trova di fronte a diverse possibilità; alcune di queste infatti possono
dipendere dall'architettura dell'hardware (come le dimensioni dei tipi
interi), o dal sistema operativo (come la presenza o meno dei \textit{saved
- id}) , altre invece possono dipendere dalle opzioni con cui si è costruito
+ id}), altre invece possono dipendere dalle opzioni con cui si è costruito
il sistema (ad esempio da come si è compilato il kernel), o dalla
configurazione del medesimo; per questo motivo in generale sono necessari due
tipi diversi di funzionalità:
\item la possibilità di determinare limiti ed opzioni durante l'esecuzione.
\end{itemize*}
-La prima funzionalità si può ottenere includendo gli opportuni header file,
-mentre per la seconda sono ovviamente necessarie delle funzioni; la situazione
-è complicata dal fatto che ci sono molti casi in cui alcuni di questi limiti
-sono fissi in una implementazione mentre possono variare in un altra. Tutto
+La prima funzionalità si può ottenere includendo gli opportuni header file che
+contengono le costanti necessarie definite come macro di preprocessore, per la
+seconda invece sono ovviamente necessarie delle funzioni. La situazione è
+complicata dal fatto che ci sono molti casi in cui alcuni di questi limiti
+sono fissi in un'implementazione mentre possono variare in un altra. Tutto
questo crea una ambiguità che non è sempre possibile risolvere in maniera
chiara; in generale quello che succede è che quando i limiti del sistema sono
-fissi essi vengono definiti come macro nel file \file{limits.h}, se invece
-possono variare, il loro valore sarà ottenibile tramite la funzione
-\func{sysconf} (che esamineremo in \secref{sec:sys_sysconf}).
+fissi essi vengono definiti come macro di preprocessore nel file
+\file{limits.h}, se invece possono variare, il loro valore sarà ottenibile
+tramite la funzione \func{sysconf} (che esamineremo in
+\secref{sec:sys_sysconf}).
Lo standard ANSI C definisce dei limiti che sono tutti fissi, pertanto questo
saranno sempre disponibili al momento della compilazione; un elenco, ripreso
\hline
\hline
\macro{MB\_LEN\_MAX}& 16 & massima dimensione di un
- carattere multibyte\\
- \macro{CHAR\_BIT} & 8 & bit di \type{char}\\
- \macro{UCHAR\_MAX}& 255 & massimo di \type{unsigned char}\\
- \macro{SCHAR\_MIN}& -128 & minimo di \type{signed char}\\
- \macro{SCHAR\_MAX}& 127 & massimo di \type{signed char}\\
- \macro{CHAR\_MIN} &\footnotemark& minimo di \type{char}\\
- \macro{CHAR\_MAX} &\footnotemark& massimo di \type{char}\\
- \macro{SHRT\_MIN} & -32768 & minimo di \type{short}\\
- \macro{SHRT\_MAX} & 32767 & massimo di \type{short}\\
- \macro{USHRT\_MAX}& 65535 & massimo di \type{unsigned short}\\
- \macro{INT\_MAX} & 2147483647 & minimo di \type{int}\\
- \macro{INT\_MIN} &-2147483648 & minimo di \type{int}\\
- \macro{UINT\_MAX} & 4294967295 & massimo di \type{unsigned int}\\
- \macro{LONG\_MAX} & 2147483647 & massimo di \type{long}\\
- \macro{LONG\_MIN} &-2147483648 & minimo di \type{long}\\
- \macro{ULONG\_MAX}& 4294967295 & massimo di \type{unsigned long}\\
+ carattere esteso\\
+ \macro{CHAR\_BIT} & 8 & bit di \ctyp{char}\\
+ \macro{UCHAR\_MAX}& 255 & massimo di \ctyp{unsigned char}\\
+ \macro{SCHAR\_MIN}& -128 & minimo di \ctyp{signed char}\\
+ \macro{SCHAR\_MAX}& 127 & massimo di \ctyp{signed char}\\
+ \macro{CHAR\_MIN} &\footnotemark& minimo di \ctyp{char}\\
+ \macro{CHAR\_MAX} &\footnotemark& massimo di \ctyp{char}\\
+ \macro{SHRT\_MIN} & -32768 & minimo di \ctyp{short}\\
+ \macro{SHRT\_MAX} & 32767 & massimo di \ctyp{short}\\
+ \macro{USHRT\_MAX}& 65535 & massimo di \ctyp{unsigned short}\\
+ \macro{INT\_MAX} & 2147483647 & minimo di \ctyp{int}\\
+ \macro{INT\_MIN} &-2147483648 & minimo di \ctyp{int}\\
+ \macro{UINT\_MAX} & 4294967295 & massimo di \ctyp{unsigned int}\\
+ \macro{LONG\_MAX} & 2147483647 & massimo di \ctyp{long}\\
+ \macro{LONG\_MIN} &-2147483648 & minimo di \ctyp{long}\\
+ \macro{ULONG\_MAX}& 4294967295 & massimo di \ctyp{unsigned long}\\
\hline
\end{tabular}
- \caption{Macro definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
+ \caption{Costanti definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
ANSI C.}
\label{tab:sys_ansic_macro}
\end{table}
a seconda che il sistema usi caratteri con segno o meno.}
A questi valori lo standard ISO C90 ne aggiunge altri tre, relativi al tipo
-\type{long long} introdotto con il nuovo standard, i relativi valori sono in
+\ctyp{long long} introdotto con il nuovo standard, i relativi valori sono in
\tabref{tab:sys_isoc90_macro}.
\begin{table}[htb]
\textbf{Macro}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
\hline
\hline
- \macro{LLONG\_MAX}& 9223372036854775807& massimo di \type{long long}\\
- \macro{LLONG\_MIN}&-9223372036854775808& minimo di \type{long long}\\
+ \macro{LLONG\_MAX}& 9223372036854775807& massimo di \ctyp{long long}\\
+ \macro{LLONG\_MIN}&-9223372036854775808& minimo di \ctyp{long long}\\
\macro{ULLONG\_MAX}&18446744073709551615&
- massimo di \type{unsigned long long}\\
+ massimo di \ctyp{unsigned long long}\\
\hline
\end{tabular}
\caption{Macro definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
Ovviamente le dimensioni dei vari tipi di dati sono solo una piccola parte
delle caratteristiche del sistema; mancano completamente tutte quelle che
-dipendono dalla implementazione dello stesso; questo per i sistemi unix-like è
-stato definito in gran parte dallo standard POSIX.1, che tratta anche i limiti
-delle caratteristiche dei file che vedremo in \secref{sec:sys_file_limits}.
+dipendono dalla implementazione dello stesso. Queste, per i sistemi unix-like,
+sono state definite in gran parte dallo standard POSIX.1, che tratta anche i
+limiti relativi alle caratteristiche dei file che vedremo in
+\secref{sec:sys_file_limits}.
Purtroppo la sezione dello standard che tratta questi argomenti è una delle
meno chiare\footnote{tanto che Stevens, in \cite{APUE}, la porta come esempio
- di ``standardese''.}, ad esempio lo standard prevede che ci siano 13 macro
-che descrivono le caratteristiche del sistema (7 per le caratteristiche
-generiche, riportate in \tabref{tab:sys_generic_macro}, e 6 per le
-caratteristiche dei file, riportate in \tabref{tab:sys_file_macro}).
+ di ``standardese''.}. Lo standard prevede che ci siano 13 macro che
+descrivono le caratteristiche del sistema (7 per le caratteristiche generiche,
+riportate in \tabref{tab:sys_generic_macro}, e 6 per le caratteristiche dei
+file, riportate in \tabref{tab:sys_file_macro}).
\begin{table}[htb]
\centering
\hline
\hline
\end{tabular}
- \caption{Macro .}
+ \caption{Costanti per i limiti del sistema.}
\label{tab:sys_generic_macro}
\end{table}
-Lo standard prevede che queste macro devono essere definite in \file{limits.h}
+Lo standard dice che queste macro devono essere definite in \file{limits.h}
quando i valori a cui fanno riferimento sono fissi, e altrimenti devono essere
lasciate indefinite, ed i loro valori dei limiti devono essere accessibili
-solo attraverso \func{sysconf}. Si tenga presente poi che alcuni di questi
-limiti possono assumere valori molto elevati (come \macro{CHILD\_MAX}), e non
-è pertanto il caso di utilizzarli per allocare staticamente della memoria.
+solo attraverso \func{sysconf}. In realtà queste vengono sempre definite ad
+un valore generico. Si tenga presente poi che alcuni di questi limiti possono
+assumere valori molto elevati (come \macro{CHILD\_MAX}), e non è pertanto il
+caso di utilizzarli per allocare staticamente della memoria.
A complicare la faccenda si aggiunge il fatto che POSIX.1 prevede una serie di
-altre macro (che iniziano sempre con \code{\_POSIX\_}) che definiscono i
-valori minimi le stesse caratteristiche devono avere, perché una
+altre costanti (il cui nome inizia sempre con \code{\_POSIX\_}) che
+definiscono i valori minimi le stesse caratteristiche devono avere, perché una
implementazione possa dichiararsi conforme allo standard; detti valori sono
riportati in \tabref{tab:sys_posix1_general}.
\tabref{tab:sys_posix1_file}), che devono essere obbligatoriamente definiti,
lo standard POSIX.1 ne prevede parecchi altri. La lista completa si trova
dall'header file \file{bits/posix1\_lim.h} (da non usare mai direttamente, è
-incluso automaticamente all'interno di \file{limits.h}); di questi vale la
-pena menzionare quelli di uso più comune, riportati in
-\tabref{tab:sys_posix1_other}, che permettono di ricavare alcune
-caratteristiche del sistema (come il supporto del \textit{job control} o dei
-\textit{saved id}).
+incluso automaticamente all'interno di \file{limits.h}). Di questi vale la
+pena menzionare alcune macro di uso comune, (riportate in
+\tabref{tab:sys_posix1_other}), che non indicano un valore specifico, ma
+denotano la presenza di alcune funzionalità nel sistema (come il supporto del
+\textit{job control} o dei \textit{saved id}).
Oltre allo standard POSIX.1, anche lo standard POSIX.2 definisce una serie di
-altre macro. Siccome queste sono principalmente attinenti a limiti relativi
+altre costanti. Siccome queste sono principalmente attinenti a limiti relativi
alle applicazioni di sistema presenti (come quelli su alcuni parametri delle
espressioni regolari o del comando \cmd{bc}), non li tratteremo
esplicitamente, se ne trova una menzione completa nell'header file
caratteristiche del sistema può variare, è necessario ottenerne il valore
attraverso la funzione \func{sysconf}, per non dover essere costretti a
ricompilare un programma tutte le volte che si cambiano le opzioni con cui è
-compilato il kernel, o alcuni dei parametri modificabili a run time. Il suo
-prototipo è:
+compilato il kernel, o alcuni dei parametri modificabili a run time. Il
+prototipo di questa funzione è:
\begin{prototype}{unistd.h}{long sysconf(int name)}
Restituisce il valore del parametro di sistema \param{name}.
La funzione prende come argomento un intero che specifica quale dei limiti si
vuole conoscere; uno specchietto contenente i principali valori disponibili in
Linux è riportato in \tabref{tab:sys_sysconf_par}; l'elenco completo è
-contenuto in \file{bits/confname}, ed una lista più esaustiva, con le relative
-spiegazioni, si può trovare nel manuale delle \acr{glibc}.
+contenuto in \file{bits/confname.h}, ed una lista più esaustiva, con le
+relative spiegazioni, si può trovare nel manuale delle \acr{glibc}.
\begin{table}[htb]
\centering
In generale ogni limite o caratteristica del sistema per cui è definita una
macro, sia dagli standard ANSI C e ISO C90, che da POSIX.1 e POSIX.2, può
essere ottenuto attraverso una chiamata a \func{sysconf}. Il valore si otterrà
-speficando come valore del parametro \param{name} il nome ottenuto aggiungendo
-\code{\_SC\_} ai nomi delle macro definite dai primi due, o sostituendolo a
-\code{\_POSIX\_} per le macro definite dagli gli altri due.
+specificando come valore del parametro \param{name} il nome ottenuto
+aggiungendo \code{\_SC\_} ai nomi delle macro definite dai primi due, o
+sostituendolo a \code{\_POSIX\_} per le macro definite dagli gli altri due.
In generale si dovrebbe fare uso di \func{sysconf} solo quando la relativa
macro non è definita, quindi con un codice analogo al seguente:
+%\footnotesize
\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
get_child_max(void)
{
return val;
}
\end{lstlisting}
+%\normalsize
ma in realtà in Linux queste macro sono comunque definite e indicando un
limite generico, per cui è sempre meglio usare i valori restituiti da
quest'ultima.
\macro{\_POSIX\_PATH\_MAX}& 256 & lunghezza in byte di pathname.\\
\macro{\_POSIX\_PIPE\_BUF}& 512 & byte scrivibili atomicamente in una
pipe\\
- \macro{\_POSIX\_MQ\_OPEN\_MAX}& 8& \\
- \macro{\_POSIX\_MQ\_PRIO\_MAX}& 32& \\
- \macro{\_POSIX\_FD\_SETSIZE}& 16 & \\
- \macro{\_POSIX\_DELAYTIMER\_MAX}& 32 & \\
+% \macro{\_POSIX\_MQ\_OPEN\_MAX}& 8& \\
+% \macro{\_POSIX\_MQ\_PRIO\_MAX}& 32& \\
+% \macro{\_POSIX\_FD\_SETSIZE}& 16 & \\
+% \macro{\_POSIX\_DELAYTIMER\_MAX}& 32 & \\
\hline
\end{tabular}
\caption{Macro dei valori minimi delle caratteristiche dei file per la
invece di un pathname; pertanto gli errori restituiti cambiano di
conseguenza.}
\end{prototype}
-\noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{fpathconf}.
+\noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{pathconf}.
\subsection{La funzione \func{uname}}
\label{sec:sys_uname}
-Una altra funzione che si può utilizzare per raccogliere informazioni sia
+Un'altra funzione che si può utilizzare per raccogliere informazioni sia
riguardo al sistema che al computer su cui esso sta girando è \func{uname}, il
suo prototipo è:
\begin{prototype}{sys/utsname.h}{int uname(struct utsname *info)}
fallimento, nel qual caso \var{errno} viene settata a \macro{EFAULT}.}
\end{prototype}
-La funzione, che viene usata dal comando \cmd{umane}, restituisce le
-informazioni richieste nella struttura \param{info}, anche questa struttura è
-definita in \file{sys/utsname.h} come:
-\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
- struct utsname {
- char sysname[_UTSNAME_LENGTH];
- char nodename[_UTSNAME_LENGTH];
- char release[_UTSNAME_LENGTH];
- char version[_UTSNAME_LENGTH];
- char machine[_UTSNAME_LENGTH];
-#ifdef _GNU_SOURCE
- char domainname[_UTSNAME_DOMAIN_LENGTH];
-#endif
- };
-\end{lstlisting}
-e le informazioni memorizzate nei suoi membri indicano rispettivamente:
+La funzione, che viene usata dal comando \cmd{uname}, restituisce le
+informazioni richieste nella struttura \param{info}; anche questa struttura è
+definita in \file{sys/utsname.h}, secondo quanto mostrato in
+\secref{fig:sys_utsname}, e le informazioni memorizzate nei suoi membri
+indicano rispettivamente:
\begin{itemize*}
-\item il nome del systema operativo;
+\item il nome del sistema operativo;
\item il nome della release del kernel;
\item il nome della versione del kernel;
\item il tipo di macchina in uso;
\item il nome della stazione;
\item il nome del domino.
\end{itemize*}
-(l'ultima informazione è stata aggiunta di recente e non è prevista dallo
-standard POSIX).
+l'ultima informazione è stata aggiunta di recente e non è prevista dallo
+standard POSIX, essa è accessibile, come mostrato in \figref{fig:sig_stack_t},
+solo definendo \macro{\_GNU\_SOURCE}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct utsname {
+ char sysname[];
+ char nodename[];
+ char release[];
+ char version[];
+ char machine[];
+#ifdef _GNU_SOURCE
+ char domainname[];
+#endif
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{utsname}.}
+ \label{fig:sys_utsname}
+\end{figure}
+
+In generale si tenga presente che le dimensioni delle stringe di una
+\var{utsname} non è specificata, e che esse sono sempre terminate con
+\macro{NULL}; il manuale delle \acr{glibc} indica due diverse dimensioni,
+\macro{\_UTSNAME\_LENGTH} per i campi standard e
+\macro{\_UTSNAME\_DOMAIN\_LENGTH} per quello specifico per il nome di dominio;
+altri sistemi usano nomi diversi come \macro{SYS\_NMLN} o \macro{\_SYS\_NMLN}
+or \macro{UTSLEN} che possono avere valori diversi; nel caso di Linux
+\func{uname} corrisponde in realtà a 3 system call diverse, le prime due usano
+delle lunghezze delle stringhe di 9 e 65 byte; la terza 65, restituisce anche
+l'ultimo campo con una lunghezza di 257 byte.
\section{Opzioni e configurazione del sistema}
di esaminare il meccanismo che permette, quando questi possono variare durante
l'esecuzione del sistema, di modificarli.
-Oltre ai precedenti poi ci sono anche tutta una serie di parametri di
-configurazione, che non essendo mai fissi non sono stati inclusi nella
-standardizzazione della sezione precedente, e per i quali occorre, oltre al
-meccanismo di settaggio, pure un meccanismo di lettura.
+Inoltre, al di la di quelli che possono essere limiti caratteristici previsti
+da uno standard, ogni sistema può avere una sua serie di altri parametri di
+configurazione, che, non essendo mai fissi e variando da sistema a sistema,
+non sono stati inclusi nella standardizzazione della sezione precedente. Per
+questi occorre, oltre al meccanismo di settaggio, pure un meccanismo di
+lettura.
Affronteremo questi argomenti in questa sezione, insieme alle funzioni che si
-usano per la gestione ed il controllo dei filesystem.
+usano per il controllo di altre caratteristiche generali del sistema, come
+quelle per la gestione dei filesystem e di utenti e gruppi.
\subsection{La funzione \func{sysctl} ed il filesystem \file{/proc}}
\label{sec:sys_sysctl}
-La funzione che permette la lettura ed il settaggio dei parametri del kernel è
-\func{sysctl}, è una funzione derivata da BSD4.4, ma l'implementazione è
+La funzione che permette la lettura ed il settaggio dei parametri del sistema
+è \func{sysctl}; è una funzione derivata da BSD4.4, ma l'implementazione è
specifica di Linux; il suo prototipo è:
\begin{functions}
\headdecl{unistd.h}
\funcdecl{int sysctl(int *name, int nlen, void *oldval, size\_t *oldlenp, void
*newval, size\_t newlen)}
+Legge o scrive uno dei parametri di sistema.
\bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
errore, nel qual caso \var{errno} viene settato ai valori:
\end{functions}
I parametri a cui la funzione permettere di accedere sono organizzati in
-maniera gerarchica, e per accedere ad uno di essi occorre specificare un
-cammino attraverso le varie strutture, in maniera analoga a come si specifica
-un pathname (da cui l'uso alternativo del filesystem \file{/proc} che vedremo
-dopo).
-
-Ciascun nodo è identificato da un valore intero, ed il cammino che arriva ad
-identificare un parametro specifico è passato attraverso l'array \param{name},
-di lunghezza \param{nlen}, che contiene la sequenza dei vari nodi da
-attraversare. Il formato del valore di un parametro dipende dallo stesso e può
-essere un intero, una stringa o anche una struttura complessa.
-
-L'indirizzo a cui il valore deve essere letto è specificato da
-\param{oldvalue}, e lo spazio ivi disponibile è specificato da \param{oldlenp}
-(passato come puntatore per avere indietro la dimensione effettiva di quanto
-letto); il valore che si vuole scrivere è passato in \param{newval} e la sua
-dimensione in \param{newlen}.
+maniera gerarchica all'interno un albero; per accedere ad uno di essi occorre
+specificare un cammino attraverso i vari nodi dell'albero, in maniera analoga
+a come avviene per la risoluzione di un pathname (da cui l'uso alternativo del
+filesystem \file{/proc} che vedremo dopo).
+
+Ciascun nodo dell'albero è identificato da un valore intero, ed il cammino che
+arriva ad identificare un parametro specifico è passato alla funzione
+attraverso l'array \param{name}, di lunghezza \param{nlen}, che contiene la
+sequenza dei vari nodi da attraversare. Ogni parametro ha un valore in un
+formato specifico che può essere un intero, una stringa o anche una struttura
+complessa, per questo motivo il valori vengono passati come puntatori
+\ctyp{void}.
+
+L'indirizzo a cui il valore corrente del parametro deve essere letto è
+specificato da \param{oldvalue}, e lo spazio ivi disponibile è specificato da
+\param{oldlenp} (passato come puntatore per avere indietro la dimensione
+effettiva di quanto letto); il valore che si vuole settare nel sistema è
+passato in \param{newval} e la sua dimensione in \param{newlen}.
Si può effettuare anche una lettura e scrittura simultanea, nel qual caso il
-valore letto è quello precedente alla scrittura.
+valore letto restituito dalla funzione è quello precedente alla scrittura.
I parametri accessibili attraverso questa funzione sono moltissimi, e possono
essere trovati in \file{sysctl.h}, essi inoltre dipendono anche dallo stato
corrente del kernel (ad esempio dai moduli che sono stati caricati nel
sistema) e in genere i loro nomi possono variare da una versione di kernel
all'altra; per questo è sempre il caso di evitare l'uso di \func{sysctl}
-quando esistono modalità alternative per ottenere le stesse informazioni,
-alcuni esempi di parametri ottenibili sono:
+quando esistono modalità alternative per ottenere le stesse informazioni.
+Alcuni esempi di parametri ottenibili sono:
\begin{itemize*}
\item il nome di dominio
\item i parametri del meccanismo di \textit{paging}.
\end{itemize*}
Come accennato in Linux si ha una modalità alternativa per accedere alle
-stesse informazioni di \func{sysctl} attaverso l'uso del filesystem
+stesse informazioni di \func{sysctl} attraverso l'uso del filesystem
\file{/proc}. Questo è un filesystem virtuale, generato direttamente dal
kernel, che non fa riferimento a nessun dispositivo fisico, ma presenta in
forma di file alcune delle strutture interne del kernel stesso.
In particolare l'albero dei valori di \func{sysctl} viene presentato in forma
di file nella directory \file{/proc/sys}, cosicché è possibile accedervi
-speficando un pathname e leggendo e scrivendo sul file corrispondente al
+specificando un pathname e leggendo e scrivendo sul file corrispondente al
parametro scelto. Il kernel si occupa di generare al volo il contenuto ed i
nomi dei file corrispondenti, e questo ha il grande vantaggio di rendere
accessibili i vari parametri a qualunque comando di shell e di permettere la
navigazione dell'albero dei valori.
-Alcune delle corrispondenze con i valori di \func{sysctl} sono riportate nei
-commenti in \file{linux/sysctl.h}, la informazione disponibile in
-\file{/proc/sys} è riportata inoltre nella documentazione inclusa nei sorgenti
-del kernel, nella directory \file{Documentation/sysctl}.
+Alcune delle corrispondenze dei file presenti in \file{/proc/sys} con i valori
+di \func{sysctl} sono riportate nei commenti del codice che può essere trovato
+in \file{linux/sysctl.h},\footnote{indicando un file di definizioni si fa
+ riferimento alla directory standard dei file di include, che in ogni
+ distribuzione che si rispetti è \file{/usr/include}.} la informazione
+disponibile in \file{/proc/sys} è riportata inoltre nella documentazione
+inclusa nei sorgenti del kernel, nella directory \file{Documentation/sysctl}.
+
+Ma oltre alle informazioni ottenibili da \func{sysctl} dentro \file{proc}
+sono disponibili moltissime altre informazioni, fra cui ad esempio anche
+quelle fornite da \func{uname} (vedi \secref{sec:sys_config}) che sono
+mantenute nei file \file{ostype}, \file{hostname}, \file{osrelease},
+\file{version} e \file{domainname} di \file{/proc/kernel/}.
-\subsection{La configurazione dei filesystem}
+
+\subsection{La gestione delle proprietà dei filesystem}
\label{sec:sys_file_config}
-\subsection{La funzione \func{statfs}}
-\label{sec:sys_file_stafs}
+Come accennato in \secref{sec:file_organization} per poter accedere ai file
+occorre prima rendere disponibile al sistema il filesystem su cui essi sono
+memorizzati; l'operazione di attivazione del filesystem è chiamata
+\textsl{montaggio}, per far questo in Linux\footnote{la funzione è specifica
+ di Linux e non è portabile.} si usa la funzione \func{mount} il cui prototipo
+è:
+\begin{prototype}{sys/mount.h}
+{mount(const char *source, const char *target, const char *filesystemtype,
+ unsigned long mountflags, const void *data)}
+
+Monta il filesystem di tipo \param{filesystemtype} contenuto in \param{source}
+sulla directory \param{target}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ fallimento, nel qual caso gli errori comuni a tutti i filesystem che possono
+ essere restituiti in \var{errno} sono:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
+ \item[\macro{ENODEV}] \param{filesystemtype} non esiste o non è configurato
+ nel kernel.
+ \item[\macro{ENOTBLK}] non si è usato un \textit{block device} per
+ \param{source} quando era richiesto.
+ \item[\macro{EBUSY}] \param{source} è già montato, o non può essere
+ rimontato in read-only perché ci sono ancora file aperti in scrittura, o
+ \param{target} è ancora in uso.
+ \item[\macro{EINVAL}] il device \param{source} presenta un
+ \textit{superblock} non valido, o si è cercato di rimontare un filesystem
+ non ancora montato, o di montarlo senza che \param{target} sia un
+ \textit{mount point} o di spostarlo quando \param{target} non è un
+ \textit{mount point} o è \file{/}.
+ \item[\macro{EACCES}] non si ha il permesso di accesso su uno dei componenti
+ del pathname, o si è cercato di montare un filesystem disponibile in sola
+ lettura senza averlo specificato o il device \param{source} è su un
+ filesystem montato con l'opzione \macro{MS\_NODEV}.
+ \item[\macro{ENXIO}] il \textit{major number} del device \param{source} è
+ sbagliato.
+ \item[\macro{EMFILE}] la tabella dei device \textit{dummy} è piena.
+ \end{errlist}
+ ed inoltre \macro{ENOTDIR}, \macro{EFAULT}, \macro{ENOMEM},
+ \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT} o \macro{ELOOP}.}
+\end{prototype}
+
+La funzione monta sulla directory \param{target}, detta \textit{mount point},
+il filesystem contenuto in \param{source}. In generale un filesystem è
+contenuto su un disco, e l'operazione di montaggio corrisponde a rendere
+visibile al sistema il contenuto del suddetto disco, identificato attraverso
+il file di dispositivo ad esso associato.
+
+Ma la struttura del virtual filesystem vista in \secref{sec:file_vfs} è molto
+più flessibile e può essere usata anche per oggetti diversi da un disco. Ad
+esempio usando il \textit{loop device} si può montare un file qualunque (come
+l'immagine di un CD-ROM o di un floppy) che contiene un filesystem, inoltre
+alcuni filesystem, come \file{proc} o \file{devfs} sono del tutto virtuali, i
+loro dati sono generati al volo ad ogni lettura, e passati al kernel ad ogni
+scrittura.
+
+Il tipo di filesystem è specificato da \param{filesystemtype}, che deve essere
+una delle stringhe riportate in \file{/proc/filesystems}, che contiene
+l'elenco dei filesystem supportati dal kernel; nel caso si sia indicato uno
+dei filesystem virtuali, il contenuto di \param{source} viene ignorato.
+
+Dopo l'esecuzione della funzione il contenuto del filesystem viene resto
+disponibile nella directory specificata come \textit{mount point}, il
+precedente contenuto di detta directory viene mascherato dal contenuto della
+directory radice del filesystem montato.
+
+Dal kernel 2.4.x inoltre è divenuto possibile sia spostare atomicamente un
+\textit{mount point} da una directory ad un'altra, che montare in diversi
+\textit{mount point} lo stesso filesystem, che montare più filesystem sullo
+stesso \textit{mount point} (nel qual caso vale quanto appena detto, e solo il
+contenuto dell'ultimo filesystem montato sarà visibile).
+
+Ciascun filesystem è dotato di caratteristiche specifiche che possono essere
+attivate o meno, alcune di queste sono generali (anche se non è detto siano
+disponibili in ogni filesystem), e vengono specificate come opzioni di
+montaggio con l'argomento \param{mountflags}.
+
+In Linux \param{mountflags} deve essere un intero a 32 bit i cui 16 più
+significativi sono un \textit{magic number}\footnote{cioè un numero speciale
+ usato come identificativo, che nel caso è \code{0xC0ED}; si può usare la
+ costante \macro{MS\_MGC\_MSK} per ottenere la parte di \param{mountflags}
+ riservata al \textit{magic number}.} mentre i 16 meno significativi sono
+usati per specificare le opzioni; essi sono usati come maschera binaria e
+vanno settati con un OR aritmetico della costante \macro{MS\_MGC\_VAL} con i
+valori riportati in \ntab.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
+ \hline
+ \textbf{Parametro} & \textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{MS\_RDONLY} & 1 & monta in sola lettura\\
+ \macro{MS\_NOSUID} & 2 & ignora i bit \acr{suid} e \acr{sgid}\\
+ \macro{MS\_NODEV} & 4 & impedisce l'accesso ai file di dispositivo\\
+ \macro{MS\_NOEXEC} & 8 & impedisce di eseguire programmi \\
+ \macro{MS\_SYNCHRONOUS}& 16 & abilita la scrittura sincrona \\
+ \macro{MS\_REMOUNT} & 32 & rimonta il filesystem cambiando i flag\\
+ \macro{MS\_MANDLOCK} & 64 & consente il \textit{mandatory locking} (vedi
+ \secref{sec:file_mand_locking})\\
+ \macro{S\_WRITE} & 128 & scrive normalmente \\
+ \macro{S\_APPEND} & 256 & consente la scrittura solo in \textit{append
+ mode} (vedi \secref{sec:file_sharing})\\
+ \macro{S\_IMMUTABLE} & 512 & impedisce che si possano modificare i file \\
+ \macro{MS\_NOATIME} &1024 & non aggiorna gli \textit{access time} (vedi
+ \secref{sec:file_file_times})\\
+ \macro{MS\_NODIRATIME}&2048 & non aggiorna gli \textit{access time} delle
+ directory\\
+ \macro{MS\_BIND} &4096 & monta il filesystem altrove\\
+ \macro{MS\_MOVE} &8192 & sposta atomicamente il punto di montaggio \\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Tabella dei codici dei flag di montaggio di un filesystem.}
+ \label{tab:sys_mount_flags}
+\end{table}
+
+Per il settaggio delle caratteristiche particolari di ciascun filesystem si
+usa invece l'argomento \param{data} che serve per passare le ulteriori
+informazioni necessarie, che ovviamente variano da filesystem a filesystem.
+
+La funzione \func{mount} può essere utilizzata anche per effettuare il
+\textsl{rimontaggio} di un filesystem, cosa che permette di cambiarne al volo
+alcune delle caratteristiche di funzionamento (ad esempio passare da sola
+lettura a lettura/scrittura). Questa operazione è attivata attraverso uno dei
+bit di \param{mountflags}, \macro{MS\_REMOUNT}, che se settato specifica che
+deve essere effettuato il rimontaggio del filesystem (con le opzioni
+specificate dagli altri bit), anche in questo caso il valore di \param{source}
+viene ignorato.
+
+Una volta che non si voglia più utilizzare un certo filesystem è possibile
+\textsl{smontarlo} usando la funzione \func{umount}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/mount.h}{umount(const char *target)}
+
+ Smonta il filesystem montato sulla directory \param{target}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ fallimento, nel qual caso \var{errno} viene settata a:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
+ \item[\macro{EBUSY}] \param{target} è la directory di lavoro di qualche
+ processo, o contiene dei file aperti, o un altro mount point.
+ \end{errlist}
+ ed inoltre \macro{ENOTDIR}, \macro{EFAULT}, \macro{ENOMEM},
+ \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT} o \macro{ELOOP}.}
+\end{prototype}
+\noindent la funzione prende il nome della directory su cui il filesystem è
+montato e non il file o il dispositivo che è stato montato,\footnote{questo è
+ vero a partire dal kernel 2.3.99-pre7, prima esistevano due chiamate
+ separate e la funzione poteva essere usata anche specificando il file di
+ dispositivo.} in quanto con il kernel 2.4.x è possibile montare lo stesso
+dispositivo in più punti. Nel caso più di un filesystem sia stato montato
+sullo stesso \textit{mount point} viene smontato quello che è stato montato
+per ultimo.
+
+Si tenga presente che la funzione fallisce quando il filesystem è
+\textsl{occupato}, questo avviene quando ci sono ancora file aperti sul
+filesystem, se questo contiene la directory di lavoro corrente di un qualunque
+processo o il mount point di un altro filesystem; in questo caso l'errore
+restituito è \macro{EBUSY}.
+
+Linux provvede inoltre una seconda funzione, \func{umount2}, che in alcuni
+casi permette di forzare lo smontaggio di un filesystem, anche quando questo
+risulti occupato; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/mount.h}{umount2(const char *target, int flags)}
+
+ La funzione è identica a \func{umount} per comportamento e codici di errore,
+ ma con \param{flags} si può specificare se forzare lo smontaggio.
+\end{prototype}
+
+Il valore di \param{flags} è una maschera binaria, e al momento l'unico valore
+definito è il bit \macro{MNT\_FORCE}; gli altri bit devono essere nulli.
+Specificando \macro{MNT\_FORCE} la funzione cercherà di liberare il filesystem
+anche se è occupato per via di una delle condizioni descritte in precedenza. A
+seconda del tipo di filesystem alcune (o tutte) possono essere superate,
+evitando l'errore di \macro{EBUSY}. In tutti i casi prima dello smontaggio
+viene eseguita una sincronizzazione dei dati.
+
+Altre due funzioni specifiche di Linux,\footnote{esse si trovano anche su BSD,
+ ma con una struttura diversa.} utili per ottenere in maniera diretta
+informazioni riguardo al filesystem su cui si trova un certo file, sono
+\func{statfs} e \func{fstatfs}, i cui prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/vfs.h}
+ \funcdecl{int statfs(const char *path, struct statfs *buf)}
+
+ \funcdecl{int fstatfs(int fd, struct statfs *buf)}
+
+ Restituisce in \param{buf} le informazioni relative al filesystem su cui è
+ posto il file specificato.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} viene settato ai valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{ENOSYS}] il filesystem su cui si trova il file specificato non
+ supporta la funzione.
+ \end{errlist}
+ e \macro{EFAULT} ed \macro{EIO} per entrambe, \macro{EBADF} per
+ \func{fstatfs}, \macro{ENOTDIR}, \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT},
+ \macro{EACCES}, \macro{ELOOP} per \func{statfs}.}
+\end{functions}
+
+Queste funzioni permettono di ottenere una serie di informazioni generali
+riguardo al filesystem su cui si trova il file specificato; queste vengono
+restituite una struttura \param{buf} di tipo \type{statfs} definita come in
+\ref{fig:sys_statfs}, ed i campi che sono indefiniti per il filesystem in
+esame sono settati a zero. I valori del campo \var{f\_type} sono definiti per
+i vari filesystem nei relativi file di header dei sorgenti del kernel da
+costanti del tipo \macro{XXX\_SUPER\_MAGIC}, dove \macro{XXX} in genere è il
+nome del filesystem stesso.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+ struct statfs {
+ long f_type; /* tipo di filesystem */
+ long f_bsize; /* dimensione ottimale dei blocchi di I/O */
+ long f_blocks; /* blocchi totali nel filesystem */
+ long f_bfree; /* blocchi liberi nel filesystem */
+ long f_bavail; /* blocchi liberi agli utenti normali */
+ long f_files; /* inodes totali nel filesystem */
+ long f_ffree; /* inodes liberi nel filesystem */
+ fsid_t f_fsid; /* filesystem id */
+ long f_namelen; /* lunghezza massima dei nomi dei file */
+ long f_spare[6]; /* riservati per uso futuro */
+ };
+\end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{statfs}.}
+ \label{fig:sys_statfs}
+\end{figure}
+
+
+Le \acr{glibc} provvedono infine una serie di funzioni per la gestione dei due
+file standard \file{/etc/fstab} e \file{/etc/mtab}, che convenzionalmente sono
+usati in quasi tutti i sistemi unix per mantenere rispettivamente le
+informazioni riguardo ai filesystem da montare e a quelli correntemente
+montati. Le funzioni servono a leggere il contenuto di questi file in
+opportune strutture \var{struct fstab} e \var{struct mntent}, e, per
+\file{/etc/mtab} per inserire e rimuovere le voci presenti nel file.
+
+In generale si dovrebbero usare queste funzioni (in particolar modo quelle
+relative a \file{/etc/mtab}), quando si debba scrivere un programma che
+effettua il montaggio di un filesystem; in realtà in questi casi è molto più
+semplice invocare direttamente il programma \cmd{mount}, per cui ne
+tralasceremo la trattazione, rimandando al manuale delle \acr{glibc}
+\cite{glibc} per la documentazione completa.
+
+
+\subsection{La gestione di utenti e gruppi}
+\label{sec:sys_user_group}
+
+L'ultimo argomento di questa sezione è quello che riguarda le funzioni
+utilizzate per gestire utenti e gruppi all'interno del sistema.
+Tradizionalmente l'informazione per la gestione di utenti e gruppi veniva
+tenuta tutta nei due file di testo \file{/etc/passwd} ed \file{/etc/group};
+oggi la maggior parte delle distribuzioni di Linux usa la libreria PAM (sigla
+che sta \textit{Pluggable Authentication Method}) che permette di separare
+completamente i meccanismi di gestione degli utenti (autenticazione,
+riconoscimento, ecc.) dalle modalità in cui i relativi dati vengono mantenuti.
+
+In questo paragrafo ci limiteremo comunque alle funzioni classiche per la
+lettura delle informazioni relative a utenti e gruppi previste dallo standard
+POSIX.1, che fanno riferimento a quanto memorizzato nei due file appena
+citati, il cui formato è descritto dalle relative pagine del manuale (cioè
+\cmd{man 5 passwd} e \cmd{man 5 group}).
+
+Per leggere le informazioni relative ad un utente si possono usare due
+funzioni, \func{getpwuid} e \func{getpwnam}, i cui prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{pwd.h}
+ \headdecl{sys/types.h}
+ \funcdecl{struct passwd *getpwuid(uid\_t uid)}
+
+ \funcdecl{struct passwd *getpwnam(const char *name)}
+
+ Restituiscono le informazioni relative all'utente specificato.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano il puntatore alla struttura contenente le
+ informazioni in caso di successo e \macro{NULL} nel caso non sia stato
+ trovato nessun utente corrispondente a quanto specificato.}
+\end{functions}
+
+Le due funzioni forniscono le informazioni memorizzate nel database degli
+utenti (che nelle versioni più recenti possono essere ottenute attraverso PAM)
+relative all'utente specificato attraverso il suo \acr{uid} o il nome di
+login. Entrambe le funzioni restituiscono un puntatore ad una struttura di
+tipo \type{passwd} la cui definizione (anch'essa eseguita in \file{pwd.h}) è
+riportata in \figref{fig:sys_passwd_struct}, dove è pure brevemente illustrato
+il significato dei vari campi.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct passwd {
+ char *pw_name; /* user name */
+ char *pw_passwd; /* user password */
+ uid_t pw_uid; /* user id */
+ gid_t pw_gid; /* group id */
+ char *pw_gecos; /* real name */
+ char *pw_dir; /* home directory */
+ char *pw_shell; /* shell program */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{passwd} contenente le informazioni relative ad un
+ utente del sistema.}
+ \label{fig:sys_passwd_struct}
+\end{figure}
+
+La struttura usata da entrambe le funzioni è allocata staticamente, per questo
+motivo viene sovrascritta ad ogni nuova invocazione, così come le stringhe a
+cui essa fa riferimento. Ovviamente queste funzioni non sono rientranti, ne
+esistono quindi anche due versioni alternative (denotate dalla solita
+estensione \code{\_r}), i cui prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{pwd.h}
+
+ \headdecl{sys/types.h}
+
+ \funcdecl{struct passwd *getpwuid\_r(uid\_t uid, struct passwd *password,
+ char *buffer, size\_t buflen, struct passwd **result)}
+
+ \funcdecl{struct passwd *getpwnam\_r(const char *name, struct passwd
+ *password, char *buffer, size\_t buflen, struct passwd **result)}
+
+ Restituiscono le informazioni relative all'utente specificato.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e un codice d'errore
+ altrimenti, nel qual caso \var{errno} sarà settato opportunamente.}
+\end{functions}
+
+In questo caso l'uso è molto più complesso, in quanto bisogna prima allocare
+la memoria necessaria a contenere le informazioni. In particolare i valori
+della struttura \var{passwd} saranno restituiti all'indirizzo \param{password}
+mentre la memoria allocata all'indirizzo \param{buffer}, per un massimo di
+\param{buflen} byte, sarà utilizzata per contenere le stringhe puntate dai
+campi di \param{password}; infine all'indirizzo puntato da \param{result}
+viene restituito il puntatore ai dati ottenuti, cioè \param{buffer} nel caso
+l'utente esista, o \macro{NULL} altrimenti. Qualora i dati non possano essere
+contenuti in \param{buflen} byte la funzione fallirà restituendo
+\macro{ERANGE} (e \param{result} sarà comunque settato a \macro{NULL}).
+
+Del tutto analoghe alle precedenti sono le funzioni \func{getgrnam} e
+\func{getgrgid} (e le relative analoghe rientranti con la stessa estensione
+\code{\_r}) che permettono di leggere le informazioni relative ai gruppi, i
+loro prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{grp.h}
+ \headdecl{sys/types.h}
+
+ \funcdecl{struct group *getgrgid(gid\_t gid)}
+
+ \funcdecl{struct group *getgrnam(const char *name)}
+
+ \funcdecl{struct group *getpwuid\_r(gid\_t gid, struct group *password,
+ char *buffer, size\_t buflen, struct group **result)}
+
+ \funcdecl{struct group *getpwnam\_r(const char *name, struct group
+ *password, char *buffer, size\_t buflen, struct group **result)}
+
+ Restituiscono le informazioni relative al gruppo specificato.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e un codice d'errore
+ altrimenti, nel qual caso \var{errno} sarà settato opportunamente.}
+\end{functions}
+
+Il comportamento di tutte queste funzioni è assolutamente identico alle
+precedenti che leggono le informazioni sugli utenti, l'unica differenza è che
+in questo caso le informazioni vengono restituite in una struttura di tipo
+\type{group}, la cui definizione è riportata in \figref{fig:sys_group_struct}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct group {
+ char *gr_name; /* group name */
+ char *gr_passwd; /* group password */
+ gid_t gr_gid; /* group id */
+ char **gr_mem; /* group members */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{group} contenente le informazioni relative ad un
+ gruppo del sistema.}
+ \label{fig:sys_group_struct}
+\end{figure}
+
+Le funzioni viste finora sono in grado di leggere le informazioni sia dal file
+delle password in \file{/etc/passwd} che con qualunque altro metodo sia stato
+utilizzato per mantenere il database degli utenti. Non permettono però di
+settare direttamente le password; questo è possibile con un'altra interfaccia
+al database degli utenti, derivata da SVID, che però funziona soltanto con un
+database che sia tenuto su un file che abbia il formato classico di
+\file{/etc/passwd}.
+
+Dato che ormai la gran parte delle distribuzioni di Linux utilizzano PAM, che
+come minimo usa almeno le \textit{shadow password}, quindi con delle modifiche
+rispetto al formato classico di \file{/etc/passwd}, le funzioni che danno la
+capacità scrivere delle voci nel database (\func{putpwent} e \func{putgrent})
+non permettono di specificarle in maniera completa. Per questo motivo l'uso di
+queste funzioni è deprecato in favore dell'uso di PAM, per cui ci limitiamo a
+elencarle in \tabref{tab:sys_passwd_func}, rimandando chi fosse interessato
+alle man page e al manuale delle \acr{glibc} per i dettagli del funzionamento.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Funzione} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \func{fgetpwent} & Legge una voce dal database utenti da un file
+ specificato aprendolo la prima volta.\\
+ \func{fgetpwent\_r}& Come la precedente, ma rientrante.\\
+ \func{getpwent} & Legge una voce dal database utenti (da
+ \file{/etc/passwd}) aprendolo la prima volta.\\
+ \func{getpwent\_r} & Come la precedente, ma rientrante.\\
+ \func{setpwent} & Ritorna all'inizio del database.\\
+ \func{putpwent} & Immette una voce nel database utenti.\\
+ \func{endpwent} & Chiude il database degli utenti.\\
+ \func{fgetgrent} & Legge una voce dal database dei gruppi da un file
+ specificato aprendolo la prima volta.\\
+ \func{fgetgrent\_r}& Come la precedente, ma rientrante.\\
+ \func{getgrent} & Legge una voce dal database dei gruppi (da
+ \file{/etc/passwd}) aprendolo la prima volta.\\
+ \func{getgrent\_r} & Come la precedente, ma rientrante.\\
+ \func{setgrent} & Immette una voce nel database dei gruppi.\\
+ \func{putgrent} & Immette una voce nel database dei gruppi.\\
+ \func{endgrent} & Chiude il database dei gruppi.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Funzioni per la manipolazione dei campi di un file usato come
+ database di utenti e gruppi nel formato di \file{/etc/passwd} e
+ \file{/etc/groups}.}
+ \label{tab:sys_passwd_func}
+\end{table}
+
+Un altro insieme di funzioni utili è quello che permette di accedere ai dati
+del database di \textit{accounting} degli utenti, che mantiene la traccia di
+chi si è collegato al sistema e di che è correntemente collegato, insieme alle
+informazioni, per ciascun terminale, di chi ci è collegato, da che ora,
+dell'\acr{uid} della shell di login, ed una serie di altre informazioni
+relativa al sistema come il run-level, l'orario dell'ultimo riavvio, ed altre.
+
+Le informazioni sono tenute nei due file \file{/var/run/utmp} (per chi sta
+utilizzando il sistema al momento corrente) e \file{/var/log/wtmp} (per la
+storia dei login precedenti). Questi file non devono mai essere letti
+direttamente, ma le informazioni che contengono possono essere ricavate
+attraverso le opportune funzioni di libreria. Queste sono analoghe alle
+precedenti per il database delle password, solo che la struttura del database
+è molto più complessa, dato che contiene vari tipi di informazione.
+
+Le prime tre funzioni, \func{utmpname}, \func{setutent} e \func{endutent},
+servono a aprire e chiudere il database, e a specificare il file su cui esso è
+mantenuto (in caso questo non venga specificato viene usato il valore standard
+\macro{\_PATH\_UTMP} che è definito in \file{paths.h}. Il loro prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{utmp.h}
+
+ \funcdecl{void utmpname(const char *file)} Specifica il file da usare come
+ database di \textit{accounting}.
+
+ \funcdecl{void setutent(void)} Apre il file del database di
+ \textit{accounting}, posizionandosi al suo inizio.
+
+ \funcdecl{void endutent(void)} Chiude il file del database di
+ \textit{accounting}.
+
+ \bodydesc{Le funzioni non ritornano codici di errore.}
+\end{functions}
+
+Una volta aperto il file si può eseguire una scansione leggendo o scrivendo
+una voce con le funzioni \func{getutent}, \func{getutid}, \func{getutline} e
+\func{pututline}, i cui prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{utmp.h}
+
+ \funcdecl{struct utmp *getutent(void)}
+ Legge una voce dal dalla posizione corrente nel database.
+
+ \funcdecl{struct utmp *getutid(struct utmp *ut)}
+ Esegue una ricerca dalla posizione corrente sulla base del contenuto di
+ \param{ut}.
+
+ \funcdecl{struct utmp *getutline(struct utmp *ut)}
+ Ricerca nel database la prima voce corrispondente ad un processo sulla linea
+ di terminale specificata tramite \param{ut}.
+
+ \funcdecl{struct utmp *pututline(struct utmp *ut)}
+ Scrive una voce nel database.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano il puntatore ad una struttura \var{utmp} in
+ caso di successo e \macro{NULL} in caso di errore.}
+\end{functions}
+
+Tutte queste funzioni fanno riferimento ad una struttura di tipo \var{utmp},
+la cui definizione in Linux è riportata in \secref{fig:sys_utmp_struct}. Le
+prime tre funzioni servono per leggere una voce dal database; \func{getutent}
+legge semplicemente la prima voce disponibile; le altre due permettono di
+eseguire una ricerca.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct utmp
+{
+ short int ut_type; /* Type of login. */
+ pid_t ut_pid; /* Process ID of login process. */
+ char ut_line[UT_LINESIZE]; /* Devicename. */
+ char ut_id[4]; /* Inittab ID. */
+ char ut_user[UT_NAMESIZE]; /* Username. */
+ char ut_host[UT_HOSTSIZE]; /* Hostname for remote login. */
+ struct exit_status ut_exit; /* Exit status of a process marked
+ as DEAD_PROCESS. */
+ long int ut_session; /* Session ID, used for windowing. */
+ struct timeval ut_tv; /* Time entry was made. */
+ int32_t ut_addr_v6[4]; /* Internet address of remote host. */
+ char __unused[20]; /* Reserved for future use. */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{utmp} contenente le informazioni di una voce del
+ database di \textit{accounting}.}
+ \label{fig:sys_utmp_struct}
+\end{figure}
+
+Con \func{getutid} si può cercare la voce relativa ad uno specifico tipo di
+login o di runlevel, a seconda del valore del campo \var{ut\_type}
+dell'argomento \param{ut}; questo può assumere i valori riportati in
+
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Funzione} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{EMPTY} & Non contiene informazioni valide. \\
+ \macro{RUN_LVL} & Identica il runlevel del sistema. \\
+ \macro{BOOT_TIME} & Identifica il tempo di avvio del sistema \\
+ \macro{OLD_TIME} & Identifica quando è stato modificato l'orogio di
+ sistema. \\
+ \macro{NEW_TIME} & Identifica da qaunto è stato modificato il
+ sistema. \\
+ \macro{INIT_PROCESS} & Identifica un processo lanciato ad \cmd{init}. \\
+ \macro{LOGIN_PROCESS}& Identifica un processo di login. \\
+ \macro{USER_PROCESS} & Identifica un processo utente. \\
+ \macro{DEAD_PROCESS} & Identifica un processo terminato. \\
+ \macro{ACCOUNTING} & ??? \\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Classificazione delle voci del database di accounting a seconda dei
+ possibili valori del campo \var{ut\_type}.}
+ \label{tab:sys_ut_type}
+\end{table}
+
In questa sezione esamineremo le funzioni che permettono di esaminare e
controllare come le varie risorse del sistema (CPU, memoria, ecc.) vengono
-utilizzate dai processi, e le modalità con cui è possibile imporre dei limiti
-sul loro utilizzo.
+utilizzate dai singoli processi, e le modalità con cui è possibile imporre dei
+limiti sul loro utilizzo.
\label{sec:sys_resource_use}
+
\subsection{Limiti sulle risorse}
\label{sec:sys_resource_limit}
\footnotesize
\centering
\begin{minipage}[c]{15cm}
- \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
struct rusage {
struct timeval ru_utime; /* user time used */
struct timeval ru_stime; /* system time used */
tempi nelle differenti rappresentazioni che vengono utilizzate.
-\subsection{La misura del tempo in unix}
+\subsection{La misura del tempo in Unix}
\label{sec:sys_unix_time}
-Storicamente i sistemi unix-like hanno sempre mantenuto due distinti
-valori per i tempi all'interno del sistema, essi sono rispettivamente
-chiamati \textit{calendar time} e \textit{process time}, secondo le
-definizioni:
+Storicamente i sistemi unix-like hanno sempre mantenuto due distinti tipi di
+dati per la misure dei tempi all'interno del sistema: essi sono
+rispettivamente chiamati \textit{calendar time} e \textit{process time},
+secondo le definizioni:
\begin{itemize}
\item \textit{calendar time}: è il numero di secondi dalla mezzanotte del
primo gennaio 1970, in tempo universale coordinato (o UTC), data che viene
viene mantenuto l'orologio del calcolatore, e viene usato ad esempio per
indicare le date di modifica dei file o quelle di avvio dei processi. Per
memorizzare questo tempo è stato riservato il tipo primitivo \type{time\_t}.
-\item \textit{process time}: talvolta anche detto tempo di CPU. Viene misurato
+\item \textit{process time}: detto anche tempo di processore. Viene misurato
in \textit{clock tick}, corrispondenti al numero di interruzioni effettuate
dal timer di sistema, e che per Linux avvengono ogni centesimo di
- secondo\footnote{eccetto per la piattaforma alpha dove avvengono ogni
- millesimo di secondo}. Il dato primitivo usato per questo tempo è
+ secondo.\footnote{eccetto per la piattaforma alpha dove avvengono ogni
+ millesimo di secondo.} Il dato primitivo usato per questo tempo è
\type{clock\_t}, inoltre la costante \macro{HZ} restituisce la frequenza di
operazione del timer, e corrisponde dunque al numero di tick al secondo. Lo
standard POSIX definisce allo stesso modo la costante \macro{CLK\_TCK});
\secref{sec:sys_limits}).
\end{itemize}
-In genere si usa il \textit{calendar time} per tenere le date dei file e le
-informazioni analoghe che riguardano i tempi di ``orologio'', usati ad esempio
-per i demoni che compiono lavori amministrativi ad ore definite, come
-\cmd{cron}. Di solito questo vene convertito automaticamente dal valore in UTC
-al tempo locale, utilizzando le opportune informazioni di localizzazione
+In genere si usa il \textit{calendar time} per esprimere le date dei file e le
+informazioni analoghe che riguardano i cosiddetti \textsl{tempi di orologio},
+che vengono usati ad esempio per i demoni che compiono lavori amministrativi
+ad ore definite, come \cmd{cron}.
+
+Di solito questo tempo viene convertito automaticamente dal valore in UTC al
+tempo locale, utilizzando le opportune informazioni di localizzazione
(specificate in \file{/etc/timezone}). E da tenere presente che questo tempo è
-mantenuto dal sistema e non corrisponde all'orologio hardware del calcolatore.
+mantenuto dal sistema e non è detto che corrisponda al tempo tenuto
+dall'orologio hardware del calcolatore.
-Il \textit{process time} di solito si esprime in secondi e viene usato appunto
-per tenere conto dei tempi di esecuzione dei processi. Per ciascun processo il
-kernel tiene tre di questi tempi:
-\begin{itemize*}
-\item \textit{clock time}
-\item \textit{user time}
-\item \textit{system time}
-\end{itemize*}
-il primo è il tempo ``reale'' (viene anche chiamato \textit{wall clock time})
-dall'avvio del processo, e misura il tempo trascorso fino alla sua
-conclusione; chiaramente un tale tempo dipende anche dal carico del sistema e
-da quanti altri processi stavano girando nello stesso periodo. Il secondo
-tempo è quello che la CPU ha speso nell'esecuzione delle istruzioni del
-processo in user space. Il terzo è il tempo impiegato dal kernel per eseguire
-delle system call per conto del processo medesimo (tipo quello usato per
-eseguire una \func{write} su un file). In genere la somma di user e system
-time viene chiamato \textit{CPU time}.
+Anche il \textit{process time} di solito si esprime in secondi, ma provvede una
+precisione ovviamente superiore al \textit{calendar time} (la cui granularità
+minima è il secondo) e viene usato per tenere conto dei tempi di esecuzione
+dei processi. Per ciascun processo il kernel calcola tre tempi diversi:
+\begin{description*}
+\item[\textit{clock time}]: il tempo \textsl{reale} (viene chiamato anche
+ \textit{wall clock time}) passato dall'avvio del processo. Chiaramente tale
+ tempo dipende anche dal carico del sistema e da quanti altri processi
+ stavano girando nello stesso periodo.
+\item[\textit{user time}]: il tempo che la CPU ha impiegato nell'esecuzione
+ delle istruzioni del processo in user space.
+\item[\textit{system time}]: il tempo che la CPU ha impiegato nel kernel per
+ eseguire delle system call per conto del processo.
+\end{description*}
+In genere la somma di \textit{user time} e \textit{system time} indica il
+tempo di processore totale in cui il sistema è stato effettivamente impegnato
+nell'eseguire un certo processo e viene chiamato \textit{CPU time}.
che c'è stato un errore, non il tipo di errore.
Per riportare il tipo di errore il sistema usa la variabile globale
-\var{errno}\footnote{L'uso di una variabile globale può comportare alcuni
+\var{errno},\footnote{L'uso di una variabile globale può comportare alcuni
problemi (ad esempio nel caso dei thread) ma lo standard ISO C consente
anche di definire \var{errno} come un \textit{modifiable lvalue}, quindi si
può anche usare una macro, e questo è infatti il modo usato da Linux per
- renderla locale ai singoli thread.}, definita nell'header \file{errno.h}; la
-variabile è in genere definita come \type{volatile} dato che può essere
-cambiata in modo asincrono da un segnale (per una descrizione dei segnali si
-veda \secref{cha:signals}), ma dato che un manipolatore di segnale scritto
-bene salva e ripristina il valore della variabile, di questo non è necessario
-preoccuparsi nella programmazione normale.
+ renderla locale ai singoli thread.} definita nell'header \file{errno.h}; la
+variabile è in genere definita come \ctyp{volatile} dato che può essere
+cambiata in modo asincrono da un segnale (si veda \ref{sec:sig_sigchld} per un
+esempio, ricordando quanto trattato in \ref{sec:proc_race_cond}), ma dato che
+un manipolatore di segnale scritto bene salva e ripristina il valore della
+variabile, di questo non è necessario preoccuparsi nella programmazione
+normale.
I valori che può assumere \var{errno} sono riportati in \capref{cha:errors},
nell'header \file{errno.h} sono anche definiti i nomi simbolici per le
essere modificata dal programma e che è utilizzabile solo fino ad una chiamata
successiva a \func{strerror}; nel caso si usino i thread è
provvista\footnote{questa funzione è una estensione GNU, non fa parte dello
- standard POSIX} una versione apposita:
+ standard POSIX.} una versione apposita:
\begin{prototype}{string.h}
{char *strerror\_r(int errnum, char *buff, size\_t size)}
Analoga a \func{strerror} ma ritorna il messaggio in un buffer
che utilizza un buffer che il singolo thread deve allocare, per evitare i
problemi connessi alla condivisione del buffer statico. Infine, per completare
la caratterizzazione dell'errore, si può usare anche la variabile
-globale\footnote{anche questa è una estensione GNU}
+globale\footnote{anche questa è un'estensione GNU.}
\var{program\_invocation\_short\_name} che riporta il nome del programma
attualmente in esecuzione.
\end{figure}
-\section{La gestione di utenti e gruppi}
-\label{sec:sys_user_group}
-
%%% Local Variables:
%%% mode: latex