+La prima funzionalità si può ottenere includendo gli opportuni header file che
+contengono le costanti necessarie definite come macro di preprocessore, per la
+seconda invece sono ovviamente necessarie delle funzioni. La situazione è
+complicata dal fatto che ci sono molti casi in cui alcuni di questi limiti
+sono fissi in un'implementazione mentre possono variare in un altra. Tutto
+questo crea una ambiguità che non è sempre possibile risolvere in maniera
+chiara; in generale quello che succede è che quando i limiti del sistema sono
+fissi essi vengono definiti come macro di preprocessore nel file
+\file{limits.h}, se invece possono variare, il loro valore sarà ottenibile
+tramite la funzione \func{sysconf} (che esamineremo in
+\secref{sec:sys_sysconf}).
+
+Lo standard ANSI C definisce dei limiti che sono tutti fissi, pertanto questo
+saranno sempre disponibili al momento della compilazione. Un elenco, ripreso
+da \file{limits.h}, è riportato in \tabref{tab:sys_ansic_macro}. Come si può
+vedere per la maggior parte questi limiti attengono alle dimensioni dei dati
+interi, che sono in genere fissati dall'architettura hardware (le analoghe
+informazioni per i dati in virgola mobile sono definite a parte, ed
+accessibili includendo \file{float.h}). Lo standard prevede anche un'altra
+costante, \macro{FOPEN\_MAX}, che può non essere fissa e che pertanto non è
+definita in \file{limits.h}; essa deve essere definita in \file{stdio.h} ed
+avere un valore minimo di 8.
+
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \footnotesize
+ \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
+ \hline
+ \textbf{Macro}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{MB\_LEN\_MAX}& 16 & massima dimensione di un
+ carattere esteso\\
+ \macro{CHAR\_BIT} & 8 & bit di \ctyp{char}\\
+ \macro{UCHAR\_MAX}& 255 & massimo di \ctyp{unsigned char}\\
+ \macro{SCHAR\_MIN}& -128 & minimo di \ctyp{signed char}\\
+ \macro{SCHAR\_MAX}& 127 & massimo di \ctyp{signed char}\\
+ \macro{CHAR\_MIN} &\footnotemark& minimo di \ctyp{char}\\
+ \macro{CHAR\_MAX} &\footnotemark& massimo di \ctyp{char}\\
+ \macro{SHRT\_MIN} & -32768 & minimo di \ctyp{short}\\
+ \macro{SHRT\_MAX} & 32767 & massimo di \ctyp{short}\\
+ \macro{USHRT\_MAX}& 65535 & massimo di \ctyp{unsigned short}\\
+ \macro{INT\_MAX} & 2147483647 & minimo di \ctyp{int}\\
+ \macro{INT\_MIN} &-2147483648 & minimo di \ctyp{int}\\
+ \macro{UINT\_MAX} & 4294967295 & massimo di \ctyp{unsigned int}\\
+ \macro{LONG\_MAX} & 2147483647 & massimo di \ctyp{long}\\
+ \macro{LONG\_MIN} &-2147483648 & minimo di \ctyp{long}\\
+ \macro{ULONG\_MAX}& 4294967295 & massimo di \ctyp{unsigned long}\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Costanti definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
+ ANSI C.}
+ \label{tab:sys_ansic_macro}
+\end{table}
+
+\footnotetext[1]{il valore può essere 0 o \macro{SCHAR\_MIN} a seconda che il
+ sistema usi caratteri con segno o meno.}
+
+\footnotetext[2]{il valore può essere \macro{UCHAR\_MAX} o \macro{SCHAR\_MAX}
+ a seconda che il sistema usi caratteri con segno o meno.}
+
+A questi valori lo standard ISO C90 ne aggiunge altri tre, relativi al tipo
+\ctyp{long long} introdotto con il nuovo standard, i relativi valori sono in
+\tabref{tab:sys_isoc90_macro}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \footnotesize
+ \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
+ \hline
+ \textbf{Macro}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{LLONG\_MAX}& 9223372036854775807& massimo di \ctyp{long long}\\
+ \macro{LLONG\_MIN}&-9223372036854775808& minimo di \ctyp{long long}\\
+ \macro{ULLONG\_MAX}&18446744073709551615&
+ massimo di \ctyp{unsigned long long}\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Macro definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
+ ISO C90.}
+ \label{tab:sys_isoc90_macro}
+\end{table}
+
+Ovviamente le dimensioni dei vari tipi di dati sono solo una piccola parte
+delle caratteristiche del sistema; mancano completamente tutte quelle che
+dipendono dalla implementazione dello stesso. Queste, per i sistemi unix-like,
+sono state definite in gran parte dallo standard POSIX.1, che tratta anche i
+limiti relativi alle caratteristiche dei file che vedremo in
+\secref{sec:sys_file_limits}.
+
+Purtroppo la sezione dello standard che tratta questi argomenti è una delle
+meno chiare\footnote{tanto che Stevens, in \cite{APUE}, la porta come esempio
+ di ``standardese''.}. Lo standard prevede che ci siano 13 macro che
+descrivono le caratteristiche del sistema (7 per le caratteristiche generiche,
+riportate in \tabref{tab:sys_generic_macro}, e 6 per le caratteristiche dei
+file, riportate in \tabref{tab:sys_file_macro}).
+
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \footnotesize
+ \begin{tabular}[c]{|l|r|p{8cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Macro}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{ARG\_MAX} &131072& dimensione massima degli argomenti
+ passati ad una funzione della famiglia
+ \func{exec}.\\
+ \macro{CHILD\_MAX} & 999& numero massimo di processi contemporanei
+ che un utente può eseguire.\\
+ \macro{OPEN\_MAX} & 256& numero massimo di file che un processo
+ può mantenere aperti in contemporanea.\\
+ \macro{STREAM\_MAX}& 8& massimo numero di stream aperti per
+ processo in contemporanea.\\
+ \macro{TZNAME\_MAX}& 6& dimensione massima del nome di una
+ \texttt{timezone} (vedi
+ \secref{sec:sys_time_base})).\\
+ \macro{NGROUPS\_MAX}& 32& numero di gruppi supplementari per
+ processo (vedi \secref{sec:proc_access_id}).\\
+ \macro{SSIZE\_MAX}&32767& valore massimo del tipo \type{ssize\_t}.\\
+ \hline
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Costanti per i limiti del sistema.}
+ \label{tab:sys_generic_macro}
+\end{table}
+
+Lo standard dice che queste macro devono essere definite in \file{limits.h}
+quando i valori a cui fanno riferimento sono fissi, e altrimenti devono essere
+lasciate indefinite, ed i loro valori dei limiti devono essere accessibili
+solo attraverso \func{sysconf}. In realtà queste vengono sempre definite ad
+un valore generico. Si tenga presente poi che alcuni di questi limiti possono
+assumere valori molto elevati (come \macro{CHILD\_MAX}), e non è pertanto il
+caso di utilizzarli per allocare staticamente della memoria.
+
+A complicare la faccenda si aggiunge il fatto che POSIX.1 prevede una serie di
+altre costanti (il cui nome inizia sempre con \code{\_POSIX\_}) che
+definiscono i valori minimi le stesse caratteristiche devono avere, perché una
+implementazione possa dichiararsi conforme allo standard; detti valori sono
+riportati in \tabref{tab:sys_posix1_general}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \footnotesize
+ \begin{tabular}[c]{|l|r|p{8cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Macro}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{\_POSIX\_ARG\_MAX} & 4096& dimensione massima degli argomenti
+ passati ad una funzione della famiglia
+ \func{exec}.\\
+ \macro{\_POSIX\_CHILD\_MAX} & 6& numero massimo di processi
+ contemporanei che un utente può
+ eseguire.\\
+ \macro{\_POSIX\_OPEN\_MAX} & 16& numero massimo di file che un processo
+ può mantenere aperti in
+ contemporanea.\\
+ \macro{\_POSIX\_STREAM\_MAX} & 8& massimo numero di stream aperti per
+ processo in contemporanea.\\
+ \macro{\_POSIX\_TZNAME\_MAX} & & dimensione massima del nome di una
+ \texttt{timezone} (vedi
+ \secref{sec:sys_date}). \\
+ \macro{\_POSIX\_NGROUPS\_MAX}& 0& numero di gruppi supplementari per
+ processo (vedi
+ \secref{sec:proc_access_id}).\\
+ \macro{\_POSIX\_SSIZE\_MAX} &32767& valore massimo del tipo
+ \type{ssize\_t}.\\
+ \macro{\_POSIX\_AIO\_LISTIO\_MAX}&2& \\
+ \macro{\_POSIX\_AIO\_MAX} & 1& \\
+ \hline
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Macro dei valori minimi delle caratteristiche generali del sistema
+ per la conformità allo standard POSIX.1.}
+ \label{tab:sys_posix1_general}
+\end{table}
+
+In genere questi valori non servono a molto, la loro unica utilità è quella di
+indicare un limite superiore che assicura la portabilità senza necessità di
+ulteriori controlli. Tuttavia molti di essi sono ampiamente superati in tutti
+i sistemi POSIX in uso oggigiorno. Per questo è sempre meglio utilizzare i
+valori ottenuti da \func{sysconf}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \footnotesize
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Macro}&\textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{\_POSIX\_JOB\_CONTROL}& il sistema supporta il
+ \textit{job control} (vedi
+ \secref{sec:sess_job_control}).\\
+ \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS} & il sistema supporta gli identificatori del
+ gruppo \textit{saved} (vedi
+ \secref{sec:proc_access_id})
+ per il controllo di accesso dei processi\\
+ \macro{\_POSIX\_VERSION} & fornisce la versione dello standard POSIX.1
+ supportata nel formato YYYYMML (ad esempio
+ 199009L).\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Alcune macro definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
+ POSIX.1.}
+ \label{tab:sys_posix1_other}
+\end{table}
+
+Oltre ai precedenti valori (e a quelli relativi ai file elencati in
+\tabref{tab:sys_posix1_file}), che devono essere obbligatoriamente definiti,
+lo standard POSIX.1 ne prevede parecchi altri. La lista completa si trova
+dall'header file \file{bits/posix1\_lim.h} (da non usare mai direttamente, è
+incluso automaticamente all'interno di \file{limits.h}). Di questi vale la
+pena menzionare alcune macro di uso comune, (riportate in
+\tabref{tab:sys_posix1_other}), che non indicano un valore specifico, ma
+denotano la presenza di alcune funzionalità nel sistema (come il supporto del
+\textit{job control} o degli identificatori del gruppo \textit{saved}).
+
+Oltre allo standard POSIX.1, anche lo standard POSIX.2 definisce una serie di
+altre costanti. Siccome queste sono principalmente attinenti a limiti relativi
+alle applicazioni di sistema presenti (come quelli su alcuni parametri delle
+espressioni regolari o del comando \cmd{bc}), non li tratteremo
+esplicitamente, se ne trova una menzione completa nell'header file
+\file{bits/posix2\_lim.h}, e alcuni di loro sono descritti nella pagina di
+manuale di \func{sysconf} e nel manuale delle \acr{glibc}.
+
+
+\subsection{La funzione \func{sysconf}}
+\label{sec:sys_sysconf}
+
+Come accennato in \secref{sec:sys_limits} quando uno dei limiti o delle
+caratteristiche del sistema può variare, per non dover essere costretti a
+ricompilare un programma tutte le volte che si cambiano le opzioni con cui è
+compilato il kernel, o alcuni dei parametri modificabili a run time, è
+necessario ottenerne il valore attraverso la funzione \func{sysconf}. Il
+prototipo di questa funzione è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{long sysconf(int name)}
+ Restituisce il valore del parametro di sistema \param{name}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce indietro il valore del parametro
+ richiesto, o 1 se si tratta di un'opzione disponibile, 0 se l'opzione non
+ è disponibile e -1 in caso di errore (ma \var{errno} non viene impostata).}
+\end{prototype}
+
+La funzione prende come argomento un intero che specifica quale dei limiti si
+vuole conoscere; uno specchietto contenente i principali valori disponibili in
+Linux è riportato in \tabref{tab:sys_sysconf_par}; l'elenco completo è
+contenuto in \file{bits/confname.h}, ed una lista più esaustiva, con le
+relative spiegazioni, si può trovare nel manuale delle \acr{glibc}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \footnotesize
+ \begin{tabular}[c]{|l|l|p{9cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Parametro}&\textbf{Macro sostituita} &\textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \texttt{\_SC\_ARG\_MAX} &\macro{ARG\_MAX}&
+ La dimensione massima degli argomenti passati ad una funzione
+ della famiglia \func{exec}.\\
+ \texttt{\_SC\_CHILD\_MAX}&\macro{\_CHILD\_MAX}&
+ Il numero massimo di processi contemporanei che un utente può
+ eseguire.\\
+ \texttt{\_SC\_OPEN\_MAX}&\macro{\_OPEN\_MAX}&
+ Il numero massimo di file che un processo può mantenere aperti in
+ contemporanea.\\
+ \texttt{\_SC\_STREAM\_MAX}& \macro{STREAM\_MAX}&
+ Il massimo numero di stream che un processo può mantenere aperti in
+ contemporanea. Questo limite previsto anche dallo standard ANSI C, che
+ specifica la macro {FOPEN\_MAX}.\\
+ \texttt{\_SC\_TZNAME\_MAX}&\macro{TZNAME\_MAX}&
+ La dimensione massima di un nome di una \texttt{timezone} (vedi
+ \secref{sec:sys_date}).\\
+ \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}&\macro{NGROUP\_MAX}&
+ Massimo numero di gruppi supplementari che può avere un processo (vedi
+ \secref{sec:proc_access_id}).\\
+ \texttt{\_SC\_SSIZE\_MAX}&\macro{SSIZE\_MAX}&
+ valore massimo del tipo di dato \type{ssize\_t}.\\
+ \texttt{\_SC\_CLK\_TCK}& \macro{CLK\_TCK} &
+ Il numero di \textit{clock tick} al secondo, cioè l'unità di misura del
+ \textit{process time} (vedi \secref{sec:sys_unix_time}).\\
+ \texttt{\_SC\_JOB\_CONTROL}&\macro{\_POSIX\_JOB\_CONTROL}&
+ Indica se è supportato il \textit{job control} (vedi
+ \secref{sec:sess_job_control}) in stile POSIX.\\
+ \texttt{\_SC\_SAVED\_IDS}&\macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS}&
+ Indica se il sistema supporta i \textit{saved id} (vedi
+ \secref{sec:proc_access_id}).\\
+ \texttt{\_SC\_VERSION}& \macro{\_POSIX\_VERSION} &
+ Indica il mese e l'anno di approvazione della revisione dello standard
+ POSIX.1 a cui il sistema fa riferimento, nel formato YYYYMML, la
+ revisione più recente è 199009L, che indica il Settembre 1990.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Parametri del sistema leggibili dalla funzione \func{sysconf}.}
+ \label{tab:sys_sysconf_par}
+\end{table}
+
+In generale ogni limite o caratteristica del sistema per cui è definita una
+macro, sia dagli standard ANSI C e ISO C90, che da POSIX.1 e POSIX.2, può
+essere ottenuto attraverso una chiamata a \func{sysconf}. Il valore si otterrà
+specificando come valore del parametro \param{name} il nome ottenuto
+aggiungendo \code{\_SC\_} ai nomi delle macro definite dai primi due, o
+sostituendolo a \code{\_POSIX\_} per le macro definite dagli gli altri due.
+
+In generale si dovrebbe fare uso di \func{sysconf} solo quando la relativa
+macro non è definita, quindi con un codice analogo al seguente:
+%\footnotesize
+\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
+get_child_max(void)
+{
+#ifdef CHILD_MAX
+ return CHILD_MAX;
+#else
+ int val = sysconf(_SC_CHILD_MAX);
+ if (val < 0) {
+ perror("fatal error");
+ exit(-1);
+ }
+ return val;
+}
+\end{lstlisting}
+%\normalsize
+ma in realtà in Linux queste macro sono comunque definite, indicando però un
+limite generico. Per questo motivo è sempre meglio usare i valori restituiti
+da \func{sysconf}.
+
+
+\subsection{I limiti dei file}
+\label{sec:sys_file_limits}
+
+Come per le caratteristiche generali del sistema anche per i file esistono una
+serie di limiti (come la lunghezza del nome del file o il numero massimo di
+link) che dipendono sia dall'implementazione che dal filesystem in uso; anche
+in questo caso lo standard prevede alcune macro che ne specificano il valore,
+riportate in \tabref{tab:sys_file_macro}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \footnotesize
+ \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
+ \hline
+ \textbf{Macro}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{LINK\_MAX} &8 & numero massimo di link a un file\\
+ \macro{NAME\_MAX}& 14 & lunghezza in byte di un nome di file. \\
+ \macro{PATH\_MAX}& 256 & lunghezza in byte di un pathname.\\
+ \macro{PIPE\_BUF}&4096 & byte scrivibili atomicamente in una pipe
+ (vedi \secref{sec:ipc_pipes}).\\
+ \macro{MAX\_CANON}&255 & dimensione di una riga di terminale in modo
+ canonico (vedi \secref{sec:term_design}).\\
+ \macro{MAX\_INPUT}&255 & spazio disponibile nella coda di input
+ del terminale (vedi \secref{sec:term_design}).\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Macro per i limiti sulle caratteristiche dei file.}
+ \label{tab:sys_file_macro}
+\end{table}
+
+Come per i limiti di sistema, lo standard POSIX.1 detta una serie di valori
+minimi anche per queste caratteristiche, che ogni sistema che vuole essere
+conforme deve rispettare; le relative macro sono riportate in
+\tabref{tab:sys_posix1_file}, e per esse vale lo stesso discorso fatto per le
+analoghe di \tabref{tab:sys_posix1_general}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \footnotesize
+ \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
+ \hline
+ \textbf{Macro}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{\_POSIX\_LINK\_MAX} &8 & numero massimo di link a un file.\\
+ \macro{\_POSIX\_NAME\_MAX}& 14 & lunghezza in byte di un nome di file. \\
+ \macro{\_POSIX\_PATH\_MAX}& 256 & lunghezza in byte di un pathname.\\
+ \macro{\_POSIX\_PIPE\_BUF}& 512 & byte scrivibili atomicamente in una
+ pipe.\\
+ \macro{\_POSIX\_MAX\_CANON}&255 & dimensione di una riga di
+ terminale in modo canonico.\\
+ \macro{\_POSIX\_MAX\_INPUT}&255 & spazio disponibile nella coda di input
+ del terminale.\\
+% \macro{\_POSIX\_MQ\_OPEN\_MAX}& 8& \\
+% \macro{\_POSIX\_MQ\_PRIO\_MAX}& 32& \\
+% \macro{\_POSIX\_FD\_SETSIZE}& 16 & \\
+% \macro{\_POSIX\_DELAYTIMER\_MAX}& 32 & \\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Macro dei valori minimi delle caratteristiche dei file per la
+ conformità allo standard POSIX.1.}
+ \label{tab:sys_posix1_file}
+\end{table}
+
+Tutti questi limiti sono definiti in \file{limits.h}; come nel caso precedente
+il loro uso è di scarsa utilità in quanto ampiamente superati in tutte le
+implementazioni moderne.
+
+
+\subsection{La funzione \func{pathconf}}
+\label{sec:sys_pathconf}
+
+In generale i limiti per i file sono molto più soggetti ad essere variabili
+rispetto ai limiti generali del sistema; ad esempio parametri come la
+lunghezza del nome del file o il numero di link possono variare da filesystem
+a filesystem; per questo motivo questi limiti devono essere sempre controllati
+con la funzione \func{pathconf}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{long pathconf(char *path, int name)}
+ Restituisce il valore del parametro \param{name} per il file \param{path}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce indietro il valore del parametro
+ richiesto, o -1 in caso di errore (ed \var{errno} viene impostata ad uno
+ degli errori possibili relativi all'accesso a \param{path}).}
+\end{prototype}
+
+E si noti come la funzione in questo caso richieda un parametro che specifichi
+a quale file si fa riferimento, dato che il valore del limite cercato può
+variare a seconda del filesystem. Una seconda versione della funzione,
+\func{fpathconf}, opera su un file descriptor invece che su un pathname. Il
+suo prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{long fpathconf(int fd, int name)}
+ Restituisce il valore del parametro \param{name} per il file \param{fd}.
+
+ \bodydesc{È identica a \func{pathconf} solo che utilizza un file descriptor
+ invece di un pathname; pertanto gli errori restituiti cambiano di
+ conseguenza.}
+\end{prototype}
+\noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{pathconf}.
+
+
+\subsection{La funzione \func{uname}}
+\label{sec:sys_uname}
+
+Un'altra funzione che si può utilizzare per raccogliere informazioni sia
+riguardo al sistema che al computer su cui esso sta girando è \func{uname}; il
+suo prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/utsname.h}{int uname(struct utsname *info)}
+ Restituisce informazioni sul sistema nella struttura \param{info}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \macro{EFAULT}.}
+\end{prototype}
+
+La funzione, che viene usata dal comando \cmd{uname}, restituisce le
+informazioni richieste nella struttura \param{info}; anche questa struttura è
+definita in \file{sys/utsname.h}, secondo quanto mostrato in
+\secref{fig:sys_utsname}, e le informazioni memorizzate nei suoi membri
+indicano rispettivamente:
+\begin{itemize*}
+\item il nome del sistema operativo;
+\item il nome della release del kernel;
+\item il nome della versione del kernel;
+\item il tipo di macchina in uso;
+\item il nome della stazione;
+\item il nome del domino.
+\end{itemize*}
+l'ultima informazione è stata aggiunta di recente e non è prevista dallo
+standard POSIX, essa è accessibile, come mostrato in \figref{fig:sys_utsname},
+solo definendo \macro{\_GNU\_SOURCE}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct utsname {
+ char sysname[];
+ char nodename[];
+ char release[];
+ char version[];
+ char machine[];
+#ifdef _GNU_SOURCE
+ char domainname[];
+#endif
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{utsname}.}
+ \label{fig:sys_utsname}
+\end{figure}
+
+In generale si tenga presente che le dimensioni delle stringe di una
+\var{utsname} non è specificata, e che esse sono sempre terminate con
+\macro{NULL}; il manuale delle \acr{glibc} indica due diverse dimensioni,
+\macro{\_UTSNAME\_LENGTH} per i campi standard e
+\macro{\_UTSNAME\_DOMAIN\_LENGTH} per quello specifico per il nome di dominio;
+altri sistemi usano nomi diversi come \macro{SYS\_NMLN} o \macro{\_SYS\_NMLN}
+o \macro{UTSLEN} che possono avere valori diversi.\footnote{Nel caso di Linux
+\func{uname} corrisponde in realtà a 3 system call diverse, le prime due usano
+rispettivamente delle lunghezze delle stringhe di 9 e 65 byte; la terza usa
+anch'essa 65 byte, ma restituisce anche l'ultimo campo, \var{domainname}, con
+una lunghezza di 257 byte.}
+
+
+\section{Opzioni e configurazione del sistema}
+\label{sec:sys_config}
+
+Come abbiamo accennato nella sezione precedente, non tutti i limiti che
+caratterizzano il sistema sono fissi, o perlomeno non lo sono in tutte le
+implementazioni. Finora abbiamo visto come si può fare per leggerli, ci manca
+di esaminare il meccanismo che permette, quando questi possono variare durante
+l'esecuzione del sistema, di modificarli.
+
+Inoltre, al di la di quelli che possono essere limiti caratteristici previsti
+da uno standard, ogni sistema può avere una sua serie di altri parametri di
+configurazione, che, non essendo mai fissi e variando da sistema a sistema,
+non sono stati inclusi nella standardizzazione della sezione precedente. Per
+questi occorre, oltre al meccanismo di impostazione, pure un meccanismo di
+lettura. Affronteremo questi argomenti in questa sezione, insieme alle
+funzioni che si usano per il controllo di altre caratteristiche generali del
+sistema, come quelle per la gestione dei filesystem e di utenti e gruppi.
+
+
+\subsection{La funzione \func{sysctl} ed il filesystem \file{/proc}}
+\label{sec:sys_sysctl}
+
+La funzione che permette la lettura ed l'impostazione dei parametri del
+sistema è \func{sysctl}; è una funzione derivata da BSD4.4, ma
+l'implementazione è specifica di Linux; il suo prototipo è:
+\begin{functions}
+\headdecl{unistd.h}
+\funcdecl{int sysctl(int *name, int nlen, void *oldval, size\_t *oldlenp, void
+ *newval, size\_t newlen)}
+
+Legge o scrive uno dei parametri di sistema.
+
+\bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EPERM}] non si ha il permesso di accedere ad uno dei componenti
+ nel cammino specificato per il parametro, o di accedere al parametro nella
+ modalità scelta.
+ \item[\macro{ENOTDIR}] non esiste un parametro corrispondente al nome
+ \param{name}.
+% \item[\macro{EFAULT}] si è specificato \param{oldlenp} zero quando
+% \param{oldval} è non nullo.
+ \item[\macro{EINVAL}] o si è specificato un valore non valido per il
+ parametro che si vuole impostare o lo spazio provvisto per il ritorno di un
+ valore non è delle giuste dimensioni.
+ \item[\macro{ENOMEM}] talvolta viene usato più correttamente questo errore
+ quando non si è specificato sufficiente spazio per ricevere il valore di un
+ parametro.
+ \end{errlist}
+ ed inoltre \macro{EFAULT}.
+}
+\end{functions}
+
+I parametri a cui la funzione permettere di accedere sono organizzati in
+maniera gerarchica all'interno un albero;\footnote{si tenga presente che
+ includendo solo \file{unistd.h}, saranno definiti solo i parametri generici;
+ dato che ce ne sono molti specifici dell'implementazione, nel caso di Linux
+ occorrerà includere anche i file \file{linux/unistd.h} e
+ \file{linux/sysctl.h}.} per accedere ad uno di essi occorre specificare un
+cammino attraverso i vari nodi dell'albero, in maniera analoga a come avviene
+per la risoluzione di un pathname (da cui l'uso alternativo del filesystem
+\file{/proc}, che vedremo dopo).
+
+Ciascun nodo dell'albero è identificato da un valore intero, ed il cammino che
+arriva ad identificare un parametro specifico è passato alla funzione
+attraverso l'array \param{name}, di lunghezza \param{nlen}, che contiene la
+sequenza dei vari nodi da attraversare. Ogni parametro ha un valore in un
+formato specifico che può essere un intero, una stringa o anche una struttura
+complessa, per questo motivo il valori vengono passati come puntatori
+\ctyp{void}.
+
+L'indirizzo a cui il valore corrente del parametro deve essere letto è
+specificato da \param{oldvalue}, e lo spazio ivi disponibile è specificato da
+\param{oldlenp} (passato come puntatore per avere indietro la dimensione
+effettiva di quanto letto); il valore che si vuole impostare nel sistema è
+passato in \param{newval} e la sua dimensione in \param{newlen}.
+
+Si può effettuare anche una lettura e scrittura simultanea, nel qual caso il
+valore letto restituito dalla funzione è quello precedente alla scrittura.
+
+I parametri accessibili attraverso questa funzione sono moltissimi, e possono
+essere trovati in \file{sysctl.h}, essi inoltre dipendono anche dallo stato
+corrente del kernel (ad esempio dai moduli che sono stati caricati nel
+sistema) e in genere i loro nomi possono variare da una versione di kernel
+all'altra; per questo è sempre il caso di evitare l'uso di \func{sysctl}
+quando esistono modalità alternative per ottenere le stesse informazioni.
+Alcuni esempi di parametri ottenibili sono:
+\begin{itemize*}
+\item il nome di dominio
+\item i parametri del meccanismo di \textit{paging}.
+\item il filesystem montato come radice
+\item la data di compilazione del kernel
+\item i parametri dello stack TCP
+\item il numero massimo di file aperti
+\end{itemize*}
+
+Come accennato in Linux si ha una modalità alternativa per accedere alle
+stesse informazioni di \func{sysctl} attraverso l'uso del filesystem
+\file{/proc}. Questo è un filesystem virtuale, generato direttamente dal
+kernel, che non fa riferimento a nessun dispositivo fisico, ma presenta in
+forma di file alcune delle strutture interne del kernel stesso.
+
+In particolare l'albero dei valori di \func{sysctl} viene presentato in forma
+di file nella directory \file{/proc/sys}, cosicché è possibile accedervi
+specificando un pathname e leggendo e scrivendo sul file corrispondente al
+parametro scelto. Il kernel si occupa di generare al volo il contenuto ed i
+nomi dei file corrispondenti, e questo ha il grande vantaggio di rendere
+accessibili i vari parametri a qualunque comando di shell e di permettere la
+navigazione dell'albero dei valori.
+
+Alcune delle corrispondenze dei file presenti in \file{/proc/sys} con i valori
+di \func{sysctl} sono riportate nei commenti del codice che può essere trovato
+in \file{linux/sysctl.h},\footnote{indicando un file di definizioni si fa
+ riferimento alla directory standard dei file di include, che in ogni
+ distribuzione che si rispetti è \file{/usr/include}.} la informazione
+disponibile in \file{/proc/sys} è riportata inoltre nella documentazione
+inclusa nei sorgenti del kernel, nella directory \file{Documentation/sysctl}.
+
+Ma oltre alle informazioni ottenibili da \func{sysctl} dentro \file{proc}
+sono disponibili moltissime altre informazioni, fra cui ad esempio anche
+quelle fornite da \func{uname} (vedi \secref{sec:sys_config}) che sono
+mantenute nei file \file{ostype}, \file{hostname}, \file{osrelease},
+\file{version} e \file{domainname} di \file{/proc/kernel/}.
+
+
+
+\subsection{La gestione delle proprietà dei filesystem}
+\label{sec:sys_file_config}
+
+Come accennato in \secref{sec:file_organization} per poter accedere ai file
+occorre prima rendere disponibile al sistema il filesystem su cui essi sono
+memorizzati; l'operazione di attivazione del filesystem è chiamata
+\textsl{montaggio}, per far questo in Linux\footnote{la funzione è specifica
+ di Linux e non è portabile.} si usa la funzione \func{mount} il cui prototipo
+è:
+\begin{prototype}{sys/mount.h}
+{mount(const char *source, const char *target, const char *filesystemtype,
+ unsigned long mountflags, const void *data)}
+
+Monta il filesystem di tipo \param{filesystemtype} contenuto in \param{source}
+sulla directory \param{target}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ fallimento, nel qual caso gli errori comuni a tutti i filesystem che possono
+ essere restituiti in \var{errno} sono:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
+ \item[\macro{ENODEV}] \param{filesystemtype} non esiste o non è configurato
+ nel kernel.
+ \item[\macro{ENOTBLK}] non si è usato un \textit{block device} per
+ \param{source} quando era richiesto.
+ \item[\macro{EBUSY}] \param{source} è già montato, o non può essere
+ rimontato in read-only perché ci sono ancora file aperti in scrittura, o
+ \param{target} è ancora in uso.
+ \item[\macro{EINVAL}] il device \param{source} presenta un
+ \textit{superblock} non valido, o si è cercato di rimontare un filesystem
+ non ancora montato, o di montarlo senza che \param{target} sia un
+ \textit{mount point} o di spostarlo quando \param{target} non è un
+ \textit{mount point} o è \file{/}.
+ \item[\macro{EACCES}] non si ha il permesso di accesso su uno dei componenti
+ del pathname, o si è cercato di montare un filesystem disponibile in sola
+ lettura senza averlo specificato o il device \param{source} è su un
+ filesystem montato con l'opzione \macro{MS\_NODEV}.
+ \item[\macro{ENXIO}] il \textit{major number} del device \param{source} è
+ sbagliato.
+ \item[\macro{EMFILE}] la tabella dei device \textit{dummy} è piena.
+ \end{errlist}
+ ed inoltre \macro{ENOTDIR}, \macro{EFAULT}, \macro{ENOMEM},
+ \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT} o \macro{ELOOP}.}
+\end{prototype}
+
+La funzione monta sulla directory \param{target}, detta \textit{mount point},
+il filesystem contenuto in \param{source}. In generale un filesystem è
+contenuto su un disco, e l'operazione di montaggio corrisponde a rendere
+visibile al sistema il contenuto del suddetto disco, identificato attraverso
+il file di dispositivo ad esso associato.
+
+Ma la struttura del virtual filesystem vista in \secref{sec:file_vfs} è molto
+più flessibile e può essere usata anche per oggetti diversi da un disco. Ad
+esempio usando il \textit{loop device} si può montare un file qualunque (come
+l'immagine di un CD-ROM o di un floppy) che contiene un filesystem, inoltre
+alcuni filesystem, come \file{proc} o \file{devfs} sono del tutto virtuali, i
+loro dati sono generati al volo ad ogni lettura, e passati al kernel ad ogni
+scrittura.
+
+Il tipo di filesystem è specificato da \param{filesystemtype}, che deve essere
+una delle stringhe riportate nel file \file{/proc/filesystems}, che contiene
+l'elenco dei filesystem supportati dal kernel; nel caso si sia indicato uno
+dei filesystem virtuali, il contenuto di \param{source} viene ignorato.
+
+Dopo l'esecuzione della funzione il contenuto del filesystem viene resto
+disponibile nella directory specificata come \textit{mount point}, il
+precedente contenuto di detta directory viene mascherato dal contenuto della
+directory radice del filesystem montato.
+
+Dal kernel 2.4.x inoltre è divenuto possibile sia spostare atomicamente un
+\textit{mount point} da una directory ad un'altra, sia montare in diversi
+\textit{mount point} lo stesso filesystem, sia montare più filesystem sullo
+stesso \textit{mount point} (nel qual caso vale quanto appena detto, e solo il
+contenuto dell'ultimo filesystem montato sarà visibile).
+
+Ciascun filesystem è dotato di caratteristiche specifiche che possono essere
+attivate o meno, alcune di queste sono generali (anche se non è detto siano
+disponibili in ogni filesystem), e vengono specificate come opzioni di
+montaggio con l'argomento \param{mountflags}.
+
+In Linux \param{mountflags} deve essere un intero a 32 bit i cui 16 più
+significativi sono un \textit{magic number}\footnote{cioè un numero speciale
+ usato come identificativo, che nel caso è \code{0xC0ED}; si può usare la
+ costante \macro{MS\_MGC\_MSK} per ottenere la parte di \param{mountflags}
+ riservata al \textit{magic number}.} mentre i 16 meno significativi sono
+usati per specificare le opzioni; essi sono usati come maschera binaria e
+vanno impostati con un OR aritmetico della costante \macro{MS\_MGC\_VAL} con i
+valori riportati in \tabref{tab:sys_mount_flags}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|r|l|}
+ \hline
+ \textbf{Parametro} & \textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{MS\_RDONLY} & 1 & monta in sola lettura\\
+ \macro{MS\_NOSUID} & 2 & ignora i bit \acr{suid} e \acr{sgid}\\
+ \macro{MS\_NODEV} & 4 & impedisce l'accesso ai file di dispositivo\\
+ \macro{MS\_NOEXEC} & 8 & impedisce di eseguire programmi \\
+ \macro{MS\_SYNCHRONOUS}& 16 & abilita la scrittura sincrona \\
+ \macro{MS\_REMOUNT} & 32 & rimonta il filesystem cambiando i flag\\
+ \macro{MS\_MANDLOCK} & 64 & consente il \textit{mandatory locking} (vedi
+ \secref{sec:file_mand_locking})\\
+ \macro{S\_WRITE} & 128 & scrive normalmente \\
+ \macro{S\_APPEND} & 256 & consente la scrittura solo in \textit{append
+ mode} (vedi \secref{sec:file_sharing})\\
+ \macro{S\_IMMUTABLE} & 512 & impedisce che si possano modificare i file \\
+ \macro{MS\_NOATIME} &1024 & non aggiorna gli \textit{access time} (vedi
+ \secref{sec:file_file_times})\\
+ \macro{MS\_NODIRATIME}&2048 & non aggiorna gli \textit{access time} delle
+ directory\\
+ \macro{MS\_BIND} &4096 & monta il filesystem altrove\\
+ \macro{MS\_MOVE} &8192 & sposta atomicamente il punto di montaggio \\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Tabella dei codici dei flag di montaggio di un filesystem.}
+ \label{tab:sys_mount_flags}
+\end{table}
+
+Per l'impostazione delle caratteristiche particolari di ciascun filesystem si
+usa invece l'argomento \param{data} che serve per passare le ulteriori
+informazioni necessarie, che ovviamente variano da filesystem a filesystem.
+
+La funzione \func{mount} può essere utilizzata anche per effettuare il
+\textsl{rimontaggio} di un filesystem, cosa che permette di cambiarne al volo
+alcune delle caratteristiche di funzionamento (ad esempio passare da sola
+lettura a lettura/scrittura). Questa operazione è attivata attraverso uno dei
+bit di \param{mountflags}, \macro{MS\_REMOUNT}, che se impostato specifica che
+deve essere effettuato il rimontaggio del filesystem (con le opzioni
+specificate dagli altri bit), anche in questo caso il valore di \param{source}
+viene ignorato.
+
+Una volta che non si voglia più utilizzare un certo filesystem è possibile
+\textsl{smontarlo} usando la funzione \func{umount}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/mount.h}{umount(const char *target)}
+
+ Smonta il filesystem montato sulla directory \param{target}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
+ \item[\macro{EBUSY}] \param{target} è la directory di lavoro di qualche
+ processo, o contiene dei file aperti, o un altro mount point.
+ \end{errlist}
+ ed inoltre \macro{ENOTDIR}, \macro{EFAULT}, \macro{ENOMEM},
+ \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT} o \macro{ELOOP}.}
+\end{prototype}
+\noindent la funzione prende il nome della directory su cui il filesystem è
+montato e non il file o il dispositivo che è stato montato,\footnote{questo è
+ vero a partire dal kernel 2.3.99-pre7, prima esistevano due chiamate
+ separate e la funzione poteva essere usata anche specificando il file di
+ dispositivo.} in quanto con il kernel 2.4.x è possibile montare lo stesso
+dispositivo in più punti. Nel caso più di un filesystem sia stato montato
+sullo stesso \textit{mount point} viene smontato quello che è stato montato
+per ultimo.
+
+Si tenga presente che la funzione fallisce quando il filesystem è
+\textsl{occupato}, questo avviene quando ci sono ancora file aperti sul
+filesystem, se questo contiene la directory di lavoro corrente di un qualunque
+processo o il mount point di un altro filesystem; in questo caso l'errore
+restituito è \macro{EBUSY}.
+
+Linux provvede inoltre una seconda funzione, \func{umount2}, che in alcuni
+casi permette di forzare lo smontaggio di un filesystem, anche quando questo
+risulti occupato; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/mount.h}{umount2(const char *target, int flags)}
+
+ La funzione è identica a \func{umount} per comportamento e codici di errore,
+ ma con \param{flags} si può specificare se forzare lo smontaggio.
+\end{prototype}
+
+Il valore di \param{flags} è una maschera binaria, e al momento l'unico valore
+definito è il bit \macro{MNT\_FORCE}; gli altri bit devono essere nulli.
+Specificando \macro{MNT\_FORCE} la funzione cercherà di liberare il filesystem
+anche se è occupato per via di una delle condizioni descritte in precedenza. A
+seconda del tipo di filesystem alcune (o tutte) possono essere superate,
+evitando l'errore di \macro{EBUSY}. In tutti i casi prima dello smontaggio
+viene eseguita una sincronizzazione dei dati.
+
+Altre due funzioni specifiche di Linux,\footnote{esse si trovano anche su BSD,
+ ma con una struttura diversa.} utili per ottenere in maniera diretta
+informazioni riguardo al filesystem su cui si trova un certo file, sono
+\func{statfs} e \func{fstatfs}, i cui prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/vfs.h}
+ \funcdecl{int statfs(const char *path, struct statfs *buf)}
+
+ \funcdecl{int fstatfs(int fd, struct statfs *buf)}
+
+ Restituisce in \param{buf} le informazioni relative al filesystem su cui è
+ posto il file specificato.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{ENOSYS}] il filesystem su cui si trova il file specificato non
+ supporta la funzione.
+ \end{errlist}
+ e \macro{EFAULT} ed \macro{EIO} per entrambe, \macro{EBADF} per
+ \func{fstatfs}, \macro{ENOTDIR}, \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT},
+ \macro{EACCES}, \macro{ELOOP} per \func{statfs}.}
+\end{functions}
+
+Queste funzioni permettono di ottenere una serie di informazioni generali
+riguardo al filesystem su cui si trova il file specificato; queste vengono
+restituite una struttura \param{buf} di tipo \type{statfs} definita come in
+\ref{fig:sys_statfs}, ed i campi che sono indefiniti per il filesystem in
+esame sono impostati a zero. I valori del campo \var{f\_type} sono definiti
+per i vari filesystem nei relativi file di header dei sorgenti del kernel da
+costanti del tipo \macro{XXX\_SUPER\_MAGIC}, dove \macro{XXX} in genere è il
+nome del filesystem stesso.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct statfs {
+ long f_type; /* tipo di filesystem */
+ long f_bsize; /* dimensione ottimale dei blocchi di I/O */
+ long f_blocks; /* blocchi totali nel filesystem */
+ long f_bfree; /* blocchi liberi nel filesystem */
+ long f_bavail; /* blocchi liberi agli utenti normali */
+ long f_files; /* inodes totali nel filesystem */
+ long f_ffree; /* inodes liberi nel filesystem */
+ fsid_t f_fsid; /* filesystem id */
+ long f_namelen; /* lunghezza massima dei nomi dei file */
+ long f_spare[6]; /* riservati per uso futuro */
+};
+\end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{statfs}.}
+ \label{fig:sys_statfs}
+\end{figure}
+
+
+Le \acr{glibc} provvedono infine una serie di funzioni per la gestione dei due
+file \file{/etc/fstab} ed \file{/etc/mtab}, che convenzionalmente sono usati in
+quasi tutti i sistemi unix-like per mantenere rispettivamente le informazioni
+riguardo ai filesystem da montare e a quelli correntemente montati. Le
+funzioni servono a leggere il contenuto di questi file in opportune strutture
+\var{struct fstab} e \var{struct mntent}, e, per \file{/etc/mtab} per inserire
+e rimuovere le voci presenti nel file.
+
+In generale si dovrebbero usare queste funzioni (in particolare quelle
+relative a \file{/etc/mtab}), quando si debba scrivere un programma che
+effettua il montaggio di un filesystem; in realtà in questi casi è molto più
+semplice invocare direttamente il programma \cmd{mount}, per cui ne
+tralasceremo la trattazione, rimandando al manuale delle \acr{glibc}
+\cite{glibc} per la documentazione completa.
+
+
+\subsection{La gestione di utenti e gruppi}
+\label{sec:sys_user_group}
+
+Tradizionalmente l'informazione per la gestione di utenti e gruppi veniva
+tenuta tutta nei due file di testo \file{/etc/passwd} ed \file{/etc/group}, e
+tutte le funzioni facevano riferimento ad essi. Oggi la maggior parte delle
+distribuzioni di Linux usa la libreria PAM (sigla che sta \textit{Pluggable
+ Authentication Method}) che permette di separare completamente i meccanismi
+di gestione degli utenti (autenticazione, riconoscimento, ecc.) dalle modalità
+in cui i relativi dati vengono mantenuti, per cui pur restando in gran parte
+le stesse\footnote{in genere quello che viene cambiato è l'informazione usata
+ per l'autenticazione, che non è più necessariamente una password criptata da
+ verificare, ma può assumere le forme più diverse, come impronte digitali,
+ chiavi elettroniche, ecc.}, le informazioni non sono più necessariamente
+mantenute in quei file.
+
+In questo paragrafo ci limiteremo comunque alle funzioni classiche per la
+lettura delle informazioni relative a utenti e gruppi previste dallo standard
+POSIX.1, che fanno riferimento a quanto memorizzato nei due file appena
+citati, il cui formato è descritto dalle relative pagine del manuale (cioè
+\cmd{man 5 passwd} e \cmd{man 5 group}).
+
+Per leggere le informazioni relative ad un utente si possono usare due
+funzioni, \func{getpwuid} e \func{getpwnam}, i cui prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{pwd.h}
+ \headdecl{sys/types.h}
+ \funcdecl{struct passwd *getpwuid(uid\_t uid)}
+
+ \funcdecl{struct passwd *getpwnam(const char *name)}
+
+ Restituiscono le informazioni relative all'utente specificato.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano il puntatore alla struttura contenente le
+ informazioni in caso di successo e \macro{NULL} nel caso non sia stato
+ trovato nessun utente corrispondente a quanto specificato.}
+\end{functions}
+
+Le due funzioni forniscono le informazioni memorizzate nel database degli
+utenti (che nelle versioni più recenti possono essere ottenute attraverso PAM)
+relative all'utente specificato attraverso il suo \acr{uid} o il nome di
+login. Entrambe le funzioni restituiscono un puntatore ad una struttura di
+tipo \type{passwd} la cui definizione (anch'essa eseguita in \file{pwd.h}) è
+riportata in \figref{fig:sys_passwd_struct}, dove è pure brevemente illustrato
+il significato dei vari campi.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct passwd {
+ char *pw_name; /* user name */
+ char *pw_passwd; /* user password */
+ uid_t pw_uid; /* user id */
+ gid_t pw_gid; /* group id */
+ char *pw_gecos; /* real name */
+ char *pw_dir; /* home directory */
+ char *pw_shell; /* shell program */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{passwd} contenente le informazioni relative ad un
+ utente del sistema.}
+ \label{fig:sys_passwd_struct}
+\end{figure}
+
+La struttura usata da entrambe le funzioni è allocata staticamente, per questo
+motivo viene sovrascritta ad ogni nuova invocazione, lo stesso dicasi per la
+memoria dove sono scritte le stringhe a cui i puntatori in essa contenuti
+fanno riferimento. Ovviamente questo implica che dette funzioni non possono
+essere rientranti, per cui ne esistono anche due versioni alternative
+(denotate dalla solita estensione \code{\_r}), i cui prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{pwd.h}
+
+ \headdecl{sys/types.h}
+
+ \funcdecl{struct passwd *getpwuid\_r(uid\_t uid, struct passwd *password,
+ char *buffer, size\_t buflen, struct passwd **result)}
+
+ \funcdecl{struct passwd *getpwnam\_r(const char *name, struct passwd
+ *password, char *buffer, size\_t buflen, struct passwd **result)}
+
+ Restituiscono le informazioni relative all'utente specificato.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e un codice d'errore
+ altrimenti, nel qual caso \var{errno} sarà impostata opportunamente.}
+\end{functions}
+
+In questo caso l'uso è molto più complesso, in quanto bisogna prima allocare
+la memoria necessaria a contenere le informazioni. In particolare i valori
+della struttura \var{passwd} saranno restituiti all'indirizzo \param{password}
+mentre la memoria allocata all'indirizzo \param{buffer}, per un massimo di
+\param{buflen} byte, sarà utilizzata per contenere le stringhe puntate dai
+campi di \param{password}. Infine all'indirizzo puntato da \param{result}
+viene restituito il puntatore ai dati ottenuti, cioè \param{buffer} nel caso
+l'utente esista, o \macro{NULL} altrimenti. Qualora i dati non possano essere
+contenuti nei byte specificati da \param{buflen}, la funzione fallirà
+restituendo \macro{ERANGE} (e \param{result} sarà comunque impostato a
+\macro{NULL}).
+
+Del tutto analoghe alle precedenti sono le funzioni \func{getgrnam} e
+\func{getgrgid} (e le relative analoghe rientranti con la stessa estensione
+\code{\_r}) che permettono di leggere le informazioni relative ai gruppi, i
+loro prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{grp.h}
+ \headdecl{sys/types.h}
+
+ \funcdecl{struct group *getgrgid(gid\_t gid)}
+
+ \funcdecl{struct group *getgrnam(const char *name)}
+
+ \funcdecl{struct group *getpwuid\_r(gid\_t gid, struct group *password,
+ char *buffer, size\_t buflen, struct group **result)}
+
+ \funcdecl{struct group *getpwnam\_r(const char *name, struct group
+ *password, char *buffer, size\_t buflen, struct group **result)}
+
+ Restituiscono le informazioni relative al gruppo specificato.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e un codice d'errore
+ altrimenti, nel qual caso \var{errno} sarà impostata opportunamente.}
+\end{functions}
+
+Il comportamento di tutte queste funzioni è assolutamente identico alle
+precedenti che leggono le informazioni sugli utenti, l'unica differenza è che
+in questo caso le informazioni vengono restituite in una struttura di tipo
+\type{group}, la cui definizione è riportata in \figref{fig:sys_group_struct}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct group {
+ char *gr_name; /* group name */
+ char *gr_passwd; /* group password */
+ gid_t gr_gid; /* group id */
+ char **gr_mem; /* group members */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{group} contenente le informazioni relative ad un
+ gruppo del sistema.}
+ \label{fig:sys_group_struct}
+\end{figure}
+
+Le funzioni viste finora sono in grado di leggere le informazioni sia dal file
+delle password in \file{/etc/passwd} che con qualunque altro metodo sia stato
+utilizzato per mantenere il database degli utenti. Non permettono però di
+impostare direttamente le password; questo è possibile con un'altra interfaccia
+al database degli utenti, derivata da SVID, che però funziona soltanto con un
+database che sia tenuto su un file che abbia il formato classico di
+\file{/etc/passwd}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Funzione} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \func{fgetpwent} & Legge una voce dal database utenti da un file
+ specificato aprendolo la prima volta.\\
+ \func{fgetpwent\_r}& Come la precedente, ma rientrante.\\
+ \func{getpwent} & Legge una voce dal database utenti (da
+ \file{/etc/passwd}) aprendolo la prima volta.\\
+ \func{getpwent\_r} & Come la precedente, ma rientrante.\\
+ \func{setpwent} & Ritorna all'inizio del database.\\
+ \func{putpwent} & Immette una voce nel database utenti.\\
+ \func{endpwent} & Chiude il database degli utenti.\\
+ \func{fgetgrent} & Legge una voce dal database dei gruppi da un file
+ specificato aprendolo la prima volta.\\
+ \func{fgetgrent\_r}& Come la precedente, ma rientrante.\\
+ \func{getgrent} & Legge una voce dal database dei gruppi (da
+ \file{/etc/passwd}) aprendolo la prima volta.\\
+ \func{getgrent\_r} & Come la precedente, ma rientrante.\\
+ \func{setgrent} & Immette una voce nel database dei gruppi.\\
+ \func{putgrent} & Immette una voce nel database dei gruppi.\\
+ \func{endgrent} & Chiude il database dei gruppi.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Funzioni per la manipolazione dei campi di un file usato come
+ database di utenti e gruppi nel formato di \file{/etc/passwd} e
+ \file{/etc/groups}.}
+ \label{tab:sys_passwd_func}
+\end{table}
+
+Dato che ormai la gran parte delle distribuzioni di Linux utilizzano PAM, che
+come minimo usa almeno le \textit{shadow password} (quindi con delle modifiche
+rispetto al formato classico di \file{/etc/passwd}), le funzioni che danno la
+capacità scrivere delle voci nel database (cioè \func{putpwent} e
+\func{putgrent}) non permettono di effettuarne una specificazione in maniera
+completa. Per questo motivo l'uso di queste funzioni è deprecato in favore
+dell'uso di PAM, ci limiteremo pertanto ad elencarle in
+\tabref{tab:sys_passwd_func}, rimandando chi fosse interessato alle rispettive
+pagine di manuale e al manuale delle \acr{glibc} per i dettagli del loro
+funzionamento.
+
+
+
+\subsection{Il database di accounting}
+\label{sec:sys_accounting}
+
+L'ultimo insieme di funzioni relative alla gestione del sistema che
+esamineremo è quello che permette di accedere ai dati del database di
+\textit{accounting}. In esso vengono mantenute una serie di informazioni
+storiche relative sia agli utenti che si sono collegati al sistema, (tanto per
+quelli correntemente collegati, che per la registrazione degli accessi
+precedenti), sia relative all'intero sistema, come il momento di lancio di
+processi da parte di \cmd{init}, il cambiamento dell'orologio di sistema, il
+cambiamento di runlevel o il riavvio della macchina.
+
+I dati vengono usualmente\footnote{questa è la locazione specificata dal
+ \textit{Linux Filesystem Hierarchy Standard}, adottato dalla gran parte
+ delle distribuzioni.} memorizzati nei due file \file{/var/run/utmp} e
+\file{/var/log/wtmp}. Quando un utente si collega viene aggiunta una voce a
+\file{/var/run/utmp} in cui viene memorizzato il nome di login, il terminale
+da cui ci si collega, l'\acr{uid} della shell di login, l'orario della
+connessione ed altre informazioni. La voce resta nel file fino al logout,
+quando viene cancellata e spostata in \file{/var/log/wtmp}.
+
+In questo modo il primo file viene utilizzato per registrare sta utilizzando
+il sistema al momento corrente, mentre il secondo mantiene la registrazione
+delle attività degli utenti. A quest'ultimo vengono anche aggiunte delle voci
+speciali per tenere conto dei cambiamenti del sistema, come la modifica del
+runlevel, il riavvio della macchina, ecc. Tutte queste informazioni sono
+descritte in dettaglio nel manuale delle \acr{glibc}.
+
+Questi file non devono mai essere letti direttamente, ma le informazioni che
+contengono possono essere ricavate attraverso le opportune funzioni di
+libreria. Queste sono analoghe alle precedenti (vedi
+\tabref{tab:sys_passwd_func}) usate per accedere al database degli utenti,
+solo che in questo caso la struttura del database di accounting è molto più
+complessa, dato che contiene diversi tipi di informazione.
+
+Le prime tre funzioni, \func{setutent}, \func{endutent} e \func{utmpname}
+servono rispettivamente a aprire e a chiudere il file che contiene il
+database, e a specificare su quale file esso viene mantenuto. I loro prototipi
+sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{utmp.h}
+
+ \funcdecl{void utmpname(const char *file)} Specifica il file da usare come
+ database di \textit{accounting}.
+
+ \funcdecl{void setutent(void)} Apre il file del database di
+ \textit{accounting}, posizionandosi al suo inizio.
+
+ \funcdecl{void endutent(void)} Chiude il file del database di
+ \textit{accounting}.
+
+ \bodydesc{Le funzioni non ritornano codici di errore.}
+\end{functions}
+
+In caso questo non venga specificato nessun file viene usato il valore
+standard \macro{\_PATH\_UTMP} (che è definito in \file{paths.h}); in genere
+\func{utmpname} prevede due possibili valori:
+\begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
+\item[\macro{\_PATH\_UTMP}] Specifica il database di accounting per gli utenti
+ correntemente collegati.
+\item[\macro{\_PATH\_WTMP}] Specifica il database di accounting per l'archivio
+ storico degli utenti collegati.
+\end{basedescript}
+corrispondenti ai file \file{/var/run/utmp} e \file{/var/log/wtmp} visti in
+precedenza.
+
+Una volta aperto il file si può eseguire una scansione leggendo o scrivendo
+una voce con le funzioni \func{getutent}, \func{getutid}, \func{getutline} e
+\func{pututline}, i cui prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{utmp.h}
+
+ \funcdecl{struct utmp *getutent(void)}
+ Legge una voce dal dalla posizione corrente nel database.
+
+ \funcdecl{struct utmp *getutid(struct utmp *ut)}
+ Ricerca una voce sul database in base al contenuto di \param{ut}.
+
+ \funcdecl{struct utmp *getutline(struct utmp *ut)}
+ Ricerca nel database la prima voce corrispondente ad un processo sulla linea
+ di terminale specificata tramite \param{ut}.
+
+ \funcdecl{struct utmp *pututline(struct utmp *ut)}
+ Scrive una voce nel database.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano il puntatore ad una struttura \var{utmp} in
+ caso di successo e \macro{NULL} in caso di errore.}
+\end{functions}
+
+Tutte queste funzioni fanno riferimento ad una struttura di tipo \var{utmp},
+la cui definizione in Linux è riportata in \secref{fig:sys_utmp_struct}. Le
+prime tre funzioni servono per leggere una voce dal database; \func{getutent}
+legge semplicemente la prima voce disponibile; le altre due permettono di
+eseguire una ricerca.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct utmp
+{
+ short int ut_type; /* Type of login. */
+ pid_t ut_pid; /* Process ID of login process. */
+ char ut_line[UT_LINESIZE]; /* Devicename. */
+ char ut_id[4]; /* Inittab ID. */
+ char ut_user[UT_NAMESIZE]; /* Username. */
+ char ut_host[UT_HOSTSIZE]; /* Hostname for remote login. */
+ struct exit_status ut_exit; /* Exit status of a process marked
+ as DEAD_PROCESS. */
+ long int ut_session; /* Session ID, used for windowing. */
+ struct timeval ut_tv; /* Time entry was made. */
+ int32_t ut_addr_v6[4]; /* Internet address of remote host. */
+ char __unused[20]; /* Reserved for future use. */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{utmp} contenente le informazioni di una voce del
+ database di \textit{accounting}.}
+ \label{fig:sys_utmp_struct}
+\end{figure}
+
+Con \func{getutid} si può cercare una voce specifica, a seconda del valore del
+campo \var{ut\_type} dell'argomento \param{ut}. Questo può assumere i valori
+riportati in \tabref{tab:sys_ut_type}, quando assume i valori
+\macro{RUN\_LVL}, \macro{BOOT\_TIME}, \macro{OLD\_TIME}, \macro{NEW\_TIME},
+verrà restituito la prima voce che corrisponde al tipo determinato; quando
+invece assume i valori \macro{INIT\_PROCESS}, \macro{LOGIN\_PROCESS},
+\macro{USER\_PROCESS} o \macro{DEAD\_PROCESS} verrà restituita la prima voce
+corrispondente al valore del campo \var{ut\_id} specificato in \param{ut}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Funzione} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{EMPTY} & Non contiene informazioni valide. \\
+ \macro{RUN\_LVL} & Identica il runlevel del sistema. \\
+ \macro{BOOT\_TIME} & Identifica il tempo di avvio del sistema \\
+ \macro{OLD\_TIME} & Identifica quando è stato modificato l'orologio di
+ sistema. \\
+ \macro{NEW\_TIME} & Identifica da quanto è stato modificato il
+ sistema. \\
+ \macro{INIT\_PROCESS} & Identifica un processo lanciato da \cmd{init}. \\
+ \macro{LOGIN\_PROCESS}& Identifica un processo di login. \\
+ \macro{USER\_PROCESS} & Identifica un processo utente. \\
+ \macro{DEAD\_PROCESS} & Identifica un processo terminato. \\
+ \macro{ACCOUNTING} & ??? \\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Classificazione delle voci del database di accounting a seconda dei
+ possibili valori del campo \var{ut\_type}.}
+ \label{tab:sys_ut_type}
+\end{table}
+
+La funzione \func{getutline} esegue la ricerca sulle voci che hanno
+\var{ut\_type} uguale a \macro{LOGIN\_PROCESS} o \macro{USER\_PROCESS},
+restituendo la prima che corrisponde al valore di \var{ut\_line}, che
+specifica il device\footnote{espresso senza il \file{/dev/} iniziale.} di
+terminale che interessa. Lo stesso criterio di ricerca è usato da
+\func{pututline} per trovare uno spazio dove inserire la voce specificata,
+qualora non sia trovata la voce viene aggiunta in coda al database.
+
+In generale occorre però tenere conto che queste funzioni non sono
+completamente standardizzate, e che in sistemi diversi possono esserci
+differenze; ad esempio \func{pututline} restituisce \code{void} in vari
+sistemi (compreso Linux, fino alle \acr{libc5}). Qui seguiremo la sintassi
+fornita dalle \acr{glibc}, ma gli standard POSIX 1003.1-2001 e XPG4.2 hanno
+introdotto delle nuove strutture (e relativi file) di tipo \code{utmpx}, che
+sono un sovrainsieme di \code{utmp}.
+
+Le \acr{glibc} utilizzano già una versione estesa di \code{utmp}, che rende
+inutili queste nuove strutture; pertanto esse e le relative funzioni di
+gestione (\func{getutxent}, \func{getutxid}, \func{getutxline},
+\func{pututxline}, \func{setutxent} e \func{endutxent}) sono ridefinite come
+sinonimi delle funzioni appena viste.
+
+Come visto in \secref{sec:sys_user_group}, l'uso di strutture allocate
+staticamente rende le funzioni di lettura non rientranti; per questo motivo le
+\acr{glibc} forniscono anche delle versioni rientranti: \func{getutent\_r},
+\func{getutid\_r}, \func{getutline\_r}, che invece di restituire un puntatore
+restituiscono un intero e prendono due argomenti aggiuntivi. Le funzioni si
+comportano esattamente come le analoghe non rientranti, solo che restituiscono
+il risultato all'indirizzo specificato dal primo argomento aggiuntivo (di tipo
+\code{struct utmp *buffer}) mentre il secondo (di tipo \code{struct utmp
+ **result)} viene usato per restituire il puntatore allo stesso buffer.
+
+Infine le \acr{glibc} forniscono come estensione per la scrittura delle voci
+in \file{wmtp} altre due funzioni, \func{updwtmp} e \func{logwtmp}, i cui
+prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{utmp.h}
+
+ \funcdecl{void updwtmp(const char *wtmp\_file, const struct utmp *ut)}
+ Aggiunge la voce \param{ut} nel database di accounting \file{wmtp}.
+
+ \funcdecl{void logwtmp(const char *line, const char *name, const char
+ *host)} Aggiunge nel database di accounting una voce con i valori
+ specificati.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano il puntatore ad una struttura \var{utmp} in
+ caso di successo e \macro{NULL} in caso di errore.}
+\end{functions}
+
+La prima funzione permette l'aggiunta di una voce a \file{wmtp} specificando
+direttamente una struttura \type{utmp}, mentre la seconda utilizza gli
+argomenti \param{line}, \param{name} e \param{host} per costruire la voce che
+poi aggiunge chiamando \func{updwtmp}.
+
+
+\section{Limitazione ed uso delle risorse}
+\label{sec:sys_res_limits}
+
+
+Dopo aver esaminato le funzioni che permettono di controllare le varie
+caratteristiche, capacità e limiti del sistema a livello globale, in questa
+sezione tratteremo le varie funzioni che vengono usate per quantificare le
+risorse (CPU, memoria, ecc.) utilizzate da ogni singolo processo e quelle che
+permettono di imporre a ciascuno di essi vincoli e limiti di utilizzo.
+
+
+\subsection{L'uso delle risorse}
+\label{sec:sys_resource_use}
+
+Come abbiamo accennato in \secref{sec:proc_wait4} le informazioni riguardo
+l'utilizzo delle risorse da parte di un processo è mantenuto in una struttura
+di tipo \code{struct }\type{rusage}, la cui definizione (che si trova in
+\file{sys/resource.h}) è riportata in \figref{fig:sys_rusage_struct}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct rusage {
+ struct timeval ru_utime; /* user time used */
+ struct timeval ru_stime; /* system time used */
+ long ru_maxrss; /* maximum resident set size */
+ long ru_ixrss; /* integral shared memory size */
+ long ru_idrss; /* integral unshared data size */
+ long ru_isrss; /* integral unshared stack size */
+ long ru_minflt; /* page reclaims */
+ long ru_majflt; /* page faults */
+ long ru_nswap; /* swaps */
+ long ru_inblock; /* block input operations */
+ long ru_oublock; /* block output operations */
+ long ru_msgsnd; /* messages sent */
+ long ru_msgrcv; /* messages received */
+ long ru_nsignals; ; /* signals received */
+ long ru_nvcsw; /* voluntary context switches */
+ long ru_nivcsw; /* involuntary context switches */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{rusage} per la lettura delle informazioni dei
+ delle risorse usate da un processo.}
+ \label{fig:sys_rusage_struct}
+\end{figure}
+
+La struttura è ripresa da BSD 4.3, ma attualmente (con i kernel della serie
+2.4.x) i soli campi che sono mantenuti sono: \var{ru\_utime}, \var{ru\_stime},
+\var{ru\_minflt}, \var{ru\_majflt}, e \var{ru\_nswap}. I primi due indicano
+rispettivamente il tempo impiegato dal processo nell'eseguire le istruzioni in
+user space, e quello impiegato dal kernel nelle system call eseguite per conto
+del processo.
+
+Gli altri tre campi servono a quantificare l'uso della memoria
+virtuale\index{memoria virtuale} e corrispondono rispettivamente al numero di
+\textit{page fault}\index{page fault} (vedi \secref{sec:proc_mem_gen})
+avvenuti senza richiedere I/O (i cosiddetti \textit{minor page fault}), a
+quelli che invece han richiesto I/O (detti invece \textit{major page fault})
+ed al numero di volte che il processo è stato completamente tolto dalla
+memoria per essere inserito nello swap.
+
+In genere includere esplicitamente \file{<sys/time.h>} non è più necessario,
+ma aumenta la portabilità, e serve comunque quando, come nella maggior parte
+dei casi, si debba accedere ai campi di \var{rusage} relativi ai tempi di
+utilizzo del processore, che sono definiti come \code{struct }\type{timeval}.
+
+
+Questa è la stessa struttura utilizzata da \func{wait4} per ricavare la
+quantità di risorse impiegato dal processo di cui si è letto lo stato di
+terminazione, ma essa può anche essere letta direttamente utilizzando la
+funzione \func{getrusage}, il cui prototipo è:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/time.h}
+ \headdecl{sys/resource.h}
+ \headdecl{unistd.h}
+
+ \funcdecl{int getrusage(int who, struct rusage *usage)}
+ Legge la quantità di risorse usate da un processo.
+
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
+ nel qual caso \var{errno} può essere \macro{EINVAL} o \macro{EFAULT}.}
+\end{functions}
+
+L'argomento \param{who} permette di specificare il processo di cui si vuole
+leggere l'uso delle risorse; esso può assumere solo i due valori
+\macro{RUSAGE\_SELF} per indicare il processo corrente e
+\macro{RUSAGE\_CHILDREN} per indicare l'insieme dei processi figli di cui si è
+ricevuto lo stato di terminazione.
+
+
+\subsection{Limiti sulle risorse}
+\label{sec:sys_resource_limit}
+
+Come accennato nell'introduzione oltre a leggere l'uso delle risorse da parte
+di un processo si possono anche imporre dei limiti sulle sue capacità. Ogni
+processo ha in generale due limiti associati ad ogni risorsa; questi sono
+detti il \textsl{limite corrente} (o \textit{current limit}) che esprime il
+valore che attualmente il processo non può superare, ed il \textsl{limite
+ massimo} (o \textit{maximum limit}) che esprime il valore massimo che può
+assumere il \textsl{limite corrente}.
+
+In generale il primo viene chiamato un limite \textsl{soffice} (o \textit{soft
+ limit}) dato che il suo valore può essere aumentato, mentre il secondo è
+detto \textsl{duro} (o \textit{hard limit}), in quanto un processo normale non
+può modificarne il valore. Il valore di questi limiti è mantenuto in una
+struttura \var{rlimit}, la cui definizione è riportata in
+\figref{fig:sys_rlimit_struct}, ed i cui campi corrispondono appunto a limite
+corrente e massimo.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct rlimit {
+ rlim_t rlim_cur;
+ rlim_t rlim_max;
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{rlimit} per impostare i limiti di utilizzo
+ delle risorse usate da un processo.}
+ \label{fig:sys_rlimit_struct}
+\end{figure}
+
+In genere il superamento di un limite comporta o l'emissione di un segnale o
+il fallimento della system call che lo ha provocato; per far leggere o
+impostare i limiti di utilizzo delle risorse da parte di un processo le
+\acr{glibc} prevedono due funzioni, \func{getrlimit} e \func{setrlimit}, i cui
+prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/time.h}
+ \headdecl{sys/resource.h}
+ \headdecl{unistd.h}
+
+ \funcdecl{int getrlimit(int resource, struct rlimit *rlim)}
+
+ Legge il limite corrente per la risorsa \param{resource}.
+
+ \funcdecl{int setrlimit(int resource, const struct rlimit *rlim)}
+
+ Imposta il limite per la risorsa \param{resource}.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EINVAL}] I valori per \param{resource} non sono validi.
+ \item[\macro{EPERM}] Un processo senza i privilegi di amministratore ha
+ cercato di innalzare i propri limiti.
+ \end{errlist}
+ ed \macro{EFAULT}.}
+\end{functions}
+
+Entrambe le funzioni permettono di specificare su quale risorsa si vuole
+operare attraverso \param{resource}, i cui possibili valori sono elencati in
+\secref{tab:sys_rlimit_values}, e utilizzano una struttura \var{rlimit} per
+specificarne i valori.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{12cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{RLIMIT\_CPU} & Il massimo tempo di CPU che il processo può
+ usare. Il superamento del limite comporta
+ l'emissione di un segnale di \macro{SIGXCPU}.\\
+ \macro{RLIMIT\_FSIZE} & La massima dimensione di un file che un processo
+ può usare. Se il processo cerca di scrivere
+ oltre questa dimensione riceverà un segnale di
+ \macro{SIGXFSZ}.\\
+ \macro{RLIMIT\_DATA} & La massima dimensione della memoria dati di un
+ processo. Il tentativo di allocare più memoria
+ causa il fallimento della funzione di
+ allocazione. \\
+ \macro{RLIMIT\_STACK} & La massima dimensione dello stack del
+ processo. Se il processo esegue operazioni che
+ estendano lo stack oltre questa dimensione
+ riceverà un segnale di \macro{SIGSEGV}.\\
+ \macro{RLIMIT\_CORE} & La massima dimensione di un file di \textit{core
+ dump} creato da un processo. Nel caso le
+ dimensioni dovessero essere maggiori il file non
+ verrebbe generato.\footnotemark\\
+ \macro{RLIMIT\_RSS} & L'ammontare massimo di memoria fisica dato al
+ processo. Il limite è solo una indicazione per
+ il kernel, qualora ci fosse un surplus di
+ memoria questa verrebbe assegnata.\\
+ \macro{RLIMIT\_NPROC} & Il numero massimo di processi che possono essere
+ creati sullo stesso user id. Se il limite viene
+ raggiunto \func{fork} fallirà con un
+ \macro{EAGAIN}.\\
+ \macro{RLIMIT\_NOFILE} & Il numero massimo di file che il processo può
+ aprire. L'apertura di un ulteriore file fallirà
+ con un errore \macro{EMFILE}.\\
+ \macro{RLIMIT\_MEMLOCK}& L'ammontare massimo di memoria che può essere
+ bloccata (vedi \secref{sec:proc_mem_lock}).\\
+ \macro{RLIMIT\_AS} & La dimensione massima di tutta la memoria che il
+ processo può ottenere. Se il processo tenta di
+ allocarne di più funzioni come \func{brk},
+ \func{malloc} o \func{mmap} falliranno. \\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori possibili dell'argomento \param{resource} delle funzioni
+ \func{getrlimit} e \func{setrlimit}.}
+ \label{tab:sys_rlimit_values}
+\end{table}
+
+\footnotetext{Impostare questo limite a zero è la maniera più semplice per
+ evitare la creazione di \file{core} file.}
+
+È inoltre definita la costante \macro{RLIM\_INFINITY} che permette di
+sbloccare l'uso di una risorsa, ma solo un processo con i privilegi di
+amministratore può innalzare un limite al di sopra del valore corrente del
+limite massimo. Si tenga conto infine che tutti i limiti vengono ereditati dal
+processo padre attraverso una \func{fork} (vedi \secref{sec:proc_fork}) e
+mantenuti attraverso una \func{exec} (vedi \secref{sec:proc_exec}).
+
+
+\subsection{Le risorse di memoria e processore}
+\label{sec:sys_memory_res}
+
+La gestione della memoria è già stata affrontata in dettaglio in
+\secref{sec:proc_memory}; abbiamo visto allora che il kernel provvede il
+meccanismo della memoria virtuale\index{memoria virtuale} attraverso la
+divisione della memoria fisica in pagine.
+
+In genere questo è del tutto trasparente al singolo processo, ma in certi
+casi, come per l'I/O mappato in memoria (vedi \secref{sec:file_memory_map})
+che usa lo stesso meccanismo per accedere ai file, è necessario conoscere le
+dimensioni delle pagine usate dal kernel. Lo stesso vale quando si vuole
+gestire in maniera ottimale l'interazione della memoria allocata con il
+meccanismo della paginazione.
+
+Di solito la dimensione delle pagine di memoria è fissata dall'architettura
+hardware, per cui in genere la dimensione delle pagine di memoria era una
+costante definita in fase di compilazione, ma oggi alcune architetture (ad
+esempio su Sun Sparc) permettono di variare questa dimensione, e non volendo
+dover fornire binari diversi per ogni possibile modello, è necessario poter
+utilizzare una funzione.
+
+In genere questa dimensione può essere ottenuta attraverso una chiamata a
+\func{sysconf} come \code{sysconf(\_SC\_PAGESIZE)}, ma in BSD 4.2 è stata
+introdotta una apposita funzione, \func{getpagesize}, che restituisce la
+dimensione delle pagine di memoria; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{int getpagesize(void)}
+ Legge le dimensioni delle pagine di memoria.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna la dimensione di una pagina in byte, e non
+ sono previsti errori.}
+\end{prototype}
+
+La funzione è prevista in SVr4, 4.4BSD e SUSv2, anche se questo ultimo
+standard la etichetta come obsoleta, mentre lo standard POSIX 1003.1-2001 la
+ha eliminata. In Linux è implementata come una system call nelle architetture
+in cui essa è necessaria, ed in genere restituisce il valore del simbolo
+\macro{PAGE\_SIZE} del kernel, anche se le versioni delle librerie del C
+precedenti le \acr{glibc} 2.1 implementavano questa funzione restituendo
+sempre un valore statico.
+
+Le \acr{glibc} forniscono, come specifica estensione GNU, altre due funzioni,
+\func{get\_phys\_pages} e \func{get\_avphys\_pages} che permettono di ottenere
+informazioni riguardo la memoria; i loro prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/sysinfo.h}
+
+ \funcdecl{long int get\_phys\_pages(void)}
+
+ Legge il numero totale di pagine di memoria disponibili per il sistema.
+
+ \funcdecl{long int get\_avphys\_pages(void)}
+
+ Legge il numero di pagine di memoria disponibili nel sistema.
+
+ \bodydesc{Le funzioni restituiscono un numero di pagine.}
+\end{functions}
+
+Queste funzioni sono equivalenti all'uso della funzione \func{sysconf}
+rispettivamente con i parametri \macro{\_SC\_PHYS\_PAGES} e
+\macro{\_SC\_AVPHYS\_PAGES}. La prima restituisce il numero totale di pagine
+corrispondenti alla RAM della macchina; la seconda invece la memoria
+effettivamente disponibile per i processi.
+
+Le \acr{glibc} supportano inoltre, come estensioni GNU, due funzioni che
+restituiscono il numero di processori della macchina (e quello dei processori
+attivi); anche queste sono informazioni comunque ottenibili attraverso
+\func{sysconf} utilizzando rispettivamente i parametri
+\macro{\_SC\_NPROCESSORS\_CONF} e \macro{\_SC\_NPROCESSORS\_ONLN}.
+
+Infine le \acr{glibc} riprendono da BSD la funzione \func{getloadavg} che
+permette di ottenere il carico di processore della macchina, in questo modo è
+possibile prendere decisioni su quando far partire eventuali nuovi processi.
+Il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{stdlib.h}{int getloadavg(double loadavg[], int nelem)}
+ Legge il carico medio della macchina.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il numero di elementi scritti o -1 in caso di
+ errore.}
+\end{prototype}
+
+La funzione restituisce in ciascun elemento di \param{loadavg} il numero medio
+di processi attivi sulla coda dello scheduler, calcolato su un diverso
+intervalli di tempo. Il numero di intervalli che si vogliono leggere è
+specificato da \param{nelem}, dato che nel caso di Linux il carico viene
+valutato solo su tre intervalli (corrispondenti a 1, 5 e 15 minuti), questo è
+anche il massimo valore che può essere assegnato a questo argomento.
+
+
+
+\section{La gestione dei tempi del sistema}
+\label{sec:sys_time}
+
+In questa sezione, una volta introdotti i concetti base della gestione dei
+tempi da parte del sistema, tratteremo le varie funzioni attinenti alla
+gestione del tempo in un sistema unix-like, a partire da quelle per misurare i
+veri tempi di sistema associati ai processi, a quelle per convertire i vari
+tempi nelle differenti rappresentazioni che vengono utilizzate, a quelle della
+gestione di data e ora.
+
+
+\subsection{La misura del tempo in Unix}
+\label{sec:sys_unix_time}
+
+Storicamente i sistemi unix-like hanno sempre mantenuto due distinti tipi di
+dati per la misure dei tempi all'interno del sistema: essi sono
+rispettivamente chiamati \textit{calendar time} e \textit{process time},
+secondo le definizioni:
+\begin{description}
+\item[\textit{calendar time}]: detto anche \textsl{tempo di calendario}. È il
+ numero di secondi dalla mezzanotte del primo gennaio 1970, in tempo
+ universale coordinato (o UTC), data che viene usualmente indicata con
+ 00:00:00 Jan, 1 1970 (UTC) e chiamata \textit{the Epoch}. Questo tempo viene
+ anche chiamato anche GMT (Greenwich Mean Time) dato che l'UTC corrisponde
+ all'ora locale di Greenwich. È il tempo su cui viene mantenuto l'orologio
+ del kernel, e viene usato ad esempio per indicare le date di modifica dei
+ file o quelle di avvio dei processi. Per memorizzare questo tempo è stato
+ riservato il tipo primitivo \type{time\_t}.
+\item[\textit{process time}]: detto talvolta \textsl{tempo di processore}.
+ Viene misurato in \textit{clock tick}. Un tempo questo corrispondeva al
+ numero di interruzioni effettuate dal timer di sistema, adesso lo standard
+ POSIX richiede che esso sia pari al valore della costante
+ \macro{CLOCKS\_PER\_SEC}, che deve essere definita come 1000000, qualunque
+ sia la risoluzione reale dell'orologio di sistema e la frequenza delle
+ interruzioni del timer.\footnote{quest'ultima, come accennato in
+ \secref{sec:proc_hierarchy}, è invece data dalla costante \macro{HZ}.} Il
+ dato primitivo usato per questo tempo è \type{clock\_t}, che ha quindi una
+ risoluzione del microsecondo. Il numero di tick al secondo può essere
+ ricavato anche attraverso \func{sysconf} (vedi \secref{sec:sys_sysconf}). Il
+ vecchio simbolo \macro{CLK\_TCK} definito in \file{time.h} è ormai
+ considerato obsoleto.
+\end{description}
+
+In genere si usa il \textit{calendar time} per esprimere le date dei file e le
+informazioni analoghe che riguardano i cosiddetti \textsl{tempi di orologio},
+che vengono usati ad esempio per i demoni che compiono lavori amministrativi
+ad ore definite, come \cmd{cron}.
+
+Di solito questo tempo viene convertito automaticamente dal valore in UTC al
+tempo locale, utilizzando le opportune informazioni di localizzazione
+(specificate in \file{/etc/timezone}). E da tenere presente che questo tempo è
+mantenuto dal sistema e non è detto che corrisponda al tempo tenuto
+dall'orologio hardware del calcolatore.
+
+Anche il \textit{process time} di solito si esprime in secondi, ma provvede
+una precisione ovviamente superiore al \textit{calendar time} (che è mantenuto
+dal sistema con una granularità di un secondo) e viene usato per tenere conto
+dei tempi di esecuzione dei processi. Per ciascun processo il kernel calcola
+tre tempi diversi:
+\begin{description*}
+\item[\textit{clock time}]: il tempo \textsl{reale} (viene chiamato anche
+ \textit{wall clock time}) passato dall'avvio del processo. Chiaramente tale
+ tempo dipende anche dal carico del sistema e da quanti altri processi
+ stavano girando nello stesso periodo.
+\item[\textit{user time}]: il tempo che la CPU ha impiegato nell'esecuzione
+ delle istruzioni del processo in user space.
+\item[\textit{system time}]: il tempo che la CPU ha impiegato nel kernel per
+ eseguire delle system call per conto del processo.
+\end{description*}
+
+In genere la somma di \textit{user time} e \textit{system time} indica il
+tempo di processore totale in cui il sistema è stato effettivamente impegnato
+nell'eseguire un certo processo e viene chiamato \textit{CPU time} o
+\textsl{tempo di CPU}.
+
+
+
+\subsection{La gestione del \textit{process time}}
+\label{sec:sys_cpu_times}
+
+Di norma tutte le operazioni del sistema fanno sempre riferimento al
+\textit{calendar time}, l'uso del \textit{process time} è riservato a quei
+casi in cui serve conoscere i tempi di esecuzione di un processo (ad esempio
+per valutarne l'efficienza). In tal caso infatti fare ricorso al
+\textit{calendar time} è inutile in quanto il tempo può essere trascorso mentre
+un altro processo era in esecuzione o in attesa del risultato di una
+operazione di I/O.
+
+La funzione più semplice per leggere il \textit{process time} di un processo è
+\func{clock}, che da una valutazione approssimativa del tempo di CPU
+utilizzato dallo stesso; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{time.h}{clock\_t clock(void)}
+ Legge il valore corrente del tempo di CPU.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il tempo di CPU usato dal programma e -1 in
+ caso di errore.}
+\end{prototype}
+
+La funzione restituisce il tempo in tick, quindi se si vuole il tempo in
+secondi occorre moltiplicare il risultato per la costante
+\macro{CLOCKS\_PER\_SEC}.\footnote{le \acr{glibc} seguono lo standard ANSI C,
+ POSIX richiede che \macro{CLOCKS\_PER\_SEC} sia definito pari a 1000000
+ indipendentemente dalla risoluzione del timer di sistema.} In genere
+\type{clock\_t} viene rappresentato come intero a 32 bit, il che comporta un
+valore massimo corrispondente a circa 72 minuti, dopo i quali il contatore
+riprenderà lo stesso valore iniziale.
+
+Come accennato in \secref{sec:sys_unix_time} il tempo di CPU è la somma di
+altri due tempi, l'\textit{user time} ed il \textit{system time} che sono
+quelli effettivamente mantenuti dal kernel per ciascun processo. Questi
+possono essere letti attraverso la funzione \func{times}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/times.h}{clock\_t times(struct tms *buf)}
+ Legge in \param{buf} il valore corrente dei tempi di processore.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il numero di clock tick dall'avvio del sistema
+ in caso di successo e -1 in caso di errore.}
+\end{prototype}
+
+La funzione restituisce i valori di process time del processo corrente in una
+struttura di tipo \var{tms}, la cui definizione è riportata in
+\secref{fig:sys_tms_struct}. La struttura prevede quattro campi; i primi due,
+\var{tms\_utime} e \var{tms\_stime}, sono l'\textit{user time} ed il
+\textit{system time} del processo, così come definiti in
+\secref{sec:sys_unix_time}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct tms {
+ clock_t tms_utime; /* user time */
+ clock_t tms_stime; /* system time */
+ clock_t tms_cutime; /* user time of children */
+ clock_t tms_cstime; /* system time of children */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{tms} dei tempi di processore associati a un
+ processo.}
+ \label{fig:sys_tms_struct}
+\end{figure}
+
+Gli altri due campi mantengono rispettivamente la somma dell'\textit{user
+ time} ed del \textit{system time} di tutti i processi figli che sono
+terminati; il kernel cioè somma in \var{tms\_cutime} il valore di
+\var{tms\_utime} e \var{tms\_cutime} per ciascun figlio del quale è stato
+ricevuto lo stato di terminazione, e lo stesso vale per \var{tms\_cstime}.
+
+Si tenga conto che l'aggiornamento di \var{tms\_cutime} e \var{tms\_cstime}
+viene eseguito solo quando una chiamata a \func{wait} o \func{waitpid} è
+ritornata. Per questo motivo se un processo figlio termina prima di ricevere
+lo stato di terminazione di tutti i suoi figli, questi processi ``nipoti'' non
+verranno considerati nel calcolo di questi tempi.
+
+
+
+\subsection{Le funzioni per il \textit{calendar time}}
+\label{sec:sys_time_base}
+
+Come anticipato in \secref{sec:sys_unix_time} il \textit{calendar time} è
+mantenuto dal kernel in una variabile di tipo \type{time\_t}, che usualmente
+corrisponde ad un tipo nativo (in Linux è un intero a 32 bit). Il valore
+corrente del \textit{calendar time}, che indicheremo come \textsl{tempo di
+ sistema}, può essere ottenuto con la funzione \func{time} che lo restituisce
+in nel suddetto formato; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{time.h}{time\_t time(time\_t *t)}
+ Legge il valore corrente del \textit{calendar time}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il valore del \textit{calendar time} in caso
+ di successo e -1 in caso di errore, che può essere solo \macro{EFAULT}.}
+\end{prototype}
+\noindent dove \param{t}, se non nullo, deve essere l'indirizzo di una
+variabile su cui duplicare il valore di ritorno.
+
+Analoga a \func{time} è la funzione \func{stime} che serve per effettuare
+l'operazione inversa, e cioè per impostare il tempo di sistema qualora questo
+sia necessario; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{time.h}{int stime(time\_t *t)}
+ Imposta a \param{t} il valore corrente del \textit{calendar time}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
+ che può essere \macro{EFAULT} o \macro{EPERM}.}
+\end{prototype}
+\noindent dato che modificare l'ora ha un impatto su tutto il sistema
+il cambiamento dell'orologio è una operazione privilegiata e questa funzione
+può essere usata solo da un processo con i privilegi di amministratore,
+altrimenti la chiamata fallirà con un errore di \macro{EPERM}.
+
+Data la scarsa precisione nell'uso di \type{time\_t} (che ha una risoluzione
+massima di un secondo) quando si devono effettuare operazioni sui tempi di
+norma l'uso delle funzioni precedenti è sconsigliato, ed esse sono di solito
+sostituite da \func{gettimeofday} e \func{settimeofday},\footnote{le due
+ funzioni \func{time} e \func{stime} sono più antiche e derivano da SVr4,
+ \func{gettimeofday} e \func{settimeofday} sono state introdotte da BSD, ed
+ in BSD4.3 sono indicate come sostitute delle precedenti.} i cui prototipi
+sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/time.h}
+ \headdecl{time.h}
+
+ \funcdecl{int gettimeofday(struct timeval *tv, struct timezone *tz)}
+
+ Legge il tempo corrente del sistema.
+
+ \funcdecl{int settimeofday(const struct timeval *tv, const struct timezone
+ *tz)}
+
+ Imposta il tempo di sistema.
+
+ \bodydesc{Entrambe le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in
+ caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori
+ \macro{EINVAL} \macro{EFAULT} e per \func{settimeofday} anche
+ \macro{EPERM}.}
+\end{functions}
+
+Queste funzioni utilizzano una struttura di tipo \var{timeval}, la cui
+definizione, insieme a quella della analoga \var{timespec}, è riportata in
+\figref{fig:sys_timeval_struct}. Le \acr{glibc} infatti forniscono queste due
+rappresentazioni alternative del \textit{calendar time} che rispetto a
+\type{time\_t} consentono rispettivamente precisioni del microsecondo e del
+nanosecondo.\footnote{la precisione è solo teorica, la precisione reale della
+ misura del tempo dell'orologio di sistema non dipende dall'uso di queste
+ strutture.}
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct timeval
+{
+ long tv_sec; /* seconds */
+ long tv_usec; /* microseconds */
+};
+struct timespec {
+ time_t tv_sec; /* seconds */
+ long tv_nsec; /* nanoseconds */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Le strutture \var{timeval} e \var{timespec} usate per una
+ rappresentazione ad alta risoluzione del \textit{calendar time}.}
+ \label{fig:sys_timeval_struct}
+\end{figure}
+
+Come nel caso di \func{stime} anche \func{settimeofday} (e qualunque funzione
+vada a modificare l'orologio di sistema, come quelle che tratteremo in
+seguito) può essere utilizzata solo da un processo coi privilegi di
+amministratore. Il secondo parametro di entrambe le funzioni è una struttura
+\var{timezone}, che storicamente veniva utilizzata per specificare appunto la
+\textit{time zone}, cioè l'insieme del fuso orario e delle convenzioni per
+l'ora legale che permettevano il passaggio dal tempo universale all'ora
+locale. Questo parametro è obsoleto e in Linux non è mai stato utilizzato e
+non è supportato né dalle vecchie \textsl{libc5}, né dalle \textsl{glibc}:
+pertanto deve essere sempre impostato a \macro{NULL}.
+
+Modificare l'orologio di sistema con queste funzioni è comunque problematico,
+in quanto esse effettuano un cambiamento immediato. Questo può creare dei
+buchi o delle ripetizioni nello scorrere dell'orologio di sistema, con
+conseguenze indesiderate; ad esempio se si porta avanti l'orologio si possono
+perdere delle esecuzioni di \cmd{cron} programmate nell'intervallo che si è
+saltato. Per questo motivo la modalità più corretta per impostare l'ora è quella
+di usare la funzione \func{adjtime}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/time.h}
+{int adjtime(const struct timeval *delta, struct timeval *olddelta)}
+
+ Aggiusta del valore \param{delta} l'orologio di sistema.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \macro{EPERM}.}
+\end{prototype}
+
+Questa funzione permette di avere un aggiustamento graduale del tempo di
+sistema in modo che esso sia sempre crescente in maniera monotona. Il valore
+di \param{delta} esprime il valore di cui si vuole spostare l'orologio; se è
+positivo l'orologio sarà accelerato per un certo tempo in modo da guadagnare
+il tempo richiesto, altrimenti sarà rallentato. Il secondo parametro viene
+usato, se non nullo, per ricevere il valore dell'ultimo aggiustamento
+effettuato.
+
+Linux poi prevede un'altra funzione, \func{adjtimex}, che consente un
+aggiustamento molto più dettagliato, permettendo ad esempio anche di
+modificare anche la velocità dell'orologio di sistema. Il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/timex.h}
+{int adjtimex(struct timex *buf)}
+
+ Aggiusta del valore \param{delta} l'orologio di sistema.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce lo stato dell'orologio (un valore $>0$) in
+ caso di successo e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno}
+ assumerà i valori \macro{EFAULT}, \macro{EINVAL} ed \macro{EPERM}.}
+\end{prototype}
+
+La funzione richiede una struttura di tipo \var{timex}, la cui definizione,
+così come effettuata in \file{sys/timex.h}, è riportata in
+\figref{fig:sys_timex_struct}. L'azione della funzione dipende dal valore del
+campo \var{mode}, che specifica quale parametro dell'orologio di sistema,
+specificato in un opportuno campo di \var{timex}, deve essere impostato. Un
+valore nullo serve per leggere i parametri correnti; i valori diversi da zero
+devono essere specificati come OR binario delle costanti riportate in
+\secref{tab:sys_timex_mode}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct timex {
+ unsigned int modes; /* mode selector */
+ long int offset; /* time offset (usec) */
+ long int freq; /* frequency offset (scaled ppm) */
+ long int maxerror; /* maximum error (usec) */
+ long int esterror; /* estimated error (usec) */
+ int status; /* clock command/status */
+ long int constant; /* pll time constant */
+ long int precision; /* clock precision (usec) (read only) */
+ long int tolerance; /* clock frequency tolerance (ppm) (read only) */
+ struct timeval time; /* (read only) */
+ long int tick; /* (modified) usecs between clock ticks */
+ long int ppsfreq; /* pps frequency (scaled ppm) (ro) */
+ long int jitter; /* pps jitter (us) (ro) */
+ int shift; /* interval duration (s) (shift) (ro) */
+ long int stabil; /* pps stability (scaled ppm) (ro) */
+ long int jitcnt; /* jitter limit exceeded (ro) */
+ long int calcnt; /* calibration intervals (ro) */
+ long int errcnt; /* calibration errors (ro) */
+ long int stbcnt; /* stability limit exceeded (ro) */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{timex} per il controllo dell'orologio di sistema.}
+ \label{fig:sys_timex_struct}
+\end{figure}
+
+La funzione utilizza il meccanismo di David L. Mills, descritto nell'RFC~1305,
+che è alla base del protocollo NTP; la funzione è specifica di Linux e non
+deve essere usata se la portabilità è un requisito, le \acr{glibc} provvedono
+anche un suo omonimo \func{ntp\_adjtime}. La trattazione completa di questa
+funzione necessita di una lettura approfondita del meccanismo descritto
+nell'RFC~1305, ci limitiamo a descrivere in \tabref{tab:sys_timex_mode} i
+principali valori utilizzabili per il campo \var{mode}, un elenco più
+dettagliato del significato dei vari campi della struttura \var{timex} può
+essere ritrovato in \cite{glibc}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|c| p{10cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Nome} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{ADJ\_OFFSET} & 0x0001 & Imposta la differenza fra il tempo
+ reale e l'orologio di sistema, che
+ deve essere indicata in microsecondi
+ nel campo \var{offset} di
+ \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_FREQUENCY} & 0x0002 & Imposta la differenze in frequenza
+ fra il tempo reale e l'orologio di
+ sistema, che deve essere indicata
+ in parti per milione nel campo
+ \var{frequency} di \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_MAXERROR} & 0x0004 & Imposta il valore massimo dell'errore
+ sul tempo, espresso in microsecondi
+ nel campo \var{maxerror} di
+ \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_ESTERROR} & 0x0008 & Imposta la stima dell'errore
+ sul tempo, espresso in microsecondi
+ nel campo \var{esterror} di
+ \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_STATUS} & 0x0010 & Imposta alcuni
+ valori di stato interni usati dal
+ sistema nella gestione
+ dell'orologio specificati nel campo
+ \var{status} di \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_TIMECONST} & 0x0020 & Imposta la larghezza di banda del PLL
+ implementato dal kernel,
+ specificato nel campo
+ \var{constant} di \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_TICK} & 0x4000 & Imposta il valore dei tick del timer
+ in microsecondi, espresso nel campo
+ \var{tick} di \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_OFFSET\_SINGLESHOT}&0x8001&Imposta uno spostamento una tantum
+ dell'orologio secondo il valore del
+ campo \var{offset} simulando il
+ comportamento di \func{adjtime}.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Costanti per l'assegnazione del valore del campo \var{mode} della
+ struttura \var{timex}.}
+ \label{tab:sys_timex_mode}
+\end{table}
+
+Il valore delle costanti per \var{mode} può essere anche espresso, secondo la
+sintassi specificata per la forma equivalente di questa funzione definita come
+\func{ntp\_adjtime}, utilizzando il prefisso \macro{MOD} al posto di
+\macro{ADJ}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|c| p{10cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Nome} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{TIME\_OK} & 0 & L'orologio è sincronizzato.\\
+ \macro{TIME\_INS} & 1 & insert leap second.\\
+ \macro{TIME\_DEL} & 2 & delete leap second.\\
+ \macro{TIME\_OOP} & 3 & leap second in progress.\\
+ \macro{TIME\_WAIT} & 4 & leap second has occurred.\\
+ \macro{TIME\_BAD} & 5 & L'orologio non è sincronizzato.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Possibili valori di ritorno di \func{adjtimex}.}
+ \label{tab:sys_adjtimex_return}
+\end{table}
+
+La funzione ritorna un valore positivo che esprime lo stato dell'orologio di
+sistema; questo può assumere i valori riportati in
+\tabref{tab:sys_adjtimex_return}. Un valore di -1 viene usato per riportare
+un errore; al solito se si cercherà di modificare l'orologio di sistema
+(specificando un \var{mode} diverso da zero) senza avere i privilegi di
+amministratore si otterrà un errore di \macro{EPERM}.
+
+
+\subsection{La gestione delle date.}
+\label{sec:sys_date}
+
+Le funzioni viste al paragrafo precedente sono molto utili per trattare le
+operazioni elementari sui tempi, però le rappresentazioni del tempo ivi
+illustrate, se han senso per specificare un intervallo, non sono molto
+intuitive quando si deve esprimere un'ora o una data. Per questo motivo è
+stata introdotta una ulteriore rappresentazione, detta \textit{broken-down
+ time}, che permette appunto di \textsl{suddividere} il \textit{calendar
+ time} usuale in ore, minuti, secondi, ecc.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct tm {
+ int tm_sec; /* seconds */
+ int tm_min; /* minutes */
+ int tm_hour; /* hours */
+ int tm_mday; /* day of the month */
+ int tm_mon; /* month */
+ int tm_year; /* year */
+ int tm_wday; /* day of the week */
+ int tm_yday; /* day in the year */
+ int tm_isdst; /* daylight saving time */
+ long int tm_gmtoff; /* Seconds east of UTC. */
+ cost char *tm_zone; /* Timezone abbreviation. */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{tm} per una rappresentazione del tempo in termini
+ di ora, minuti, secondi, ecc.}
+ \label{fig:sys_tm_struct}
+\end{figure}
+
+Questo viene effettuato attraverso una opportuna struttura \var{tm}, la cui
+definizione è riportata in \figref{fig:sys_tm_struct}, ed è in genere questa
+struttura che si utilizza quando si deve specificare un tempo a partire dai
+dati naturali (ora e data), dato che essa consente anche di trattare la
+gestione del fuso orario e dell'ora legale.\footnote{in realtà i due campi
+ \var{tm\_gmtoff} e \var{tm\_zone} sono estensioni previste da BSD e dalle
+ \acr{glibc}, che, quando è definita \macro{\_BSD\_SOURCE}, hanno la forma in
+ \figref{fig:sys_tm_struct}.}
+
+Le funzioni per la gestione del \textit{broken-down time} sono varie e vanno
+da quelle usate per convertire gli altri formati in questo, usando o meno
+l'ora locale o il tempo universale, a quelle per trasformare il valore di un
+tempo in una stringa contenente data ed ora, i loro prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{time.h}
+ \funcdecl{char *asctime(const struct tm *tm)}
+ Produce una stringa con data e ora partendo da un valore espresso in
+ \textit{broken-down time}.
+
+ \funcdecl{char *ctime(const time\_t *timep)}
+ Produce una stringa con data e ora partendo da un valore espresso in
+ in formato \type{time\_t}.
+
+ \funcdecl{struct tm *gmtime(const time\_t *timep)}
+ Converte il \textit{calendar time} dato in formato \type{time\_t} in un
+ \textit{broken-down time} espresso in UTC.
+
+ \funcdecl{struct tm *localtime(const time\_t *timep)}
+ Converte il \textit{calendar time} dato in formato \type{time\_t} in un
+ \textit{broken-down time} espresso nell'ora locale.
+
+ \funcdecl{time\_t mktime(struct tm *tm)}
+ Converte il \textit{broken-down time} in formato \type{time\_t}.
+
+ \bodydesc{Tutte le funzioni restituiscono un puntatore al risultato in caso
+ di successo e \macro{NULL} in caso di errore, tranne che \func{mktime} che
+ restituisce direttamente il valore o -1 in caso di errore.}
+\end{functions}
+
+Le prime due funzioni, \func{asctime} e \func{ctime} servono per poter
+stampare in forma leggibile un tempo; esse restituiscono il puntatore ad una
+stringa, allocata staticamente, nella forma:
+\begin{verbatim}
+"Wed Jun 30 21:49:08 1993\n"
+\end{verbatim}
+e impostano anche la variabile \var{tzname} con l'informazione della \textit{time
+ zone} corrente; \func{ctime} è banalmente definita in termini di
+\func{asctime} come \code{asctime(localtime(t)}. Dato che l'uso di una stringa
+statica rende le funzioni non rientranti POSIX.1c e SUSv2 prevedono due
+sostitute rientranti, il cui nome è al solito ottenuto appendendo un
+\code{\_r}, che prendono un secondo parametro \code{char *buf}, in cui
+l'utente deve specificare il buffer su cui la stringa deve essere copiata
+(deve essere di almeno 26 caratteri).
+
+Le altre tre funzioni, \func{gmtime}, \func{localtime} e \func{mktime} servono
+per convertire il tempo dal formato \type{time\_t} a quello di \var{tm} e
+viceversa; \func{gmtime} effettua la conversione usando il tempo coordinato
+universale (UTC), cioè l'ora di Greenwich; mentre \func{localtime} usa l'ora
+locale; \func{mktime} esegue la conversione inversa.
+
+Anche in questo caso le prime due funzioni restituiscono l'indirizzo di una
+struttura allocata staticamente, per questo sono state definite anche altre
+due versioni rientranti (con la solita estensione \code{\_r}), che prevedono
+un secondo parametro \code{struct tm *result}, fornito dal chiamante, che deve
+preallocare la struttura su cui sarà restituita la conversione.
+
+Come mostrato in \figref{fig:sys_tm_struct} il \textit{broken-down time}
+permette di tenere conto anche della differenza fra tempo universale e ora
+locale, compresa l'eventuale ora legale. Questo viene fatto attraverso le tre
+variabili globali mostrate in \figref{fig:sys_tzname}, cui si accede quando si
+include \file{time.h}. Queste variabili vengono impostate quando si chiama una
+delle precedenti funzioni di conversione, oppure invocando direttamente la
+funzione \func{tzset}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/timex.h}
+{void tzset(void)}
+
+ Imposta le variabili globali della \textit{time zone}.
+
+ \bodydesc{La funzione non ritorna niente e non dà errori.}
+\end{prototype}
+
+La funzione inizializza le variabili di \figref{fig:sys_tzname} a partire dal
+valore della variabile di ambiente \macro{TZ}, se quest'ultima non è definita
+verrà usato il file \file{/etc/localtime}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+extern char *tzname[2];
+extern long timezone;
+extern int daylight;
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Le variabili globali usate per la gestione delle \textit{time
+ zone}.}
+ \label{fig:sys_tzname}
+\end{figure}
+
+La variabile \var{tzname} contiene due stringhe, che indicano i due nomi
+standard della \textit{time zone} corrente. La prima è il nome per l'ora
+solare, la seconda per l'ora legale.\footnote{anche se sono indicati come
+ \code{char *} non è il caso di modificare queste stringhe.} La variabile
+\var{timezone} indica la differenza di fuso orario in secondi, mentre
+\var{daylight} indica se è attiva o meno l'ora legale.
+
+Benché la funzione \func{asctime} fornisca la modalità più immediata per
+stampare un tempo o una data, la flessibilità non fa parte delle sue
+caratteristiche; quando si vuole poter stampare solo una parte (l'ora, o il
+gionrno) di un tempo si può ricorrere alla più sofisticata \func{strftime}, il
+cui prototipo è:
+\begin{prototype}{time.h}
+{size\_t strftime(char *s, size\_t max, const char *format,
+ const struct tm *tm)}
+
+Stampa il tempo \param{tm} nella stringa \param{s} secondo il formato
+\param{format}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il numero di caratteri stampati in \param{s},
+ altrimenti restuisce 0.}
+\end{prototype}
+
+La funzione converte opportunamente il tempo \param{tm} in una stringa di
+testo da salvare in \param{s}, purché essa sia di dimensione, indicata da
+\param{size}, sufficiente. I caratteri generati dalla funzione vengono
+restituiti come valore di ritorno, ma non tengono conto del terminatore
+finale, che invece viene considerato nel computo della dimensione; se
+quest'ultima è eccessiva viene restituito 0 e lo stato di \param{s} è
+indefinito.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|c|l|p{6cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Modificatore} & \textbf{Esempio} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{\%a}&\texttt{Wed} & Nome del giorno, abbreviato.\\
+ \macro{\%A}&\texttt{Wednesday} & Nome del giorno, completo.\\
+ \macro{\%b}&\texttt{Apr} & Nome del mese, abbreviato.\\
+ \macro{\%B}&\texttt{April} & Nome del mese, completo.\\
+ \macro{\%c}&\texttt{Wed Apr 24 18:40:50 2002}& Data e ora.\\
+ \macro{\%d}&\texttt{24} & Giorno del mese.\\
+ \macro{\%H}&\texttt{18} & Ora del giorno, da 0 a 24.\\
+ \macro{\%I}&\texttt{06} & Ora del giorno, da 0 a 12.\\
+ \macro{\%j}&\texttt{114} & Giorno dell'anno.\\
+ \macro{\%m}&\texttt{04} & Mese dell'anno.\\
+ \macro{\%M}&\texttt{40} & Minuto.\\
+ \macro{\%p}&\texttt{PM} & AM/PM.\\
+ \macro{\%S}&\texttt{50} & Secondo.\\
+ \macro{\%U}&\texttt{16} & Settimana dell'anno (partendo dalla
+ domenica).\\
+ \macro{\%w}&\texttt{3} & Giorno della settimana. \\
+ \macro{\%W}&\texttt{16} & Settimana dell'anno (partendo dal
+ lunedì).\\
+ \macro{\%x}&\texttt{04/24/02} & La data.\\
+ \macro{\%X}&\texttt{18:40:50} & L'ora.\\
+ \macro{\%y}&\texttt{02} & Anno nel secolo.\\
+ \macro{\%Y}&\texttt{2002} & Anno.\\
+ \macro{\%Z}&\texttt{CEST} & Nome della \textit{timezone}.\\
+ \macro{\%\%}&\texttt{\%} & Il carattere \%.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori previsti dallo standard ANSI C per modificatore della
+ stringa di formato di \func{strftime}.}
+ \label{tab:sys_strftime_format}
+\end{table}
+
+Il risultato della funzione è controllato dalla stringa di formato
+\param{format}, tutti i caratteri restano invariati eccetto \texttt{\%} che
+viene utilizzato come modificatore; alcuni\footnote{per la precisione quelli
+ definiti dallo standard ANSI C, che sono anche quelli riportati da POSIX.1;
+ le \acr{glibc} provvedono tutte le estensioni introdotte da POSIX.2 per il
+ comando \cmd{date}, i valori introdotti da SVID3 e ulteriori estensioni GNU;
+ l'elenco completo dei possibili valori è riportato nella pagina di manuale
+ della funzione.} dei possibili valori che esso può assumere sono ripotati in
+\tabref{tab:sys_strftime_format}. La funzione tiene conto anche della presenza
+di una localizzazione per stampare in maniera adeguata i vari nomi.