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12 \chapter{L'architettura del sistema}
13 \label{cha:intro_unix}
15 In questo primo capitolo sarà fatta un'introduzione ai concetti generali su
16 cui è basato un sistema operativo di tipo Unix come GNU/Linux, in questo modo
17 potremo fornire una base di comprensione mirata a sottolineare le peculiarità
18 del sistema che sono più rilevanti per quello che riguarda la programmazione.
20 Dopo un'introduzione sulle caratteristiche principali di un sistema di tipo
21 Unix passeremo ad illustrare alcuni dei concetti base dell'architettura di
22 GNU/Linux (che sono comunque comuni a tutti i sistemi \textit{unix-like}) ed
23 introdurremo alcuni degli standard principali a cui viene fatto riferimento.
26 \section{Una panoramica}
27 \label{sec:intro_unix_struct}
29 In questa prima sezione faremo una breve panoramica sull'architettura di un
30 sistema tipo Unix come GNU/Linux, e della relazione fra le varie parti che lo
31 compongono. Chi avesse già una conoscenza di questa materia può
32 tranquillamente saltare questa sezione ad eccezione di
33 sez.~\ref{sec:intro_syscall} dove introdotti alcuni concetti fondamentali
34 relativi alle funzioni di libreria.
37 \subsection{Concetti base}
38 \label{sec:intro_base_concept}
40 Il concetto base di un sistema unix-like è quello di un nucleo del sistema, il
41 cosiddetto \textit{kernel} (nel nostro caso Linux) a cui si demanda la
42 gestione delle risorse essenziali (la CPU, la memoria, le periferiche) mentre
43 tutto il resto, quindi anche la parte che prevede l'interazione con l'utente,
44 dev'essere realizzato tramite programmi eseguiti dal kernel, che accedano alle
45 risorse hardware tramite opportune richieste a quest'ultimo.
47 Fin dall'inizio uno Unix si presenta come un sistema operativo
48 \textit{multitasking}, cioè in grado di eseguire contemporaneamente più
49 programmi, e multiutente, in cui è possibile che più utenti siano connessi ad
50 una macchina eseguendo più programmi ``\textsl{in contemporanea}''. In realtà,
51 almeno per macchine a processore singolo, i programmi vengono eseguiti
52 singolarmente a rotazione.
54 % Questa e` una distinzione essenziale da capire,
55 %specie nei confronti dei sistemi operativi successivi, nati per i personal
56 %computer (e quindi per un uso personale), sui quali l'hardware (allora
57 %limitato) non consentiva la realizzazione di un sistema evoluto come uno unix.
59 I kernel Unix più recenti, come Linux, sono realizzati sfruttando alcune
60 caratteristiche dei processori moderni come la gestione hardware della memoria
61 e la modalità protetta. In sostanza con i processori moderni si può
62 disabilitare temporaneamente l'uso di certe istruzioni e l'accesso a certe
63 zone di memoria fisica. Quello che succede è che il kernel è il solo
64 programma ad essere eseguito in modalità privilegiata, con il completo accesso
65 all'hardware, mentre i programmi normali vengono eseguiti in modalità protetta
66 e non possono accedere direttamente alle zone di memoria riservate o alle
67 porte di input/output.
69 Una parte del kernel, lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler}, si occupa di
70 stabilire, ad intervalli fissi e sulla base di un opportuno calcolo delle
71 priorità, quale ``\textsl{processo}'' deve essere posto in esecuzione (il
72 cosiddetto \itindex{preemptive~multitasking} \textit{preemptive
73 multitasking}). Questo verrà comunque eseguito in modalità protetta; quando
74 necessario il processo potrà accedere alle risorse hardware soltanto
75 attraverso delle opportune chiamate al sistema che restituiranno il controllo
78 La memoria viene sempre gestita dal kernel attraverso il meccanismo della
79 \index{memoria~virtuale} \textsl{memoria virtuale}, che consente di assegnare
80 a ciascun processo uno spazio di indirizzi ``\textsl{virtuale}'' (vedi
81 sez.~\ref{sec:proc_memory}) che il kernel stesso, con l'ausilio della unità di
82 gestione della memoria, si incaricherà di rimappare automaticamente sulla
83 memoria disponibile, salvando su disco quando necessario (nella cosiddetta
84 area di \textit{swap}) le pagine di memoria in eccedenza.
86 Le periferiche infine vengono viste in genere attraverso un'interfaccia
87 astratta che permette di trattarle come fossero file, secondo il concetto per
88 cui \textit{everything is a file}, su cui torneremo in dettaglio in
89 cap.~\ref{cha:file_intro}. Questo non è vero per le interfacce di rete, che
90 non rispondendo bene a detta astrazione hanno un'interfaccia diversa, ma resta
91 valido anche per loro il concetto generale che tutto il lavoro di accesso e
92 gestione delle periferiche a basso livello è effettuato dal kernel.
95 \subsection{Il kernel e il sistema}
96 \label{sec:intro_kern_and_sys}
98 Uno dei concetti fondamentali su cui si basa l'architettura dei sistemi Unix è
99 quello della distinzione fra il cosiddetto \textit{user space}, che
100 contraddistingue l'ambiente in cui vengono eseguiti i programmi, e il
101 \textit{kernel space}, che è l'ambiente in cui viene eseguito il kernel. Ogni
102 programma vede sé stesso come se avesse la piena disponibilità della CPU e
103 della memoria ed è, salvo i meccanismi di comunicazione previsti
104 dall'architettura, completamente ignaro del fatto che altri programmi possono
105 essere messi in esecuzione dal kernel.
107 Per questa separazione non è possibile ad un singolo programma disturbare
108 l'azione di un altro programma o del sistema e questo è il principale motivo
109 della stabilità di un sistema unix-like nei confronti di altri sistemi in cui
110 i processi non hanno di questi limiti, o in cui vengono per vari motivi
111 eseguiti al livello del kernel. Pertanto deve essere chiaro a chi programma in
112 Unix che l'accesso diretto all'hardware non può avvenire se non all'interno
113 del kernel; al di fuori dal kernel il programmatore deve usare le opportune
114 interfacce che quest'ultimo fornisce allo \textit{user space}.
116 Per capire meglio la distinzione fra \textit{kernel space} e \textit{user
117 space} si può prendere in esame la procedura di avvio di un sistema
118 unix-like; all'avvio il BIOS (o in generale il software di avvio posto nelle
119 EPROM) eseguirà la procedura di avvio del sistema (il cosiddetto
120 \textit{bootstrap}\footnote{il nome deriva da un'espressione gergale che
121 significa ``sollevarsi da terra tirandosi per le stringhe delle scarpe'',
122 per indicare il compito, almeno apparentemente impossibile, di far eseguire
123 un programma a partire da un computer appena acceso che appunto non ne
124 contiene nessuno; non è impossibile perché in realtà c'è un programma
125 iniziale, che è il BIOS.}), incaricandosi di caricare il kernel in memoria e
126 di farne partire l'esecuzione; quest'ultimo, dopo aver inizializzato le
127 periferiche, farà partire il primo processo, \cmd{init}, che è quello che a
128 sua volta farà partire tutti i processi successivi. Fra questi ci sarà pure
129 quello che si occupa di dialogare con la tastiera e lo schermo della console,
130 e quello che mette a disposizione dell'utente che si vuole collegare, un
131 terminale e la \textit{shell} da cui inviare i comandi.
133 E' da rimarcare come tutto ciò che riguarda l'interazione con l'utente, che
134 usualmente viene visto come parte del sistema, non abbia in realtà niente a
135 che fare con il kernel, ma sia effettuato da opportuni programmi che vengono
136 eseguiti, allo stesso modo di un qualunque programma di scrittura o di disegno
137 e della stessa interfaccia grafica, in \textit{user space}.
139 Questo significa ad esempio che il sistema di per sé non dispone di primitive
140 per tutta una serie di operazioni (ad esempio come la copia di un file) che
141 altri sistemi (come Windows) hanno invece al loro interno. Pertanto buona
142 parte delle operazioni di normale amministrazione di un sistema, come quella
143 in esempio, sono implementate come normali programmi.
145 %Una delle caratteristiche base di unix \`e perci\`o che \`e possibile
146 %realizzare un sistema di permessi e controlli che evitano che i programmi
147 %eseguano accessi non autorizzati.
149 Per questo motivo quando ci si riferisce al sistema nella sua interezza è
150 corretto parlare di un sistema GNU/Linux: da solo il kernel è assolutamente
151 inutile; quello che costruisce un sistema operativo utilizzabile è la presenza
152 di tutta una serie di librerie e programmi di utilità (i più diffusi sono
153 quelli realizzati dal progetto GNU della Free Software Foundation) che
154 permettono di eseguire le normali operazioni che ci si aspetta da un sistema
158 \subsection{Chiamate al sistema e librerie di funzioni}
159 \label{sec:intro_syscall}
161 Come accennato le interfacce con cui i programmi possono accedere all'hardware
162 vanno sotto il nome di chiamate al sistema (le cosiddette \textit{system
163 call}), si tratta di un insieme di funzioni che un programma può chiamare,
164 per le quali viene generata un'interruzione del processo passando il controllo
165 dal programma al kernel. Sarà poi quest'ultimo che (oltre a compiere una serie
166 di operazioni interne come la gestione del multitasking e l'allocazione della
167 memoria) eseguirà la funzione richiesta in \textit{kernel space} restituendo i
168 risultati al chiamante.
170 Ogni versione di Unix ha storicamente sempre avuto un certo numero di queste
171 chiamate, che sono riportate nella seconda sezione del \textsl{Manuale di
172 programmazione di Unix} (quella cui si accede con il comando \cmd{man 2
173 <nome>}) e Linux non fa eccezione. Queste sono poi state codificate da vari
174 standard, che esamineremo brevemente in sez.~\ref{sec:intro_standard}. Uno
175 schema elementare della struttura del sistema è riportato in
176 fig.~\ref{fig:intro_sys_struct}.
180 % \includegraphics[width=10cm]{img/struct_sys}
182 \filldraw[fill=black!20] (0,0) rectangle (7.5,1);
183 \draw (3.75,0.5) node {\textsl{System Call Interface}};
184 \filldraw[fill=black!35] (0,1) rectangle (7.5,4);
185 \draw (3.75,2.5) node {\huge{\textsf{kernel}}};
186 \filldraw[fill=black!20] (0,4) rectangle (2.5,5);
187 \draw (1.25,4.5) node {\textsf{scheduler}};
188 \filldraw[fill=black!20] (2.5,4) rectangle (5,5);
189 \draw (3.75,4.5) node {\textsf{VM}};
190 \filldraw[fill=black!20] (5,4) rectangle (7.5,5);
191 \draw (6.25,4.5) node {\textsf{driver}};
193 \draw (1.25,7) node(cpu) [ellipse,draw] {\textsf{CPU}};
194 \draw (3.75,7) node(mem) [ellipse,draw] {\textsf{memoria}};
195 \draw (6.25,7) node(disk) [ellipse,draw] {\textsf{disco}};
197 \draw[<->] (cpu) -- (1.25,5);
198 \draw[<->] (mem) -- (3.75,5);
199 \draw[<->] (disk) -- (6.25,5);
201 \draw (7.5,0) node [anchor=base west] {\textit{kernel space}};
202 \draw (7.5,-1) node [anchor=west] {\textit{user space}};
204 \draw (-1,-0.5) -- (8.5, -0.5);
206 \draw (0,-2) rectangle (7.5,-1);
207 \draw (3.75, -1.5) node {\textsl{GNU C Library}};
208 \draw[->] (1.25,-1) -- (1.25,0);
209 \draw[->] (3.75,-1) -- (3.75,0);
210 \draw[->] (6.25,-1) -- (6.25,0);
212 \draw (1.25,-3) node(proc1) [rectangle,draw] {\textsf{processo}};
213 \draw (3.75,-3) node(proc2) [rectangle,draw] {\textsf{processo}};
214 \draw (6.25,-3) node(proc3) [rectangle,draw] {\textsf{processo}};
216 \draw[->] (1.25,-2) -- (proc1);
217 \draw[->] (3.75,-2) -- (proc2);
218 \draw[->] (6.25,-2) -- (proc3);
220 \caption{Schema di massima della struttura di interazione fra processi,
221 kernel e dispositivi in Linux.}
222 \label{fig:intro_sys_struct}
225 Normalmente ciascuna di queste chiamate al sistema fornite dal kernel viene
226 rimappata in opportune funzioni con lo stesso nome definite dentro la libreria
227 fondamentale del sistema, chiamata \textsl{Libreria Standard del C} (\textit{C
228 Standard Library}) in ragione del fatto che il primo Unix venne scritto con
229 il linguaggio C ed usando le librerie ad esso associato. Detta libreria, oltre
230 alle interfacce alle \textit{system call}, contiene anche tutta la serie delle
231 ulteriori funzioni di base definite nei vari standard, che sono comunemente
232 usate nella programmazione.
234 Questo è importante da capire perché programmare in Linux significa anzitutto
235 essere in grado di usare le varie funzioni fornite dalla \textsl{Libreria
236 Standard del C}, in quanto né il kernel, né il linguaggio C implementano
237 direttamente operazioni comuni come l'allocazione dinamica della memoria,
238 l'input/output bufferizzato sui file o la manipolazione delle stringhe,
239 presenti in qualunque programma.
241 Quanto appena illustrato mette in evidenza il fatto che nella stragrande
242 maggioranza dei casi,\footnote{esistono implementazioni diverse delle librerie
243 Standard del C, come le \textit{libc5} o le \textit{uClib}, che non derivano
244 dal progetto GNU. Le \textit{libc5} oggi sono, tranne casi particolari,
245 completamente soppiantate dalle \acr{glibc}, le \textit{uClib} pur non
246 essendo complete come le \acr{glibc}, restano invece molto diffuse nel mondo
247 embedded per le loro dimensioni estremamente ridotte (e soprattutto per la
248 possibilità di togliere le parti non necessarie), e pertanto costituiscono
249 un valido rimpiazzo delle \acr{glibc} in tutti quei sistemi specializzati
250 che richiedono una minima occupazione di memoria, un'altra versione di
251 queste librerie è quella realizzata da Google per Android.} si dovrebbe
252 usare il nome GNU/Linux (piuttosto che soltanto Linux) in quanto una parte
253 essenziale del sistema (senza la quale niente funzionerebbe) è la \textit{GNU
254 Standard C Library} (in breve \acr{glibc}), ovvero la libreria realizzata
255 dalla Free Software Foundation nella quale sono state implementate tutte le
256 funzioni essenziali definite negli standard POSIX e ANSI C, utilizzate da
259 Le funzioni della libreria standard sono quelle riportate dalla terza sezione
260 del \textsl{Manuale di Programmazione di Unix} (cioè accessibili con il
261 comando \cmd{man 3 <nome>}) e sono costruite sulla base delle chiamate al
262 sistema del kernel; è importante avere presente questa distinzione,
263 fondamentale dal punto di vista dell'implementazione, anche se poi, nella
264 realizzazione di normali programmi, non si hanno differenze pratiche fra l'uso
265 di una funzione di libreria e quello di una chiamata al sistema.
267 Le librerie standard del C GNU consentono comunque, nel caso non sia presente
268 una specifica funzione di libreria corrispondente, di eseguire una
269 \textit{system call} generica tramite la funzione \funcd{syscall}, il cui
270 prototipo, accessibile se si è definita la macro \macro{\_GNU\_SOURCE}, (vedi
271 sez.~\ref{sec:intro_gcc_glibc_std}) è:
274 \headdecl{sys/syscall.h}
275 \funcdecl{int syscall(int number, ...)}
277 Esegue la \textit{system call} indicata da \param{number}.
280 La funzione richiede come primo argomento il numero della \textit{system call}
281 da invocare, seguita dagli argomenti da passare alla stessa (che ovviamente
282 dipendono da quest'ultima), e restituisce il codice di ritorno della
283 \textit{system call} invocata. In generale un valore nullo indica il successo
284 ed un valore negativo è un codice di errore che poi viene memorizzato nella
285 variabile \var{errno} (sulla gestione degli errori torneremo in dettaglio in
286 sez.~\ref{sec:sys_errors}).
288 Il valore di \param{number} dipende sia dalla versione di kernel che
289 dall'architettura,\footnote{in genere le vecchie \textit{system call} non
290 vengono eliminate e se ne aggiungono di nuove con nuovi numeri.} ma
291 ciascuna \textit{system call} viene in genere identificata da una costante
292 nella forma \texttt{SYS\_*} dove al prefisso viene aggiunto il nome che spesso
293 corrisponde anche alla omonima funzione di libreria; queste costanti sono
294 definite nel file \texttt{sys/syscall.h}, ma si possono anche usare
295 direttamente valori numerici.
298 \subsection{Un sistema multiutente}
299 \label{sec:intro_multiuser}
301 Linux, come gli altri kernel Unix, nasce fin dall'inizio come sistema
302 multiutente, cioè in grado di fare lavorare più persone in contemporanea. Per
303 questo esistono una serie di meccanismi di sicurezza, che non sono previsti in
304 sistemi operativi monoutente, e che occorre tenere presenti.
306 Il concetto base è quello di utente (\textit{user}) del sistema, le cui
307 capacità rispetto a quello che può fare sono sottoposte a ben precisi limiti.
308 Sono così previsti una serie di meccanismi per identificare i singoli utenti
309 ed una serie di permessi e protezioni per impedire che utenti diversi possano
310 danneggiarsi a vicenda o danneggiare il sistema. Questi meccanismi sono
311 realizzati dal kernel stesso ed attengono alle operazioni più varie, e
312 torneremo su di essi in dettaglio più avanti.
314 Normalmente l;utente è identificato da un nome (il cosiddetto
315 \textit{username}), che ad esempio è quello che viene richiesto all'ingresso
316 nel sistema dalla procedura di \textit{login} (torneremo su questo in
317 sez.~\ref{sec:sess_login}). Questa procedura si incarica di verificare
318 l'identità dell'utente, in genere attraverso la richiesta di una parola
319 d'ordine (la \textit{password}), anche se sono possibili meccanismi
320 diversi.\footnote{ad esempio usando la libreria PAM (\textit{Pluggable
321 Autentication Methods}) è possibile astrarre completamente dai meccanismi
322 di autenticazione e sostituire ad esempio l'uso delle password con
323 meccanismi di identificazione biometrica, per un approfondimento
324 dell'argomento si rimanda alla sez.~4.3 di \cite{AGL}.} Eseguita la procedura
325 di riconoscimento in genere il sistema manda in esecuzione un programma di
326 interfaccia (che può essere la \textit{shell} su terminale o un'interfaccia
327 grafica) che mette a disposizione dell'utente un meccanismo con cui questo può
328 impartire comandi o eseguire altri programmi.
330 Ogni utente appartiene anche ad almeno un gruppo (il cosiddetto
331 \textit{default group}), ma può essere associato ad altri gruppi (i
332 \textit{supplementary group}), questo permette di gestire i permessi di
333 accesso ai file e quindi anche alle periferiche, in maniera più flessibile,
334 definendo gruppi di lavoro, di accesso a determinate risorse, ecc.
336 L'utente e il gruppo sono identificati da due numeri, la cui corrispondenza ad
337 un nome espresso in caratteri è inserita nei due file \conffile{/etc/passwd} e
338 \conffile{/etc/group}.\footnote{in realtà negli sistemi più moderni, come
339 vedremo in sez.~\ref{sec:sys_user_group} queste informazioni possono essere
340 mantenute, con l'uso del \itindex{Name~Service~Switch} \textit{Name Service
341 Switch}, su varie tipologie di supporti, compresi server centralizzati
342 come LDAP.} Questi numeri sono l'\textit{user identifier}, detto in breve
343 \textsl{user-ID}, ed indicato dall'acronimo \acr{uid}, e il \textit{group
344 identifier}, detto in breve \textsl{group-ID}, ed identificato dall'acronimo
345 \acr{gid}, e sono quelli che vengono usati dal kernel per identificare
346 l'utente; torneremo in dettaglio su questo argomento in
347 sez.~\ref{sec:proc_perms}.
349 In questo modo il sistema è in grado di tenere traccia dell'utente a cui
350 appartiene ciascun processo ed impedire ad altri utenti di interferire con
351 quest'ultimo. Inoltre con questo sistema viene anche garantita una forma base
352 di sicurezza interna in quanto anche l'accesso ai file (vedi
353 sez.~\ref{sec:file_access_control}) è regolato da questo meccanismo di
356 Infine in ogni Unix è presente un utente speciale privilegiato, il cosiddetto
357 \textit{superuser}, il cui username è di norma \textit{root}, ed il cui
358 \acr{uid} è zero. Esso identifica l'amministratore del sistema, che deve
359 essere in grado di fare qualunque operazione; per l'utente \textit{root}
360 infatti i meccanismi di controllo descritti in precedenza sono
361 disattivati.\footnote{i controlli infatti vengono sempre eseguiti da un codice
362 del tipo: ``\code{if (uid) \{ \textellipsis\ \}}''.}
365 \section{Gli standard}
366 \label{sec:intro_standard}
368 In questa sezione faremo una breve panoramica relativa ai vari standard che
369 nel tempo sono stati formalizzati da enti, associazioni, consorzi e
370 organizzazioni varie al riguardo ai sistemi operativi di tipo Unix o alle
371 caratteristiche che si sono stabilite come standard di fatto in quanto facenti
372 parte di alcune implementazioni molto diffuse come BSD o System V.
374 Ovviamente prenderemo in considerazione solo gli standard riguardanti
375 interfacce di programmazione e le altre caratteristiche di un sistema
376 unix-like (alcuni standardizzano pure i comandi base del sistema e la shell)
377 ed in particolare ci concentreremo sul come ed in che modo essi sono
378 supportati sia per quanto riguarda il kernel che le librerie del C (con una
379 particolare attenzione alle \acr{glibc}).
382 \subsection{Lo standard ANSI C}
383 \label{sec:intro_ansiC}
385 Lo standard ANSI C è stato definito nel 1989 dall'\textit{American National
386 Standard Institute} come prima standardizzazione del linguaggio C e per
387 questo si fa riferimento ad esso anche come C89. L'anno successivo è stato
388 adottato dalla ISO (\textit{International Standard Organisation}) come
389 standard internazionale con la sigla ISO/IEC 9899:1990, e per questo è noto
390 anche sotto il nome di standard ISO C, o ISO C90.
392 Nel 1999 è stata pubblicata una revisione dello standard C89, che viene
393 usualmente indicata come C99, anche questa è stata ratificata dalla ISO con la
394 sigla ISO/IEC 9899:1990, per cui vi si fa riferimento anche come ISO C99.
396 Scopo dello standard è quello di garantire la portabilità dei programmi C fra
397 sistemi operativi diversi, ma oltre alla sintassi ed alla semantica del
398 linguaggio C (operatori, parole chiave, tipi di dati) lo standard prevede
399 anche una libreria di funzioni che devono poter essere implementate su
400 qualunque sistema operativo.
402 Per questo motivo, anche se lo standard non ha alcun riferimento ad un sistema
403 di tipo Unix, GNU/Linux (per essere precisi le \acr{glibc}), come molti Unix
404 moderni, provvede la compatibilità con questo standard, fornendo le funzioni
405 di libreria da esso previste. Queste sono dichiarate in una serie di
406 \textit{header file}\footnote{si chiamano così i file di dichiarazione di
407 variabili, tipi e funzioni, usati normalmente da un compilatore C; per poter
408 accedere alle funzioni occorre includere con la direttiva \code{\#include}
409 questi file nei propri programmi ed in seguito per ciascuna funzione che
410 tratteremo indicheremo anche gli \textit{header file} necessari ad usarla.}
411 (anch'essi provvisti dalla \acr{glibc}); in tab.~\ref{tab:intro_posix_header}
412 si sono riportati i principali \textit{header file} definiti negli standard
413 POSIX ed ANSI C, che sono anche quelli definiti negli altri standard descritti
414 nelle sezioni successive.
419 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|l|}
421 \multirow{2}{*}{\textbf{Header}}&
422 \multicolumn{2}{|c|}{\textbf{Standard}}&
423 \multirow{2}{*}{\textbf{Contenuto}} \\
428 \file{assert.h}&$\bullet$& -- & Verifica le asserzioni fatte in un
430 \file{ctype.h} &$\bullet$& -- & Tipi standard.\\
431 \file{dirent.h}& -- &$\bullet$& Manipolazione delle directory.\\
432 \file{errno.h} & -- &$\bullet$& Errori di sistema.\\
433 \file{fcntl.h} & -- &$\bullet$& Controllo sulle opzioni dei file.\\
434 \file{limits.h}& -- &$\bullet$& Limiti e parametri del sistema.\\
435 \file{malloc.h}&$\bullet$& -- & Allocazione della memoria.\\
436 \file{setjmp.h}&$\bullet$& -- & Salti non locali.\\
437 \file{signal.h}& -- &$\bullet$& Gestione dei segnali.\\
438 \file{stdarg.h}&$\bullet$& -- & Gestione di funzioni a argomenti
440 \file{stdio.h} &$\bullet$& -- & I/O bufferizzato in standard ANSI C.\\
441 \file{stdlib.h}&$\bullet$& -- & Definizioni della libreria standard.\\
442 \file{string.h}&$\bullet$& -- & Manipolazione delle stringhe.\\
443 \file{time.h} & -- &$\bullet$& Gestione dei tempi.\\
444 \file{times.h} &$\bullet$& -- & Gestione dei tempi.\\
445 \file{unistd.h}& -- &$\bullet$& Unix standard library.\\
446 \file{utmp.h} & -- &$\bullet$& Registro connessioni utenti.\\
449 \caption{Elenco dei vari header file definiti dallo standard POSIX.}
450 \label{tab:intro_posix_header}
453 In realtà le \acr{glibc} ed i relativi \textit{header file} definiscono un
454 insieme di funzionalità in cui sono incluse come sottoinsieme anche quelle
455 previste dallo standard ANSI C. È possibile ottenere una conformità stretta
456 allo standard (scartando le funzionalità addizionali) usando il \cmd{gcc} con
457 l'opzione \cmd{-ansi}. Questa opzione istruisce il compilatore a definire nei
458 vari header file soltanto le funzionalità previste dallo standard ANSI C e a
459 non usare le varie estensioni al linguaggio e al preprocessore da esso
463 \subsection{I tipi di dati primitivi}
464 \label{sec:intro_data_types}
466 Uno dei problemi di portabilità del codice più comune è quello dei tipi di
467 dati utilizzati nei programmi, che spesso variano da sistema a sistema, o
468 anche da una architettura ad un'altra (ad esempio passando da macchine con
469 processori 32 bit a 64). In particolare questo è vero nell'uso dei cosiddetti
470 \index{tipo!elementare} \textit{tipi elementari} del linguaggio C (come
471 \ctyp{int}) la cui dimensione varia a seconda dell'architettura hardware.
473 Storicamente alcuni tipi nativi dello standard ANSI C sono sempre stati
474 associati ad alcune variabili nei sistemi Unix, dando per scontata la
475 dimensione. Ad esempio la posizione corrente all'interno di un file è sempre
476 stata associata ad un intero a 32 bit, mentre il numero di dispositivo è
477 sempre stato associato ad un intero a 16 bit. Storicamente questi erano
478 definiti rispettivamente come \ctyp{int} e \ctyp{short}, ma tutte le volte
479 che, con l'evolversi ed il mutare delle piattaforme hardware, alcuni di questi
480 tipi si sono rivelati inadeguati o sono cambiati, ci si è trovati di fronte ad
481 una infinita serie di problemi di portabilità.
486 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
488 \textbf{Tipo} & \textbf{Contenuto} \\
491 \type{caddr\_t} & Core address.\\
492 \type{clock\_t} & Contatore del tempo di sistema.\\
493 \type{dev\_t} & Numero di dispositivo (vedi sez.~\ref{sec:file_mknod}).\\
494 \type{gid\_t} & Identificatore di un gruppo.\\
495 \type{ino\_t} & Numero di \index{inode} \textit{inode}.\\
496 \type{key\_t} & Chiave per il System V IPC.\\
497 \type{loff\_t} & Posizione corrente in un file.\\
498 \type{mode\_t} & Attributi di un file.\\
499 \type{nlink\_t} & Contatore dei link su un file.\\
500 \type{off\_t} & Posizione corrente in un file.\\
501 \type{pid\_t} & Identificatore di un processo.\\
502 \type{rlim\_t} & Limite sulle risorse.\\
503 \type{sigset\_t}& Insieme di segnali.\\
504 \type{size\_t} & Dimensione di un oggetto.\\
505 \type{ssize\_t} & Dimensione in numero di byte ritornata dalle funzioni.\\
506 \type{ptrdiff\_t}& Differenza fra due puntatori.\\
507 \type{time\_t} & Numero di secondi (in \itindex{calendar~time}
508 \textsl{tempo di calendario}, vedi
509 sez.~\ref{sec:sys_time}).\\
510 \type{uid\_t} & Identificatore di un utente.\\
513 \caption{Elenco dei tipi primitivi, definiti in \file{sys/types.h}.}
514 \label{tab:intro_primitive_types}
517 Per questo motivo tutte le funzioni di libreria di solito non fanno
518 riferimento ai tipi elementari dello standard del linguaggio C, ma ad una
519 serie di \index{tipo!primitivo} \textsl{tipi primitivi} del sistema, riportati
520 in tab.~\ref{tab:intro_primitive_types}, e definiti nell'header file
521 \file{sys/types.h}, in modo da mantenere completamente indipendenti i tipi
522 utilizzati dalle funzioni di sistema dai tipi elementari supportati dal
526 \subsection{Lo standard System V}
527 \label{sec:intro_sysv}
529 Come noto Unix nasce nei laboratori della AT\&T, che ne registrò il nome come
530 marchio depositato, sviluppandone una serie di versioni diverse; nel 1983 la
531 versione supportata ufficialmente venne rilasciata al pubblico con il nome di
532 Unix System V, e si fa rifermento a questa implementazione con la sigla SysV o
535 Negli anni successivi l'AT\&T proseguì lo sviluppo rilasciando varie versioni
536 con aggiunte e integrazioni, ed in particolare la \textit{release 2} nel 1985,
537 a cui si fa riferimento con SVr2 e la \textit{release 3} nel 1986 (denominata
538 SVr3). Le interfacce di programmazione di queste due versioni vennero
539 descritte formalmente in due documenti denominati \textit{System V Interface
540 Definition} (o SVID), pertanto nel 1995 venne rilasciata la specifica SVID 1
541 e nel 1986 la specifica SVID 2.
543 Nel 1989 un accordo fra vari venditori (AT\&T, Sun, HP, ed altri) portò ad una
544 versione di System V che provvedeva un'unificazione delle interfacce
545 comprendente anche Xenix e BSD, questa venne denominata \textit{release 4} o
546 SVr4. Anche le relative interfacce vennero descritte in un documento dal
547 titolo \textit{System V Interface Description}, venendo a costituire lo
548 standard SVID 3, che viene considerato la specifica finale di System V, ed a
549 cui spesso si fa riferimento semplicemente con SVID. Anche SVID costituisce un
550 sovrainsieme delle interfacce definite dallo standard POSIX.
552 Nel 1992 venne rilasciata una seconda versione del sistema, la SVr4.2; l'anno
553 successivo la divisione della AT\&T (già a suo tempo rinominata in Unix System
554 Laboratories) venne acquistata dalla Novell, che poi trasferì il marchio Unix
555 al consorzio X/Open. L'ultima versione di System V fu la SVr4.2MP rilasciata
556 nel Dicembre 93. Infine nel 1995 è stata rilasciata da SCO, che aveva
557 acquisito alcuni diritti sul codice di System V, una ulteriore versione delle
558 \textit{System V Interface Description}, che va sotto la denominazione di SVID
561 Linux e le \acr{glibc} implementano le principali funzionalità richieste dalle
562 specifiche SVID che non sono già incluse negli standard POSIX ed ANSI C, per
563 compatibilità con lo Unix System V e con altri Unix (come SunOS) che le
564 includono. Tuttavia le funzionalità più oscure e meno utilizzate (che non sono
565 presenti neanche in System V) sono state tralasciate.
567 Le funzionalità implementate sono principalmente il meccanismo di
568 intercomunicazione fra i processi e la memoria condivisa (il cosiddetto System
569 V IPC, che vedremo in sez.~\ref{sec:ipc_sysv}) le funzioni della famiglia
570 \func{hsearch} e \func{drand48}, \func{fmtmsg} e svariate funzioni
574 \subsection{Lo ``\textsl{standard}'' BSD}
575 \label{sec:intro_bsd}
577 Lo sviluppo di BSD iniziò quando la fine della collaborazione fra l'Università
578 di Berkeley e la AT\&T generò una delle prime e più importanti fratture del
579 mondo Unix. L'università di Berkeley proseguì nello sviluppo della base di
580 codice di cui disponeva, e che presentava parecchie migliorie rispetto alle
581 versioni allora disponibili, fino ad arrivare al rilascio di una versione
582 completa di Unix, chiamata appunto BSD, del tutto indipendente dal codice
585 Benché BSD non sia mai stato uno standard formalizzato, l'implementazione
586 dello Unix dell'Università di Berkeley nella sua storia ha introdotto una
587 serie di estensioni e interfacce di grandissima rilevanza, come i link
588 simbolici, la funzione \code{select} ed i socket di rete. Per questo motivo si
589 fa spesso riferimento esplicito alle interfacce presenti nelle varie versioni
590 dello Unix di Berkeley con una apposita sigla.
592 Nel 1983, con il rilascio della versione 4.2 di BSD, venne definita una
593 implementazione delle funzioni di interfaccia a cui si fa riferimento con la
594 sigla 4.2BSD. Per fare riferimento alle precedenti versioni si usano poi le
595 sigle 3BSD e 4BSD (per le due versioni pubblicate nel 1980), e 4.1BSD per
596 quella pubblicata nel 1981.
598 Le varie estensioni ideate a Berkeley sono state via via aggiunte al sistema
599 nelle varie versioni succedutesi negli anni, che vanno sotto il nome di
600 4.3BSD, per la versione rilasciata nel 1986 e 4.4BSD, per la versione
601 rilasciata nel 1993, che costituisce l'ultima release ufficiale
602 dell'università di Berkeley. Si tenga presente che molte di queste interfacce
603 sono presenti in derivati commerciali di BSD come SunOS. Il kernel Linux e le
604 \acr{glibc} forniscono tutte queste estensioni che sono state in gran parte
605 incorporate negli standard successivi.
608 \subsection{Gli standard IEEE -- POSIX}
609 \label{sec:intro_posix}
611 Lo standard ufficiale creato da un organismo indipendente più attinente alle
612 interfacce di un sistema unix-like nel suo complesso (e che concerne sia il
613 kernel che le librerie che i comandi) è stato lo standard POSIX. Esso prende
614 origine dallo standard ANSI C, che contiene come sottoinsieme, prevedendo
615 ulteriori capacità per le funzioni in esso definite, ed aggiungendone di
618 In realtà POSIX è una famiglia di standard diversi, il cui nome, suggerito da
619 Richard Stallman, sta per \textit{Portable Operating System Interface}, ma la
620 X finale denuncia la sua stretta relazione con i sistemi Unix. Esso nasce dal
621 lavoro dell'IEEE (\textit{Institute of Electrical and Electronics Engeneers})
622 che ne produsse una prima versione, nota come \textsl{IEEE 1003.1-1988},
623 mirante a standardizzare l'interfaccia con il sistema operativo.
625 Ma gli standard POSIX non si limitano alla standardizzazione delle funzioni di
626 libreria, e in seguito sono stati prodotti anche altri standard per la shell e
627 i comandi di sistema (1003.2), per le estensioni \textit{real-time} e per i
628 \itindex{thread} \textit{thread} (rispettivamente 1003.1d e 1003.1c) per i
629 socket (1003.1g) e vari altri. In tab.~\ref{tab:intro_posix_std} è riportata
630 una classificazione sommaria dei principali documenti prodotti, e di come sono
631 identificati fra IEEE ed ISO; si tenga conto inoltre che molto spesso si usa
632 l'estensione IEEE anche come aggiunta al nome POSIX; ad esempio è più comune
633 parlare di POSIX.4 come di POSIX.1b.
635 Si tenga presente inoltre che nuove specifiche e proposte di standardizzazione
636 si aggiungono continuamente, mentre le versioni precedenti vengono riviste;
637 talvolta poi i riferimenti cambiano nome, per cui anche solo seguire le
638 denominazioni usate diventa particolarmente faticoso; una pagina dove si
639 possono recuperare varie (e di norma piuttosto intricate) informazioni è
640 \href{http://www.pasc.org/standing/sd11.html}
641 {\textsf{http://www.pasc.org/standing/sd11.html}}.
646 \begin{tabular}[c]{|l|l|l|l|}
648 \textbf{Standard} & \textbf{IEEE} & \textbf{ISO} & \textbf{Contenuto} \\
651 POSIX.1 & 1003.1 & 9945-1& Interfacce di base \\
652 POSIX.1a& 1003.1a& 9945-1& Estensioni a POSIX.1 \\
653 POSIX.2 & 1003.2 & 9945-2& Comandi \\
654 POSIX.3 & 2003 &TR13210& Metodi di test \\
655 POSIX.4 & 1003.1b & --- & Estensioni real-time \\
656 POSIX.4a& 1003.1c & --- & \itindex{thread} Thread \\
657 POSIX.4b& 1003.1d &9945-1& Ulteriori estensioni real-time \\
658 POSIX.5 & 1003.5 & 14519& Interfaccia per il linguaggio ADA \\
659 POSIX.6 & 1003.2c,1e& 9945-2& Sicurezza \\
660 POSIX.8 & 1003.1f& 9945-1& Accesso ai file via rete \\
661 POSIX.9 & 1003.9 & --- & Interfaccia per il Fortran-77 \\
662 POSIX.12& 1003.1g& 9945-1& Socket \\
665 \caption{Elenco dei vari standard POSIX e relative denominazioni.}
666 \label{tab:intro_posix_std}
669 Benché l'insieme degli standard POSIX siano basati sui sistemi Unix, essi
670 definiscono comunque un'interfaccia di programmazione generica e non fanno
671 riferimento ad una implementazione specifica (ad esempio esiste
672 un'implementazione di POSIX.1 anche sotto Windows NT).
674 Linux e le \acr{glibc} implementano tutte le funzioni definite nello standard
675 POSIX.1, queste ultime forniscono in più alcune ulteriori capacità (per
676 funzioni di \textit{pattern matching} e per la manipolazione delle
677 \textit{regular expression}), che vengono usate dalla shell e dai comandi di
678 sistema e che sono definite nello standard POSIX.2.
680 Nelle versioni più recenti del kernel e delle librerie sono inoltre supportate
681 ulteriori funzionalità aggiunte dallo standard POSIX.1c per quanto riguarda i
682 \itindex{thread} \textit{thread} (vedi cap.~\ref{cha:threads}), e dallo
683 standard POSIX.1b per quanto riguarda i segnali e lo \itindex{scheduler}
684 scheduling real-time (sez.~\ref{sec:sig_real_time} e
685 sez.~\ref{sec:proc_real_time}), la misura del tempo, i meccanismi di
686 intercomunicazione (sez.~\ref{sec:ipc_posix}) e l'I/O asincrono
687 (sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io}).
689 Lo standard principale resta comunque POSIX.1, che continua ad evolversi; la
690 versione più nota, cui gran parte delle implementazioni fanno riferimento, e
691 che costituisce una base per molti altri tentativi di standardizzazione, è
692 stata rilasciata anche come standard internazionale con la sigla
693 \textsl{ISO/IEC 9945-1:1996} ed include i precedenti POSIX.1b e POSIX.1c. In
694 genere si fa riferimento ad essa come POSIX.1-1996.
696 Nel 2001 è stata poi eseguita una sintesi degli standard POSIX.1, POSIX.2 e
697 SUSv3 (vedi sez.~\ref{sec:intro_xopen}) in un unico documento, redatto sotto
698 gli auspici del cosiddetto gruppo Austin che va sotto il nome di POSIX.1-2001.
699 Questo standard definisce due livelli di conformità, quello POSIX, in cui sono
700 presenti solo le interfacce di base, e quello XSI che richiede la presenza di
701 una serie di estensioni opzionali per lo standard POSIX, riprese da SUSv3.
702 Inoltre lo standard è stato allineato allo standard C99, e segue lo stesso
703 nella definizione delle interfacce.
705 A questo standard sono stati aggiunti due documenti di correzione e
706 perfezionamento denominati \textit{Technical Corrigenda}, il TC1 del 2003 ed
707 il TC2 del 2004, e talvolta si fa riferimento agli stessi con le sigle
708 POSIX.1-2003 e POSIX.1-2004.
710 Una ulteriore revisione degli standard POSIX e SUS è stata completata e
711 ratificata nel 2008, cosa che ha portato al rilascio di una nuova versione
712 sotto il nome di POSIX.1-2008 (e SUSv4), con l'incorporazione di alcune nuove
713 interfacce, la obsolescenza di altre, la trasformazione da opzionali a
714 richieste di alcune specifiche di base, oltre alle solite precisazioni ed
715 aggiornamenti. Anche in questo caso è prevista la suddivisione in una
716 conformità di base, e delle interfacce aggiuntive.
718 Le procedure di aggiornamento dello standard POSIX prevedono comunque un
719 percorso continuo, che prevede la possibilità di introduzione di nuove
720 interfacce e la definizione di precisazioni ed aggiornamenti, per questo in
721 futuro verranno rilasciate nuove versioni. Alla stesura di queste note
722 l'ultima revisione approvata resta POSIX.1-2008, uno stato della situazione
723 corrente del supporto degli standard è allegato alla documentazione delle
724 \acr{glibc} e si può ottenere con il comando \texttt{man standards}.
727 \subsection{Gli standard X/Open -- Opengroup -- Unix}
728 \label{sec:intro_xopen}
730 Il consorzio X/Open nacque nel 1984 come consorzio di venditori di sistemi
731 Unix per giungere ad un'armonizzazione delle varie implementazioni. Per far
732 questo iniziò a pubblicare una serie di documentazioni e specifiche sotto il
733 nome di \textit{X/Open Portability Guide} a cui di norma si fa riferimento con
734 l'abbreviazione XPG$n$, con $n$ che indica la versione.
736 Nel 1989 il consorzio produsse una terza versione di questa guida
737 particolarmente voluminosa (la \textit{X/Open Portability Guide, Issue 3}),
738 contenente una dettagliata standardizzazione dell'interfaccia di sistema di
739 Unix, che venne presa come riferimento da vari produttori. Questo standard,
740 detto anche XPG3 dal nome della suddetta guida, è sempre basato sullo standard
741 POSIX.1, ma prevede una serie di funzionalità aggiuntive fra cui le specifiche
742 delle API\footnote{le \textit{Application Programmable Interface}, in sostanze
743 le interfacce di programmazione.} per l'interfaccia grafica (X11).
745 Nel 1992 lo standard venne rivisto con una nuova versione della guida, la
746 Issue 4, da cui la sigla XPG4, che aggiungeva l'interfaccia XTI (\textit{X
747 Transport Interface}) mirante a soppiantare (senza molto successo)
748 l'interfaccia dei socket derivata da BSD. Una seconda versione della guida fu
749 rilasciata nel 1994; questa è nota con il nome di Spec 1170 (dal numero delle
750 interfacce, header e comandi definiti) ma si fa riferimento ad essa anche come
753 Nel 1993 il marchio Unix passò di proprietà dalla Novell (che a sua volta lo
754 aveva comprato dalla AT\&T) al consorzio X/Open che iniziò a pubblicare le sue
755 specifiche sotto il nome di \textit{Single UNIX Specification} o SUS, l'ultima
756 versione di Spec 1170 diventò così la prima versione delle \textit{Single UNIX
757 Specification}, detta SUS o SUSv1, ma più comunemente nota anche come
760 Nel 1996 la fusione del consorzio X/Open con la Open Software Foundation (nata
761 da un gruppo di aziende concorrenti rispetto ai fondatori di X/Open) portò
762 alla costituzione dell'\textit{Open Group}, un consorzio internazionale che
763 raccoglie produttori, utenti industriali, entità accademiche e governative.
764 Attualmente il consorzio è detentore del marchio depositato Unix, e prosegue
765 il lavoro di standardizzazione delle varie implementazioni, rilasciando
766 periodicamente nuove specifiche e strumenti per la verifica della conformità
769 Nel 1997 fu annunciata la seconda versione delle \textit{Single UNIX
770 Specification}, nota con la sigla SUSv2, in questa versione le interfacce
771 specificate salgono a 1434, e addirittura a 3030 se si considerano le stazioni
772 di lavoro grafiche, per le quali sono inserite pure le interfacce usate da CDE
773 che richiede sia X11 che Motif. La conformità a questa versione permette l'uso
774 del nome \textit{Unix 98}, usato spesso anche per riferirsi allo standard. Un
775 altro nome alternativo di queste specifiche, date le origini, è XPG5.
777 Come accennato nel 2001, con il rilascio dello standard POSIX.1-2001, è stato
778 effettuato uno sforzo di sintesi in cui sono state comprese, nella parte di
779 interfacce estese, anche le interfacce definite nelle \textit{Single UNIX
780 Specification}, pertanto si può fare riferimento a detto standard, quando
781 comprensivo del rispetto delle estensioni XSI, come SUSv3, e fregiarsi del
782 marchio UNIX 03 se conformi ad esso.
784 Infine, come avvenuto per POSIX.1-2001, anche con la successiva revisione
785 dello standard POSIX.1 (la POSIX.1-2008) è stato stabilito che la conformità
786 completa a tutte quelle che sono le nuove estensioni XSI previste
787 dall'aggiornamento vada a definire la quarta versione delle \textit{Single
788 UNIX Specification}, chiamata appunto SUSv4.
791 \subsection{Il controllo di aderenza agli standard}
792 \label{sec:intro_gcc_glibc_std}
794 In Linux, se si usano le \acr{glibc}, la conformità agli standard appena
795 descritti può essere richiesta sia attraverso l'uso di opportune opzioni del
796 compilatore (il \texttt{gcc}) che definendo delle specifiche costanti prima
797 dell'inclusione dei file di dichiarazione (gli \textit{header file}) che
798 definiscono le funzioni di libreria.
800 Ad esempio se si vuole che i programmi seguano una stretta attinenza allo
801 standard ANSI C si può usare l'opzione \texttt{-ansi} del compilatore, e non
802 potrà essere utilizzata nessuna funzione non riconosciuta dalle specifiche
803 standard ISO per il C. Il \texttt{gcc} possiede inoltre una specifica opzione
804 per richiedere la conformità ad uno standard, nella forma \texttt{-std=nome},
805 dove \texttt{nome} può essere \texttt{c89} per indicare lo standard ANSI C
806 (vedi sez.~\ref{sec:intro_ansiC}) o \texttt{c99} per indicare la conformità
807 allo standard C99.\footnote{che non è al momento completa, esistono anche le
808 possibilità di usare i valori \texttt{gnu89}, l'attuale default, che indica
809 l'uso delle estensioni GNU al C89, riprese poi dal C99, o \texttt{gnu89} che
810 indica il dialetto GNU del C99, che diventerà il default quando la
811 conformità a quest'ultimo sarà completa.}
813 Per attivare le varie opzioni di controllo di aderenza agli standard è poi
814 possibile definire delle macro di preprocessore che controllano le
815 funzionalità che le \acr{glibc} possono mettere a disposizione:\footnote{le
816 macro sono definite nel file di dichiarazione \file{<features.h>}, ma non è
817 necessario includerlo nei propri programmi in quanto viene automaticamente
818 incluso da tutti gli altri file di dichiarazione che utilizzano le macro in
819 esso definite; si tenga conto inoltre che il file definisce anche delle
820 ulteriori macro interne, in genere con un doppio prefisso di \texttt{\_},
821 che non devono assolutamente mai essere usate direttamente. } questo può
822 essere fatto attraverso l'opzione \texttt{-D} del compilatore, ma è buona
823 norma farlo inserendo gli opportuni \code{\#define} prima della inclusione dei
824 propri \textit{header file}.
826 Le macro disponibili per controllare l'aderenza ai vari standard messe a
827 disposizione delle \acr{glibc}, che rendono disponibili soltanto le funzioni
828 in esse definite, sono illustrate nel seguente elenco:
829 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{3cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
830 \item[\macro{\_\_STRICT\_ANSI\_\_}] richiede l'aderenza stretta allo standard
831 C ISO; viene automaticamente predefinita qualora si invochi il \texttt{gcc}
832 con le opzione \texttt{-ansi} o \texttt{-std=c99}.
834 \item[\macro{\_POSIX\_SOURCE}] definendo questa macro (considerata obsoleta)
835 si rendono disponibili tutte le funzionalità dello standard POSIX.1 (la
836 versione IEEE Standard 1003.1) insieme a tutte le funzionalità dello
837 standard ISO C. Se viene anche definita con un intero positivo la macro
838 \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE} lo stato di questa non viene preso in
841 \item[\macro{\_POSIX\_C\_SOURCE}] definendo questa macro ad un valore intero
842 positivo si controlla quale livello delle funzionalità specificate da POSIX
843 viene messa a disposizione; più alto è il valore maggiori sono le
846 \item un valore uguale a ``\texttt{1}'' rende disponibili le funzionalità
847 specificate nella edizione del 1990 (IEEE Standard 1003.1-1990);
848 \item valori maggiori o uguali a ``\texttt{2}'' rendono disponibili le
849 funzionalità previste dallo standard POSIX.2 specificate nell'edizione del
850 1992 (IEEE Standard 1003.2-1992),
851 \item un valore maggiore o uguale a ``\texttt{199309L}'' rende disponibili
852 le funzionalità previste dallo standard POSIX.1b specificate nell'edizione
853 del 1993 (IEEE Standard 1003.1b-1993);
854 \item un valore maggiore o uguale a ``\texttt{199506L}'' rende disponibili
855 le funzionalità previste dallo standard POSIX.1 specificate nell'edizione
856 del 1996 (\textit{ISO/IEC 9945-1:1996}), ed in particolare le definizioni
857 dello standard POSIX.1c per i \itindex{thread} \textit{thread};
858 \item a partire dalla versione 2.3.3 delle \acr{glibc} un valore maggiore o
859 uguale a ``\texttt{200112L}'' rende disponibili le funzionalità di base
860 previste dallo standard POSIX.1-2001, escludendo le estensioni XSI;
861 \item a partire dalla versione 2.10 delle \acr{glibc} un valore maggiore o
862 uguale a ``\texttt{200809L}'' rende disponibili le funzionalità di base
863 previste dallo standard POSIX.1-2008, escludendo le estensioni XSI;
864 \item in futuro valori superiori potranno abilitare ulteriori estensioni.
867 \item[\macro{\_BSD\_SOURCE}] definendo questa macro si rendono disponibili le
868 funzionalità derivate da BSD4.3, insieme a quelle previste dagli standard
869 ISO C, POSIX.1 e POSIX.2; alcune delle funzionalità previste da BSD sono
870 però in conflitto con le corrispondenti definite nello standard POSIX.1, in
871 questo caso se la macro è definita le definizioni previste da BSD4.3 avranno
872 la precedenza rispetto a POSIX.
874 A causa della natura dei conflitti con POSIX per ottenere una piena
875 compatibilità con BSD4.3 può essere necessario anche usare una libreria di
876 compatibilità, dato che alcune funzioni sono definite in modo diverso. In
877 questo caso occorrerà anche usare l'opzione \cmd{-lbsd-compat} con il
878 compilatore per indicargli di utilizzare le versioni nella libreria di
879 compatibilità prima di quelle normali.
881 Si tenga inoltre presente che la preferenza verso le versioni delle funzioni
882 usate da BSD viene mantenuta soltanto se nessuna delle ulteriori macro di
883 specificazione di standard successivi (vale a dire una fra
884 \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE}, \macro{\_POSIX\_SOURCE}, \macro{\_SVID\_SOURCE},
885 \macro{\_XOPEN\_SOURCE}, \macro{\_XOPEN\_SOURCE\_EXTENDED} o
886 \macro{\_GNU\_SOURCE}) è stata a sua volta attivata, nel qual caso queste
887 hanno la precedenza. Se però si definisce \macro{\_BSD\_SOURCE} dopo aver
888 definito una di queste macro, l'effetto sarà quello di dare la precedenza
889 alle funzioni in forma BSD.
891 \item[\macro{\_SVID\_SOURCE}] definendo questa macro si rendono disponibili le
892 funzionalità derivate da SVID. Esse comprendono anche quelle definite negli
893 standard ISO C, POSIX.1, POSIX.2, e X/Open (XPG$n$) illustrati in
896 \item[\macro{\_XOPEN\_SOURCE}] definendo questa macro si rendono disponibili
897 le funzionalità descritte nella \textit{X/Open Portability Guide}. Anche
898 queste sono un sovrainsieme di quelle definite negli standard POSIX.1 e
899 POSIX.2 ed in effetti sia \macro{\_POSIX\_SOURCE} che
900 \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE} vengono automaticamente definite. Sono incluse
901 anche ulteriori funzionalità disponibili in BSD e SVID, più una serie di
902 estensioni a secondo dei seguenti valori:
904 \item la definizione della macro ad un valore qualunque attiva le
905 funzionalità specificate negli standard POSIX.1, POSIX.2 e XPG4;
906 \item un valore di ``\texttt{500}'' o superiore rende disponibili anche le
907 funzionalità introdotte con SUSv2, vale a dire la conformità ad Unix98;
908 \item a partire dalla versione 2.2 delle \acr{glibc} un valore uguale a
909 ``\texttt{600}'' o superiore rende disponibili anche le funzionalità
910 introdotte con SUSv3, corrispondenti allo standard POSIX.1-2001 più le
912 \item a partire dalla versione 2.10 delle \acr{glibc} un valore uguale a
913 ``\texttt{700}'' o superiore rende disponibili anche le funzionalità
914 introdotte con SUSv4, corrispondenti allo standard POSIX.1-2008 più le
918 \item[\macro{\_XOPEN\_SOURCE\_EXTENDED}] definendo questa macro si rendono
919 disponibili le ulteriori funzionalità necessarie ad essere conformi al
920 rilascio del marchio \textit{X/Open Unix} corrispondenti allo standard
921 Unix95, vale a dire quelle specificate da SUSv1/XPG4v2. Questa macro viene
922 definita implicitamente tutte le volte che si imposta
923 \macro{\_XOPEN\_SOURCE} ad un valore maggiore o uguale a 500.
925 \item[\macro{\_ISOC99\_SOURCE}] definendo questa macro si rendono disponibili
926 le funzionalità previste per la revisione delle librerie standard del C
927 introdotte con lo standard ISO C99. La macro è definita a partire dalla
928 versione 2.1.3 delle \acr{glibc}.
930 Le precedenti versioni della serie 2.1.x riconoscevano le stesse estensioni
931 con la macro \macro{\_ISOC9X\_SOURCE}, dato che lo standard non era stato
932 finalizzato, ma le \acr{glibc} avevano già un'implementazione completa che
933 poteva essere attivata definendo questa macro. Benché questa sia obsoleta
934 viene tuttora riconosciuta come equivalente di \macro{\_ISOC99\_SOURCE} per
937 \item[\macro{\_GNU\_SOURCE}] definendo questa macro si rendono disponibili
938 tutte le funzionalità disponibili nei vari standard oltre a varie estensioni
939 specifiche presenti solo nelle \acr{glibc} ed in Linux. Gli standard coperti
940 sono: ISO C89, ISO C99, POSIX.1, POSIX.2, BSD, SVID, X/Open, SUS.
942 L'uso di \macro{\_GNU\_SOURCE} è equivalente alla definizione contemporanea
943 delle macro: \macro{\_BSD\_SOURCE}, \macro{\_SVID\_SOURCE},
944 \macro{\_POSIX\_SOURCE}, \macro{\_ISOC99\_SOURCE}, inoltre
945 \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE} con valore ``\texttt{200112L}'' (o
946 ``\texttt{199506L}'' per le versioni delle \acr{glibc} precedenti la 2.5),
947 \macro{\_XOPEN\_SOURCE\_EXTENDED} e \macro{\_XOPEN\_SOURCE} con valore 600
948 (o 500 per le versioni delle \acr{glibc} precedenti la 2.2); oltre a queste
949 vengono pure attivate le ulteriori due macro \macro{\_ATFILE\_SOURCE} e
950 \macro{\_LARGEFILE64\_SOURCE} che definiscono funzioni previste
951 esclusivamente dalle \acr{glibc}.
955 Benché Linux supporti in maniera estensiva gli standard più diffusi, esistono
956 comunque delle estensioni e funzionalità specifiche, non presenti in altri
957 standard e lo stesso vale per le \acr{glibc} stesse, che definiscono anche
958 delle ulteriori funzioni di libreria. Ovviamente l'uso di queste funzionalità
959 deve essere evitato se si ha a cuore la portabilità, ma qualora questo non sia
960 un requisito esse possono rivelarsi molto utili.
962 Come per l'aderenza ai vari standard, le funzionalità aggiuntive possono
963 essere rese esplicitamente disponibili tramite la definizione di opportune
964 macro di preprocessore, alcune di queste vengono attivate con la definizione
965 di \macro{\_GNU\_SOURCE}, mentre altre devono essere attivate esplicitamente,
966 inoltre alcune estensioni possono essere attivate indipendentemente tramite
967 una opportuna macro; queste estensioni sono illustrate nel seguente elenco:
969 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{3cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
971 \item[\macro{\_LARGEFILE\_SOURCE}] definendo questa macro si rendono
972 disponibili alcune funzioni che consentono di superare una inconsistenza
973 presente negli standard con i file di grandi dimensioni, ed in particolare
974 definire le due funzioni \func{fseeko} e \func{ftello} che al contrario
975 delle corrispettive \func{fseek} e \func{ftell} usano il tipo di dato
976 specifico \ctyp{off\_t} (vedi sez.~\ref{sec:file_fseek}).
978 \item[\macro{\_LARGEFILE64\_SOURCE}] definendo questa macro si rendono
979 disponibili le funzioni di una interfaccia alternativa al supporto di valori
980 a 64 bit nelle funzioni di gestione dei file (non supportati in certi
981 sistemi), caratterizzate dal suffisso \texttt{64} aggiunto ai vari nomi di
982 tipi di dato e funzioni (come \ctyp{off64\_t} al posto di \ctyp{off\_t} o
983 \func{lseek64} al posto di \func{lseek}).
985 Le funzioni di questa interfaccia alternativa sono state proposte come una
986 estensione ad uso di transizione per le \textit{Single UNIX Specification},
987 per consentire la gestione di file di grandi dimensioni anche nei sistemi a
988 32 bit, in cui la dimensione massima, espressa con un intero, non poteva
989 superare i 2Gb. Nei nuovi programmi queste funzioni devono essere evitate,
990 a favore dell'uso macro \macro{\_FILE\_OFFSET\_BITS}, che definita al valore
991 di \texttt{64} consente di usare in maniera trasparente le funzioni
992 dell'interfaccia classica.
994 \item[\macro{\_FILE\_OFFSET\_BITS}] la definizione di questa macro al valore
995 di \texttt{64} consente di attivare la conversione automatica di tutti i
996 riferimenti a dati e funzioni a 32 bit nelle funzioni di interfaccia ai file
997 con le equivalenti a 64 bit, senza dover utilizzare esplicitamente
998 l'interfaccia alternativa appena illustrata. In questo modo diventa
999 possibile usare le ordinarie funzioni per effettuare operazioni a 64 bit sui
1000 file anche su sistemi a 32 bit.\footnote{basterà ricompilare il programma
1001 dopo averla definita, e saranno usate in modo trasparente le funzioni a 64
1004 Se la macro non è definita o è definita con valore \texttt{32} questo
1005 comportamento viene disabilitato, e sui sistemi a 32 bit verranno usate le
1006 ordinarie funzioni a 32 bit, non avendo più il supporto per file di grandi
1007 dimensioni. Su sistemi a 64 bit invece, dove il problema non sussiste, la
1008 macro non ha nessun effetto.
1010 \item[\macro{\_ATFILE\_SOURCE}] definendo questa macro si rendono disponibili
1011 le estensioni delle funzioni di creazione, accesso e modifica di file e
1012 directory che risolvono i problemi di sicurezza insiti nell'uso di pathname
1013 relativi con programmi \itindex{thread} \textit{multi-thread} illustrate in
1014 sez.~\ref{sec:file_openat}.
1016 \item[\macro{\_REENTRANT}] definendo questa macro, o la equivalente
1017 \macro{\_THREAD\_SAFE} (fornita per compatibilità) si rendono disponibili le
1018 versioni \index{funzioni!rientranti} rientranti (vedi
1019 sez.~\ref{sec:proc_reentrant}) di alcune funzioni, necessarie quando si
1020 usano i \itindex{thread} \textit{thread}. Alcune di queste funzioni sono
1021 anche previste nello standard POSIX.1c, ma ve ne sono altre che sono
1022 disponibili soltanto su alcuni sistemi, o specifiche del \acr{glibc}, e
1023 possono essere utilizzate una volta definita la macro.
1025 \item[\macro{\_FORTIFY\_SOURCE}] definendo questa macro viene abilitata
1026 l'inserimento di alcuni controlli per alcune funzioni di allocazione e
1027 manipolazione di memoria e stringhe che consentono di rilevare
1028 automaticamente alcuni errori di \textit{buffer overflow} nell'uso delle
1029 stesse. La funzionalità è stata introdotta a partire dalla versione 2.3.4
1030 delle \acr{glibc} e richiede anche il supporto da parte del compilatore, che
1031 è disponibile solo a partire dalla versione 4.0 del \texttt{gcc}.
1033 Le funzioni di libreria che vengono messe sotto controllo quando questa
1034 funzionalità viene attivata sono, al momento della stesura di queste note,
1035 le seguenti: \func{memcpy}, \func{mempcpy}, \func{memmove}, \func{memset},
1036 \func{stpcpy}, \func{strcpy}, \func{strncpy}, \func{strcat}, \func{strncat},
1037 \func{sprintf}, \func{snprintf}, \func{vsprintf}, \func{vsnprintf}, e
1040 La macro prevede due valori, con \texttt{1} vengono eseguiti dei controlli
1041 di base che non cambiano il comportamento dei programmi se si richiede una
1042 ottimizzazione di livello uno o superiore,\footnote{vale a dire se si usa
1043 l'opzione \texttt{-O1} o superiore del \texttt{gcc}.} mentre con il
1044 valore \texttt{2} vengono aggiunti maggiori controlli. Dato che alcuni dei
1045 controlli vengono effettuati in fase di compilazione l'uso di questa macro
1046 richiede anche la collaborazione del compilatore, disponibile dalla
1047 versione 4.0 del \texttt{gcc}.
1051 Se non è stata specificata esplicitamente nessuna di queste macro il default
1052 assunto è che siano definite \macro{\_BSD\_SOURCE}, \macro{\_SVID\_SOURCE},
1053 \macro{\_POSIX\_SOURCE} e, con le \acr{glibc} più recenti, che la macro
1054 \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE} abbia il valore ``\texttt{200809L}'', per versioni
1055 precedenti delle \acr{glibc} il valore assegnato a \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE}
1056 era di ``\texttt{200112L}'' prima delle 2.10, di ``\texttt{199506L}'' prima
1057 delle 2.4, di ``\texttt{199506L}'' prima delle 2.1. Si ricordi infine che
1058 perché queste macro abbiano effetto devono essere sempre definite prima
1059 dell'inclusione dei file di dichiarazione.
1062 % vedi anche man feature_test_macros
1064 % LocalWords: like kernel multitasking scheduler preemptive sez swap is cap VM
1065 % LocalWords: everything bootstrap init shell Windows Foundation system call
1066 % LocalWords: fig libc uClib glibc embedded Library POSIX username PAM Methods
1067 % LocalWords: Pluggable Autentication group supplementary Name Service Switch
1068 % LocalWords: LDAP identifier uid gid superuser root if BSD SVr dall' American
1069 % LocalWords: National Institute International Organisation IEC header tab gcc
1070 % LocalWords: assert ctype dirent errno fcntl limits malloc setjmp signal utmp
1071 % LocalWords: stdarg stdio stdlib string times unistd library int short caddr
1072 % LocalWords: address clock dev ino inode key IPC loff nlink off pid rlim size
1073 % LocalWords: sigset ssize ptrdiff sys nell'header IEEE Richard Portable of TR
1074 % LocalWords: Operating Interface dell'IEEE Electrical and Electronics thread
1075 % LocalWords: Engeneers Socket NT matching regular expression scheduling l'I
1076 % LocalWords: XPG Portability Issue Application Programmable XTI Transport AT
1077 % LocalWords: socket Spec Novell Specification SUSv CDE Motif Berkley select
1078 % LocalWords: SunOS l'AT Sun HP Xenix Description SVID Laboratories MP hsearch
1079 % LocalWords: drand fmtmsg define SOURCE lbsd compat XOPEN version ISOC Large
1080 % LocalWords: LARGEFILE Support LFS dell' black rectangle node fill cpu draw
1081 % LocalWords: ellipse mem anchor west proc SysV SV Definition SCO Austin XSI
1082 % LocalWords: Technical TC SUS Opengroup features STRICT std ATFILE fseeko
1083 % LocalWords: ftello fseek ftell lseek FORTIFY REENTRANT SAFE overflow memcpy
1084 % LocalWords: mempcpy memmove memset stpcpy strcpy strncpy strcat strncat gets
1085 % LocalWords: sprintf snprintf vsprintf vsnprintf syscall number calendar BITS
1086 % LocalWords: pathname Google Android standards
1088 %%% Local Variables:
1090 %%% TeX-master: "gapil"