%% system.tex
%%
-%% Copyright (C) 2000-2018 Simone Piccardi. Permission is granted to
+%% Copyright (C) 2000-2019 Simone Piccardi. Permission is granted to
%% copy, distribute and/or modify this document under the terms of the GNU Free
%% Documentation License, Version 1.1 or any later version published by the
%% Free Software Foundation; with the Invariant Sections being "Un preambolo",
configurazione. Il kernel inoltre mette a disposizione l'accesso ad alcuni
parametri che possono modificarne il comportamento.
-La definizione di queste caratteristiche ed il tentativo di provvedere dei
+La definizione di queste caratteristiche ed il tentativo di fornire dei
meccanismi generali che i programmi possono usare per ricavarle è uno degli
aspetti più complessi e controversi con cui le diverse standardizzazioni si
-sono dovute confrontare, spesso con risultati spesso tutt'altro che chiari.
-Daremo comunque una descrizione dei principali metodi previsti dai vari
-standard per ricavare sia le caratteristiche specifiche del sistema, che
-quelle della gestione dei file e prenderemo in esame le modalità con cui è
-possibile intervenire sui parametri del kernel.
+sono dovute confrontare, con risultati spesso tutt'altro che chiari. Daremo
+comunque una descrizione dei principali metodi previsti dai vari standard per
+ricavare sia le caratteristiche specifiche del sistema che quelle della
+gestione dei file, e prenderemo in esame le modalità con cui è possibile
+intervenire sui parametri del kernel.
\subsection{Limiti e caratteristiche del sistema}
\label{sec:sys_limits}
\item la possibilità di determinare limiti ed opzioni durante l'esecuzione.
\end{itemize*}
-La prima funzionalità si può ottenere includendo gli opportuni header file che
-contengono le costanti necessarie definite come macro di preprocessore, per la
-seconda invece sono ovviamente necessarie delle funzioni. La situazione è
-complicata dal fatto che ci sono molti casi in cui alcuni di questi limiti
-sono fissi in un'implementazione mentre possono variare in un altra: tutto
-questo crea una ambiguità che non è sempre possibile risolvere in maniera
-chiara. In generale quello che succede è che quando i limiti del sistema sono
-fissi essi vengono definiti come macro di preprocessore nel file
-\headfile{limits.h}, se invece possono variare, il loro valore sarà ottenibile
-tramite la funzione \func{sysconf} (che esamineremo a breve).
+La prima funzionalità si può ottenere includendo gli opportuni file di
+intestazione che contengono le costanti necessarie definite come macro di
+preprocessore, per la seconda invece sono ovviamente necessarie delle
+funzioni. La situazione è complicata dal fatto che ci sono molti casi in cui
+alcuni di questi limiti sono fissi in un'implementazione mentre possono
+variare in un altra: tutto questo crea una ambiguità che non è sempre
+possibile risolvere in maniera chiara. In generale quello che succede è che
+quando i limiti del sistema sono fissi essi vengono definiti come macro di
+preprocessore nel file \headfile{limits.h}, se invece possono variare, il loro
+valore sarà ottenibile tramite la funzione \func{sysconf} (che esamineremo a
+breve).
\begin{table}[htb]
\centering
\begin{table}[htb]
\centering
\footnotesize
- \begin{tabular}[c]{|l|r|p{8cm}|}
+ \begin{tabular}[c]{|l|r|p{9cm}|}
\hline
\textbf{Costante}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
\hline
\begin{table}[htb]
\centering
\footnotesize
- \begin{tabular}[c]{|l|r|p{8cm}|}
+ \begin{tabular}[c]{|l|r|p{9cm}|}
\hline
\textbf{Costante}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
\hline
\begin{table}[htb]
\centering
\footnotesize
- \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{9cm}|}
\hline
\textbf{Macro}&\textbf{Significato}\\
\hline
\end{table}
In generale ogni limite o caratteristica del sistema per cui è definita una
-macro, sia dagli standard ANSI C e ISO C90, che da POSIX.1 e POSIX.2, può
-essere ottenuto attraverso una chiamata a \func{sysconf}. Il nome della
-costante da utilizzare come valore dell'argomento \param{name} si otterrà
-aggiungendo \code{\_SC\_} ai nomi delle costanti definite dai primi due
-standard (quelle di tab.~\ref{tab:sys_generic_macro}), o sostituendolo a
-\code{\_POSIX\_} per le costanti definite dagli altri due standard (quelle di
+macro, sia da ANSI C e ISO C90 che da POSIX.1 e POSIX.2, può essere ottenuto
+attraverso una chiamata a \func{sysconf}. Il nome della costante da utilizzare
+come valore dell'argomento \param{name} si otterrà aggiungendo \code{\_SC\_}
+ai nomi delle costanti definite dai primi due standard (quelle di
+tab.~\ref{tab:sys_generic_macro}), o sostituendolo a \code{\_POSIX\_} per le
+costanti definite dagli altri due standard (quelle di
tab.~\ref{tab:sys_posix1_general}).
In linea teorica si dovrebbe fare uso di \func{sysconf} solo quando la
esistere, ma non dispone più di una interfaccia nella \acr{glibc} ed il suo
utilizzo può essere effettuato solo tramite \func{syscall}, ma di nuovo questo
viene sconsigliato in quanto la funzionalità non è più mantenuta e molto
-probabilmente sarà rimossa nel prossimo futuro. Per questo motivo eviteremo di
-trattarne i particolari.
+probabilmente sarà rimossa nel prossimo futuro.\footnote{a partire dal kernel
+ 2.6.34 la funzione viene inserita nella compilazione del kernel previa
+ esplicita richiesta, ed il suo uso produce avvertimenti nei log del kernel.}
+Per questo motivo eviteremo di trattarne i particolari.
Lo scopo di \funcm{sysctl} era quello di fornire ai programmi una modalità per
modificare i parametri di sistema. Questi erano organizzati in maniera
i loro nomi possono variare da una versione di kernel all'altra, alcuni esempi
di questi parametri sono:
\begin{itemize*}
-\item il nome di dominio
-\item i parametri del meccanismo di \textit{paging}.
-\item il filesystem montato come radice
-\item la data di compilazione del kernel
-\item i parametri dello stack TCP
-\item il numero massimo di file aperti
+\item il nome di dominio,
+\item i parametri del meccanismo di \textit{paging},
+\item il filesystem montato come radice,
+\item la data di compilazione del kernel,
+\item i parametri dello stack TCP,
+\item il numero massimo di file aperti,
+\item il numero massimo di processi,
+\item i parametri del \textit{SystemV IPC} (vedi sez.~\ref{sec:ipc_sysv}).
\end{itemize*}
-
-
+%\noindent e molti altri che abbiamo già incontrato
\index{file!filesystem~\texttt {/proc}!definizione|(}
Dato che fin dall'inizio i parametri erano organizzati in una struttura
-albero, è parso naturale rimappare questa organizzazione utilizzando il
-filesystem \file{/proc}. Questo è un filesystem completamente virtuale, il cui
-contenuto è generato direttamente dal kernel, che non fa riferimento a nessun
-dispositivo fisico, ma presenta in forma di file e directory i dati di alcune
-delle strutture interne del kernel stesso. Il suo utilizzo principale, come
-denuncia il nome stesso, è quello di fornire una interfaccia per ottenere i
-dati relativi ai processi (venne introdotto a questo scopo su BSD), ma nel
-corso del tempo il suo uso è stato ampliato.
+albero, è parso naturale riportare questa organizzazione all'interno del
+filesystem \file{/proc}. Questo è un filesystem virtuale il cui contenuto è
+generato direttamente dal kernel, che non fa riferimento a nessun dispositivo
+fisico, ma presenta in forma di file e directory i dati di alcune delle
+strutture interne del kernel. Il suo utilizzo principale, come denuncia il
+nome stesso, è quello di fornire una interfaccia per ottenere i dati relativi
+ai processi (venne introdotto a questo scopo su BSD), ma nel corso del tempo
+il suo uso è stato ampliato.
All'interno di questo filesystem sono pertanto presenti una serie di file che
riflettono il contenuto dei parametri del kernel (molti dei quali accessibili
in sola lettura) e in altrettante directory, nominate secondo il relativo
\ids{PID}, vengono mantenute le informazioni relative a ciascun processo
-attivo nel sistema.
+attivo nel sistema (abbiamo già incontrato questa caratteristica in
+sez.~\ref{sec:file_openat} per accedere ai filedescriptor del processo
+stesso).
In particolare l'albero dei valori dei parametri di sistema impostabili con
\func{sysctl} viene presentato in forma di una gerarchia di file e directory a
ma vista la assoluta naturalità dell'interfaccia, e la sua maggiore
efficienza, nelle versioni più recenti del kernel questa è diventata la
modalità canonica per modificare i parametri del kernel, evitando di dover
-ricorrere all'uso di una \textit{system call} specifica che pur essendo ancora
-presente, prima o poi verrà eliminata.
+ricorrere all'uso di una \textit{system call} specifica, che pur essendo
+ancora presente prima o poi verrà eliminata.
Nonostante la semplificazione nella gestione ottenuta con l'uso di
\file{/proc/sys} resta il problema generale di conoscere il significato di
\index{file!filesystem~\texttt {/proc}!definizione|)}
-
-
\section{La gestione del sistema}
\label{sec:sys_management}
directory, ecc.) venivano registrate all'interno dei due file di testo
\conffiled{/etc/passwd} ed \conffiled{/etc/group}, il cui formato è descritto
dalle relative pagine del manuale\footnote{nella quinta sezione, quella dei
- file di configurazione (esistono comandi corrispondenti), una trattazione
- sistemistica dell'intero argomento coperto in questa sezione si consulti
- sez.~4.3 di \cite{AGL}.} e tutte le funzioni che richiedevano l'accesso a
-queste informazione andavano a leggere direttamente il contenuto di questi
-file.
+ file di configurazione, dato che esistono comandi corrispondenti; per una
+ trattazione sistemistica dell'intero argomento coperto in questa sezione si
+ consulti sez.~4.3 di \cite{AGL}.} e tutte le funzioni che richiedevano
+l'accesso a queste informazione andavano a leggere direttamente il contenuto
+di questi file.
In realtà oltre a questi due file da molto tempo gran parte dei sistemi
unix-like usano il cosiddetto sistema delle \textit{shadow password} che
che sta per \textit{Pluggable Authentication Method}) che fornisce una
interfaccia comune per i processi di autenticazione, svincolando completamente
le singole applicazioni dai dettagli del come questa viene eseguita e di dove
-vengono mantenuti i dati relativi. Si tratta di un sistema modulare, in cui è
-possibile utilizzare anche più meccanismi insieme, diventa così possibile
-avere vari sistemi di riconoscimento (biometria, chiavi hardware, ecc.),
-diversi formati per le password e diversi supporti per le informazioni. Il
-tutto avviene in maniera trasparente per le applicazioni purché per ciascun
-meccanismo si disponga della opportuna libreria che implementa l'interfaccia
-di PAM.
+vengono mantenuti i dati relativi.
+
+Si tratta di un sistema modulare, in cui è possibile utilizzare anche più
+meccanismi insieme, diventa così possibile avere vari sistemi di
+riconoscimento (biometria, chiavi hardware, ecc.), diversi formati per le
+password e diversi supporti per le informazioni. Il tutto avviene in maniera
+trasparente per le applicazioni purché per ciascun meccanismo si disponga
+della opportuna libreria che implementa l'interfaccia di PAM.
Dall'altra parte, il diffondersi delle reti e la necessità di centralizzare le
informazioni degli utenti e dei gruppi per insiemi di macchine e servizi
all'interno di una stessa organizzazione, in modo da mantenere coerenti i
dati, ha portato anche alla necessità di poter recuperare e memorizzare dette
informazioni su supporti diversi dai file citati, introducendo il sistema del
-\textit{Name Service Switch} (che tratteremo brevemente in
-sez.~\ref{sec:sock_resolver}) dato che la sua applicazione è cruciale nella
+\textit{Name Service Switch}, che tratteremo brevemente in
+sez.~\ref{sec:sock_resolver} dato che la sua applicazione è cruciale nella
procedura di risoluzione di nomi di rete.
In questo paragrafo ci limiteremo comunque a trattare le funzioni classiche
per la lettura delle informazioni relative a utenti e gruppi tralasciando
-completamente quelle relative all'autenticazione.
+completamente quelle relative all'autenticazione.\footnote{la cui
+ programmazione ormai attiene all'uso dell'interfaccia di PAM, che va al di
+ la dello scopo di questo testo.}
% Per questo non tratteremo
% affatto l'interfaccia di PAM, ma approfondiremo invece il sistema del
% \textit{Name Service Switch}, un meccanismo messo a disposizione dalla
opportuno inizializzarlo a zero prima di invocare le funzioni per essere
sicuri di non avere un residuo di errore da una chiamata precedente. Il non
aver trovato l'utente richiesto infatti può essere dovuto a diversi motivi (a
-partire dal fatto che non esista) per cui si possono ottenere i valori di
+partire dal fatto che non esista) per cui si possono ottenere i codici di
errore più vari a seconda dei casi.
Del tutto analoghe alle precedenti sono le funzioni \funcd{getgrnam} e
Questi file non devono mai essere letti direttamente, ma le informazioni che
contengono possono essere ricavate attraverso le opportune funzioni di
-libreria. Queste sono analoghe alle precedenti funzioni (vedi
-tab.~\ref{tab:sys_passwd_func}) usate per accedere al registro degli utenti,
-solo che in questo caso la struttura del registro della \textsl{contabilità} è
-molto più complessa, dato che contiene diversi tipi di informazione.
+libreria. Queste sono analoghe alle precedenti funzioni usate per accedere al
+registro degli utenti (vedi tab.~\ref{tab:sys_passwd_func}), solo che in
+questo caso la struttura del registro della \textsl{contabilità} è molto più
+complessa, dato che contiene diversi tipi di informazione.
Le prime tre funzioni, \funcd{setutent}, \funcd{endutent} e \funcd{utmpname}
servono rispettivamente a aprire e a chiudere il file che contiene il registro
della \textsl{contabilità} degli, e a specificare su quale file esso viene
-mantenuto. I loro prototipi sono:
+mantenuto; i loro prototipi sono:
\begin{funcproto}{
\fhead{utmp.h}
Le funzioni si comportano esattamente come le precedenti analoghe non
rientranti, solo che restituiscono il risultato all'indirizzo specificato dal
-primo argomento aggiuntivo \param{buffer} mentre il secondo, \param{result)}
+primo argomento aggiuntivo \param{buffer} mentre il secondo, \param{result},
viene usato per restituire il puntatore al buffer stesso.
Infine la \acr{glibc} fornisce altre due funzioni, \funcd{updwtmp} e
\item[\constd{LINUX\_REBOOT\_CMD\_RESTART2}] Viene inviato sulla console il
messaggio ``\textit{Restarting system with command '\%s'.}'' ed avviata
immediatamente la procedura di riavvio usando il comando fornito
- nell'argomento \param{arg} che viene stampato al posto di \textit{'\%s'}
+ nell'argomento \param{arg} che viene stampato al posto di \texttt{'\%s'}
(veniva usato per lanciare un altro programma al posto di \cmd{init}). Nelle
versioni recenti questo argomento viene ignorato ed il riavvio può essere
controllato dall'argomento di avvio del kernel \texttt{reboot=...} Se non
si è eseguita una sincronizzazione dei dati su disco con \func{sync} questi
saranno perduti.
+ % TODO: trattare LINUX_REBOOT_CMD_SW_SUSPEND
+ % TODO: rimandare agli effetti di reboot sui namespace
\end{basedescript}
-
Come appena illustrato usando il comando \const{LINUX\_REBOOT\_CMD\_KEXEC} si
può eseguire un riavvio immediato pre-caricando una immagine del kernel, che
verrà eseguita direttamente. Questo meccanismo consente di evitare la
\hline
\constd{KEXEC\_ON\_CRASH} & Il kernel caricato sarà eseguito
automaticamente in caso di crollo del
- sistema.\\
+ sistema (dal kernel 2.6.13).\\
\constd{KEXEC\_PRESERVE\_CONTEXT}& Viene preservato lo stato dei programmi
e dei dispositivi prima dell'esecuzione
del nuovo kernel. Viene usato
principalmente per l'ibernazione del
sistema ed ha senso solo se si è
indicato un numero di segmento maggiore
- di zero.\\
+ di zero (dal kernel 2.6.27).\\
\hline
\constd{KEXEC\_ARCH\_DEFAULT} & Il kernel caricato verrà eseguito nella
architettura corrente. \\
programmi e dei dispositivi, e viene in genere usato per realizzare la
cosiddetta ibernazione in RAM.
-% TODO: introdotta con il kernel 3.17 è stata introdotta
-% kexec_file_load, per caricare immagine firmate per il secure boot,
-% vedi anche http://lwn.net/Articles/603116/
-
-% TODO documentare keyctl ????
-% (fare sezione dedicata ????)
-
-% TODO documentare la Crypto API del kernel
-
-% TODO documentare la syscall getrandom, introdotta con il kernel 3.17, vedi
-% http://lwn.net/Articles/606141/, ed introdotta con le glibc solo con la
-% versione 2.25, vedi https://lwn.net/Articles/711013/
+% TODO: con il kernel 3.17 è stata introdotta kexec_file_load, per caricare
+% immagine firmate per il secure boot, vedi anche
+% http://lwn.net/Articles/603116/
-%\subsection{La gestione delle chiavi crittografiche}
-%\label{sec:keyctl_management}
-
-%TODO non è chiaro se farlo qui, ma documentare la syscall bpf aggiunta con il
-% kernel 3.18, vedi http://lwn.net/Articles/612878/; al riguardo vedi anche
-% https://lwn.net/Articles/660331/
\section{Il controllo dell'uso delle risorse}
\label{sec:sys_res_limits}
-
Dopo aver esaminato in sez.~\ref{sec:sys_management} le funzioni che
permettono di controllare le varie caratteristiche, capacità e limiti del
sistema a livello globale, in questa sezione tratteremo le varie funzioni che
servono a quantificare l'uso della memoria virtuale e corrispondono
rispettivamente al numero di \textit{page fault} (vedi
sez.~\ref{sec:proc_mem_gen}) avvenuti senza richiedere I/O su disco (i
-cosiddetti \textit{minor page fault}), a quelli che invece han richiesto I/O
+cosiddetti \textit{minor page fault}), e a quelli che invece han richiesto I/O
su disco (detti invece \textit{major page
fault}).% mentre \var{ru\_nswap} ed al numero di volte che
% il processo è stato completamente tolto dalla memoria per essere inserito
\label{fig:sys_rlimit_struct}
\end{figure}
-Come accennato processo ordinario può alzare il proprio limite corrente fino
-al valore del limite massimo, può anche ridurre, irreversibilmente, il valore
-di quest'ultimo. Nello specificare un limite, oltre a fornire dei valori
-specifici, si può anche usare la costante \const{RLIM\_INFINITY} che permette
-di sbloccare completamente l'uso di una risorsa. Si ricordi però che solo un
-processo con i privilegi di amministratore\footnote{per essere precisi in
- questo caso quello che serve è la \textit{capability}
+Come accennato un processo ordinario può alzare il proprio limite corrente
+fino al valore del limite massimo, e può anche ridurre, irreversibilmente, il
+valore di quest'ultimo. Nello specificare un limite, oltre a fornire dei
+valori specifici, si può anche usare la costante \const{RLIM\_INFINITY} che
+permette di sbloccare completamente l'uso di una risorsa. Si ricordi però che
+solo un processo con i privilegi di amministratore\footnote{per essere precisi
+ in questo caso quello che serve è la \textit{capability}
\const{CAP\_SYS\_RESOURCE} (vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}).} può
innalzare un limite al di sopra del valore corrente del limite massimo ed
usare un valore qualsiasi per entrambi i limiti.
specifico valore dell'argomento \param{resource}, i valori possibili per
questo argomento, ed il significato della risorsa corrispondente, dei
rispettivi limiti e gli effetti causati dal superamento degli stessi sono
-riportati nel seguente elenco:
+riportati nel seguente elenco.
\begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}}%\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
\item[\constd{RLIMIT\_AS}] Questa risorsa indica, in byte, la dimensione
dimensione del segmento dati di un processo (vedi
sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}). Il tentativo di allocare più memoria di
quanto indicato dal limite corrente causa il fallimento della funzione di
- allocazione eseguita (\func{brk} o \func{sbrk}) con un errore di
- \errcode{ENOMEM}.
+ allocazione eseguita (\func{brk} o \func{sbrk} e dal kernel 4.7 anche
+ \func{mmap}) con un errore di \errcode{ENOMEM}.
\item[\constd{RLIMIT\_FSIZE}] Questa risorsa indica, in byte, la massima
dimensione di un file che un processo può usare. Se il processo cerca di
descriptor farà fallire la funzione (\func{open}, \func{dup}, \func{pipe},
ecc.) con un errore \errcode{EMFILE}.
+ % TODO: aggiungere Dal 4.5 definisce anche il limite sul numero massimo di
+ % file descriptor che un processo non privilegiato (senza la capacità
+ % \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}, vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}) può
+ % avere in corso di trasmissione verso altri
+ % processi usando i socket Unix-domain (vedi sez.XXX), il limite si applica
+ % si applica a \func{sendmsg}.
+
\item[\constd{RLIMIT\_NPROC}] Questa risorsa indica il numero massimo di
processi che possono essere creati dallo stesso utente, che viene
identificato con l'\ids{UID} reale (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id}) del
operare solo sul processo corrente. Per questo motivo a partire dal kernel
2.6.36 (e dalla \acr{glibc} 2.13) è stata introdotta un'altra funzione di
sistema \funcd{prlimit} il cui scopo è quello di estendere e sostituire le
-precedenti. Il suo prototipo è:
+precedenti; il suo prototipo è:
\begin{funcproto}{
\fhead{sys/resource.h}
\fdecl{int prlimit(pid\_t pid, int resource, const struct rlimit *new\_limit,\\
-\phantom{int prlimit(}struct rlimit *old\_limit}
+\phantom{int prlimit(}struct rlimit *old\_limit)}
\fdesc{Legge e imposta i limiti di una risorsa.}
}
}
\end{funcproto}
-La funzione è specifica di Linux e non portabile; per essere usata richiede
+La funzione è specifica di Linux e non portabile, per essere usata richiede
che sia stata definita la macro \macro{\_GNU\_SOURCE}. Il primo argomento
indica il \ids{PID} del processo di cui si vogliono cambiare i limiti e si può
usare un valore nullo per indicare il processo chiamante. Per modificare i
limiti. Il significato dell'argomento \param{resource} resta identico rispetto
a \func{getrlimit} e \func{setrlimit}, così come i restanti requisiti.
+% TODO: a bassa priorità, documentare i vari problemi e cambiamenti nella
+% implementazione di queste funzioni dettagliati nella pagina di manuale
\subsection{Le informazioni sulle risorse di memoria e processore}
\label{sec:sys_memory_res}
Infine la \acr{glibc} riprende da BSD la funzione \funcd{getloadavg} che
permette di ottenere il carico di processore della macchina, in questo modo è
-possibile prendere decisioni su quando far partire eventuali nuovi processi.
-Il suo prototipo è:
+possibile prendere decisioni su quando far partire eventuali nuovi processi,
+il suo prototipo è:
\begin{funcproto}{
\fhead{stdlib.h}
\end{funcproto}
La funzione attiva il salvataggio dei dati sul file indicato dal
-\textit{pathname} contenuti nella stringa puntata da \param{filename}; la
+\textit{pathname} contenuto nella stringa puntata da \param{filename}; la
funzione richiede che il processo abbia i privilegi di amministratore (è
necessaria la \textit{capability} \const{CAP\_SYS\_PACCT}, vedi
sez.~\ref{sec:proc_capabilities}). Se si specifica il valore \val{NULL} per
time} e \textit{process time}, secondo le seguenti definizioni:
\begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.5cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
-\item[\textit{calendar time}] detto anche \textsl{tempo di calendario},
- \textsl{tempo d'orologio} o \textit{tempo reale}. Si tratta di un
- tempo assoluto o di un intervallo di tempo come lo intende
- normalmente per le misure fatte con un orologio. Per esprimere
- questo tempo è stato riservato il tipo \type{time\_t}, e viene
- tradizionalmente misurato in secondi a partire dalla mezzanotte del
- primo gennaio 1970, data che viene chiamata \textit{the Epoch}.
+\item[\textit{calendar time}] detto anche \textsl{tempo di calendario},
+ \textsl{tempo d'orologio} o \textit{tempo reale}. Si tratta di un tempo
+ assoluto o di un intervallo di tempo come lo intende normalmente per le
+ misure fatte con un orologio. Per esprimere questo tempo è stato riservato
+ il tipo \type{time\_t}, e viene tradizionalmente misurato nel cosiddetto
+ \itindex{unix-time} \textit{unix-time}, espresso in secondi a partire dalla
+ mezzanotte del primo gennaio 1970, data che viene chiamata \textit{the
+ Epoch}.
\item[\textit{process time}] detto anche \textsl{tempo di processore} o
\textsl{tempo di CPU}. Si tratta del tempo impiegato da un processore
Come anticipato in sez.~\ref{sec:sys_unix_time} il \textit{calendar time}
viene espresso normalmente con una variabile di tipo \type{time\_t}, che
usualmente corrisponde ad un tipo elementare; in Linux è definito come
-\ctyp{long int}, che di norma corrisponde a 32 bit. Il valore corrente del
-\textit{calendar time}, che indicheremo come \textsl{tempo di sistema}, può
-essere ottenuto con la funzione \funcd{time} che lo restituisce nel suddetto
-formato, il suo prototipo è:
+\ctyp{long int}, che di norma corrisponde a 32 bit, cosa che pone un limite al
+valore massimo esprimibile al 19 gennaio 2038, per ovviare alla cosa nelle
+versioni più recenti viene usato un valore di dimensioni maggiori. Il valore
+corrente del \textit{calendar time}, che indicheremo come \textsl{tempo di
+ sistema}, può essere ottenuto con la funzione \funcd{time} che lo
+restituisce nel suddetto formato, il suo prototipo è:
\begin{funcproto}{
\fhead{time.h}
\end{funcproto}
L'argomento \param{t}, se non nullo, deve essere l'indirizzo di una variabile
-su cui duplicare il valore di ritorno.
+su cui duplicare il valore di ritorno, ma il suo uso è considerato obsoleto e
+deve essere sempre specificato come \val{NULL}, nel qual caso la funzione non
+può fallire.
Analoga a \func{time} è la funzione \funcd{stime} che serve per effettuare
l'operazione inversa, e cioè per impostare il tempo di sistema qualora questo
Dato che modificare l'ora ha un impatto su tutto il sistema il cambiamento
dell'orologio è una operazione privilegiata e questa funzione può essere usata
solo da un processo con i privilegi di amministratore (per la precisione la
-\textit{capability} \const{CAP\_SYS\_TIME}), altrimenti la chiamata fallirà
-con un errore di \errcode{EPERM}.
+\textit{capability} \const{CAP\_SYS\_TIME}, vedi
+sez.~\ref{sec:proc_capabilities}), altrimenti la chiamata fallirà con un
+errore di \errcode{EPERM}.
Data la scarsa precisione nell'uso di \type{time\_t}, che ha una risoluzione
-massima di un secondo, quando si devono effettuare operazioni sui tempi di
-norma l'uso delle due funzioni precedenti è sconsigliato, ed esse sono di
-solito sostituite da \funcd{gettimeofday} e \funcd{settimeofday},\footnote{le
- due funzioni \func{time} e \func{stime} sono più antiche e derivano da SVr4,
+di un secondo, quando si devono effettuare operazioni sui tempi l'uso delle
+due funzioni precedenti è sconsigliato, ed esse sono di solito sostituite da
+\funcd{gettimeofday} e \funcd{settimeofday},\footnote{le due funzioni
+ \func{time} e \func{stime} sono più antiche e derivano da SVr4,
\func{gettimeofday} e \func{settimeofday} sono state introdotte da BSD, ed
in BSD4.3 sono indicate come sostitute delle precedenti, \func{gettimeofday}
viene descritta anche in POSIX.1-2001.} i cui prototipi sono:
}
\end{funcproto}
-
Questa funzione permette di avere un aggiustamento graduale del tempo di
sistema in modo che esso sia sempre crescente in maniera monotona. Il valore
indicato nella struttura \struct{timeval} puntata da \param{delta} esprime il
La funzione richiede come argomento il puntatore ad una struttura di tipo
\struct{timex}, la cui definizione, effettuata in \headfiled{sys/timex.h}, è
riportata in fig.~\ref{fig:sys_timex_struct} per i campi che interessano la
-possibilità di essere modificati documentati anche nella pagina di manuale. In
-realtà la struttura è stata estesa con ulteriori campi, i cui valori sono
-utilizzabili solo in lettura, la cui definizione si può trovare direttamente
+possibilità di essere modificati. In realtà la struttura è stata estesa con
+ulteriori campi, i cui valori sono utilizzabili solo in lettura, non riportati
+in fig.~\ref{fig:sys_timex_struct}, i dettagli di questi campi si possono
+recuperare dalla pagina di manuale di \func{adjtimex}.
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
\begin{table}[!htb]
\footnotesize
\centering
- \begin{tabular}[c]{|l|c|p{8cm}|}
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
\hline
- \textbf{Nome} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
+ \textbf{Nome} & \textbf{Significato}\\
\hline
\hline
- \constd{ADJ\_OFFSET} & 0x0001 & Imposta la differenza fra il tempo
- reale e l'orologio di sistema:
- deve essere indicata in microsecondi
- nel campo \var{offset} di
- \struct{timex}.\\
- \constd{ADJ\_FREQUENCY} & 0x0002 & Imposta la differenza in frequenza
- fra il tempo reale e l'orologio di
- sistema: deve essere indicata
- in parti per milione nel campo
- \var{frequency} di \struct{timex}.\\
- \constd{ADJ\_MAXERROR} & 0x0004 & Imposta il valore massimo
- dell'errore sul tempo, espresso in
- microsecondi nel campo
- \var{maxerror} di \struct{timex}.\\
- \constd{ADJ\_ESTERROR} & 0x0008 & Imposta la stima dell'errore
- sul tempo, espresso in microsecondi
- nel campo \var{esterror} di
- \struct{timex}.\\
- \constd{ADJ\_STATUS} & 0x0010 & Imposta alcuni valori di stato
- interni usati dal
- sistema nella gestione
- dell'orologio specificati nel campo
- \var{status} di \struct{timex}.\\
- \constd{ADJ\_TIMECONST} & 0x0020 & Imposta la larghezza di banda del
- PLL implementato dal kernel,
- specificato nel campo
- \var{constant} di \struct{timex}.\\
- \constd{ADJ\_TICK} & 0x4000 & Imposta il valore dei \textit{tick}
- del timer in
- microsecondi, espresso nel campo
- \var{tick} di \struct{timex}.\\
- \constd{ADJ\_OFFSET\_SINGLESHOT}&0x8001&Chiede uno spostamento una tantum
- dell'orologio secondo il valore del
- campo \var{offset} simulando il
- comportamento di \func{adjtime}.\\
+ \constd{ADJ\_OFFSET} & Imposta la differenza fra il tempo
+ reale e l'orologio di sistema:
+ deve essere indicata in microsecondi
+ nel campo \var{offset} di
+ \struct{timex}.\\
+ \constd{ADJ\_FREQUENCY} & Imposta la differenza in frequenza
+ fra il tempo reale e l'orologio di
+ sistema: deve essere indicata
+ in parti per milione nel campo
+ \var{frequency} di \struct{timex}.\\
+ \constd{ADJ\_MAXERROR} & Imposta il valore massimo
+ dell'errore sul tempo, espresso in
+ microsecondi nel campo
+ \var{maxerror} di \struct{timex}.\\
+ \constd{ADJ\_ESTERROR} & Imposta la stima dell'errore
+ sul tempo, espresso in microsecondi
+ nel campo \var{esterror} di
+ \struct{timex}.\\
+ \constd{ADJ\_STATUS} & Imposta alcuni valori di stato
+ interni usati dal
+ sistema nella gestione
+ dell'orologio specificati nel campo
+ \var{status} di \struct{timex}.\\
+ \constd{ADJ\_TIMECONST} & Imposta la larghezza di banda del
+ PLL implementato dal kernel,
+ specificato nel campo
+ \var{constant} di \struct{timex}.\\
+ \constd{ADJ\_TICK} & Imposta il valore dei \textit{tick}
+ del timer in
+ microsecondi, espresso nel campo
+ \var{tick} di \struct{timex}.\\
+ \constd{ADJ\_OFFSET\_SINGLESHOT}&Chiede uno spostamento una tantum
+ dell'orologio secondo il valore del
+ campo \var{offset} simulando il
+ comportamento di \func{adjtime}.\\
\hline
\end{tabular}
\caption{Costanti per l'assegnazione del valore del campo \var{mode} della
del disallineamento con il tempo solare.\footnote{per dettagli si consulti
\url{http://it.wikipedia.org/wiki/Leap_second}.}
-I campi \var{tm\_min} e\var{tm\_hour} che indicano rispettivamente minuti ed
+I campi \var{tm\_min} e \var{tm\_hour} che indicano rispettivamente minuti ed
ore hanno valori compresi rispettivamente fra 0 e 59 e fra 0 e 23. Il campo
\var{tm\_mday} che indica il giorno del mese prevede invece un valore compreso
fra 1 e 31, ma la \acr{glibc} supporta pure il valore 0 come indicazione
di una \textit{timezone} e effettua una chiamata preventiva a \func{tzset}
(che vedremo a breve), in modo che la data espressa tenga conto del fuso
orario. In realtà \func{ctime} è banalmente definita in termini di
-\func{asctime} come \code{asctime(localtime(t)}.
+\func{asctime} come \code{asctime(localtime(t))}.
Dato che l'uso di una stringa statica rende le funzioni non rientranti
POSIX.1c e SUSv2 prevedono due sostitute rientranti, il cui nome è al solito
rientrante di \func{localtime} però non effettua la chiamata preventiva a
\func{tzset} che deve essere eseguita a cura dell'utente.
-Infine \func{mktime} esegue la conversione di un \textit{broken-down time} a
-partire da una struttura \struct{tm} restituendo direttamente un valore di
-tipo \type{time\_t} con il \textit{calendar time}. La funzione ignora i campi
-\var{tm\_wday} e \var{tm\_yday} e per gli altri campi normalizza eventuali
-valori fuori degli intervalli specificati in precedenza: se cioè si indica un
-12 per \var{tm\_mon} si prenderà il gennaio dell'anno successivo. Inoltre la
-funzione tiene conto del valore di \var{tm\_isdst} per effettuare le
-correzioni relative al fuso orario: un valore positivo indica che deve essere
-tenuta in conto l'ora legale, un valore nullo che non deve essere applicata
-nessuna correzione, un valore negativo che si deve far ricorso alle
+La funzione \func{mktime} esegue invece la conversione di un
+\textit{broken-down time} a partire da una struttura \struct{tm} restituendo
+direttamente un valore di tipo \type{time\_t} con il \textit{calendar
+ time}. La funzione ignora i campi \var{tm\_wday} e \var{tm\_yday} e per gli
+altri campi normalizza eventuali valori fuori degli intervalli specificati in
+precedenza: se cioè si indica un 12 per \var{tm\_mon} si prenderà il gennaio
+dell'anno successivo.
+
+Inoltre la funzione tiene conto del valore di \var{tm\_isdst} per effettuare
+le correzioni relative al fuso orario: un valore positivo indica che deve
+essere tenuta in conto l'ora legale, un valore nullo che non deve essere
+applicata nessuna correzione, un valore negativo che si deve far ricorso alle
informazioni relative al proprio fuso orario per determinare lo stato dell'ora
-legale.
+legale.
-La funzione inoltre modifica i valori della struttura \struct{tm} in forma di
+La funzione infine modifica i valori della struttura \struct{tm} in forma di
\textit{value result argument}, normalizzando i valori dei vari campi,
impostando i valori risultanti per \var{tm\_wday} e \var{tm\_yday} e
assegnando a \var{tm\_isdst} il valore (positivo o nullo) corrispondente allo
-stato dell'ora legale. La funzione inoltre provvede ad impostare il valore
-della variabile globale \var{tzname}.
+stato dell'ora legale. La funzione provvede anche ad impostare il valore della
+variabile globale \var{tzname}.
\itindend{calendar~time}
-\begin{figure}[!htb]
- \footnotesize
- \centering
- \begin{minipage}[c]{.75\textwidth}
- \includestruct{listati/time_zone_var.c}
- \end{minipage}
- \normalsize
- \caption{Le variabili globali usate per la gestione delle
- \textit{timezone}.}
- \label{fig:sys_tzname}
-\end{figure}
-
Come accennato l'uso del \textit{broken-down time} permette di tenere conto
anche della differenza fra tempo universale e ora locale, compresa l'eventuale
ora legale. Questo viene fatto dalle funzioni di conversione grazie alle
\var{timezone} indica la differenza di fuso orario in secondi, mentre
\var{daylight} indica se è attiva o meno l'ora legale.
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{.75\textwidth}
+ \includestruct{listati/time_zone_var.c}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Le variabili globali usate per la gestione delle
+ \textit{timezone}.}
+ \label{fig:sys_tzname}
+\end{figure}
+
Benché la funzione \func{asctime} fornisca la modalità più immediata per
stampare un tempo o una data, la flessibilità non fa parte delle sue
caratteristiche; quando si vuole poter stampare solo una parte (l'ora, o il
\param{format}, tutti i caratteri restano invariati eccetto \texttt{\%} che
viene utilizzato come modificatore. Alcuni dei possibili valori che esso può
assumere sono riportati in tab.~\ref{tab:sys_strftime_format}.\footnote{per la
- precisione si sono riportati definiti dallo standard ANSI C, che sono anche
- quelli ripresi in POSIX.1; la \acr{glibc} fornisce anche le estensioni
+ precisione si sono riportati quelli definiti dallo standard ANSI C che sono
+ anche quelli ripresi in POSIX.1; la \acr{glibc} fornisce anche le estensioni
introdotte da POSIX.2 per il comando \cmd{date}, i valori introdotti da
SVID3 e ulteriori estensioni GNU; l'elenco completo dei possibili valori è
riportato nella pagina di manuale della funzione.} La funzione tiene conto
Si tenga presente comunque che anche in caso di scansione completamente
riuscita la funzione sovrascrive soltanto i campi di \param{tm} indicati dal
-formato, la struttura originaria infatti non viene inizializzati e gli altri
+formato, la struttura originaria infatti non viene inizializzata e gli altri
campi restano ai valori che avevano in precedenza.
\textit{thread}.
La variabile è in genere definita come \dirct{volatile} dato che può essere
-cambiata in modo asincrono da un segnale, per un esempio si veda
+cambiata in modo asincrono da un segnale; per un esempio si veda
sez.~\ref{sec:sig_sigchld} ricordando quanto trattato in
-sez.~\ref{sec:proc_race_cond}). Dato che un gestore di segnale scritto bene si
+sez.~\ref{sec:proc_race_cond}. Dato che un gestore di segnale scritto bene si
cura di salvare e ripristinare il valore della variabile all'uscita, nella
programmazione normale, quando si può fare l'assunzione che i gestori di
segnali siano ben scritti, di questo non è necessario preoccuparsi.
dichiarate in \headfile{errno.h}. La prima contiene i puntatori alle stringhe
di errore indicizzati da \var{errno}; la seconda esprime il valore più alto
per un codice di errore, l'utilizzo di una di queste stringhe è
-sostanzialmente equivalente a quello di \func{strerror}.
+sostanzialmente equivalente a quello di \func{strerror}, ma dato che non è
+detto che \var{sys\_errlist} sia stato aggiornato in caso di aggiunta di nuovi
+errori, il suo uso è deprecato e si deve sempre usare \func{perror}.
\begin{figure}[!htbp]
\footnotesize \centering
% LocalWords: memory mlockall MAP LOCKED shmctl MSGQUEUE attr NICE nice MADV
% LocalWords: madvise WILLNEED RTPRIO sched setscheduler setparam scheduling
% LocalWords: RTTIME execve kb prlimit pid new old ESRCH EUSERS refresh high
-% LocalWords: resolution HRT jiffies strptime
+% LocalWords: resolution HRT jiffies strptime pre l'I value argument
%%% Local Variables:
%%% mode: latex