può vedere per la maggior parte questi limiti attengono alle dimensioni dei
dati interi, che sono in genere fissati dall'architettura hardware, le
analoghe informazioni per i dati in virgola mobile sono definite a parte, ed
-accessibili includendo \headfile{float.h}.
+accessibili includendo \headfiled{float.h}.
\begin{table}[htb]
\centering
\const{STREAM\_MAX}& 8& Massimo numero di stream aperti per
processo in contemporanea.\\
\const{TZNAME\_MAX}& 6& Dimensione massima del nome di una
- \itindex{timezone} \textit{timezone} (vedi
+ \textit{timezone} (vedi
sez.~\ref{sec:sys_time_base})).\\
\const{NGROUPS\_MAX}& 32& Numero di gruppi supplementari per
processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id}).\\
\const{\_POSIX\_STREAM\_MAX} & 8& Massimo numero di stream aperti per
processo in contemporanea.\\
\const{\_POSIX\_TZNAME\_MAX} & 6& Dimensione massima del nome di una
- \itindex{timezone} \textit{timezone}
+ \textit{timezone}
(vedi sez.~\ref{sec:sys_date}). \\
\const{\_POSIX\_RTSIG\_MAX} & 8& Numero massimo di segnali
\textit{real-time} (vedi
che specifica la macro {FOPEN\_MAX}.\\
\texttt{\_SC\_TZNAME\_MAX}& \const{TZNAME\_MAX}&
La dimensione massima di un nome di una
- \itindex{timezone} \texttt{timezone} (vedi
+ \texttt{timezone} (vedi
sez.~\ref{sec:sys_date}).\\
\texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}&\const{NGROUP\_MAX}&
Massimo numero di gruppi supplementari che
Tradizionalmente le informazioni utilizzate nella gestione di utenti e gruppi
(password, corrispondenze fra nomi simbolici e \ids{UID} numerici, home
directory, ecc.) venivano registrate all'interno dei due file di testo
-\conffile{/etc/passwd} ed \conffile{/etc/group}, il cui formato è descritto
+\conffiled{/etc/passwd} ed \conffiled{/etc/group}, il cui formato è descritto
dalle relative pagine del manuale\footnote{nella quinta sezione, quella dei
file di configurazione (esistono comandi corrispondenti), una trattazione
sistemistica dell'intero argomento coperto in questa sezione si consulti
In realtà oltre a questi due file da molto tempo gran parte dei sistemi
unix-like usano il cosiddetto sistema delle \textit{shadow password} che
-prevede anche i due file \conffile{/etc/shadow} e \conffile{/etc/gshadow}, in
+prevede anche i due file \conffiled{/etc/shadow} e \conffiled{/etc/gshadow}, in
cui sono state spostate le informazioni di autenticazione (ed inserite alcune
estensioni di gestione avanzata) per toglierle dagli altri file che devono
poter essere letti da qualunque processo per poter effettuare l'associazione
all'interno di una stessa organizzazione, in modo da mantenere coerenti i
dati, ha portato anche alla necessità di poter recuperare e memorizzare dette
informazioni su supporti diversi dai file citati, introducendo il sistema del
-\itindex{Name~Service~Switch~(NSS)} \textit{Name Service Switch} (che
-tratteremo brevemente in sez.~\ref{sec:sock_resolver}) dato che la sua
-applicazione è cruciale nella procedura di risoluzione di nomi di rete.
+\textit{Name Service Switch} (che tratteremo brevemente in
+sez.~\ref{sec:sock_resolver}) dato che la sua applicazione è cruciale nella
+procedura di risoluzione di nomi di rete.
In questo paragrafo ci limiteremo comunque a trattare le funzioni classiche
per la lettura delle informazioni relative a utenti e gruppi tralasciando
autenticazione vengono ottenute attraverso PAM) relative all'utente
specificato attraverso il suo \ids{UID} o il nome di login. Entrambe le
funzioni restituiscono un puntatore ad una struttura di tipo \struct{passwd}
-la cui definizione (anch'essa eseguita in \headfile{pwd.h}) è riportata in
+la cui definizione (anch'essa eseguita in \headfiled{pwd.h}) è riportata in
fig.~\ref{fig:sys_passwd_struct}, dove è pure brevemente illustrato il
significato dei vari campi.
motivo viene sovrascritta ad ogni nuova invocazione, lo stesso dicasi per la
memoria dove sono scritte le stringhe a cui i puntatori in essa contenuti
fanno riferimento. Ovviamente questo implica che dette funzioni non possono
-essere \index{funzioni!rientranti} rientranti; per questo motivo ne esistono
-anche due versioni alternative (denotate dalla solita estensione \code{\_r}),
-i cui prototipi sono:
+essere rientranti; per questo motivo ne esistono anche due versioni
+alternative (denotate dalla solita estensione \code{\_r}), i cui prototipi
+sono:
\begin{funcproto}{
\fhead{pwd.h}
\end{funcproto}
Come per le precedenti per gli utenti esistono anche le analoghe versioni
-\index{funzioni!rientranti} rientranti che di nuovo utilizzano la stessa
-estensione \code{\_r}; i loro prototipi sono:
+rientranti che di nuovo utilizzano la stessa estensione \code{\_r}; i loro
+prototipi sono:
\begin{funcproto}{
\fhead{grp.h}
sottostanti.}
\end{funcproto}
-
Il comportamento di tutte queste funzioni è assolutamente identico alle
precedenti che leggono le informazioni sugli utenti, l'unica differenza è che
in questo caso le informazioni vengono restituite in una struttura di tipo
\hline
\funcm{fgetpwent} & Legge una voce dal file di registro degli utenti
specificato.\\
- \funcm{fgetpwent\_r}& Come la precedente, ma \index{funzioni!rientranti}
- rientrante.\\
+ \funcm{fgetpwent\_r}& Come la precedente, ma rientrante.\\
\funcm{putpwent} & Immette una voce in un file di registro degli
utenti.\\
\funcm{getpwent} & Legge una voce da \conffile{/etc/passwd}.\\
- \funcm{getpwent\_r} & Come la precedente, ma \index{funzioni!rientranti}
- rientrante.\\
+ \funcm{getpwent\_r} & Come la precedente, ma rientrante.\\
\funcm{setpwent} & Ritorna all'inizio di \conffile{/etc/passwd}.\\
\funcm{endpwent} & Chiude \conffile{/etc/passwd}.\\
\funcm{fgetgrent} & Legge una voce dal file di registro dei gruppi
specificato.\\
- \funcm{fgetgrent\_r}& Come la precedente, ma \index{funzioni!rientranti}
- rientrante.\\
+ \funcm{fgetgrent\_r}& Come la precedente, ma rientrante.\\
\funcm{putgrent} & Immette una voce in un file di registro dei gruppi.\\
\funcm{getgrent} & Legge una voce da \conffile{/etc/group}.\\
- \funcm{getgrent\_r} & Come la precedente, ma \index{funzioni!rientranti}
- rientrante.\\
+ \funcm{getgrent\_r} & Come la precedente, ma rientrante.\\
\funcm{setgrent} & Ritorna all'inizio di \conffile{/etc/group}.\\
\funcm{endgrent} & Chiude \conffile{/etc/group}.\\
\hline
il default che è \sysfile{/var/run/utmp} il cui nome, così come una serie di
altri valori di default per i \textit{pathname} di uso più comune, viene
mantenuto nei valori di una serie di costanti definite includendo
-\headfile{paths.h}, in particolare quelle che ci interessano sono:
+\headfiled{paths.h}, in particolare quelle che ci interessano sono:
\begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
\item[\const{\_PATH\_UTMP}] specifica il file che contiene il registro per gli
utenti correntemente collegati, questo è il valore che viene usato se non si
Come già visto in sez.~\ref{sec:sys_user_group}, l'uso di strutture allocate
staticamente rende le funzioni di lettura dei dati appena illustrate non
-\index{funzioni!rientranti} rientranti. Per questo motivo le \acr{glibc}
-forniscono anche delle versioni \index{funzioni!rientranti} rientranti:
-\func{getutent\_r}, \func{getutid\_r}, \func{getutline\_r}, che invece di
-restituire un puntatore restituiscono un intero e prendono due argomenti
-aggiuntivi, i rispettivi prototipi sono:
+rientranti. Per questo motivo le \acr{glibc} forniscono anche delle versioni
+rientranti: \func{getutent\_r}, \func{getutid\_r}, \func{getutline\_r}, che
+invece di restituire un puntatore restituiscono un intero e prendono due
+argomenti aggiuntivi, i rispettivi prototipi sono:
\begin{funcproto}{
\fhead{utmp.h}
\end{funcproto}
Le funzioni si comportano esattamente come le precedenti analoghe non
-\index{funzioni!rientranti} rientranti, solo che restituiscono il risultato
-all'indirizzo specificato dal primo argomento aggiuntivo \param{buffer} mentre
-il secondo, \param{result)} viene usato per restituire il puntatore al buffer
-stesso.
+rientranti, solo che restituiscono il risultato all'indirizzo specificato dal
+primo argomento aggiuntivo \param{buffer} mentre il secondo, \param{result)}
+viene usato per restituire il puntatore al buffer stesso.
Infine le \acr{glibc} forniscono altre due funzioni, \funcd{updwtmp} e
\funcd{logwtmp}, come estensione per scrivere direttamente delle voci nel file
altre funzioni definite nello standard che usano la struttura \struct{utmpx}
la \acr{glibc} definisce anche una funzione \funcm{updwtmpx}, che come in
precedenza è identica a \func{updwtmp} con la sola differenza di richiedere
-l'uso di \headfile{utmpx.h} e di una struttura \struct{utmpx} come secondo
+l'uso di \headfiled{utmpx.h} e di una struttura \struct{utmpx} come secondo
argomento.
Come abbiamo accennato in sez.~\ref{sec:proc_wait} le informazioni riguardo
l'utilizzo delle risorse da parte di un processo è mantenuto in una struttura
di tipo \struct{rusage}, la cui definizione (che si trova in
-\headfile{sys/resource.h}) è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}. Si
-ricordi che questa è una delle informazioni preservate attraverso una
-\func{exec}.
+\headfiled{sys/resource.h}) è riportata in
+fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}. Si ricordi che questa è una delle
+informazioni preservate attraverso una \func{exec}.
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize
interrotto da un processo a priorità maggiore. I campi \var{ru\_inblock} e
\var{ru\_oublock} indicano invece il numero di volte che è stata eseguita una
attività di I/O su un filesystem (rispettivamente in lettura e scrittura) ed
-infine \var{ru\_maxrss} indica il valore più alto della
-\itindex{Resident~Set~Size~(RSS)} \textit{Resident Set Size} raggiunto dal
-processo stesso o, nel caso sia stato usato \const{RUSAGE\_CHILDREN}, da uno
-dei suoi figli.
+infine \var{ru\_maxrss} indica il valore più alto della \textit{Resident Set
+ Size} raggiunto dal processo stesso o, nel caso sia stato usato
+\const{RUSAGE\_CHILDREN}, da uno dei suoi figli.
Si tenga conto che per un errore di implementazione nei i kernel precedenti il
2.6.9, nonostante questo fosse esplicitamente proibito dallo standard POSIX.1,
processo con la prima ricezione.
\item[\const{RLIMIT\_DATA}] Questa risorsa indica, in byte, la massima
- dimensione del \index{segmento!dati} segmento dati di un processo (vedi
+ dimensione del segmento dati di un processo (vedi
sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}). Il tentativo di allocare più memoria di
quanto indicato dal limite corrente causa il fallimento della funzione di
allocazione eseguita (\func{brk} o \func{sbrk}) con un errore di
con un errore di \errcode{EFBIG}.
\item[\const{RLIMIT\_LOCKS}] Questa risorsa indica il numero massimo di
- \itindex{file~locking} \textit{file lock} (vedi sez.~\ref{sec:file_locking})
- e di \textit{file lease} (vedi sez.~\ref{sec:file_asyncronous_lease}) che un
- processo poteva effettuare. È un limite presente solo nelle prime versioni
- del kernel 2.4, pertanto non deve essere più utilizzato.
+ \textit{file lock} (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}) e di \textit{file
+ lease} (vedi sez.~\ref{sec:file_asyncronous_lease}) che un processo poteva
+ effettuare. È un limite presente solo nelle prime versioni del kernel 2.4,
+ pertanto non deve essere più utilizzato.
\item[\const{RLIMIT\_MEMLOCK}] Questa risorsa indica, in byte, l'ammontare
massimo di memoria che può essere bloccata in RAM da un processo (vedi
- sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}). Dato che il \itindex{memory~locking}
- \textit{memory locking} viene effettuato sulle pagine di memoria, il valore
- indicato viene automaticamente arrotondato al primo multiplo successivo
- della dimensione di una pagina di memoria. Il limite comporta il fallimento
- delle \textit{system call} che eseguono il \textit{memory locking}
- (\func{mlock}, \func{mlockall} ed anche, vedi
- sez.~\ref{sec:file_memory_map}, \func{mmap} con l'operazione
- \const{MAP\_LOCKED}).
+ sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}). Dato che il \textit{memory locking} viene
+ effettuato sulle pagine di memoria, il valore indicato viene automaticamente
+ arrotondato al primo multiplo successivo della dimensione di una pagina di
+ memoria. Il limite comporta il fallimento delle \textit{system call} che
+ eseguono il \textit{memory locking} (\func{mlock}, \func{mlockall} ed anche,
+ vedi sez.~\ref{sec:file_memory_map}, \func{mmap} con l'operazione
+ \const{MAP\_LOCKED}).
Dal kernel 2.6.9 questo limite comprende anche la memoria che può essere
bloccata da ciascun utente nell'uso della memoria condivisa (vedi
\itindex{Resident~Set~Size~(RSS)} \textit{Resident Set Size}) cioè
l'ammontare della memoria associata al processo che risiede effettivamente
in RAM e non a quella eventualmente portata sulla \textit{swap} o non ancora
- caricata dal filesystem per il \index{segmento!testo} segmento testo del
- programma. Ha effetto solo sulle chiamate a \func{madvise} con
- \const{MADV\_WILLNEED} (vedi sez.~\ref{sec:file_memory_map}). Presente solo
- sui i kernel precedenti il 2.4.30.
+ caricata dal filesystem per il segmento testo del programma. Ha effetto
+ solo sulle chiamate a \func{madvise} con \const{MADV\_WILLNEED} (vedi
+ sez.~\ref{sec:file_memory_map}). Presente solo sui i kernel precedenti il
+ 2.4.30.
\item[\const{RLIMIT\_RTPRIO}] Questa risorsa indica il valore massimo della
priorità statica che un processo può assegnarsi o assegnare con
\label{sec:sys_unix_time}
\itindbeg{calendar~time}
+\itindbeg{process~time}
Tradizionalmente nei sistemi unix-like sono sempre stati previsti due tipi
distinti di tempi, caratterizzati da altrettante modalità di misura ed
tradizionalmente misurato in secondi a partire dalla mezzanotte del
primo gennaio 1970, data che viene chiamata \textit{the Epoch}.
-\item[\textit{process time}] \itindex{process~time} detto anche \textsl{tempo
- di processore} o \textsl{tempo di CPU}. Si tratta del tempo impiegato da
- un processore nell'esecuzione del codice di un programma all'interno di un
- processo. Per esprimere questo tempo è stato riservato il tipo
- \type{clock\_t}, e viene misurato nei cosiddetti \itindex{clock~tick}
- \textit{clock tick}, tradizionalmente corrispondenti al numero di
- interruzioni del processore da parte del timer di sistema. A differenza del
- precedente indica soltanto un intervallo di durata.
+\item[\textit{process time}] detto anche \textsl{tempo di processore} o
+ \textsl{tempo di CPU}. Si tratta del tempo impiegato da un processore
+ nell'esecuzione del codice di un programma all'interno di un processo. Per
+ esprimere questo tempo è stato riservato il tipo \type{clock\_t}, e viene
+ misurato nei cosiddetti \textit{clock tick}, tradizionalmente corrispondenti
+ al numero di interruzioni del processore da parte del timer di sistema. A
+ differenza del precedente indica soltanto un intervallo di durata.
\end{basedescript}
Il \textit{calendar time} viene sempre mantenuto facendo riferimento
sistema viene mantenuto sempre in UTC e che la conversione all'ora locale del
proprio fuso orario viene effettuata dalle funzioni di libreria utilizzando le
opportune informazioni di localizzazione (specificate in
-\conffile{/etc/timezone}). In questo modo si ha l'assicurazione che l'orologio
+\conffiled{/etc/timezone}). In questo modo si ha l'assicurazione che l'orologio
di sistema misuri sempre un tempo monotono crescente come nella realtà, anche
in presenza di cambi di fusi orari.
\itindend{calendar~time}
-Il \itindex{process~time} \textit{process time} invece indica sempre una
-misura di un lasso di tempo e viene usato per tenere conto dei tempi di
-esecuzione dei processi. Esso viene sempre diviso in \textit{user time} e
-\textit{system time}, per misurare la durata di ciascun processo il kernel
-infatti calcola tre tempi:
+Il \textit{process time} invece indica sempre una misura di un lasso di tempo
+e viene usato per tenere conto dei tempi di esecuzione dei processi. Esso
+viene sempre diviso in \textit{user time} e \textit{system time}, per misurare
+la durata di ciascun processo il kernel infatti calcola tre tempi:
\begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
\item[\textit{clock time}] il tempo \textsl{reale}, viene chiamato anche
\textit{wall clock time} o \textit{elapsed time}, passato dall'avvio del
esegue un qualsiasi programma lanciando quest'ultimo come argomento del
comando \cmd{time}.
+\itindend{process~time}
\itindbeg{clock~tick}
Come accennato il \textit{process time} viene misurato nei cosiddetti
definito in \headfile{time.h} è ormai considerato obsoleto e non deve essere
usato.
+\constbeg{HZ}
+
In realtà tutti calcoli dei tempi vengono effettuati dal kernel per il
cosiddetto \textit{software clock}, utilizzando il \textit{timer di sistema} e
facendo i conti in base al numero delle interruzioni generate dello stesso, i
in realtà questa granularità viene calcolata in maniera indipendente usando la
costante del kernel \const{USER\_HZ}.
+\constend{HZ}
+
Fino al kernel 2.6.21 la durata di un \textit{jiffy} costituiva la risoluzione
massima ottenibile nella misura dei tempi impiegabile in una \textit{system
call} (ad esempio per i timeout). Con il 2.6.21 e l'introduzione degli
-\itindex{High~Resolution~Timer~(HRT)} \textit{high-resolution timers} (HRT) è
-divenuto possibile ottenere, per le funzioni di attesa ed i timer, la massima
-risoluzione possibile fornita dall'hardware. Torneremo su questo in
-sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}.
+\textit{high-resolution timers} (HRT) è divenuto possibile ottenere, per le
+funzioni di attesa ed i timer, la massima risoluzione possibile fornita
+dall'hardware. Torneremo su questo in sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}.
\itindend{clock~tick}
\subsection{La gestione del \textit{process time}}
\label{sec:sys_cpu_times}
-\itindbeg{process~time}
-
Di norma tutte le operazioni del sistema fanno sempre riferimento al
\textit{calendar time}, l'uso del \textit{process time} è riservato a
quei casi in cui serve conoscere i tempi di esecuzione di un processo
primi 41 secondi) e se il valore del contatore eccede le dimensione del tipo
\type{clock\_t}.
-\itindend{process~time}
-
\subsection{Le funzioni per il \textit{calendar time}}
\label{sec:sys_time_base}
che continua a valere per qualunque funzione che vada a modificare l'orologio
di sistema, comprese tutte quelle che tratteremo in seguito.
+\itindbeg{timezone}
+
Il secondo argomento di entrambe le funzioni è una struttura
\struct{timezone}, che storicamente veniva utilizzata per specificare appunto
-la \itindex{timezone} \textit{timezone}, cioè l'insieme del fuso orario e
-delle convenzioni per l'ora legale che permettevano il passaggio dal tempo
+la cosiddetta \textit{timezone}, cioè l'insieme del fuso orario e delle
+convenzioni per l'ora legale che permettevano il passaggio dal tempo
universale all'ora locale. Questo argomento oggi è obsoleto ed in Linux non è
mai stato utilizzato; esso non è supportato né dalle vecchie \textsl{libc5},
né dalle \textsl{glibc}: pertanto quando si chiama questa funzione deve essere
sempre impostato a \val{NULL}.
+\itindbeg{timezone}
+
Modificare l'orologio di sistema con queste funzioni è comunque problematico,
in quanto esse effettuano un cambiamento immediato. Questo può creare dei
buchi o delle ripetizioni nello scorrere dell'orologio di sistema, con
\end{table}
La funzione richiede come argomento il puntatore ad una struttura di tipo
-\struct{timex}, la cui definizione, effettuata in \headfile{sys/timex.h}, è
+\struct{timex}, la cui definizione, effettuata in \headfiled{sys/timex.h}, è
riportata in fig.~\ref{fig:sys_timex_struct} per i campi che interessano la
possibilità di essere modificati documentati anche nella pagina di manuale. In
realtà la struttura è stata estesa con ulteriori campi, i cui valori sono
\code{ADJ}.
Si tenga presente infine che con l'introduzione a partire dal kernel 2.6.21
-degli \itindex{High~Resolution~Timer~(HRT)} \textit{high-resolution timer} ed
-il supporto per i cosiddetti POSIX \textit{real-time clock}, si può ottenere
-il \textit{calendar time} direttamente da questi, come vedremo in
-sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}, con la massima risoluzione possibile per
-l'hardware della macchina.
+degli \textit{high-resolution timer} ed il supporto per i cosiddetti POSIX
+\textit{real-time clock}, si può ottenere il \textit{calendar time}
+direttamente da questi, come vedremo in sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}, con la
+massima risoluzione possibile per l'hardware della macchina.
\end{Example}
Nel caso di \func{ctime} la funzione tiene conto della eventuale impostazione
-di una \itindex{timezone} \textit{timezone} e effettua una chiamata preventiva
-a \func{tzset} (che vedremo a breve), in modo che la data espressa tenga conto
-del fuso orario. In realtà \func{ctime} è banalmente definita in termini di
+di una \textit{timezone} e effettua una chiamata preventiva a \func{tzset}
+(che vedremo a breve), in modo che la data espressa tenga conto del fuso
+orario. In realtà \func{ctime} è banalmente definita in termini di
\func{asctime} come \code{asctime(localtime(t)}.
-Dato che l'uso di una stringa statica rende le funzioni non
-\index{funzioni!rientranti} rientranti POSIX.1c e SUSv2 prevedono due
-sostitute \index{funzioni!rientranti} rientranti, il cui nome è al solito
+Dato che l'uso di una stringa statica rende le funzioni non rientranti
+POSIX.1c e SUSv2 prevedono due sostitute rientranti, il cui nome è al solito
ottenuto aggiungendo un \code{\_r}, che prendono un secondo argomento
\code{char *buf}, in cui l'utente deve specificare il buffer su cui la stringa
deve essere copiata (deve essere di almeno 26 caratteri).
Anche in questo caso le due funzioni restituiscono l'indirizzo di una
struttura allocata staticamente, per questo sono state definite anche altre
-due versioni \index{funzioni!rientranti} rientranti (con la solita estensione
-\code{\_r}), che prevedono un secondo argomento \code{struct tm *result},
-fornito dal chiamante, che deve preallocare la struttura su cui sarà
-restituita la conversione. La versione rientrante di \func{localtime} però non
-effettua la chiamata preventiva a \func{tzset} che deve essere eseguita a cura
-dell'utente.
+due versioni rientranti (con la solita estensione \code{\_r}), che prevedono
+un secondo argomento \code{struct tm *result}, fornito dal chiamante, che deve
+preallocare la struttura su cui sarà restituita la conversione. La versione
+rientrante di \func{localtime} però non effettua la chiamata preventiva a
+\func{tzset} che deve essere eseguita a cura dell'utente.
Infine \func{mktime} esegue la conversione di un \textit{broken-down time} a
partire da una struttura \struct{tm} restituendo direttamente un valore di
legale.
La funzione inoltre modifica i valori della struttura \struct{tm} in forma di
-\itindex{value~result~argument} \textit{value result argument}, normalizzando
-i valori dei vari campi, impostando i valori risultanti per \var{tm\_wday} e
-\var{tm\_yday} e assegnando a \var{tm\_isdst} il valore (positivo o nullo)
-corrispondente allo stato dell'ora legale. La funzione inoltre provvede ad
-impostare il valore della \index{variabili!globali} variabile globale
-\var{tzname}.
+\textit{value result argument}, normalizzando i valori dei vari campi,
+impostando i valori risultanti per \var{tm\_wday} e \var{tm\_yday} e
+assegnando a \var{tm\_isdst} il valore (positivo o nullo) corrispondente allo
+stato dell'ora legale. La funzione inoltre provvede ad impostare il valore
+della variabile globale \var{tzname}.
\itindend{calendar~time}
\includestruct{listati/time_zone_var.c}
\end{minipage}
\normalsize
- \caption{Le \index{variabili!globali} variabili globali usate per la
- gestione delle \itindex{timezone} \textit{timezone}.}
+ \caption{Le variabili globali usate per la gestione delle
+ \textit{timezone}.}
\label{fig:sys_tzname}
\end{figure}
Come accennato l'uso del \textit{broken-down time} permette di tenere conto
anche della differenza fra tempo universale e ora locale, compresa l'eventuale
ora legale. Questo viene fatto dalle funzioni di conversione grazie alle
-informazioni riguardo la propria \itindex{timezone} \textit{timezone}
-mantenute nelle tre \index{variabili!globali} variabili globali mostrate in
-fig.~\ref{fig:sys_tzname}, cui si si può accedere direttamente includendo
-\headfile{time.h}. Come illustrato queste variabili vengono impostate
-internamente da alcune delle delle precedenti funzioni di conversione, ma lo
-si può fare esplicitamente chiamando direttamente la funzione \funcd{tzset},
-il cui prototipo è:
+informazioni riguardo la propria \textit{timezone} mantenute nelle tre
+variabili globali mostrate in fig.~\ref{fig:sys_tzname}, cui si si può
+accedere direttamente includendo \headfile{time.h}. Come illustrato queste
+variabili vengono impostate internamente da alcune delle delle precedenti
+funzioni di conversione, ma lo si può fare esplicitamente chiamando
+direttamente la funzione \funcd{tzset}, il cui prototipo è:
\begin{funcproto}{
-\fhead{sys/timex.h}
+\fhead{time.h}
\fdecl{void tzset(void)}
\fdesc{Imposta le variabili globali della \textit{timezone}.}
}
La funzione inizializza le variabili di fig.~\ref{fig:sys_tzname} a partire
dal valore della variabile di ambiente \envvar{TZ}, se quest'ultima non è
-definita verrà usato il file \conffile{/etc/localtime}. La variabile
+definita verrà usato il file \conffiled{/etc/localtime}. La variabile
\var{tzname} contiene due stringhe, che indicano i due nomi standard della
-\itindex{timezone} \textit{timezone} corrente. La prima è il nome per l'ora
-solare, la seconda per l'ora legale. Anche se in fig.~\ref{fig:sys_tzname}
-sono indicate come \code{char *} non è il caso di modificare queste
-stringhe. La variabile \var{timezone} indica la differenza di fuso orario in
-secondi, mentre \var{daylight} indica se è attiva o meno l'ora legale.
+\textit{timezone} corrente. La prima è il nome per l'ora solare, la seconda
+per l'ora legale. Anche se in fig.~\ref{fig:sys_tzname} sono indicate come
+\code{char *} non è il caso di modificare queste stringhe. La variabile
+\var{timezone} indica la differenza di fuso orario in secondi, mentre
+\var{daylight} indica se è attiva o meno l'ora legale.
Benché la funzione \func{asctime} fornisca la modalità più immediata per
stampare un tempo o una data, la flessibilità non fa parte delle sue
\var{\%X}&\texttt{18:40:50} & L'ora.\\
\var{\%y}&\texttt{02} & Anno nel secolo.\\
\var{\%Y}&\texttt{2002} & Anno.\\
- \var{\%Z}&\texttt{CEST} & Nome della \itindex{timezone}
- \textit{timezone}.\\
+ \var{\%Z}&\texttt{CEST} & Nome della \textit{timezone}.\\
\var{\%\%}&\texttt{\%} & Il carattere \%.\\
\hline
\end{tabular}
semplicemente usando un opportuno valore di ritorno della funzione invocata.
Inoltre il sistema di classificazione degli errori è stato progettato
sull'architettura a processi, e presenta una serie di problemi nel caso lo si
-debba usare con i \itindex{thread} \textit{thread}.
+debba usare con i \textit{thread}.
\subsection{La variabile \var{errno}}
o un puntatore nullo o la costante \val{EOF}; ma questo valore segnala solo
che c'è stato un errore, e non il tipo di errore.
-Per riportare il tipo di errore il sistema usa \index{variabili!globali} la
-variabile globale \var{errno}, definita nell'header \headfile{errno.h}. Come
-accennato l'uso di una variabile globale può comportare problemi nel caso dei
-\itindex{thread} \textit{thread}, ma lo standard ISO C consente anche di
-definire \var{errno} come un cosiddetto ``\textit{modifiable lvalue}'', cosa
-che consente di usare anche una macro, e questo è infatti il metodo usato da
-Linux per renderla locale ai singoli \itindex{thread} \textit{thread}.
+Per riportare il tipo di errore il sistema usa la variabile globale
+\var{errno}, definita nell'header \headfile{errno.h}. Come accennato l'uso di
+una variabile globale può comportare problemi nel caso dei \textit{thread}, ma
+lo standard ISO C consente anche di definire \var{errno} come un cosiddetto
+``\textit{modifiable lvalue}'', cosa che consente di usare anche una macro, e
+questo è infatti il metodo usato da Linux per renderla locale ai singoli
+\textit{thread}.
-La variabile è in genere definita come \direct{volatile} dato che può essere
+La variabile è in genere definita come \dirct{volatile} dato che può essere
cambiata in modo asincrono da un segnale, per un esempio si veda
sez.~\ref{sec:sig_sigchld} ricordando quanto trattato in
sez.~\ref{sec:proc_race_cond}). Dato che un gestore di segnale scritto bene si
modificata dal programma; essa è utilizzabile solo fino ad una chiamata
successiva a \func{strerror} o \func{perror} e nessun'altra funzione di
libreria tocca questa stringa. In ogni caso l'uso di una stringa statica rende
-la funzione non \index{funzioni!rientranti} rientrante, per cui nel caso si
-usino i \itindex{thread} \textit{thread} la \acr{glibc} fornisce una apposita
-versione \index{funzioni!rientranti} rientrante \funcd{strerror\_r}, il cui
-prototipo è:
+la funzione non rientrante, per cui nel caso si usino i \textit{thread} la
+\acr{glibc} fornisce una apposita versione rientrante \funcd{strerror\_r}, il
+cui prototipo è:
\begin{funcproto}{
\fhead{string.h}
le quali si rimanda alla lettura della pagina di manuale).
La funzione è analoga a \func{strerror} ma restituisce la stringa di errore
-nel buffer \param{buf} che il singolo \itindex{thread} \textit{thread} deve
-allocare autonomamente per evitare i problemi connessi alla condivisione del
-buffer statico. Il messaggio è copiato fino alla dimensione massima del
-buffer, specificata dall'argomento \param{size}, che deve comprendere pure il
+nel buffer \param{buf} che il singolo \textit{thread} deve allocare
+autonomamente per evitare i problemi connessi alla condivisione del buffer
+statico. Il messaggio è copiato fino alla dimensione massima del buffer,
+specificata dall'argomento \param{size}, che deve comprendere pure il
carattere di terminazione; altrimenti la stringa risulterà troncata.
Una seconda funzione usata per riportare i codici di errore in maniera
personalizzazione (ad esempio l'indicazione del contesto in cui si è
verificato), seguita dai due punti e da uno spazio, il messaggio è terminato
con un a capo. Il messaggio può essere riportato anche usando le due
-\index{variabili!globali} variabili globali:
+variabili globali:
\includecodesnip{listati/errlist.c}
dichiarate in \headfile{errno.h}. La prima contiene i puntatori alle stringhe
di errore indicizzati da \var{errno}; la seconda esprime il valore più alto
forniti allo stesso modo, mentre \param{errnum} indica l'errore che si vuole
segnalare (non viene quindi usato il valore corrente di \var{errno}).
-La funzione stampa sullo \itindex{standard~error} \textit{standard error} il
-nome del programma, come indicato dalla \index{variabili!globali} variabile
-globale \var{program\_name}, seguito da due punti ed uno spazio, poi dalla
-stringa generata da \param{format} e dagli argomenti seguenti, seguita da due
-punti ed uno spazio infine il messaggio di errore relativo ad \param{errnum},
-il tutto è terminato da un a capo.
+La funzione stampa sullo \textit{standard error} il nome del programma, come
+indicato dalla variabile globale \var{program\_name}, seguito da due punti ed
+uno spazio, poi dalla stringa generata da \param{format} e dagli argomenti
+seguenti, seguita da due punti ed uno spazio infine il messaggio di errore
+relativo ad \param{errnum}, il tutto è terminato da un a capo.
Il comportamento della funzione può essere ulteriormente controllato se si
definisce una variabile \var{error\_print\_progname} come puntatore ad una
programma in caso di errore, nel qual caso \func{error} dopo la stampa del
messaggio di errore chiama \func{exit} con questo stato di uscita. Se invece
il valore è nullo \func{error} ritorna normalmente ma viene incrementata
-un'altra \index{variabili!globali} variabile globale,
-\var{error\_message\_count}, che tiene conto di quanti errori ci sono stati.
+un'altra variabile globale, \var{error\_message\_count}, che tiene conto di
+quanti errori ci sono stati.
Un'altra funzione per la stampa degli errori, ancora più sofisticata, che
prende due argomenti aggiuntivi per indicare linea e file su cui è avvenuto
\noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{error} se non
per il fatto che, separati con il solito due punti-spazio, vengono inseriti un
nome di file indicato da \param{fname} ed un numero di linea subito dopo la
-stampa del nome del programma. Inoltre essa usa un'altra
-\index{variabili!globali} variabile globale, \var{error\_one\_per\_line}, che
-impostata ad un valore diverso da zero fa si che errori relativi alla stessa
-linea non vengano ripetuti.
+stampa del nome del programma. Inoltre essa usa un'altra variabile globale,
+\var{error\_one\_per\_line}, che impostata ad un valore diverso da zero fa si
+che errori relativi alla stessa linea non vengano ripetuti.
% LocalWords: filesystem like kernel saved header limits sysconf sez tab float