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11 \chapter{La gestione del sistema, del tempo e degli errori}
14 In questo capitolo tratteremo varie interfacce che attengono agli aspetti più
15 generali del sistema, come quelle per la gestione dei parametri e della
16 configurazione dello stesso, quelle per la lettura dei limiti e delle
17 caratteristiche, quelle per il controllo dell'uso delle risorse dei processi,
18 quelle per la gestione ed il controllo dei filesystem, degli utenti, dei tempi
23 \section{Capacità e caratteristiche del sistema}
24 \label{sec:sys_characteristics}
26 In questa sezione tratteremo le varie modalità con cui un programma può
27 ottenere informazioni riguardo alle capacità del sistema. Ogni sistema
28 unix-like infatti è contraddistinto da un gran numero di limiti e costanti che
29 lo caratterizzano, e che possono dipendere da fattori molteplici, come
30 l'architettura hardware, l'implementazione del kernel e delle librerie, le
31 opzioni di configurazione.
33 La definizione di queste caratteristiche ed il tentativo di provvedere dei
34 meccanismi generali che i programmi possono usare per ricavarle è uno degli
35 aspetti più complessi e controversi con cui le diverse standardizzazioni si
36 sono dovute confrontare, spesso con risultati spesso tutt'altro che chiari.
37 Daremo comunque una descrizione dei principali metodi previsti dai vari
38 standard per ricavare sia le caratteristiche specifiche del sistema, che
39 quelle della gestione dei file.
42 \subsection{Limiti e parametri di sistema}
43 \label{sec:sys_limits}
45 Quando si devono determinare le caratteristiche generali del sistema ci si
46 trova di fronte a diverse possibilità; alcune di queste infatti possono
47 dipendere dall'architettura dell'hardware (come le dimensioni dei tipi
48 interi), o dal sistema operativo (come la presenza o meno del gruppo degli
49 identificatori \textit{saved}), altre invece possono dipendere dalle opzioni
50 con cui si è costruito il sistema (ad esempio da come si è compilato il
51 kernel), o dalla configurazione del medesimo; per questo motivo in generale
52 sono necessari due tipi diversi di funzionalità:
54 \item la possibilità di determinare limiti ed opzioni al momento della
56 \item la possibilità di determinare limiti ed opzioni durante l'esecuzione.
59 La prima funzionalità si può ottenere includendo gli opportuni header file che
60 contengono le costanti necessarie definite come macro di preprocessore, per la
61 seconda invece sono ovviamente necessarie delle funzioni. La situazione è
62 complicata dal fatto che ci sono molti casi in cui alcuni di questi limiti
63 sono fissi in un'implementazione mentre possono variare in un altra. Tutto
64 questo crea una ambiguità che non è sempre possibile risolvere in maniera
65 chiara; in generale quello che succede è che quando i limiti del sistema sono
66 fissi essi vengono definiti come macro di preprocessore nel file
67 \file{limits.h}, se invece possono variare, il loro valore sarà ottenibile
68 tramite la funzione \func{sysconf} (che esamineremo in
69 sez.~\ref{sec:sys_sysconf}).
71 Lo standard ANSI C definisce dei limiti che sono tutti fissi, pertanto questo
72 saranno sempre disponibili al momento della compilazione. Un elenco, ripreso
73 da \file{limits.h}, è riportato in tab.~\ref{tab:sys_ansic_macro}. Come si può
74 vedere per la maggior parte questi limiti attengono alle dimensioni dei dati
75 interi, che sono in genere fissati dall'architettura hardware (le analoghe
76 informazioni per i dati in virgola mobile sono definite a parte, ed
77 accessibili includendo \file{float.h}). Lo standard prevede anche un'altra
78 costante, \const{FOPEN\_MAX}, che può non essere fissa e che pertanto non è
79 definita in \file{limits.h}; essa deve essere definita in \file{stdio.h} ed
80 avere un valore minimo di 8.
85 \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
87 \textbf{Costante}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
90 \const{MB\_LEN\_MAX}& 16 & massima dimensione di un
92 \const{CHAR\_BIT} & 8 & bit di \ctyp{char}\\
93 \const{UCHAR\_MAX}& 255 & massimo di \ctyp{unsigned char}\\
94 \const{SCHAR\_MIN}& -128 & minimo di \ctyp{signed char}\\
95 \const{SCHAR\_MAX}& 127 & massimo di \ctyp{signed char}\\
96 \const{CHAR\_MIN} &\footnotemark& minimo di \ctyp{char}\\
97 \const{CHAR\_MAX} &\footnotemark& massimo di \ctyp{char}\\
98 \const{SHRT\_MIN} & -32768 & minimo di \ctyp{short}\\
99 \const{SHRT\_MAX} & 32767 & massimo di \ctyp{short}\\
100 \const{USHRT\_MAX}& 65535 & massimo di \ctyp{unsigned short}\\
101 \const{INT\_MAX} & 2147483647 & minimo di \ctyp{int}\\
102 \const{INT\_MIN} &-2147483648 & minimo di \ctyp{int}\\
103 \const{UINT\_MAX} & 4294967295 & massimo di \ctyp{unsigned int}\\
104 \const{LONG\_MAX} & 2147483647 & massimo di \ctyp{long}\\
105 \const{LONG\_MIN} &-2147483648 & minimo di \ctyp{long}\\
106 \const{ULONG\_MAX}& 4294967295 & massimo di \ctyp{unsigned long}\\
109 \caption{Costanti definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
111 \label{tab:sys_ansic_macro}
114 \footnotetext[1]{il valore può essere 0 o \const{SCHAR\_MIN} a seconda che il
115 sistema usi caratteri con segno o meno.}
117 \footnotetext[2]{il valore può essere \const{UCHAR\_MAX} o \const{SCHAR\_MAX}
118 a seconda che il sistema usi caratteri con segno o meno.}
120 A questi valori lo standard ISO C90 ne aggiunge altri tre, relativi al tipo
121 \ctyp{long long} introdotto con il nuovo standard, i relativi valori sono in
122 tab.~\ref{tab:sys_isoc90_macro}.
127 \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
129 \textbf{Costante}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
132 \const{LLONG\_MAX}& 9223372036854775807& massimo di \ctyp{long long}\\
133 \const{LLONG\_MIN}&-9223372036854775808& minimo di \ctyp{long long}\\
134 \const{ULLONG\_MAX}&18446744073709551615&
135 massimo di \ctyp{unsigned long long}\\
138 \caption{Macro definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
140 \label{tab:sys_isoc90_macro}
143 Ovviamente le dimensioni dei vari tipi di dati sono solo una piccola parte
144 delle caratteristiche del sistema; mancano completamente tutte quelle che
145 dipendono dalla implementazione dello stesso. Queste, per i sistemi unix-like,
146 sono state definite in gran parte dallo standard POSIX.1, che tratta anche i
147 limiti relativi alle caratteristiche dei file che vedremo in
148 sez.~\ref{sec:sys_file_limits}.
150 Purtroppo la sezione dello standard che tratta questi argomenti è una delle
151 meno chiare\footnote{tanto che Stevens, in \cite{APUE}, la porta come esempio
152 di ``\textsl{standardese}''.}. Lo standard prevede che ci siano 13 macro che
153 descrivono le caratteristiche del sistema (7 per le caratteristiche generiche,
154 riportate in tab.~\ref{tab:sys_generic_macro}, e 6 per le caratteristiche dei
155 file, riportate in tab.~\ref{tab:sys_file_macro}).
160 \begin{tabular}[c]{|l|r|p{7cm}|}
162 \textbf{Costante}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
165 \const{ARG\_MAX} &131072& dimensione massima degli argomenti
166 passati ad una funzione della famiglia
168 \const{CHILD\_MAX} & 999& numero massimo di processi contemporanei
169 che un utente può eseguire.\\
170 \const{OPEN\_MAX} & 256& numero massimo di file che un processo
171 può mantenere aperti in contemporanea.\\
172 \const{STREAM\_MAX}& 8& massimo numero di stream aperti per
173 processo in contemporanea.\\
174 \const{TZNAME\_MAX}& 6& dimensione massima del nome di una
175 \texttt{timezone} (vedi
176 sez.~\ref{sec:sys_time_base})).\\
177 \const{NGROUPS\_MAX}& 32& numero di gruppi supplementari per
178 processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id}).\\
179 \const{SSIZE\_MAX}&32767& valore massimo del tipo \type{ssize\_t}.\\
183 \caption{Costanti per i limiti del sistema.}
184 \label{tab:sys_generic_macro}
187 Lo standard dice che queste macro devono essere definite in \file{limits.h}
188 quando i valori a cui fanno riferimento sono fissi, e altrimenti devono essere
189 lasciate indefinite, ed i loro valori dei limiti devono essere accessibili
190 solo attraverso \func{sysconf}. In realtà queste vengono sempre definite ad
191 un valore generico. Si tenga presente poi che alcuni di questi limiti possono
192 assumere valori molto elevati (come \const{CHILD\_MAX}), e non è pertanto il
193 caso di utilizzarli per allocare staticamente della memoria.
195 A complicare la faccenda si aggiunge il fatto che POSIX.1 prevede una serie di
196 altre costanti (il cui nome inizia sempre con \code{\_POSIX\_}) che
197 definiscono i valori minimi le stesse caratteristiche devono avere, perché una
198 implementazione possa dichiararsi conforme allo standard; detti valori sono
199 riportati in tab.~\ref{tab:sys_posix1_general}.
204 \begin{tabular}[c]{|l|r|p{7cm}|}
206 \textbf{Costante}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
209 \const{\_POSIX\_ARG\_MAX} & 4096& dimensione massima degli argomenti
210 passati ad una funzione della famiglia
212 \const{\_POSIX\_CHILD\_MAX} & 6& numero massimo di processi
213 contemporanei che un utente può
215 \const{\_POSIX\_OPEN\_MAX} & 16& numero massimo di file che un processo
216 può mantenere aperti in
218 \const{\_POSIX\_STREAM\_MAX} & 8& massimo numero di stream aperti per
219 processo in contemporanea.\\
220 \const{\_POSIX\_TZNAME\_MAX} & & dimensione massima del nome di una
221 \textit{timezone} (vedi
222 sez.~\ref{sec:sys_date}). \\
223 \const{\_POSIX\_NGROUPS\_MAX}& 0& numero di gruppi supplementari per
225 sez.~\ref{sec:proc_access_id}).\\
226 \const{\_POSIX\_SSIZE\_MAX} &32767& valore massimo del tipo
228 \const{\_POSIX\_AIO\_LISTIO\_MAX}&2& \\
229 \const{\_POSIX\_AIO\_MAX} & 1& \\
233 \caption{Macro dei valori minimi delle caratteristiche generali del sistema
234 per la conformità allo standard POSIX.1.}
235 \label{tab:sys_posix1_general}
238 In genere questi valori non servono a molto, la loro unica utilità è quella di
239 indicare un limite superiore che assicura la portabilità senza necessità di
240 ulteriori controlli. Tuttavia molti di essi sono ampiamente superati in tutti
241 i sistemi POSIX in uso oggigiorno. Per questo è sempre meglio utilizzare i
242 valori ottenuti da \func{sysconf}.
247 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
249 \textbf{Macro}&\textbf{Significato}\\
252 \macro{\_POSIX\_JOB\_CONTROL}& il sistema supporta il
253 \textit{job control} (vedi
254 sez.~\ref{sec:sess_job_control}).\\
255 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS} & il sistema supporta gli identificatori del
256 gruppo \textit{saved} (vedi
257 sez.~\ref{sec:proc_access_id})
258 per il controllo di accesso dei processi\\
259 \const{\_POSIX\_VERSION} & fornisce la versione dello standard POSIX.1
260 supportata nel formato YYYYMML (ad esempio
264 \caption{Alcune macro definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
266 \label{tab:sys_posix1_other}
269 Oltre ai precedenti valori (e a quelli relativi ai file elencati in
270 tab.~\ref{tab:sys_posix1_file}), che devono essere obbligatoriamente definiti,
271 lo standard POSIX.1 ne prevede parecchi altri. La lista completa si trova
272 dall'header file \file{bits/posix1\_lim.h} (da non usare mai direttamente, è
273 incluso automaticamente all'interno di \file{limits.h}). Di questi vale la
274 pena menzionare alcune macro di uso comune, (riportate in
275 tab.~\ref{tab:sys_posix1_other}), che non indicano un valore specifico, ma
276 denotano la presenza di alcune funzionalità nel sistema (come il supporto del
277 \textit{job control} o degli identificatori del gruppo \textit{saved}).
279 Oltre allo standard POSIX.1, anche lo standard POSIX.2 definisce una serie di
280 altre costanti. Siccome queste sono principalmente attinenti a limiti relativi
281 alle applicazioni di sistema presenti (come quelli su alcuni parametri delle
282 espressioni regolari o del comando \cmd{bc}), non li tratteremo
283 esplicitamente, se ne trova una menzione completa nell'header file
284 \file{bits/posix2\_lim.h}, e alcuni di loro sono descritti nella pagina di
285 manuale di \func{sysconf} e nel manuale delle \acr{glibc}.
288 \subsection{La funzione \func{sysconf}}
289 \label{sec:sys_sysconf}
291 Come accennato in sez.~\ref{sec:sys_limits} quando uno dei limiti o delle
292 caratteristiche del sistema può variare, per non dover essere costretti a
293 ricompilare un programma tutte le volte che si cambiano le opzioni con cui è
294 compilato il kernel, o alcuni dei parametri modificabili a run time, è
295 necessario ottenerne il valore attraverso la funzione \funcd{sysconf}. Il
296 prototipo di questa funzione è:
297 \begin{prototype}{unistd.h}{long sysconf(int name)}
298 Restituisce il valore del parametro di sistema \param{name}.
300 \bodydesc{La funzione restituisce indietro il valore del parametro
301 richiesto, o 1 se si tratta di un'opzione disponibile, 0 se l'opzione non
302 è disponibile e -1 in caso di errore (ma \var{errno} non viene impostata).}
305 La funzione prende come argomento un intero che specifica quale dei limiti si
306 vuole conoscere; uno specchietto contenente i principali valori disponibili in
307 Linux è riportato in tab.~\ref{tab:sys_sysconf_par}; l'elenco completo è
308 contenuto in \file{bits/confname.h}, ed una lista più esaustiva, con le
309 relative spiegazioni, si può trovare nel manuale delle \acr{glibc}.
314 \begin{tabular}[c]{|l|l|p{9cm}|}
316 \textbf{Parametro}&\textbf{Macro sostituita} &\textbf{Significato}\\
319 \texttt{\_SC\_ARG\_MAX} & \const{ARG\_MAX}&
320 La dimensione massima degli argomenti passati
321 ad una funzione della famiglia \func{exec}.\\
322 \texttt{\_SC\_CHILD\_MAX} & \const{\_CHILD\_MAX}&
323 Il numero massimo di processi contemporanei
324 che un utente può eseguire.\\
325 \texttt{\_SC\_OPEN\_MAX} & \const{\_OPEN\_MAX}&
326 Il numero massimo di file che un processo può
327 mantenere aperti in contemporanea.\\
328 \texttt{\_SC\_STREAM\_MAX}& \const{STREAM\_MAX}&
329 Il massimo numero di stream che un processo
330 può mantenere aperti in contemporanea. Questo
331 limite previsto anche dallo standard ANSI C,
332 che specifica la macro {FOPEN\_MAX}.\\
333 \texttt{\_SC\_TZNAME\_MAX}& \const{TZNAME\_MAX}&
334 La dimensione massima di un nome di una
335 \texttt{timezone} (vedi
336 sez.~\ref{sec:sys_date}).\\
337 \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}&\const{NGROUP\_MAX}&
338 Massimo numero di gruppi supplementari che
339 può avere un processo (vedi
340 sez.~\ref{sec:proc_access_id}).\\
341 \texttt{\_SC\_SSIZE\_MAX} & \const{SSIZE\_MAX}&
342 Valore massimo del tipo di dato
344 \texttt{\_SC\_CLK\_TCK} & \const{CLK\_TCK} &
345 Il numero di \textit{clock tick} al secondo,
346 cioè l'unità di misura del
347 \itindex{process~time} \textit{process
349 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}).\\
350 \texttt{\_SC\_JOB\_CONTROL}&\macro{\_POSIX\_JOB\_CONTROL}&
351 Indica se è supportato il \textit{job
353 sez.~\ref{sec:sess_job_control}) in stile
355 \texttt{\_SC\_SAVED\_IDS} & \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS}&
356 Indica se il sistema supporta i
357 \textit{saved id} (vedi
358 sez.~\ref{sec:proc_access_id}).\\
359 \texttt{\_SC\_VERSION} & \const{\_POSIX\_VERSION} &
360 Indica il mese e l'anno di approvazione
361 della revisione dello standard POSIX.1 a cui
362 il sistema fa riferimento, nel formato
363 YYYYMML, la revisione più recente è 199009L,
364 che indica il Settembre 1990.\\
367 \caption{Parametri del sistema leggibili dalla funzione \func{sysconf}.}
368 \label{tab:sys_sysconf_par}
371 In generale ogni limite o caratteristica del sistema per cui è definita una
372 macro, sia dagli standard ANSI C e ISO C90, che da POSIX.1 e POSIX.2, può
373 essere ottenuto attraverso una chiamata a \func{sysconf}. Il valore si otterrà
374 specificando come valore dell'argomento \param{name} il nome ottenuto
375 aggiungendo \code{\_SC\_} ai nomi delle macro definite dai primi due, o
376 sostituendolo a \code{\_POSIX\_} per le macro definite dagli gli altri due.
378 In generale si dovrebbe fare uso di \func{sysconf} solo quando la relativa
379 macro non è definita, quindi con un codice analogo al seguente:
380 \includecodesnip{listati/get_child_max.c}
381 ma in realtà in Linux queste macro sono comunque definite, indicando però un
382 limite generico. Per questo motivo è sempre meglio usare i valori restituiti
386 \subsection{I limiti dei file}
387 \label{sec:sys_file_limits}
389 Come per le caratteristiche generali del sistema anche per i file esistono una
390 serie di limiti (come la lunghezza del nome del file o il numero massimo di
391 link) che dipendono sia dall'implementazione che dal filesystem in uso; anche
392 in questo caso lo standard prevede alcune macro che ne specificano il valore,
393 riportate in tab.~\ref{tab:sys_file_macro}.
398 \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
400 \textbf{Costante}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
403 \const{LINK\_MAX} &8 & numero massimo di link a un file\\
404 \const{NAME\_MAX}& 14 & lunghezza in byte di un nome di file. \\
405 \const{PATH\_MAX}& 256 & lunghezza in byte di un
406 \itindex{pathname}\textit{pathname}.\\
407 \const{PIPE\_BUF}&4096 & byte scrivibili atomicamente in una pipe
408 (vedi sez.~\ref{sec:ipc_pipes}).\\
409 \const{MAX\_CANON}&255 & dimensione di una riga di terminale in modo
410 canonico (vedi sez.~\ref{sec:term_design}).\\
411 \const{MAX\_INPUT}&255 & spazio disponibile nella coda di input
413 sez.~\ref{sec:term_design}).\\
416 \caption{Costanti per i limiti sulle caratteristiche dei file.}
417 \label{tab:sys_file_macro}
420 Come per i limiti di sistema, lo standard POSIX.1 detta una serie di valori
421 minimi anche per queste caratteristiche, che ogni sistema che vuole essere
422 conforme deve rispettare; le relative macro sono riportate in
423 tab.~\ref{tab:sys_posix1_file}, e per esse vale lo stesso discorso fatto per
424 le analoghe di tab.~\ref{tab:sys_posix1_general}.
429 \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
431 \textbf{Macro}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
434 \const{\_POSIX\_LINK\_MAX} &8 & numero massimo di link a un file.\\
435 \const{\_POSIX\_NAME\_MAX}& 14 & lunghezza in byte di un nome di file. \\
436 \const{\_POSIX\_PATH\_MAX}& 256 & lunghezza in byte di un
437 \itindex{pathname}\textit{pathname}.\\
438 \const{\_POSIX\_PIPE\_BUF}& 512 & byte scrivibili atomicamente in una
440 \const{\_POSIX\_MAX\_CANON}&255 & dimensione di una riga di
441 terminale in modo canonico.\\
442 \const{\_POSIX\_MAX\_INPUT}&255 & spazio disponibile nella coda di input
444 % \const{\_POSIX\_MQ\_OPEN\_MAX}& 8& \\
445 % \const{\_POSIX\_MQ\_PRIO\_MAX}& 32& \\
446 % \const{\_POSIX\_FD\_SETSIZE}& 16 & \\
447 % \const{\_POSIX\_DELAYTIMER\_MAX}& 32 & \\
450 \caption{Costanti dei valori minimi delle caratteristiche dei file per la
451 conformità allo standard POSIX.1.}
452 \label{tab:sys_posix1_file}
455 Tutti questi limiti sono definiti in \file{limits.h}; come nel caso precedente
456 il loro uso è di scarsa utilità in quanto ampiamente superati in tutte le
457 implementazioni moderne.
460 \subsection{La funzione \func{pathconf}}
461 \label{sec:sys_pathconf}
463 In generale i limiti per i file sono molto più soggetti ad essere variabili
464 rispetto ai limiti generali del sistema; ad esempio parametri come la
465 lunghezza del nome del file o il numero di link possono variare da filesystem
466 a filesystem; per questo motivo questi limiti devono essere sempre controllati
467 con la funzione \funcd{pathconf}, il cui prototipo è:
468 \begin{prototype}{unistd.h}{long pathconf(char *path, int name)}
469 Restituisce il valore del parametro \param{name} per il file \param{path}.
471 \bodydesc{La funzione restituisce indietro il valore del parametro
472 richiesto, o -1 in caso di errore (ed \var{errno} viene impostata ad uno
473 degli errori possibili relativi all'accesso a \param{path}).}
476 E si noti come la funzione in questo caso richieda un argomento che specifichi
477 a quale file si fa riferimento, dato che il valore del limite cercato può
478 variare a seconda del filesystem. Una seconda versione della funzione,
479 \funcd{fpathconf}, opera su un file descriptor invece che su un
480 \itindex{pathname}\textit{pathname}. Il suo prototipo è:
481 \begin{prototype}{unistd.h}{long fpathconf(int fd, int name)}
482 Restituisce il valore del parametro \param{name} per il file \param{fd}.
484 \bodydesc{È identica a \func{pathconf} solo che utilizza un file descriptor
485 invece di un \itindex{pathname}\textit{pathname}; pertanto gli errori
486 restituiti cambiano di conseguenza.}
488 \noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{pathconf}.
491 \subsection{La funzione \func{uname}}
492 \label{sec:sys_uname}
494 Un'altra funzione che si può utilizzare per raccogliere informazioni sia
495 riguardo al sistema che al computer su cui esso sta girando è \funcd{uname};
497 \begin{prototype}{sys/utsname.h}{int uname(struct utsname *info)}
498 Restituisce informazioni sul sistema nella struttura \param{info}.
500 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di
501 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EFAULT}.}
504 La funzione, che viene usata dal comando \cmd{uname}, restituisce le
505 informazioni richieste nella struttura \param{info}; anche questa struttura è
506 definita in \file{sys/utsname.h}, secondo quanto mostrato in
507 fig.~\ref{fig:sys_utsname}, e le informazioni memorizzate nei suoi membri
508 indicano rispettivamente:
510 \item il nome del sistema operativo;
511 \item il nome della release del kernel;
512 \item il nome della versione del kernel;
513 \item il tipo di macchina in uso;
514 \item il nome della stazione;
515 \item il nome del domino.
517 l'ultima informazione è stata aggiunta di recente e non è prevista dallo
518 standard POSIX, essa è accessibile, come mostrato in
519 fig.~\ref{fig:sys_utsname}, solo definendo \macro{\_GNU\_SOURCE}.
522 \footnotesize \centering
523 \begin{minipage}[c]{15cm}
524 \includestruct{listati/ustname.h}
527 \caption{La struttura \structd{utsname}.}
528 \label{fig:sys_utsname}
531 In generale si tenga presente che le dimensioni delle stringe di una
532 \struct{utsname} non è specificata, e che esse sono sempre terminate con NUL;
533 il manuale delle \acr{glibc} indica due diverse dimensioni,
534 \const{\_UTSNAME\_LENGTH} per i campi standard e
535 \const{\_UTSNAME\_DOMAIN\_LENGTH} per quello specifico per il nome di dominio;
536 altri sistemi usano nomi diversi come \const{SYS\_NMLN} o \const{\_SYS\_NMLN}
537 o \const{UTSLEN} che possono avere valori diversi.\footnote{Nel caso di Linux
538 \func{uname} corrisponde in realtà a 3 system call diverse, le prime due
539 usano rispettivamente delle lunghezze delle stringhe di 9 e 65 byte; la
540 terza usa anch'essa 65 byte, ma restituisce anche l'ultimo campo,
541 \var{domainname}, con una lunghezza di 257 byte.}
544 \section{Opzioni e configurazione del sistema}
545 \label{sec:sys_config}
547 Come abbiamo accennato nella sezione precedente, non tutti i limiti che
548 caratterizzano il sistema sono fissi, o perlomeno non lo sono in tutte le
549 implementazioni. Finora abbiamo visto come si può fare per leggerli, ci manca
550 di esaminare il meccanismo che permette, quando questi possono variare durante
551 l'esecuzione del sistema, di modificarli.
553 Inoltre, al di la di quelli che possono essere limiti caratteristici previsti
554 da uno standard, ogni sistema può avere una sua serie di altri parametri di
555 configurazione, che, non essendo mai fissi e variando da sistema a sistema,
556 non sono stati inclusi nella standardizzazione della sezione precedente. Per
557 questi occorre, oltre al meccanismo di impostazione, pure un meccanismo di
558 lettura. Affronteremo questi argomenti in questa sezione, insieme alle
559 funzioni che si usano per il controllo di altre caratteristiche generali del
560 sistema, come quelle per la gestione dei filesystem e di utenti e gruppi.
563 \subsection{La funzione \func{sysctl} ed il filesystem \file{/proc}}
564 \label{sec:sys_sysctl}
566 La funzione che permette la lettura ed l'impostazione dei parametri del
567 sistema è \funcd{sysctl}; è una funzione derivata da BSD4.4, ma
568 l'implementazione è specifica di Linux; il suo prototipo è:
571 \funcdecl{int sysctl(int *name, int nlen, void *oldval, size\_t *oldlenp, void
572 *newval, size\_t newlen)}
574 Legge o scrive uno dei parametri di sistema.
576 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
577 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
579 \item[\errcode{EPERM}] non si ha il permesso di accedere ad uno dei
580 componenti nel cammino specificato per il parametro, o di accedere al
581 parametro nella modalità scelta.
582 \item[\errcode{ENOTDIR}] non esiste un parametro corrispondente al nome
584 % \item[\errcode{EFAULT}] si è specificato \param{oldlenp} zero quando
585 % \param{oldval} è non nullo.
586 \item[\errcode{EINVAL}] o si è specificato un valore non valido per il
587 parametro che si vuole impostare o lo spazio provvisto per il ritorno di un
588 valore non è delle giuste dimensioni.
589 \item[\errcode{ENOMEM}] talvolta viene usato più correttamente questo errore
590 quando non si è specificato sufficiente spazio per ricevere il valore di un
593 ed inoltre \errval{EFAULT}.
597 I parametri a cui la funzione permettere di accedere sono organizzati in
598 maniera gerarchica all'interno di un albero;\footnote{si tenga presente che
599 includendo solo \file{unistd.h}, saranno definiti solo i parametri generici;
600 dato che ce ne sono molti specifici dell'implementazione, nel caso di Linux
601 occorrerà includere anche i file \file{linux/unistd.h} e
602 \file{linux/sysctl.h}.} per accedere ad uno di essi occorre specificare un
603 cammino attraverso i vari nodi dell'albero, in maniera analoga a come avviene
604 per la risoluzione di un \itindex{pathname}\textit{pathname} (da cui l'uso
605 alternativo del filesystem \file{/proc}, che vedremo dopo).
607 Ciascun nodo dell'albero è identificato da un valore intero, ed il cammino che
608 arriva ad identificare un parametro specifico è passato alla funzione
609 attraverso l'array \param{name}, di lunghezza \param{nlen}, che contiene la
610 sequenza dei vari nodi da attraversare. Ogni parametro ha un valore in un
611 formato specifico che può essere un intero, una stringa o anche una struttura
612 complessa, per questo motivo i valori vengono passati come puntatori
615 L'indirizzo a cui il valore corrente del parametro deve essere letto è
616 specificato da \param{oldvalue}, e lo spazio ivi disponibile è specificato da
617 \param{oldlenp} (passato come puntatore per avere indietro la dimensione
618 effettiva di quanto letto); il valore che si vuole impostare nel sistema è
619 passato in \param{newval} e la sua dimensione in \param{newlen}.
621 Si può effettuare anche una lettura e scrittura simultanea, nel qual caso il
622 valore letto restituito dalla funzione è quello precedente alla scrittura.
624 I parametri accessibili attraverso questa funzione sono moltissimi, e possono
625 essere trovati in \file{sysctl.h}, essi inoltre dipendono anche dallo stato
626 corrente del kernel (ad esempio dai moduli che sono stati caricati nel
627 sistema) e in genere i loro nomi possono variare da una versione di kernel
628 all'altra; per questo è sempre il caso di evitare l'uso di \func{sysctl}
629 quando esistono modalità alternative per ottenere le stesse informazioni.
630 Alcuni esempi di parametri ottenibili sono:
632 \item il nome di dominio
633 \item i parametri del meccanismo di \textit{paging}.
634 \item il filesystem montato come radice
635 \item la data di compilazione del kernel
636 \item i parametri dello stack TCP
637 \item il numero massimo di file aperti
640 Come accennato in Linux si ha una modalità alternativa per accedere alle
641 stesse informazioni di \func{sysctl} attraverso l'uso del filesystem
642 \file{/proc}. Questo è un filesystem virtuale, generato direttamente dal
643 kernel, che non fa riferimento a nessun dispositivo fisico, ma presenta in
644 forma di file alcune delle strutture interne del kernel stesso.
646 In particolare l'albero dei valori di \func{sysctl} viene presentato in forma
647 di file nella directory \file{/proc/sys}, cosicché è possibile accedervi
648 specificando un \itindex{pathname}\textit{pathname} e leggendo e scrivendo sul
649 file corrispondente al parametro scelto. Il kernel si occupa di generare al
650 volo il contenuto ed i nomi dei file corrispondenti, e questo ha il grande
651 vantaggio di rendere accessibili i vari parametri a qualunque comando di shell
652 e di permettere la navigazione dell'albero dei valori.
654 Alcune delle corrispondenze dei file presenti in \file{/proc/sys} con i valori
655 di \func{sysctl} sono riportate nei commenti del codice che può essere trovato
656 in \file{linux/sysctl.h},\footnote{indicando un file di definizioni si fa
657 riferimento alla directory standard dei file di include, che in ogni
658 distribuzione che si rispetti è \file{/usr/include}.} la informazione
659 disponibile in \file{/proc/sys} è riportata inoltre nella documentazione
660 inclusa nei sorgenti del kernel, nella directory \file{Documentation/sysctl}.
662 Ma oltre alle informazioni ottenibili da \func{sysctl} dentro \file{proc}
663 sono disponibili moltissime altre informazioni, fra cui ad esempio anche
664 quelle fornite da \func{uname} (vedi sez.~\ref{sec:sys_config}) che sono
665 mantenute nei file \file{ostype}, \file{hostname}, \file{osrelease},
666 \file{version} e \file{domainname} di \file{/proc/kernel/}.
670 \subsection{La gestione delle proprietà dei filesystem}
671 \label{sec:sys_file_config}
673 Come accennato in sez.~\ref{sec:file_organization} per poter accedere ai file
674 occorre prima rendere disponibile al sistema il filesystem su cui essi sono
675 memorizzati; l'operazione di attivazione del filesystem è chiamata
676 \textsl{montaggio}, per far questo in Linux\footnote{la funzione è specifica
677 di Linux e non è portabile.} si usa la funzione \funcd{mount} il cui
679 \begin{prototype}{sys/mount.h}
680 {mount(const char *source, const char *target, const char *filesystemtype,
681 unsigned long mountflags, const void *data)}
683 Monta il filesystem di tipo \param{filesystemtype} contenuto in \param{source}
684 sulla directory \param{target}.
686 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di
687 fallimento, nel qual caso gli errori comuni a tutti i filesystem che possono
688 essere restituiti in \var{errno} sono:
690 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
691 \item[\errcode{ENODEV}] \param{filesystemtype} non esiste o non è configurato
693 \item[\errcode{ENOTBLK}] non si è usato un \textit{block device} per
694 \param{source} quando era richiesto.
695 \item[\errcode{EBUSY}] \param{source} è già montato, o non può essere
696 rimontato in read-only perché ci sono ancora file aperti in scrittura, o
697 \param{target} è ancora in uso.
698 \item[\errcode{EINVAL}] il device \param{source} presenta un
699 \textit{superblock} non valido, o si è cercato di rimontare un filesystem
700 non ancora montato, o di montarlo senza che \param{target} sia un
701 \textit{mount point} o di spostarlo quando \param{target} non è un
702 \textit{mount point} o è \file{/}.
703 \item[\errcode{EACCES}] non si ha il permesso di accesso su uno dei
704 componenti del \itindex{pathname}\textit{pathname}, o si è cercato
705 di montare un filesystem disponibile in sola lettura senza averlo
706 specificato o il device \param{source} è su un filesystem montato con
707 l'opzione \const{MS\_NODEV}.
708 \item[\errcode{ENXIO}] il \textit{major number} del device \param{source} è
710 \item[\errcode{EMFILE}] la tabella dei device \textit{dummy} è piena.
712 ed inoltre \errval{ENOTDIR}, \errval{EFAULT}, \errval{ENOMEM},
713 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ENOENT} o \errval{ELOOP}.}
716 La funzione monta sulla directory \param{target}, detta \textit{mount point},
717 il filesystem contenuto in \param{source}. In generale un filesystem è
718 contenuto su un disco, e l'operazione di montaggio corrisponde a rendere
719 visibile al sistema il contenuto del suddetto disco, identificato attraverso
720 il file di dispositivo ad esso associato.
722 Ma la struttura del virtual filesystem vista in sez.~\ref{sec:file_vfs} è molto
723 più flessibile e può essere usata anche per oggetti diversi da un disco. Ad
724 esempio usando il \textit{loop device} si può montare un file qualunque (come
725 l'immagine di un CD-ROM o di un floppy) che contiene un filesystem, inoltre
726 alcuni filesystem, come \file{proc} o \file{devfs} sono del tutto virtuali, i
727 loro dati sono generati al volo ad ogni lettura, e passati al kernel ad ogni
730 Il tipo di filesystem è specificato da \param{filesystemtype}, che deve essere
731 una delle stringhe riportate nel file \file{/proc/filesystems}, che contiene
732 l'elenco dei filesystem supportati dal kernel; nel caso si sia indicato uno
733 dei filesystem virtuali, il contenuto di \param{source} viene ignorato.
735 Dopo l'esecuzione della funzione il contenuto del filesystem viene resto
736 disponibile nella directory specificata come \textit{mount point}, il
737 precedente contenuto di detta directory viene mascherato dal contenuto della
738 directory radice del filesystem montato.
740 Dal kernel 2.4.x inoltre è divenuto possibile sia spostare atomicamente un
741 \textit{mount point} da una directory ad un'altra, sia montare in diversi
742 \textit{mount point} lo stesso filesystem, sia montare più filesystem sullo
743 stesso \textit{mount point} (nel qual caso vale quanto appena detto, e solo il
744 contenuto dell'ultimo filesystem montato sarà visibile).
746 Ciascun filesystem è dotato di caratteristiche specifiche che possono essere
747 attivate o meno, alcune di queste sono generali (anche se non è detto siano
748 disponibili in ogni filesystem), e vengono specificate come opzioni di
749 montaggio con l'argomento \param{mountflags}.
751 In Linux \param{mountflags} deve essere un intero a 32 bit i cui 16 più
752 significativi sono un \textit{magic number}\footnote{cioè un numero speciale
753 usato come identificativo, che nel caso è \code{0xC0ED}; si può usare la
754 costante \const{MS\_MGC\_MSK} per ottenere la parte di \param{mountflags}
755 riservata al \textit{magic number}.} mentre i 16 meno significativi sono
756 usati per specificare le opzioni; essi sono usati come maschera binaria e
757 vanno impostati con un OR aritmetico della costante \const{MS\_MGC\_VAL} con i
758 valori riportati in tab.~\ref{tab:sys_mount_flags}.
763 \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
765 \textbf{Parametro} & \textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
768 \const{MS\_RDONLY} & 1 & monta in sola lettura.\\
769 \const{MS\_NOSUID} & 2 & ignora i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} e
770 \itindex{sgid~bit}\acr{sgid}.\\
771 \const{MS\_NODEV} & 4 & impedisce l'accesso ai file di dispositivo.\\
772 \const{MS\_NOEXEC} & 8 & impedisce di eseguire programmi.\\
773 \const{MS\_SYNCHRONOUS}& 16 & abilita la scrittura sincrona.\\
774 \const{MS\_REMOUNT} & 32 & rimonta il filesystem cambiando le opzioni.\\
775 \const{MS\_MANDLOCK} & 64 & consente il \textit{mandatory locking}
776 \itindex{mandatory~locking} (vedi
777 sez.~\ref{sec:file_mand_locking}).\\
778 \const{S\_WRITE} & 128 & scrive normalmente.\\
779 \const{S\_APPEND} & 256 & consente la scrittura solo in
780 \itindex{append~mode} \textit{append mode}
781 (vedi sez.~\ref{sec:file_sharing}).\\
782 \const{S\_IMMUTABLE} & 512 & impedisce che si possano modificare i file.\\
783 \const{MS\_NOATIME} &1024 & non aggiorna gli \textit{access time} (vedi
784 sez.~\ref{sec:file_file_times}).\\
785 \const{MS\_NODIRATIME}&2048 & non aggiorna gli \textit{access time} delle
787 \const{MS\_BIND} &4096 & monta il filesystem altrove.\\
788 \const{MS\_MOVE} &8192 & sposta atomicamente il punto di montaggio.\\
791 \caption{Tabella dei codici dei flag di montaggio di un filesystem.}
792 \label{tab:sys_mount_flags}
795 Per l'impostazione delle caratteristiche particolari di ciascun filesystem si
796 usa invece l'argomento \param{data} che serve per passare le ulteriori
797 informazioni necessarie, che ovviamente variano da filesystem a filesystem.
799 La funzione \func{mount} può essere utilizzata anche per effettuare il
800 \textsl{rimontaggio} di un filesystem, cosa che permette di cambiarne al volo
801 alcune delle caratteristiche di funzionamento (ad esempio passare da sola
802 lettura a lettura/scrittura). Questa operazione è attivata attraverso uno dei
803 bit di \param{mountflags}, \const{MS\_REMOUNT}, che se impostato specifica che
804 deve essere effettuato il rimontaggio del filesystem (con le opzioni
805 specificate dagli altri bit), anche in questo caso il valore di \param{source}
808 Una volta che non si voglia più utilizzare un certo filesystem è possibile
809 \textsl{smontarlo} usando la funzione \funcd{umount}, il cui prototipo è:
810 \begin{prototype}{sys/mount.h}{umount(const char *target)}
812 Smonta il filesystem montato sulla directory \param{target}.
814 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di
815 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
817 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
818 \item[\errcode{EBUSY}] \param{target} è la directory di lavoro di qualche
819 processo, o contiene dei file aperti, o un altro mount point.
821 ed inoltre \errval{ENOTDIR}, \errval{EFAULT}, \errval{ENOMEM},
822 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ENOENT} o \errval{ELOOP}.}
824 \noindent la funzione prende il nome della directory su cui il filesystem è
825 montato e non il file o il dispositivo che è stato montato,\footnote{questo è
826 vero a partire dal kernel 2.3.99-pre7, prima esistevano due chiamate
827 separate e la funzione poteva essere usata anche specificando il file di
828 dispositivo.} in quanto con il kernel 2.4.x è possibile montare lo stesso
829 dispositivo in più punti. Nel caso più di un filesystem sia stato montato
830 sullo stesso \textit{mount point} viene smontato quello che è stato montato
833 Si tenga presente che la funzione fallisce quando il filesystem è
834 \textsl{occupato}, questo avviene quando ci sono ancora file aperti sul
835 filesystem, se questo contiene la directory di lavoro corrente di un qualunque
836 processo o il mount point di un altro filesystem; in questo caso l'errore
837 restituito è \errcode{EBUSY}.
839 Linux provvede inoltre una seconda funzione, \funcd{umount2}, che in alcuni
840 casi permette di forzare lo smontaggio di un filesystem, anche quando questo
841 risulti occupato; il suo prototipo è:
842 \begin{prototype}{sys/mount.h}{umount2(const char *target, int flags)}
844 La funzione è identica a \func{umount} per comportamento e codici di errore,
845 ma con \param{flags} si può specificare se forzare lo smontaggio.
848 Il valore di \param{flags} è una maschera binaria, e al momento l'unico valore
849 definito è il bit \const{MNT\_FORCE}; gli altri bit devono essere nulli.
850 Specificando \const{MNT\_FORCE} la funzione cercherà di liberare il filesystem
851 anche se è occupato per via di una delle condizioni descritte in precedenza. A
852 seconda del tipo di filesystem alcune (o tutte) possono essere superate,
853 evitando l'errore di \errcode{EBUSY}. In tutti i casi prima dello smontaggio
854 viene eseguita una sincronizzazione dei dati.
856 Altre due funzioni specifiche di Linux,\footnote{esse si trovano anche su BSD,
857 ma con una struttura diversa.} utili per ottenere in maniera diretta
858 informazioni riguardo al filesystem su cui si trova un certo file, sono
859 \funcd{statfs} e \funcd{fstatfs}, i cui prototipi sono:
862 \funcdecl{int statfs(const char *path, struct statfs *buf)}
864 \funcdecl{int fstatfs(int fd, struct statfs *buf)}
866 Restituisce in \param{buf} le informazioni relative al filesystem su cui è
867 posto il file specificato.
869 \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso di
870 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
872 \item[\errcode{ENOSYS}] il filesystem su cui si trova il file specificato non
873 supporta la funzione.
875 e \errval{EFAULT} ed \errval{EIO} per entrambe, \errval{EBADF} per
876 \func{fstatfs}, \errval{ENOTDIR}, \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ENOENT},
877 \errval{EACCES}, \errval{ELOOP} per \func{statfs}.}
880 Queste funzioni permettono di ottenere una serie di informazioni generali
881 riguardo al filesystem su cui si trova il file specificato; queste vengono
882 restituite all'indirizzo \param{buf} di una struttura \struct{statfs} definita
883 come in fig.~\ref{fig:sys_statfs}, ed i campi che sono indefiniti per il
884 filesystem in esame sono impostati a zero. I valori del campo \var{f\_type}
885 sono definiti per i vari filesystem nei relativi file di header dei sorgenti
886 del kernel da costanti del tipo \var{XXX\_SUPER\_MAGIC}, dove \var{XXX} in
887 genere è il nome del filesystem stesso.
890 \footnotesize \centering
891 \begin{minipage}[c]{15cm}
892 \includestruct{listati/statfs.h}
895 \caption{La struttura \structd{statfs}.}
896 \label{fig:sys_statfs}
900 Le \acr{glibc} provvedono infine una serie di funzioni per la gestione dei due
901 file \file{/etc/fstab} ed \file{/etc/mtab}, che convenzionalmente sono usati
902 in quasi tutti i sistemi unix-like per mantenere rispettivamente le
903 informazioni riguardo ai filesystem da montare e a quelli correntemente
904 montati. Le funzioni servono a leggere il contenuto di questi file in
905 opportune strutture \struct{fstab} e \struct{mntent}, e, per \file{/etc/mtab}
906 per inserire e rimuovere le voci presenti nel file.
908 In generale si dovrebbero usare queste funzioni (in particolare quelle
909 relative a \file{/etc/mtab}), quando si debba scrivere un programma che
910 effettua il montaggio di un filesystem; in realtà in questi casi è molto più
911 semplice invocare direttamente il programma \cmd{mount}, per cui ne
912 tralasceremo la trattazione, rimandando al manuale delle \acr{glibc}
913 \cite{glibc} per la documentazione completa.
915 % TODO scrivere relativamente alle varie funzioni (getfsent e getmntent &C)
917 \subsection{La gestione delle informazioni su utenti e gruppi}
918 \label{sec:sys_user_group}
920 Tradizionalmente le informazioni utilizzate nella gestione di utenti e gruppi
921 (password, corrispondenze fra nomi simbolici e user-id, home directory, ecc.)
922 venivano registrate all'interno dei due file di testo \file{/etc/passwd} ed
923 \file{/etc/group},\footnote{in realtà oltre a questi nelle distribuzioni più
924 recenti è stato introdotto il sistema delle \textit{shadow password} che
925 prevede anche i due file \file{/etc/shadow} e \file{/etc/gshadow}, in cui
926 sono state spostate le informazioni di autenticazione (ed inserite alcune
927 estensioni) per toglierle dagli altri file che devono poter essere letti per
928 poter effettuare l'associazione fra username e \acr{uid}.} il cui formato è
929 descritto dalle relative pagine del manuale\footnote{nella quinta sezione,
930 quella dei file di configurazione, occorre cioè usare \cmd{man 5 passwd}
931 dato che altrimenti si avrebbe la pagina di manuale del comando
932 \cmd{passwd}.} e tutte le funzioni che richiedevano l'accesso a queste
933 informazione andavano a leggere direttamente il contenuto di questi file.
935 Col tempo però questa impostazione ha incominciato a mostrare dei limiti: da
936 una parte il meccanismo classico di autenticazione è stato ampliato, ed oggi
937 la maggior parte delle distribuzioni di GNU/Linux usa la libreria PAM (sigla
938 che sta per \textit{Pluggable Authentication Method}) che fornisce una
939 interfaccia comune per i processi di autenticazione,\footnote{il
940 \textit{Pluggable Authentication Method} è un sistema modulare, in cui è
941 possibile utilizzare anche più meccanismi insieme, diventa così possibile
942 avere vari sistemi di riconoscimento (biometria, chiavi hardware, ecc.),
943 diversi formati per le password e diversi supporti per le informazioni, il
944 tutto in maniera trasparente per le applicazioni purché per ciascun
945 meccanismo si disponga della opportuna libreria che implementa l'interfaccia
946 di PAM.} svincolando completamente le singole applicazione dai dettagli del
947 come questa viene eseguita e di dove vengono mantenuti i dati relativi;
948 dall'altra con il diffondersi delle reti la necessità di centralizzare le
949 informazioni degli utenti e dei gruppi per insiemi di macchine, in modo da
950 mantenere coerenti i dati, ha portato anche alla necessità di poter recuperare
951 e memorizzare dette informazioni su supporti diversi, introducendo il sistema
952 del \itindex{Name~Service~Switch}\textit{Name Service Switch} che tratteremo
953 brevemente più avanti (in sez.~\ref{sec:sock_resolver}) dato che la maggior
954 parte delle sua applicazioni sono relative alla risoluzioni di nomi di rete.
956 In questo paragrafo ci limiteremo comunque a trattare le funzioni classiche
957 per la lettura delle informazioni relative a utenti e gruppi tralasciando
958 completamente quelle relative all'autenticazione.
959 % Per questo non tratteremo
960 % affatto l'interfaccia di PAM, ma approfondiremo invece il sistema del
961 % \textit{Name Service Switch}, un meccanismo messo a disposizione dalle
962 % \acr{glibc} per modularizzare l'accesso a tutti i servizi in cui sia
963 % necessario trovare una corrispondenza fra un nome ed un numero (od altra
964 % informazione) ad esso associato, come appunto, quella fra uno username ed un
965 % \acr{uid} o fra un \acr{gid} ed il nome del gruppo corrispondente.
966 Le prime funzioni che vedremo sono quelle previste dallo standard POSIX.1;
967 queste sono del tutto generiche e si appoggiano direttamente al \textit{Name
968 Service Switch}, per cui sono in grado di ricevere informazioni qualunque
969 sia il supporto su cui esse vengono mantenute. Per leggere le informazioni
970 relative ad un utente si possono usare due funzioni, \funcd{getpwuid} e
971 \funcd{getpwnam}, i cui prototipi sono:
974 \headdecl{sys/types.h}
975 \funcdecl{struct passwd *getpwuid(uid\_t uid)}
977 \funcdecl{struct passwd *getpwnam(const char *name)}
979 Restituiscono le informazioni relative all'utente specificato.
981 \bodydesc{Le funzioni ritornano il puntatore alla struttura contenente le
982 informazioni in caso di successo e \val{NULL} nel caso non sia stato
983 trovato nessun utente corrispondente a quanto specificato.}
986 Le due funzioni forniscono le informazioni memorizzate nel registro degli
987 utenti (che nelle versioni più recenti possono essere ottenute attraverso PAM)
988 relative all'utente specificato attraverso il suo \acr{uid} o il nome di
989 login. Entrambe le funzioni restituiscono un puntatore ad una struttura di
990 tipo \struct{passwd} la cui definizione (anch'essa eseguita in \file{pwd.h}) è
991 riportata in fig.~\ref{fig:sys_passwd_struct}, dove è pure brevemente
992 illustrato il significato dei vari campi.
997 \begin{minipage}[c]{15cm}
998 \includestruct{listati/passwd.h}
1001 \caption{La struttura \structd{passwd} contenente le informazioni relative ad
1002 un utente del sistema.}
1003 \label{fig:sys_passwd_struct}
1006 La struttura usata da entrambe le funzioni è allocata staticamente, per questo
1007 motivo viene sovrascritta ad ogni nuova invocazione, lo stesso dicasi per la
1008 memoria dove sono scritte le stringhe a cui i puntatori in essa contenuti
1009 fanno riferimento. Ovviamente questo implica che dette funzioni non possono
1010 essere rientranti; per questo motivo ne esistono anche due versioni
1011 alternative (denotate dalla solita estensione \code{\_r}), i cui prototipi
1016 \headdecl{sys/types.h}
1018 \funcdecl{struct passwd *getpwuid\_r(uid\_t uid, struct passwd *password,
1019 char *buffer, size\_t buflen, struct passwd **result)}
1021 \funcdecl{struct passwd *getpwnam\_r(const char *name, struct passwd
1022 *password, char *buffer, size\_t buflen, struct passwd **result)}
1024 Restituiscono le informazioni relative all'utente specificato.
1026 \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e un codice d'errore
1027 altrimenti, nel qual caso \var{errno} sarà impostata opportunamente.}
1030 In questo caso l'uso è molto più complesso, in quanto bisogna prima allocare
1031 la memoria necessaria a contenere le informazioni. In particolare i valori
1032 della struttura \struct{passwd} saranno restituiti all'indirizzo
1033 \param{password} mentre la memoria allocata all'indirizzo \param{buffer}, per
1034 un massimo di \param{buflen} byte, sarà utilizzata per contenere le stringhe
1035 puntate dai campi di \param{password}. Infine all'indirizzo puntato da
1036 \param{result} viene restituito il puntatore ai dati ottenuti, cioè
1037 \param{buffer} nel caso l'utente esista, o \val{NULL} altrimenti. Qualora i
1038 dati non possano essere contenuti nei byte specificati da \param{buflen}, la
1039 funzione fallirà restituendo \errcode{ERANGE} (e \param{result} sarà comunque
1040 impostato a \val{NULL}).
1042 Del tutto analoghe alle precedenti sono le funzioni \funcd{getgrnam} e
1043 \funcd{getgrgid} (e le relative analoghe rientranti con la stessa estensione
1044 \code{\_r}) che permettono di leggere le informazioni relative ai gruppi, i
1045 loro prototipi sono:
1048 \headdecl{sys/types.h}
1050 \funcdecl{struct group *getgrgid(gid\_t gid)}
1052 \funcdecl{struct group *getgrnam(const char *name)}
1054 \funcdecl{struct group *getpwuid\_r(gid\_t gid, struct group *password,
1055 char *buffer, size\_t buflen, struct group **result)}
1057 \funcdecl{struct group *getpwnam\_r(const char *name, struct group
1058 *password, char *buffer, size\_t buflen, struct group **result)}
1060 Restituiscono le informazioni relative al gruppo specificato.
1062 \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e un codice d'errore
1063 altrimenti, nel qual caso \var{errno} sarà impostata opportunamente.}
1066 Il comportamento di tutte queste funzioni è assolutamente identico alle
1067 precedenti che leggono le informazioni sugli utenti, l'unica differenza è che
1068 in questo caso le informazioni vengono restituite in una struttura di tipo
1069 \struct{group}, la cui definizione è riportata in
1070 fig.~\ref{fig:sys_group_struct}.
1072 \begin{figure}[!htb]
1075 \begin{minipage}[c]{15cm}
1076 \includestruct{listati/group.h}
1079 \caption{La struttura \structd{group} contenente le informazioni relative ad
1080 un gruppo del sistema.}
1081 \label{fig:sys_group_struct}
1084 Le funzioni viste finora sono in grado di leggere le informazioni sia
1085 direttamente dal file delle password in \file{/etc/passwd} che tramite il
1086 sistema del \itindex{Name~Service~Switch}\textit{Name Service Switch} e
1087 sono completamente generiche. Si noti però che non c'è una funzione che
1088 permetta di impostare direttamente una password.\footnote{in realtà questo può
1089 essere fatto ricorrendo a PAM, ma questo è un altro discorso.} Dato che
1090 POSIX non prevede questa possibilità esiste un'altra interfaccia che lo fa,
1091 derivata da SVID le cui funzioni sono riportate in
1092 tab.~\ref{tab:sys_passwd_func}. Questa però funziona soltanto quando le
1093 informazioni sono mantenute su un apposito file di \textsl{registro} di utenti
1094 e gruppi, con il formato classico di \file{/etc/passwd} e \file{/etc/group}.
1099 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1101 \textbf{Funzione} & \textbf{Significato}\\
1104 \func{fgetpwent} & Legge una voce dal file di registro degli utenti
1106 \func{fgetpwent\_r}& Come la precedente, ma rientrante.\\
1107 \func{putpwent} & Immette una voce in un file di registro degli
1109 \func{getpwent} & Legge una voce da \file{/etc/passwd}.\\
1110 \func{getpwent\_r} & Come la precedente, ma rientrante.\\
1111 \func{setpwent} & Ritorna all'inizio di \file{/etc/passwd}.\\
1112 \func{endpwent} & Chiude \file{/etc/passwd}.\\
1113 \func{fgetgrent} & Legge una voce dal file di registro dei gruppi
1115 \func{fgetgrent\_r}& Come la precedente, ma rientrante.\\
1116 \func{putgrent} & Immette una voce in un file di registro dei gruppi.\\
1117 \func{getgrent} & Legge una voce da \file{/etc/group}.\\
1118 \func{getgrent\_r} & Come la precedente, ma rientrante.\\
1119 \func{setgrent} & Ritorna all'inizio di \file{/etc/group}.\\
1120 \func{endgrent} & Chiude \file{/etc/group}.\\
1123 \caption{Funzioni per la manipolazione dei campi di un file usato come
1124 registro per utenti o gruppi nel formato di \file{/etc/passwd} e
1125 \file{/etc/groups}.}
1126 \label{tab:sys_passwd_func}
1129 Dato che oramai la gran parte delle distribuzioni di GNU/Linux utilizzano
1130 almeno le \textit{shadow password} (quindi con delle modifiche rispetto al
1131 formato classico del file \file{/etc/passwd}), si tenga presente che le
1132 funzioni di questa interfaccia che permettono di scrivere delle voci in un
1133 \textsl{registro} degli utenti (cioè \func{putpwent} e \func{putgrent}) non
1134 hanno la capacità di farlo specificando tutti i contenuti necessari rispetto a
1135 questa estensione. Per questo motivo l'uso di queste funzioni è deprecato, in
1136 quanto comunque non funzionale, pertanto ci limiteremo a fornire soltanto
1137 l'elenco di tab.~\ref{tab:sys_passwd_func}, senza nessuna spiegazione
1138 ulteriore. Chi volesse insistere ad usare questa interfaccia può fare
1139 riferimento alle pagine di manuale delle rispettive funzioni ed al manuale
1140 delle \acr{glibc} per i dettagli del funzionamento.
1144 \subsection{Il registro della \textsl{contabilità} degli utenti}
1145 \label{sec:sys_accounting}
1147 L'ultimo insieme di funzioni relative alla gestione del sistema che
1148 esamineremo è quello che permette di accedere ai dati del registro della
1149 cosiddetta \textsl{contabilità} (o \textit{accounting}) degli utenti. In esso
1150 vengono mantenute una serie di informazioni storiche relative sia agli utenti
1151 che si sono collegati al sistema, (tanto per quelli correntemente collegati,
1152 che per la registrazione degli accessi precedenti), sia relative all'intero
1153 sistema, come il momento di lancio di processi da parte di \cmd{init}, il
1154 cambiamento dell'orologio di sistema, il cambiamento di runlevel o il riavvio
1157 I dati vengono usualmente\footnote{questa è la locazione specificata dal
1158 \textit{Linux Filesystem Hierarchy Standard}, adottato dalla gran parte
1159 delle distribuzioni.} memorizzati nei due file \file{/var/run/utmp} e
1160 \file{/var/log/wtmp}. Quando un utente si collega viene aggiunta una voce a
1161 \file{/var/run/utmp} in cui viene memorizzato il nome di login, il terminale
1162 da cui ci si collega, l'\acr{uid} della shell di login, l'orario della
1163 connessione ed altre informazioni. La voce resta nel file fino al logout,
1164 quando viene cancellata e spostata in \file{/var/log/wtmp}.
1166 In questo modo il primo file viene utilizzato per registrare chi sta
1167 utilizzando il sistema al momento corrente, mentre il secondo mantiene la
1168 registrazione delle attività degli utenti. A quest'ultimo vengono anche
1169 aggiunte delle voci speciali per tenere conto dei cambiamenti del sistema,
1170 come la modifica del runlevel, il riavvio della macchina, ecc. Tutte queste
1171 informazioni sono descritte in dettaglio nel manuale delle \acr{glibc}.
1173 Questi file non devono mai essere letti direttamente, ma le informazioni che
1174 contengono possono essere ricavate attraverso le opportune funzioni di
1175 libreria. Queste sono analoghe alle precedenti funzioni (vedi
1176 tab.~\ref{tab:sys_passwd_func}) usate per accedere al registro degli utenti,
1177 solo che in questo caso la struttura del registro della \textsl{contabilità} è
1178 molto più complessa, dato che contiene diversi tipi di informazione.
1180 Le prime tre funzioni, \funcd{setutent}, \funcd{endutent} e \funcd{utmpname}
1181 servono rispettivamente a aprire e a chiudere il file che contiene il
1182 registro, e a specificare su quale file esso viene mantenuto. I loro prototipi
1187 \funcdecl{void utmpname(const char *file)} Specifica il file da usare come
1190 \funcdecl{void setutent(void)} Apre il file del registro, posizionandosi al
1193 \funcdecl{void endutent(void)} Chiude il file del registro.
1195 \bodydesc{Le funzioni non ritornano codici di errore.}
1198 In caso questo non venga specificato nessun file viene usato il valore
1199 standard \const{\_PATH\_UTMP} (che è definito in \file{paths.h}); in genere
1200 \func{utmpname} prevede due possibili valori:
1201 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
1202 \item[\const{\_PATH\_UTMP}] Specifica il registro per gli utenti correntemente
1204 \item[\const{\_PATH\_WTMP}] Specifica il registro per l'archivio storico degli
1207 corrispondenti ai file \file{/var/run/utmp} e \file{/var/log/wtmp} visti in
1210 \begin{figure}[!htb]
1213 \begin{minipage}[c]{15cm}
1214 \includestruct{listati/utmp.h}
1217 \caption{La struttura \structd{utmp} contenente le informazioni di una voce
1218 del registro di \textsl{contabilità}.}
1219 \label{fig:sys_utmp_struct}
1222 Una volta aperto il file si può eseguire una scansione leggendo o scrivendo
1223 una voce con le funzioni \funcd{getutent}, \funcd{getutid}, \funcd{getutline}
1224 e \funcd{pututline}, i cui prototipi sono:
1228 \funcdecl{struct utmp *getutent(void)}
1229 Legge una voce dalla posizione corrente nel registro.
1231 \funcdecl{struct utmp *getutid(struct utmp *ut)} Ricerca una voce sul
1232 registro in base al contenuto di \param{ut}.
1234 \funcdecl{struct utmp *getutline(struct utmp *ut)}
1235 Ricerca nel registro la prima voce corrispondente ad un processo sulla linea
1236 di terminale specificata tramite \param{ut}.
1238 \funcdecl{struct utmp *pututline(struct utmp *ut)}
1239 Scrive una voce nel registro.
1241 \bodydesc{Le funzioni ritornano il puntatore ad una struttura \struct{utmp}
1242 in caso di successo e \val{NULL} in caso di errore.}
1245 Tutte queste funzioni fanno riferimento ad una struttura di tipo
1246 \struct{utmp}, la cui definizione in Linux è riportata in
1247 fig.~\ref{fig:sys_utmp_struct}. Le prime tre funzioni servono per leggere una
1248 voce dal registro; \func{getutent} legge semplicemente la prima voce
1249 disponibile; le altre due permettono di eseguire una ricerca.
1251 Con \func{getutid} si può cercare una voce specifica, a seconda del valore del
1252 campo \var{ut\_type} dell'argomento \param{ut}. Questo può assumere i valori
1253 riportati in tab.~\ref{tab:sys_ut_type}, quando assume i valori
1254 \const{RUN\_LVL}, \const{BOOT\_TIME}, \const{OLD\_TIME}, \const{NEW\_TIME},
1255 verrà restituito la prima voce che corrisponde al tipo determinato; quando
1256 invece assume i valori \const{INIT\_PROCESS}, \const{LOGIN\_PROCESS},
1257 \const{USER\_PROCESS} o \const{DEAD\_PROCESS} verrà restituita la prima voce
1258 corrispondente al valore del campo \var{ut\_id} specificato in \param{ut}.
1263 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1265 \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
1268 \const{EMPTY} & Non contiene informazioni valide. \\
1269 \const{RUN\_LVL} & Identica il runlevel del sistema. \\
1270 \const{BOOT\_TIME} & Identifica il tempo di avvio del sistema \\
1271 \const{OLD\_TIME} & Identifica quando è stato modificato l'orologio di
1273 \const{NEW\_TIME} & Identifica da quanto è stato modificato il
1275 \const{INIT\_PROCESS} & Identifica un processo lanciato da \cmd{init}. \\
1276 \const{LOGIN\_PROCESS}& Identifica un processo di login. \\
1277 \const{USER\_PROCESS} & Identifica un processo utente. \\
1278 \const{DEAD\_PROCESS} & Identifica un processo terminato. \\
1279 % \const{ACCOUNTING} & ??? \\
1282 \caption{Classificazione delle voci del registro a seconda dei
1283 possibili valori del campo \var{ut\_type}.}
1284 \label{tab:sys_ut_type}
1287 La funzione \func{getutline} esegue la ricerca sulle voci che hanno
1288 \var{ut\_type} uguale a \const{LOGIN\_PROCESS} o \const{USER\_PROCESS},
1289 restituendo la prima che corrisponde al valore di \var{ut\_line}, che
1290 specifica il device\footnote{espresso senza il \file{/dev/} iniziale.} di
1291 terminale che interessa. Lo stesso criterio di ricerca è usato da
1292 \func{pututline} per trovare uno spazio dove inserire la voce specificata,
1293 qualora non sia trovata la voce viene aggiunta in coda al registro.
1295 In generale occorre però tenere conto che queste funzioni non sono
1296 completamente standardizzate, e che in sistemi diversi possono esserci
1297 differenze; ad esempio \func{pututline} restituisce \code{void} in vari
1298 sistemi (compreso Linux, fino alle \acr{libc5}). Qui seguiremo la sintassi
1299 fornita dalle \acr{glibc}, ma gli standard POSIX 1003.1-2001 e XPG4.2 hanno
1300 introdotto delle nuove strutture (e relativi file) di tipo \code{utmpx}, che
1301 sono un sovrainsieme di \code{utmp}.
1303 Le \acr{glibc} utilizzano già una versione estesa di \code{utmp}, che rende
1304 inutili queste nuove strutture; pertanto esse e le relative funzioni di
1305 gestione (\func{getutxent}, \func{getutxid}, \func{getutxline},
1306 \func{pututxline}, \func{setutxent} e \func{endutxent}) sono ridefinite come
1307 sinonimi delle funzioni appena viste.
1309 Come visto in sez.~\ref{sec:sys_user_group}, l'uso di strutture allocate
1310 staticamente rende le funzioni di lettura non rientranti; per questo motivo le
1311 \acr{glibc} forniscono anche delle versioni rientranti: \func{getutent\_r},
1312 \func{getutid\_r}, \func{getutline\_r}, che invece di restituire un puntatore
1313 restituiscono un intero e prendono due argomenti aggiuntivi. Le funzioni si
1314 comportano esattamente come le analoghe non rientranti, solo che restituiscono
1315 il risultato all'indirizzo specificato dal primo argomento aggiuntivo (di tipo
1316 \code{struct utmp *buffer}) mentre il secondo (di tipo \code{struct utmp
1317 **result)} viene usato per restituire il puntatore allo stesso buffer.
1319 Infine le \acr{glibc} forniscono come estensione per la scrittura delle voci
1320 in \file{wmtp} altre due funzioni, \funcd{updwtmp} e \funcd{logwtmp}, i cui
1325 \funcdecl{void updwtmp(const char *wtmp\_file, const struct utmp *ut)}
1326 Aggiunge la voce \param{ut} nel registro \file{wmtp}.
1328 \funcdecl{void logwtmp(const char *line, const char *name, const char
1329 *host)} Aggiunge nel registro una voce con i valori specificati.
1332 La prima funzione permette l'aggiunta di una voce a \file{wmtp} specificando
1333 direttamente una struttura \struct{utmp}, mentre la seconda utilizza gli
1334 argomenti \param{line}, \param{name} e \param{host} per costruire la voce che
1335 poi aggiunge chiamando \func{updwtmp}.
1338 \section{Il controllo dell'uso delle risorse}
1339 \label{sec:sys_res_limits}
1342 Dopo aver esaminato le funzioni che permettono di controllare le varie
1343 caratteristiche, capacità e limiti del sistema a livello globale, in questa
1344 sezione tratteremo le varie funzioni che vengono usate per quantificare le
1345 risorse (CPU, memoria, ecc.) utilizzate da ogni singolo processo e quelle che
1346 permettono di imporre a ciascuno di essi vincoli e limiti di
1350 \subsection{L'uso delle risorse}
1351 \label{sec:sys_resource_use}
1353 Come abbiamo accennato in sez.~\ref{sec:proc_wait4} le informazioni riguardo
1354 l'utilizzo delle risorse da parte di un processo è mantenuto in una struttura
1355 di tipo \struct{rusage}, la cui definizione (che si trova in
1356 \file{sys/resource.h}) è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}.
1358 \begin{figure}[!htb]
1361 \begin{minipage}[c]{15cm}
1362 \includestruct{listati/rusage.h}
1365 \caption{La struttura \structd{rusage} per la lettura delle informazioni dei
1366 delle risorse usate da un processo.}
1367 \label{fig:sys_rusage_struct}
1370 La definizione della struttura in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct} è ripresa
1371 da BSD 4.3,\footnote{questo non ha a nulla a che fare con il cosiddetto
1372 \textit{BSD accounting} (vedi sez. \ref{sec:sys_bsd_accounting}) che si trova
1373 nelle opzioni di compilazione del kernel (e di norma è disabilitato) che
1374 serve per mantenere una contabilità delle risorse usate da ciascun processo
1375 in maniera molto più dettagliata.} ma attualmente (con i kernel della serie
1376 2.4.x e 2.6.x) i soli campi che sono mantenuti sono: \var{ru\_utime},
1377 \var{ru\_stime}, \var{ru\_minflt}, \var{ru\_majflt}, e \var{ru\_nswap}. I
1378 primi due indicano rispettivamente il tempo impiegato dal processo
1379 nell'eseguire le istruzioni in user space, e quello impiegato dal kernel nelle
1380 system call eseguite per conto del processo.
1382 Gli altri tre campi servono a quantificare l'uso della memoria
1383 virtuale\index{memoria~virtuale} e corrispondono rispettivamente al numero di
1384 \textit{page fault}\itindex{page~fault} (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_gen})
1385 avvenuti senza richiedere I/O su disco (i cosiddetti \textit{minor page
1386 fault}), a quelli che invece han richiesto I/O su disco (detti invece
1387 \textit{major page fault}) ed al numero di volte che il processo è stato
1388 completamente tolto dalla memoria per essere inserito nello swap.
1390 In genere includere esplicitamente \file{<sys/time.h>} non è più strettamente
1391 necessario, ma aumenta la portabilità, e serve comunque quando, come nella
1392 maggior parte dei casi, si debba accedere ai campi di \struct{rusage} relativi
1393 ai tempi di utilizzo del processore, che sono definiti come strutture di tipo
1396 Questa è la stessa struttura utilizzata da \func{wait4} (si ricordi quando
1397 visto in sez.~\ref{sec:proc_wait4}) per ricavare la quantità di risorse
1398 impiegate dal processo di cui si è letto lo stato di terminazione, ma essa può
1399 anche essere letta direttamente utilizzando la funzione \funcd{getrusage}, il
1402 \headdecl{sys/time.h}
1403 \headdecl{sys/resource.h}
1406 \funcdecl{int getrusage(int who, struct rusage *usage)}
1407 Legge la quantità di risorse usate da un processo.
1410 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
1411 nel qual caso \var{errno} può essere \errval{EINVAL} o \errval{EFAULT}.}
1414 L'argomento \param{who} permette di specificare il processo di cui si vuole
1415 leggere l'uso delle risorse; esso può assumere solo i due valori
1416 \const{RUSAGE\_SELF} per indicare il processo corrente e
1417 \const{RUSAGE\_CHILDREN} per indicare l'insieme dei processi figli di cui si è
1418 ricevuto lo stato di terminazione.
1421 \subsection{Limiti sulle risorse}
1422 \label{sec:sys_resource_limit}
1424 Come accennato nell'introduzione il kernel mette a disposizione delle
1425 funzionalità che permettono non solo di mantenere dati statistici relativi
1426 all'uso delle risorse, ma anche di imporre dei limiti precisi sul loro
1427 utilizzo da parte dei vari processi o degli utenti.
1429 Per far questo esistono una serie di risorse e ad ogni processo vengono
1430 associati due diversi limiti per ciascuna di esse; questi sono il
1431 \textsl{limite corrente} (o \textit{current limit}) che esprime un valore
1432 massimo che il processo non può superare ad un certo momento, ed il
1433 \textsl{limite massimo} (o \textit{maximum limit}) che invece esprime il
1434 valore massimo che può assumere il \textsl{limite corrente}. In generale il
1435 primo viene chiamato anche \textit{soft limit} dato che il suo valore può
1436 essere aumentato dal processo stesso durante l'esecuzione, ciò può però essere
1437 fatto solo fino al valore del secondo, che per questo viene detto \textit{hard
1443 \begin{tabular}[c]{|l|p{12cm}|}
1445 \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
1448 \const{RLIMIT\_AS} & La dimensione massima della memoria virtuale di
1449 un processo, il cosiddetto \textit{Address
1450 Space}, (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_gen}). Se
1451 il limite viene superato dall'uso di funzioni
1452 come \func{brk}, \func{mremap} o \func{mmap}
1453 esse falliranno con un errore di
1454 \errcode{ENOMEM}, mentre se il superamento viene
1455 causato dalla crescita dello \itindex{stack}
1456 stack il processo riceverà un segnale di
1458 \const{RLIMIT\_CORE} & La massima dimensione per di un file di
1459 \textit{core dump}\itindex{core~dump} (vedi
1460 sez.~\ref{sec:sig_prog_error}) creato nella
1461 terminazione di un processo; file di dimensioni
1462 maggiori verranno troncati a questo valore,
1463 mentre con un valore si bloccherà la creazione
1464 dei \textit{core dump}\itindex{core~dump}.\\
1465 \const{RLIMIT\_CPU} & Il massimo tempo di CPU (vedi
1466 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) che il processo può
1467 usare. Il superamento del limite corrente
1468 comporta l'emissione di un segnale di
1469 \const{SIGXCPU} la cui azione predefinita (vedi
1470 sez.~\ref{sec:sig_classification}) è terminare
1471 il processo. Il superamento del limite massimo
1472 comporta l'emissione di un segnale di
1473 \const{SIGKILL}.\footnotemark\\
1474 \const{RLIMIT\_DATA} & La massima dimensione del \index{segmento!dati}
1476 processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}).
1477 Il tentativo di allocare più memoria di quanto
1478 indicato dal limite corrente causa il fallimento
1479 della funzione di allocazione (\func{brk} o
1480 \func{sbrk}) con un errore di \errcode{ENOMEM}.\\
1481 \const{RLIMIT\_FSIZE} & La massima dimensione di un file che un processo
1482 può creare. Se il processo cerca di scrivere
1483 oltre questa dimensione riceverà un segnale di
1484 \const{SIGXFSZ}, che di norma termina il
1485 processo; se questo viene intercettato la
1486 system call che ha causato l'errore fallirà con
1487 un errore di \errcode{EFBIG}.\\
1488 \const{RLIMIT\_LOCKS}& È un limite presente solo nelle prime versioni
1489 del kernel 2.4 sul numero massimo di
1490 \index{file!locking} \textit{file lock} (vedi
1491 sez.~\ref{sec:file_locking}) che un
1492 processo poteva effettuare.\\
1493 \const{RLIMIT\_MEMLOCK}& L'ammontare massimo di memoria che può essere
1494 bloccata in RAM da un processo (vedi
1495 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}). Dal kernel 2.6.9
1496 questo limite comprende anche la memoria che può
1497 essere bloccata da ciascun utente nell'uso della
1498 memoria condivisa (vedi
1499 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm}) che viene
1500 contabilizzata separatamente ma sulla quale
1501 viene applicato questo stesso limite.\\
1502 \const{RLIMIT\_NOFILE} & Il numero massimo di file che il processo può
1503 aprire. L'apertura di un ulteriore file farà
1504 fallire la funzione (\func{open}, \func{dup} o
1505 \func{pipe}) con un errore \errcode{EMFILE}.\\
1506 \const{RLIMIT\_NPROC} & Il numero massimo di processi che possono essere
1507 creati sullo stesso user id real. Se il limite
1508 viene raggiunto \func{fork} fallirà con un
1510 \const{RLIMIT\_SIGPENDING}& Il numero massimo di segnali che possono
1511 essere mantenuti in coda per ciascun utente,
1512 considerando sia i segnali normali che real-time
1513 (vedi sez.~\ref{sec:sig_real_time}). Il limite è
1514 attivo solo per \func{sigqueue}, con \func{kill}
1515 si potrà sempre inviare un segnale che non sia
1516 già presente su una coda.\footnotemark\\
1517 \const{RLIMIT\_STACK} & La massima dimensione dello \itindex{stack}
1519 processo. Se il processo esegue operazioni che
1520 estendano lo stack oltre questa dimensione
1521 riceverà un segnale di \const{SIGSEGV}.\\
1522 \const{RLIMIT\_RSS} & L'ammontare massimo di pagine di memoria dato al
1523 \index{segmento!testo} testo del processo. Il
1524 limite è solo una indicazione per il kernel,
1525 qualora ci fosse un surplus di memoria questa
1526 verrebbe assegnata.\\
1527 % TODO integrare con la roba di madvise
1530 \caption{Valori possibili dell'argomento \param{resource} delle funzioni
1531 \func{getrlimit} e \func{setrlimit}.}
1532 \label{tab:sys_rlimit_values}
1535 \footnotetext[18]{questo è quanto avviene per i kernel dalla serie 2.2 fino ad
1536 oggi (la 2.6.x); altri kernel possono avere comportamenti diversi per quanto
1537 avviene quando viene superato il \textit{soft limit}; perciò per avere
1538 operazioni portabili è sempre opportuno intercettare \const{SIGXCPU} e
1539 terminare in maniera ordinata il processo.}
1541 \footnotetext{il limite su questa risorsa è stato introdotto con il kernel
1544 In generale il superamento di un limite corrente\footnote{di norma quanto
1545 riportato in tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values} fa riferimento a quanto
1546 avviene al superamento del limite corrente, con l'eccezione
1547 \const{RLIMIT\_CPU} in cui si ha in comportamento diverso per il superamento
1548 dei due limiti.} comporta o l'emissione di un segnale o il fallimento della
1549 system call che lo ha provocato;\footnote{si nuovo c'è una eccezione per
1550 \const{RLIMIT\_CORE} che influenza soltanto la dimensione (o l'eventuale
1551 creazione) dei file di \itindex{core~dump}\textit{core dump}.} per
1552 permettere di leggere e di impostare i limiti di utilizzo delle risorse da
1553 parte di un processo sono previste due funzioni, \funcd{getrlimit} e
1554 \funcd{setrlimit}, i cui prototipi sono:
1556 \headdecl{sys/time.h}
1557 \headdecl{sys/resource.h}
1560 \funcdecl{int getrlimit(int resource, struct rlimit *rlim)}
1562 Legge il limite corrente per la risorsa \param{resource}.
1564 \funcdecl{int setrlimit(int resource, const struct rlimit *rlim)}
1566 Imposta il limite per la risorsa \param{resource}.
1568 \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso di
1569 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1571 \item[\errcode{EINVAL}] I valori per \param{resource} non sono validi.
1572 \item[\errcode{EPERM}] Un processo senza i privilegi di amministratore ha
1573 cercato di innalzare i propri limiti.
1575 ed \errval{EFAULT}.}
1579 Entrambe le funzioni permettono di specificare, attraverso l'argomento
1580 \param{resource}, su quale risorsa si vuole operare: i possibili valori di
1581 questo argomento sono elencati in tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values}. L'acceso
1582 (rispettivamente in lettura e scrittura) ai valori effettivi dei limiti viene
1583 poi effettuato attraverso la struttura \struct{rlimit} puntata da
1584 \param{rlim}, la cui definizione è riportata in
1585 fig.~\ref{fig:sys_rlimit_struct}, ed i cui campi corrispondono appunto a
1586 limite corrente e limite massimo.
1589 \begin{figure}[!htb]
1592 \begin{minipage}[c]{15cm}
1593 \includestruct{listati/rlimit.h}
1596 \caption{La struttura \structd{rlimit} per impostare i limiti di utilizzo
1597 delle risorse usate da un processo.}
1598 \label{fig:sys_rlimit_struct}
1602 Nello specificare un limite, oltre a fornire dei valori specifici, si può
1603 anche usare la costante \const{RLIM\_INFINITY} che permette di sbloccare l'uso
1604 di una risorsa; ma si ricordi che solo un processo con i privilegi di
1605 amministratore\footnote{per essere precisi in questo caso quello che serve è
1606 la \itindex{capabilities}\textit{capability} \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}.}
1607 può innalzare un limite al di sopra del valore corrente del limite massimo ed
1608 usare un valore qualsiasi per entrambi i limiti. Si tenga conto infine che
1609 tutti i limiti vengono ereditati dal processo padre attraverso una \func{fork}
1610 (vedi sez.~\ref{sec:proc_fork}) e mantenuti per gli altri programmi eseguiti
1611 attraverso una \func{exec} (vedi sez.~\ref{sec:proc_exec}).
1614 \subsection{Le risorse di memoria e processore}
1615 \label{sec:sys_memory_res}
1617 La gestione della memoria è già stata affrontata in dettaglio in
1618 sez.~\ref{sec:proc_memory}; abbiamo visto allora che il kernel provvede il
1619 meccanismo della memoria virtuale\index{memoria~virtuale} attraverso la
1620 divisione della memoria fisica in pagine.
1622 In genere tutto ciò è del tutto trasparente al singolo processo, ma in certi
1623 casi, come per l'I/O mappato in memoria (vedi sez.~\ref{sec:file_memory_map})
1624 che usa lo stesso meccanismo per accedere ai file, è necessario conoscere le
1625 dimensioni delle pagine usate dal kernel. Lo stesso vale quando si vuole
1626 gestire in maniera ottimale l'interazione della memoria che si sta allocando
1627 con il meccanismo della paginazione\index{paginazione}.
1629 Di solito la dimensione delle pagine di memoria è fissata dall'architettura
1630 hardware, per cui il suo valore di norma veniva mantenuto in una costante che
1631 bastava utilizzare in fase di compilazione, ma oggi, con la presenza di alcune
1632 architetture (ad esempio Sun Sparc) che permettono di variare questa
1633 dimensione, per non dover ricompilare i programmi per ogni possibile modello e
1634 scelta di dimensioni, è necessario poter utilizzare una funzione.
1636 Dato che si tratta di una caratteristica generale del sistema, questa
1637 dimensione può essere ottenuta come tutte le altre attraverso una chiamata a
1638 \func{sysconf}, \footnote{nel caso specifico si dovrebbe utilizzare il
1639 parametro \const{\_SC\_PAGESIZE}.} ma in BSD 4.2 è stata introdotta una
1640 apposita funzione, \funcd{getpagesize}, che restituisce la dimensione delle
1641 pagine di memoria; il suo prototipo è:
1642 \begin{prototype}{unistd.h}{int getpagesize(void)}
1643 Legge le dimensioni delle pagine di memoria.
1645 \bodydesc{La funzione ritorna la dimensione di una pagina in byte, e non
1646 sono previsti errori.}
1649 La funzione è prevista in SVr4, BSD 4.4 e SUSv2, anche se questo ultimo
1650 standard la etichetta come obsoleta, mentre lo standard POSIX 1003.1-2001 la
1651 ha eliminata. In Linux è implementata come una system call nelle architetture
1652 in cui essa è necessaria, ed in genere restituisce il valore del simbolo
1653 \const{PAGE\_SIZE} del kernel, che dipende dalla architettura hardware, anche
1654 se le versioni delle librerie del C precedenti le \acr{glibc} 2.1
1655 implementavano questa funzione restituendo sempre un valore statico.
1657 % TODO verificare meglio la faccenda di const{PAGE\_SIZE}
1659 Le \textsl{glibc} forniscono, come specifica estensione GNU, altre due
1660 funzioni, \funcd{get\_phys\_pages} e \funcd{get\_avphys\_pages} che permettono
1661 di ottenere informazioni riguardo la memoria; i loro prototipi sono:
1663 \headdecl{sys/sysinfo.h}
1665 \funcdecl{long int get\_phys\_pages(void)}
1667 Legge il numero totale di pagine di memoria disponibili per il sistema.
1669 \funcdecl{long int get\_avphys\_pages(void)}
1671 Legge il numero di pagine di memoria disponibili nel sistema.
1673 \bodydesc{Le funzioni restituiscono un numero di pagine.}
1676 Queste funzioni sono equivalenti all'uso della funzione \func{sysconf}
1677 rispettivamente con i parametri \const{\_SC\_PHYS\_PAGES} e
1678 \const{\_SC\_AVPHYS\_PAGES}. La prima restituisce il numero totale di pagine
1679 corrispondenti alla RAM della macchina; la seconda invece la memoria
1680 effettivamente disponibile per i processi.
1682 Le \acr{glibc} supportano inoltre, come estensioni GNU, due funzioni che
1683 restituiscono il numero di processori della macchina (e quello dei processori
1684 attivi); anche queste sono informazioni comunque ottenibili attraverso
1685 \func{sysconf} utilizzando rispettivamente i parametri
1686 \const{\_SC\_NPROCESSORS\_CONF} e \const{\_SC\_NPROCESSORS\_ONLN}.
1688 Infine le \acr{glibc} riprendono da BSD la funzione \funcd{getloadavg} che
1689 permette di ottenere il carico di processore della macchina, in questo modo è
1690 possibile prendere decisioni su quando far partire eventuali nuovi processi.
1692 \begin{prototype}{stdlib.h}{int getloadavg(double loadavg[], int nelem)}
1693 Legge il carico medio della macchina.
1695 \bodydesc{La funzione ritorna il numero di elementi scritti o -1 in caso di
1699 La funzione restituisce in ciascun elemento di \param{loadavg} il numero medio
1700 di processi attivi sulla coda dello scheduler\itindex{scheduler}, calcolato su
1701 diversi intervalli di tempo. Il numero di intervalli che si vogliono
1702 leggere è specificato da \param{nelem}, dato che nel caso di Linux il carico
1703 viene valutato solo su tre intervalli (corrispondenti a 1, 5 e 15 minuti),
1704 questo è anche il massimo valore che può essere assegnato a questo argomento.
1707 \subsection{La \textsl{contabilità} in stile BSD}
1708 \label{sec:sys_bsd_accounting}
1710 Una ultima modalità per monitorare l'uso delle risorse è, se si è compilato il
1711 kernel con il relativo supporto,\footnote{se cioè si è abilitata l'opzione di
1712 compilazione \texttt{CONFIG\_BSD\_PROCESS\_ACCT}.} quella di attivare il
1713 cosiddetto \textit{BSD accounting}, che consente di registrare su file una
1714 serie di informazioni\footnote{contenute nella struttura \texttt{acct}
1715 definita nel file \texttt{include/linux/acct.h} dei sorgenti del kernel.}
1716 riguardo alla \textsl{contabilità} delle risorse utilizzate da ogni processo
1717 che viene terminato.
1719 Linux consente di salvare la contabilità delle informazioni relative alle
1720 risorse utilizzate dai processi grazie alla funzione \funcd{acct}, il cui
1722 \begin{prototype}{unistd.h}{int acct(const char *filename)}
1723 Abilita il \textit{BSD accounting}.
1725 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo o $-1$ in caso di
1726 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1728 \item[\errcode{EACCESS}] non si hanno i permessi per accedere a
1730 \item[\errcode{EPERM}] Il processo non ha privilegi sufficienti ad
1731 abilitare il \textit{BSD accounting}.
1732 \item[\errcode{ENOSYS}] il kernel non supporta il \textit{BSD accounting}.
1733 \item[\errcode{EUSER}] non sono disponibili nel kernel strutture per il
1734 file o si è finita la memoria.
1736 ed inoltre \errval{EFAULT}, \errval{EIO}, \errval{ELOOP},
1737 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ENFILE}, \errval{ENOENT}, \errval{ENOMEM},
1738 \errval{ENOTDIR}, \errval{EROFS}.}
1741 La funzione attiva il salvataggio dei dati sul file indicato dal pathname
1742 contenuti nella stringa puntata da \param{filename}; la funzione richiede che
1743 il processo abbia i privilegi di amministratore (è necessaria la
1744 \itindex{capabilities} capability \const{CAP\_SYS\_PACCT}, vedi
1745 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}). Se si specifica il valore \const{NULL} per
1746 \param{filename} il \textit{BSD accounting} viene invece disabilitato. Un
1747 semplice esempio per l'uso di questa funzione è riportato nel programma
1748 \texttt{AcctCtrl.c} dei sorgenti allegati alla guida.
1750 Quando si attiva la contabilità, il file che si indica deve esistere; esso
1751 verrà aperto in sola scrittura;\footnote{si applicano al pathname indicato da
1752 \param{filename} tutte le restrizioni viste in cap.~\ref{cha:file_intro}.}
1753 le informazioni verranno registrate in \itindex{append~mode} \textit{append}
1754 in coda al file tutte le volte che un processo termina. Le informazioni
1755 vengono salvate in formato binario, e corrispondono al contenuto della
1756 apposita struttura dati definita all'interno del kernel.
1758 Il funzionamento di \func{acct} viene inoltre modificato da uno specifico
1759 parametro di sistema, modificabile attraverso \file{/proc/sys/kernel/acct} (o
1760 tramite la corrispondente \func{sysctl}). Esso contiene tre valori interi, il
1761 primo indica la percentuale di spazio disco libero sopra il quale viene
1762 ripresa una registrazione che era stata sospesa per essere scesi sotto il
1763 minimo indicato dal secondo valore (sempre in percentuale di spazio disco
1764 libero). Infine l'ultimo valore indica la frequenza in secondi con cui deve
1765 essere controllata detta percentuale.
1770 \section{La gestione dei tempi del sistema}
1771 \label{sec:sys_time}
1773 In questa sezione, una volta introdotti i concetti base della gestione dei
1774 tempi da parte del sistema, tratteremo le varie funzioni attinenti alla
1775 gestione del tempo in un sistema unix-like, a partire da quelle per misurare i
1776 veri tempi di sistema associati ai processi, a quelle per convertire i vari
1777 tempi nelle differenti rappresentazioni che vengono utilizzate, a quelle della
1778 gestione di data e ora.
1781 \subsection{La misura del tempo in Unix}
1782 \label{sec:sys_unix_time}
1784 Storicamente i sistemi unix-like hanno sempre mantenuto due distinti tipi di
1785 dati per la misure dei tempi all'interno del sistema: essi sono
1786 rispettivamente chiamati \itindend{calendar~time} \textit{calendar time} e
1787 \itindex{process~time} \textit{process time}, secondo le definizioni:
1788 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.5cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
1789 \item[\textit{calendar time}] \itindend{calendar~time} detto anche
1790 \textsl{tempo di calendario}. È il numero di secondi dalla mezzanotte del
1791 primo gennaio 1970, in tempo universale coordinato (o UTC), data che viene
1792 usualmente indicata con 00:00:00 Jan, 1 1970 (UTC) e chiamata \textit{the
1793 Epoch}. Questo tempo viene anche chiamato anche GMT (Greenwich Mean Time)
1794 dato che l'UTC corrisponde all'ora locale di Greenwich. È il tempo su cui
1795 viene mantenuto l'orologio del kernel, e viene usato ad esempio per indicare
1796 le date di modifica dei file o quelle di avvio dei processi. Per memorizzare
1797 questo tempo è stato riservato il tipo primitivo \type{time\_t}.
1798 \item[\textit{process time}] \itindex{process~time} detto talvolta
1799 \textsl{tempo di processore}. Viene misurato in \textit{clock tick}. Un
1800 tempo questo corrispondeva al numero di interruzioni effettuate dal timer di
1801 sistema, adesso lo standard POSIX richiede che esso sia pari al valore della
1802 costante \const{CLOCKS\_PER\_SEC}, che deve essere definita come 1000000,
1803 qualunque sia la risoluzione reale dell'orologio di sistema e la frequenza
1804 delle interruzioni del timer.\footnote{quest'ultima, come accennato in
1805 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, è invece data dalla costante \const{HZ}.}
1806 Il dato primitivo usato per questo tempo è \type{clock\_t}, che ha quindi
1807 una risoluzione del microsecondo. Il numero di tick al secondo può essere
1808 ricavato anche attraverso \func{sysconf} (vedi sez.~\ref{sec:sys_sysconf}).
1809 Il vecchio simbolo \const{CLK\_TCK} definito in \file{time.h} è ormai
1810 considerato obsoleto.
1813 In genere si usa il \itindend{calendar~time} \textit{calendar time} per
1814 esprimere le date dei file e le informazioni analoghe che riguardano i
1815 cosiddetti \textsl{tempi di orologio}, che vengono usati ad esempio per i
1816 demoni che compiono lavori amministrativi ad ore definite, come \cmd{cron}.
1818 Di solito questo tempo viene convertito automaticamente dal valore in UTC al
1819 tempo locale, utilizzando le opportune informazioni di localizzazione
1820 (specificate in \file{/etc/timezone}). E da tenere presente che questo tempo è
1821 mantenuto dal sistema e non è detto che corrisponda al tempo tenuto
1822 dall'orologio hardware del calcolatore.
1824 Anche il \itindex{process~time} \textit{process time} di solito si esprime in
1825 secondi, ma provvede una precisione ovviamente superiore al \textit{calendar
1826 time} (che è mantenuto dal sistema con una granularità di un secondo) e
1827 viene usato per tenere conto dei tempi di esecuzione dei processi. Per ciascun
1828 processo il kernel calcola tre tempi diversi:
1829 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.5cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
1830 \item[\textit{clock time}] il tempo \textsl{reale} (viene chiamato anche
1831 \textit{wall clock time} o \textit{elapsed time}) passato dall'avvio del
1832 processo. Chiaramente tale tempo dipende anche dal carico del sistema e da
1833 quanti altri processi stavano girando nello stesso periodo.
1835 \item[\textit{user time}] il tempo effettivo che il processore ha impiegato
1836 nell'esecuzione delle istruzioni del processo in user space. È quello
1837 riportato nella risorsa \var{ru\_utime} di \struct{rusage} vista in
1838 sez.~\ref{sec:sys_resource_use}.
1840 \item[\textit{system time}] il tempo effettivo che il processore ha impiegato
1841 per eseguire codice delle system call nel kernel per conto del processo. È
1842 quello riportato nella risorsa \var{ru\_stime} di \struct{rusage} vista in
1843 sez.~\ref{sec:sys_resource_use}.
1846 In genere la somma di \textit{user time} e \textit{system time} indica il
1847 tempo di processore totale che il sistema ha effettivamente utilizzato per
1848 eseguire un certo processo, questo viene chiamato anche \textit{CPU time} o
1849 \textsl{tempo di CPU}. Si può ottenere un riassunto dei valori di questi tempi
1850 quando si esegue un qualsiasi programma lanciando quest'ultimo come argomento
1851 del comando \cmd{time}.
1855 \subsection{La gestione del \textit{process time}}
1856 \label{sec:sys_cpu_times}
1858 \itindbeg{process~time}
1860 Di norma tutte le operazioni del sistema fanno sempre riferimento al
1861 \itindend{calendar~time} \textit{calendar time}, l'uso del \textit{process
1862 time} è riservato a quei casi in cui serve conoscere i tempi di esecuzione
1863 di un processo (ad esempio per valutarne l'efficienza). In tal caso infatti
1864 fare ricorso al \textit{calendar time} è inutile in quanto il tempo può essere
1865 trascorso mentre un altro processo era in esecuzione o in attesa del risultato
1866 di una operazione di I/O.
1868 La funzione più semplice per leggere il \textit{process time} di un processo è
1869 \funcd{clock}, che da una valutazione approssimativa del tempo di CPU
1870 utilizzato dallo stesso; il suo prototipo è:
1871 \begin{prototype}{time.h}{clock\_t clock(void)}
1872 Legge il valore corrente del tempo di CPU.
1874 \bodydesc{La funzione ritorna il tempo di CPU usato dal programma e -1 in
1878 La funzione restituisce il tempo in tick, quindi se si vuole il tempo in
1879 secondi occorre dividere il risultato per la costante
1880 \const{CLOCKS\_PER\_SEC}.\footnote{le \acr{glibc} seguono lo standard ANSI C,
1881 POSIX richiede che \const{CLOCKS\_PER\_SEC} sia definito pari a 1000000
1882 indipendentemente dalla risoluzione del timer di sistema.} In genere
1883 \type{clock\_t} viene rappresentato come intero a 32 bit, il che comporta un
1884 valore massimo corrispondente a circa 72 minuti, dopo i quali il contatore
1885 riprenderà lo stesso valore iniziale.
1887 Come accennato in sez.~\ref{sec:sys_unix_time} il tempo di CPU è la somma di
1888 altri due tempi, l'\textit{user time} ed il \textit{system time} che sono
1889 quelli effettivamente mantenuti dal kernel per ciascun processo. Questi
1890 possono essere letti attraverso la funzione \funcd{times}, il cui prototipo è:
1891 \begin{prototype}{sys/times.h}{clock\_t times(struct tms *buf)}
1892 Legge in \param{buf} il valore corrente dei tempi di processore.
1894 \bodydesc{La funzione ritorna il numero di clock tick dall'avvio del sistema
1895 in caso di successo e -1 in caso di errore.}
1898 La funzione restituisce i valori di \textit{process time} del processo
1899 corrente in una struttura di tipo \struct{tms}, la cui definizione è riportata
1900 in fig.~\ref{fig:sys_tms_struct}. La struttura prevede quattro campi; i primi
1901 due, \var{tms\_utime} e \var{tms\_stime}, sono l'\textit{user time} ed il
1902 \textit{system time} del processo, così come definiti in
1903 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}.
1905 \begin{figure}[!htb]
1908 \begin{minipage}[c]{15cm}
1909 \includestruct{listati/tms.h}
1912 \caption{La struttura \structd{tms} dei tempi di processore associati a un
1914 \label{fig:sys_tms_struct}
1917 Gli altri due campi mantengono rispettivamente la somma dell'\textit{user
1918 time} ed del \textit{system time} di tutti i processi figli che sono
1919 terminati; il kernel cioè somma in \var{tms\_cutime} il valore di
1920 \var{tms\_utime} e \var{tms\_cutime} per ciascun figlio del quale è stato
1921 ricevuto lo stato di terminazione, e lo stesso vale per \var{tms\_cstime}.
1923 Si tenga conto che l'aggiornamento di \var{tms\_cutime} e \var{tms\_cstime}
1924 viene eseguito solo quando una chiamata a \func{wait} o \func{waitpid} è
1925 ritornata. Per questo motivo se un processo figlio termina prima di ricevere
1926 lo stato di terminazione di tutti i suoi figli, questi processi
1927 ``\textsl{nipoti}'' non verranno considerati nel calcolo di questi tempi.
1929 \itindend{process~time}
1932 \subsection{Le funzioni per il \textit{calendar time}}
1933 \label{sec:sys_time_base}
1935 \itindbeg{calendar~time}
1937 Come anticipato in sez.~\ref{sec:sys_unix_time} il \textit{calendar time} è
1938 mantenuto dal kernel in una variabile di tipo \type{time\_t}, che usualmente
1939 corrisponde ad un tipo elementare (in Linux è definito come \ctyp{long int},
1940 che di norma corrisponde a 32 bit). Il valore corrente del \textit{calendar
1941 time}, che indicheremo come \textsl{tempo di sistema}, può essere ottenuto
1942 con la funzione \funcd{time} che lo restituisce nel suddetto formato; il suo
1944 \begin{prototype}{time.h}{time\_t time(time\_t *t)}
1945 Legge il valore corrente del \textit{calendar time}.
1947 \bodydesc{La funzione ritorna il valore del \textit{calendar time} in caso
1948 di successo e -1 in caso di errore, che può essere solo \errval{EFAULT}.}
1950 \noindent dove \param{t}, se non nullo, deve essere l'indirizzo di una
1951 variabile su cui duplicare il valore di ritorno.
1953 Analoga a \func{time} è la funzione \funcd{stime} che serve per effettuare
1954 l'operazione inversa, e cioè per impostare il tempo di sistema qualora questo
1955 sia necessario; il suo prototipo è:
1956 \begin{prototype}{time.h}{int stime(time\_t *t)}
1957 Imposta a \param{t} il valore corrente del \textit{calendar time}.
1959 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
1960 che può essere \errval{EFAULT} o \errval{EPERM}.}
1962 \noindent dato che modificare l'ora ha un impatto su tutto il sistema
1963 il cambiamento dell'orologio è una operazione privilegiata e questa funzione
1964 può essere usata solo da un processo con i privilegi di amministratore,
1965 altrimenti la chiamata fallirà con un errore di \errcode{EPERM}.
1967 Data la scarsa precisione nell'uso di \type{time\_t} (che ha una risoluzione
1968 massima di un secondo) quando si devono effettuare operazioni sui tempi di
1969 norma l'uso delle funzioni precedenti è sconsigliato, ed esse sono di solito
1970 sostituite da \funcd{gettimeofday} e \funcd{settimeofday},\footnote{le due
1971 funzioni \func{time} e \func{stime} sono più antiche e derivano da SVr4,
1972 \func{gettimeofday} e \func{settimeofday} sono state introdotte da BSD, ed
1973 in BSD4.3 sono indicate come sostitute delle precedenti.} i cui prototipi
1976 \headdecl{sys/time.h}
1979 \funcdecl{int gettimeofday(struct timeval *tv, struct timezone *tz)}
1981 Legge il tempo corrente del sistema.
1983 \funcdecl{int settimeofday(const struct timeval *tv, const struct timezone
1986 Imposta il tempo di sistema.
1988 \bodydesc{Entrambe le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in
1989 caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori
1990 \errval{EINVAL} \errval{EFAULT} e per \func{settimeofday} anche
1994 Queste funzioni utilizzano una struttura di tipo \struct{timeval}, la cui
1995 definizione, insieme a quella della analoga \struct{timespec}, è riportata in
1996 fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}. Le \acr{glibc} infatti forniscono queste due
1997 rappresentazioni alternative del \textit{calendar time} che rispetto a
1998 \type{time\_t} consentono rispettivamente precisioni del microsecondo e del
1999 nanosecondo.\footnote{la precisione è solo teorica, la precisione reale della
2000 misura del tempo dell'orologio di sistema non dipende dall'uso di queste
2003 \begin{figure}[!htb]
2004 \footnotesize \centering
2005 \begin{minipage}[c]{15cm}
2006 \includestruct{listati/timeval.h}
2009 \caption{Le strutture \structd{timeval} e \structd{timespec} usate per una
2010 rappresentazione ad alta risoluzione del \textit{calendar time}.}
2011 \label{fig:sys_timeval_struct}
2014 Come nel caso di \func{stime} anche \func{settimeofday} (la cosa continua a
2015 valere per qualunque funzione che vada a modificare l'orologio di sistema,
2016 quindi anche per quelle che tratteremo in seguito) può essere utilizzata solo
2017 da un processo coi privilegi di amministratore.
2019 Il secondo argomento di entrambe le funzioni è una struttura
2020 \struct{timezone}, che storicamente veniva utilizzata per specificare appunto
2021 la \textit{time zone}, cioè l'insieme del fuso orario e delle convenzioni per
2022 l'ora legale che permettevano il passaggio dal tempo universale all'ora
2023 locale. Questo argomento oggi è obsoleto ed in Linux non è mai stato
2024 utilizzato; esso non è supportato né dalle vecchie \textsl{libc5}, né dalle
2025 \textsl{glibc}: pertanto quando si chiama questa funzione deve essere sempre
2026 impostato a \val{NULL}.
2028 Modificare l'orologio di sistema con queste funzioni è comunque problematico,
2029 in quanto esse effettuano un cambiamento immediato. Questo può creare dei
2030 buchi o delle ripetizioni nello scorrere dell'orologio di sistema, con
2031 conseguenze indesiderate. Ad esempio se si porta avanti l'orologio si possono
2032 perdere delle esecuzioni di \cmd{cron} programmate nell'intervallo che si è
2033 saltato. Oppure se si porta indietro l'orologio si possono eseguire due volte
2034 delle operazioni previste nell'intervallo di tempo che viene ripetuto.
2036 Per questo motivo la modalità più corretta per impostare l'ora è quella di
2037 usare la funzione \funcd{adjtime}, il cui prototipo è:
2038 \begin{prototype}{sys/time.h}
2039 {int adjtime(const struct timeval *delta, struct timeval *olddelta)}
2041 Aggiusta del valore \param{delta} l'orologio di sistema.
2043 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2044 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errcode{EPERM}.}
2047 Questa funzione permette di avere un aggiustamento graduale del tempo di
2048 sistema in modo che esso sia sempre crescente in maniera monotona. Il valore
2049 di \param{delta} esprime il valore di cui si vuole spostare l'orologio; se è
2050 positivo l'orologio sarà accelerato per un certo tempo in modo da guadagnare
2051 il tempo richiesto, altrimenti sarà rallentato. Il secondo argomento viene
2052 usato, se non nullo, per ricevere il valore dell'ultimo aggiustamento
2056 \begin{figure}[!htb]
2057 \footnotesize \centering
2058 \begin{minipage}[c]{15cm}
2059 \includestruct{listati/timex.h}
2062 \caption{La struttura \structd{timex} per il controllo dell'orologio di
2064 \label{fig:sys_timex_struct}
2067 Linux poi prevede un'altra funzione, che consente un aggiustamento molto più
2068 dettagliato del tempo, permettendo ad esempio anche di modificare anche la
2069 velocità dell'orologio di sistema. La funzione è \funcd{adjtimex} ed il suo
2071 \begin{prototype}{sys/timex.h}
2072 {int adjtimex(struct timex *buf)}
2074 Aggiusta del valore \param{delta} l'orologio di sistema.
2076 \bodydesc{La funzione restituisce lo stato dell'orologio (un valore $>0$) in
2077 caso di successo e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno}
2078 assumerà i valori \errval{EFAULT}, \errval{EINVAL} ed \errval{EPERM}.}
2081 La funzione richiede una struttura di tipo \struct{timex}, la cui definizione,
2082 così come effettuata in \file{sys/timex.h}, è riportata in
2083 fig.~\ref{fig:sys_timex_struct}. L'azione della funzione dipende dal valore del
2084 campo \var{mode}, che specifica quale parametro dell'orologio di sistema,
2085 specificato in un opportuno campo di \struct{timex}, deve essere impostato. Un
2086 valore nullo serve per leggere i parametri correnti; i valori diversi da zero
2087 devono essere specificati come OR binario delle costanti riportate in
2088 tab.~\ref{tab:sys_timex_mode}.
2090 La funzione utilizza il meccanismo di David L. Mills, descritto
2091 nell'\href{http://www.ietf.org/rfc/rfc1305.txt}{RFC~1305}, che è alla base del
2092 protocollo NTP. La funzione è specifica di Linux e non deve essere usata se la
2093 portabilità è un requisito, le \acr{glibc} provvedono anche un suo omonimo
2094 \func{ntp\_adjtime}. La trattazione completa di questa funzione necessita di
2095 una lettura approfondita del meccanismo descritto nell'RFC~1305, ci limitiamo
2096 a descrivere in tab.~\ref{tab:sys_timex_mode} i principali valori utilizzabili
2097 per il campo \var{mode}, un elenco più dettagliato del significato dei vari
2098 campi della struttura \struct{timex} può essere ritrovato in \cite{glibc}.
2103 \begin{tabular}[c]{|l|c|p{8.5cm}|}
2105 \textbf{Nome} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
2108 \const{ADJ\_OFFSET} & 0x0001 & Imposta la differenza fra il tempo
2109 reale e l'orologio di sistema:
2110 deve essere indicata in microsecondi
2111 nel campo \var{offset} di
2113 \const{ADJ\_FREQUENCY} & 0x0002 & Imposta la differenze in frequenza
2114 fra il tempo reale e l'orologio di
2115 sistema: deve essere indicata
2116 in parti per milione nel campo
2117 \var{frequency} di \struct{timex}.\\
2118 \const{ADJ\_MAXERROR} & 0x0004 & Imposta il valore massimo
2120 sul tempo, espresso in microsecondi
2121 nel campo \var{maxerror} di
2123 \const{ADJ\_ESTERROR} & 0x0008 & Imposta la stima dell'errore
2124 sul tempo, espresso in microsecondi
2125 nel campo \var{esterror} di
2127 \const{ADJ\_STATUS} & 0x0010 & Imposta alcuni
2128 valori di stato interni usati dal
2129 sistema nella gestione
2130 dell'orologio specificati nel campo
2131 \var{status} di \struct{timex}.\\
2132 \const{ADJ\_TIMECONST} & 0x0020 & Imposta la larghezza di banda del
2133 PLL implementato dal kernel,
2134 specificato nel campo
2135 \var{constant} di \struct{timex}.\\
2136 \const{ADJ\_TICK} & 0x4000 & Imposta il valore dei tick del timer
2137 in microsecondi, espresso nel campo
2138 \var{tick} di \struct{timex}.\\
2139 \const{ADJ\_OFFSET\_SINGLESHOT}&0x8001&Imposta uno spostamento una tantum
2140 dell'orologio secondo il valore del
2141 campo \var{offset} simulando il
2142 comportamento di \func{adjtime}.\\
2145 \caption{Costanti per l'assegnazione del valore del campo \var{mode} della
2146 struttura \struct{timex}.}
2147 \label{tab:sys_timex_mode}
2150 Il valore delle costanti per \var{mode} può essere anche espresso, secondo la
2151 sintassi specificata per la forma equivalente di questa funzione definita come
2152 \func{ntp\_adjtime}, utilizzando il prefisso \code{MOD} al posto di
2158 \begin{tabular}[c]{|l|c|l|}
2160 \textbf{Nome} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
2163 \const{TIME\_OK} & 0 & L'orologio è sincronizzato.\\
2164 \const{TIME\_INS} & 1 & insert leap second.\\
2165 \const{TIME\_DEL} & 2 & delete leap second.\\
2166 \const{TIME\_OOP} & 3 & leap second in progress.\\
2167 \const{TIME\_WAIT} & 4 & leap second has occurred.\\
2168 \const{TIME\_BAD} & 5 & L'orologio non è sincronizzato.\\
2171 \caption{Possibili valori di ritorno di \func{adjtimex}.}
2172 \label{tab:sys_adjtimex_return}
2175 La funzione ritorna un valore positivo che esprime lo stato dell'orologio di
2176 sistema; questo può assumere i valori riportati in
2177 tab.~\ref{tab:sys_adjtimex_return}. Un valore di -1 viene usato per riportare
2178 un errore; al solito se si cercherà di modificare l'orologio di sistema
2179 (specificando un \var{mode} diverso da zero) senza avere i privilegi di
2180 amministratore si otterrà un errore di \errcode{EPERM}.
2184 \subsection{La gestione delle date.}
2185 \label{sec:sys_date}
2187 Le funzioni viste al paragrafo precedente sono molto utili per trattare le
2188 operazioni elementari sui tempi, però le rappresentazioni del tempo ivi
2189 illustrate, se han senso per specificare un intervallo, non sono molto
2190 intuitive quando si deve esprimere un'ora o una data. Per questo motivo è
2191 stata introdotta una ulteriore rappresentazione, detta \textit{broken-down
2192 time}, che permette appunto di \textsl{suddividere} il \textit{calendar
2193 time} usuale in ore, minuti, secondi, ecc.
2195 Questo viene effettuato attraverso una opportuna struttura \struct{tm}, la cui
2196 definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_tm_struct}, ed è in genere questa
2197 struttura che si utilizza quando si deve specificare un tempo a partire dai
2198 dati naturali (ora e data), dato che essa consente anche di trattare la
2199 gestione del fuso orario e dell'ora legale.\footnote{in realtà i due campi
2200 \var{tm\_gmtoff} e \var{tm\_zone} sono estensioni previste da BSD e dalle
2201 \acr{glibc}, che, quando è definita \macro{\_BSD\_SOURCE}, hanno la forma in
2202 fig.~\ref{fig:sys_tm_struct}.}
2204 Le funzioni per la gestione del \textit{broken-down time} sono varie e vanno
2205 da quelle usate per convertire gli altri formati in questo, usando o meno
2206 l'ora locale o il tempo universale, a quelle per trasformare il valore di un
2207 tempo in una stringa contenente data ed ora, i loro prototipi sono:
2210 \funcdecl{char *\funcd{asctime}(const struct tm *tm)}
2211 Produce una stringa con data e ora partendo da un valore espresso in
2212 \textit{broken-down time}.
2214 \funcdecl{char *\funcd{ctime}(const time\_t *timep)}
2215 Produce una stringa con data e ora partendo da un valore espresso in
2216 in formato \type{time\_t}.
2218 \funcdecl{struct tm *\funcd{gmtime}(const time\_t *timep)}
2219 Converte il \textit{calendar time} dato in formato \type{time\_t} in un
2220 \textit{broken-down time} espresso in UTC.
2222 \funcdecl{struct tm *\funcd{localtime}(const time\_t *timep)}
2223 Converte il \textit{calendar time} dato in formato \type{time\_t} in un
2224 \textit{broken-down time} espresso nell'ora locale.
2226 \funcdecl{time\_t \funcd{mktime}(struct tm *tm)}
2227 Converte il \textit{broken-down time} in formato \type{time\_t}.
2229 \bodydesc{Tutte le funzioni restituiscono un puntatore al risultato in caso
2230 di successo e \val{NULL} in caso di errore, tranne che \func{mktime} che
2231 restituisce direttamente il valore o -1 in caso di errore.}
2234 \begin{figure}[!htb]
2235 \footnotesize \centering
2236 \begin{minipage}[c]{15cm}
2237 \includestruct{listati/tm.h}
2240 \caption{La struttura \structd{tm} per una rappresentazione del tempo in
2241 termini di ora, minuti, secondi, ecc.}
2242 \label{fig:sys_tm_struct}
2247 Le prime due funzioni, \func{asctime} e \func{ctime} servono per poter
2248 stampare in forma leggibile un tempo; esse restituiscono il puntatore ad una
2249 stringa, allocata staticamente, nella forma:
2251 "Wed Jun 30 21:49:08 1993\n"
2253 e impostano anche la variabile \var{tzname} con l'informazione della
2254 \textit{time zone} corrente; \func{ctime} è banalmente definita in termini di
2255 \func{asctime} come \code{asctime(localtime(t)}. Dato che l'uso di una stringa
2256 statica rende le funzioni non rientranti POSIX.1c e SUSv2 prevedono due
2257 sostitute rientranti, il cui nome è al solito ottenuto aggiungendo un
2258 \code{\_r}, che prendono un secondo argomento \code{char *buf}, in cui
2259 l'utente deve specificare il buffer su cui la stringa deve essere copiata
2260 (deve essere di almeno 26 caratteri).
2262 Le altre tre funzioni, \func{gmtime}, \func{localtime} e \func{mktime} servono
2263 per convertire il tempo dal formato \type{time\_t} a quello di \struct{tm} e
2264 viceversa; \func{gmtime} effettua la conversione usando il tempo coordinato
2265 universale (UTC), cioè l'ora di Greenwich; mentre \func{localtime} usa l'ora
2266 locale; \func{mktime} esegue la conversione inversa.
2268 Anche in questo caso le prime due funzioni restituiscono l'indirizzo di una
2269 struttura allocata staticamente, per questo sono state definite anche altre
2270 due versioni rientranti (con la solita estensione \code{\_r}), che prevedono
2271 un secondo argomento \code{struct tm *result}, fornito dal chiamante, che deve
2272 preallocare la struttura su cui sarà restituita la conversione.
2274 Come mostrato in fig.~\ref{fig:sys_tm_struct} il \textit{broken-down time}
2275 permette di tenere conto anche della differenza fra tempo universale e ora
2276 locale, compresa l'eventuale ora legale. Questo viene fatto attraverso le tre
2277 variabili globali mostrate in fig.~\ref{fig:sys_tzname}, cui si accede quando
2278 si include \file{time.h}. Queste variabili vengono impostate quando si chiama
2279 una delle precedenti funzioni di conversione, oppure invocando direttamente la
2280 funzione \funcd{tzset}, il cui prototipo è:
2281 \begin{prototype}{sys/timex.h}
2284 Imposta le variabili globali della \textit{time zone}.
2286 \bodydesc{La funzione non ritorna niente e non dà errori.}
2289 La funzione inizializza le variabili di fig.~\ref{fig:sys_tzname} a partire dal
2290 valore della variabile di ambiente \const{TZ}, se quest'ultima non è definita
2291 verrà usato il file \file{/etc/localtime}.
2293 \begin{figure}[!htb]
2296 \begin{minipage}[c]{15cm}
2297 \includestruct{listati/time_zone_var.c}
2300 \caption{Le variabili globali usate per la gestione delle \textit{time
2302 \label{fig:sys_tzname}
2305 La variabile \var{tzname} contiene due stringhe, che indicano i due nomi
2306 standard della \textit{time zone} corrente. La prima è il nome per l'ora
2307 solare, la seconda per l'ora legale.\footnote{anche se sono indicati come
2308 \code{char *} non è il caso di modificare queste stringhe.} La variabile
2309 \var{timezone} indica la differenza di fuso orario in secondi, mentre
2310 \var{daylight} indica se è attiva o meno l'ora legale.
2312 Benché la funzione \func{asctime} fornisca la modalità più immediata per
2313 stampare un tempo o una data, la flessibilità non fa parte delle sue
2314 caratteristiche; quando si vuole poter stampare solo una parte (l'ora, o il
2315 giorno) di un tempo si può ricorrere alla più sofisticata \funcd{strftime},
2317 \begin{prototype}{time.h}
2318 {size\_t strftime(char *s, size\_t max, const char *format,
2319 const struct tm *tm)}
2321 Stampa il tempo \param{tm} nella stringa \param{s} secondo il formato
2324 \bodydesc{La funzione ritorna il numero di caratteri stampati in \param{s},
2325 altrimenti restituisce 0.}
2328 La funzione converte opportunamente il tempo \param{tm} in una stringa di
2329 testo da salvare in \param{s}, purché essa sia di dimensione, indicata da
2330 \param{size}, sufficiente. I caratteri generati dalla funzione vengono
2331 restituiti come valore di ritorno, ma non tengono conto del terminatore
2332 finale, che invece viene considerato nel computo della dimensione; se
2333 quest'ultima è eccessiva viene restituito 0 e lo stato di \param{s} è
2339 \begin{tabular}[c]{|c|l|p{6cm}|}
2341 \textbf{Modificatore} & \textbf{Esempio} & \textbf{Significato}\\
2344 \var{\%a}&\texttt{Wed} & Nome del giorno, abbreviato.\\
2345 \var{\%A}&\texttt{Wednesday} & Nome del giorno, completo.\\
2346 \var{\%b}&\texttt{Apr} & Nome del mese, abbreviato.\\
2347 \var{\%B}&\texttt{April} & Nome del mese, completo.\\
2348 \var{\%c}&\texttt{Wed Apr 24 18:40:50 2002}& Data e ora.\\
2349 \var{\%d}&\texttt{24} & Giorno del mese.\\
2350 \var{\%H}&\texttt{18} & Ora del giorno, da 0 a 24.\\
2351 \var{\%I}&\texttt{06} & Ora del giorno, da 0 a 12.\\
2352 \var{\%j}&\texttt{114} & Giorno dell'anno.\\
2353 \var{\%m}&\texttt{04} & Mese dell'anno.\\
2354 \var{\%M}&\texttt{40} & Minuto.\\
2355 \var{\%p}&\texttt{PM} & AM/PM.\\
2356 \var{\%S}&\texttt{50} & Secondo.\\
2357 \var{\%U}&\texttt{16} & Settimana dell'anno (partendo dalla
2359 \var{\%w}&\texttt{3} & Giorno della settimana. \\
2360 \var{\%W}&\texttt{16} & Settimana dell'anno (partendo dal
2362 \var{\%x}&\texttt{04/24/02} & La data.\\
2363 \var{\%X}&\texttt{18:40:50} & L'ora.\\
2364 \var{\%y}&\texttt{02} & Anno nel secolo.\\
2365 \var{\%Y}&\texttt{2002} & Anno.\\
2366 \var{\%Z}&\texttt{CEST} & Nome della \textit{timezone}.\\
2367 \var{\%\%}&\texttt{\%} & Il carattere \%.\\
2370 \caption{Valori previsti dallo standard ANSI C per modificatore della
2371 stringa di formato di \func{strftime}.}
2372 \label{tab:sys_strftime_format}
2375 Il risultato della funzione è controllato dalla stringa di formato
2376 \param{format}, tutti i caratteri restano invariati eccetto \texttt{\%} che
2377 viene utilizzato come modificatore; alcuni\footnote{per la precisione quelli
2378 definiti dallo standard ANSI C, che sono anche quelli riportati da POSIX.1;
2379 le \acr{glibc} provvedono tutte le estensioni introdotte da POSIX.2 per il
2380 comando \cmd{date}, i valori introdotti da SVID3 e ulteriori estensioni GNU;
2381 l'elenco completo dei possibili valori è riportato nella pagina di manuale
2382 della funzione.} dei possibili valori che esso può assumere sono riportati
2383 in tab.~\ref{tab:sys_strftime_format}. La funzione tiene conto anche della
2384 presenza di una localizzazione per stampare in maniera adeguata i vari nomi.
2386 \itindend{calendar~time}
2389 \section{La gestione degli errori}
2390 \label{sec:sys_errors}
2392 In questa sezione esamineremo le caratteristiche principali della gestione
2393 degli errori in un sistema unix-like. Infatti a parte il caso particolare di
2394 alcuni segnali (che tratteremo in cap.~\ref{cha:signals}) in un sistema
2395 unix-like il kernel non avvisa mai direttamente un processo dell'occorrenza di
2396 un errore nell'esecuzione di una funzione, ma di norma questo viene riportato
2397 semplicemente usando un opportuno valore di ritorno della funzione invocata.
2398 Inoltre il sistema di classificazione degli errori è basato sull'architettura
2399 a processi, e presenta una serie di problemi nel caso lo si debba usare con i
2403 \subsection{La variabile \var{errno}}
2404 \label{sec:sys_errno}
2406 Quasi tutte le funzioni delle librerie del C sono in grado di individuare e
2407 riportare condizioni di errore, ed è una norma fondamentale di buona
2408 programmazione controllare \textbf{sempre} che le funzioni chiamate si siano
2409 concluse correttamente.
2411 In genere le funzioni di libreria usano un valore speciale per indicare che
2412 c'è stato un errore. Di solito questo valore è -1 o un puntatore nullo o la
2413 costante \val{EOF} (a seconda della funzione); ma questo valore segnala solo
2414 che c'è stato un errore, non il tipo di errore.
2416 Per riportare il tipo di errore il sistema usa la variabile globale
2417 \var{errno},\footnote{L'uso di una variabile globale può comportare alcuni
2418 problemi (ad esempio nel caso dei thread) ma lo standard ISO C consente
2419 anche di definire \var{errno} come un \textit{modifiable lvalue}, quindi si
2420 può anche usare una macro, e questo è infatti il modo usato da Linux per
2421 renderla locale ai singoli thread.} definita nell'header \file{errno.h}; la
2422 variabile è in genere definita come \direct{volatile} dato che può essere
2423 cambiata in modo asincrono da un segnale (si veda sez.~\ref{sec:sig_sigchld}
2424 per un esempio, ricordando quanto trattato in sez.~\ref{sec:proc_race_cond}),
2425 ma dato che un gestore di segnale scritto bene salva e ripristina il valore
2426 della variabile, di questo non è necessario preoccuparsi nella programmazione
2429 I valori che può assumere \var{errno} sono riportati in app.~\ref{cha:errors},
2430 nell'header \file{errno.h} sono anche definiti i nomi simbolici per le
2431 costanti numeriche che identificano i vari errori; essi iniziano tutti per
2432 \val{E} e si possono considerare come nomi riservati. In seguito faremo
2433 sempre riferimento a tali valori, quando descriveremo i possibili errori
2434 restituiti dalle funzioni. Il programma di esempio \cmd{errcode} stampa il
2435 codice relativo ad un valore numerico con l'opzione \cmd{-l}.
2437 Il valore di \var{errno} viene sempre impostato a zero all'avvio di un
2438 programma, gran parte delle funzioni di libreria impostano \var{errno} ad un
2439 valore diverso da zero in caso di errore. Il valore è invece indefinito in
2440 caso di successo, perché anche se una funzione ha successo, può chiamarne
2441 altre al suo interno che falliscono, modificando così \var{errno}.
2443 Pertanto un valore non nullo di \var{errno} non è sintomo di errore (potrebbe
2444 essere il risultato di un errore precedente) e non lo si può usare per
2445 determinare quando o se una chiamata a funzione è fallita. La procedura da
2446 seguire è sempre quella di controllare \var{errno} immediatamente dopo aver
2447 verificato il fallimento della funzione attraverso il suo codice di ritorno.
2450 \subsection{Le funzioni \func{strerror} e \func{perror}}
2451 \label{sec:sys_strerror}
2453 Benché gli errori siano identificati univocamente dal valore numerico di
2454 \var{errno} le librerie provvedono alcune funzioni e variabili utili per
2455 riportare in opportuni messaggi le condizioni di errore verificatesi. La
2456 prima funzione che si può usare per ricavare i messaggi di errore è
2457 \funcd{strerror}, il cui prototipo è:
2458 \begin{prototype}{string.h}{char *strerror(int errnum)}
2459 Restituisce una stringa con il messaggio di errore relativo ad
2462 \bodydesc{La funzione ritorna il puntatore ad una stringa di errore.}
2466 La funzione ritorna il puntatore alla stringa contenente il messaggio di
2467 errore corrispondente al valore di \param{errnum}, se questo non è un valore
2468 valido verrà comunque restituita una stringa valida contenente un messaggio
2469 che dice che l'errore è sconosciuto, e \var{errno} verrà modificata assumendo
2470 il valore \errval{EINVAL}.
2472 In generale \func{strerror} viene usata passando \var{errno} come argomento,
2473 ed il valore di quest'ultima non verrà modificato. La funzione inoltre tiene
2474 conto del valore della variabile di ambiente \val{LC\_MESSAGES} per usare le
2475 appropriate traduzioni dei messaggi d'errore nella localizzazione presente.
2477 La funzione utilizza una stringa statica che non deve essere modificata dal
2478 programma; essa è utilizzabile solo fino ad una chiamata successiva a
2479 \func{strerror} o \func{perror}, nessun'altra funzione di libreria tocca
2480 questa stringa. In ogni caso l'uso di una stringa statica rende la funzione
2481 non rientrante, per cui nel caso si usino i thread le librerie
2482 forniscono\footnote{questa funzione è la versione prevista dalle \acr{glibc},
2483 ed effettivamente definita in \file{string.h}, ne esiste una analoga nello
2484 standard SUSv3 (quella riportata dalla pagina di manuale), che restituisce
2485 \code{int} al posto di \code{char *}, e che tronca la stringa restituita a
2486 \param{size}.} una apposita versione rientrante \func{strerror\_r}, il cui
2488 \begin{prototype}{string.h}
2489 {char * strerror\_r(int errnum, char *buf, size\_t size)}
2491 Restituisce una stringa con il messaggio di errore relativo ad
2494 \bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo del messaggio in caso di
2495 successo e \val{NULL} in caso di errore; nel qual caso \var{errno}
2498 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore di \param{errnum} non
2500 \item[\errcode{ERANGE}] la lunghezza di \param{buf} è insufficiente a
2501 contenere la stringa di errore.
2506 La funzione è analoga a \func{strerror} ma restituisce la stringa di errore
2507 nel buffer \param{buf} che il singolo thread deve allocare autonomamente per
2508 evitare i problemi connessi alla condivisione del buffer statico. Il messaggio
2509 è copiato fino alla dimensione massima del buffer, specificata dall'argomento
2510 \param{size}, che deve comprendere pure il carattere di terminazione;
2511 altrimenti la stringa viene troncata.
2513 Una seconda funzione usata per riportare i codici di errore in maniera
2514 automatizzata sullo standard error (vedi sez.~\ref{sec:file_std_descr}) è
2515 \funcd{perror}, il cui prototipo è:
2516 \begin{prototype}{stdio.h}{void perror(const char *message)}
2517 Stampa il messaggio di errore relativo al valore corrente di \var{errno}
2518 sullo standard error; preceduto dalla stringa \param{message}.
2521 I messaggi di errore stampati sono gli stessi di \func{strerror}, (riportati
2522 in app.~\ref{cha:errors}), e, usando il valore corrente di \var{errno}, si
2523 riferiscono all'ultimo errore avvenuto. La stringa specificata con
2524 \param{message} viene stampato prima del messaggio d'errore, seguita dai due
2525 punti e da uno spazio, il messaggio è terminato con un a capo.
2527 Il messaggio può essere riportato anche usando le due variabili globali:
2528 \includecodesnip{listati/errlist.c}
2529 dichiarate in \file{errno.h}. La prima contiene i puntatori alle stringhe di
2530 errore indicizzati da \var{errno}; la seconda esprime il valore più alto per
2531 un codice di errore, l'utilizzo di questa stringa è sostanzialmente
2532 equivalente a quello di \func{strerror}.
2534 \begin{figure}[!htb]
2535 \footnotesize \centering
2536 \begin{minipage}[c]{15cm}
2537 \includecodesample{listati/errcode_mess.c}
2540 \caption{Codice per la stampa del messaggio di errore standard.}
2541 \label{fig:sys_err_mess}
2544 In fig.~\ref{fig:sys_err_mess} è riportata la sezione attinente del codice del
2545 programma \cmd{errcode}, che può essere usato per stampare i messaggi di
2546 errore e le costanti usate per identificare i singoli errori; il sorgente
2547 completo del programma è allegato nel file \file{ErrCode.c} e contiene pure la
2548 gestione delle opzioni e tutte le definizioni necessarie ad associare il
2549 valore numerico alla costante simbolica. In particolare si è riportata la
2550 sezione che converte la stringa passata come argomento in un intero
2551 (\texttt{\small 1--2}), controllando con i valori di ritorno di \func{strtol}
2552 che la conversione sia avvenuta correttamente (\texttt{\small 4--10}), e poi
2553 stampa, a seconda dell'opzione scelta il messaggio di errore (\texttt{\small
2554 11--14}) o la macro (\texttt{\small 15--17}) associate a quel codice.
2558 \subsection{Alcune estensioni GNU}
2559 \label{sec:sys_err_GNU}
2561 Le precedenti funzioni sono quelle definite ed usate nei vari standard; le
2562 \acr{glibc} hanno però introdotto una serie di estensioni ``GNU'' che
2563 forniscono alcune funzionalità aggiuntive per una gestione degli errori
2564 semplificata e più efficiente.
2566 La prima estensione consiste in due variabili, \code{char *
2567 program\_invocation\_name} e \code{char * program\_invocation\_short\_name}
2568 servono per ricavare il nome del programma; queste sono utili quando si deve
2569 aggiungere il nome del programma (cosa comune quando si ha un programma che
2570 non viene lanciato da linea di comando e salva gli errori in un file di log)
2571 al messaggio d'errore. La prima contiene il nome usato per lanciare il
2572 programma (ed è equivalente ad \code{argv[0]}); la seconda mantiene solo il
2573 nome del programma (senza eventuali directory in testa).
2575 Uno dei problemi che si hanno con l'uso di \func{perror} è che non c'è
2576 flessibilità su quello che si può aggiungere al messaggio di errore, che può
2577 essere solo una stringa. In molte occasioni invece serve poter scrivere dei
2578 messaggi con maggiore informazione; ad esempio negli standard di
2579 programmazione GNU si richiede che ogni messaggio di errore sia preceduto dal
2580 nome del programma, ed in generale si può voler stampare il contenuto di
2581 qualche variabile; per questo le \acr{glibc} definiscono la funzione
2582 \funcd{error}, il cui prototipo è:
2583 \begin{prototype}{stdio.h}
2584 {void error(int status, int errnum, const char *format, ...)}
2586 Stampa un messaggio di errore formattato.
2588 \bodydesc{La funzione non restituisce nulla e non riporta errori.}
2591 La funzione fa parte delle estensioni GNU per la gestione degli errori,
2592 l'argomento \param{format} prende la stessa sintassi di \func{printf}, ed i
2593 relativi argomenti devono essere forniti allo stesso modo, mentre
2594 \param{errnum} indica l'errore che si vuole segnalare (non viene quindi usato
2595 il valore corrente di \var{errno}); la funzione stampa sullo standard error il
2596 nome del programma, come indicato dalla variabile globale \var{program\_name},
2597 seguito da due punti ed uno spazio, poi dalla stringa generata da
2598 \param{format} e dagli argomenti seguenti, seguita da due punti ed uno spazio
2599 infine il messaggio di errore relativo ad \param{errnum}, il tutto è terminato
2602 Il comportamento della funzione può essere ulteriormente controllato se si
2603 definisce una variabile \var{error\_print\_progname} come puntatore ad una
2604 funzione \ctyp{void} che restituisce \ctyp{void} che si incarichi di stampare
2605 il nome del programma.
2607 L'argomento \param{status} può essere usato per terminare direttamente il
2608 programma in caso di errore, nel qual caso \func{error} dopo la stampa del
2609 messaggio di errore chiama \func{exit} con questo stato di uscita. Se invece
2610 il valore è nullo \func{error} ritorna normalmente ma viene incrementata
2611 un'altra variabile globale, \var{error\_message\_count}, che tiene conto di
2612 quanti errori ci sono stati.
2614 Un'altra funzione per la stampa degli errori, ancora più sofisticata, che
2615 prende due argomenti aggiuntivi per indicare linea e file su cui è avvenuto
2616 l'errore è \funcd{error\_at\_line}; il suo prototipo è:
2617 \begin{prototype}{stdio.h}
2618 {void error\_at\_line(int status, int errnum, const char *fname,
2619 unsigned int lineno, const char *format, ...)}
2621 Stampa un messaggio di errore formattato.
2623 \bodydesc{La funzione non restituisce nulla e non riporta errori.}
2625 \noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{error} se non
2626 per il fatto che, separati con il solito due punti-spazio, vengono inseriti un
2627 nome di file indicato da \param{fname} ed un numero di linea subito dopo la
2628 stampa del nome del programma. Inoltre essa usa un'altra variabile globale,
2629 \var{error\_one\_per\_line}, che impostata ad un valore diverso da zero fa si
2630 che errori relativi alla stessa linea non vengano ripetuti.
2635 %%% Local Variables:
2637 %%% TeX-master: "gapil"
2640 % LocalWords: filesystem like kernel saved header limits sysconf sez tab float
2641 % LocalWords: FOPEN stdio MB LEN CHAR char UCHAR unsigned SCHAR MIN signed INT
2642 % LocalWords: SHRT short USHRT int UINT LONG long ULONG LLONG ULLONG POSIX ARG
2643 % LocalWords: Stevens exec CHILD STREAM stream TZNAME timezone NGROUPS SSIZE
2644 % LocalWords: ssize LISTIO JOB CONTROL job control IDS VERSION YYYYMML bits bc
2645 % LocalWords: dall'header posix lim nell'header glibc run unistd name errno SC
2646 % LocalWords: NGROUP CLK TCK clock tick process PATH pathname BUF CANON path
2647 % LocalWords: pathconf fpathconf descriptor fd uname sys struct utsname info
2648 % LocalWords: EFAULT fig SOURCE NUL LENGTH DOMAIN NMLN UTSLEN system call proc
2649 % LocalWords: domainname sysctl BSD nlen void oldval size oldlenp newval EPERM
2650 % LocalWords: newlen ENOTDIR EINVAL ENOMEM linux l'array oldvalue paging stack
2651 % LocalWords: TCP shell Documentation ostype hostname osrelease version mount
2652 % LocalWords: const source filesystemtype mountflags ENODEV ENOTBLK block read
2653 % LocalWords: device EBUSY only superblock point EACCES NODEV ENXIO major xC
2654 % LocalWords: number EMFILE dummy ENAMETOOLONG ENOENT ELOOP virtual devfs MGC
2655 % LocalWords: magic MSK RDONLY NOSUID suid sgid NOEXEC SYNCHRONOUS REMOUNT MNT
2656 % LocalWords: MANDLOCK mandatory locking WRITE APPEND append IMMUTABLE NOATIME
2657 % LocalWords: access NODIRATIME BIND MOVE umount flags FORCE statfs fstatfs ut
2658 % LocalWords: buf ENOSYS EIO EBADF type fstab mntent home shadow username uid
2659 % LocalWords: passwd PAM Pluggable Authentication Method Service Switch pwd ru
2660 % LocalWords: getpwuid getpwnam NULL buflen result ERANGE getgrnam getgrgid AS
2661 % LocalWords: grp group gid SVID fgetpwent putpwent getpwent setpwent endpwent
2662 % LocalWords: fgetgrent putgrent getgrent setgrent endgrent accounting init HZ
2663 % LocalWords: runlevel Hierarchy logout setutent endutent utmpname utmp paths
2664 % LocalWords: WTMP getutent getutid getutline pututline LVL OLD DEAD EMPTY dev
2665 % LocalWords: line libc XPG utmpx getutxent getutxid getutxline pututxline who
2666 % LocalWords: setutxent endutxent wmtp updwtmp logwtmp wtmp host rusage utime
2667 % LocalWords: minflt majflt nswap fault swap timeval wait getrusage usage SELF
2668 % LocalWords: CHILDREN current limit soft RLIMIT Address brk mremap mmap dump
2669 % LocalWords: SIGSEGV SIGXCPU SIGKILL sbrk FSIZE SIGXFSZ EFBIG LOCKS lock dup
2670 % LocalWords: MEMLOCK NOFILE NPROC fork EAGAIN SIGPENDING sigqueue kill RSS tv
2671 % LocalWords: resource getrlimit setrlimit rlimit rlim INFINITY capabilities
2672 % LocalWords: capability CAP l'I Sun Sparc PAGESIZE getpagesize SVr SUSv get
2673 % LocalWords: phys pages avphys NPROCESSORS CONF ONLN getloadavg stdlib double
2674 % LocalWords: loadavg nelem scheduler CONFIG ACCT acct filename EACCESS EUSER
2675 % LocalWords: ENFILE EROFS PACCT AcctCtrl cap calendar UTC Jan the Epoch GMT
2676 % LocalWords: Greenwich Mean l'UTC timer CLOCKS SEC cron wall elapsed times tz
2677 % LocalWords: tms dell' cutime cstime waitpid gettimeofday settimeofday timex
2678 % LocalWords: timespec adjtime olddelta adjtimex David Mills nell' RFC NTP ntp
2679 % LocalWords: nell'RFC ADJ FREQUENCY frequency MAXERROR maxerror ESTERROR PLL
2680 % LocalWords: esterror TIMECONST constant SINGLESHOT MOD INS insert leap OOP
2681 % LocalWords: second delete progress has occurred BAD broken tm gmtoff asctime
2682 % LocalWords: ctime timep gmtime localtime mktime tzname tzset daylight format
2683 % LocalWords: strftime thread EOF modifiable lvalue app errcode strerror LC at
2684 % LocalWords: perror string errnum MESSAGES error message ErrCode strtol log
2685 % LocalWords: program invocation argv printf print progname exit count fname
2686 % LocalWords: lineno one standardese Di