del C relativa a
2199 questo ciclo può non essere del tutto chiara. In questo caso infatti si è
2200 usato un ciclo vuoto che non esegue nessuna istruzione, in questo modo
2201 quello che viene ripetuto con il ciclo è soltanto il codice che esprime la
2202 condizione all'interno del \code{while}.} che la ripete indefinitamente
2203 qualora in caso di errore il valore di \var{errno} sia \errcode{EINTR}. Negli
2204 altri casi si esce in caso di errore effettivo (\texttt{\small 27--29}),
2205 altrimenti il programma prosegue.
2207 Si noti che in questa nuova versione si è aggiunta una ulteriore sezione
2208 (\texttt{\small 32--40}) di aiuto per il debug del programma, che eseguita con
2209 un controllo (\texttt{\small 33}) sul valore della variabile \var{debugging}
2210 impostato dall'opzione \texttt{-d}. Qualora questo sia nullo, come
2211 preimpostato, non accade nulla. altrimenti (\texttt{\small 33}) l'indirizzo
2212 ricevuto da \var{accept} viene convertito in una stringa che poi
2213 (\texttt{\small 34--39}) viene opportunamente stampata o sullo schermo o nei
2216 Infine come ulteriore miglioria si è perfezionata la funzione \code{ServEcho},
2217 sia per tenere conto della nuova funzionalità di debugging, che per effettuare
2218 un controllo in caso di errore; il codice della nuova versione è mostrato in
2219 fig.~\ref{fig:TCP_ServEcho_second}.
2221 \begin{figure}[!htbp]
2222 \footnotesize \centering
2223 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2224 \includecodesample{listati/ServEcho_second.c}
2227 \caption{Codice della seconda versione della funzione \code{ServEcho} per la
2228 gestione del servizio \textit{echo}.}
2229 \label{fig:TCP_ServEcho_second}
2232 Rispetto alla precedente versione di fig.~\ref{fig:TCP_ServEcho_first} in
2233 questo caso si è provveduto a controllare (\texttt{\small 7--10}) il valore di
2234 ritorno di \func{read} per rilevare un eventuale errore, in modo da stampare
2235 (\texttt{\small 8}) un messaggio di errore e ritornare (\texttt{\small 9})
2236 concludendo la connessione.
2238 Inoltre qualora sia stata attivata la funzionalità di debug (avvalorando
2239 \var{debugging} tramite l'apposita opzione \texttt{-d}) si provvederà a
2240 stampare (tenendo conto della modalità di invocazione del server, se
2241 interattiva o in forma di demone) il numero di byte e la stringa letta dal
2242 client (\texttt{\small 16--24}).
2245 \section{I vari scenari critici}
2246 \label{sec:TCP_echo_critical}
2248 Con le modifiche viste in sez.~\ref{sec:TCP_child_hand} il nostro esempio
2249 diventa in grado di affrontare la gestione ordinaria delle connessioni, ma un
2250 server di rete deve tenere conto che, al contrario di quanto avviene per i
2251 server che operano nei confronti di processi presenti sulla stessa macchina,
2252 la rete è di sua natura inaffidabile, per cui è necessario essere in grado di
2253 gestire tutta una serie di situazioni critiche che non esistono per i processi
2257 \subsection{La terminazione precoce della connessione}
2258 \label{sec:TCP_conn_early_abort}
2260 La prima situazione critica è quella della terminazione precoce, causata da un
2261 qualche errore sulla rete, della connessione effettuata da un client. Come
2262 accennato in sez.~\ref{sec:TCP_func_accept} la funzione \func{accept} riporta
2263 tutti gli eventuali errori di rete pendenti su una connessione sul
2264 \textit{connected socket}. Di norma questo non è un problema, in quanto non
2265 appena completata la connessione, \func{accept} ritorna e l'errore sarà
2266 rilevato in seguito, dal processo che gestisce la connessione, alla prima
2267 chiamata di una funzione che opera sul socket.
2269 È però possibile, dal punto di vista teorico, incorrere anche in uno scenario
2270 del tipo di quello mostrato in fig.~\ref{fig:TCP_early_abort}, in cui la
2271 connessione viene abortita sul lato client per un qualche errore di rete con
2272 l'invio di un segmento RST, prima che nel server sia stata chiamata la
2273 funzione \func{accept}.
2275 \begin{figure}[!htb]
2276 \centering \includegraphics[width=10cm]{img/tcp_client_early_abort}
2277 \caption{Un possibile caso di terminazione precoce della connessione.}
2278 \label{fig:TCP_early_abort}
2281 Benché questo non sia un fatto comune, un evento simile può essere osservato
2282 con dei server molto occupati. In tal caso, con una struttura del server
2283 simile a quella del nostro esempio, in cui la gestione delle singole
2284 connessioni è demandata a processi figli, può accadere che il \textit{three
2285 way handshake} \itindex{three~way~handshake} venga completato e la relativa
2286 connessione abortita subito dopo, prima che il padre, per via del carico della
2287 macchina, abbia fatto in tempo ad eseguire la chiamata ad \func{accept}. Di
2288 nuovo si ha una situazione analoga a quella illustrata in
2289 fig.~\ref{fig:TCP_early_abort}, in cui la connessione viene stabilita, ma
2290 subito dopo si ha una condizione di errore che la chiude prima che essa sia
2291 stata accettata dal programma.
2293 Questo significa che, oltre alla interruzione da parte di un segnale, che
2294 abbiamo trattato in sez.~\ref{sec:TCP_child_hand} nel caso particolare di
2295 \signal{SIGCHLD}, si possono ricevere altri errori non fatali all'uscita di
2296 \func{accept}, che come nel caso precedente, necessitano semplicemente la
2297 ripetizione della chiamata senza che si debba uscire dal programma. In questo
2298 caso anche la versione modificata del nostro server non sarebbe adatta, in
2299 quanto uno di questi errori causerebbe la terminazione dello stesso. In Linux
2300 i possibili errori di rete non fatali, riportati sul socket connesso al
2301 ritorno di \func{accept}, sono \errcode{ENETDOWN}, \errcode{EPROTO},
2302 \errcode{ENOPROTOOPT}, \errcode{EHOSTDOWN}, \errcode{ENONET},
2303 \errcode{EHOSTUNREACH}, \errcode{EOPNOTSUPP} e \errcode{ENETUNREACH}.
2305 Si tenga presente che questo tipo di terminazione non è riproducibile
2306 terminando il client prima della chiamata ad \func{accept}, come si potrebbe
2307 fare usando l'opzione \texttt{-w} per introdurre una pausa dopo il lancio del
2308 demone, in modo da poter avere il tempo per lanciare e terminare una
2309 connessione usando il programma client. In tal caso infatti, alla terminazione
2310 del client, il socket associato alla connessione viene semplicemente chiuso,
2311 attraverso la sequenza vista in sez.~\ref{sec:TCP_conn_term}, per cui la
2312 \func{accept} ritornerà senza errori, e si avrà semplicemente un end-of-file
2313 al primo accesso al socket. Nel caso di Linux inoltre, anche qualora si
2314 modifichi il client per fargli gestire l'invio di un segmento di RST alla
2315 chiusura dal socket (usando l'opzione \const{SO\_LINGER}, vedi
2316 sez.~\ref{sec:sock_options_main}), non si ha nessun errore al ritorno di
2317 \func{accept}, quanto un errore di \errcode{ECONNRESET} al primo tentativo di
2322 \subsection{La terminazione precoce del server}
2323 \label{sec:TCP_server_crash}
2325 Un secondo caso critico è quello in cui si ha una terminazione precoce del
2326 server, ad esempio perché il programma ha un crash. In tal caso si suppone che
2327 il processo termini per un errore fatale, cosa che potremo simulare
2328 inviandogli un segnale di terminazione. La conclusione del processo comporta
2329 la chiusura di tutti i file descriptor aperti, compresi tutti i socket
2330 relativi a connessioni stabilite; questo significa che al momento del crollo
2331 del servizio il client riceverà un FIN dal server in corrispondenza della
2332 chiusura del socket.
2334 Vediamo allora cosa succede nel nostro caso, facciamo partire una connessione
2335 con il server e scriviamo una prima riga, poi terminiamo il server con un
2336 \texttt{C-c}. A questo punto scriviamo una seconda riga e poi un'altra riga
2337 ancora. Il risultato finale della sessione è il seguente:
2339 [piccardi@gont sources]$ ./echo 192.168.1.141
2342 Seconda riga dopo il C-c
2344 [piccardi@gont sources]$
2347 Come si vede il nostro client, nonostante la connessione sia stata interrotta
2348 prima dell'invio della seconda riga, non solo accetta di inviarla, ma prende
2349 anche un'altra riga prima di terminare senza riportare nessun
2352 Per capire meglio cosa è successo conviene analizzare il flusso dei pacchetti
2353 utilizzando un analizzatore di traffico come \cmd{tcpdump}. Il comando
2354 permette di selezionare, nel traffico di rete generato su una macchina, i
2355 pacchetti che interessano, stampando a video (o salvando su disco) il loro
2356 contenuto. Non staremo qui ad entrare nei dettagli dell'uso del programma, che
2357 sono spiegati dalla pagina di manuale; per l'uso che vogliamo farne quello che
2358 ci interessa è, posizionandosi sulla macchina che fa da client, selezionare
2359 tutti i pacchetti che sono diretti o provengono dalla macchina che fa da
2360 server. In questo modo (posto che non ci siano altre connessioni col server,
2361 cosa che avremo cura di evitare) tutti i pacchetti rilevati apparterranno alla
2362 nostra sessione di interrogazione del servizio.
2364 Il comando \cmd{tcpdump} permette selezioni molto complesse, basate sulle
2365 interfacce su cui passano i pacchetti, sugli indirizzi IP, sulle porte, sulle
2366 caratteristiche ed il contenuto dei pacchetti stessi, inoltre permette di
2367 combinare fra loro diversi criteri di selezione con degli operatori logici;
2368 quando un pacchetto che corrisponde ai criteri di selezione scelti viene
2369 rilevato i suoi dati vengono stampati sullo schermo (anche questi secondo un
2370 formato configurabile in maniera molto precisa).
2372 Lanciando il comando prima di ripetere la sessione di lavoro mostrata
2373 nell'esempio precedente potremo allora catturare tutti pacchetti scambiati fra
2374 il client ed il server; i risultati\footnote{in realtà si è ridotta la
2375 lunghezza dell'output rispetto al reale tagliando alcuni dati non necessari
2376 alla comprensione del flusso.} prodotti in questa occasione da \cmd{tcpdump}
2377 sono allora i seguenti:
2379 [root@gont gapil]# tcpdump src 192.168.1.141 or dst 192.168.1.141 -N -t
2380 tcpdump: listening on eth0
2381 gont.34559 > anarres.echo: S 800922320:800922320(0) win 5840
2382 anarres.echo > gont.34559: S 511689719:511689719(0) ack 800922321 win 5792
2383 gont.34559 > anarres.echo: . ack 1 win 5840
2384 gont.34559 > anarres.echo: P 1:12(11) ack 1 win 5840
2385 anarres.echo > gont.34559: . ack 12 win 5792
2386 anarres.echo > gont.34559: P 1:12(11) ack 12 win 5792
2387 gont.34559 > anarres.echo: . ack 12 win 5840
2388 anarres.echo > gont.34559: F 12:12(0) ack 12 win 5792
2389 gont.34559 > anarres.echo: . ack 13 win 5840
2390 gont.34559 > anarres.echo: P 12:37(25) ack 13 win 5840
2391 anarres.echo > gont.34559: R 511689732:511689732(0) win 0
2394 Le prime tre righe vengono prodotte al momento in cui lanciamo il nostro
2395 client, e corrispondono ai tre pacchetti del \itindex{three~way~handshake}
2396 \textit{three way handshake}. L'output del comando riporta anche i numeri di
2397 sequenza iniziali, mentre la lettera \texttt{S} indica che per quel pacchetto
2398 si aveva il SYN flag attivo. Si noti come a partire dal secondo pacchetto sia
2399 sempre attivo il campo \texttt{ack}, seguito dal numero di sequenza per il
2400 quale si da il ricevuto; quest'ultimo, a partire dal terzo pacchetto, viene
2401 espresso in forma relativa per maggiore compattezza. Il campo \texttt{win} in
2402 ogni riga indica la \textit{advertised window} di cui parlavamo in
2403 sez.~\ref{sec:TCP_TCP_opt}. Allora si può verificare dall'output del comando
2404 come venga appunto realizzata la sequenza di pacchetti descritta in
2405 sez.~\ref{sec:TCP_conn_cre}: prima viene inviato dal client un primo pacchetto
2406 con il SYN che inizia la connessione, a cui il server risponde dando il
2407 ricevuto con un secondo pacchetto, che a sua volta porta un SYN, cui il client
2408 risponde con un il terzo pacchetto di ricevuto.
2410 Ritorniamo allora alla nostra sessione con il servizio echo: dopo le tre righe
2411 del \itindex{three~way~handshake} \textit{three way handshake} non avremo
2412 nulla fin tanto che non scriveremo una prima riga sul client; al momento in
2413 cui facciamo questo si genera una sequenza di altri quattro pacchetti. Il
2414 primo, dal client al server, contraddistinto da una lettera \texttt{P} che
2415 significa che il flag PSH è impostato, contiene la nostra riga (che è appunto
2416 di 11 caratteri), e ad esso il server risponde immediatamente con un pacchetto
2417 vuoto di ricevuto. Poi tocca al server riscrivere indietro quanto gli è stato
2418 inviato, per cui sarà lui a mandare indietro un terzo pacchetto con lo stesso
2419 contenuto appena ricevuto, e a sua volta riceverà dal client un ACK nel quarto
2420 pacchetto. Questo causerà la ricezione dell'eco nel client che lo stamperà a
2423 A questo punto noi procediamo ad interrompere l'esecuzione del server con un
2424 \texttt{C-c} (cioè con l'invio di \signal{SIGTERM}): nel momento in cui
2425 facciamo questo vengono immediatamente generati altri due pacchetti. La
2426 terminazione del processo infatti comporta la chiusura di tutti i suoi file
2427 descriptor, il che comporta, per il socket che avevamo aperto, l'inizio della
2428 sequenza di chiusura illustrata in sez.~\ref{sec:TCP_conn_term}. Questo
2429 significa che dal server partirà un FIN, che è appunto il primo dei due
2430 pacchetti, contraddistinto dalla lettera \texttt{F}, cui seguirà al solito un
2431 ACK da parte del client.
2433 A questo punto la connessione dalla parte del server è chiusa, ed infatti se
2434 usiamo \cmd{netstat} per controllarne lo stato otterremo che sul server si ha:
2436 anarres:/home/piccardi# netstat -ant
2437 Active Internet connections (servers and established)
2438 Proto Recv-Q Send-Q Local Address Foreign Address State
2439 ... ... ... ... ... ...
2440 tcp 0 0 192.168.1.141:7 192.168.1.2:34626 FIN_WAIT2
2442 cioè essa è andata nello stato \texttt{FIN\_WAIT2}, che indica l'avvenuta
2443 emissione del segmento FIN, mentre sul client otterremo che essa è andata
2444 nello stato \texttt{CLOSE\_WAIT}:
2446 [root@gont gapil]# netstat -ant
2447 Active Internet connections (servers and established)
2448 Proto Recv-Q Send-Q Local Address Foreign Address State
2449 ... ... ... ... ... ...
2450 tcp 1 0 192.168.1.2:34582 192.168.1.141:7 CLOSE_WAIT
2453 Il problema è che in questo momento il client è bloccato dentro la funzione
2454 \texttt{ClientEcho} nella chiamata a \func{fgets}, e sta attendendo dell'input
2455 dal terminale, per cui non è in grado di accorgersi di nulla. Solo quando
2456 inseriremo la seconda riga il comando uscirà da \func{fgets} e proverà a
2457 scriverla sul socket. Questo comporta la generazione degli ultimi due
2458 pacchetti riportati da \cmd{tcpdump}: il primo, inviato dal client contenente
2459 i 25 caratteri della riga appena letta, e ad esso la macchina server
2460 risponderà, non essendoci più niente in ascolto sulla porta 7, con un segmento
2461 di RST, contraddistinto dalla lettera \texttt{R}, che causa la conclusione
2462 definitiva della connessione anche nel client, dove non comparirà più
2463 nell'output di \cmd{netstat}.
2465 Come abbiamo accennato in sez.~\ref{sec:TCP_conn_term} e come vedremo più
2466 avanti in sez.~\ref{sec:TCP_shutdown} la chiusura di un solo capo di un socket
2467 è una operazione lecita, per cui la nostra scrittura avrà comunque successo
2468 (come si può constatare lanciando usando \cmd{strace}\footnote{il comando
2469 \cmd{strace} è un comando di debug molto utile che prende come argomento un
2470 altro comando e ne stampa a video tutte le invocazioni di una \textit{system
2471 call}, coi relativi argomenti e valori di ritorno, per cui usandolo in
2472 questo contesto potremo verificare che effettivamente la \func{write} ha
2473 scritto la riga, che in effetti è stata pure trasmessa via rete.}), in
2474 quanto il nostro programma non ha a questo punto alcun modo di sapere che
2475 dall'altra parte non c'è più nessuno processo in grado di leggere quanto
2476 scriverà. Questo sarà chiaro solo dopo il tentativo di scrittura, e la
2477 ricezione del segmento RST di risposta che indica che dall'altra parte non si
2478 è semplicemente chiuso un capo del socket, ma è completamente terminato il
2481 Per questo motivo il nostro client proseguirà leggendo dal socket, e dato che
2482 questo è stato chiuso avremo che, come spiegato in
2483 sez.~\ref{sec:TCP_conn_term}, la funzione \func{read} ritorna normalmente con
2484 un valore nullo. Questo comporta che la seguente chiamata a \func{fputs} non
2485 ha effetto (viene stampata una stringa nulla) ed il client si blocca di nuovo
2486 nella successiva chiamata a \func{fgets}. Per questo diventa possibile
2487 inserire una terza riga e solo dopo averlo fatto si avrà la terminazione del
2490 Per capire come questa avvenga comunque, non avendo inserito nel codice nessun
2491 controllo di errore, occorre ricordare che, a parte la bidirezionalità del
2492 flusso dei dati, dal punto di vista del funzionamento nei confronti delle
2493 funzioni di lettura e scrittura, i socket sono del tutto analoghi a delle
2494 pipe. Allora, da quanto illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_pipes}, sappiamo che
2495 tutte le volte che si cerca di scrivere su una pipe il cui altro capo non è
2496 aperto il lettura il processo riceve un segnale di \signal{SIGPIPE}, e questo è
2497 esattamente quello che avviene in questo caso, e siccome non abbiamo un
2498 gestore per questo segnale, viene eseguita l'azione preimpostata, che è quella
2499 di terminare il processo.
2501 Per gestire in maniera più corretta questo tipo di evento dovremo allora
2502 modificare il nostro client perché sia in grado di trattare le varie tipologie
2503 di errore, per questo dovremo riscrivere la funzione \func{ClientEcho}, in
2504 modo da controllare gli stati di uscita delle varie chiamate. Si è riportata
2505 la nuova versione della funzione in fig.~\ref{fig:TCP_ClientEcho_second}.
2507 \begin{figure}[!htbp]
2508 \footnotesize \centering
2509 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2510 \includecodesample{listati/ClientEcho_second.c}
2513 \caption{La sezione nel codice della seconda versione della funzione
2514 \func{ClientEcho} usata dal client per il servizio \textit{echo}
2515 modificata per tener conto degli eventuali errori.}
2516 \label{fig:TCP_ClientEcho_second}
2519 Come si può vedere in questo caso si controlla il valore di ritorno di tutte
2520 le funzioni, ed inoltre si verifica la presenza di un eventuale end of file in
2521 caso di lettura. Con questa modifica il nostro client echo diventa in grado di
2522 accorgersi della chiusura del socket da parte del server, per cui ripetendo la
2523 sequenza di operazioni precedenti stavolta otterremo che:
2525 [piccardi@gont sources]$ ./echo 192.168.1.141
2528 Seconda riga dopo il C-c
2531 ma di nuovo si tenga presente che non c'è modo di accorgersi della chiusura
2532 del socket fin quando non si esegue la scrittura della seconda riga; il
2533 protocollo infatti prevede che ci debba essere una scrittura prima di ricevere
2534 un RST che confermi la chiusura del file, e solo alle successive scritture si
2535 potrà ottenere un errore.
2537 Questa caratteristica dei socket ci mette di fronte ad un altro problema
2538 relativo al nostro client, e che cioè esso non è in grado di accorgersi di
2539 nulla fintanto che è bloccato nella lettura del terminale fatta con
2540 \func{gets}. In questo caso il problema è minimo, ma esso riemergerà più
2541 avanti, ed è quello che si deve affrontare tutte le volte quando si ha a che
2542 fare con la necessità di lavorare con più descrittori, nel qual caso diventa
2543 si pone la questione di come fare a non restare bloccati su un socket quando
2544 altri potrebbero essere liberi. Vedremo come affrontare questa problematica in
2545 sez.~\ref{sec:TCP_sock_multiplexing}.
2548 \subsection{Altri scenari di terminazione della connessione}
2549 \label{sec:TCP_conn_crash}
2551 La terminazione del server è solo uno dei possibili scenari di terminazione
2552 della connessione, un altro caso è ad esempio quello in cui si ha un crollo
2553 della rete, cosa che potremo simulare facilmente staccando il cavo di rete.
2554 Un'altra condizione è quella di un blocco della macchina completo della su cui
2555 gira il server che deve essere riavviata, cosa che potremo simulare sia
2556 premendo il bottone di reset,\footnote{un normale shutdown non va bene; in tal
2557 caso infatti il sistema provvede a terminare tutti i processi, per cui la
2558 situazione sarebbe sostanzialmente identica alla precedente.} che, in
2559 maniera più gentile, riavviando la macchina dopo aver interrotto la
2560 connessione di rete.
2562 Cominciamo ad analizzare il primo caso, il crollo della rete. Ripetiamo la
2563 nostra sessione di lavoro precedente, lanciamo il client, scriviamo una prima
2564 riga, poi stacchiamo il cavo e scriviamo una seconda riga. Il risultato che
2567 [piccardi@gont sources]$ ./echo 192.168.1.141
2570 Seconda riga dopo l'interruzione
2571 Errore in lettura: No route to host
2574 Quello che succede in questo è che il programma, dopo aver scritto la seconda
2575 riga, resta bloccato per un tempo molto lungo, prima di dare l'errore
2576 \errcode{EHOSTUNREACH}. Se andiamo ad osservare con \cmd{strace} cosa accade
2577 nel periodo in cui il programma è bloccato vedremo che stavolta, a differenza
2578 del caso precedente, il programma è bloccato nella lettura dal socket.
2580 Se poi, come nel caso precedente, usiamo l'accortezza di analizzare il
2581 traffico di rete fra client e server con \cmd{tcpdump}, otterremo il seguente
2584 [root@gont sources]# tcpdump src 192.168.1.141 or dst 192.168.1.141 -N -t
2585 tcpdump: listening on eth0
2586 gont.34685 > anarres.echo: S 1943495663:1943495663(0) win 5840
2587 anarres.echo > gont.34685: S 1215783131:1215783131(0) ack 1943495664 win 5792
2588 gont.34685 > anarres.echo: . ack 1 win 5840
2589 gont.34685 > anarres.echo: P 1:12(11) ack 1 win 5840
2590 anarres.echo > gont.34685: . ack 12 win 5792
2591 anarres.echo > gont.34685: P 1:12(11) ack 12 win 5792
2592 gont.34685 > anarres.echo: . ack 12 win 5840
2593 gont.34685 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2594 gont.34685 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2595 gont.34685 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2596 gont.34685 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2597 gont.34685 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2598 gont.34685 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2599 gont.34685 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2600 gont.34685 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2601 gont.34685 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2602 arp who-has anarres tell gont
2603 arp who-has anarres tell gont
2604 arp who-has anarres tell gont
2605 arp who-has anarres tell gont
2606 arp who-has anarres tell gont
2607 arp who-has anarres tell gont
2611 In questo caso l'andamento dei primi sette pacchetti è esattamente lo stesso
2612 di prima. Solo che stavolta, non appena inviata la seconda riga, il programma
2613 si bloccherà nella successiva chiamata a \func{read}, non ottenendo nessuna
2614 risposta. Quello che succede è che nel frattempo il kernel provvede, come
2615 richiesto dal protocollo TCP, a tentare la ritrasmissione della nostra riga un
2616 certo numero di volte, con tempi di attesa crescente fra un tentativo ed il
2617 successivo, per tentare di ristabilire la connessione.
2619 Il risultato finale qui dipende dall'implementazione dello stack TCP, e nel
2620 caso di Linux anche dall'impostazione di alcuni dei parametri di sistema che
2621 si trovano in \file{/proc/sys/net/ipv4}, che ne controllano il comportamento:
2622 in questo caso in particolare da
2623 \sysctlrelfile{net/ipv4}{tcp\_retries2} (vedi
2624 sez.~\ref{sec:sock_ipv4_sysctl}). Questo parametro infatti specifica il numero
2625 di volte che deve essere ritentata la ritrasmissione di un pacchetto nel mezzo
2626 di una connessione prima di riportare un errore di timeout. Il valore
2627 preimpostato è pari a 15, il che comporterebbe 15 tentativi di ritrasmissione,
2628 ma nel nostro caso le cose sono andate diversamente, dato che le
2629 ritrasmissioni registrate da \cmd{tcpdump} sono solo 8; inoltre l'errore
2630 riportato all'uscita del client non è stato \errcode{ETIMEDOUT}, come dovrebbe
2631 essere in questo caso, ma \errcode{EHOSTUNREACH}.
2633 Per capire l'accaduto continuiamo ad analizzare l'output di \cmd{tcpdump}:
2634 esso ci mostra che a un certo punto i tentativi di ritrasmissione del
2635 pacchetto sono cessati, per essere sostituiti da una serie di richieste di
2636 protocollo ARP in cui il client richiede l'indirizzo del server.
2638 Come abbiamo accennato in sez.~\ref{sec:net_tcpip_general} ARP è il protocollo
2639 che si incarica di trovare le corrispondenze fra indirizzo IP e indirizzo
2640 hardware sulla scheda di rete. È evidente allora che nel nostro caso, essendo
2641 client e server sulla stessa rete, è scaduta la voce nella \textit{ARP
2642 cache}\footnote{la \textit{ARP cache} è una tabella mantenuta internamente
2643 dal kernel che contiene tutte le corrispondenze fra indirizzi IP e indirizzi
2644 fisici, ottenute appunto attraverso il protocollo ARP; le voci della tabella
2645 hanno un tempo di vita limitato, passato il quale scadono e devono essere
2646 nuovamente richieste.} relativa ad \texttt{anarres}, ed il nostro client ha
2647 iniziato ad effettuare richieste ARP sulla rete per sapere l'IP di
2648 quest'ultimo, che essendo scollegato non poteva rispondere. Anche per questo
2649 tipo di richieste esiste un timeout, per cui dopo un certo numero di tentativi
2650 il meccanismo si è interrotto, e l'errore riportato al programma a questo
2651 punto è stato \errcode{EHOSTUNREACH}, in quanto non si era più in grado di
2652 contattare il server.
2654 Un altro errore possibile in questo tipo di situazione, che si può avere
2655 quando la macchina è su una rete remota, è \errcode{ENETUNREACH}; esso viene
2656 riportato alla ricezione di un pacchetto ICMP di \textit{destination
2657 unreachable} da parte del router che individua l'interruzione della
2658 connessione. Di nuovo anche qui il risultato finale dipende da quale è il
2659 meccanismo più veloce ad accorgersi del problema.
2661 Se però agiamo sui parametri del kernel, e scriviamo in \file{tcp\_retries2}
2662 un valore di tentativi più basso, possiamo evitare la scadenza della
2663 \textit{ARP cache} e vedere cosa succede. Così se ad esempio richiediamo 4
2664 tentativi di ritrasmissione, l'analisi di \cmd{tcpdump} ci riporterà il
2665 seguente scambio di pacchetti:
2667 [root@gont gapil]# tcpdump src 192.168.1.141 or dst 192.168.1.141 -N -t
2668 tcpdump: listening on eth0
2669 gont.34752 > anarres.echo: S 3646972152:3646972152(0) win 5840
2670 anarres.echo > gont.34752: S 2735190336:2735190336(0) ack 3646972153 win 5792
2671 gont.34752 > anarres.echo: . ack 1 win 5840
2672 gont.34752 > anarres.echo: P 1:12(11) ack 1 win 5840
2673 anarres.echo > gont.34752: . ack 12 win 5792
2674 anarres.echo > gont.34752: P 1:12(11) ack 12 win 5792
2675 gont.34752 > anarres.echo: . ack 12 win 5840
2676 gont.34752 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2677 gont.34752 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2678 gont.34752 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2679 gont.34752 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2680 gont.34752 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2682 e come si vede in questo caso i tentativi di ritrasmissione del pacchetto
2683 iniziale sono proprio 4 (per un totale di 5 voci con quello trasmesso la prima
2684 volta), ed in effetti, dopo un tempo molto più breve rispetto a prima ed in
2685 corrispondenza dell'invio dell'ultimo tentativo, quello che otterremo come
2686 errore all'uscita del client sarà diverso, e cioè:
2688 [piccardi@gont sources]$ ./echo 192.168.1.141
2691 Seconda riga dopo l'interruzione
2692 Errore in lettura: Connection timed out
2694 che corrisponde appunto, come ci aspettavamo, alla ricezione di un
2695 \errcode{ETIMEDOUT}.
2697 Analizziamo ora il secondo scenario, in cui si ha un crollo della macchina che
2698 fa da server. Al solito lanciamo il nostro client, scriviamo una prima riga
2699 per verificare che sia tutto a posto, poi stacchiamo il cavo e riavviamo il
2700 server. A questo punto, ritornato attivo il server, scriviamo una seconda
2701 riga. Quello che otterremo in questo caso è:
2703 [piccardi@gont sources]$ ./echo 192.168.1.141
2706 Seconda riga dopo l'interruzione
2707 Errore in lettura Connection reset by peer
2709 e l'errore ricevuti da \func{read} stavolta è \errcode{ECONNRESET}. Se al
2710 solito riportiamo l'analisi dei pacchetti effettuata con \cmd{tcpdump},
2713 [root@gont gapil]# tcpdump src 192.168.1.141 or dst 192.168.1.141 -N -t
2714 tcpdump: listening on eth0
2715 gont.34756 > anarres.echo: S 904864257:904864257(0) win 5840
2716 anarres.echo > gont.34756: S 4254564871:4254564871(0) ack 904864258 win 5792
2717 gont.34756 > anarres.echo: . ack 1 win 5840
2718 gont.34756 > anarres.echo: P 1:12(11) ack 1 win 5840
2719 anarres.echo > gont.34756: . ack 12 win 5792
2720 anarres.echo > gont.34756: P 1:12(11) ack 12 win 5792
2721 gont.34756 > anarres.echo: . ack 12 win 5840
2722 gont.34756 > anarres.echo: P 12:45(33) ack 12 win 5840
2723 anarres.echo > gont.34756: R 4254564883:4254564883(0) win 0
2726 Ancora una volta i primi sette pacchetti sono gli stessi; ma in questo caso
2727 quello che succede dopo lo scambio iniziale è che, non avendo inviato nulla
2728 durante il periodo in cui si è riavviato il server, il client è del tutto
2729 ignaro dell'accaduto per cui quando effettuerà una scrittura, dato che la
2730 macchina server è stata riavviata e che tutti gli stati relativi alle
2731 precedenti connessioni sono completamente persi, anche in presenza di una
2732 nuova istanza del server echo non sarà possibile consegnare i dati in arrivo,
2733 per cui alla loro ricezione il kernel risponderà con un segmento di RST.
2735 Il client da parte sua, dato che neanche in questo caso non è stato emesso un
2736 FIN, dopo aver scritto verrà bloccato nella successiva chiamata a \func{read},
2737 che però adesso ritornerà immediatamente alla ricezione del segmento RST,
2738 riportando appunto come errore \errcode{ECONNRESET}. Occorre precisare che se
2739 si vuole che il client sia in grado di accorgersi del crollo del server anche
2740 quando non sta effettuando uno scambio di dati, è possibile usare una
2741 impostazione speciale del socket (ci torneremo in
2742 sez.~\ref{sec:sock_generic_options}) che provvede all'esecuzione di questo
2746 \section{L'uso dell'I/O multiplexing}
2747 \label{sec:TCP_sock_multiplexing}
2749 Affronteremo in questa sezione l'utilizzo dell'I/O multiplexing, affrontato in
2750 sez.~\ref{sec:file_multiplexing}, nell'ambito delle applicazioni di rete. Già
2751 in sez.~\ref{sec:TCP_server_crash} era emerso il problema relativo al client
2752 del servizio echo che non era in grado di accorgersi della terminazione
2753 precoce del server, essendo bloccato nella lettura dei dati immessi da
2756 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:file_multiplexing} quali sono le funzionalità
2757 del sistema che ci permettono di tenere sotto controllo più file descriptor in
2758 contemporanea; in quella occasione non abbiamo fatto esempi, in quanto quando
2759 si tratta con file normali questa tipologia di I/O normalmente non viene
2760 usata, è invece un caso tipico delle applicazioni di rete quello di dover
2761 gestire varie connessioni da cui possono arrivare dati comuni in maniera
2762 asincrona, per cui riprenderemo l'argomento in questa sezione.
2765 \subsection{Il comportamento della funzione \func{select} con i socket.}
2766 \label{sec:TCP_sock_select}
2768 Iniziamo con la prima delle funzioni usate per l'I/O multiplexing,
2769 \func{select}; il suo funzionamento è già stato descritto in dettaglio in
2770 sez.~\ref{sec:file_multiplexing} e non staremo a ripetere quanto detto lì;
2771 sappiamo che la funzione ritorna quando uno o più dei file descriptor messi
2772 sotto controllo è pronto per la relativa operazione.
2774 In quell'occasione non abbiamo però definito cosa si intende per pronto,
2775 infatti per dei normali file, o anche per delle pipe, la condizione di essere
2776 pronti per la lettura o la scrittura è ovvia; invece lo è molto meno nel caso
2777 dei socket, visto che possono intervenire tutte una serie di possibili
2778 condizioni di errore dovute alla rete. Occorre allora specificare chiaramente
2779 quali sono le condizioni per cui un socket risulta essere ``\textsl{pronto}''
2780 quando viene passato come membro di uno dei tre \itindex{file~descriptor~set}
2781 \textit{file descriptor set} usati da \func{select}.
2783 Le condizioni che fanno si che la funzione \func{select} ritorni segnalando
2784 che un socket (che sarà riportato nel primo insieme di file descriptor) è
2785 pronto per la lettura sono le seguenti:
2787 \item nel buffer di ricezione del socket sono arrivati dei dati in quantità
2788 sufficiente a superare il valore di una \textsl{soglia di basso livello} (il
2789 cosiddetto \textit{low watermark}). Questo valore è espresso in numero di
2790 byte e può essere impostato con l'opzione del socket \const{SO\_RCVLOWAT}
2791 (tratteremo l'uso di questa opzione in sez.~\ref{sec:sock_generic_options});
2792 il suo valore di default è 1 per i socket TCP e UDP. In questo caso una
2793 operazione di lettura avrà successo e leggerà un numero di byte maggiore di
2795 \item il lato in lettura della connessione è stato chiuso; si è cioè ricevuto
2796 un segmento FIN (si ricordi quanto illustrato in
2797 sez.~\ref{sec:TCP_conn_term}) sulla connessione. In questo caso una
2798 operazione di lettura avrà successo, ma non risulteranno presenti dati (in
2799 sostanza \func{read} ritornerà con un valore nullo) per indicare la
2800 condizione di end-of-file.
2801 \item c'è stato un errore sul socket. In questo caso una operazione di lettura
2802 non si bloccherà ma restituirà una condizione di errore (ad esempio
2803 \func{read} restituirà -1) e imposterà la variabile \var{errno} al relativo
2804 valore. Vedremo in sez.~\ref{sec:sock_generic_options} come sia possibile
2805 estrarre e cancellare gli errori pendenti su un socket senza usare
2806 \func{read} usando l'opzione \const{SO\_ERROR}.
2807 \item quando si sta utilizzando un \textit{listening socket} ed ci sono delle
2808 connessioni completate. In questo caso la funzione \func{accept} non si
2809 bloccherà.\footnote{in realtà questo non è sempre vero, come accennato in
2810 sez.~\ref{sec:TCP_conn_early_abort} una connessione può essere abortita
2811 dalla ricezione di un segmento RST una volta che è stata completata,
2812 allora se questo avviene dopo che \func{select} è ritornata, ma prima
2813 della chiamata ad \func{accept}, quest'ultima, in assenza di altre
2814 connessioni, potrà bloccarsi.}
2817 Le condizioni che fanno si che la funzione \func{select} ritorni segnalando
2818 che un socket (che sarà riportato nel secondo insieme di file descriptor) è
2819 pronto per la scrittura sono le seguenti:
2821 \item nel buffer di invio è disponibile una quantità di spazio superiore al
2822 valore della \textsl{soglia di basso livello} in scrittura ed inoltre o il
2823 socket è già connesso o non necessita (ad esempio è UDP) di connessione. Il
2824 valore della soglia è espresso in numero di byte e può essere impostato con
2825 l'opzione del socket \const{SO\_SNDLOWAT} (trattata in
2826 sez.~\ref{sec:sock_generic_options}); il suo valore di default è 2048 per i
2827 socket TCP e UDP. In questo caso una operazione di scrittura non si
2828 bloccherà e restituirà un valore positivo pari al numero di byte accettati
2829 dal livello di trasporto.
2830 \item il lato in scrittura della connessione è stato chiuso. In questo caso
2831 una operazione di scrittura sul socket genererà il segnale \signal{SIGPIPE}.
2832 \item c'è stato un errore sul socket. In questo caso una operazione di
2833 scrittura non si bloccherà ma restituirà una condizione di errore ed
2834 imposterà opportunamente la variabile \var{errno}. Vedremo in
2835 sez.~\ref{sec:sock_generic_options} come sia possibile estrarre e cancellare
2836 errori pendenti su un socket usando l'opzione \const{SO\_ERROR}.
2839 Infine c'è una sola condizione che fa si che \func{select} ritorni segnalando
2840 che un socket (che sarà riportato nel terzo insieme di file descriptor) ha una
2841 condizione di eccezione pendente, e cioè la ricezione sul socket di
2842 \textsl{dati urgenti} (o \itindex{out-of-band} \textit{out-of-band}), una
2843 caratteristica specifica dei socket TCP su cui torneremo in
2844 sez.~\ref{sec:TCP_urgent_data}.
2846 Si noti come nel caso della lettura \func{select} si applichi anche ad
2847 operazioni che non hanno nulla a che fare con l'I/O di dati come il
2848 riconoscimento della presenza di connessioni pronte, in modo da consentire
2849 anche l'utilizzo di \func{accept} in modalità non bloccante. Si noti infine
2850 come in caso di errore un socket venga sempre riportato come pronto sia per la
2851 lettura che per la scrittura.
2853 Lo scopo dei due valori di soglia per i buffer di ricezione e di invio è
2854 quello di consentire maggiore flessibilità nell'uso di \func{select} da parte
2855 dei programmi, se infatti si sa che una applicazione non è in grado di fare
2856 niente fintanto che non può ricevere o inviare una certa quantità di dati, si
2857 possono utilizzare questi valori per far si che \func{select} ritorni solo
2858 quando c'è la certezza di avere dati a sufficienza.\footnote{questo tipo di
2859 controllo è utile di norma solo per la lettura, in quanto in genere le
2860 operazioni di scrittura sono già controllate dall'applicazione, che sa
2861 sempre quanti dati invia, mentre non è detto possa conoscere la quantità di
2862 dati in ricezione; per cui, nella situazione in cui si conosce almeno un
2863 valore minimo, per evitare la penalizzazione dovuta alla ripetizione delle
2864 operazioni di lettura per accumulare dati sufficienti, si può lasciare al
2865 kernel il compito di impostare un minimo al di sotto del quale il socket,
2866 pur avendo disponibili dei dati, non viene dato per pronto in lettura.}
2870 \subsection{Un esempio di I/O multiplexing}
2871 \label{sec:TCP_multiplex_example}
2873 Abbiamo incontrato la problematica tipica che conduce all'uso dell'I/O
2874 multiplexing nella nostra analisi degli errori in
2875 sez.~\ref{sec:TCP_conn_early_abort}, quando il nostro client non era in grado
2876 di rendersi conto di errori sulla connessione essendo impegnato nella attesa
2877 di dati in ingresso dallo standard input.
2879 In questo caso il problema è quello di dover tenere sotto controllo due
2880 diversi file descriptor, lo standard input, da cui viene letto il testo che
2881 vogliamo inviare al server, e il socket connesso con il server su cui detto
2882 testo sarà scritto e dal quale poi si vorrà ricevere la risposta. L'uso
2883 dell'I/O multiplexing consente di tenere sotto controllo entrambi, senza
2886 Nel nostro caso quello che ci interessa è non essere bloccati in lettura sullo
2887 standard input in caso di errori sulla connessione o chiusura della stessa da
2888 parte del server. Entrambi questi casi possono essere rilevati usando
2889 \func{select}, per quanto detto in sez.~\ref{sec:TCP_sock_select}, mettendo
2890 sotto osservazione i file descriptor per la condizione di essere pronti in
2891 lettura: sia infatti che si ricevano dati, che la connessione sia chiusa
2892 regolarmente (con la ricezione di un segmento FIN) che si riceva una
2893 condizione di errore (con un segmento RST) il socket connesso sarà pronto in
2894 lettura (nell'ultimo caso anche in scrittura, ma questo non è necessario ai
2897 \begin{figure}[!htbp]
2898 \footnotesize \centering
2899 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2900 \includecodesample{listati/ClientEcho_third.c}
2903 \caption{La sezione nel codice della terza versione della funzione
2904 \func{ClientEcho} usata dal client per il servizio \textit{echo}
2905 modificata per l'uso di \func{select}.}
2906 \label{fig:TCP_ClientEcho_third}
2909 Riprendiamo allora il codice del client, modificandolo per l'uso di
2910 \func{select}. Quello che dobbiamo modificare è la funzione \func{ClientEcho}
2911 di fig.~\ref{fig:TCP_ClientEcho_second}, dato che tutto il resto, che riguarda
2912 le modalità in cui viene stabilita la connessione con il server, resta
2913 assolutamente identico. La nostra nuova versione di \func{ClientEcho}, la
2914 terza della serie, è riportata in fig.~\ref{fig:TCP_ClientEcho_third}, il
2915 codice completo si trova nel file \file{TCP\_echo\_third.c} dei sorgenti
2916 allegati alla guida.
2918 In questo caso la funzione comincia (\texttt{\small 8--9}) con l'azzeramento
2919 del \itindex{file~descriptor~set} \textit{file descriptor set} \var{fset} e
2920 l'impostazione del valore \var{maxfd}, da passare a \func{select} come massimo
2921 per il numero di file descriptor. Per determinare quest'ultimo si usa la macro
2922 \code{max} definita nel nostro file \file{macro.h} che raccoglie una
2923 collezione di macro di preprocessore di varia utilità.
2925 La funzione prosegue poi (\texttt{\small 10--41}) con il ciclo principale, che
2926 viene ripetuto indefinitamente. Per ogni ciclo si reinizializza
2927 (\texttt{\small 11--12}) il \itindex{file~descriptor~set} \textit{file
2928 descriptor set}, impostando i valori per il file descriptor associato al
2929 socket \var{socket} e per lo standard input (il cui valore si recupera con la
2930 funzione \func{fileno}). Questo è necessario in quanto la successiva
2931 (\texttt{\small 13}) chiamata a \func{select} comporta una modifica dei due
2932 bit relativi, che quindi devono essere reimpostati all'inizio di ogni ciclo.
2934 Si noti come la chiamata a \func{select} venga eseguita usando come primo
2935 argomento il valore di \var{maxfd}, precedentemente calcolato, e passando poi
2936 il solo \itindex{file~descriptor~set} \textit{file descriptor set} per il
2937 controllo dell'attività in lettura, negli altri argomenti sono passati tutti
2938 puntatori nulli, non interessando né il controllo delle altre attività, né
2939 l'impostazione di un valore di timeout.
2941 Al ritorno di \func{select} si provvede a controllare quale dei due file
2942 descriptor presenta attività in lettura, cominciando (\texttt{\small 14--24})
2943 con il file descriptor associato allo standard input. In caso di attività
2944 (quando cioè \macro{FD\_ISSET} ritorna una valore diverso da zero) si esegue
2945 (\texttt{\small 15}) una \func{fgets} per leggere gli eventuali dati presenti;
2946 se non ve ne sono (e la funzione restituisce pertanto un puntatore nullo) si
2947 ritorna immediatamente (\texttt{\small 16}) dato che questo significa che si è
2948 chiuso lo standard input e quindi concluso l'utilizzo del client; altrimenti
2949 (\texttt{\small 18--22}) si scrivono i dati appena letti sul socket,
2950 prevedendo una uscita immediata in caso di errore di scrittura.
2952 Controllato lo standard input si passa a controllare (\texttt{\small 25--40})
2953 il socket connesso, in caso di attività (\texttt{\small 26}) si esegue subito
2954 una \func{read} di cui si controlla il valore di ritorno; se questo è negativo
2955 (\texttt{\small 27--30}) si è avuto un errore e pertanto si esce
2956 immediatamente segnalandolo, se è nullo (\texttt{\small 31--34}) significa che
2957 il server ha chiuso la connessione, e di nuovo si esce con stampando prima un
2958 messaggio di avviso, altrimenti (\texttt{\small 35--39}) si effettua la
2959 terminazione della stringa e la si stampa a sullo standard output (uscendo in
2960 caso di errore), per ripetere il ciclo da capo.
2962 Con questo meccanismo il programma invece di essere bloccato in lettura sullo
2963 standard input resta bloccato sulla \func{select}, che ritorna soltanto quando
2964 viene rilevata attività su uno dei due file descriptor posti sotto controllo.
2965 Questo di norma avviene solo quando si è scritto qualcosa sullo standard
2966 input, o quando si riceve dal socket la risposta a quanto si era appena
2967 scritto. Ma adesso il client diventa capace di accorgersi immediatamente della
2968 terminazione del server; in tal caso infatti il server chiuderà il socket
2969 connesso, ed alla ricezione del FIN la funzione \func{select} ritornerà (come
2970 illustrato in sez.~\ref{sec:TCP_sock_select}) segnalando una condizione di end
2971 of file, per cui il nostro client potrà uscire immediatamente.
2973 Riprendiamo la situazione affrontata in sez.~\ref{sec:TCP_server_crash},
2974 terminando il server durante una connessione, in questo caso quello che
2975 otterremo, una volta scritta una prima riga ed interrotto il server con un
2978 [piccardi@gont sources]$ ./echo 192.168.1.1
2983 dove l'ultima riga compare immediatamente dopo aver interrotto il server. Il
2984 nostro client infatti è in grado di accorgersi immediatamente che il socket
2985 connesso è stato chiuso ed uscire immediatamente.
2987 Veniamo allora agli altri scenari di terminazione anomala visti in
2988 sez.~\ref{sec:TCP_conn_crash}. Il primo di questi è l'interruzione fisica della
2989 connessione; in questo caso avremo un comportamento analogo al precedente, in
2990 cui si scrive una riga e non si riceve risposta dal server e non succede
2991 niente fino a quando non si riceve un errore di \errcode{EHOSTUNREACH} o
2992 \errcode{ETIMEDOUT} a seconda dei casi.
2994 La differenza è che stavolta potremo scrivere più righe dopo l'interruzione,
2995 in quanto il nostro client dopo aver inviato i dati non si bloccherà più nella
2996 lettura dal socket, ma nella \func{select}; per questo potrà accettare
2997 ulteriore dati che scriverà di nuovo sul socket, fintanto che c'è spazio sul
2998 buffer di uscita (ecceduto il quale si bloccherà in scrittura). Si ricordi
2999 infatti che il client non ha modo di determinare se la connessione è attiva o
3000 meno (dato che in molte situazioni reali l'inattività può essere temporanea).
3001 Tra l'altro se si ricollega la rete prima della scadenza del timeout, potremo
3002 anche verificare come tutto quello che si era scritto viene poi effettivamente
3003 trasmesso non appena la connessione ridiventa attiva, per cui otterremo
3006 [piccardi@gont sources]$ ./echo 192.168.1.1
3009 Seconda riga dopo l'interruzione
3012 Seconda riga dopo l'interruzione
3016 in cui, una volta riconnessa la rete, tutto quello che abbiamo scritto durante
3017 il periodo di disconnessione restituito indietro e stampato immediatamente.
3019 Lo stesso comportamento visto in sez.~\ref{sec:TCP_server_crash} si riottiene
3020 nel caso di un crollo completo della macchina su cui sta il server. In questo
3021 caso di nuovo il client non è in grado di accorgersi di niente dato che si
3022 suppone che il programma server non venga terminato correttamente, ma si
3023 blocchi tutto senza la possibilità di avere l'emissione di un segmento FIN che
3024 segnala la terminazione della connessione. Di nuovo fintanto che la
3025 connessione non si riattiva (con il riavvio della macchina del server) il
3026 client non è in grado di fare altro che accettare dell'input e tentare di
3027 inviarlo. La differenza in questo caso è che non appena la connessione
3028 ridiventa attiva i dati verranno sì trasmessi, ma essendo state perse tutte le
3029 informazioni relative alle precedenti connessioni ai tentativi di scrittura
3030 del client sarà risposto con un segmento RST che provocherà il ritorno di
3031 \func{select} per la ricezione di un errore di \errcode{ECONNRESET}.
3034 \subsection{La funzione \func{shutdown}}
3035 \label{sec:TCP_shutdown}
3037 Come spiegato in sez.~\ref{sec:TCP_conn_term} il procedimento di chiusura di un
3038 socket TCP prevede che da entrambe le parti venga emesso un segmento FIN. È
3039 pertanto del tutto normale dal punto di vista del protocollo che uno dei due
3040 capi chiuda la connessione, quando l'altro capo la lascia
3041 aperta.\footnote{abbiamo incontrato questa situazione nei vari scenari critici
3042 di sez.~\ref{sec:TCP_echo_critical}.}
3044 È pertanto possibile avere una situazione in cui un capo della connessione non
3045 avendo più nulla da scrivere, possa chiudere il socket, segnalando così
3046 l'avvenuta terminazione della trasmissione (l'altro capo riceverà infatti un
3047 end-of-file in lettura) mentre dall'altra parte si potrà proseguire la
3048 trasmissione dei dati scrivendo sul socket che da quel lato è ancora aperto.
3049 Questa è quella situazione in cui si dice che il socket è \textit{half
3052 Il problema che si pone è che se la chiusura del socket è effettuata con la
3053 funzione \func{close}, come spiegato in sez.~\ref{sec:TCP_func_close}, si perde
3054 ogni possibilità di poter rileggere quanto l'altro capo può continuare a
3055 scrivere. Per poter permettere allora di segnalare che si è concluso con la
3056 scrittura, continuando al contempo a leggere quanto può provenire dall'altro
3057 capo del socket si può allora usare la funzione \funcd{shutdown}, il cui
3059 \begin{prototype}{sys/socket.h}
3060 {int shutdown(int sockfd, int how)}
3062 Chiude un lato della connessione fra due socket.
3064 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
3065 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
3067 \item[\errcode{ENOTSOCK}] il file descriptor non corrisponde a un socket.
3068 \item[\errcode{ENOTCONN}] il socket non è connesso.
3070 ed inoltre \errval{EBADF}.}
3073 La funzione prende come primo argomento il socket \param{sockfd} su cui si
3074 vuole operare e come secondo argomento un valore intero \param{how} che indica
3075 la modalità di chiusura del socket, quest'ultima può prendere soltanto tre
3077 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3078 \item[\const{SHUT\_RD}] chiude il lato in lettura del socket, non sarà più
3079 possibile leggere dati da esso, tutti gli eventuali dati trasmessi
3080 dall'altro capo del socket saranno automaticamente scartati dal kernel, che,
3081 in caso di socket TCP, provvederà comunque ad inviare i relativi segmenti di
3083 \item[\const{SHUT\_WR}] chiude il lato in scrittura del socket, non sarà più
3084 possibile scrivere dati su di esso. Nel caso di socket TCP la chiamata causa
3085 l'emissione di un segmento FIN, secondo la procedura chiamata
3086 \itindex{half-close} \textit{half-close}. Tutti i dati presenti nel buffer
3087 di scrittura prima della chiamata saranno inviati, seguiti dalla sequenza di
3088 chiusura illustrata in sez.~\ref{sec:TCP_conn_term}.
3089 \item[\const{SHUT\_RDWR}] chiude sia il lato in lettura che quello in
3090 scrittura del socket. È equivalente alla chiamata in sequenza con
3091 \const{SHUT\_RD} e \const{SHUT\_WR}.
3094 Ci si può chiedere quale sia l'utilità di avere introdotto \const{SHUT\_RDWR}
3095 quando questa sembra rendere \funcd{shutdown} del tutto equivalente ad una
3096 \func{close}. In realtà non è così, esiste infatti un'altra differenza con
3097 \func{close}, più sottile. Finora infatti non ci siamo presi la briga di
3098 sottolineare in maniera esplicita che, come per i file e le fifo, anche per i
3099 socket possono esserci più riferimenti contemporanei ad uno stesso socket. Per
3100 cui si avrebbe potuto avere l'impressione che sia una corrispondenza univoca
3101 fra un socket ed il file descriptor con cui vi si accede. Questo non è
3102 assolutamente vero, (e lo abbiamo già visto nel codice del server di
3103 fig.~\ref{fig:TCP_echo_server_first_code}), ed è invece assolutamente normale
3104 che, come per gli altri oggetti, ci possano essere più file descriptor che
3105 fanno riferimento allo stesso socket.
3107 Allora se avviene uno di questi casi quello che succederà è che la chiamata a
3108 \func{close} darà effettivamente avvio alla sequenza di chiusura di un socket
3109 soltanto quando il numero di riferimenti a quest'ultimo diventerà nullo.
3110 Fintanto che ci sono file descriptor che fanno riferimento ad un socket l'uso
3111 di \func{close} si limiterà a deallocare nel processo corrente il file
3112 descriptor utilizzato, ma il socket resterà pienamente accessibile attraverso
3113 tutti gli altri riferimenti. Se torniamo all'esempio originale del server di
3114 fig.~\ref{fig:TCP_echo_server_first_code} abbiamo infatti che ci sono due
3115 \func{close}, una sul socket connesso nel padre, ed una sul socket in ascolto
3116 nel figlio, ma queste non effettuano nessuna chiusura reale di detti socket,
3117 dato che restano altri riferimenti attivi, uno al socket connesso nel figlio
3118 ed uno a quello in ascolto nel padre.
3120 Questo non avviene affatto se si usa \func{shutdown} con argomento
3121 \const{SHUT\_RDWR} al posto di \func{close}; in questo caso infatti la
3122 chiusura del socket viene effettuata immediatamente, indipendentemente dalla
3123 presenza di altri riferimenti attivi, e pertanto sarà efficace anche per tutti
3124 gli altri file descriptor con cui, nello stesso o in altri processi, si fa
3125 riferimento allo stesso socket.
3127 Il caso più comune di uso di \func{shutdown} è comunque quello della chiusura
3128 del lato in scrittura, per segnalare all'altro capo della connessione che si è
3129 concluso l'invio dei dati, restando comunque in grado di ricevere quanto
3130 questi potrà ancora inviarci. Questo è ad esempio l'uso che ci serve per
3131 rendere finalmente completo il nostro esempio sul servizio \textit{echo}. Il
3132 nostro client infatti presenta ancora un problema, che nell'uso che finora ne
3133 abbiamo fatto non è emerso, ma che ci aspetta dietro l'angolo non appena
3134 usciamo dall'uso interattivo e proviamo ad eseguirlo redirigendo standard
3135 input e standard output. Così se eseguiamo:
3137 [piccardi@gont sources]$ ./echo 192.168.1.1 < ../fileadv.tex > copia
3139 vedremo che il file \texttt{copia} risulta mancare della parte finale.
3141 Per capire cosa avviene in questo caso occorre tenere presente come avviene la
3142 comunicazione via rete; quando redirigiamo lo standard input il nostro client
3143 inizierà a leggere il contenuto del file \texttt{../fileadv.tex} a blocchi di
3144 dimensione massima pari a \texttt{MAXLINE} per poi scriverlo, alla massima
3145 velocità consentitagli dalla rete, sul socket. Dato che la connessione è con
3146 una macchina remota occorre un certo tempo perché i pacchetti vi arrivino,
3147 vengano processati, e poi tornino indietro. Considerando trascurabile il tempo
3148 di processo, questo tempo è quello impiegato nella trasmissione via rete, che
3149 viene detto RTT (dalla denominazione inglese \itindex{Round~Trip~Time~(RTT)}
3150 \textit{Round Trip Time}) ed è quello che viene stimato con l'uso del comando
3153 A questo punto, se torniamo al codice mostrato in
3154 fig.~\ref{fig:TCP_ClientEcho_third}, possiamo vedere che mentre i pacchetti
3155 sono in transito sulla rete il client continua a leggere e a scrivere fintanto
3156 che il file in ingresso finisce. Però non appena viene ricevuto un end-of-file
3157 in ingresso il nostro client termina. Nel caso interattivo, in cui si
3158 inviavano brevi stringhe una alla volta, c'era sempre il tempo di eseguire la
3159 lettura completa di quanto il server rimandava indietro. In questo caso
3160 invece, quando il client termina, essendo la comunicazione saturata e a piena
3161 velocità, ci saranno ancora pacchetti in transito sulla rete che devono
3162 arrivare al server e poi tornare indietro, ma siccome il client esce
3163 immediatamente dopo la fine del file in ingresso, questi non faranno a tempo a
3164 completare il percorso e verranno persi.
3166 Per evitare questo tipo di problema, invece di uscire una volta completata la
3167 lettura del file in ingresso, occorre usare \func{shutdown} per effettuare la
3168 chiusura del lato in scrittura del socket. In questo modo il client segnalerà
3169 al server la chiusura del flusso dei dati, ma potrà continuare a leggere
3170 quanto il server gli sta ancora inviando indietro, fino a quando anch'esso,
3171 riconosciuta la chiusura del socket in scrittura da parte del client,
3172 effettuerà la chiusura dalla sua parte. Solo alla ricezione della chiusura del
3173 socket da parte del server il client potrà essere sicuro della ricezione di
3174 tutti i dati e della terminazione effettiva della connessione.
3176 \begin{figure}[!htbp]
3177 \footnotesize \centering
3178 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3179 \includecodesample{listati/ClientEcho.c}
3182 \caption{La sezione nel codice della versione finale della funzione
3183 \func{ClientEcho}, che usa \func{shutdown} per una conclusione corretta
3185 \label{fig:TCP_ClientEcho}
3188 Si è allora riportato in fig.~\ref{fig:TCP_ClientEcho} la versione finale
3189 della nostra funzione \func{ClientEcho}, in grado di gestire correttamente
3190 l'intero flusso di dati fra client e server. Il codice completo del client,
3191 comprendente la gestione delle opzioni a riga di comando e le istruzioni per
3192 la creazione della connessione, si trova nel file
3193 \texttt{TCP\_echo\_fourth.c}, distribuito coi sorgenti allegati alla guida.
3195 La nuova versione è molto simile alla precedente di
3196 fig.~\ref{fig:TCP_ClientEcho_third}; la prima differenza è l'introduzione
3197 (\texttt{\small 7}) della variabile \var{eof}, inizializzata ad un valore
3198 nullo, che serve a mantenere traccia dell'avvenuta conclusione della lettura
3199 del file in ingresso.
3201 La seconda modifica (\texttt{\small 12--15}) è stata quella di rendere
3202 subordinato ad un valore nullo di \var{eof} l'impostazione del file descriptor
3203 set per l'osservazione dello standard input. Se infatti il valore di \var{eof}
3204 è non nullo significa che si è già raggiunta la fine del file in ingresso ed è
3205 pertanto inutile continuare a tenere sotto controllo lo standard input nella
3206 successiva (\texttt{\small 16}) chiamata a \func{select}.
3208 Le maggiori modifiche rispetto alla precedente versione sono invece nella
3209 gestione (\texttt{\small 18--22}) del caso in cui la lettura con \func{fgets}
3210 restituisce un valore nullo, indice della fine del file. Questa nella
3211 precedente versione causava l'immediato ritorno della funzione; in questo caso
3212 prima (\texttt{\small 19}) si imposta opportunamente \var{eof} ad un valore
3213 non nullo, dopo di che (\texttt{\small 20}) si effettua la chiusura del lato
3214 in scrittura del socket con \func{shutdown}. Infine (\texttt{\small 21}) si
3215 usa la macro \macro{FD\_CLR} per togliere lo standard input dal
3216 \itindex{file~descriptor~set} \textit{file descriptor set}.
3218 In questo modo anche se la lettura del file in ingresso è conclusa, la
3219 funzione non esce dal ciclo principale (\texttt{\small 11--50}), ma continua
3220 ad eseguirlo ripetendo la chiamata a \func{select} per tenere sotto controllo
3221 soltanto il socket connesso, dal quale possono arrivare altri dati, che
3222 saranno letti (\texttt{\small 31}), ed opportunamente trascritti
3223 (\texttt{\small 44--48}) sullo standard output.
3225 Il ritorno della funzione, e la conseguente terminazione normale del client,
3226 viene invece adesso gestito all'interno (\texttt{\small 30--49}) della lettura
3227 dei dati dal socket; se infatti dalla lettura del socket si riceve una
3228 condizione di end-of-file, la si tratterà (\texttt{\small 36--43}) in maniera
3229 diversa a seconda del valore di \var{eof}. Se infatti questa è diversa da zero
3230 (\texttt{\small 37--39}), essendo stata completata la lettura del file in
3231 ingresso, vorrà dire che anche il server ha concluso la trasmissione dei dati
3232 restanti, e si potrà uscire senza errori, altrimenti si stamperà
3233 (\texttt{\small 40--42}) un messaggio di errore per la chiusura precoce della
3237 \subsection{Un server basato sull'I/O multiplexing}
3238 \label{sec:TCP_serv_select}
3240 Seguendo di nuovo le orme di Stevens in \cite{UNP1} vediamo ora come con
3241 l'utilizzo dell'I/O multiplexing diventi possibile riscrivere completamente il
3242 nostro server \textit{echo} con una architettura completamente diversa, in
3243 modo da evitare di dover creare un nuovo processo tutte le volte che si ha una
3244 connessione.\footnote{ne faremo comunque una implementazione diversa rispetto
3245 a quella presentata da Stevens in \cite{UNP1}.}
3247 La struttura del nuovo server è illustrata in
3248 fig.~\ref{fig:TCP_echo_multiplex}, in questo caso avremo un solo processo che
3249 ad ogni nuova connessione da parte di un client sul socket in ascolto si
3250 limiterà a registrare l'entrata in uso di un nuovo file descriptor ed
3251 utilizzerà \func{select} per rilevare la presenza di dati in arrivo su tutti i
3252 file descriptor attivi, operando direttamente su ciascuno di essi.
3254 \begin{figure}[!htb]
3255 \centering \includegraphics[width=13cm]{img/TCPechoMult}
3256 \caption{Schema del nuovo server echo basato sull'I/O multiplexing.}
3257 \label{fig:TCP_echo_multiplex}
3260 La sezione principale del codice del nuovo server è illustrata in
3261 fig.~\ref{fig:TCP_SelectEchod}. Si è tralasciata al solito la gestione delle
3262 opzioni, che è identica alla versione precedente. Resta invariata anche tutta
3263 la parte relativa alla gestione dei segnali, degli errori, e della cessione
3264 dei privilegi, così come è identica la gestione della creazione del socket (si
3265 può fare riferimento al codice già illustrato in
3266 sez.~\ref{sec:TCPsimp_server_main}); al solito il codice completo del server è
3267 disponibile coi sorgenti allegati nel file \texttt{select\_echod.c}.
3269 \begin{figure}[!htbp]
3270 \footnotesize \centering
3271 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3272 \includecodesample{listati/select_echod.c}
3275 \caption{La sezione principale del codice della nuova versione di server
3276 \textit{echo} basati sull'uso della funzione \func{select}.}
3277 \label{fig:TCP_SelectEchod}
3280 In questo caso, una volta aperto e messo in ascolto il socket, tutto quello
3281 che ci servirà sarà chiamare \func{select} per rilevare la presenza di nuove
3282 connessioni o di dati in arrivo, e processarli immediatamente. Per
3283 implementare lo schema mostrato in fig.~\ref{fig:TCP_echo_multiplex}, il
3284 programma usa una tabella dei socket connessi mantenuta nel vettore
3285 \var{fd\_open} dimensionato al valore di \const{FD\_SETSIZE}, ed una variabile
3286 \var{max\_fd} per registrare il valore più alto dei file descriptor aperti.
3288 Prima di entrare nel ciclo principale (\texttt{\small 6--56}) la nostra
3289 tabella viene inizializzata (\texttt{\small 2}) a zero (valore che
3290 utilizzeremo come indicazione del fatto che il relativo file descriptor non è
3291 aperto), mentre il valore massimo (\texttt{\small 3}) per i file descriptor
3292 aperti viene impostato a quello del socket in ascolto,\footnote{in quanto esso
3293 è l'unico file aperto, oltre i tre standard, e pertanto avrà il valore più
3294 alto.} che verrà anche (\texttt{\small 4}) inserito nella tabella.
3296 La prima sezione (\texttt{\small 7--10}) del ciclo principale esegue la
3297 costruzione del \itindex{file~descriptor~set} \textit{file descriptor set}
3298 \var{fset} in base ai socket connessi in un certo momento; all'inizio ci sarà
3299 soltanto il socket in ascolto, ma nel prosieguo delle operazioni, verranno
3300 utilizzati anche tutti i socket connessi registrati nella tabella
3301 \var{fd\_open}. Dato che la chiamata di \func{select} modifica il valore del
3302 \itindex{file~descriptor~set} \textit{file descriptor set}, è necessario
3303 ripetere (\texttt{\small 7}) ogni volta il suo azzeramento, per poi procedere
3304 con il ciclo (\texttt{\small 8--10}) in cui si impostano i socket trovati
3307 Per far questo si usa la caratteristica dei file descriptor, descritta in
3308 sez.~\ref{sec:file_open_close}, per cui il kernel associa sempre ad ogni nuovo
3309 file il file descriptor con il valore più basso disponibile. Questo fa sì che
3310 si possa eseguire il ciclo (\texttt{\small 8}) a partire da un valore minimo,
3311 che sarà sempre quello del socket in ascolto, mantenuto in \var{list\_fd},
3312 fino al valore massimo di \var{max\_fd} che dovremo aver cura di tenere
3313 aggiornato. Dopo di che basterà controllare (\texttt{\small 9}) nella nostra
3314 tabella se il file descriptor è in uso o meno,\footnote{si tenga presente che
3315 benché il kernel assegni sempre il primo valore libero, dato che nelle
3316 operazioni i socket saranno aperti e chiusi in corrispondenza della
3317 creazione e conclusione delle connessioni, si potranno sempre avere dei
3318 \textsl{buchi} nella nostra tabella.} e impostare \var{fset} di conseguenza.
3320 Una volta inizializzato con i socket aperti il nostro \textit{file descriptor
3321 set} potremo chiamare \func{select} per fargli osservare lo stato degli
3322 stessi (in lettura, presumendo che la scrittura sia sempre consentita). Come
3323 per il precedente esempio di sez.~\ref{sec:TCP_child_hand}, essendo questa
3324 l'unica funzione che può bloccarsi, ed essere interrotta da un segnale, la
3325 eseguiremo (\texttt{\small 11--12}) all'interno di un ciclo di \code{while}
3326 che la ripete indefinitamente qualora esca con un errore di \errcode{EINTR}.
3327 Nel caso invece di un errore normale si provvede (\texttt{\small 13--16}) ad
3328 uscire stampando un messaggio di errore.
3330 Se invece la funzione ritorna normalmente avremo in \var{n} il numero di
3331 socket da controllare. Nello specifico si danno due possibili casi diversi per
3332 cui \func{select} può essere ritornata: o si è ricevuta una nuova connessione
3333 ed è pronto il socket in ascolto, sul quale si può eseguire \func{accept} o
3334 c'è attività su uno dei socket connessi, sui quali si può eseguire
3337 Il primo caso viene trattato immediatamente (\texttt{\small 17--26}): si
3338 controlla (\texttt{\small 17}) che il socket in ascolto sia fra quelli attivi,
3339 nel qual caso anzitutto (\texttt{\small 18}) se ne decrementa il numero in
3340 \var{n}; poi, inizializzata (\texttt{\small 19}) la lunghezza della struttura
3341 degli indirizzi, si esegue \func{accept} per ottenere il nuovo socket connesso
3342 controllando che non ci siano errori (\texttt{\small 20--23}). In questo caso
3343 non c'è più la necessità di controllare per interruzioni dovute a segnali, in
3344 quanto siamo sicuri che \func{accept} non si bloccherà. Per completare la
3345 trattazione occorre a questo punto aggiungere (\texttt{\small 24}) il nuovo
3346 file descriptor alla tabella di quelli connessi, ed inoltre, se è il caso,
3347 aggiornare (\texttt{\small 25}) il valore massimo in \var{max\_fd}.
3349 Una volta controllato l'arrivo di nuove connessioni si passa a verificare se
3350 vi sono dati sui socket connessi, per questo si ripete un ciclo
3351 (\texttt{\small 29--55}) fintanto che il numero di socket attivi \var{n} resta
3352 diverso da zero; in questo modo se l'unico socket con attività era quello
3353 connesso, avendo opportunamente decrementato il contatore, il ciclo verrà
3354 saltato, e si ritornerà immediatamente (ripetuta l'inizializzazione del
3355 \itindex{file~descriptor~set} \textit{file descriptor set} con i nuovi valori
3356 nella tabella) alla chiamata di \func{accept}. Se il socket attivo non è
3357 quello in ascolto, o ce ne sono comunque anche altri, il valore di \var{n} non
3358 sarà nullo ed il controllo sarà eseguito. Prima di entrare nel ciclo comunque
3359 si inizializza (\texttt{\small 28}) il valore della variabile \var{i} che
3360 useremo come indice nella tabella \var{fd\_open} al valore minimo,
3361 corrispondente al file descriptor del socket in ascolto.
3363 Il primo passo (\texttt{\small 30}) nella verifica è incrementare il valore
3364 dell'indice \var{i} per posizionarsi sul primo valore possibile per un file
3365 descriptor associato ad un eventuale socket connesso, dopo di che si controlla
3366 (\texttt{\small 31}) se questo è nella tabella dei socket connessi, chiedendo
3367 la ripetizione del ciclo in caso contrario. Altrimenti si passa a verificare
3368 (\texttt{\small 32}) se il file descriptor corrisponde ad uno di quelli
3369 attivi, e nel caso si esegue (\texttt{\small 33}) una lettura, uscendo con un
3370 messaggio in caso di errore (\texttt{\small 34--38}).
3372 Se (\texttt{\small 39}) il numero di byte letti \var{nread} è nullo si è in
3373 presenza del caso di un \textit{end-of-file}, indice che una connessione che
3374 si è chiusa, che deve essere trattato (\texttt{\small 39--48}) opportunamente.
3375 Il primo passo è chiudere (\texttt{\small 40}) anche il proprio capo del
3376 socket e rimuovere (\texttt{\small 41}) il file descriptor dalla tabella di
3377 quelli aperti, inoltre occorre verificare (\texttt{\small 42}) se il file
3378 descriptor chiuso è quello con il valore più alto, nel qual caso occorre
3379 trovare (\texttt{\small 42--46}) il nuovo massimo, altrimenti (\texttt{\small
3380 47}) si può ripetere il ciclo da capo per esaminare (se ne restano)
3381 ulteriori file descriptor attivi.
3383 Se però è stato chiuso il file descriptor più alto, dato che la scansione dei
3384 file descriptor attivi viene fatta a partire dal valore più basso, questo
3385 significa che siamo anche arrivati alla fine della scansione, per questo
3386 possiamo utilizzare direttamente il valore dell'indice \var{i} con un ciclo
3387 all'indietro (\texttt{\small 43}) che trova il primo valore per cui la tabella
3388 presenta un file descriptor aperto, e lo imposta (\texttt{\small 44}) come
3389 nuovo massimo, per poi tornare (\texttt{\small 44}) al ciclo principale con un
3390 \code{break}, e rieseguire \func{select}.
3392 Se infine si sono effettivamente letti dei dati dal socket (ultimo caso
3393 rimasto) si potrà invocare immediatamente (\texttt{\small 49})
3394 \func{FullWrite} per riscriverli indietro sul socket stesso, avendo cura di
3395 uscire con un messaggio in caso di errore (\texttt{\small 50--53}). Si noti
3396 che nel ciclo si esegue una sola lettura, contrariamente a quanto fatto con la
3397 precedente versione (si riveda il codice di fig.~\ref{fig:TCP_ServEcho_second})
3398 in cui si continuava a leggere fintanto che non si riceveva un
3399 \textit{end-of-file}, questo perché usando l'\textit{I/O multiplexing} non si
3400 vuole essere bloccati in lettura. L'uso di \func{select} ci permette di
3401 trattare automaticamente anche il caso in cui la \func{read} non è stata in
3402 grado di leggere tutti i dati presenti sul socket, dato che alla iterazione
3403 successiva \func{select} ritornerà immediatamente segnalando l'ulteriore
3406 Il nostro server comunque soffre di una vulnerabilità per un attacco di tipo
3407 \itindex{Denial~of~Service~(DoS)} \textit{Denial of Service}. Il problema è
3408 che in caso di blocco di una qualunque delle funzioni di I/O, non avendo usato
3409 processi separati, tutto il server si ferma e non risponde più a nessuna
3410 richiesta. Abbiamo scongiurato questa evenienza per l'I/O in ingresso con
3411 l'uso di \func{select}, ma non vale altrettanto per l'I/O in uscita. Il
3412 problema pertanto può sorgere qualora una delle chiamate a \func{write}
3413 effettuate da \func{FullWrite} si blocchi. Con il funzionamento normale questo
3414 non accade in quanto il server si limita a scrivere quanto riceve in ingresso,
3415 ma qualora venga utilizzato un client malevolo che esegua solo scritture e non
3416 legga mai indietro l'\textsl{eco} del server, si potrebbe giungere alla
3417 saturazione del buffer di scrittura, ed al conseguente blocco del server su di
3420 Le possibili soluzioni in questo caso sono quelle di ritornare ad eseguire il
3421 ciclo di risposta alle richieste all'interno di processi separati, utilizzare
3422 un timeout per le operazioni di scrittura, o eseguire queste ultime in
3423 modalità non bloccante, concludendo le operazioni qualora non vadano a buon
3428 \subsection{I/O multiplexing con \func{poll}}
3429 \label{sec:TCP_serv_poll}
3431 Finora abbiamo trattato le problematiche risolubili con l'I/O multiplexing
3432 impiegando la funzione \func{select}; questo è quello che avviene nella
3433 maggior parte dei casi, in quanto essa è nata sotto BSD proprio per affrontare
3434 queste problematiche con i socket. Abbiamo però visto in
3435 sez.~\ref{sec:file_multiplexing} come la funzione \func{poll} possa costituire
3436 una alternativa a \func{select}, con alcuni vantaggi.\footnote{non soffrendo
3437 delle limitazioni dovute all'uso dei \itindex{file~descriptor~set}
3438 \textit{file descriptor set}.}
3440 Ancora una volta in sez.~\ref{sec:file_poll} abbiamo trattato la funzione in
3441 maniera generica, parlando di file descriptor, ma come per \func{select}
3442 quando si ha a che fare con dei socket il concetto di essere \textsl{pronti}
3443 per l'I/O deve essere specificato nei dettagli, per tener conto delle
3444 condizioni della rete. Inoltre deve essere specificato come viene classificato
3445 il traffico nella suddivisione fra dati normali e prioritari. In generale
3448 \item i dati inviati su un socket vengono considerati traffico normale,
3449 pertanto vengono rilevati alla loro ricezione sull'altro capo da una
3450 selezione effettuata con \const{POLLIN} o \const{POLLRDNORM};
3451 \item i dati urgenti \itindex{out-of-band} \textit{out-of-band} (vedi
3452 sez.~\ref{sec:TCP_urgent_data}) su un socket TCP vengono considerati
3453 traffico prioritario e vengono rilevati da una condizione \const{POLLIN},
3454 \const{POLLPRI} o \const{POLLRDBAND}.
3455 \item la chiusura di una connessione (cioè la ricezione di un segmento FIN)
3456 viene considerato traffico normale, pertanto viene rilevato da una
3457 condizione \const{POLLIN} o \const{POLLRDNORM}, ma una conseguente chiamata
3458 a \func{read} restituirà 0.
3459 \item la disponibilità di spazio sul socket per la scrittura di dati viene
3460 segnalata con una condizione \const{POLLOUT}.
3461 \item quando uno dei due capi del socket chiude un suo lato della connessione
3462 con \func{shutdown} si riceve una condizione di \const{POLLHUP}.
3463 \item la presenza di un errore sul socket (sia dovuta ad un segmento RST che a
3464 timeout) viene considerata traffico normale, ma viene segnalata anche dalla
3465 condizione \const{POLLERR}.
3466 \item la presenza di una nuova connessione su un socket in ascolto può essere
3467 considerata sia traffico normale che prioritario, nel caso di Linux
3468 l'implementazione la classifica come normale.
3471 Come esempio dell'uso di \func{poll} proviamo allora a reimplementare il
3472 server \textit{echo} secondo lo schema di fig.~\ref{fig:TCP_echo_multiplex}
3473 usando \func{poll} al posto di \func{select}. In questo caso dovremo fare
3474 qualche modifica, per tenere conto della diversa sintassi delle due funzioni,
3475 ma la struttura del programma resta sostanzialmente la stessa.
3478 \begin{figure}[!htbp]
3479 \footnotesize \centering
3480 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3481 \includecodesample{listati/poll_echod.c}
3484 \caption{La sezione principale del codice della nuova versione di server
3485 \textit{echo} basati sull'uso della funzione \func{poll}.}
3486 \label{fig:TCP_PollEchod}
3489 In fig.~\ref{fig:TCP_PollEchod} è riportata la sezione principale della nuova
3490 versione del server, la versione completa del codice è riportata nel file
3491 \texttt{poll\_echod.c} dei sorgenti allegati alla guida. Al solito nella
3492 figura si sono tralasciate la gestione delle opzioni, la creazione del socket
3493 in ascolto, la cessione dei privilegi e le operazioni necessarie a far
3494 funzionare il programma come demone, privilegiando la sezione principale del
3497 Come per il precedente server basato su \func{select} il primo passo
3498 (\texttt{\small 2--8}) è quello di inizializzare le variabili necessarie. Dato
3499 che in questo caso dovremo usare un vettore di strutture occorre anzitutto
3500 (\texttt{\small 2}) allocare la memoria necessaria utilizzando il numero
3501 massimo \var{n} di socket osservabili, che viene impostato attraverso
3502 l'opzione \texttt{-n} ed ha un valore di default di 256.
3504 Dopo di che si preimposta (\texttt{\small 3}) il valore \var{max\_fd} del file
3505 descriptor aperto con valore più alto a quello del socket in ascolto (al
3506 momento l'unico), e si provvede (\texttt{\small 4--7}) ad inizializzare le
3507 strutture, disabilitando (\texttt{\small 5}) l'osservazione con un valore
3508 negativo del campo \var{fd} ma predisponendo (\texttt{\small 6}) il campo
3509 \var{events} per l'osservazione dei dati normali con \const{POLLRDNORM}.
3510 Infine (\texttt{\small 8}) si attiva l'osservazione del socket in ascolto
3511 inizializzando la corrispondente struttura. Questo metodo comporta, in
3512 modalità interattiva, lo spreco di tre strutture (quelle relative a standard
3513 input, output ed error) che non vengono mai utilizzate in quanto la prima è
3514 sempre quella relativa al socket in ascolto.
3516 Una volta completata l'inizializzazione tutto il lavoro viene svolto
3517 all'interno del ciclo principale \texttt{\small 10--55}) che ha una struttura
3518 sostanzialmente identica a quello usato per il precedente esempio basato su
3519 \func{select}. La prima istruzione (\texttt{\small 11--12}) è quella di
3520 eseguire \func{poll} all'interno di un ciclo che la ripete qualora venisse
3521 interrotta da un segnale, da cui si esce soltanto quando la funzione ritorna,
3522 restituendo nella variabile \var{n} il numero di file descriptor trovati
3523 attivi. Qualora invece si sia ottenuto un errore si procede (\texttt{\small
3524 13--16}) alla terminazione immediata del processo provvedendo a stampare una
3525 descrizione dello stesso.
3527 Una volta ottenuta dell'attività su un file descriptor si hanno di nuovo due
3528 possibilità. La prima possibilità è che ci sia attività sul socket in ascolto,
3529 indice di una nuova connessione, nel qual caso si controlla (\texttt{\small
3530 17}) se il campo \var{revents} della relativa struttura è attivo; se è così
3531 si provvede (\texttt{\small 18}) a decrementare la variabile \var{n} (che
3532 assume il significato di numero di file descriptor attivi rimasti da
3533 controllare) per poi (\texttt{\small 19--23}) effettuare la chiamata ad
3534 \func{accept}, terminando il processo in caso di errore. Se la chiamata ad
3535 \func{accept} ha successo si procede attivando (\texttt{\small 24}) la
3536 struttura relativa al nuovo file descriptor da essa ottenuto, modificando
3537 (\texttt{\small 24}) infine quando necessario il valore massimo dei file
3538 descriptor aperti mantenuto in \var{max\_fd}.
3540 La seconda possibilità è che vi sia dell'attività su uno dei socket aperti in
3541 precedenza, nel qual caso si inizializza (\texttt{\small 27}) l'indice \var{i}
3542 del vettore delle strutture \struct{pollfd} al valore del socket in ascolto,
3543 dato che gli ulteriori socket aperti avranno comunque un valore superiore. Il
3544 ciclo (\texttt{\small 28--54}) prosegue fintanto che il numero di file
3545 descriptor attivi, mantenuto nella variabile \var{n}, è diverso da zero. Se
3546 pertanto ci sono ancora socket attivi da individuare si comincia con
3547 l'incrementare (\texttt{\small 30}) l'indice e controllare (\texttt{\small
3548 31}) se corrisponde ad un file descriptor in uso analizzando il valore del
3549 campo \var{fd} della relativa struttura e chiudendo immediatamente il ciclo
3550 qualora non lo sia. Se invece il file descriptor è in uso si verifica
3551 (\texttt{\small 31}) se c'è stata attività controllando il campo
3554 Di nuovo se non si verifica la presenza di attività il ciclo si chiude subito,
3555 altrimenti si provvederà (\texttt{\small 32}) a decrementare il numero \var{n}
3556 di file descriptor attivi da controllare e ad eseguire (\texttt{\small 33}) la
3557 lettura, ed in caso di errore (\texttt{\small 34--37}) al solito lo si
3558 notificherà uscendo immediatamente. Qualora invece si ottenga una condizione
3559 di end-of-file (\texttt{\small 38--47}) si provvederà a chiudere
3560 (\texttt{\small 39}) anche il nostro capo del socket e a marcarlo
3561 (\texttt{\small 40}) nella struttura ad esso associata come inutilizzato.
3562 Infine dovrà essere ricalcolato (\texttt{\small 41--45}) un eventuale nuovo
3563 valore di \var{max\_fd}. L'ultimo passo è (\texttt{\small 46}) chiudere il
3564 ciclo in quanto in questo caso non c'è più niente da riscrivere all'indietro
3567 Se invece si sono letti dei dati si provvede (\texttt{\small 48}) ad
3568 effettuarne la riscrittura all'indietro, con il solito controllo ed eventuale
3569 uscita e notifica in caso si errore (\texttt{\small 49--52}).
3571 Come si può notare la logica del programma è identica a quella vista in
3572 fig.~\ref{fig:TCP_SelectEchod} per l'analogo server basato su \func{select};
3573 la sola differenza significativa è che in questo caso non c'è bisogno di
3574 rigenerare i \itindex{file~descriptor~set} \textit{file descriptor set} in
3575 quanto l'uscita è indipendente dai dati in ingresso. Si applicano comunque
3576 anche a questo server le considerazioni finali di
3577 sez.~\ref{sec:TCP_serv_select}.
3582 \subsection{I/O multiplexing con \textit{epoll}}
3583 \label{sec:TCP_serv_epoll}
3587 % TODO fare esempio con epoll
3591 % LocalWords: socket TCP client dell'I multiplexing stream three way handshake
3592 % LocalWords: header stack kernel SYN ACK URG syncronize sez bind listen fig
3593 % LocalWords: accept connect active acknowledge l'acknowledge nell'header MSS
3594 % LocalWords: sequence number l'acknowledgement dell'header options l'header
3595 % LocalWords: option MMS segment size MAXSEG window advertised Mbit sec nell'
3596 % LocalWords: timestamp RFC long fat close of l'end l'ACK half shutdown CLOSED
3597 % LocalWords: netstat SENT ESTABLISHED WAIT IPv Ethernet piggybacking UDP MSL
3598 % LocalWords: l'overhead Stevens Lifetime router hop limit TTL to live RST SSH
3599 % LocalWords: routing dell'MSL l'IP multitasking well known port ephemeral BSD
3600 % LocalWords: ports dall' IANA Assigned Authority like glibc netinet IPPORT AF
3601 % LocalWords: RESERVED USERRESERVED rsh rlogin pair socketpair Local Address
3602 % LocalWords: Foreing DNS caching INADDR ANY multihoming loopback ssh fuser ip
3603 % LocalWords: lsof SOCK sys int sockfd const struct sockaddr serv addr socklen
3604 % LocalWords: addrlen errno EBADF descriptor EINVAL ENOTSOCK EACCES EADDRINUSE
3605 % LocalWords: EADDRNOTAVAIL EFAULT ENOTDIR ENOENT ENOMEM ELOOP ENOSR EROFS RPC
3606 % LocalWords: portmapper htonl tab endianness BROADCAST broadcast any extern fd
3607 % LocalWords: ADRR INIT DGRAM SEQPACKET servaddr ECONNREFUSED ETIMEDOUT EAGAIN
3608 % LocalWords: ENETUNREACH EINPROGRESS EALREADY EAFNOSUPPORT EPERM EISCONN proc
3609 % LocalWords: sysctl filesystem syn retries reset ICMP backlog EOPNOTSUPP RECV
3610 % LocalWords: connection queue dell'ACK flood spoofing syncookies SOMAXCONN CR
3611 % LocalWords: RDM EWOULDBLOCK firewall ENOBUFS EINTR EMFILE ECONNABORTED NULL
3612 % LocalWords: ESOCKTNOSUPPORT EPROTONOSUPPORT ERESTARTSYS connected listening
3613 % LocalWords: DECnet read write NONBLOCK fcntl getsockname getpeername name ps
3614 % LocalWords: namelen namlen ENOTCONN exec inetd POSIX daytime FullRead count
3615 % LocalWords: BUF FullWrite system call INET perror htons inet pton ctime FTP
3616 % LocalWords: fputs carriage return line feed superdemone daytimed sleep fork
3617 % LocalWords: daemon cunc logging list conn sock exit snprintf ntop ntohs echo
3618 % LocalWords: crash superserver L'RFC first ClientEcho stdin stdout fgets main
3619 % LocalWords: MAXLINE initd echod ServEcho setgid short nogroup nobody setuid
3620 % LocalWords: demonize PrintErr syslog wrapper log error root RTT EOF ctrl ack
3621 % LocalWords: while SIGCHLD Signal RESTART sigaction SignalRestart SigHand win
3622 % LocalWords: flags select recvfrom debug second compat waiting Nsec ENETDOWN
3623 % LocalWords: EPROTO ENOPROTOOPT EHOSTDOWN ENONET EHOSTUNREACH LINGER tcpdump
3624 % LocalWords: ECONNRESET advertising PSH SIGTERM strace SIGPIPE gets tcp ARP
3625 % LocalWords: cache anarres destination unreachable l'I low watermark RCVLOWAT
3626 % LocalWords: SNDLOWAT third fset maxfd fileno ISSET closed how SHUT RD WR eof
3627 % LocalWords: RDWR fifo Trip ping fourth CLR sull'I SETSIZE nread break Denial
3628 % LocalWords: Service poll POLLIN POLLRDNORM POLLPRI POLLRDBAND POLLOUT events
3629 % LocalWords: POLLHUP POLLERR revents pollfd Di scaling SYNCNT DoS
3631 %%% Local Variables:
3633 %%% TeX-master: "gapil"