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15 I segnali sono il primo e più semplice meccanismo di comunicazione nei
16 confronti dei processi. Nella loro versione originale essi portano con sé
17 nessuna informazione che non sia il loro tipo; si tratta in sostanza di
18 un'interruzione software portata ad un processo.
20 In genere essi vengono usati dal kernel per riportare ai processi situazioni
21 eccezionali (come errori di accesso, eccezioni aritmetiche, ecc.) ma possono
22 anche essere usati come forma elementare di comunicazione fra processi (ad
23 esempio vengono usati per il controllo di sessione), per notificare eventi
24 (come la terminazione di un processo figlio), ecc.
26 In questo capitolo esamineremo i vari aspetti della gestione dei segnali,
27 partendo da una introduzione relativa ai concetti base con cui essi vengono
28 realizzati, per poi affrontarne la classificazione a secondo di uso e modalità
29 di generazione fino ad esaminare in dettaglio le funzioni e le metodologie di
30 gestione avanzate e le estensioni fatte all'interfaccia classica nelle nuovi
31 versioni dello standard POSIX.
34 \section{Introduzione}
37 In questa sezione esamineremo i concetti generali relativi ai segnali, vedremo
38 le loro caratteristiche di base, introdurremo le nozioni di fondo relative
39 all'architettura del funzionamento dei segnali e alle modalità con cui il
40 sistema gestisce l'interazione fra di essi ed i processi.
43 \subsection{I concetti base}
46 Come il nome stesso indica i segnali sono usati per notificare ad un processo
47 l'occorrenza di un qualche evento. Gli eventi che possono generare un segnale
48 sono vari; un breve elenco di possibili cause per l'emissione di un segnale è
52 \item un errore del programma, come una divisione per zero o un tentativo di
53 accesso alla memoria fuori dai limiti validi;
54 \item la terminazione di un processo figlio;
55 \item la scadenza di un timer o di un allarme;
56 \item il tentativo di effettuare un'operazione di input/output che non può
58 \item una richiesta dell'utente dal terminale di terminare o fermare il
60 \item l'invio esplicito da parte del processo stesso o di un altro.
63 Ciascuno di questi eventi, compresi gli ultimi due che pure sono controllati
64 dall'utente o da un altro processo, comporta l'intervento diretto da parte del
65 kernel che causa la generazione di un particolare tipo di segnale.
67 Quando un processo riceve un segnale, invece del normale corso del programma,
68 viene eseguita una azione predefinita o una apposita funzione di gestione che
69 può essere stata specificata dall'utente, nel qual caso si dice che si
70 \textsl{intercetta} il segnale. Riprendendo la terminologia originale da qui
71 in avanti faremo riferimento a questa funzione come al \textsl{gestore} del
72 segnale, traduzione approssimata dell'inglese \textit{signal handler}.
75 \subsection{Le \textsl{semantiche} del funzionamento dei segnali}
76 \label{sec:sig_semantics}
78 Negli anni il comportamento del sistema in risposta ai segnali è stato
79 modificato in vari modi nelle differenti implementazioni di Unix. Si possono
80 individuare due tipologie fondamentali di comportamento dei segnali (dette
81 \textsl{semantiche}) che vengono chiamate rispettivamente \textsl{semantica
82 affidabile} (o \textit{reliable}) e \textsl{semantica inaffidabile} (o
85 Nella \textsl{semantica inaffidabile}, che veniva implementata dalle prime
86 versioni di Unix, la funzione di gestione del segnale specificata dall'utente
87 non restava attiva una volta che era stata eseguita; era perciò compito
88 dell'utente ripetere l'installazione dello stesso all'interno del
89 \textsl{gestore} del segnale in tutti quei casi in cui si voleva che esso
93 \footnotesize \centering
94 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
95 \includecodesample{listati/unreliable_sig.c}
98 \caption{Esempio di codice di un gestore di segnale per la semantica
100 \label{fig:sig_old_handler}
103 In questo caso però è possibile una situazione in cui i segnali possono essere
104 perduti. Si consideri il segmento di codice riportato in
105 fig.~\ref{fig:sig_old_handler}: nel programma principale viene installato un
106 gestore (\texttt{\small 5}), la cui prima operazione (\texttt{\small 11}) è
107 quella di reinstallare se stesso. Se nell'esecuzione del gestore fosse
108 arrivato un secondo segnale prima che esso abbia potuto eseguire la
109 reinstallazione di se stesso per questo secondo segnale verrebbe eseguito il
110 comportamento predefinito, il che può comportare, a seconda dei casi, la
111 perdita del segnale (se l'impostazione predefinita è quella di ignorarlo) o la
112 terminazione immediata del processo; in entrambi i casi l'azione prevista dal
113 gestore non verrebbe eseguita.
115 Questa è la ragione per cui l'implementazione dei segnali secondo questa
116 semantica viene chiamata \textsl{inaffidabile}: infatti la ricezione del
117 segnale e la reinstallazione del suo gestore non sono operazioni atomiche, e
118 sono sempre possibili delle \textit{race condition} (si ricordi
119 sez.~\ref{sec:proc_multi_prog}). Un altro problema è che in questa semantica
120 non esiste un modo per bloccare i segnali quando non si vuole che arrivino; i
121 processi possono ignorare il segnale, ma non è possibile istruire il sistema a
122 non fare nulla in occasione di un segnale, pur mantenendo memoria del fatto
125 Nella semantica \textsl{affidabile} (quella utilizzata da Linux e da ogni Unix
126 moderno) il gestore una volta installato resta attivo e non si hanno tutti i
127 problemi precedenti. In questa semantica i segnali vengono \textsl{generati}
128 dal kernel per un processo all'occorrenza dell'evento che causa il segnale. In
129 genere questo viene fatto dal kernel impostando un apposito campo della
130 \struct{task\_struct} del processo nella \textit{process table} (si veda
131 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}).
133 Si dice che il segnale viene \textsl{consegnato} al processo (dall'inglese
134 \textit{delivered}) quando viene eseguita l'azione per esso prevista, mentre
135 per tutto il tempo che passa fra la generazione del segnale e la sua consegna
136 esso è detto \textsl{pendente} (o \textit{pending}). In genere questa
137 procedura viene effettuata dallo \textit{scheduler} quando, riprendendo
138 l'esecuzione del processo in questione, verifica la presenza del segnale nella
139 \struct{task\_struct} e mette in esecuzione il gestore.
141 In questa semantica un processo ha la possibilità di bloccare la consegna dei
142 segnali, in questo caso, se l'azione per il suddetto segnale non è quella di
143 ignorarlo, il segnale resta \textsl{pendente} fintanto che il processo non lo
144 sblocca (nel qual caso viene consegnato) o imposta l'azione corrispondente per
147 Si tenga presente che il kernel stabilisce cosa fare con un segnale che è
148 stato bloccato al momento della consegna, non quando viene generato; questo
149 consente di cambiare l'azione per il segnale prima che esso venga consegnato,
150 e si può usare la funzione \func{sigpending} (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask})
151 per determinare quali segnali sono bloccati e quali sono pendenti.
153 Infine occorre precisare che i segnali predatano il supporto per i
154 \textit{thread} e vengono sempre inviati al processo come insieme, cosa che
155 può creare incertezza nel caso questo sia multi-\textit{thread}. In tal caso
156 quando è possibile determinare quale è il \textit{thread} specifico che deve
157 ricevere il segnale, come avviene per i segnali di errore, questo sarà inviato
158 solo a lui, altrimenti sarà inviato a discrezione del kernel ad uno qualunque
159 dei \textit{thread} del processo che possa riceverlo (che cioè non blocchi il
160 segnale), torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:thread_signal}.
162 \subsection{Tipi di segnali}
163 \label{sec:sig_types}
165 In generale si tende a classificare gli eventi che possono generare dei
166 segnali in tre categorie principali: errori, eventi esterni e richieste
169 Un errore significa che un programma ha fatto qualcosa di sbagliato e non può
170 continuare ad essere eseguito. Non tutti gli errori causano dei segnali, in
171 genere le condizioni di errore più comuni comportano la restituzione di un
172 codice di errore da parte di una funzione di libreria. Sono gli errori che
173 possono avvenire nell'esecuzione delle istruzioni di un programma, come le
174 divisioni per zero o l'uso di indirizzi di memoria non validi, che causano
175 l'emissione di un segnale.
177 Un evento esterno ha in genere a che fare con le operazioni di lettura e
178 scrittura su file, o con l'interazione con dispositivi o con altri processi;
179 esempi di segnali di questo tipo sono quelli legati all'arrivo di dati in
180 ingresso, scadenze di un timer, terminazione di processi figli, la pressione
181 dei tasti di stop o di suspend su un terminale.
183 Una richiesta esplicita significa l'uso da parte di un programma delle
184 apposite funzioni di sistema, come \func{kill} ed affini (vedi
185 sez.~\ref{sec:sig_kill_raise}) per la generazione ``\textsl{manuale}'' di un
188 Si dice poi che i segnali possono essere \textsl{asincroni} o
189 \textsl{sincroni}. Un segnale \textsl{sincrono} è legato ad una azione
190 specifica di un programma ed è inviato (a meno che non sia bloccato) durante
191 tale azione. Molti errori generano segnali \textsl{sincroni}, così come la
192 richiesta esplicita da parte del processo tramite le chiamate al sistema.
193 Alcuni errori come la divisione per zero non sono completamente sincroni e
194 possono arrivare dopo qualche istruzione.
196 I segnali \textsl{asincroni} sono generati da eventi fuori dal controllo del
197 processo che li riceve, e arrivano in tempi impredicibili nel corso
198 dell'esecuzione del programma. Eventi esterni come la terminazione di un
199 processo figlio generano segnali \textsl{asincroni}, così come le richieste di
200 generazione di un segnale effettuate da altri processi.
202 In generale un tipo di segnale o è sincrono o è asincrono, salvo il caso in
203 cui esso sia generato attraverso una richiesta esplicita tramite chiamata al
204 sistema, nel qual caso qualunque tipo di segnale (quello scelto nella
205 chiamata) può diventare sincrono o asincrono a seconda che sia generato
206 internamente o esternamente al processo.
209 \subsection{La notifica dei segnali}
210 \label{sec:sig_notification}
212 Come accennato quando un segnale viene generato, se la sua azione predefinita
213 non è quella di essere ignorato, il kernel prende nota del fatto nella
214 \struct{task\_struct} del processo; si dice così che il segnale diventa
215 \textsl{pendente} (o \textit{pending}), e rimane tale fino al momento in cui
216 verrà notificato al processo o verrà specificata come azione quella di
219 Normalmente l'invio al processo che deve ricevere il segnale è immediato ed
220 avviene non appena questo viene rimesso in esecuzione dallo \textit{scheduler}
221 che esegue l'azione specificata. Questo a meno che il segnale in questione non
222 sia stato bloccato prima della notifica, nel qual caso l'invio non avviene ed
223 il segnale resta \textsl{pendente} indefinitamente.
225 Quando lo si sblocca un segnale \textsl{pendente} sarà subito notificato. Si
226 tenga presente però che tradizionalmente i segnali \textsl{pendenti} non si
227 accodano, alla generazione infatti il kernel marca un flag nella
228 \struct{task\_struct} del processo, per cui se prima della notifica ne vengono
229 generati altri il flag è comunque marcato, ed il gestore viene eseguito sempre
230 una sola volta. In realtà questo non vale nel caso dei cosiddetti segnali
231 \textit{real-time}, che vedremo in sez.~\ref{sec:sig_real_time}, ma questa è
232 una funzionalità avanzata che per ora tralasceremo.
234 Si ricordi inoltre che se l'azione specificata per un segnale è quella di
235 essere ignorato questo sarà scartato immediatamente al momento della sua
236 generazione, e questo anche se in quel momento il segnale è bloccato, perché
237 bloccare su un segnale significa bloccarne la notifica. Per questo motivo un
238 segnale, fintanto che viene ignorato, non sarà mai notificato, anche se prima
239 è stato bloccato ed in seguito si è specificata una azione diversa, nel qual
240 caso solo i segnali successivi alla nuova specificazione saranno notificati.
242 Una volta che un segnale viene notificato, che questo avvenga subito o dopo
243 una attesa più o meno lunga, viene eseguita l'azione specificata per il
244 segnale. Per alcuni segnali (per la precisione \signal{SIGKILL} e
245 \signal{SIGSTOP}) questa azione è predeterminata dal kernel e non può essere
246 mai modificata, ma per tutti gli altri si può selezionare una delle tre
247 possibilità seguenti:
249 \item ignorare il segnale;
250 \item intercettare il segnale, ed utilizzare il gestore specificato;
251 \item accettare l'azione predefinita per quel segnale.
254 Un programma può specificare queste scelte usando le due funzioni
255 \func{signal} e \func{sigaction}, che tratteremo rispettivamente in
256 sez.~\ref{sec:sig_signal} e sez.~\ref{sec:sig_sigaction}. Se si è installato
257 un gestore sarà quest'ultimo ad essere eseguito alla notifica del segnale.
258 Inoltre il sistema farà si che mentre viene eseguito il gestore di un segnale,
259 quest'ultimo venga automaticamente bloccato, così si possono evitare alla
260 radice possibili \textit{race condition}.
262 Nel caso non sia stata specificata un'azione, viene utilizzata la cosiddetta
263 azione predefinita che, come vedremo in sez.~\ref{sec:sig_standard}, è propria
264 di ciascun segnale. Nella maggior parte dei casi questa azione comporta la
265 terminazione immediata del processo, ma per alcuni segnali che rappresentano
266 eventi innocui l'azione predefinita è di essere ignorati. Inoltre esistono
267 alcuni segnali la cui azione è semplicemente quella di fermare l'esecuzione
268 del programma, vale a dire portarlo nello stato di \textit{stopped} (lo stato
269 \texttt{T}, si ricordi tab.~\ref{tab:proc_proc_states} e quanto illustrato in
270 sez.~\ref{sec:proc_sched}).
272 Quando un segnale termina un processo il padre può determinare la causa della
273 terminazione esaminandone lo stato di uscita così come viene riportato dalle
274 funzioni \func{wait} e \func{waitpid} (vedi sez.~\ref{sec:proc_wait}). Questo
275 ad esempio è il modo in cui la shell determina i motivi della terminazione di
276 un programma e scrive un eventuale messaggio di errore.
280 I segnali che rappresentano errori del programma (divisione per zero o
281 violazioni di accesso) hanno come ulteriore caratteristica della loro azione
282 predefinita, oltre a terminare il processo, quella di scrivere nella directory
283 di lavoro corrente del processo di un file \file{core} su cui viene salvata
284 l'immagine della memoria del processo.
286 Questo file costituisce il cosiddetto \textit{core dump}, e contenendo
287 l'immagine della memoria del processo, consente di risalire allo stato dello
288 \textit{stack} (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}) prima della
289 terminazione. Questo permette di esaminare il contenuto del file un secondo
290 tempo con un apposito programma (un \textit{debugger} come \cmd{gdb}) per
291 investigare sulla causa dell'errore, ed in particolare, grazie appunto ai dati
292 dello \textit{stack}, consente di identificare quale funzione ha causato
295 Si tenga presente che il \textit{core dump} viene creato non solo in caso di
296 errore effettivo, ma anche se il segnale per cui la sua creazione è prevista
297 nell'azione dell'azione predefinita viene inviato al programma con una delle
298 funzioni \func{kill}, \func{raise}, ecc.
303 \section{La classificazione dei segnali}
304 \label{sec:sig_classification}
306 Esamineremo in questa sezione quali sono i vari segnali definiti nel sistema,
307 quali sono le loro caratteristiche e la loro tipologia, tratteremo le varie
308 macro e costanti che permettono di identificarli, e illustreremo le funzioni
309 che ne stampano la descrizione.
312 \subsection{I segnali standard}
313 \label{sec:sig_standard}
315 Ciascun segnale è identificato dal kernel con un numero, ma benché per alcuni
316 segnali questi numeri siano sempre gli stessi, tanto da essere usati come
317 sinonimi, l'uso diretto degli identificativi numerici da parte dei programmi è
318 comunque da evitare, in quanto essi non sono mai stati standardizzati e
319 possono variare a seconda dell'implementazione del sistema, e nel caso di
320 Linux anche a seconda della architettura hardware e della versione del kernel.
322 Quelli che invece sono stati, almeno a grandi linee, standardizzati, sono i
323 nomi dei segnali e le costanti di preprocessore che li identificano, che sono
324 tutte nella forma \texttt{SIG\textsl{nome}}, e sono queste che devono essere
325 usate nei programmi. Come tutti gli altri nomi e le funzioni che concernono i
326 segnali, esse sono definite nell'header di sistema \headfile{signal.h}.
331 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|l|}
333 \textbf{Segnale} &\textbf{Standard}&\textbf{Azione}&\textbf{Descrizione} \\
336 \signal{SIGHUP} &P & T & Hangup o terminazione del processo di
338 \signal{SIGINT} &PA& T & Interrupt da tastiera (\cmd{C-c}).\\
339 \signal{SIGQUIT} &P & C & Quit da tastiera (\cmd{C-y}).\\
340 \signal{SIGILL} &PA& C & Istruzione illecita.\\
341 \signal{SIGTRAP} &S & C & Trappole per un Trace/breakpoint.\\
342 \signal{SIGABRT} &PA& C & Segnale di abort da \func{abort}.\\
343 \signald{SIGIOT} &B & C & Trappola di I/O. Sinonimo di \signal{SIGABRT}.\\
344 \signal{SIGBUS} &BS& C & Errore sul bus (bad memory access).\\
345 \signal{SIGFPE} &AP& C & Errore aritmetico.\\
346 \signal{SIGKILL} &P & T& Segnale di terminazione forzata.\\
347 \signal{SIGUSR1} &P & T & Segnale utente numero 1.\\
348 \signal{SIGSEGV} &AP& C & Errore di accesso in memoria.\\
349 \signal{SIGUSR2} &P & T & Segnale utente numero 2.\\
350 \signal{SIGPIPE} &P & T & \textit{Pipe} spezzata.\\
351 \signal{SIGALRM} &P & T & Segnale del timer da \func{alarm}.\\
352 \signal{SIGTERM} &AP& T & Segnale di terminazione (\texttt{C-\bslash}).\\
353 \signal{SIGCHLD} &P & I & Figlio terminato o fermato.\\
354 \signal{SIGCONT} &P &-- & Continua se fermato.\\
355 \signal{SIGSTOP} &P & S & Ferma il processo.\\
356 \signal{SIGTSTP} &P & S & Pressione del tasto di stop sul terminale.\\
357 \signal{SIGTTIN} &P & S & Input sul terminale per un processo
359 \signal{SIGTTOU} &P & S & Output sul terminale per un processo
361 \signal{SIGURG} &BS& I & Ricezione di una \textit{urgent condition} su
363 \signal{SIGXCPU} &BS& C & Ecceduto il limite sul tempo di CPU.\\
364 \signal{SIGXFSZ} &BS& C & Ecceduto il limite sulla dimensione dei file.\\
365 \signal{SIGVTALRM}&BS& T& Timer di esecuzione scaduto.\\
366 \signal{SIGPROF} &BS& T & Timer del \textit{profiling} scaduto.\\
367 \signal{SIGWINCH}&B & I & Finestra ridimensionata (4.3BSD, Sun).\\
368 \signal{SIGIO} &B & T & L'I/O è possibile.\\
369 \signal{SIGPOLL} &VS& T & \textit{Pollable event}, sinonimo di
371 \signal{SIGPWR} &V & T & Fallimento dell'alimentazione.\\
372 \signal{SIGSYS} &VS& C & \textit{system call} sbagliata.\\
374 \signal{SIGSTKFLT}&?& T & Errore sullo stack del coprocessore (inusato).\\
375 \signald{SIGUNUSED}&?& C & Segnale inutilizzato (sinonimo di
378 \signal{SIGCLD} &V & I & Sinonimo di \signal{SIGCHLD}.\\
379 \signal{SIGEMT} &V & C & Trappola di emulatore.\\
380 \signal{SIGINFO} &B & T & Sinonimo di \signal{SIGPWR}.\\
381 \signal{SIGLOST} &? & T & Perso un lock sul file, sinonimo
382 di \signal{SIGIO} (inusato).\\
385 \caption{Lista dei segnali ordinari in Linux.}
386 \label{tab:sig_signal_list}
389 In tab.~\ref{tab:sig_signal_list} si è riportato l'elenco completo dei segnali
390 ordinari definiti su Linux per tutte le possibili architetture (tratteremo
391 quelli \textit{real-time} in sez.~\ref{sec:sig_real_time}). Ma si tenga
392 presente che solo quelli elencati nella prima sezione della tabella sono
393 presenti su tutte le architetture. Nelle sezioni successive si sono riportati
394 rispettivamente quelli che esistono solo sull'architettura PC e quelli che non
395 esistono sull'architettura PC, ma sono definiti su altre.
397 Alcuni segnali erano previsti fin dallo standard ANSI C, ed i segnali sono
398 presenti in tutti i sistemi unix-like, ma l'elenco di quelli disponibili non è
399 uniforme, ed alcuni di essi sono presenti solo su alcune implementazioni o
400 architetture hardware, ed anche il loro significato può variare. Per questo si
401 sono riportati nella seconda colonna della tabella riporta gli standard in cui
402 ciascun segnale è stato definito, indicati con altrettante lettere da
403 interpretare secondo la legenda di tab.~\ref{tab:sig_standard_leg}. Si tenga
404 presente che il significato dei segnali è abbastanza indipendente dalle
405 implementazioni solo per quelli definiti negli standard POSIX.1-1990 e
408 Come accennato in sez.~\ref{sec:sig_notification} a ciascun segnale è
409 associata una specifica azione predefinita che viene eseguita quando nessun
410 gestore è installato. Le azioni predefinite possibili, che abbiamo già
411 descritto in sez.~\ref{sec:sig_notification}, sono state riportate in
412 tab.~\ref{tab:sig_signal_list} nella terza colonna, e di nuovo sono state
413 indicate con delle lettere la cui legenda completa è illustrata in
414 tab.~\ref{tab:sig_action_leg}).
418 \begin{tabular}[c]{|c|l|}
420 \textbf{Sigla} & \textbf{Standard} \\
424 B & BSD (4.2 BSD e Sun).\\
426 S & SUSv2 (e POSIX.1-2001).\\
431 \caption{Legenda dei valori degli standard riportati nella seconda colonna
432 di tab.~\ref{tab:sig_signal_list}.}
433 \label{tab:sig_standard_leg}
436 Si inoltre noti come \signal{SIGCONT} sia l'unico segnale a non avere
437 l'indicazione di una azione predefinita nella terza colonna di
438 tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, questo perché il suo effetto è sempre quello
439 di far ripartire un programma in stato \texttt{T} fermato da un segnale di
440 stop. Inoltre i segnali \signal{SIGSTOP} e \signal{SIGKILL} si distinguono da
441 tutti gli altri per la specifica caratteristica di non potere essere né
442 intercettati, né bloccati, né ignorati.
447 \begin{tabular}[c]{|c|l|}
449 \textbf{Sigla} & \textbf{Significato} \\
452 T & L'azione predefinita è terminare il processo.\\
453 C & L'azione predefinita è terminare il processo e scrivere un
454 \textit{core dump}.\\
455 I & L'azione predefinita è ignorare il segnale.\\
456 S & L'azione predefinita è fermare il processo.\\
459 \caption{Legenda delle azioni predefinite dei segnali riportate nella terza
460 colonna di tab.~\ref{tab:sig_signal_list}.}
461 \label{tab:sig_action_leg}
464 Il numero totale di segnali presenti è dato dalla macro \macrod{NSIG} (e tiene
465 conto anche di quelli \textit{real-time}) e dato che i numeri dei segnali sono
466 allocati progressivamente, essa corrisponde anche al successivo del valore
467 numerico assegnato all'ultimo segnale definito. La descrizione dettagliata
468 del significato dei precedenti segnali, raggruppati per tipologia, verrà
469 affrontata nei paragrafi successivi.
472 \subsection{I segnali di errore}
473 \label{sec:sig_prog_error}
475 Questi segnali sono generati quando il sistema, o in certi casi direttamente
476 l'hardware (come per i \textit{page fault} non validi o le eccezioni del
477 processore) rileva un qualche errore insanabile nel programma in
478 esecuzione. In generale la generazione di questi segnali significa che il
479 programma ha dei gravi problemi (ad esempio ha dereferenziato un puntatore non
480 valido o ha eseguito una operazione aritmetica proibita) e l'esecuzione non
481 può essere proseguita.
483 In genere si intercettano questi segnali per permettere al programma di
484 terminare in maniera pulita, ad esempio per ripristinare le impostazioni della
485 console o eliminare i file di lock prima dell'uscita. In questo caso il
486 gestore deve concludersi ripristinando l'azione predefinita e rialzando il
487 segnale, in questo modo il programma si concluderà senza effetti spiacevoli,
488 ma riportando lo stesso stato di uscita che avrebbe avuto se il gestore non ci
491 L'azione predefinita per tutti questi segnali è causare la terminazione del
492 processo che li ha causati. In genere oltre a questo il segnale provoca pure
493 la registrazione su disco di un file di \textit{core dump}, che un debugger
494 può usare per ricostruire lo stato del programma al momento della
495 terminazione. Questi segnali sono:
496 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
497 \item[\signald{SIGFPE}] Riporta un errore aritmetico fatale. Benché il nome
498 derivi da \textit{floating point exception} si applica a tutti gli errori
499 aritmetici compresa la divisione per zero e l'overflow. Se il gestore
500 ritorna il comportamento del processo è indefinito, ed ignorare questo
501 segnale può condurre ad un ciclo infinito.
503 % Per questo segnale le cose sono complicate dal fatto che possono esserci
504 % molte diverse eccezioni che \signal{SIGFPE} non distingue, mentre lo
505 % standard IEEE per le operazioni in virgola mobile definisce varie eccezioni
506 % aritmetiche e richiede che esse siano notificate.
507 % TODO trovare altre info su SIGFPE e trattare la notifica delle eccezioni
509 \item[\signald{SIGILL}] Il nome deriva da \textit{illegal instruction},
510 significa che il programma sta cercando di eseguire una istruzione
511 privilegiata o inesistente, in generale del codice illecito. Poiché il
512 compilatore del C genera del codice valido si ottiene questo segnale se il
513 file eseguibile è corrotto o si stanno cercando di eseguire dei dati.
514 Quest'ultimo caso può accadere quando si passa un puntatore sbagliato al
515 posto di un puntatore a funzione, o si eccede la scrittura di un vettore di
516 una variabile locale, andando a corrompere lo \textit{stack}. Lo stesso
517 segnale viene generato in caso di overflow dello \textit{stack} o di
518 problemi nell'esecuzione di un gestore. Se il gestore ritorna il
519 comportamento del processo è indefinito.
521 \item[\signald{SIGSEGV}] Il nome deriva da \textit{segment violation}, e
522 significa che il programma sta cercando di leggere o scrivere in una zona di
523 memoria protetta al di fuori di quella che gli è stata riservata dal
524 sistema. In genere è il meccanismo della protezione della memoria che si
525 accorge dell'errore ed il kernel genera il segnale. È tipico ottenere
526 questo segnale dereferenziando un puntatore nullo o non inizializzato
527 leggendo al di là della fine di un vettore. Se il gestore ritorna il
528 comportamento del processo è indefinito.
530 \item[\signald{SIGBUS}] Il nome deriva da \textit{bus error}. Come
531 \signal{SIGSEGV} questo è un segnale che viene generato di solito quando si
532 dereferenzia un puntatore non inizializzato, la differenza è che
533 \signal{SIGSEGV} indica un accesso non permesso su un indirizzo esistente
534 (al di fuori dallo \textit{heap} o dallo \textit{stack}), mentre
535 \signal{SIGBUS} indica l'accesso ad un indirizzo non valido, come nel caso
536 di un puntatore non allineato.
538 \item[\signald{SIGABRT}] Il nome deriva da \textit{abort}. Il segnale indica
539 che il programma stesso ha rilevato un errore che viene riportato chiamando
540 la funzione \func{abort}, che genera questo segnale.
542 \item[\signald{SIGTRAP}] È il segnale generato da un'istruzione di breakpoint o
543 dall'attivazione del tracciamento per il processo. È usato dai programmi per
544 il debugging e un programma normale non dovrebbe ricevere questo segnale.
546 \item[\signald{SIGSYS}] Sta ad indicare che si è eseguita una istruzione che
547 richiede l'esecuzione di una \textit{system call}, ma si è fornito un codice
548 sbagliato per quest'ultima.
550 \item[\signald{SIGEMT}] Il nome sta per \textit{emulation trap}. Il segnale non
551 è previsto da nessuno standard ed è definito solo su alcune architetture che
552 come il vecchio PDP11 prevedono questo tipo di interruzione, non è presente
557 \subsection{I segnali di terminazione}
558 \label{sec:sig_termination}
560 Questo tipo di segnali sono usati per terminare un processo; hanno vari nomi a
561 causa del differente uso che se ne può fare, ed i programmi possono
562 trattarli in maniera differente.
564 La ragione per cui può essere necessario intercettare questi segnali è che il
565 programma può dover eseguire una serie di azioni di pulizia prima di
566 terminare, come salvare informazioni sullo stato in cui si trova, cancellare
567 file temporanei, o ripristinare delle condizioni alterate durante il
568 funzionamento (come il modo del terminale o le impostazioni di una qualche
569 periferica). L'azione predefinita di questi segnali è di terminare il
570 processo, questi segnali sono:
571 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
572 \item[\signald{SIGTERM}] Il nome sta per \textit{terminate}. È un segnale
573 generico usato per causare la conclusione di un programma. È quello che
574 viene generato di default dal comando \cmd{kill}. Al contrario di
575 \signal{SIGKILL} può essere intercettato, ignorato, bloccato. In genere lo
576 si usa per chiedere in maniera ``\textsl{educata}'' ad un processo di
579 \item[\signald{SIGINT}] Il nome sta per \textit{interrupt}. È il segnale di
580 interruzione per il programma. È quello che viene generato di default dal
581 dall'invio sul terminale del carattere di controllo ``\textit{INTR}'',
582 \textit{interrupt} appunto, che viene generato normalmente dalla sequenza
583 \cmd{C-c} sulla tastiera.
585 \item[\signald{SIGQUIT}] È analogo a \signal{SIGINT} con la differenza che è
586 controllato da un altro carattere di controllo, ``\textit{QUIT}'',
587 corrispondente alla sequenza \texttt{C-\bslash} sulla tastiera. A differenza
588 del precedente l'azione predefinita, oltre alla terminazione del processo,
589 comporta anche la creazione di un \textit{core dump}. In genere lo si può
590 pensare come corrispondente ad una condizione di errore del programma
591 rilevata dall'utente. Per questo motivo non è opportuno fare eseguire al
592 gestore di questo segnale le operazioni di pulizia normalmente previste
593 (tipo la cancellazione di file temporanei), dato che in certi casi esse
594 possono eliminare informazioni utili nell'esame dei \textit{core dump}.
596 \item[\signald{SIGKILL}] Il nome è utilizzato per terminare in maniera immediata
597 qualunque programma. Questo segnale non può essere né intercettato, né
598 ignorato, né bloccato, per cui causa comunque la terminazione del processo.
599 In genere esso viene generato solo per richiesta esplicita dell'utente dal
600 comando (o tramite la funzione) \cmd{kill}. Dato che non lo si può
601 intercettare è sempre meglio usarlo come ultima risorsa quando metodi meno
602 brutali, come \signal{SIGTERM} o \cmd{C-c} non funzionano.
604 Se un processo non risponde a nessun altro segnale \signal{SIGKILL} ne causa
605 sempre la terminazione (in effetti il fallimento della terminazione di un
606 processo da parte di \signal{SIGKILL} costituirebbe un malfunzionamento del
607 kernel). Talvolta è il sistema stesso che può generare questo segnale quando
608 per condizioni particolari il processo non può più essere eseguito neanche
609 per eseguire un gestore.
611 \item[\signald{SIGHUP}] Il nome sta per \textit{hang-up}. Segnala che il
612 terminale dell'utente si è disconnesso, ad esempio perché si è interrotta la
613 rete. Viene usato anche per riportare la terminazione del processo di
614 controllo di un terminale a tutti i processi della sessione (vedi
615 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), in modo che essi possano disconnettersi
616 dal relativo terminale. Viene inoltre usato in genere per segnalare ai
617 programmi di servizio (i cosiddetti \textsl{demoni}, vedi
618 sez.~\ref{sec:sess_daemon}), che non hanno un terminale di controllo, la
619 necessità di reinizializzarsi e rileggere il file (o i file) di
624 \subsection{I segnali di allarme}
625 \label{sec:sig_alarm}
627 Questi segnali sono generati dalla scadenza di un timer (vedi
628 sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort}). Il loro comportamento predefinito è quello di
629 causare la terminazione del programma, ma con questi segnali la scelta
630 predefinita è irrilevante, in quanto il loro uso presuppone sempre la
631 necessità di un gestore. Questi segnali sono:
632 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
633 \item[\signald{SIGALRM}] Il nome sta per \textit{alarm}. Segnale la scadenza di
634 un timer misurato sul tempo reale o sull'orologio di sistema. È normalmente
635 usato dalla funzione \func{alarm}.
637 \item[\signald{SIVGTALRM}] Il nome sta per \textit{virtual alarm}. È analogo al
638 precedente ma segnala la scadenza di un timer sul tempo di CPU usato dal
641 \item[\signald{SIGPROF}] Il nome sta per \textit{profiling}. Indica la scadenza
642 di un timer che misura sia il tempo di CPU speso direttamente dal processo
643 che quello che il sistema ha speso per conto di quest'ultimo. In genere
644 viene usato dagli strumenti che servono a fare la profilazione dell'utilizzo
645 del tempo di CPU da parte del processo.
649 \subsection{I segnali di I/O asincrono}
650 \label{sec:sig_asyncio}
652 Questi segnali operano in congiunzione con le funzioni di I/O asincrono. Per
653 questo occorre comunque usare \func{fcntl} per abilitare un file descriptor a
654 generare questi segnali. L'azione predefinita è di essere ignorati. Questi
656 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
657 \item[\signald{SIGIO}] Questo segnale viene inviato quando un file descriptor è
658 pronto per eseguire dell'input/output. In molti sistemi solo i socket e i
659 terminali possono generare questo segnale, in Linux questo può essere usato
660 anche per i file, posto che la chiamata a \func{fcntl} che lo attiva abbia
663 \item[\signald{SIGURG}] Questo segnale è inviato quando arrivano dei dati
664 urgenti o \textit{out-of-band} su di un socket; per maggiori dettagli al
665 proposito si veda sez.~\ref{sec:TCP_urgent_data}.
667 \item[\signald{SIGPOLL}] Questo segnale è definito nella standard POSIX.1-2001,
668 ed è equivalente a \signal{SIGIO} che invece deriva da BSD. Su Linux è
669 definito per compatibilità con i sistemi System V.
673 \subsection{I segnali per il controllo di sessione}
674 \label{sec:sig_job_control}
676 Questi sono i segnali usati dal controllo delle sessioni e dei processi, il
677 loro uso è specializzato e viene trattato in maniera specifica nelle sezioni
678 in cui si trattano gli argomenti relativi. Questi segnali sono:
679 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
680 \item[\signald{SIGCHLD}] Questo è il segnale mandato al processo padre quando un
681 figlio termina o viene fermato. L'azione predefinita è di ignorare il
682 segnale, la sua gestione è trattata in sez.~\ref{sec:proc_wait}.
684 \item[\signald{SIGCLD}] Per Linux questo è solo un segnale identico al
685 precedente e definito come sinonimo. Il nome è obsoleto, deriva dalla
686 definizione del segnale su System V, ed oggi deve essere evitato.
688 \item[\signald{SIGCONT}] Il nome sta per \textit{continue}. Il segnale viene
689 usato per fare ripartire un programma precedentemente fermato da
690 \signal{SIGSTOP}. Questo segnale ha un comportamento speciale, e fa sempre
691 ripartire il processo prima della sua consegna. Il comportamento predefinito
692 è di fare solo questo; il segnale non può essere bloccato. Si può anche
693 installare un gestore, ma il segnale provoca comunque il riavvio del
696 La maggior pare dei programmi non hanno necessità di intercettare il
697 segnale, in quanto esso è completamente trasparente rispetto all'esecuzione
698 che riparte senza che il programma noti niente. Si possono installare dei
699 gestori per far sì che un programma produca una qualche azione speciale
700 se viene fermato e riavviato, come per esempio riscrivere un prompt, o
703 \item[\signald{SIGSTOP}] Il segnale ferma l'esecuzione di un processo, lo porta
704 cioè nello stato \textit{stopped} (vedi sez.~\ref{sec:proc_sched}). Il
705 segnale non può essere né intercettato, né ignorato, né bloccato.
707 \item[\signald{SIGTSTP}] Il nome sta per \textit{interactive stop}. Il segnale
708 ferma il processo interattivamente, ed è generato dal carattere
709 ``\textit{SUSP}'', prodotto dalla combinazione di tasti \cmd{C-z}, ed al
710 contrario di \signal{SIGSTOP} può essere intercettato e ignorato. In genere
711 un programma installa un gestore per questo segnale quando vuole lasciare il
712 sistema o il terminale in uno stato definito prima di fermarsi; se per
713 esempio un programma ha disabilitato l'eco sul terminale può installare un
714 gestore per riabilitarlo prima di fermarsi.
716 \item[\signald{SIGTTIN}] Un processo non può leggere dal terminale se esegue
717 una sessione di lavoro in \textit{background}. Quando un processo in
718 \textit{background} tenta di leggere da un terminale viene inviato questo
719 segnale a tutti i processi della sessione di lavoro. L'azione predefinita è
720 di fermare il processo. L'argomento è trattato in
721 sez.~\ref{sec:sess_job_control_overview}.
723 \item[\signald{SIGTTOU}] Segnale analogo al precedente \signal{SIGTTIN}, ma
724 generato quando si tenta di scrivere sul terminale o modificarne uno dei
725 modi con un processo in \textit{background}. L'azione predefinita è di
726 fermare il processo, l'argomento è trattato in
727 sez.~\ref{sec:sess_job_control_overview}.
731 \subsection{I segnali di operazioni errate}
732 \label{sec:sig_oper_error}
734 Questi segnali sono usati per riportare al programma errori generati da
735 operazioni da lui eseguite; non indicano errori del programma quanto errori
736 che impediscono il completamento dell'esecuzione dovute all'interazione con il
737 resto del sistema. L'azione predefinita di questi segnali è normalmente
738 quella di terminare il processo, questi segnali sono:
739 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
740 \item[\signald{SIGPIPE}] Sta per \textit{Broken pipe}. Se si usano delle
741 \textit{pipe}, (o delle FIFO o dei socket) è necessario, prima che un
742 processo inizi a scrivere su una di esse, che un altro l'abbia aperta in
743 lettura (si veda sez.~\ref{sec:ipc_pipes}). Se il processo in lettura non è
744 partito o è terminato inavvertitamente alla scrittura sulla \textit{pipe} il
745 kernel genera questo segnale. Se il segnale è bloccato, intercettato o
746 ignorato la chiamata che lo ha causato fallisce, restituendo l'errore
749 \item[\signald{SIGXCPU}] Sta per \textit{CPU time limit exceeded}. Questo
750 segnale è generato quando un processo eccede il limite impostato per il
751 tempo di CPU disponibile, vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}. Fino al
752 kernel 2.2 terminava semplicemente il processo, a partire dal kernel 2.4,
753 seguendo le indicazioni dello standard POSIX.1-2001 viene anche generato un
756 \item[\signald{SIGXFSZ}] Sta per \textit{File size limit exceeded}. Questo
757 segnale è generato quando un processo tenta di estendere un file oltre le
758 dimensioni specificate dal limite impostato per le dimensioni massime di un
759 file, vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}. Fino al kernel 2.2 terminava
760 semplicemente il processo, a partire dal kernel 2.4, seguendo le indicazioni
761 dello standard POSIX.1-2001 viene anche generato un \textit{core dump}.
763 \item[\signald{SIGLOST}] Sta per \textit{Resource lost}. Tradizionalmente è il
764 segnale che viene generato quando si perde un advisory lock su un file su
765 NFS perché il server NFS è stato riavviato. Il progetto GNU lo utilizza per
766 indicare ad un client il crollo inaspettato di un server. In Linux è
767 definito come sinonimo di \signal{SIGIO} e non viene più usato.
771 \subsection{Ulteriori segnali}
772 \label{sec:sig_misc_sig}
774 Raccogliamo qui infine una serie di segnali che hanno scopi differenti non
775 classificabili in maniera omogenea. Questi segnali sono:
776 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
777 \item[\signald{SIGUSR1}] Insieme a \signal{SIGUSR2} è un segnale a disposizione
778 dell'utente che lo può usare per quello che vuole. Viene generato solo
779 attraverso l'invocazione della funzione \func{kill}. Entrambi i segnali
780 possono essere utili per implementare una comunicazione elementare fra
781 processi diversi, o per eseguire a richiesta una operazione utilizzando un
782 gestore. L'azione predefinita è di terminare il processo.
783 \item[\signald{SIGUSR2}] È il secondo segnale a disposizione degli utenti. Per
784 il suo utilizzo vale esattamente quanto appena detto per \signal{SIGUSR1}.
785 \item[\signald{SIGWINCH}] Il nome sta per \textit{window (size) change} e viene
786 generato in molti sistemi (GNU/Linux compreso) quando le dimensioni (in
787 righe e colonne) di un terminale vengono cambiate. Viene usato da alcuni
788 programmi testuali per riformattare l'uscita su schermo quando si cambia
789 dimensione a quest'ultimo. L'azione predefinita è di essere ignorato.
790 \item[\signald{SIGINFO}] Il segnale indica una richiesta di informazioni. È
791 usato con il controllo di sessione, causa la stampa di informazioni da parte
792 del processo leader del gruppo associato al terminale di controllo, gli
793 altri processi lo ignorano. Su Linux però viene utilizzato come sinonimo di
794 \signal{SIGPWR} e l'azione predefinita è di terminare il processo.
795 \item[\signald{SIGPWR}] Il segnale indica un cambio nello stato di
796 alimentazione di un eventuale gruppo di continuità e viene usato
797 principalmente per segnalare l'assenza ed il ritorno della corrente. Viene
798 usato principalmente con \cmd{init} per attivare o fermare le procedure di
799 spegnimento automatico all'esaurimento delle batterie. L'azione predefinita
800 è di terminare il processo.
801 \item[\signald{SIGSTKFLT}] Indica un errore nello stack del coprocessore
802 matematico, è definito solo per le architetture PC, ma è completamente
803 inusato. L'azione predefinita è di terminare il processo.
807 \subsection{Le funzioni \func{strsignal} e \func{psignal}}
808 \label{sec:sig_strsignal}
810 Per la descrizione dei segnali il sistema mette a disposizione due funzioni
811 che stampano un messaggio di descrizione specificando il numero del segnale
812 con una delle costanti di tab.~\ref{tab:sig_signal_list}. In genere si usano
813 quando si vuole notificare all'utente il segnale ricevuto, ad esempio nel caso
814 di terminazione di un processo figlio o di un gestore che gestisce più
817 La prima funzione, \funcd{strsignal}, è una estensione GNU fornita dalla
818 \acr{glibc}, ed è accessibile solo avendo definito la macro
819 \macro{\_GNU\_SOURCE}, il suo comportamento è analogo a quello della funzione
820 \func{strerror} (si veda sez.~\ref{sec:sys_strerror}) usata per notificare gli
825 \fdecl{char *strsignal(int signum)}
826 \fdesc{Ottiene la descrizione di un segnale.}
829 {La funzione ritorna puntatore ad una stringa che descrive il segnale, non
830 sono previste condizioni di errore ed \var{errno} non viene modificata.}
834 La funzione ritorna sempre il puntatore ad una stringa che contiene la
835 descrizione del segnale indicato dall'argomento \param{signum}, se questo non
836 indica un segnale valido viene restituito il puntatore ad una stringa che
837 segnale che il valore indicato non è valido. Dato che la stringa è allocata
838 staticamente non se ne deve modificare il contenuto, che resta valido solo
839 fino alla successiva chiamata di \func{strsignal}. Nel caso si debba mantenere
840 traccia del messaggio sarà necessario copiarlo.
842 La seconda funzione, \funcd{psignal}, deriva da BSD ed è analoga alla funzione
843 \func{perror} descritta in sez.~\ref{sec:sys_strerror}, il suo prototipo è:
847 \fdecl{void psignal(int sig, const char *s)}
848 \fdesc{Stampa un messaggio di descrizione di un segnale.}
850 {La funzione non ritorna nulla e non prevede errori.}
853 La funzione stampa sullo \textit{standard error} un messaggio costituito dalla
854 stringa passata nell'argomento \param{s}, seguita dal carattere di due punti
855 ed una descrizione del segnale indicato dall'argomento \param{sig}.
857 Una modalità alternativa per utilizzare le descrizioni restituite da
858 \func{strsignal} e \func{psignal} è quello di usare la variabile globale
859 \var{sys\_siglist}, che è definita in \headfile{signal.h} e può essere
860 acceduta con la dichiarazione:
861 \includecodesnip{listati/siglist.c}
863 L'array \var{sys\_siglist} contiene i puntatori alle stringhe di descrizione,
864 indicizzate per numero di segnale, per cui una chiamata del tipo di \code{char
865 *decr = strsignal(SIGINT)} può essere sostituita dall'equivalente \code{char
866 *decr = sys\_siglist[SIGINT]}.
870 \section{La gestione di base dei segnali}
871 \label{sec:sig_management}
873 I segnali sono il primo e più classico esempio di eventi asincroni, cioè di
874 eventi che possono accadere in un qualunque momento durante l'esecuzione di un
875 programma. Per questa loro caratteristica la loro gestione non può essere
876 effettuata all'interno del normale flusso di esecuzione dello stesso, ma è
877 delegata appunto agli eventuali gestori che si sono installati.
879 In questa sezione vedremo come si effettua la gestione dei segnali, a partire
880 dalla loro interazione con le \textit{system call}, passando per le varie
881 funzioni che permettono di installare i gestori e controllare le reazioni di
882 un processo alla loro occorrenza.
885 \subsection{Il comportamento generale del sistema}
886 \label{sec:sig_gen_beha}
888 Abbiamo già trattato in sez.~\ref{sec:sig_intro} le modalità con cui il
889 sistema gestisce l'interazione fra segnali e processi, ci resta da esaminare
890 però il comportamento delle \textit{system call}; in particolare due di esse,
891 \func{fork} ed \func{exec}, dovranno essere prese esplicitamente in
892 considerazione, data la loro stretta relazione con la creazione di nuovi
895 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_fork} quando viene creato un nuovo
896 processo esso eredita dal padre sia le azioni che sono state impostate per i
897 singoli segnali, che la maschera dei segnali bloccati (vedi
898 sez.~\ref{sec:sig_sigmask}). Invece tutti i segnali pendenti e gli allarmi
899 vengono cancellati; essi infatti devono essere recapitati solo al padre, al
900 figlio dovranno arrivare solo i segnali dovuti alle sue azioni.
902 Quando si mette in esecuzione un nuovo programma con \func{exec} (si ricordi
903 quanto detto in sez.~\ref{sec:proc_exec}) tutti i segnali per i quali è stato
904 installato un gestore vengono reimpostati a \constd{SIG\_DFL}. Non ha più
905 senso infatti fare riferimento a funzioni definite nel programma originario,
906 che non sono presenti nello spazio di indirizzi del nuovo programma.
908 Si noti che questo vale solo per le azioni per le quali è stato installato un
909 gestore, viene mantenuto invece ogni eventuale impostazione dell'azione a
910 \constd{SIG\_IGN}. Questo permette ad esempio alla shell di impostare ad
911 \const{SIG\_IGN} le risposte per \signal{SIGINT} e \signal{SIGQUIT} per i
912 programmi eseguiti in background, che altrimenti sarebbero interrotti da una
913 successiva pressione di \texttt{C-c} o \texttt{C-y}.
915 Per quanto riguarda il comportamento di tutte le altre \textit{system call} si
916 danno sostanzialmente due casi, a seconda che esse siano \textsl{lente}
917 (\textit{slow}) o \textsl{veloci} (\textit{fast}). La gran parte di esse
918 appartiene a quest'ultima categoria, che non è influenzata dall'arrivo di un
919 segnale. Esse sono dette \textsl{veloci} in quanto la loro esecuzione è
920 sostanzialmente immediata. La risposta al segnale viene sempre data dopo che
921 la \textit{system call} è stata completata, in quanto attendere per eseguire
922 un gestore non comporta nessun inconveniente.
924 \index{system~call~lente|(}
926 In alcuni casi però alcune \textit{system call} possono bloccarsi
927 indefinitamente e per questo motivo vengono chiamate \textsl{lente} o
928 \textsl{bloccanti}. In questo caso non si può attendere la conclusione della
929 \textit{system call}, perché questo renderebbe impossibile una risposta pronta
930 al segnale, per cui il gestore viene eseguito prima che la \textit{system
931 call} sia ritornata. Un elenco dei casi in cui si presenta questa
932 situazione è il seguente:
934 \item la lettura da file che possono bloccarsi in attesa di dati non ancora
935 presenti (come per certi file di dispositivo, i socket o le \textit{pipe});
936 \item la scrittura sugli stessi file, nel caso in cui dati non possano essere
937 accettati immediatamente (di nuovo comune per i socket);
938 \item l'apertura di un file di dispositivo che richiede operazioni non
939 immediate per una risposta (ad esempio l'apertura di un nastro che deve
941 \item le operazioni eseguite con \func{ioctl} che non è detto possano essere
942 eseguite immediatamente;
943 \item l'uso di funzioni di intercomunicazione fra processi (vedi
944 cap.~\ref{cha:IPC}) che si bloccano in attesa di risposte da altri processi;
945 \item l'uso della funzione \func{pause} (vedi sez.~\ref{sec:sig_pause_sleep})
946 e le analoghe \func{sigsuspend}, \func{sigtimedwait}, e \func{sigwaitinfo}
947 (vedi sez.~\ref{sec:sig_real_time}), usate appunto per attendere l'arrivo di
949 \item l'uso delle funzioni associate al \textit{file locking} (vedi
950 sez.~\ref{sec:file_locking})
951 \item l'uso della funzione \func{wait} e le analoghe funzioni di attesa se
952 nessun processo figlio è ancora terminato.
955 In questo caso si pone il problema di cosa fare una volta che il gestore sia
956 ritornato. La scelta originaria dei primi Unix era quella di far ritornare
957 anche la \textit{system call} restituendo l'errore di \errcode{EINTR}. Questa
958 è a tutt'oggi una scelta corrente, ma comporta che i programmi che usano dei
959 gestori controllino lo stato di uscita delle funzioni che eseguono una
960 \textit{system call} lenta per ripeterne la chiamata qualora l'errore fosse
963 Dimenticarsi di richiamare una \textit{system call} interrotta da un segnale è
964 un errore comune, tanto che la \acr{glibc} provvede una macro
965 \code{TEMP\_FAILURE\_RETRY(expr)} che esegue l'operazione automaticamente,
966 ripetendo l'esecuzione dell'espressione \var{expr} fintanto che il risultato
967 non è diverso dall'uscita con un errore \errcode{EINTR}.
969 La soluzione è comunque poco elegante e BSD ha scelto un approccio molto
970 diverso, che è quello di fare ripartire automaticamente una \textit{system
971 call} interrotta invece di farla fallire. In questo caso ovviamente non c'è
972 bisogno di preoccuparsi di controllare il codice di errore; si perde però la
973 possibilità di eseguire azioni specifiche all'occorrenza di questa particolare
976 Linux e la \acr{glibc} consentono di utilizzare entrambi gli approcci,
977 attraverso una opportuna opzione di \func{sigaction} (vedi
978 sez.~\ref{sec:sig_sigaction}). È da chiarire comunque che nel caso di
979 interruzione nel mezzo di un trasferimento parziale di dati, le \textit{system
980 call} ritornano sempre indicando i byte trasferiti.
982 Si tenga presente però che alcune \textit{system call} vengono comunque
983 interrotte con un errore di \errcode{EINTR} indipendentemente dal fatto che ne
984 possa essere stato richiesto il riavvio automatico, queste funzioni sono:
987 \item le funzioni di attesa di un segnale: \func{pause} (vedi
988 sez.~\ref{sec:sig_pause_sleep}) o \func{sigsuspend}, \func{sigtimedwait}, e
989 \func{sigwaitinfo} (vedi sez.~\ref{sec:sig_real_time}).
990 \item le funzioni di attesa dell'\textit{I/O multiplexing} (vedi
991 sez.~\ref{sec:file_multiplexing}) come \func{select}, \func{pselect},
992 \func{poll}, \func{ppoll}, \func{epoll\_wait} e \func{epoll\_pwait}.
993 \item le funzioni del System V IPC che prevedono attese: \func{msgrcv},
994 \func{msgsnd} (vedi sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq}), \func{semop} e
995 \func{semtimedop} (vedi sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}).
996 \item le funzioni per la messa in attesa di un processo come \func{usleep},
997 \func{nanosleep} (vedi sez.~\ref{sec:sig_pause_sleep}) e
998 \func{clock\_nanosleep} (vedi sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}).
999 \item le funzioni che operano sui socket quando è stato impostato un
1000 \textit{timeout} sugli stessi con \func{setsockopt} (vedi
1001 sez.~\ref{sec:sock_generic_options}) ed in particolare \func{accept},
1002 \func{recv}, \func{recvfrom}, \func{recvmsg} per un \textit{timeout} in
1003 ricezione e \func{connect}, \func{send}, \func{sendto} e \func{sendmsg} per
1004 un \textit{timeout} in trasmissione.
1005 %\item la funzione \func{io\_getevents} per l'I/O asincrono (vedi sez.??)
1009 \index{system~call~lente|)}
1012 \subsection{L'installazione di un gestore}
1013 \label{sec:sig_signal}
1015 L'interfaccia più semplice per la gestione dei segnali è costituita dalla
1016 funzione di sistema \funcd{signal} che è definita fin dallo standard ANSI C.
1017 Quest'ultimo però non considera sistemi multitasking, per cui la definizione è
1018 tanto vaga da essere del tutto inutile in un sistema Unix. Per questo motivo
1019 ogni implementazione successiva ne ha modificato e ridefinito il
1020 comportamento, pur mantenendone immutato il prototipo\footnote{in realtà in
1021 alcune vecchie implementazioni (SVr4 e 4.3+BSD in particolare) vengono usati
1022 alcuni argomenti aggiuntivi per definire il comportamento della funzione,
1023 vedremo in sez.~\ref{sec:sig_sigaction} che questo è possibile usando la
1024 funzione \func{sigaction}.} che è:
1028 \fdecl{sighandler\_t signal(int signum, sighandler\_t handler)}
1029 \fdesc{Installa un gestore di segnale (\textit{signal handler}).}
1032 {La funzione ritorna il precedente gestore in caso di successo in caso di
1033 successo e \constd{SIG\_ERR} per un errore, nel qual caso \var{errno}
1036 \item[\errcode{EINVAL}] il numero di segnale \param{signum} non è valido.
1041 In questa definizione per l'argomento \param{handler} che indica il gestore da
1042 installare si è usato un tipo di dato, \type{sighandler\_t}, che è una
1043 estensione GNU, definita dalla \acr{glibc}, che permette di riscrivere il
1044 prototipo di \func{signal} nella forma appena vista, molto più leggibile di
1045 quanto non sia la versione originaria, che di norma è definita come:
1046 \includecodesnip{listati/signal.c}
1047 questa infatti, per la complessità della sintassi del C quando si vanno a
1048 trattare puntatori a funzioni, è molto meno comprensibile. Da un confronto
1049 con il precedente prototipo si può dedurre la definizione di
1050 \typed{sighandler\_t} che è:
1051 \includecodesnip{listati/sighandler_t.c}
1052 e cioè un puntatore ad una funzione \ctyp{void} (cioè senza valore di ritorno)
1053 che prende un argomento di tipo \ctyp{int}. Si noti come si devono usare le
1054 parentesi intorno al nome della funzione per via delle precedenze degli
1055 operatori del C, senza di esse si sarebbe definita una funzione che ritorna un
1056 puntatore a \ctyp{void} e non un puntatore ad una funzione \ctyp{void}.
1058 La funzione \func{signal} quindi restituisce e prende come secondo argomento
1059 un puntatore a una funzione di questo tipo, che è appunto la funzione che
1060 verrà usata come gestore del segnale. Il numero di segnale passato
1061 nell'argomento \param{signum} può essere indicato direttamente con una delle
1062 costanti definite in sez.~\ref{sec:sig_standard}.
1064 L'argomento \param{handler} che indica il gestore invece, oltre all'indirizzo
1065 della funzione da chiamare all'occorrenza del segnale, può assumere anche i
1066 due valori costanti \const{SIG\_IGN} e \const{SIG\_DFL}. Il primo indica che
1067 il segnale deve essere ignorato. Il secondo ripristina l'azione predefinita, e
1068 serve a tornare al comportamento di default quando non si intende più gestire
1069 direttamente un segnale.
1071 Si ricordi però che i due segnali \signal{SIGKILL} e \signal{SIGSTOP} non
1072 possono essere né ignorati né intercettati e per loro l'uso di \func{signal}
1073 non ha alcun effetto, qualunque cosa si specifichi nell'argomento
1076 La funzione restituisce l'indirizzo dell'azione precedente, che può essere
1077 salvato per poterlo ripristinare (con un'altra chiamata a \func{signal}) in un
1078 secondo tempo. Si ricordi che se si imposta come azione \const{SIG\_IGN} o si
1079 imposta \const{SIG\_DFL} per un segnale la cui azione predefinita è di essere
1080 ignorato, tutti i segnali pendenti saranno scartati, e non verranno mai
1083 L'uso di \func{signal} è soggetto a problemi di compatibilità, dato che essa
1084 si comporta in maniera diversa per sistemi derivati da BSD o da System V. In
1085 questi ultimi infatti la funzione è conforme al comportamento originale dei
1086 primi Unix in cui il gestore viene disinstallato alla sua chiamata secondo la
1087 semantica inaffidabile; anche Linux seguiva questa convenzione con le vecchie
1088 librerie del C come la \acr{libc4} e la \acr{libc5}.\footnote{nelle
1089 \acr{libc5} esisteva però la possibilità di includere \file{bsd/signal.h} al
1090 posto di \headfile{signal.h}, nel qual caso la funzione \func{signal} era
1091 ridefinita per seguire la semantica affidabile usata da BSD.}
1093 Al contrario BSD segue la semantica affidabile, non disinstallando il gestore
1094 e bloccando il segnale durante l'esecuzione dello stesso. Con l'utilizzo della
1095 \acr{glibc} dalla versione 2 anche Linux è passato a questo comportamento. Il
1096 comportamento della versione originale della funzione, il cui uso è deprecato
1097 per i motivi visti in sez.~\ref{sec:sig_semantics}, può essere ottenuto
1098 chiamando \funcm{sysv\_signal}, una volta che si sia definita la macro
1099 \macro{\_XOPEN\_SOURCE}.
1101 In generale, per evitare questi problemi e per le possibili differenze nella
1102 semantica fra versioni diverse di kernel, l'uso di \func{signal} è sempre da
1103 evitare, visto che tra l'altro la funzione ha un comportamento indefinito in
1104 caso di processi multi-\textit{thread}; l'unico utilizzo sicuro della funzione
1105 è con \const{SIG\_IGN} e \const{SIG\_DFL}, in tutti gli altri casi si deve
1106 usare \func{sigaction}.
1108 Infine si deve tenere presente che su Linux, seguendo lo standard POSIX, il
1109 comportamento di un processo che ignora i segnali \signal{SIGFPE},
1110 \signal{SIGILL}, o \signal{SIGSEGV}, qualora questi non originino da una
1111 chiamata ad una \func{kill} o altra funzione affine, è indefinito. Un gestore
1112 che ritorna da questi segnali può dare luogo ad un ciclo infinito.
1115 \subsection{Le funzioni per l'invio di segnali}
1116 \label{sec:sig_kill_raise}
1118 Come accennato in sez.~\ref{sec:sig_types} un segnale può anche essere
1119 generato direttamente nell'esecuzione di un programma, attraverso la chiamata
1120 ad una opportuna \textit{system call}. Le funzioni che si utilizzano di solito
1121 per inviare un segnale generico ad un processo sono \func{raise} e
1124 La funzione \funcd{raise}, definita dallo standard ANSI C, serve per inviare
1125 un segnale al processo corrente,\footnote{non prevedendo la presenza di un
1126 sistema multiutente lo standard ANSI C non poteva che definire una funzione
1127 che invia il segnale al programma in esecuzione, nel caso di Linux questa
1128 viene implementata come funzione di compatibilità.} il suo prototipo è:
1132 \fdecl{int raise(int sig)}
1133 \fdesc{Invia un segnale al processo corrente.}
1136 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1137 caso \var{errno} assumerà il valore:
1139 \item[\errcode{EINVAL}] il segnale \param{sig} non è valido.
1144 Il valore di \param{sig} specifica il segnale che si vuole inviare e può
1145 essere specificato con una delle costanti illustrate in
1146 tab.~\ref{tab:sig_signal_list}. In genere questa funzione viene usata per
1147 riprodurre il comportamento predefinito di un segnale che sia stato
1148 intercettato. In questo caso, una volta eseguite le operazioni volute, il
1149 gestore dovrà prima reinstallare l'azione predefinita, per poi attivarla
1150 chiamando \func{raise}.
1152 In realtà \func{raise} è una funzione di libreria, che per i processi ordinari
1153 veniva implementata (nelle versioni più recenti del kernel viene usata
1154 \func{tgkill} che vedremo in sez.~\ref{sec:thread_signal}) attraverso la
1155 funzione di sistema \funcd{kill} che è quella che consente effettivamente di
1156 inviare un segnale generico ad un processo, il suo prototipo è:
1161 \fdecl{int kill(pid\_t pid, int sig)}
1162 \fdesc{Invia un segnale ad uno o più processi.}
1165 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1166 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1168 \item[\errcode{EINVAL}] il segnale specificato non esiste.
1169 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno privilegi sufficienti ad inviare il
1171 \item[\errcode{ESRCH}] il processo o il gruppo di processi indicato non
1177 La funzione invia il segnale specificato dall'argomento \param{sig} al
1178 processo o ai processi specificati con l'argomento \param{pid}. Lo standard
1179 POSIX prevede che il valore 0 per \param{sig} sia usato per specificare il
1180 segnale nullo. Se la funzione viene chiamata con questo valore non viene
1181 inviato nessun segnale, ma viene eseguito il controllo degli errori, in tal
1182 caso si otterrà un errore \errcode{EPERM} se non si hanno i permessi necessari
1183 ed un errore \errcode{ESRCH} se il processo o i processi specificati
1184 con \param{pid} non esistono.
1189 \begin{tabular}[c]{|r|p{8cm}|}
1191 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
1194 $>0$ & Il segnale è mandato al processo con \ids{PID} uguale
1196 0 & Il segnale è mandato ad ogni processo del \textit{process group}
1197 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) del chiamante.\\
1198 $-1$ & Il segnale è mandato ad ogni processo (eccetto \cmd{init}).\\
1199 $<-1$& Il segnale è mandato ad ogni processo del \textit{process group}
1200 con \ids{PGID} uguale a $|\param{pid}|$.\\
1203 \caption{Valori dell'argomento \param{pid} per la funzione
1205 \label{tab:sig_kill_values}
1208 A seconda del valore dell'argomento \param{pid} si può inviare il segnale ad
1209 uno specifico processo, ad un \textit{process group} (vedi
1210 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o a tutti i processi, secondo quanto
1211 illustrato in tab.~\ref{tab:sig_kill_values} che riporta i valori possibili
1212 per questo argomento. Si tenga conto però che il sistema ricicla i \ids{PID}
1213 (come accennato in sez.~\ref{sec:proc_pid}) per cui l'esistenza di un processo
1214 non significa che esso sia realmente quello a cui si intendeva mandare il
1215 segnale (torneremo su questo in sez.~\ref{sec:sig_pid_fd}).
1217 Indipendentemente dalla funzione specifica che viene usata solo
1218 l'amministratore può inviare un segnale ad un processo qualunque, in tutti gli
1219 altri casi l'\ids{UID} reale o l'\ids{UID} effettivo del processo chiamante
1220 devono corrispondere all'\ids{UID} reale o all'\ids{UID} salvato della
1221 destinazione.\footnote{questo a partire dal kernel 1.3.78, seguendo lo
1222 standard POSIX.1; in precedenza il comportamento era diverso, gli
1223 interessati alla storia possono consultare la pagina di manuale della
1224 funzione.} Fa eccezione il caso in cui il segnale inviato sia
1225 \signal{SIGCONT}, nel quale occorre anche che entrambi i processi appartengano
1226 alla stessa sessione.
1228 Si tenga presente che, per il ruolo fondamentale che riveste nel sistema, non
1229 è possibile inviare al processo 1 (cioè a \cmd{init}) segnali per i quali esso
1230 non abbia un gestore installato. Infine, seguendo le specifiche POSIX
1231 1003.1-2001, l'uso della chiamata \code{kill(-1, sig)} comporta che il segnale
1232 sia inviato (con la solita eccezione di \cmd{init}) a tutti i processi per i
1233 quali i permessi lo consentano. Lo standard permette comunque alle varie
1234 implementazioni di escludere alcuni processi specifici: nel caso in questione
1235 Linux non invia il segnale al processo che ha effettuato la chiamata.
1237 Si noti pertanto che la funzione \code{raise(sig)} può essere definita in
1238 termini di \func{kill}, ed è sostanzialmente equivalente ad una
1239 \code{kill(getpid(), sig)}. Siccome \func{raise}, che è definita nello
1240 standard ISO C, non esiste in alcune vecchie versioni di Unix, in generale
1241 l'uso di \func{kill} finisce per essere più portabile. Una seconda funzione
1242 che può essere definita in termini di \func{kill} è \funcd{killpg}, il suo
1247 \fdecl{int killpg(pid\_t pidgrp, int signal)}
1248 \fdesc{Invia un segnale ad un \textit{process group}.}
1251 { La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, e gli
1252 errori sono gli stessi di \func{kill}.
1257 La funzione invia il segnale \param{signal} al \textit{process group} il cui
1258 \acr{PGID} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è indicato
1259 dall'argomento \param{pidgrp}, che deve essere un intero positivo. Il suo
1260 utilizzo è sostanzialmente equivalente all'esecuzione di \code{kill(-pidgrp,
1263 Oltre alle precedenti funzioni di base, vedremo più avanti che esistono altre
1264 funzioni per inviare segnali generici, come \func{sigqueue} per i segnali
1265 \textit{real-time} (vedi sez.~\ref{sec:sig_real_time}) e le specifiche
1266 funzioni per i \textit{thread} che tratteremo in sez.~\ref{sec:thread_signal}.
1268 Esiste però un'ultima funzione che permette l'invio diretto di un segnale che
1269 vale la pena di trattare a parte per le sue peculiarità. La funzione in
1270 questione è \funcd{abort} che, come accennato in
1271 sez.~\ref{sec:proc_termination}, permette di abortire l'esecuzione di un
1272 programma tramite l'invio del segnale \signal{SIGABRT}. Il suo prototipo è:
1276 \fdecl{void abort(void)}
1277 \fdesc{Abortisce il processo corrente.}
1280 {La funzione non ritorna, il processo viene terminato.}
1283 La differenza fra questa funzione e l'uso di \func{raise} o di un'altra
1284 funzione per l'invio di \signal{SIGABRT} è che anche se il segnale è bloccato
1285 o ignorato, la funzione ha effetto lo stesso. Il segnale può però essere
1286 intercettato per effettuare eventuali operazioni di chiusura prima della
1287 terminazione del processo.
1289 Lo standard ANSI C richiede inoltre che anche se il gestore ritorna, la
1290 funzione non ritorni comunque. Lo standard POSIX.1 va oltre e richiede che se
1291 il processo non viene terminato direttamente dal gestore sia la stessa
1292 \func{abort} a farlo al ritorno dello stesso. Inoltre, sempre seguendo lo
1293 standard POSIX, prima della terminazione tutti i file aperti e gli stream
1294 saranno chiusi ed i buffer scaricati su disco. Non verranno invece eseguite le
1295 eventuali funzioni registrate con \func{atexit} e \func{on\_exit}.
1297 \subsection{Le funzioni di allarme ed i \textit{timer}}
1298 \label{sec:sig_alarm_abort}
1300 Un caso particolare di segnali generati a richiesta è quello che riguarda i
1301 vari segnali usati per la temporizzazione, per ciascuno di essi infatti sono
1302 previste delle funzioni specifiche che ne effettuino l'invio. La più comune, e
1303 la più semplice, delle funzioni usate per la temporizzazione è la funzione di
1304 sistema \funcd{alarm}, il cui prototipo è:
1308 \fdecl{unsigned int alarm(unsigned int seconds)}
1309 \fdesc{Predispone l'invio di un allarme.}
1312 {La funzione ritorna il numero di secondi rimanenti ad un precedente allarme,
1313 o $0$ se non c'erano allarmi pendenti, non sono previste condizioni di
1317 La funzione fornisce un meccanismo che consente ad un processo di predisporre
1318 un'interruzione nel futuro, ad esempio per effettuare una qualche operazione
1319 dopo un certo periodo di tempo, programmando l'emissione di un segnale (nel
1320 caso in questione \signal{SIGALRM}) dopo il numero di secondi specificato
1321 dall'argomento \param{seconds}. Se si specifica per \param{seconds} un valore
1322 nullo non verrà inviato nessun segnale. Siccome alla chiamata viene cancellato
1323 ogni precedente allarme, questo valore può essere usato per cancellare una
1324 programmazione precedente.
1326 La funzione inoltre ritorna il numero di secondi rimanenti all'invio
1327 dell'allarme programmato in precedenza. In questo modo è possibile controllare
1328 se non si è cancellato un precedente allarme e predisporre eventuali misure
1329 che permettano di gestire il caso in cui servono più interruzioni.
1331 In sez.~\ref{sec:sys_unix_time} abbiamo visto che ad ogni processo sono
1332 associati tre tempi diversi: il \textit{clock time}, l'\textit{user time} ed
1333 il \textit{system time}. Per poterli calcolare il kernel mantiene per ciascun
1334 processo tre diversi timer:
1336 \item un \textit{real-time timer} che calcola il tempo reale trascorso (che
1337 corrisponde al \textit{clock time}). La scadenza di questo timer provoca
1338 l'emissione di \signal{SIGALRM};
1339 \item un \textit{virtual timer} che calcola il tempo di processore usato dal
1340 processo in \textit{user space} (che corrisponde all'\textit{user time}). La
1341 scadenza di questo timer provoca l'emissione di \signal{SIGVTALRM};
1342 \item un \textit{profiling timer} che calcola la somma dei tempi di processore
1343 utilizzati direttamente dal processo in \textit{user space}, e dal kernel
1344 nelle \textit{system call} ad esso relative (che corrisponde a quello che in
1345 sez.~\ref{sec:sys_unix_time} abbiamo chiamato \textit{processor time}). La
1346 scadenza di questo timer provoca l'emissione di \signal{SIGPROF}.
1349 Il timer usato da \func{alarm} è il \textit{clock time}, e corrisponde cioè al
1350 tempo reale. La funzione come abbiamo visto è molto semplice, ma proprio per
1351 questo presenta numerosi limiti: non consente di usare gli altri timer, non
1352 può specificare intervalli di tempo con precisione maggiore del secondo e
1353 genera il segnale una sola volta.
1355 Per ovviare a questi limiti Linux deriva da BSD la funzione \funcd{setitimer}
1356 che permette di usare un timer qualunque e l'invio di segnali periodici, al
1357 costo però di una maggiore complessità d'uso e di una minore portabilità. Il
1362 \fdecl{int setitimer(int which, const struct itimerval *value, struct
1365 \fdesc{Predispone l'invio di un segnale di allarme.}
1368 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1369 caso \var{errno} assumerà uno dei valori \errval{EINVAL} o \errval{EFAULT}
1370 nel loro significato generico.}
1374 La funzione predispone l'invio di un segnale di allarme alla scadenza
1375 dell'intervallo indicato dall'argomento \param{value}. Il valore
1376 dell'argomento \param{which} permette di specificare quale dei tre timer
1377 illustrati in precedenza usare; i possibili valori sono riportati in
1378 tab.~\ref{tab:sig_setitimer_values}.
1382 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
1384 \textbf{Valore} & \textbf{Timer} \\
1387 \constd{ITIMER\_REAL} & \textit{real-time timer}\\
1388 \constd{ITIMER\_VIRTUAL} & \textit{virtual timer}\\
1389 \constd{ITIMER\_PROF} & \textit{profiling timer}\\
1392 \caption{Valori dell'argomento \param{which} per la funzione
1394 \label{tab:sig_setitimer_values}
1397 Il valore della struttura specificata \param{value} viene usato per impostare
1398 il timer, se il puntatore \param{ovalue} non è nullo il precedente valore
1399 viene salvato qui. I valori dei timer devono essere indicati attraverso una
1400 struttura \struct{itimerval}, definita in fig.~\ref{fig:file_stat_struct}.
1402 La struttura è composta da due membri, il primo, \var{it\_interval} definisce
1403 il periodo del timer; il secondo, \var{it\_value} il tempo mancante alla
1404 scadenza. Entrambi esprimono i tempi tramite una struttura \struct{timeval} che
1405 permette una precisione fino al microsecondo.
1407 Ciascun timer decrementa il valore di \var{it\_value} fino a zero, poi invia
1408 il segnale e reimposta \var{it\_value} al valore di \var{it\_interval}, in
1409 questo modo il ciclo verrà ripetuto; se invece il valore di \var{it\_interval}
1410 è nullo il timer si ferma.
1412 \begin{figure}[!htb]
1413 \footnotesize \centering
1414 \begin{minipage}[c]{0.8\textwidth}
1415 \includestruct{listati/itimerval.h}
1418 \caption{La struttura \structd{itimerval}, che definisce i valori dei timer
1420 \label{fig:sig_itimerval}
1423 L'uso di \func{setitimer} consente dunque un controllo completo di tutte le
1424 caratteristiche dei timer, ed in effetti la stessa \func{alarm}, benché
1425 definita direttamente nello standard POSIX.1, può a sua volta essere espressa
1426 in termini di \func{setitimer}, come evidenziato dal manuale della \acr{glibc}
1427 \cite{GlibcMan} che ne riporta la definizione mostrata in
1428 fig.~\ref{fig:sig_alarm_def}.\footnote{questo comporta anche che non è il caso
1429 di mescolare chiamate ad \func{abort} e a \func{setitimer}.}
1431 \begin{figure}[!htb]
1432 \footnotesize \centering
1433 \begin{minipage}[c]{0.8\textwidth}
1434 \includestruct{listati/alarm_def.c}
1437 \caption{Definizione di \func{alarm} in termini di \func{setitimer}.}
1438 \label{fig:sig_alarm_def}
1441 Si deve comunque tenere presente che fino al kernel 2.6.16 la precisione di
1442 queste funzioni era limitata dalla frequenza del timer di sistema, determinato
1443 dal valore della costante \texttt{HZ} di cui abbiamo già parlato in
1444 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, in quanto le temporizzazioni erano calcolate in
1445 numero di interruzioni del timer (i cosiddetti ``\textit{jiffies}''), ed era
1446 assicurato soltanto che il segnale non sarebbe stato mai generato prima della
1447 scadenza programmata (l'arrotondamento cioè era effettuato per
1448 eccesso).\footnote{questo in realtà non è del tutto vero a causa di un bug,
1449 presente fino al kernel 2.6.12, che in certe circostanze causava l'emissione
1450 del segnale con un arrotondamento per difetto.}
1452 L'uso del contatore dei \textit{jiffies}, un intero a 32 bit nella maggior
1453 parte dei casi, comportava inoltre l'impossibilità di specificare tempi molto
1454 lunghi. superiori al valore della costante \constd{MAX\_SEC\_IN\_JIFFIES},
1455 pari, nel caso di default di un valore di \const{HZ} di 250, a circa 99 giorni
1456 e mezzo. Con il cambiamento della rappresentazione effettuato nel kernel
1457 2.6.16 questo problema è scomparso e con l'introduzione dei timer ad alta
1458 risoluzione (vedi sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}) nel kernel 2.6.21 la
1459 precisione è diventata quella fornita dall'hardware disponibile.
1461 Una seconda causa di potenziali ritardi è che il segnale viene generato alla
1462 scadenza del timer, ma poi deve essere consegnato al processo; se quest'ultimo
1463 è attivo (questo è sempre vero per \const{ITIMER\_VIRTUAL}) la consegna è
1464 immediata, altrimenti può esserci un ulteriore ritardo che può variare a
1465 seconda del carico del sistema.
1467 Questo ha una conseguenza che può indurre ad errori molto subdoli, si tenga
1468 conto poi che in caso di sistema molto carico, si può avere il caso patologico
1469 in cui un timer scade prima che il segnale di una precedente scadenza sia
1470 stato consegnato. In questo caso, per il comportamento dei segnali descritto
1471 in sez.~\ref{sec:sig_sigchld}, un solo segnale sarà consegnato. Per questo
1472 oggi l'uso di questa funzione è deprecato a favore degli
1473 \textit{high-resolution timer} e della cosiddetta \textit{POSIX Timer API},
1474 che tratteremo in sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}.
1476 Dato che sia \func{alarm} che \func{setitimer} non consentono di leggere il
1477 valore corrente di un timer senza modificarlo, è possibile usare la funzione
1478 \funcd{getitimer}, il cui prototipo è:
1482 \fdecl{int getitimer(int which, struct itimerval *value)}
1483 \fdesc{Legge il valore di un timer.}
1486 { La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1487 caso \var{errno} assumerà gli stessi valori di \func{getitimer}. }
1490 La funzione legge nella struttura \struct{itimerval} puntata da \param{value}
1491 il valore del timer specificato da \param{which} ed i suoi argomenti hanno lo
1492 stesso significato e formato di quelli di \func{setitimer}.
1495 \subsection{Le funzioni di pausa e attesa}
1496 \label{sec:sig_pause_sleep}
1498 Sono parecchie le occasioni in cui si può avere necessità di sospendere
1499 temporaneamente l'esecuzione di un processo. Nei sistemi più elementari in
1500 genere questo veniva fatto con un ciclo di attesa in cui il programma ripete
1501 una operazione un numero sufficiente di volte per far passare il tempo
1504 Ma in un sistema multitasking un ciclo di attesa è solo un inutile spreco di
1505 tempo di processore dato che altri programmi possono essere eseguiti nel
1506 frattempo, per questo ci sono delle apposite funzioni che permettono di
1507 mantenere un processo in attesa per il tempo voluto, senza impegnare il
1508 processore. In pratica si tratta di funzioni che permettono di portare
1509 esplicitamente il processo nello stato di \textit{sleep} (si ricordi quanto
1510 illustrato in tab.~\ref{tab:proc_proc_states}) per un certo periodo di tempo.
1512 La prima di queste è la funzione di sistema \funcd{pause}, che viene usata per
1513 mettere un processo in attesa per un periodo di tempo indefinito, fino
1514 all'arrivo di un segnale, il suo prototipo è:
1518 \fdecl{int pause(void)}
1519 \fdesc{Pone il processo in pausa fino al ricevimento di un segnale.}
1522 {La funzione ritorna solo dopo che un segnale è stato ricevuto ed il relativo
1523 gestore è ritornato, nel qual caso restituisce $-1$ e \var{errno} assume il
1524 valore \errval{EINTR}.}
1527 La funzione ritorna sempre con una condizione di errore, dato che il successo
1528 sarebbe quello di continuare ad aspettare indefinitamente. In genere si usa
1529 questa funzione quando si vuole mettere un processo in attesa di un qualche
1530 evento specifico che non è sotto il suo diretto controllo, ad esempio la si
1531 può usare per interrompere l'esecuzione del processo fino all'arrivo di un
1532 segnale inviato da un altro processo.
1534 Quando invece si vuole fare attendere un processo per un intervallo di tempo
1535 già noto in partenza, lo standard POSIX.1 prevede una funzione di attesa
1536 specifica, \funcd{sleep}, il cui prototipo è:
1541 \fdecl{unsigned int sleep(unsigned int seconds)}
1542 \fdesc{Pone il processo in pausa per un tempo in secondi.}
1545 {La funzione ritorna $0$ se l'attesa viene completata o il
1546 numero di secondi restanti se viene interrotta da un segnale, non sono
1547 previsti codici di errore.}
1550 La funzione pone il processo in stato di \textit{sleep} per il numero di
1551 secondi specificato dall'argomento \param{seconds}, a meno di non essere
1552 interrotta da un segnale. Alla terminazione del periodo di tempo indicato la
1553 funzione ritorna riportando il processo in stato \textit{runnable} così che
1554 questo possa riprendere l'esecuzione.
1556 In caso di interruzione della funzione non è una buona idea ripetere la
1557 chiamata per il tempo rimanente restituito dalla stessa, in quanto la
1558 riattivazione del processo può avvenire in un qualunque momento, ma il valore
1559 restituito sarà sempre arrotondato al secondo. Questo può avere la conseguenza
1560 che se la successione dei segnali è particolarmente sfortunata e le differenze
1561 si accumulano, si possono avere ritardi anche di parecchi secondi rispetto a
1562 quanto programmato inizialmente. In genere la scelta più sicura in questo caso
1563 è quella di stabilire un termine per l'attesa, e ricalcolare tutte le volte il
1564 numero di secondi che restano da aspettare.
1566 Si tenga presente che alcune implementazioni l'uso di \func{sleep} può avere
1567 conflitti con quello di \signal{SIGALRM}, dato che la funzione può essere
1568 realizzata con l'uso di \func{pause} e \func{alarm}, in una maniera analoga a
1569 quella dell'esempio che vedremo in sez.~\ref{sec:sig_example}. In tal caso
1570 mescolare chiamate di \func{alarm} e \func{sleep} o modificare l'azione
1571 associata \signal{SIGALRM}, può portare a dei risultati indefiniti. Nel caso
1572 della \acr{glibc} è stata usata una implementazione completamente indipendente
1573 e questi problemi non ci sono, ma un programma portabile non può fare questa
1576 La granularità di \func{sleep} permette di specificare attese soltanto in
1577 secondi, per questo sia sotto BSD4.3 che in SUSv2 è stata definita un'altra
1578 funzione con una precisione teorica del microsecondo. I due standard hanno
1579 delle definizioni diverse, ma la \acr{glibc} segue (secondo la pagina di
1580 manuale almeno dalla versione 2.2.2) quella di SUSv2 per cui la
1581 funzione \funcd{usleep} (dove la \texttt{u} è intesa come sostituzione di
1582 $\mu$), ha il seguente prototipo:
1586 \fdecl{int usleep(unsigned long usec)}
1587 \fdesc{Pone il processo in pausa per un tempo in microsecondi.}
1590 {La funzione ritorna $0$ se l'attesa viene completata e $-1$ per un errore,
1591 nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1593 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
1594 \item[\errcode{EINVAL}] si è indicato un valore di \param{usec} maggiore di
1600 Anche questa funzione, a seconda delle implementazioni, può presentare
1601 problemi nell'interazione con \func{alarm} e \signal{SIGALRM}, per questo
1602 motivo, pur essendovi citata, nello standard POSIX.1-2001 viene deprecata in
1603 favore della nuova funzione di sistema \funcd{nanosleep}, il cui prototipo è:
1607 \fdecl{int nanosleep(const struct timespec *req, struct timespec *rem)}
1608 \fdesc{Pone il processo in pausa per un intervallo di tempo.}
1611 {La funzione ritorna $0$ se l'attesa viene completata e $-1$ per un errore,
1612 nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1614 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
1615 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un numero di secondi negativo o un
1616 numero di nanosecondi maggiore di 999.999.999.
1621 La funzione pone il processo in pausa portandolo nello stato di \textit{sleep}
1622 per il tempo specificato dall'argomento \param{req}, ed in caso di
1623 interruzione restituisce il tempo restante nell'argomento \param{rem}. Lo
1624 standard richiede che la funzione sia implementata in maniera del tutto
1625 indipendente da \func{alarm}, e nel caso di Linux questo è fatto utilizzando
1626 direttamente il timer del kernel. Lo standard richiede inoltre che la funzione
1627 sia utilizzabile senza interferenze con l'uso di \signal{SIGALRM}. La funzione
1628 prende come argomenti delle strutture di tipo \struct{timespec}, la cui
1629 definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_timespec_struct}, il che permette
1630 di specificare un tempo con una precisione teorica fino al nanosecondo.
1632 La funzione risolve anche il problema di proseguire l'attesa dopo
1633 l'interruzione dovuta ad un segnale; infatti in tal caso in \param{rem} viene
1634 restituito il tempo rimanente rispetto a quanto richiesto
1635 inizialmente,\footnote{con l'eccezione, valida solo nei kernel della serie
1636 2.4, in cui, per i processi riavviati dopo essere stati fermati da un
1637 segnale, il tempo passato in stato \texttt{T} non viene considerato nel
1638 calcolo della rimanenza.} e basta richiamare la funzione per completare
1641 Anche qui però occorre tenere presente che i tempi sono arrotondati, per cui
1642 la precisione, per quanto migliore di quella ottenibile con \func{sleep}, è
1643 relativa e in caso di molte interruzioni si può avere una deriva, per questo
1644 esiste la funzione \func{clock\_nanosleep} (vedi sez.~\ref{sec:sig_timer_adv})
1645 che permette di specificare un tempo assoluto anziché un tempo relativo.
1647 Chiaramente, anche se il tempo può essere specificato con risoluzioni fino al
1648 nanosecondo, la precisione di \func{nanosleep} è determinata dalla risoluzione
1649 temporale del timer di sistema. Perciò la funzione attenderà comunque il tempo
1650 specificato, ma prima che il processo possa tornare ad essere eseguito
1651 occorrerà almeno attendere la successiva interruzione del timer di sistema,
1652 cioè un tempo che a seconda dei casi può arrivare fino a 1/\const{HZ}, (sempre
1653 che il sistema sia scarico ed il processa venga immediatamente rimesso in
1654 esecuzione). Per questo motivo il valore restituito in \param{rem} è sempre
1655 arrotondato al multiplo successivo di 1/\const{HZ}.
1657 Con i kernel della serie 2.4 in realtà era possibile ottenere anche pause più
1658 precise del centesimo di secondo usando politiche di \textit{scheduling}
1659 \textit{real-time} come \const{SCHED\_FIFO} o \const{SCHED\_RR} (vedi
1660 sez.~\ref{sec:proc_real_time}); in tal caso infatti il calcolo sul numero di
1661 interruzioni del timer veniva evitato utilizzando direttamente un ciclo di
1662 attesa con cui si raggiungevano pause fino ai 2~ms con precisioni del
1663 $\mu$s. Questa estensione è stata rimossa con i kernel della serie 2.6, che
1664 consentono una risoluzione più alta del timer di sistema; inoltre a partire
1665 dal kernel 2.6.21, \func{nanosleep} può avvalersi del supporto dei timer ad
1666 alta risoluzione, ottenendo la massima precisione disponibile sull'hardware
1667 della propria macchina.
1670 \subsection{Un esempio elementare}
1671 \label{sec:sig_sigchld}
1673 Un semplice esempio per illustrare il funzionamento di un gestore di segnale è
1674 quello della gestione di \signal{SIGCHLD}. Abbiamo visto in
1675 sez.~\ref{sec:proc_termination} che una delle azioni eseguite dal kernel alla
1676 conclusione di un processo è quella di inviare questo segnale al padre. In
1677 generale dunque, quando non interessa elaborare lo stato di uscita di un
1678 processo, si può completare la gestione della terminazione installando un
1679 gestore per \signal{SIGCHLD} il cui unico compito sia quello di chiamare
1680 \func{waitpid} per completare la procedura di terminazione in modo da evitare
1681 la formazione di \textit{zombie}.\footnote{si ricordi comunque che dal kernel
1682 2.6 seguendo lo standard POSIX.1-2001 per evitare di dover ricevere gli
1683 stati di uscita che non interessano basta impostare come azione predefinita
1684 quella di ignorare \signal{SIGCHLD}, nel qual caso viene assunta la
1685 semantica di System V, in cui il segnale non viene inviato, il sistema non
1686 genera \textit{zombie} e lo stato di terminazione viene scartato senza dover
1687 chiamare una \func{wait}.}
1689 In fig.~\ref{fig:sig_sigchld_handl} è mostrato il codice contenente una
1690 implementazione generica di una funzione di gestione per \signal{SIGCHLD},
1691 (che si trova nei sorgenti allegati nel file \file{SigHand.c}); se ripetiamo i
1692 test di sez.~\ref{sec:proc_termination}, invocando \cmd{forktest} con
1693 l'opzione \cmd{-s} (che si limita ad effettuare l'installazione di questa
1694 funzione come gestore di \signal{SIGCHLD}) potremo verificare che non si ha
1695 più la creazione di \textit{zombie}.
1697 \begin{figure}[!htbp]
1698 \footnotesize \centering
1699 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1700 \includecodesample{listati/hand_sigchild.c}
1703 \caption{Codice di una funzione generica di gestione per il segnale
1705 \label{fig:sig_sigchld_handl}
1708 Il codice del gestore è di lettura immediata, come buona norma di
1709 programmazione (si ricordi quanto accennato sez.~\ref{sec:sys_errno}) si
1710 comincia (\texttt{\small 6--7}) con il salvare lo stato corrente di
1711 \var{errno}, in modo da poterlo ripristinare prima del ritorno del gestore
1712 (\texttt{\small 16--17}). In questo modo si preserva il valore della variabile
1713 visto dal corso di esecuzione principale del processo, che altrimenti sarebbe
1714 sovrascritto dal valore restituito nella successiva chiamata di
1717 Il compito principale del gestore è quello di ricevere lo stato di
1718 terminazione del processo, cosa che viene eseguita nel ciclo in
1719 (\texttt{\small 9--15}). Il ciclo è necessario a causa di una caratteristica
1720 fondamentale della gestione dei segnali: abbiamo già accennato come fra la
1721 generazione di un segnale e l'esecuzione del gestore possa passare un certo
1722 lasso di tempo e niente ci assicura che il gestore venga eseguito prima della
1723 generazione di ulteriori segnali dello stesso tipo. In questo caso normalmente
1724 i segnali successivi vengono ``\textsl{fusi}'' col primo ed al processo ne
1725 viene recapitato soltanto uno.
1727 Questo può essere un caso comune proprio con \signal{SIGCHLD}, qualora capiti
1728 che molti processi figli terminino in rapida successione. Esso inoltre si
1729 presenta tutte le volte che un segnale viene bloccato: per quanti siano i
1730 segnali emessi durante il periodo di blocco, una volta che quest'ultimo sarà
1731 rimosso verrà recapitato un solo segnale.
1733 Allora, nel caso della terminazione dei processi figli, se si chiamasse
1734 \func{waitpid} una sola volta, essa leggerebbe lo stato di terminazione per un
1735 solo processo, anche se i processi terminati sono più di uno, e gli altri
1736 resterebbero in stato di \textit{zombie} per un tempo indefinito.
1738 Per questo occorre ripetere la chiamata di \func{waitpid} fino a che essa non
1739 ritorni un valore nullo, segno che non resta nessun processo di cui si debba
1740 ancora ricevere lo stato di terminazione (si veda sez.~\ref{sec:proc_wait} per
1741 la sintassi della funzione). Si noti anche come la funzione venga invocata con
1742 il parametro \const{WNOHANG} che permette di evitare il suo blocco quando
1743 tutti gli stati di terminazione sono stati ricevuti.
1747 \section{La gestione avanzata dei segnali}
1748 \label{sec:sig_adv_control}
1750 Le funzioni esaminate finora fanno riferimento alle modalità più elementari
1751 della gestione dei segnali; non si sono pertanto ancora prese in
1752 considerazione le tematiche più complesse, collegate alle varie \textit{race
1753 condition} che i segnali possono generare e alla natura asincrona degli
1756 Affronteremo queste problematiche in questa sezione, partendo da un esempio
1757 che le evidenzi, per poi prendere in esame le varie funzioni che permettono di
1758 risolvere i problemi più complessi connessi alla programmazione con i segnali,
1759 fino a trattare le caratteristiche generali della gestione dei medesimi nella
1760 casistica ordinaria.
1763 \subsection{Alcune problematiche aperte}
1764 \label{sec:sig_example}
1766 Come accennato in sez.~\ref{sec:sig_pause_sleep} è possibile implementare
1767 \func{sleep} a partire dall'uso di \func{pause} e \func{alarm}. A prima vista
1768 questo può sembrare di implementazione immediata; ad esempio una semplice
1769 versione di \func{sleep} potrebbe essere quella illustrata in
1770 fig.~\ref{fig:sig_sleep_wrong}.
1772 \begin{figure}[!htb]
1773 \footnotesize \centering
1774 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1775 \includecodesample{listati/sleep_danger.c}
1778 \caption{Una implementazione pericolosa di \func{sleep}.}
1779 \label{fig:sig_sleep_wrong}
1782 Dato che è nostra intenzione utilizzare \signal{SIGALRM} il primo passo della
1783 nostra implementazione sarà quello di installare il relativo gestore salvando
1784 il precedente (\texttt{\small 14--17}). Si effettuerà poi una chiamata ad
1785 \func{alarm} per specificare il tempo d'attesa per l'invio del segnale a cui
1786 segue la chiamata a \func{pause} per fermare il programma (\texttt{\small
1787 18--20}) fino alla sua ricezione. Al ritorno di \func{pause}, causato dal
1788 ritorno del gestore (\texttt{\small 1--9}), si ripristina il gestore originario
1789 (\texttt{\small 21--22}) restituendo l'eventuale tempo rimanente
1790 (\texttt{\small 23--24}) che potrà essere diverso da zero qualora
1791 l'interruzione di \func{pause} venisse causata da un altro segnale.
1793 Questo codice però, a parte il non gestire il caso in cui si è avuta una
1794 precedente chiamata a \func{alarm} (che si è tralasciato per brevità),
1795 presenta una pericolosa \textit{race condition}. Infatti, se il processo
1796 viene interrotto fra la chiamata di \func{alarm} e \func{pause}, può capitare
1797 (ad esempio se il sistema è molto carico) che il tempo di attesa scada prima
1798 dell'esecuzione di quest'ultima, cosicché essa sarebbe eseguita dopo l'arrivo
1799 di \signal{SIGALRM}. In questo caso ci si troverebbe di fronte ad un
1800 \textit{deadlock}, in quanto \func{pause} non verrebbe mai più interrotta (se
1801 non in caso di un altro segnale).
1803 Questo problema può essere risolto (ed è la modalità con cui veniva fatto in
1804 SVr2) usando la funzione \func{longjmp} (vedi sez.~\ref{sec:proc_longjmp}) per
1805 uscire dal gestore. In questo modo, con una condizione sullo stato di
1806 uscita di quest'ultima, si può evitare la chiamata a \func{pause}, usando un
1807 codice del tipo di quello riportato in fig.~\ref{fig:sig_sleep_incomplete}.
1809 \begin{figure}[!htb]
1810 \footnotesize \centering
1811 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1812 \includecodesample{listati/sleep_defect.c}
1815 \caption{Una implementazione ancora malfunzionante di \func{sleep}.}
1816 \label{fig:sig_sleep_incomplete}
1819 In questo caso il gestore (\texttt{\small 18--27}) non ritorna come in
1820 fig.~\ref{fig:sig_sleep_wrong}, ma usa la funzione \func{longjmp}
1821 (\texttt{\small 25}) per rientrare direttamente nel corpo principale del
1822 programma. Dato che in questo caso il valore di uscita che verrà restituito da
1823 \func{setjmp} è 1, grazie alla condizione impostata in (\texttt{\small 9--12})
1824 si potrà evitare comunque che \func{pause} sia chiamata a vuoto.
1826 Ma anche questa implementazione comporta dei problemi, in questo caso infatti
1827 non viene gestita correttamente l'interazione con gli altri segnali. Se
1828 infatti il segnale di allarme interrompe un altro gestore, l'esecuzione non
1829 riprenderà nel gestore in questione, ma nel ciclo principale, interrompendone
1830 inopportunamente l'esecuzione. Lo stesso tipo di problemi si presenterebbero
1831 se si volesse usare questa implementazione di \func{alarm} per stabilire un
1832 timeout su una qualunque \textit{system call} bloccante.
1834 Un secondo esempio dei problemi a cui si può andare incontro è quello in cui
1835 si usa un segnale per notificare una qualche forma di evento. In genere quello
1836 che si fa in questo caso è impostare all'interno del gestore un opportuno flag
1837 da controllare nel corpo principale del programma, con un codice del tipo di
1838 quello riportato in fig.~\ref{fig:sig_event_wrong}.
1840 La logica del programma è quella di impostare nel gestore una variabile
1841 globale preventivamente inizializzata nel programma principale ad un valore
1842 diverso (\texttt{\small 14--19}). In questo modo dal corpo principale del
1843 programma si potrà determinare, osservando il contenuto di detta variabile,
1844 l'occorrenza o meno del segnale, ed eseguire le conseguenti azioni relative
1845 (\texttt{\small 6--11}).
1847 \begin{figure}[!htbp]
1848 \footnotesize\centering
1849 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1850 \includecodesample{listati/sig_alarm.c}
1853 \caption{Un esempio non funzionante del codice per il controllo di un
1854 evento generato da un segnale.}
1855 \label{fig:sig_event_wrong}
1858 Questo è il tipico esempio di caso, già citato in
1859 sez.~\ref{sec:proc_race_cond}, in cui si genera una \textit{race
1860 condition}. Infatti, in una situazione in cui un segnale è già arrivato (e
1861 quindi \var{flag} è già stata impostata ad 1 nel gestore) se un altro segnale
1862 arriva immediatamente dopo l'esecuzione del controllo (\texttt{\small 6}) ma
1863 prima della cancellazione di \var{flag} fatta subito dopo (\texttt{\small 7}),
1864 la sua occorrenza sarà perduta.
1866 Questi esempi ci mostrano come per poter eseguire una gestione effettiva dei
1867 segnali occorrono delle funzioni più sofisticate di quelle finora
1868 illustrate. La funzione \func{signal} infatti ha la sua origine
1869 nell'interfaccia alquanto primitiva che venne adottata nei primi sistemi Unix,
1870 ma con questa funzione è sostanzialmente impossibile gestire in maniera
1871 adeguata di tutti i possibili aspetti con cui un processo deve reagire alla
1872 ricezione di un segnale.
1876 \subsection{Gli \textsl{insiemi di segnali} o \textit{signal set}}
1877 \label{sec:sig_sigset}
1879 \itindbeg{signal~set}
1881 Come evidenziato nel paragrafo precedente, le funzioni di gestione dei segnali
1882 originarie, nate con la semantica inaffidabile, hanno dei limiti non
1883 superabili; in particolare non è prevista nessuna funzione che permetta di
1884 gestire il blocco dei segnali o di verificare lo stato dei segnali pendenti.
1886 Per questo motivo lo standard POSIX.1, insieme alla nuova semantica dei
1887 segnali ha introdotto una interfaccia di gestione completamente nuova, che
1888 permette di ottenere un controllo molto più dettagliato. In particolare lo
1889 standard ha introdotto un nuovo tipo di dato \type{sigset\_t}, che permette di
1890 rappresentare un \textsl{insieme di segnali} (un \textit{signal set}, come
1891 viene usualmente chiamato), tale tipo di dato viene usato per gestire il
1894 Inizialmente un \textsl{insieme di segnali} veniva rappresentato da un intero
1895 di dimensione opportuna, di solito pari al numero di bit dell'architettura
1896 della macchina, ciascun bit del quale era associato ad uno specifico
1897 segnale. Nel caso di architetture a 32 bit questo comporta un massimo di 32
1898 segnali distinti e dato che a lungo questi sono stati sufficienti non c'era
1899 necessità di nessuna struttura più complicata, in questo modo era possibile
1900 implementare le operazioni direttamente con istruzioni elementari del
1903 Oggi questo non è più vero, in particolare con l'introduzione dei segnali
1904 \textit{real-rime} (che vedremo in sez.~\ref{sec:sig_real_time}). Dato che in
1905 generale non si può fare conto sulle caratteristiche di una implementazione,
1906 perché non è detto che si disponga di un numero di bit sufficienti per mettere
1907 tutti i segnali in un intero, o perché in \type{sigset\_t} possono essere
1908 immagazzinate ulteriori informazioni, tutte le operazioni devono essere
1909 effettuate tramite le opportune funzioni di libreria che si curano di
1910 mascherare i dettagli di basso livello.
1912 Lo standard POSIX.1 definisce cinque funzioni per la manipolazione degli
1913 insiemi di segnali. Le prime quattro, che consentono di manipolare i contenuti
1914 di un \textit{signal set}, sono \funcd{sigemptyset}, \funcd{sigfillset},
1915 \funcd{sigaddset} e \funcd{sigdelset}; i rispettivi prototipi sono:
1919 \fdecl{int sigemptyset(sigset\_t *set)}
1920 \fdesc{Inizializza un insieme di segnali vuoto.}
1921 \fdecl{int sigfillset(sigset\_t *set)}
1922 \fdesc{Inizializza un insieme di segnali pieno.}
1923 \fdecl{int sigaddset(sigset\_t *set, int signum)}
1924 \fdesc{Aggiunge un segnale ad un insieme di segnali.}
1925 \fdecl{int sigdelset(sigset\_t *set, int signum)}
1926 \fdesc{Rimuove un segnale da un insieme di segnali.}
1929 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo, e $-1$ per un errore, nel qual
1930 caso \var{errno} assumerà il valore:
1932 \item[\errcode{EINVAL}] \param{signum} non è un segnale valido.
1937 Le prime due funzioni inizializzano l'insieme di segnali indicato
1938 dall'argomento \param{set} rispettivamente ad un contenuto vuoto (in cui cioè
1939 non c'è nessun segnale) e pieno (in cui cioè ci sono tutti i segnali). Le
1940 altre due funzioni consentono di inserire o rimuovere uno specifico segnale
1941 indicato con l'argomento \param{signum} in un insieme.
1943 A queste funzioni si aggiunge l'ulteriore \funcd{sigismember}, che consente di
1944 verificare la presenza di un segnale in un insieme, il suo prototipo è:
1948 \fdecl{int sigismember(const sigset\_t *set, int signum)}
1949 \fdesc{Controlla se un segnale è in un insieme di segnali.}
1952 {La funzione ritorna $1$ il segnale è nell'insieme e $0$ altrimenti, e $-1$
1953 per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}
1954 se si è specificato un puntatore \var{NULL}.}
1957 La \acr{glibc} prevede inoltre altre funzioni non standardizzate, accessibili
1958 definendo la macro \macro{\_GNU\_SOURCE}. La prima di queste è
1959 \funcd{sigisemptyset}, che consente di verificare un insieme è vuoto, il suo
1964 \fdecl{int sigisemptyset(sigset\_t *set)}
1965 \fdesc{Controlla se un insieme di segnali è vuoto.}
1968 {La funzione ritorna $1$ l'insieme è vuoto e $0$ altrimenti, non sono previste
1969 condizioni di errore.}
1972 Alla precedente si aggiungono altre due funzioni consentono di effettuare
1973 delle operazioni logiche con gli insiemi di segnali, esse sono
1974 \funcd{sigorset} e \funcd{sigandset}, ed i rispettivi prototipi sono:
1978 \fdecl{sigorset(sigset\_t *dest, sigset\_t *left, sigset\_t *right)}
1979 \fdesc{Crea l'unione di due insieme di segnali.}
1980 \fdecl{sigandset(sigset\_t *dest, sigset\_t *left, sigset\_t *right)}
1981 \fdesc{Crea l'intersezione di due insieme di segnali.}
1984 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1985 caso \var{errno} assumerà il valore \errcode{EINVAL}.}
1989 In genere si usa un insieme di segnali per specificare quali segnali si vuole
1990 bloccare, o per riottenere dalle varie funzioni di gestione la maschera dei
1991 segnali attivi (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask}). La modalità più comune, che
1992 è anche quella più portabile, prevede che possano essere definiti aggiungendo
1993 i segnali voluti ad un insieme vuoto ottenuto con \func{sigemptyset} o
1994 togliendo quelli che non servono da un insieme completo ottenuto con
1997 \itindend{signal~set}
2000 \subsection{La funzione \func{sigaction}}
2001 \label{sec:sig_sigaction}
2003 Abbiamo già accennato in sez.~\ref{sec:sig_signal} i problemi di compatibilità
2004 relativi all'uso di \func{signal}. Per ovviare a tutto questo lo standard
2005 POSIX.1 ha ridefinito completamente l'interfaccia per la gestione dei segnali,
2006 rendendola molto più flessibile e robusta, anche se leggermente più complessa.
2008 La principale funzione di sistema prevista dall'interfaccia POSIX.1 per la
2009 gestione dei segnali è \funcd{sigaction}. Essa ha sostanzialmente lo stesso
2010 uso di \func{signal}, permette cioè di specificare le modalità con cui un
2011 segnale può essere gestito da un processo. Il suo prototipo è:
2015 \fdecl{int sigaction(int signum, const struct sigaction *act, struct sigaction
2017 \fdesc{Installa una nuova azione per un segnale.}
2020 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2021 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2023 \item[\errcode{EFAULT}] si sono specificati indirizzi non validi.
2024 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un numero di segnale invalido o si è
2025 cercato di installare il gestore per \signal{SIGKILL} o
2031 La funzione serve ad installare una nuova \textsl{azione} per il segnale
2032 indicato dall'argomento \param{signum}. Si parla di \textsl{azione} e non di
2033 \textsl{gestore} come nel caso di \func{signal}, in quanto la funzione
2034 consente di specificare le varie caratteristiche della risposta al segnale,
2035 non solo la funzione che verrà eseguita alla sua occorrenza.
2037 Per questo motivo lo standard POSIX.1 raccomanda di usare sempre questa
2038 funzione al posto della precedente \func{signal}, che in genere viene
2039 ridefinita in termini di \func{sigaction}, in quanto la nuova interfaccia
2040 permette un controllo completo su tutti gli aspetti della gestione di un
2041 segnale, sia pure al prezzo di una maggiore complessità d'uso.
2043 Se il puntatore \param{act} non è nullo, la funzione installa la nuova azione
2044 da esso specificata, se \param{oldact} non è nullo il valore dell'azione
2045 corrente viene restituito indietro. Questo permette (specificando \param{act}
2046 nullo e \param{oldact} non nullo) di superare uno dei limiti di \func{signal},
2047 che non consente di ottenere l'azione corrente senza installarne una nuova. Se
2048 sia \param{act} che \param{oldact} sono nulli la funzione può essere
2049 utilizzata per verificare che il segnale indicato sia valido per la
2050 piattaforma che si sta usando (se non lo è darà errore).
2052 Entrambi i puntatori fanno riferimento alla struttura \struct{sigaction},
2053 tramite la quale si specificano tutte le caratteristiche dell'azione associata
2054 ad un segnale. Anch'essa è descritta dallo standard POSIX.1 ed in Linux è
2055 definita secondo quanto riportato in fig.~\ref{fig:sig_sigaction}. Il campo
2056 \var{sa\_restorer}, non previsto dallo standard, è obsoleto e non deve essere
2059 \begin{figure}[!htb]
2060 \footnotesize \centering
2061 \begin{minipage}[c]{0.8\textwidth}
2062 \includestruct{listati/sigaction.h}
2065 \caption{La struttura \structd{sigaction}.}
2066 \label{fig:sig_sigaction}
2069 Il campo \var{sa\_mask} serve ad indicare l'insieme dei segnali che devono
2070 essere bloccati durante l'esecuzione del gestore, ad essi viene comunque
2071 sempre aggiunto il segnale che ne ha causato la chiamata, a meno che non si
2072 sia specificato con \var{sa\_flag} un comportamento diverso. Quando il
2073 gestore ritorna comunque la maschera dei segnali bloccati (vedi
2074 sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) viene ripristinata al valore precedente
2077 L'uso di questo campo permette ad esempio di risolvere il problema residuo
2078 dell'implementazione di \code{sleep} mostrata in
2079 fig.~\ref{fig:sig_sleep_incomplete}. In quel caso infatti se il segnale di
2080 allarme avesse interrotto un altro gestore questo non sarebbe stato eseguito
2081 correttamente, la cosa poteva essere prevenuta installando gli altri gestori
2082 usando \var{sa\_mask} per bloccare \signal{SIGALRM} durante la loro
2083 esecuzione. Il valore di \var{sa\_flag} permette di specificare vari aspetti
2084 del comportamento di \func{sigaction}, e della reazione del processo ai vari
2085 segnali; i valori possibili ed il relativo significato sono riportati in
2086 tab.~\ref{tab:sig_sa_flag}.
2091 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
2093 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2096 \constd{SA\_NOCLDSTOP}& Se il segnale è \signal{SIGCHLD} allora non deve
2097 essere notificato quando il processo figlio viene
2098 fermato da uno dei segnali \signal{SIGSTOP},
2099 \signal{SIGTSTP}, \signal{SIGTTIN} o
2100 \signal{SIGTTOU}, questo flag ha significato solo
2101 quando si imposta un gestore per \signal{SIGCHLD}.\\
2102 \constd{SA\_NOCLDWAIT}& Se il segnale è \signal{SIGCHLD} e si richiede di
2103 ignorare il segnale con \const{SIG\_IGN} allora i
2104 processi figli non diventano \textit{zombie} quando
2105 terminano; questa funzionalità è stata introdotta
2106 nel kernel 2.6 e va a modificare il comportamento
2107 di \func{waitpid} come illustrato in
2108 sez.~\ref{sec:proc_wait}, se si installa un gestore
2109 con questo flag attivo il segnale \signal{SIGCHLD}
2110 viene comunque generato.\\
2111 \constd{SA\_NODEFER} & Evita che il segnale corrente sia bloccato durante
2112 l'esecuzione del gestore.\\
2113 \constd{SA\_NOMASK} & Nome obsoleto e sinonimo non standard di
2114 \const{SA\_NODEFER}, non deve essere più
2116 \constd{SA\_ONESHOT} & Nome obsoleto e sinonimo non standard di
2117 \const{SA\_RESETHAND}, non deve essere più
2119 \constd{SA\_ONSTACK} & Stabilisce l'uso di uno \textit{stack} alternativo
2120 per l'esecuzione del gestore (vedi
2121 sez.~\ref{sec:sig_specific_features}).\\
2122 \constd{SA\_RESETHAND}& Ristabilisce l'azione per il segnale al valore
2123 predefinito una volta che il gestore è stato
2124 lanciato, riproduce cioè il comportamento della
2125 semantica inaffidabile.\\
2126 \constd{SA\_RESTART} & Riavvia automaticamente le \textit{slow system
2127 call} quando vengono interrotte dal suddetto
2128 segnale, riproduce cioè il comportamento standard
2130 \constd{SA\_SIGINFO} & Deve essere specificato quando si vuole usare un
2131 gestore in forma estesa usando
2132 \var{sa\_sigaction} al posto di
2133 \var{sa\_handler}.\\
2136 \caption{Valori del campo \var{sa\_flag} della struttura \struct{sigaction}.}
2137 \label{tab:sig_sa_flag}
2140 Come si può notare in fig.~\ref{fig:sig_sigaction} \func{sigaction} permette
2141 di utilizzare due forme diverse di gestore,\footnote{la possibilità è prevista
2142 dallo standard POSIX.1b, ed è stata aggiunta nei kernel della serie 2.1.x
2143 con l'introduzione dei segnali \textit{real-time} (vedi
2144 sez.~\ref{sec:sig_real_time}); in precedenza era possibile ottenere alcune
2145 informazioni addizionali usando \var{sa\_handler} con un secondo parametro
2146 addizionale di tipo \var{sigcontext}, che adesso è deprecato.} da
2147 specificare, a seconda dell'uso o meno del flag \const{SA\_SIGINFO},
2148 rispettivamente attraverso i campi \var{sa\_sigaction} o \var{sa\_handler}.
2149 Quest'ultima è quella classica usata anche con \func{signal}, mentre la prima
2150 permette di usare un gestore più complesso, in grado di ricevere informazioni
2151 più dettagliate dal sistema, attraverso la struttura \struct{siginfo\_t},
2152 riportata in fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t}. I due campi devono essere usati in
2153 maniera alternativa, in certe implementazioni questi campi vengono addirittura
2154 definiti come una \direct{union}.\footnote{la direttiva \direct{union} del
2155 linguaggio C definisce una variabile complessa, analoga a una stuttura, i
2156 cui campi indicano i diversi tipi di valori che possono essere salvati, in
2157 maniera alternativa, all'interno della stessa.}
2159 Installando un gestore di tipo \var{sa\_sigaction} diventa allora possibile
2160 accedere alle informazioni restituite attraverso il puntatore a questa
2161 struttura. Tutti i segnali impostano i campi \var{si\_signo}, che riporta il
2162 numero del segnale ricevuto, \var{si\_errno}, che riporta, quando diverso da
2163 zero, il codice dell'errore associato al segnale, e \var{si\_code}, che viene
2164 usato dal kernel per specificare maggiori dettagli riguardo l'evento che ha
2165 causato l'emissione del segnale.
2167 \begin{figure}[!htb]
2168 \footnotesize \centering
2169 \begin{minipage}[c]{0.9\textwidth}
2170 \includestruct{listati/siginfo_t.h}
2173 \caption{La struttura \structd{siginfo\_t}.}
2174 \label{fig:sig_siginfo_t}
2177 In generale \var{si\_code} contiene, per i segnali generici, per quelli
2178 \textit{real-time} e per tutti quelli inviati tramite da un processo con
2179 \func{kill} o affini, le informazioni circa l'origine del segnale stesso, ad
2180 esempio se generato dal kernel, da un timer, da \func{kill}, ecc. Il valore
2181 viene sempre espresso come una costante,\footnote{le definizioni di tutti i
2182 valori possibili si trovano in \file{bits/siginfo.h}.} ed i valori possibili
2183 in questo caso sono riportati in tab.~\ref{tab:sig_si_code_generic}.
2185 Nel caso di alcuni segnali però il valore di \var{si\_code} viene usato per
2186 fornire una informazione specifica relativa alle motivazioni della ricezione
2187 dello stesso; ad esempio i vari segnali di errore (\signal{SIGILL},
2188 \signal{SIGFPE}, \signal{SIGSEGV} e \signal{SIGBUS}) lo usano per fornire
2189 maggiori dettagli riguardo l'errore, come il tipo di errore aritmetico, di
2190 istruzione illecita o di violazione di memoria; mentre alcuni segnali di
2191 controllo (\signal{SIGCHLD}, \signal{SIGTRAP} e \signal{SIGPOLL}) forniscono
2192 altre informazioni specifiche.
2197 \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
2199 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2202 \constd{SI\_USER} & Generato da \func{kill} o \func{raise} o affini.\\
2203 \constd{SI\_KERNEL} & Inviato direttamente dal kernel.\\
2204 \constd{SI\_QUEUE} & Inviato con \func{sigqueue} (vedi
2205 sez.~\ref{sec:sig_real_time}).\\
2206 \constd{SI\_TIMER} & Scadenza di un \textit{POSIX timer} (vedi
2207 sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}).\\
2208 \constd{SI\_MESGQ} & Inviato al cambiamento di stato di una coda di
2209 messaggi POSIX (vedi sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq}),
2210 introdotto con il kernel 2.6.6.\\
2211 \constd{SI\_ASYNCIO}& Una operazione di I/O asincrono (vedi
2212 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io}) è stata
2214 \constd{SI\_SIGIO} & Segnale di \signal{SIGIO} da una coda (vedi
2215 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_operation}).\\
2216 \constd{SI\_TKILL} & Inviato da \func{tkill} o \func{tgkill} (vedi
2217 sez.~\ref{cha:thread_xxx}), introdotto con il kernel
2221 \caption{Valori del campo \var{si\_code} della struttura \struct{sigaction}
2222 per i segnali generici.}
2223 \label{tab:sig_si_code_generic}
2227 In questo caso il valore del campo \var{si\_code} deve essere verificato nei
2228 confronti delle diverse costanti previste per ciascuno di detti segnali; dato
2229 che si tratta di costanti, e non di una maschera binaria, i valori numerici
2230 vengono riutilizzati e ciascuno di essi avrà un significato diverso a seconda
2231 del segnale a cui è associato.
2233 L'elenco dettagliato dei nomi di queste costanti è riportato nelle diverse
2234 sezioni di tab.~\ref{tab:sig_si_code_special} che sono state ordinate nella
2235 sequenza in cui si sono appena citati i rispettivi segnali, il prefisso del
2236 nome indica comunque in maniera diretta il segnale a cui le costanti fanno
2242 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
2244 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2247 \constd{ILL\_ILLOPC} & Codice di operazione illegale.\\
2248 \constd{ILL\_ILLOPN} & Operando illegale.\\
2249 \constd{ILL\_ILLADR} & Modo di indirizzamento illegale.\\
2250 \constd{ILL\_ILLTRP} & Trappola di processore illegale.\\
2251 \constd{ILL\_PRVOPC} & Codice di operazione privilegiato.\\
2252 \constd{ILL\_PRVREG} & Registro privilegiato.\\
2253 \constd{ILL\_COPROC} & Errore del coprocessore.\\
2254 \constd{ILL\_BADSTK} & Errore nello stack interno.\\
2256 \constd{FPE\_INTDIV} & Divisione per zero intera.\\
2257 \constd{FPE\_INTOVF} & Overflow intero.\\
2258 \constd{FPE\_FLTDIV} & Divisione per zero in virgola mobile.\\
2259 \constd{FPE\_FLTOVF} & Overflow in virgola mobile.\\
2260 \constd{FPE\_FLTUND} & Underflow in virgola mobile.\\
2261 \constd{FPE\_FLTRES} & Risultato in virgola mobile non esatto.\\
2262 \constd{FPE\_FLTINV} & Operazione in virgola mobile non valida.\\
2263 \constd{FPE\_FLTSUB} & Mantissa? fuori intervallo.\\
2265 \constd{SEGV\_MAPERR} & Indirizzo non mappato.\\
2266 \constd{SEGV\_ACCERR} & Permessi non validi per l'indirizzo.\\
2268 \constd{BUS\_ADRALN} & Allineamento dell'indirizzo non valido.\\
2269 \constd{BUS\_ADRERR} & Indirizzo fisico inesistente.\\
2270 \constd{BUS\_OBJERR} & Errore hardware sull'indirizzo.\\
2272 \constd{TRAP\_BRKPT} & Breakpoint sul processo.\\
2273 \constd{TRAP\_TRACE} & Trappola di tracciamento del processo.\\
2275 \constd{CLD\_EXITED} & Il figlio è uscito.\\
2276 \constd{CLD\_KILLED} & Il figlio è stato terminato.\\
2277 \constd{CLD\_DUMPED} & Il figlio è terminato in modo anormale.\\
2278 \constd{CLD\_TRAPPED} & Un figlio tracciato ha raggiunto una trappola.\\
2279 \constd{CLD\_STOPPED} & Il figlio è stato fermato.\\
2280 \constd{CLD\_CONTINUED}& Il figlio è ripartito.\\
2282 \constd{POLL\_IN} & Disponibili dati in ingresso.\\
2283 \constd{POLL\_OUT} & Spazio disponibile sul buffer di uscita.\\
2284 \constd{POLL\_MSG} & Disponibili messaggi in ingresso.\\
2285 \constd{POLL\_ERR} & Errore di I/O.\\
2286 \constd{POLL\_PRI} & Disponibili dati di alta priorità in ingresso.\\
2287 \constd{POLL\_HUP} & Il dispositivo è stato disconnesso.\\
2290 \caption{Valori del campo \var{si\_code} della struttura \struct{sigaction}
2291 impostati rispettivamente dai segnali \signal{SIGILL}, \signal{SIGFPE},
2292 \signal{SIGSEGV}, \signal{SIGBUS}, \signal{SIGCHLD}, \signal{SIGTRAP} e
2293 \signal{SIGPOLL}/\signal{SIGIO}.}
2294 \label{tab:sig_si_code_special}
2297 Il resto della struttura \struct{siginfo\_t} è definito come una \dirct{union}
2298 ed i valori eventualmente presenti dipendono dal segnale ricevuto, così
2299 \signal{SIGCHLD} ed i segnali \textit{real-time} (vedi
2300 sez.~\ref{sec:sig_real_time}) inviati tramite \func{kill} avvalorano
2301 \var{si\_pid} e \var{si\_uid} coi valori corrispondenti al processo che ha
2302 emesso il segnale, \signal{SIGCHLD} avvalora anche i campi \var{si\_status},
2303 \var{si\_utime} e \var{si\_stime} che indicano rispettivamente lo stato di
2304 uscita, l'\textit{user time} e il \textit{system time} (vedi
2305 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) usati dal processo; \signal{SIGILL},
2306 \signal{SIGFPE}, \signal{SIGSEGV} e \signal{SIGBUS} avvalorano \var{si\_addr}
2307 con l'indirizzo in cui è avvenuto l'errore, \signal{SIGIO} (vedi
2308 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io}) avvalora \var{si\_fd} con il numero del
2309 file descriptor e \var{si\_band} per i dati urgenti (vedi
2310 sez.~\ref{sec:TCP_urgent_data}) su un socket, il segnale inviato alla scadenza
2311 di un POSIX timer (vedi sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}) avvalora i campi
2312 \var{si\_timerid} e \var{si\_overrun}.
2314 Benché sia possibile usare nello stesso programma sia \func{sigaction} che
2315 \func{signal} occorre molta attenzione, in quanto le due funzioni possono
2316 interagire in maniera anomala. Infatti l'azione specificata con
2317 \struct{sigaction} contiene un maggior numero di informazioni rispetto al
2318 semplice indirizzo del gestore restituito da \func{signal}. Per questo motivo
2319 se si usa quest'ultima per installare un gestore sostituendone uno
2320 precedentemente installato con \func{sigaction}, non sarà possibile effettuare
2321 un ripristino corretto dello stesso.
2323 Per questo è sempre opportuno usare \func{sigaction}, che è in grado di
2324 ripristinare correttamente un gestore precedente, anche se questo è stato
2325 installato con \func{signal}. In generale poi non è il caso di usare il valore
2326 di ritorno di \func{signal} come campo \var{sa\_handler}, o viceversa, dato
2327 che in certi sistemi questi possono essere diversi. In definitiva dunque, a
2328 meno che non si sia vincolati all'aderenza stretta allo standard ISO C, è
2329 sempre il caso di evitare l'uso di \func{signal} a favore di \func{sigaction}.
2331 \begin{figure}[!htbp]
2332 \footnotesize \centering
2333 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2334 \includecodesample{listati/Signal.c}
2337 \caption{La funzione \func{Signal}, equivalente a \func{signal}, definita
2338 attraverso \func{sigaction}.}
2339 \label{fig:sig_Signal_code}
2342 Per questo motivo si è provveduto, per mantenere un'interfaccia semplificata
2343 che abbia le stesse caratteristiche di \func{signal}, a definire attraverso
2344 \func{sigaction} una funzione equivalente \func{Signal}, il cui codice è
2345 riportato in fig.~\ref{fig:sig_Signal_code} (il codice completo si trova nel
2346 file \file{SigHand.c} nei sorgenti allegati). Anche in questo caso, per
2347 semplificare la definizione si è poi definito un apposito tipo
2348 \texttt{SigFunc} per esprimere in modo più comprensibile la forma di un
2351 Si noti come, essendo la funzione estremamente semplice, essa è definita come
2352 \dirct{inline}. Questa direttiva viene usata per dire al compilatore di
2353 trattare la funzione cui essa fa riferimento in maniera speciale inserendo il
2354 codice direttamente nel testo del programma. Anche se i compilatori più
2355 moderni sono in grado di effettuare da soli queste manipolazioni (impostando
2356 le opportune ottimizzazioni) questa è una tecnica usata per migliorare le
2357 prestazioni per le funzioni piccole ed usate di frequente, in particolare nel
2358 kernel, dove in certi casi le ottimizzazioni dal compilatore, tarate per l'uso
2359 in \textit{user space}, non sono sempre adatte.
2361 In tal caso infatti le istruzioni per creare un nuovo frame nello
2362 \textit{stack} per chiamare la funzione costituirebbero una parte rilevante
2363 del codice, appesantendo inutilmente il programma. Originariamente questo
2364 comportamento veniva ottenuto con delle macro, ma queste hanno tutta una serie
2365 di problemi di sintassi nel passaggio degli argomenti (si veda ad esempio
2366 \cite{PratC}) che in questo modo possono essere evitati.
2370 \subsection{La gestione della \textsl{maschera dei segnali} o
2371 \textit{signal mask}}
2372 \label{sec:sig_sigmask}
2374 \index{maschera dei segnali|(}
2376 Come spiegato in sez.~\ref{sec:sig_semantics} tutti i moderni sistemi
2377 unix-like permettono di bloccare temporaneamente (o di eliminare
2378 completamente, impostando come azione \const{SIG\_IGN}) la consegna dei
2379 segnali ad un processo. Questo è fatto specificando la cosiddetta
2380 \textsl{maschera dei segnali} (o \textit{signal mask}) del
2381 processo\footnote{nel caso di Linux essa è mantenuta dal campo \var{blocked}
2382 della \struct{task\_struct} del processo.} cioè l'insieme dei segnali la cui
2383 consegna è bloccata.
2385 Abbiamo accennato in sez.~\ref{sec:proc_fork} che la maschera dei segnali
2386 viene ereditata dal padre alla creazione di un processo figlio, e abbiamo
2387 visto al paragrafo precedente che essa può essere modificata durante
2388 l'esecuzione di un gestore ed automaticamente ripristinata quando questo
2389 ritorna, attraverso l'uso dal campo \var{sa\_mask} di \struct{sigaction}.
2391 Uno dei problemi evidenziatisi con l'esempio di fig.~\ref{fig:sig_event_wrong}
2392 è che in molti casi è necessario proteggere delle sezioni di codice, in modo
2393 da essere sicuri che essi siano eseguite senza interruzioni da parte di un
2394 segnale. Nel caso in questione si trattava della sezione di codice fra il
2395 controllo e la eventuale cancellazione del flag impostato dal gestore di un
2396 segnale che testimoniava l'avvenuta occorrenza dello stesso.
2398 Come illustrato in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper} le operazioni più semplici,
2399 come l'assegnazione o il controllo di una variabile, di norma sono atomiche, e
2400 qualora si voglia essere sicuri si può usare il tipo \type{sig\_atomic\_t}. Ma
2401 quando si devono eseguire più operazioni su delle variabili (nell'esempio
2402 citato un controllo ed una assegnazione) o comunque eseguire una serie di
2403 istruzioni, l'atomicità non è più possibile.
2405 In questo caso, se si vuole essere sicuri di non poter essere interrotti da un
2406 segnale durante l'esecuzione di una sezione di codice, lo si può bloccare
2407 esplicitamente modificando la maschera dei segnali del processo con la
2408 funzione di sistema \funcd{sigprocmask}, il cui prototipo è:
2412 \fdecl{int sigprocmask(int how, const sigset\_t *set, sigset\_t *oldset)}
2413 \fdesc{Imposta la maschera dei segnali del processo corrente.}
2416 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2417 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2419 \item[\errcode{EFAULT}] si sono specificati indirizzi non validi.
2420 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un numero di segnale invalido.
2425 La funzione usa l'insieme di segnali posto all'indirizzo passato
2426 nell'argomento \param{set} per modificare la maschera dei segnali del processo
2427 corrente. La modifica viene effettuata a seconda del valore
2428 dell'argomento \param{how}, secondo le modalità specificate in
2429 tab.~\ref{tab:sig_procmask_how}. Qualora si specifichi un valore non nullo
2430 per \param{oldset} la maschera dei segnali corrente viene salvata a
2436 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
2438 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2441 \constd{SIG\_BLOCK} & L'insieme dei segnali bloccati è l'unione fra
2442 quello specificato e quello corrente.\\
2443 \constd{SIG\_UNBLOCK} & I segnali specificati in \param{set} sono rimossi
2444 dalla maschera dei segnali, specificare la
2445 cancellazione di un segnale non bloccato è legale.\\
2446 \constd{SIG\_SETMASK} & La maschera dei segnali è impostata al valore
2447 specificato da \param{set}.\\
2450 \caption{Valori e significato dell'argomento \param{how} della funzione
2451 \func{sigprocmask}.}
2452 \label{tab:sig_procmask_how}
2455 In questo modo diventa possibile proteggere delle sezioni di codice bloccando
2456 l'insieme di segnali voluto per poi riabilitarli alla fine della sezione
2457 critica. La funzione permette di risolvere problemi come quelli mostrati in
2458 fig.~\ref{fig:sig_event_wrong}, proteggendo la sezione fra il controllo del
2459 flag e la sua cancellazione. La funzione può essere usata anche all'interno
2460 di un gestore, ad esempio per riabilitare la consegna del segnale che l'ha
2461 invocato, in questo caso però occorre ricordare che qualunque modifica alla
2462 maschera dei segnali viene perduta al ritorno dallo stesso.
2464 Benché con l'uso di \func{sigprocmask} si possano risolvere la maggior parte
2465 dei casi di \textit{race condition} restano aperte alcune possibilità legate
2466 all'uso di \func{pause}. Il caso è simile a quello del problema illustrato
2467 nell'esempio di fig.~\ref{fig:sig_sleep_incomplete}, e cioè la possibilità che
2468 il processo riceva il segnale che si intende usare per uscire dallo stato di
2469 attesa invocato con \func{pause} immediatamente prima dell'esecuzione di
2470 quest'ultima. Per poter effettuare atomicamente la modifica della maschera dei
2471 segnali (di solito attivandone uno specifico) insieme alla sospensione del
2472 processo lo standard POSIX ha previsto la funzione di sistema
2473 \funcd{sigsuspend}, il cui prototipo è:
2477 \fdecl{int sigsuspend(const sigset\_t *mask)}
2478 \fdesc{Imposta la maschera dei segnali mettendo in attesa il processo.}
2481 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2482 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2484 \item[\errcode{EFAULT}] si sono specificati indirizzi non validi.
2485 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un numero di segnale invalido.
2490 Come esempio dell'uso di queste funzioni proviamo a riscrivere un'altra volta
2491 l'esempio di implementazione di \code{sleep}. Abbiamo accennato in
2492 sez.~\ref{sec:sig_sigaction} come con \func{sigaction} sia possibile bloccare
2493 \signal{SIGALRM} nell'installazione dei gestori degli altri segnali, per poter
2494 usare l'implementazione vista in fig.~\ref{fig:sig_sleep_incomplete} senza
2495 interferenze. Questo però comporta una precauzione ulteriore al semplice uso
2496 della funzione, vediamo allora come usando la nuova interfaccia è possibile
2497 ottenere un'implementazione, riportata in fig.~\ref{fig:sig_sleep_ok} che non
2498 presenta neanche questa necessità.
2500 \begin{figure}[!htbp]
2501 \footnotesize \centering
2502 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2503 \includecodesample{listati/sleep.c}
2506 \caption{Una implementazione completa di \func{sleep}.}
2507 \label{fig:sig_sleep_ok}
2510 Per evitare i problemi di interferenza con gli altri segnali in questo caso
2511 non si è usato l'approccio di fig.~\ref{fig:sig_sleep_incomplete} evitando
2512 l'uso di \func{longjmp}. Come in precedenza il gestore (\texttt{\small
2513 27--30}) non esegue nessuna operazione, limitandosi a ritornare per
2514 interrompere il programma messo in attesa.
2516 La prima parte della funzione (\texttt{\small 6--10}) provvede ad installare
2517 l'opportuno gestore per \signal{SIGALRM}, salvando quello originario, che
2518 sarà ripristinato alla conclusione della stessa (\texttt{\small 23}); il passo
2519 successivo è quello di bloccare \signal{SIGALRM} (\texttt{\small 11--14}) per
2520 evitare che esso possa essere ricevuto dal processo fra l'esecuzione di
2521 \func{alarm} (\texttt{\small 16}) e la sospensione dello stesso. Nel fare
2522 questo si salva la maschera corrente dei segnali, che sarà ripristinata alla
2523 fine (\texttt{\small 22}), e al contempo si prepara la maschera dei segnali
2524 \var{sleep\_mask} per riattivare \signal{SIGALRM} all'esecuzione di
2527 In questo modo non sono più possibili \textit{race condition} dato che
2528 \signal{SIGALRM} viene disabilitato con \func{sigprocmask} fino alla chiamata
2529 di \func{sigsuspend}. Questo metodo è assolutamente generale e può essere
2530 applicato a qualunque altra situazione in cui si deve attendere per un
2531 segnale, i passi sono sempre i seguenti:
2533 \item leggere la maschera dei segnali corrente e bloccare il segnale voluto
2534 con \func{sigprocmask};
2535 \item mandare il processo in attesa con \func{sigsuspend} abilitando la
2536 ricezione del segnale voluto;
2537 \item ripristinare la maschera dei segnali originaria.
2539 Per quanto possa sembrare strano bloccare la ricezione di un segnale per poi
2540 riabilitarla immediatamente dopo, in questo modo si evita il \textit{deadlock}
2541 dovuto all'arrivo del segnale prima dell'esecuzione di \func{sigsuspend}.
2543 \index{maschera dei segnali|)}
2546 \subsection{Criteri di programmazione per i gestori dei segnali}
2547 \label{sec:sig_signal_handler}
2549 Abbiamo finora parlato dei gestori dei segnali come funzioni chiamate in
2550 corrispondenza della consegna di un segnale. In realtà un gestore non può
2551 essere una funzione qualunque, in quanto esso può essere eseguito in
2552 corrispondenza all'interruzione in un punto qualunque del programma
2553 principale, cosa che ad esempio può rendere problematico chiamare all'interno
2554 di un gestore di segnali la stessa funzione che dal segnale è stata
2557 \index{funzioni!\textit{signal safe}|(}
2559 Il concetto è comunque più generale e porta ad una distinzione fra quelle che
2560 POSIX chiama \textsl{funzioni insicure} (\textit{signal unsafe function}) e
2561 \textsl{funzioni sicure} (o più precisamente \textit{signal safe function}).
2562 Quando un segnale interrompe una funzione insicura ed il gestore chiama al suo
2563 interno una funzione insicura il sistema può dare luogo ad un comportamento
2564 indefinito, la cosa non avviene invece per le funzioni sicure.
2566 Tutto questo significa che la funzione che si usa come gestore di segnale deve
2567 essere programmata con molta cura per evirare questa evenienza e che non è
2568 possibile utilizzare al suo interno una qualunque funzione di sistema, se si
2569 vogliono evitare questi problemi si può ricorrere soltanto all'uso delle
2570 funzioni considerate sicure.
2572 L'elenco delle funzioni considerate sicure varia a seconda della
2573 implementazione utilizzata e dello standard a cui si fa riferimento. Non è
2574 riportata una lista specifica delle funzioni sicure per Linux, e si suppone
2575 pertanto che siano quelle richieste dallo standard. Secondo quanto richiesto
2576 dallo standard POSIX 1003.1 nella revisione del 2003, le ``\textit{signal safe
2577 function}'' che possono essere chiamate anche all'interno di un gestore di
2578 segnali sono tutte quelle della lista riportata in
2579 fig.~\ref{fig:sig_safe_functions}.
2581 \begin{figure}[!htb]
2582 \footnotesize \centering
2583 \begin{minipage}[c]{14cm}
2584 \func{\_exit}, \func{abort}, \func{accept}, \func{access},
2585 \func{aio\_error} \func{aio\_return}, \func{aio\_suspend}, \func{alarm},
2586 \func{bind}, \func{cfgetispeed}, \func{cfgetospeed}, \func{cfsetispeed},
2587 \func{cfsetospeed}, \func{chdir}, \func{chmod}, \func{chown},
2588 \func{clock\_gettime}, \func{close}, \func{connect}, \func{creat},
2589 \func{dup}, \func{dup2}, \func{execle}, \func{execve}, \func{fchmod},
2590 \func{fchown}, \func{fcntl}, \func{fdatasync}, \func{fork},
2591 \func{fpathconf}, \func{fstat}, \func{fsync}, \func{ftruncate},
2592 \func{getegid}, \func{geteuid}, \func{getgid}, \func{getgroups},
2593 \func{getpeername}, \func{getpgrp}, \func{getpid}, \func{getppid},
2594 \func{getsockname}, \func{getsockopt}, \func{getuid}, \func{kill},
2595 \func{link}, \func{listen}, \func{lseek}, \func{lstat}, \func{mkdir},
2596 \func{mkfifo}, \func{open}, \func{pathconf}, \func{pause}, \func{pipe},
2597 \func{poll}, \funcm{posix\_trace\_event}, \func{pselect}, \func{raise},
2598 \func{read}, \func{readlink}, \func{recv}, \func{recvfrom},
2599 \func{recvmsg}, \func{rename}, \func{rmdir}, \func{select},
2600 \func{sem\_post}, \func{send}, \func{sendmsg}, \func{sendto},
2601 \func{setgid}, \func{setpgid}, \func{setsid}, \func{setsockopt},
2602 \func{setuid}, \func{shutdown}, \func{sigaction}, \func{sigaddset},
2603 \func{sigdelset}, \func{sigemptyset}, \func{sigfillset},
2604 \func{sigismember}, \func{signal}, \func{sigpause}, \func{sigpending},
2605 \func{sigprocmask}, \func{sigqueue}, \funcm{sigset}, \func{sigsuspend},
2606 \func{sleep}, \func{socket}, \func{socketpair}, \func{stat},
2607 \func{symlink}, \func{sysconf}, \func{tcdrain}, \func{tcflow},
2608 \func{tcflush}, \func{tcgetattr}, \func{tcgetgrp}, \func{tcsendbreak},
2609 \func{tcsetattr}, \func{tcsetpgrp}, \func{time}, \func{timer\_getoverrun},
2610 \func{timer\_gettime}, \func{timer\_settime}, \func{times}, \func{umask},
2611 \func{uname}, \func{unlink}, \func{utime}, \func{wait}, \func{waitpid},
2615 \caption{Elenco delle funzioni sicure secondo lo standard POSIX
2617 \label{fig:sig_safe_functions}
2620 \index{funzioni!\textit{signal safe}|)}
2622 Lo standard POSIX.1-2004 modifica la lista di
2623 fig.~\ref{fig:sig_safe_functions} aggiungendo le funzioni \func{\_Exit} e
2624 \func{sockatmark}, mentre lo standard POSIX.1-2008 rimuove della lista le tre
2625 funzioni \func{fpathconf}, \func{pathconf}, \func{sysconf} e vi aggiunge le
2626 ulteriori funzioni in fig.~\ref{fig:sig_safe_functions_posix_2008}.
2628 \begin{figure}[!htb]
2629 \footnotesize \centering
2630 \begin{minipage}[c]{14cm}
2631 \func{execl}, \func{execv}, \func{faccessat}, \func{fchmodat},
2632 \func{fchownat}, \func{fexecve}, \func{fstatat}, \func{futimens},
2633 \func{linkat}, \func{mkdirat}, \func{mkfifoat}, \func{mknod},
2634 \func{mknodat}, \func{openat}, \func{readlinkat}, \func{renameat},
2635 \func{symlinkat}, \func{unlinkat}, \func{utimensat}, \func{utimes}.
2638 \caption{Ulteriori funzioni sicure secondo lo standard POSIX.1-2008.}
2639 \label{fig:sig_safe_functions_posix_2008}
2643 Per questo motivo è opportuno mantenere al minimo indispensabile le operazioni
2644 effettuate all'interno di un gestore di segnali, qualora si debbano compiere
2645 operazioni complesse è sempre preferibile utilizzare la tecnica in cui si usa
2646 il gestore per impostare il valore di una qualche variabile globale, e poi si
2647 eseguono le operazioni complesse nel programma verificando (con tutti gli
2648 accorgimenti visti in precedenza) il valore di questa variabile tutte le volte
2649 che si è rilevata una interruzione dovuta ad un segnale.
2652 \section{Funzionalità avanzate}
2653 \label{sec:sig_advanced_signal}
2655 Tratteremo in questa ultima sezione alcune funzionalità avanzate relativa ai
2656 segnali ed in generale ai meccanismi di notifica, a partire dalla funzioni
2657 introdotte per la gestione dei cosiddetti ``\textsl{segnali real-time}'', alla
2658 gestione avanzata delle temporizzazioni e le nuove interfacce per la gestione
2659 di segnali ed eventi attraverso l'uso di file descriptor.
2661 \subsection{I segnali \textit{real-time}}
2662 \label{sec:sig_real_time}
2664 Lo standard POSIX.1b, nel definire una serie di nuove interfacce per i servizi
2665 \textit{real-time}, ha introdotto una estensione del modello classico dei
2666 segnali che presenta dei significativi miglioramenti,\footnote{questa
2667 estensione è stata introdotta in Linux a partire dal kernel 2.1.43, e dalla
2668 versione 2.1 della \acr{glibc}.} in particolare sono stati superati tre
2669 limiti fondamentali dei segnali classici:
2670 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2671 \item[\textbf{I segnali non sono accumulati}]
2672 se più segnali vengono generati prima dell'esecuzione di un gestore
2673 questo sarà eseguito una sola volta, ed il processo non sarà in grado di
2674 accorgersi di quante volte l'evento che ha generato il segnale è accaduto.
2675 \item[\textbf{I segnali non trasportano informazione}]
2676 i segnali classici non prevedono altra informazione sull'evento
2677 che li ha generati se non il fatto che sono stati emessi (tutta
2678 l'informazione che il kernel associa ad un segnale è il suo numero).
2679 \item[\textbf{I segnali non hanno un ordine di consegna}]
2680 l'ordine in cui diversi segnali vengono consegnati è casuale e non
2681 prevedibile. Non è possibile stabilire una priorità per cui la reazione a
2682 certi segnali ha la precedenza rispetto ad altri.
2685 Per poter superare queste limitazioni lo standard POSIX.1b ha introdotto delle
2686 nuove caratteristiche, che sono state associate ad una nuova classe di
2687 segnali, che vengono chiamati \textsl{segnali real-time}, in particolare le
2688 funzionalità aggiunte sono:
2691 \item i segnali sono inseriti in una coda che permette di consegnare istanze
2692 multiple dello stesso segnale qualora esso venga inviato più volte prima
2693 dell'esecuzione del gestore; si assicura così che il processo riceva un
2694 segnale per ogni occorrenza dell'evento che lo genera;
2695 \item è stata introdotta una priorità nella consegna dei segnali: i segnali
2696 vengono consegnati in ordine a seconda del loro valore, partendo da quelli
2697 con un numero minore, che pertanto hanno una priorità maggiore;
2698 \item è stata introdotta la possibilità di restituire dei dati al gestore,
2699 attraverso l'uso di un apposito campo \var{si\_value} nella struttura
2700 \struct{siginfo\_t}, accessibile tramite gestori di tipo
2701 \var{sa\_sigaction}.
2704 Tutte queste nuove funzionalità eccetto l'ultima, che, come illustrato in
2705 sez.~\ref{sec:sig_sigaction}, è disponibile anche con i segnali ordinari, si
2706 applicano solo ai nuovi segnali \textit{real-time}; questi ultimi sono
2707 accessibili in un intervallo di valori specificati dalle due costanti
2708 \constd{SIGRTMIN} e \constd{SIGRTMAX}, che specificano il numero minimo e
2709 massimo associato ad un segnale \textit{real-time}.
2711 Su Linux di solito il primo valore è 33, mentre il secondo è \code{\_NSIG-1},
2712 che di norma (vale a dire sulla piattaforma i386) è 64. Questo dà un totale di
2713 32 segnali disponibili, contro gli almeno 8 richiesti da POSIX.1b. Si tenga
2714 presente però che i primi segnali \textit{real-time} disponibili vengono usati
2715 dalla \acr{glibc} per l'implementazione dei \textit{thread} POSIX (vedi
2716 sez.~\ref{sec:thread_posix_intro}), ed il valore di \const{SIGRTMIN} viene
2717 modificato di conseguenza.\footnote{per la precisione vengono usati i primi
2718 tre per la vecchia implementazione dei \textit{LinuxThread} ed i primi due
2719 per la nuova NTPL (\textit{New Thread Posix Library}), il che comporta che
2720 \const{SIGRTMIN} a seconda dei casi può assumere i valori 34 o 35.}
2722 Per questo motivo nei programmi che usano i segnali \textit{real-time} non si
2723 deve mai usare un valore assoluto dato che si correrebbe il rischio di
2724 utilizzare un segnale in uso alle librerie, ed il numero del segnale deve
2725 invece essere sempre specificato in forma relativa a \const{SIGRTMIN} (come
2726 \code{SIGRTMIN + n}) avendo inoltre cura di controllare di non aver mai
2727 superato \const{SIGRTMAX}.
2729 I segnali con un numero più basso hanno una priorità maggiore e vengono
2730 consegnati per primi, inoltre i segnali \textit{real-time} non possono
2731 interrompere l'esecuzione di un gestore di un segnale a priorità più alta; la
2732 loro azione predefinita è quella di terminare il programma. I segnali
2733 ordinari hanno tutti la stessa priorità, che è più alta di quella di qualunque
2734 segnale \textit{real-time}. Lo standard non definisce niente al riguardo ma
2735 Linux, come molte altre implementazioni, adotta questa politica.
2737 Si tenga presente che questi nuovi segnali non sono associati a nessun evento
2738 specifico, a meno di non richiedere specificamente il loro utilizzo in
2739 meccanismi di notifica come quelli per l'I/O asincrono (vedi
2740 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io}) o per le code di messaggi POSIX (vedi
2741 sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq}), pertanto devono essere inviati esplicitamente.
2743 Inoltre, per poter usufruire della capacità di restituire dei dati, i relativi
2744 gestori devono essere installati con \func{sigaction}, specificando per
2745 \var{sa\_flags} la modalità \const{SA\_SIGINFO} che permette di utilizzare la
2746 forma estesa \var{sa\_sigaction} del gestore (vedi
2747 sez.~\ref{sec:sig_sigaction}). In questo modo tutti i segnali
2748 \textit{real-time} possono restituire al gestore una serie di informazioni
2749 aggiuntive attraverso l'argomento \struct{siginfo\_t}, la cui definizione è
2750 stata già vista in fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t}, nella trattazione dei gestori
2753 In particolare i campi utilizzati dai segnali \textit{real-time} sono
2754 \var{si\_pid} e \var{si\_uid} in cui vengono memorizzati rispettivamente il
2755 \ids{PID} e l'\ids{UID} effettivo del processo che ha inviato il segnale,
2756 mentre per la restituzione dei dati viene usato il campo \var{si\_value}.
2758 \begin{figure}[!htb]
2759 \footnotesize \centering
2760 \begin{minipage}[c]{0.8\textwidth}
2761 \includestruct{listati/sigval_t.h}
2764 \caption{La definizione dell'unione \structd{sigval}, definita anche come
2765 tipo \typed{sigval\_t}.}
2766 \label{fig:sig_sigval}
2769 Detto campo, identificato con il tipo di dato \type{sigval\_t}, è una
2770 \dirct{union} di tipo \struct{sigval} (la sua definizione è in
2771 fig.~\ref{fig:sig_sigval}) in cui può essere memorizzato o un valore numerico,
2772 se usata nella forma \var{sival\_int}, o un puntatore, se usata nella forma
2773 \var{sival\_ptr}. L'unione viene usata dai segnali \textit{real-time} e da
2774 vari meccanismi di notifica per restituire dati al gestore del segnale in
2775 \var{si\_value}. Un campo di tipo \type{sigval\_t} è presente anche nella
2776 struttura \struct{sigevent} (definita in fig.~\ref{fig:struct_sigevent}) che
2777 viene usata dai meccanismi di notifica come quelli per i timer POSIX (vedi
2778 sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}), l'I/O asincrono (vedi
2779 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io}) o le code di messaggi POSIX (vedi
2780 sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq}).
2782 A causa delle loro caratteristiche, la funzione \func{kill} non è adatta ad
2783 inviare segnali \textit{real-time}, poiché non è in grado di fornire alcun
2784 valore per il campo \var{si\_value} restituito nella struttura
2785 \struct{siginfo\_t} prevista da un gestore in forma estesa. Per questo motivo
2786 lo standard ha previsto una nuova funzione, \funcd{sigqueue}, il cui prototipo
2791 \fdecl{int sigqueue(pid\_t pid, int signo, const union sigval value)}
2792 \fdesc{Invia un segnale con un valore di informazione.}
2795 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2796 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2798 \item[\errcode{EAGAIN}] la coda è esaurita, ci sono già
2799 \const{SIGQUEUE\_MAX} segnali in attesa si consegna.
2800 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
2802 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno privilegi appropriati per inviare il
2803 segnale al processo specificato.
2804 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2810 La funzione invia il segnale indicato dall'argomento \param{signo} al processo
2811 indicato dall'argomento \param{pid}. Per il resto il comportamento della
2812 funzione è analogo a quello di \func{kill}, ed i privilegi occorrenti ad
2813 inviare il segnale ad un determinato processo sono gli stessi; un valore nullo
2814 di \param{signo} permette di verificare le condizioni di errore senza inviare
2817 Se il segnale è bloccato la funzione ritorna immediatamente, se si è
2818 installato un gestore con \const{SA\_SIGINFO} e ci sono risorse disponibili,
2819 (vale a dire che c'è posto nella coda dei segnali \textit{real-time}) esso
2820 viene inserito e diventa pendente. Una volta consegnato il segnale il gestore
2821 otterrà nel campo \var{si\_code} di \struct{siginfo\_t} il valore
2822 \const{SI\_QUEUE} e nel campo \var{si\_value} il valore indicato
2823 nell'argomento \param{value}. Se invece si è installato un gestore nella forma
2824 classica il segnale sarà generato, ma tutte le caratteristiche tipiche dei
2825 segnali \textit{real-time} (priorità e coda) saranno perse.
2827 Per lo standard POSIX la profondità della coda è indicata dalla costante
2828 \constd{SIGQUEUE\_MAX}, una della tante costanti di sistema definite dallo
2829 standard POSIX che non abbiamo riportato esplicitamente in
2830 sez.~\ref{sec:sys_limits}. Il suo valore minimo secondo lo standard,
2831 \macrod{\_POSIX\_SIGQUEUE\_MAX}, è pari a 32. Nel caso di Linux la coda ha una
2832 dimensione variabile; fino alla versione 2.6.7 c'era un limite massimo globale
2833 che poteva essere impostato come parametro del kernel in
2834 \sysctlfiled{kernel/rtsig-max} ed il valore predefinito era pari a 1024. A
2835 partire dal kernel 2.6.8 il valore globale è stato rimosso e sostituito dalla
2836 risorsa \const{RLIMIT\_SIGPENDING} associata al singolo utente, che può essere
2837 modificata con \func{setrlimit} come illustrato in
2838 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}.
2840 Lo standard POSIX.1b definisce inoltre delle nuove funzioni di sistema che
2841 permettono di gestire l'attesa di segnali specifici su una coda, esse servono
2842 in particolar modo nel caso dei \textit{thread}, in cui si possono usare i
2843 segnali \textit{real-time} come meccanismi di comunicazione elementare; la
2844 prima di queste è \funcd{sigwait}, il cui prototipo è:
2848 \fdecl{int sigwait(const sigset\_t *set, int *sig)}
2849 \fdesc{Attende la ricezione di un segnale.}
2851 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2852 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2854 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta.
2855 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
2857 ed inoltre \errval{EFAULT} nel suo significato generico.}
2860 La funzione estrae dall'insieme dei segnali pendenti uno qualunque fra quelli
2861 indicati nel \textit{signal set} specificato in \param{set}, il cui valore
2862 viene restituito nella variabile puntata da \param{sig}. Se sono pendenti più
2863 segnali, viene estratto quello a priorità più alta, cioè quello con il numero
2864 più basso. Se, nel caso di segnali \textit{real-time}, c'è più di un segnale
2865 pendente, ne verrà estratto solo uno. Una volta estratto il segnale non verrà
2866 più consegnato, e se era in una coda il suo posto sarà liberato. Se non c'è
2867 nessun segnale pendente il processo viene bloccato fintanto che non ne arriva
2870 Per un funzionamento corretto la funzione richiede che alla sua chiamata i
2871 segnali di \param{set} siano bloccati. In caso contrario si avrebbe un
2872 conflitto con gli eventuali gestori: pertanto non si deve utilizzare per
2873 lo stesso segnale questa funzione e \func{sigaction}. Se questo non avviene il
2874 comportamento del sistema è indeterminato: il segnale può sia essere
2875 consegnato che essere ricevuto da \func{sigwait}, il tutto in maniera non
2878 Lo standard POSIX.1b definisce altre due funzioni di sistema, anch'esse usate
2879 prevalentemente con i \textit{thread}; \funcd{sigwaitinfo} e
2880 \funcd{sigtimedwait}, i relativi prototipi sono:
2884 \fdecl{int sigwaitinfo(const sigset\_t *set, siginfo\_t *info)}
2885 \fdesc{Attende un segnale con le relative informazioni.}
2886 \fdecl{int sigtimedwait(const sigset\_t *set, siginfo\_t *info, const
2887 struct timespec *timeout)}
2888 \fdesc{Attende un segnale con le relative informazioni per un tempo massimo.}
2891 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2892 caso \var{errno} assumerà uno gli stessi valori di \func{sigwait} ai quali
2893 si aggiunge per \func{sigtimedwait}:
2895 \item[\errcode{EAGAIN}] si è superato il timeout senza che un segnale atteso
2902 Entrambe le funzioni sono estensioni di \func{sigwait}. La prima permette di
2903 ricevere, oltre al numero del segnale, anche le informazioni ad esso associate
2904 tramite l'argomento \param{info}; in particolare viene restituito il numero
2905 del segnale nel campo \var{si\_signo}, la sua causa in \var{si\_code}, e se il
2906 segnale è stato immesso sulla coda con \func{sigqueue}, il valore di ritorno
2907 ad esso associato viene riportato in \var{si\_value}, che altrimenti è
2910 La seconda è identica alla prima ma in più permette di specificare un timeout
2911 con l'argomento omonimo, scaduto il quale ritornerà con un errore. Se si
2912 specifica per \param{timeout} un puntatore nullo il comportamento sarà
2913 identico a \func{sigwaitinfo}. Se si specifica un tempo di timeout nullo e non
2914 ci sono segnali pendenti la funzione ritornerà immediatamente, in questo modo
2915 si può eliminare un segnale dalla coda senza dover essere bloccati qualora
2916 esso non sia presente.
2918 L'uso di queste funzioni è principalmente associato alla gestione dei segnali
2919 con i \textit{thread}. In genere esse vengono chiamate dal \textit{thread}
2920 incaricato della gestione, che al ritorno della funzione esegue il codice che
2921 usualmente sarebbe messo nel gestore, per poi ripetere la chiamata per
2922 mettersi in attesa del segnale successivo. Questo ovviamente comporta che non
2923 devono essere installati gestori, che solo il \textit{thread} di gestione deve
2924 usare \func{sigwait} e che i segnali gestiti in questa maniera, per evitare
2925 che venga eseguita l'azione predefinita, devono essere mascherati per tutti i
2926 \textit{thread}, compreso quello dedicato alla gestione, che potrebbe
2927 riceverlo fra due chiamate successive.
2930 \subsection{La gestione avanzata delle temporizzazioni}
2931 \label{sec:sig_timer_adv}
2933 Sia le funzioni per la gestione dei tempi viste in
2934 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times} che quelle per la gestione dei timer di
2935 sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort} sono state a lungo limitate dalla risoluzione
2936 massima dei tempi dell'orologio interno del kernel, che era quella ottenibile
2937 dal timer di sistema che governa lo \textit{scheduler}, e quindi limitate
2938 dalla frequenza dello stesso che si ricordi, come già illustrato in
2939 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, è data dal valore della costante \texttt{HZ}.
2941 I contatori usati per il calcolo dei tempi infatti erano basati sul numero di
2942 \textit{jiffies} che vengono incrementati ad ogni \textit{clock tick} del
2943 timer di sistema, il che comportava anche, come accennato in
2944 sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort} per \func{setitimer}, problemi per il massimo
2945 periodo di tempo copribile da alcuni di questi orologi, come quelli associati
2946 al \textit{process time} almeno fino a quando, con il kernel 2.6.16, non è
2947 stato rimosso il limite di un valore a 32 bit per i \textit{jiffies}.
2949 \itindbeg{POSIX~Timer~API}
2951 Nelle architetture moderne però tutti i computer sono dotati di temporizzatori
2952 hardware che possono supportare risoluzioni molto elevate, ed in maniera del
2953 tutto indipendente dalla frequenza scelta per il timer di sistema che governa
2954 lo \textit{scheduler}, normalmente si possono ottenere precisioni fino al
2955 microsecondo, andando molto oltre in caso di hardware dedicato.
2957 Per questo lo standard POSIX.1-2001 ha previsto una serie di nuove funzioni
2958 relative a quelli che vengono chiamati ``\textsl{orologi}
2959 \textit{real-time}'', in grado di supportare risoluzioni fino al
2960 nanosecondo. Inoltre le CPU più moderne sono dotate a loro volta di contatori
2961 ad alta definizione che consentono una grande accuratezza nella misura del
2962 tempo da esse dedicato all'esecuzione di un processo.
2964 Per usare queste funzionalità ed ottenere risoluzioni temporali più accurate,
2965 occorre però un opportuno supporto da parte del kernel, ed i cosiddetti
2966 \itindex{High~Resolution~Timer~(HRT)} \textit{high resolution timer} che
2967 consentono di fare ciò sono stati introdotti nel kernel ufficiale solo a
2968 partire dalla versione 2.6.21.\footnote{per il supporto deve essere stata
2969 abilitata l'opzione di compilazione \texttt{CONFIG\_HIGH\_RES\_TIMERS}, il
2970 supporto era però disponibile anche in precedenza nei patch facenti parte
2971 dello sviluppo delle estensioni \textit{real-time} del kernel, per cui
2972 alcune distribuzioni possono averlo anche con versioni precedenti del
2973 kernel.} Le funzioni definite dallo standard POSIX per gestire orologi ad
2974 alta definizione però erano già presenti, essendo stata introdotte insieme ad
2975 altre funzioni per il supporto delle estensioni \textit{real-time} con il
2976 rilascio del kernel 2.6, ma la risoluzione effettiva era nominale.
2978 A tutte le implementazioni che si rifanno a queste estensioni è richiesto di
2979 disporre di una versione \textit{real-time} almeno per l'orologio generale di
2980 sistema, quello che mantiene il \textit{calendar time} (vedi
2981 sez.~\ref{sec:sys_time_base}), che in questa forma deve indicare il numero di
2982 secondi e nanosecondi passati a partire dal primo gennaio 1970 (\textit{The
2983 Epoch}). Si ricordi infatti che l'orologio ordinario usato dal
2984 \textit{calendar time} riporta solo un numero di secondi, e che la risoluzione
2985 effettiva normalmente non raggiunge il nanosecondo (a meno di hardware
2986 specializzato). Oltre all'orologio generale di sistema possono essere
2987 presenti altri tipi di orologi \textit{real-time}, ciascuno dei quali viene
2988 identificato da un opportuno valore di una variabile di tipo
2989 \type{clockid\_t}; un elenco di quelli disponibili su Linux è riportato in
2990 tab.~\ref{tab:sig_timer_clockid_types}.
2995 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
2997 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
3000 \constd{CLOCK\_REALTIME} & Orologio \textit{real-time} di sistema, può
3001 essere impostato solo con privilegi
3003 \constd{CLOCK\_MONOTONIC} & Orologio che indica un tempo monotono
3004 crescente (a partire da un tempo iniziale non
3005 specificato) che non può essere modificato e
3006 non cambia neanche in caso di reimpostazione
3007 dell'orologio di sistema.\\
3008 \constd{CLOCK\_PROCESS\_CPUTIME\_ID}& Contatore del tempo di CPU usato
3009 da un processo (il \textit{process time} di
3010 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}, nel totale di
3011 \textit{system time} e \textit{user time})
3012 comprensivo di tutto il tempo di CPU usato
3013 da eventuali \textit{thread}.\\
3014 \constd{CLOCK\_THREAD\_CPUTIME\_ID}& Contatore del tempo di CPU
3015 (\textit{user time} e \textit{system time})
3016 usato da un singolo \textit{thread}.\\
3018 \constd{CLOCK\_MONOTONIC\_RAW}&Simile al precedente, ma non subisce gli
3019 aggiustamenti dovuti all'uso di NTP (viene
3020 usato per fare riferimento ad una fonte
3021 hardware). Questo orologio è specifico di
3022 Linux, ed è disponibile a partire dal kernel
3024 \constd{CLOCK\_BOOTTIME} & Identico a \const{CLOCK\_MONOTONIC} ma tiene
3025 conto anche del tempo durante il quale il
3026 sistema è stato sospeso (nel caso di
3027 sospensione in RAM o \textsl{ibernazione} su
3028 disco. Questo orologio è specifico di Linux,
3029 ed è disponibile a partire dal kernel
3031 \constd{CLOCK\_REALTIME\_ALARM}&Identico a \const{CLOCK\_REALTIME}, ma se
3032 usato per un timer il sistema sarà riattivato
3033 anche se è in sospensione. Questo orologio è
3034 specifico di Linux, ed è disponibile a
3035 partire dal kernel 3.0.\\
3036 \constd{CLOCK\_BOOTTIME\_ALARM}&Identico a \const{CLOCK\_BOOTTIME}, ma se
3037 usato per un timer il sistema sarà riattivato
3038 anche se è in sospensione. Questo orologio è
3039 specifico di Linux, ed è disponibile a
3040 partire dal kernel 3.0.\\
3044 \caption{Valori possibili per una variabile di tipo \typed{clockid\_t}
3045 usata per indicare a quale tipo di orologio si vuole fare riferimento.}
3046 \label{tab:sig_timer_clockid_types}
3050 % TODO: dal 4.17 CLOCK_MONOTONIC e CLOCK_BOOTTIME sono identici vedi
3051 % https://lwn.net/Articles/751651/ e
3052 % https://git.kernel.org/linus/d6ed449afdb38f89a7b38ec50e367559e1b8f71f
3053 % change reverted, vedi: https://lwn.net/Articles/752757/
3055 % NOTE: dal 3.0 anche i cosiddetti Posix Alarm Timers, con
3056 % CLOCK_REALTIME_ALARM vedi http://lwn.net/Articles/429925/
3057 % TODO: dal 3.10 anche CLOCK_TAI
3059 % TODO seguire l'evoluzione delle nuove syscall per il problema del 2038,
3060 % iniziate ad entrare nel kernel dal 5.1, vedi
3061 % https://lwn.net/Articles/776435/, https://lwn.net/Articles/782511/,
3062 % https://git.kernel.org/linus/b1b988a6a035
3064 Per poter utilizzare queste funzionalità la \acr{glibc} richiede che la
3065 macro \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE} sia definita ad un valore maggiore o uguale
3066 di \texttt{199309L} (vedi sez.~\ref{sec:intro_gcc_glibc_std}), inoltre i
3067 programmi che le usano devono essere collegati con la libreria delle
3068 estensioni \textit{real-time} usando esplicitamente l'opzione \texttt{-lrt}.
3070 Si tenga presente inoltre che la disponibilità di queste funzionalità avanzate
3071 può essere controllato dalla definizione della macro \macrod{\_POSIX\_TIMERS}
3072 ad un valore maggiore di 0, e che le ulteriori macro
3073 \macrod{\_POSIX\_MONOTONIC\_CLOCK}, \macrod{\_POSIX\_CPUTIME} e
3074 \macrod{\_POSIX\_THREAD\_CPUTIME} indicano la presenza dei rispettivi orologi
3075 di tipo \const{CLOCK\_MONOTONIC}, \const{CLOCK\_PROCESS\_CPUTIME\_ID} e
3076 \const{CLOCK\_THREAD\_CPUTIME\_ID}; tutte queste macro sono definite in
3077 \headfile{unistd.h}, che pertanto deve essere incluso per poterle
3078 controllarle. Infine se il kernel ha il supporto per gli \textit{high
3079 resolution timer} un elenco degli orologi e dei timer può essere ottenuto
3080 tramite il file \procfile{/proc/timer\_list}.
3082 Le due funzioni che ci consentono rispettivamente di modificare o leggere il
3083 valore per uno degli orologi \textit{real-time} sono \funcd{clock\_settime} e
3084 \funcd{clock\_gettime}; i rispettivi prototipi sono:
3088 \fdecl{int clock\_settime(clockid\_t clockid, const struct timespec *tp)}
3089 \fdesc{Imposta un orologio \textit{real-time}.}
3090 \fdecl{int clock\_gettime(clockid\_t clockid, struct timespec *tp)}
3091 \fdesc{Legge un orologio \textit{real-time}.}
3094 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3095 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3097 \item[\errcode{EFAULT}] l'indirizzo \param{tp} non è valido.
3098 \item[\errcode{EINVAL}] il valore specificato per \param{clockid} non è
3099 valido o il relativo orologio \textit{real-time} non è supportato dal
3101 \item[\errcode{EPERM}] non si ha il permesso di impostare l'orologio
3102 indicato (solo per \func{clock\_settime}).
3107 Entrambe le funzioni richiedono che si specifichi come primo argomento il tipo
3108 di orologio su cui si vuole operare con uno dei valori di
3109 tab.~\ref{tab:sig_timer_clockid_types} o con il risultato di una chiamata a
3110 \func{clock\_getcpuclockid} (che tratteremo a breve), il secondo argomento
3111 invece è sempre il puntatore \param{tp} ad una struttura \struct{timespec}
3112 (vedi fig.~\ref{fig:sys_timespec_struct}) che deve essere stata
3113 precedentemente allocata. Per \func{clock\_settime} questa dovrà anche essere
3114 stata inizializzata con il valore che si vuole impostare sull'orologio, mentre
3115 per \func{clock\_gettime} verrà restituito al suo interno il valore corrente
3118 Si tenga presente inoltre che per eseguire un cambiamento sull'orologio
3119 generale di sistema \const{CLOCK\_REALTIME} occorrono i privilegi
3120 amministrativi;\footnote{ed in particolare la \textit{capability}
3121 \const{CAP\_SYS\_TIME}.} inoltre ogni cambiamento ad esso apportato non avrà
3122 nessun effetto sulle temporizzazioni effettuate in forma relativa, come quelle
3123 impostate sulle quantità di \textit{process time} o per un intervallo di tempo
3124 da trascorrere, ma solo su quelle che hanno richiesto una temporizzazione ad
3125 un istante preciso (in termini di \textit{calendar time}). Si tenga inoltre
3126 presente che nel caso di Linux \const{CLOCK\_REALTIME} è l'unico orologio per
3127 cui si può effettuare una modifica, infatti nonostante lo standard preveda la
3128 possibilità di modifiche anche per \const{CLOCK\_PROCESS\_CPUTIME\_ID} e
3129 \const{CLOCK\_THREAD\_CPUTIME\_ID}, il kernel non le consente.
3131 Oltre alle due funzioni precedenti, lo standard POSIX prevede una terza
3132 funzione di sistema che consenta di ottenere la risoluzione effettiva fornita
3133 da un certo orologio, la funzione è \funcd{clock\_getres} ed il suo prototipo
3138 \fdecl{int clock\_getres(clockid\_t clockid, struct timespec *res)}
3139 \fdesc{Legge la risoluzione di un orologio \textit{real-time}.}
3142 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3143 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3145 \item[\errcode{EFAULT}] l'indirizzo di \param{res} non è valido.
3146 \item[\errcode{EINVAL}] il valore specificato per \param{clockid} non è
3152 La funzione richiede come primo argomento l'indicazione dell'orologio di cui
3153 si vuole conoscere la risoluzione (effettuata allo stesso modo delle due
3154 precedenti) e questa verrà restituita in una struttura \struct{timespec}
3155 all'indirizzo puntato dall'argomento \param{res}.
3157 Come accennato il valore di questa risoluzione dipende sia dall'hardware
3158 disponibile che dalla implementazione delle funzioni, e costituisce il limite
3159 minimo di un intervallo di tempo che si può indicare. Qualunque valore si
3160 voglia utilizzare nelle funzioni di impostazione che non corrisponda ad un
3161 multiplo intero di questa risoluzione, sarà troncato in maniera automatica.
3163 Gli orologi elencati nella seconda sezione di
3164 tab.~\ref{tab:sig_timer_clockid_types} sono delle estensioni specifiche di
3165 Linux, create per rispondere ad alcune esigenze specifiche, come quella di
3166 tener conto di eventuali periodi di sospensione del sistema, e presenti solo
3167 nelle versioni più recenti del kernel. In particolare gli ultimi due,
3168 contraddistinti dal suffisso \texttt{\_ALARM}, hanno un impiego particolare,
3169 derivato dalle esigenze emerse con Android per l'uso di Linux sui cellulari,
3170 che consente di creare timer che possono scattare, riattivando il sistema,
3171 anche quando questo è in sospensione. Per il loro utilizzo è prevista la
3172 necessità di una capacità specifica, \const{CAP\_WAKE\_ALARM} (vedi
3173 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}).
3175 Si tenga presente inoltre che con l'introduzione degli \textit{high resolution
3176 timer} i due orologi \const{CLOCK\_PROCESS\_CPUTIME\_ID} e
3177 \const{CLOCK\_THREAD\_CPUTIME\_ID} fanno riferimento ai contatori presenti in
3178 opportuni registri interni del processore; questo sui sistemi multiprocessore
3179 può avere delle ripercussioni sulla precisione delle misure di tempo che vanno
3180 al di là della risoluzione teorica ottenibile con \func{clock\_getres}, che
3181 può essere ottenuta soltanto quando si è sicuri che un processo (o un
3182 \textit{thread}) sia sempre stato eseguito sullo stesso processore.
3184 Con i sistemi multiprocessore infatti ogni singola CPU ha i suoi registri
3185 interni, e se ciascuna di esse utilizza una base di tempo diversa (se cioè il
3186 segnale di temporizzazione inviato ai processori non ha una sola provenienza)
3187 in genere ciascuna di queste potrà avere delle frequenze leggermente diverse,
3188 e si otterranno pertanto dei valori dei contatori scorrelati fra loro, senza
3189 nessuna possibilità di sincronizzazione.
3191 Il problema si presenta, in forma più lieve, anche se la base di tempo è la
3192 stessa, dato che un sistema multiprocessore non avvia mai tutte le CPU allo
3193 stesso istante, si potrà così avere di nuovo una differenza fra i contatori,
3194 soggetta però soltanto ad uno sfasamento costante. Per questo caso il kernel
3195 per alcune architetture ha del codice che consente di ridurre al minimo la
3196 differenza, ma non può essere comunque garantito che questa si annulli (anche
3197 se in genere risulta molto piccola e trascurabile nella gran parte dei casi).
3199 Per poter gestire questo tipo di problematiche lo standard ha previsto una
3200 apposita funzione che sia in grado di ottenere l'identificativo dell'orologio
3201 associato al \textit{process time} di un processo, la funzione è
3202 \funcd{clock\_getcpuclockid} ed il suo prototipo è:
3206 \fdecl{int clock\_getcpuclockid(pid\_t pid, clockid\_t *clockid)}
3207 \fdesc{Ottiene l'identificatore dell'orologio di CPU usato da un processo.}
3210 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo ed un numero positivo per un
3211 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3213 \item[\errcode{ENOSYS}] non c'è il supporto per ottenere l'orologio relativo
3214 al \textit{process time} di un altro processo, e \param{pid} non
3215 corrisponde al processo corrente.
3216 \item[\errcode{EPERM}] il chiamante non ha il permesso di accedere alle
3217 informazioni relative al processo \param{pid}, avviene solo se è
3218 disponibile il supporto per leggere l'orologio relativo ad un altro
3220 \item[\errcode{ESRCH}] non esiste il processo \param{pid}.
3225 La funzione ritorna l'identificativo di un orologio di sistema associato ad un
3226 processo indicato tramite l'argomento \param{pid}. Un utente normale, posto
3227 che il kernel sia sufficientemente recente da supportare questa funzionalità,
3228 può accedere soltanto ai dati relativi ai propri processi.
3230 Del tutto analoga a \func{clock\_getcpuclockid}, ma da utilizzare per ottenere
3231 l'orologio associato ad un \textit{thread} invece che a un processo, è
3232 \funcd{pthread\_getcpuclockid},\footnote{per poterla utilizzare, come per
3233 qualunque funzione che faccia riferimento ai \textit{thread}, occorre
3234 effettuare il collegamento alla relativa libreria di gestione compilando il
3235 programma con \texttt{-lpthread}.} il cui prototipo è:
3240 \fdecl{int pthread\_getcpuclockid(pthread\_t thread, clockid\_t *clockid)}
3241 \fdesc{Ottiene l'identificatore dell'orologio di CPU associato ad un
3245 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo ed un numero positivo per un
3246 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3248 \item[\errcode{ENOENT}] la funzione non è supportata dal sistema.
3249 \item[\errcode{ESRCH}] non esiste il \textit{thread} identificato
3255 % TODO, dal 2.6.39 aggiunta clock_adjtime
3257 Con l'introduzione degli orologi ad alta risoluzione è divenuto possibile
3258 ottenere anche una gestione più avanzata degli allarmi; abbiamo già visto in
3259 sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort} come l'interfaccia di \func{setitimer} derivata
3260 da BSD presenti delle serie limitazioni, come la possibilità di perdere un
3261 segnale sotto carico, tanto che nello standard POSIX.1-2008 questa viene
3262 marcata come obsoleta, e ne viene fortemente consigliata la sostituzione con
3263 nuova interfaccia definita dallo standard POSIX.1-2001 che va sotto il nome di
3264 \textit{POSIX Timer API}. Questa interfaccia è stata introdotta a partire dal
3265 kernel 2.6, anche se il supporto di varie funzionalità da essa previste è
3266 stato aggiunto solo in un secondo tempo.
3268 Una delle principali differenze della nuova interfaccia è che un processo può
3269 utilizzare un numero arbitrario di timer; questi vengono creati (ma non
3270 avviati) tramite la funzione di sistema \funcd{timer\_create}, il cui
3276 \fdecl{int timer\_create(clockid\_t clockid, struct sigevent *evp,
3278 \fdesc{Crea un nuovo timer POSIX.}
3281 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3282 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3284 \item[\errcode{EAGAIN}] fallimento nel tentativo di allocare le strutture
3286 \item[\errcode{EINVAL}] uno dei valori specificati per \param{clockid} o per
3287 i campi \var{sigev\_notify}, \var{sigev\_signo} o
3288 \var{sigev\_notify\_thread\_id} di \param{evp} non è valido.
3289 \item[\errcode{ENOMEM}] errore di allocazione della memoria.
3294 La funzione richiede tre argomenti: il primo argomento serve ad indicare quale
3295 tipo di orologio si vuole utilizzare e prende uno dei valori di
3296 tab.~\ref{tab:sig_timer_clockid_types}; di detti valori però non è previsto
3297 l'uso di \const{CLOCK\_MONOTONIC\_RAW} mentre
3298 \const{CLOCK\_PROCESS\_CPUTIME\_ID} e \const{CLOCK\_THREAD\_CPUTIME\_ID} sono
3299 disponibili solo a partire dal kernel 2.6.12. Si può così fare riferimento sia
3300 ad un tempo assoluto che al tempo utilizzato dal processo (o \textit{thread})
3301 stesso. Si possono inoltre utilizzare, posto di avere un kernel che li
3302 supporti, gli orologi aggiuntivi della seconda parte di
3303 tab.~\ref{tab:sig_timer_clockid_types}.
3305 Il secondo argomento richiede una trattazione più dettagliata, in quanto
3306 introduce una struttura di uso generale, \struct{sigevent}, che viene
3307 utilizzata anche da altre funzioni, come quelle per l'I/O asincrono (vedi
3308 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io}) o le code di messaggi POSIX (vedi
3309 sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq}) e che serve ad indicare in maniera generica un
3310 meccanismo di notifica.
3312 \begin{figure}[!htb]
3313 \footnotesize \centering
3314 \begin{minipage}[c]{0.8\textwidth}
3315 \includestruct{listati/sigevent.h}
3318 \caption{La struttura \structd{sigevent}, usata per specificare in maniera
3319 generica diverse modalità di notifica degli eventi.}
3320 \label{fig:struct_sigevent}
3323 La struttura \struct{sigevent} (accessibile includendo \headfile{time.h}) è
3324 riportata in fig.~\ref{fig:struct_sigevent}, la definizione effettiva dipende
3325 dall'implementazione, quella mostrata è la versione descritta nella pagina di
3326 manuale di \func{timer\_create}. Il campo \var{sigev\_notify} è il più
3327 importante essendo quello che indica le modalità della notifica, gli altri
3328 dipendono dal valore che si è specificato per \var{sigev\_notify}, si sono
3329 riportati in tab.~\ref{tab:sigevent_sigev_notify}. La scelta del meccanismo di
3330 notifica viene fatta impostando uno dei valori di
3331 tab.~\ref{tab:sigevent_sigev_notify} per \var{sigev\_notify}, e fornendo gli
3332 eventuali ulteriori argomenti necessari a secondo della scelta
3333 effettuata. Diventa così possibile indicare l'uso di un segnale o l'esecuzione
3334 (nel caso di uso dei \textit{thread}) di una funzione di modifica in un
3335 \textit{thread} dedicato.
3340 \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
3342 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
3345 \constd{SIGEV\_NONE} & Non viene inviata nessuna notifica.\\
3346 \constd{SIGEV\_SIGNAL} & La notifica viene effettuata inviando al processo
3347 chiamante il segnale specificato dal campo
3348 \var{sigev\_signo}; se il gestore di questo
3349 segnale è stato installato con
3350 \const{SA\_SIGINFO} gli verrà restituito il
3351 valore specificato con \var{sigev\_value} (una
3352 \dirct{union} \texttt{sigval}, la cui definizione
3353 è in fig.~\ref{fig:sig_sigval}) come valore del
3354 campo \var{si\_value} di \struct{siginfo\_t}.\\
3355 \constd{SIGEV\_THREAD} & La notifica viene effettuata creando un nuovo
3356 \textit{thread} che esegue la funzione di
3357 notifica specificata da
3358 \var{sigev\_notify\_function} con argomento
3359 \var{sigev\_value}. Se questo è diverso da
3360 \val{NULL}, il \textit{thread} viene creato con
3361 gli attributi specificati da
3362 \var{sigev\_notify\_attribute}.\footnotemark\\
3363 \constd{SIGEV\_THREAD\_ID}& Invia la notifica come segnale (con le stesse
3364 modalità di \const{SIGEV\_SIGNAL}) che però viene
3365 recapitato al \textit{thread} indicato dal campo
3366 \var{sigev\_notify\_thread\_id}. Questa modalità
3367 è una estensione specifica di Linux, creata come
3368 supporto per le librerie di gestione dei
3369 \textit{thread}, pertanto non deve essere usata
3370 da codice normale.\\
3373 \caption{Valori possibili per il campo \var{sigev\_notify} in una struttura
3375 \label{tab:sigevent_sigev_notify}
3378 \footnotetext{nel caso dei \textit{timer} questa funzionalità è considerata un
3379 esempio di pessima implementazione di una interfaccia, richiesta dallo
3380 standard POSIX, ma da evitare totalmente nell'uso ordinario, a causa della
3381 possibilità di creare disservizi generando una gran quantità di processi,
3382 tanto che ne è stata richiesta addirittura la rimozione.}
3384 Nel caso di \func{timer\_create} occorrerà passare alla funzione come secondo
3385 argomento l'indirizzo di una di queste strutture per indicare le modalità con
3386 cui si vuole essere notificati della scadenza del timer, se non si specifica
3387 nulla (passando un valore \val{NULL}) verrà inviato il segnale
3388 \signal{SIGALRM} al processo corrente, o per essere più precisi verrà
3389 utilizzato un valore equivalente all'aver specificato \const{SIGEV\_SIGNAL}
3390 per \var{sigev\_notify}, \signal{SIGALRM} per \var{sigev\_signo} e
3391 l'identificatore del timer come valore per \var{sigev\_value.sival\_int}.
3393 Il terzo argomento deve essere l'indirizzo di una variabile di tipo
3394 \typed{timer\_t} dove sarà scritto l'identificativo associato al timer appena
3395 creato, da usare in tutte le successive funzioni di gestione. Una volta creato
3396 questo identificativo resterà univoco all'interno del processo stesso fintanto
3397 che il timer non viene cancellato.
3399 Si tenga presente che eventuali POSIX timer creati da un processo non vengono
3400 ereditati dai processi figli creati con \func{fork} e che vengono cancellati
3401 nella esecuzione di un programma diverso attraverso una delle funzioni
3402 \func{exec}. Si tenga presente inoltre che il kernel prealloca l'uso di un
3403 segnale \textit{real-time} per ciascun timer che viene creato con
3404 \func{timer\_create}; dato che ciascuno di essi richiede un posto nella coda
3405 dei segnali \textit{real-time}, il numero massimo di timer utilizzabili da un
3406 processo è limitato dalle dimensioni di detta coda, ed anche, qualora questo
3407 sia stato impostato, dal limite \const{RLIMIT\_SIGPENDING}.
3409 Una volta creato il timer \func{timer\_create} ed ottenuto il relativo
3410 identificatore, si può attivare o disattivare un allarme (in gergo
3411 \textsl{armare} o \textsl{disarmare} il timer) con la funzione di sistema
3412 \funcd{timer\_settime}, il cui prototipo è:
3417 \fdecl{int timer\_settime(timer\_t timerid, int flags, const struct
3418 itimerspec *new\_value, struct itimerspec *old\_value)}
3419 \fdesc{Arma o disarma un timer POSIX.}
3422 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3423 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3425 \item[\errcode{EFAULT}] si è specificato un indirizzo non valido
3426 per \param{new\_value} o \param{old\_value}.
3427 \item[\errcode{EINVAL}] all'interno di \param{new\_value.value} si è
3428 specificato un tempo negativo o un numero di nanosecondi maggiore di
3434 La funzione richiede che si indichi la scadenza del timer con
3435 l'argomento \param{new\_value}, che deve essere specificato come puntatore ad
3436 una struttura di tipo \struct{itimerspec}, la cui definizione è riportata in
3437 fig.~\ref{fig:struct_itimerspec}; se il puntatore \param{old\_value} è diverso
3438 da \val{NULL} il valore corrente della scadenza verrà restituito in una
3439 analoga struttura, ovviamente in entrambi i casi le strutture devono essere
3442 \begin{figure}[!htb]
3443 \footnotesize \centering
3444 \begin{minipage}[c]{0.8\textwidth}
3445 \includestruct{listati/itimerspec.h}
3448 \caption{La struttura \structd{itimerspec}, usata per specificare la
3449 scadenza di un allarme.}
3450 \label{fig:struct_itimerspec}
3453 Ciascuno dei due campi di \struct{itimerspec} indica un tempo, da specificare
3454 con una precisione fino al nanosecondo tramite una struttura \struct{timespec}
3455 (la cui definizione è riportata fig.~\ref{fig:sys_timespec_struct}). Il campo
3456 \var{it\_value} indica la prima scadenza dell'allarme. Di default, quando il
3457 valore di \param{flags} è nullo, questo valore viene considerato come un
3458 intervallo relativo al tempo corrente, il primo allarme scatterà cioè dopo il
3459 numero di secondi e nanosecondi indicati da questo campo. Se invece si usa
3460 per \param{flags} il valore \constd{TIMER\_ABSTIME}, che al momento è l'unico
3461 valore valido per \param{flags}, allora \var{it\_value} viene considerato come
3462 un valore assoluto rispetto al valore usato dall'orologio a cui è associato il
3465 Quindi a seconda dei casi si potrà impostare un timer o con un tempo assoluto,
3466 quando si opera rispetto all'orologio di sistema (nel qual caso il valore deve
3467 essere in secondi e nanosecondi dalla \textit{epoch}) o con un numero di
3468 secondi o nanosecondi rispetto alla partenza di un orologio di CPU, quando si
3469 opera su uno di questi. Infine un valore nullo di \var{it\_value}, dove per
3470 nullo si intende con valori nulli per entrambi i campi \var{tv\_sec} e
3471 \var{tv\_nsec}, può essere utilizzato, indipendentemente dal tipo di orologio
3472 utilizzato, per disarmare l'allarme.
3474 Il campo \var{it\_interval} di \struct{itimerspec} viene invece utilizzato per
3475 impostare un allarme periodico. Se il suo valore è nullo, se cioè sono nulli
3476 tutti e due i due campi \var{tv\_sec} e \var{tv\_nsec} di detta struttura
3477 \struct{timespec}, l'allarme scatterà una sola volta secondo quando indicato
3478 con \var{it\_value}, altrimenti il valore specificato nella struttura verrà
3479 preso come l'estensione del periodo di ripetizione della generazione
3480 dell'allarme, che proseguirà indefinitamente fintanto che non si disarmi il
3483 Se il timer era già stato armato la funzione sovrascrive la precedente
3484 impostazione, se invece si indica come prima scadenza un tempo già passato,
3485 l'allarme verrà notificato immediatamente e al contempo verrà incrementato il
3486 contatore dei superamenti. Questo contatore serve a fornire una indicazione al
3487 programma che riceve l'allarme su un eventuale numero di scadenze che sono
3488 passate prima della ricezione della notifica dell'allarme.
3490 É infatti possibile, qualunque sia il meccanismo di notifica scelto, che
3491 quest'ultima venga ricevuta dopo che il timer è scaduto più di una volta,
3492 specialmente se si imposta un timer con una ripetizione a frequenza
3493 elevata. Nel caso dell'uso di un segnale infatti il sistema mette in coda un
3494 solo segnale per timer,\footnote{questo indipendentemente che si tratti di un
3495 segnale ordinario o \textit{real-time}, per questi ultimi sarebbe anche
3496 possibile inviare un segnale per ogni scadenza, questo però non viene fatto
3497 per evitare il rischio, tutt'altro che remoto, di riempire la coda.} e se il
3498 sistema è sotto carico o se il segnale è bloccato, prima della sua ricezione
3499 può passare un intervallo di tempo sufficientemente lungo ad avere scadenze
3500 multiple, e lo stesso può accadere anche se si usa un \textit{thread} di
3503 Per questo motivo il gestore del segnale o il \textit{thread} di notifica può
3504 ottenere una indicazione di quante volte il timer è scaduto dall'invio della
3505 notifica utilizzando la funzione di sistema \funcd{timer\_getoverrun}, il cui
3510 \fdecl{int timer\_getoverrun(timer\_t timerid)}
3511 \fdesc{Ottiene il numero di scadenze di un timer POSIX.}
3514 {La funzione ritorna il numero di scadenze di un timer in caso di successo e
3515 $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3517 \item[\errcode{EINVAL}] \param{timerid} non indica un timer valido.
3522 La funzione ritorna il numero delle scadenze avvenute, che può anche essere
3523 nullo se non ve ne sono state. Come estensione specifica di Linux,\footnote{in
3524 realtà lo standard POSIX.1-2001 prevede gli \textit{overrun} solo per i
3525 segnali e non ne parla affatto in riferimento ai \textit{thread}.} quando
3526 si usa un segnale come meccanismo di notifica, si può ottenere direttamente
3527 questo valore nel campo \var{si\_overrun} della struttura \struct{siginfo\_t}
3528 (illustrata in fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t}) restituita al gestore del segnale
3529 installato con \func{sigaction}; in questo modo non è più necessario eseguire
3530 successivamente una chiamata a questa funzione per ottenere il numero delle
3531 scadenze. Al gestore del segnale viene anche restituito, come ulteriore
3532 informazione, l'identificativo del timer, in questo caso nel campo
3535 Qualora si voglia rileggere lo stato corrente di un timer, ed ottenere il
3536 tempo mancante ad una sua eventuale scadenza, si deve utilizzare la funzione
3537 di sistema \funcd{timer\_gettime}, il cui prototipo è:
3541 \fdecl{int timer\_gettime(timer\_t timerid, int flags, struct
3542 itimerspec *curr\_value)}
3543 \fdesc{Legge lo stato di un timer POSIX.}
3546 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3547 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3549 \item[\errcode{EFAULT}] si è specificato un indirizzo non valido
3550 per \param{curr\_value}.
3551 \item[\errcode{EINVAL}] \param{timerid} non indica un timer valido.
3556 La funzione restituisce nella struttura \struct{itimerspec} puntata
3557 da \param{curr\_value} il tempo restante alla prossima scadenza nel campo
3558 \var{it\_value}. Questo tempo viene sempre indicato in forma relativa, anche
3559 nei casi in cui il timer era stato precedentemente impostato con
3560 \const{TIMER\_ABSTIME} indicando un tempo assoluto. Il ritorno di un valore
3561 nullo nel campo \var{it\_value} significa che il timer è disarmato o è
3562 definitivamente scaduto.
3564 Nel campo \var{it\_interval} di \param{curr\_value} viene invece restituito,
3565 se questo era stato impostato, il periodo di ripetizione del timer. Anche in
3566 questo caso il ritorno di un valore nullo significa che il timer non era stato
3567 impostato per una ripetizione e doveva operare, come suol dirsi, a colpo
3568 singolo (in gergo \textit{one shot}).
3570 Infine, quando un timer non viene più utilizzato, lo si può cancellare,
3571 rimuovendolo dal sistema e recuperando le relative risorse, effettuando in
3572 sostanza l'operazione inversa rispetto a \func{timer\_create}. Per questo
3573 compito lo standard prevede una apposita funzione di sistema,
3574 \funcd{timer\_delete}, il cui prototipo è:
3578 \fdecl{int timer\_delete(timer\_t timerid)}
3579 \fdesc{Cancella un timer POSIX.}
3582 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3583 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3585 \item[\errcode{EINVAL}] \param{timerid} non indica un timer valido.
3590 La funzione elimina il timer identificato da \param{timerid}, disarmandolo se
3591 questo era stato attivato. Nel caso, poco probabile ma comunque possibile, che
3592 un timer venga cancellato prima della ricezione del segnale pendente per la
3593 notifica di una scadenza, il comportamento del sistema è indefinito.
3595 Infine a partire dal kernel 2.6 e per le versioni della \acr{libc} superiori
3596 alla 2.1, si può utilizzare la nuova interfaccia dei timer POSIX anche per le
3597 funzioni di attesa, per questo è disponibile la funzione di sistema
3598 \funcd{clock\_nanosleep}, il cui prototipo è: