contemporanea. Questo limite previsto anche dallo standard ANSI C, che
specifica la macro {FOPEN\_MAX}.\\
\texttt{\_SC\_TZNAME\_MAX}&\macro{TZNAME\_MAX}&
- La dimensione massima di un nome di una \texttt{timezone} (vedi ).\\
+ La dimensione massima di un nome di una \texttt{timezone} (vedi
+ \secref{sec:sys_date}).\\
\texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}&\macro{NGROUP\_MAX}&
Massimo numero di gruppi supplementari che può avere un processo (vedi
\secref{sec:proc_access_id}).\\
\texttt{\_SC\_SSIZE\_MAX}&\macro{SSIZE\_MAX}&
valore massimo del tipo di dato \type{ssize\_t}.\\
\texttt{\_SC\_CLK\_TCK}& \macro{CLK\_TCK} &
- Il numero di \textit{clock tick} al secondo, cioè la frequenza delle
- interruzioni del timer di sistema (vedi \secref{sec:proc_priority}).\\
+ Il numero di \textit{clock tick} al secondo, cioè l'unità di misura del
+ \textit{process time} (vedi \secref{sec:sys_unix_time}).\\
\texttt{\_SC\_JOB\_CONTROL}&\macro{\_POSIX\_JOB\_CONTROL}&
Indica se è supportato il \textit{job control} (vedi
\secref{sec:sess_xxx}) in stile POSIX.\\
\hline
\macro{NAME\_MAX}& 14 & lunghezza in byte di un nome di file. \\
\macro{PATH\_MAX}& 256 & lunghezza in byte di pathname.\\
- \macro{PIPE\_BUF}& 512 & byte scrivibili atomicamente in una pipe\\
+ \macro{PIPE\_BUF}&4096 & byte scrivibili atomicamente in una pipe\\
\macro{LINK\_MAX} &8 & numero massimo di link a un file\\
\macro{MAX\_CANON}&255 & spazio disponibile nella coda di input
canonica del terminale\\
\macro{\_UTSNAME\_LENGTH} per i campi standard e
\macro{\_UTSNAME\_DOMAIN\_LENGTH} per quello specifico per il nome di dominio;
altri sistemi usano nomi diversi come \macro{SYS\_NMLN} o \macro{\_SYS\_NMLN}
-or \macro{UTSLEN} che possono avere valori diversi. Nel caso di Linux
+o \macro{UTSLEN} che possono avere valori diversi. Nel caso di Linux
\func{uname} corrisponde in realtà a 3 system call diverse, le prime due usano
rispettivamente delle lunghezze delle stringhe di 9 e 65 byte; la terza usa
anch'essa 65 byte, ma restituisce anche l'ultimo campo, \var{domainname}, con
\footnotesize \centering
\begin{minipage}[c]{15cm}
\begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
- struct statfs {
- long f_type; /* tipo di filesystem */
- long f_bsize; /* dimensione ottimale dei blocchi di I/O */
- long f_blocks; /* blocchi totali nel filesystem */
- long f_bfree; /* blocchi liberi nel filesystem */
- long f_bavail; /* blocchi liberi agli utenti normali */
- long f_files; /* inodes totali nel filesystem */
- long f_ffree; /* inodes liberi nel filesystem */
- fsid_t f_fsid; /* filesystem id */
- long f_namelen; /* lunghezza massima dei nomi dei file */
- long f_spare[6]; /* riservati per uso futuro */
- };
+struct statfs {
+ long f_type; /* tipo di filesystem */
+ long f_bsize; /* dimensione ottimale dei blocchi di I/O */
+ long f_blocks; /* blocchi totali nel filesystem */
+ long f_bfree; /* blocchi liberi nel filesystem */
+ long f_bavail; /* blocchi liberi agli utenti normali */
+ long f_files; /* inodes totali nel filesystem */
+ long f_ffree; /* inodes liberi nel filesystem */
+ fsid_t f_fsid; /* filesystem id */
+ long f_namelen; /* lunghezza massima dei nomi dei file */
+ long f_spare[6]; /* riservati per uso futuro */
+};
\end{lstlisting}
\end{minipage}
\normalsize
Le \acr{glibc} provvedono infine una serie di funzioni per la gestione dei due
-file standard \file{/etc/fstab} e \file{/etc/mtab}, che convenzionalmente sono
-usati in quasi tutti i sistemi unix-like per mantenere rispettivamente le
-informazioni riguardo ai filesystem da montare e a quelli correntemente
-montati. Le funzioni servono a leggere il contenuto di questi file in
-opportune strutture \var{struct fstab} e \var{struct mntent}, e, per
-\file{/etc/mtab} per inserire e rimuovere le voci presenti nel file.
-
-In generale si dovrebbero usare queste funzioni (in particolar modo quelle
+file \file{/etc/fstab} ed \file{/etc/mtab}, che convenzionalmente sono usati in
+quasi tutti i sistemi unix-like per mantenere rispettivamente le informazioni
+riguardo ai filesystem da montare e a quelli correntemente montati. Le
+funzioni servono a leggere il contenuto di questi file in opportune strutture
+\var{struct fstab} e \var{struct mntent}, e, per \file{/etc/mtab} per inserire
+e rimuovere le voci presenti nel file.
+
+In generale si dovrebbero usare queste funzioni (in particolare quelle
relative a \file{/etc/mtab}), quando si debba scrivere un programma che
effettua il montaggio di un filesystem; in realtà in questi casi è molto più
semplice invocare direttamente il programma \cmd{mount}, per cui ne
La struttura usata da entrambe le funzioni è allocata staticamente, per questo
motivo viene sovrascritta ad ogni nuova invocazione, lo stesso dicasi per la
memoria dove sono scritte le stringhe a cui i puntatori in essa contenuti
-fanno riferimento. Ovviamente questo implica che dette funzioni non posono
+fanno riferimento. Ovviamente questo implica che dette funzioni non possono
essere rientranti, per cui ne esistono anche due versioni alternative
(denotate dalla solita estensione \code{\_r}), i cui prototipi sono:
\begin{functions}
\begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
struct utmp
{
- short int ut_type; /* Type of login. */
- pid_t ut_pid; /* Process ID of login process. */
- char ut_line[UT_LINESIZE]; /* Devicename. */
- char ut_id[4]; /* Inittab ID. */
- char ut_user[UT_NAMESIZE]; /* Username. */
- char ut_host[UT_HOSTSIZE]; /* Hostname for remote login. */
- struct exit_status ut_exit; /* Exit status of a process marked
- as DEAD_PROCESS. */
- long int ut_session; /* Session ID, used for windowing. */
- struct timeval ut_tv; /* Time entry was made. */
- int32_t ut_addr_v6[4]; /* Internet address of remote host. */
- char __unused[20]; /* Reserved for future use. */
+ short int ut_type; /* Type of login. */
+ pid_t ut_pid; /* Process ID of login process. */
+ char ut_line[UT_LINESIZE]; /* Devicename. */
+ char ut_id[4]; /* Inittab ID. */
+ char ut_user[UT_NAMESIZE]; /* Username. */
+ char ut_host[UT_HOSTSIZE]; /* Hostname for remote login. */
+ struct exit_status ut_exit; /* Exit status of a process marked
+ as DEAD_PROCESS. */
+ long int ut_session; /* Session ID, used for windowing. */
+ struct timeval ut_tv; /* Time entry was made. */
+ int32_t ut_addr_v6[4]; /* Internet address of remote host. */
+ char __unused[20]; /* Reserved for future use. */
};
\end{lstlisting}
\end{minipage}
\macro{RUN\_LVL}, \macro{BOOT\_TIME}, \macro{OLD\_TIME}, \macro{NEW\_TIME},
verrà restituito la prima voce che corrisponde al tipo determinato; quando
invece assume i valori \macro{INIT\_PROCESS}, \macro{LOGIN\_PROCESS},
-\macro{USER\_PROCESS} o \macro{DEAD\_PROCESS} verrà restiuita la prima voce
-corripondente al valore del campo \var{ut\_id} specificato in \param{ut}.
+\macro{USER\_PROCESS} o \macro{DEAD\_PROCESS} verrà restituita la prima voce
+corrispondente al valore del campo \var{ut\_id} specificato in \param{ut}.
\begin{table}[htb]
\footnotesize
\acr{glibc} forniscono anche delle versioni rientranti: \func{getutent\_r},
\func{getutid\_r}, \func{getutline\_r}, che invece di restituire un puntatore
restituiscono un intero e prendono due argomenti aggiuntivi. Le funzioni si
-comportano esattamente come le analoge non rientranti, solo che restituiscono
+comportano esattamente come le analoghe non rientranti, solo che restituiscono
il risultato all'indirizzo specificato dal primo argomento aggiuntivo (di tipo
\code{struct utmp *buffer}) mentre il secondo (di tipo \code{struct utmp
**result)} viene usato per restituire il puntatore allo stesso buffer.
\section{Limitazione ed uso delle risorse}
\label{sec:sys_res_limits}
-In questa sezione esamineremo le funzioni che permettono di esaminare e
-controllare come le varie risorse del sistema (CPU, memoria, ecc.) vengono
-utilizzate dai singoli processi, e le modalità con cui è possibile imporre dei
-limiti sul loro utilizzo.
+Dopo aver esaminato le funzioni che permettono di controllare le varie
+caratteristiche, capacità e limiti del sistema a livello globale, in questa
+sezione tratteremo le varie funzioni che vengono usate per quantificare le
+risorse (CPU, memoria, ecc.) utilizzate da ogni singolo processo e quelle che
+permettono di imporre a ciascuno di essi vincoli e limiti di utilizzo.
\subsection{L'uso delle risorse}
\label{sec:sys_resource_use}
+Come abbiamo accennato in \secref{sec:proc_wait4} le informazioni riguardo
+l'utilizzo delle risorse da parte di un processo è mantenuto in una struttura
+di tipo \code{struct }\type{rusage}, la cui definizione (che si trova in
+\file{sys/resource.h}) è riportata in \figref{fig:sys_rusage_struct}.
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct rusage {
+ struct timeval ru_utime; /* user time used */
+ struct timeval ru_stime; /* system time used */
+ long ru_maxrss; /* maximum resident set size */
+ long ru_ixrss; /* integral shared memory size */
+ long ru_idrss; /* integral unshared data size */
+ long ru_isrss; /* integral unshared stack size */
+ long ru_minflt; /* page reclaims */
+ long ru_majflt; /* page faults */
+ long ru_nswap; /* swaps */
+ long ru_inblock; /* block input operations */
+ long ru_oublock; /* block output operations */
+ long ru_msgsnd; /* messages sent */
+ long ru_msgrcv; /* messages received */
+ long ru_nsignals; ; /* signals received */
+ long ru_nvcsw; /* voluntary context switches */
+ long ru_nivcsw; /* involuntary context switches */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{rusage} per la lettura delle informazioni dei
+ delle risorse usate da un processo.}
+ \label{fig:sys_rusage_struct}
+\end{figure}
-\subsection{Limiti sulle risorse}
-\label{sec:sys_resource_limit}
+La struttura è ripresa da BSD 4.3, ma attualmente (con i kernel della serie
+2.4.x) i soli campi che sono mantenuti sono: \var{ru\_utime}, \var{ru\_stime},
+\var{ru\_minflt}, \var{ru\_majflt}, e \var{ru\_nswap}. I primi due indicano
+rispettivamente il tempo impiegato dal processo nell'eseguire le istruzioni in
+user space, e quello impiegato dal kernel nelle system call eseguite per conto
+del processo.
+
+Gli altri tre campi servono a quantificare l'uso della memoria
+virtuale\index{memoria virtuale} e corrispondono rispettivamente al numero di
+\textit{page fault}\index{page fault} (vedi \secref{sec:proc_mem_gen})
+avvenuti senza richiedere I/O (i cosiddetti \textit{minor page fault}), a
+quelli che invece han richiesto I/O (detti invece \textit{major page fault})
+ed al numero di volte che il processo è stato completamente tolto dalla
+memoria per essere inserito nello swap.
+
+In genere includere esplicitamente \file{<sys/time.h>} non è più necessario,
+ma aumenta la portabilità, e serve comunque quando, come nella maggior parte
+dei casi, si debba accedere ai campi di \var{rusage} relativi ai tempi di
+utilizzo del processore, che sono definiti come \code{struct }\type{timeval}.
+
+
+Questa è la stessa struttura utilizzata da \func{wait4} per ricavare la
+quantità di risorse impiegato dal processo di cui si è letto lo stato di
+terminazione, ma essa può anche essere letta direttamente utilizzando la
+funzione \func{getrusage}, il cui prototipo è:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/time.h}
+ \headdecl{sys/resource.h}
+ \headdecl{unistd.h}
+
+ \funcdecl{int getrusage(int who, struct rusage *usage)}
+ Legge la quantità di risorse usate da un processo.
-\subsection{Le risorse di memoria}
-\label{sec:sys_memory_res}
+ \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
+ nel qual caso \var{errno} può essere \macro{EINVAL} o \macro{EFAULT}.}
+\end{functions}
+L'argomento \param{who} permette di specificare il processo di cui si vuole
+leggere l'uso delle risorse; esso può assumere solo i due valori
+\macro{RUSAGE\_SELF} per indicare il processo corrente e
+\macro{RUSAGE\_CHILDREN} per indicare l'insieme dei processi figli di cui si è
+ricevuto lo stato di terminazione.
-\subsection{Le risorse di processore}
-\label{sec:sys_cpu_load}
+\subsection{Limiti sulle risorse}
+\label{sec:sys_resource_limit}
+Come accennato nell'introduzione oltre a leggere l'uso delle risorse da parte
+di un processo si possono anche imporre dei limiti sulle sue capacità. Ogni
+processo ha in generale due limiti associati ad ogni risorsa; questi sono
+detti il \textsl{limite corrente} (o \textit{current limit}) che esprime il
+valore che attualmente il processo non può superare, ed il \textsl{limite
+ massimo} (o \textit{maximum limit}) che esprime il valore massimo che può
+assumere il \textsl{limite corrente}.
+
+In generale il primo viene chiamato un limite \textsl{soffice} (o \textit{soft
+ limit}) dato che il suo valore può essere aumentato, mentre il secondo è
+detto \textsl{duro} (o \textit{hard limit}), in quanto un processo normale non
+può modificarne il valore. Il valore di questi limiti è mantenuto in una
+struttura \var{rlimit}, la cui definizione è riportata in
+\figref{fig:sys_rlimit_struct}, ed i cui campi corrispondono appunto a limite
+corrente e massimo.
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize
\centering
\begin{minipage}[c]{15cm}
\begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
-struct rusage {
- struct timeval ru_utime; /* user time used */
- struct timeval ru_stime; /* system time used */
- long ru_maxrss; /* maximum resident set size */
- long ru_ixrss; /* integral shared memory size */
- long ru_idrss; /* integral unshared data size */
- long ru_isrss; /* integral unshared stack size */
- long ru_minflt; /* page reclaims */
- long ru_majflt; /* page faults */
- long ru_nswap; /* swaps */
- long ru_inblock; /* block input operations */
- long ru_oublock; /* block output operations */
- long ru_msgsnd; /* messages sent */
- long ru_msgrcv; /* messages received */
- long ru_nsignals; ; /* signals received */
- long ru_nvcsw; /* voluntary context switches */
- long ru_nivcsw; /* involuntary context switches */
+struct rlimit {
+ rlim_t rlim_cur;
+ rlim_t rlim_max;
};
\end{lstlisting}
\end{minipage}
\normalsize
- \caption{La struttura \var{rusage} per la lettura delle informazioni dei
+ \caption{La struttura \var{rlimit} per impostare i limiti di utilizzo
delle risorse usate da un processo.}
- \label{fig:sys_rusage_struct}
+ \label{fig:sys_rlimit_struct}
\end{figure}
+In genere il superamento di un limite comporta o l'emissione di un segnale o
+il fallimento della system call che lo ha provocato; per far leggere o settare
+i limiti di utilizzo delle risorse da parte di un processo le \acr{glibc}
+prevedono due funzioni, \func{getrlimit} e \func{setrlimit}, i cui prototipi
+sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/time.h}
+ \headdecl{sys/resource.h}
+ \headdecl{unistd.h}
+
+ \funcdecl{int getrlimit(int resource, struct rlimit *rlim)}
+
+ Legge il limite corrente per la risorsa \param{resource}.
+
+ \funcdecl{int setrlimit(int resource, const struct rlimit *rlim)}
+
+ Setta il limite per la risorsa \param{resource}.
+
+ \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} viene settata ai valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EINVAL}] I valori per \param{resource} non sono validi.
+ \item[\macro{EPERM}] Un processo senza i privilegi di amministratore ha
+ cercato di innalzare i propri limiti.
+ \end{errlist}
+ ed \macro{EFAULT}.}
+\end{functions}
+
+Entrambe le funzioni permettono di specificare su quale risorsa si vuole
+operare attraverso \param{resource}, i cui possibili valori sono elencati in
+\secref{tab:sys_rlimit_values}, e utilizzano una struttura \var{rlimit} per
+specificarne i valori.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{12cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{RLIMIT\_CPU} & Il massimo tempo di CPU che il processo può
+ usare. Il superamento del limite comporta
+ l'emissione di un segnale di \macro{SIGXCPU}.\\
+ \macro{RLIMIT\_FSIZE} & La massima dimensione di un file che un processo
+ può usare. Se il processo cerca di scrivere
+ oltre questa dimensione riceverà un segnale di
+ \macro{SIGXFSZ}.\\
+ \macro{RLIMIT\_DATA} & La massima dimensione della memoria dati di un
+ processo. Il tentativo di allocare più memoria
+ causa il fallimento della funzione di
+ allocazione. \\
+ \macro{RLIMIT\_STACK} & La massima dimensione dello stack del
+ processo. Se il processo esegue operazioni che
+ estendano lo stack oltre questa dimensione
+ riceverà un segnale di \macro{SIGSEGV}.\\
+ \macro{RLIMIT\_CORE} & La massima dimensione di un file di \textit{core
+ dump} creato da un processo. Nel caso le
+ dimensioni dovessero essere maggiori il file non
+ verrebbe generato.\footnotemark\\
+ \macro{RLIMIT\_RSS} & L'ammontare massimo di memoria fisica dato al
+ processo. Il limite è solo una indicazione per
+ il kernel, qualora ci fosse un surplus di
+ memoria questa verrebbe assegnata.\\
+ \macro{RLIMIT\_NPROC} & Il numero massimo di processi che possono essere
+ creati sullo stesso user id. Se il limite viene
+ raggiunto \func{fork} fallirà con un
+ \macro{EAGAIN}.\\
+ \macro{RLIMIT\_NOFILE} & Il numero massimo di file che il processo può
+ aprire. L'apertura di un ulteriore file fallirà
+ con un errore \macro{EMFILE}.\\
+ \macro{RLIMIT\_MEMLOCK}& L'ammontare massimo di memoria che può essere
+ bloccata (vedi \secref{sec:proc_mem_lock}).\\
+ \macro{RLIMIT\_AS} & La dimensione massima di tutta la memoria che il
+ processo può ottenere. Se il processo tenta di
+ allocarne di più funzioni come \func{brk},
+ \func{malloc} o \func{mmap} falliranno. \\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori possibili dell'argomento \param{resource} delle funzioni
+ \func{getrlimit} e \func{setrlimit}.}
+ \label{tab:sys_rlimit_values}
+\end{table}
+
+\footnotetext{Settare questo limite a zero è la maniera più semplice per
+ evitare la creazione di \file{core} file.}
+
+È inoltre definita la costante \macro{RLIM\_INFINITY} che permette di
+sbloccare l'uso di una risorsa, ma solo un processo con i privilegi di
+amministratore può innalzare un limite al di sopra del valore corrente del
+limite massimo. Si tenga conto infine che tutti i limiti vengono ereditati dal
+processo padre attraverso una \func{fork} (vedi \secref{sec:proc_fork}) e
+mantenuti attraverso una \func{exec} (vedi \secref{sec:proc_exec}).
+
+
+\subsection{Le risorse di memoria e processore}
+\label{sec:sys_memory_res}
+
+La gestione della memoria è già stata affrontata in dettaglio in
+\secref{sec:proc_memory}; abbiamo visto allora che il kernel provvede il
+meccanismo della memoria virtuale\index{memoria virtuale} attraverso la
+divisione della memoria fisica in pagine.
+
+In genere questo è del tutto trasparente al singolo processo, ma in certi
+casi, come per l'I/O mappato in memoria (vedi \secref{sec:file_memory_map})
+che usa lo stesso meccanismo per accedere ai file, è necessario conoscere le
+dimensioni delle pagine usate dal kernel. Lo stesso vale quando si vuole
+gestire in maniera ottimale l'interazione della memoria allocata con il
+meccanismo della paginazione.
+
+Di solito la dimensione delle pagine di memoria è fissata dall'architettura
+hardware, per cui in genere la dimensione delle pagine di memoria era una
+costante definita in fase di compilazione, ma oggi alcune architetture (ad
+esempio su Sun Sparc) permettono di variare questa dimensione, e non volendo
+dover fornire binari diversi per ogni possibile modello, è necessario poter
+utilizzare una funzione.
+
+In genere questa dimensione può essere ottenuta attraverso una chiamata a
+\func{sysconf} come \code{sysconf(\_SC\_PAGESIZE)}, ma in BSD 4.2 è stata
+introdotta una apposita funzione, \func{getpagesize}, che restituisce la
+dimensione delle pagine di memoria; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{int getpagesize(void)}
+ Legge le dimensioni delle pagine di memoria.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna la dimensione di una pagina in byte, e non
+ sono previsti errori.}
+\end{prototype}
+
+La funzione è prevista in SVr4, 4.4BSD e SUSv2, anche se questo ultimo
+standard la etichetta come obsoleta, mentre lo standard POSIX 1003.1-2001 la
+ha eliminata. In Linux è implementata come una system call nelle architetture
+in cui essa è necessaria, ed in genere restituisce il valore del simbolo
+\macro{PAGE\_SIZE} del kernel, anche se le versioni delle librerie del C
+precedenti le \acr{glibc} 2.1 implementavano questa funzione restituendo
+sempre un valore statico.
+
+Le \acr{glibc} forniscono, come specifica estensione GNU, altre due funzioni,
+\func{get\_phys\_pages} e \func{get\_avphys\_pages} che permettono di ottenere
+informazioni riguardo la memoria; i loro prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/sysinfo.h}
+
+ \funcdecl{long int get\_phys\_pages(void)}
+ Legge il numero totale di pagine di memoria disponibili per il sistema.
+
+ \funcdecl{long int get\_avphys\_pages(void)}
+
+ Legge il numero di pagine di memoria disponibili nel sistema.
+
+ \bodydesc{Le funzioni restituiscono un numero di pagine.}
+\end{functions}
+Queste funzioni sono equivalenti all'uso della funzione \func{sysconf}
+rispettivamente con i parametri \macro{\_SC\_PHYS\_PAGES} e
+\macro{\_SC\_AVPHYS\_PAGES}. La prima restituisce il numero totale di pagine
+corrispondenti alla RAM della macchina; la seconda invece la memoria
+effettivamente disponibile per i processi.
+
+Le \acr{glibc} supportano inoltre, come estensioni GNU, due funzioni che
+restituiscono il numero di processori della macchina (e quello dei processori
+attivi); anche queste sono informazioni comunque ottenibili attraverso
+\func{sysconf} utilizzando rispettivamente i parametri
+\macro{\_SC\_NPROCESSORS\_CONF} e \macro{\_SC\_NPROCESSORS\_ONLN}.
+
+Infine le \acr{glibc} riprendono da BSD la funzione \func{getloadavg} che
+permette di ottenere il carico di processore della macchina, in questo modo è
+possibile prendere decisioni su quando far partire eventuali nuovi processi.
+Il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{stdlib.h}{int getloadavg(double loadavg[], int nelem)}
+ Legge il carico medio della macchina.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il numero di elementi scritti o -1 in caso di
+ errore.}
+\end{prototype}
-\var{tms\_utime}, \var{tms\_stime}, \var{tms\_cutime}, \var{tms\_uetime}
+La funzione restituisce in ciascun elemento di \param{loadavg} il numero medio
+di processi attivi sulla coda dello scheduler, calcolato su un diverso
+intervalli di tempo. Il numero di intervalli che si vogliono leggere è
+specificato da \param{nelem}, dato che nel caso di Linux il carico viene
+valutato solo su tre intervalli (corrispondenti a 1, 5 e 15 minuti), questo è
+anche il massimo valore che può essere assegnato a questo argomento.
\section{La gestione dei tempi del sistema}
\label{sec:sys_time}
-In questa sezione tratteremo le varie funzioni per la gestione delle
-date e del tempo in un sistema unix-like, e quelle per convertire i vari
-tempi nelle differenti rappresentazioni che vengono utilizzate.
+In questa sezione, una volta introdotti i concetti base della gestione dei
+tempi da parte del sistema, tratteremo le varie funzioni attinenti alla
+gestione del tempo in un sistema unix-like, a partire da quelle per misurare i
+veri tempi di sistema associati ai processi, a quelle per convertire i vari
+tempi nelle differenti rappresentazioni che vengono utilizzate, a quelle della
+gestione di data e ora.
\subsection{La misura del tempo in Unix}
dati per la misure dei tempi all'interno del sistema: essi sono
rispettivamente chiamati \textit{calendar time} e \textit{process time},
secondo le definizioni:
-\begin{itemize}
-\item \textit{calendar time}: è il numero di secondi dalla mezzanotte del
- primo gennaio 1970, in tempo universale coordinato (o UTC), data che viene
- usualmente indicata con 00:00:00 Jan, 1 1970 (UTC) e chiamata \textit{the
- Epoch}. Questo tempo viene anche chiamato anche GMT (Greenwich Mean Time)
- dato che l'UTC corrisponde all'ora locale di Greenwich. È il tempo su cui
- viene mantenuto l'orologio del calcolatore, e viene usato ad esempio per
- indicare le date di modifica dei file o quelle di avvio dei processi. Per
- memorizzare questo tempo è stato riservato il tipo primitivo \type{time\_t}.
-\item \textit{process time}: detto anche tempo di processore. Viene misurato
- in \textit{clock tick}, corrispondenti al numero di interruzioni effettuate
- dal timer di sistema, e che per Linux avvengono ogni centesimo di
- secondo.\footnote{eccetto per la piattaforma alpha dove avvengono ogni
- millesimo di secondo.} Il dato primitivo usato per questo tempo è
- \type{clock\_t}, inoltre la costante \macro{HZ} restituisce la frequenza di
- operazione del timer, e corrisponde dunque al numero di tick al secondo. Lo
- standard POSIX definisce allo stesso modo la costante \macro{CLK\_TCK});
- questo valore può comunque essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
- \secref{sec:sys_limits}).
-\end{itemize}
+\begin{description}
+\item[\textit{calendar time}]: detto anche \textsl{tempo di calendario}. È il
+ numero di secondi dalla mezzanotte del primo gennaio 1970, in tempo
+ universale coordinato (o UTC), data che viene usualmente indicata con
+ 00:00:00 Jan, 1 1970 (UTC) e chiamata \textit{the Epoch}. Questo tempo viene
+ anche chiamato anche GMT (Greenwich Mean Time) dato che l'UTC corrisponde
+ all'ora locale di Greenwich. È il tempo su cui viene mantenuto l'orologio
+ del kernel, e viene usato ad esempio per indicare le date di modifica dei
+ file o quelle di avvio dei processi. Per memorizzare questo tempo è stato
+ riservato il tipo primitivo \type{time\_t}.
+\item[\textit{process time}]: detto talvolta \textsl{tempo di processore}.
+ Viene misurato in \textit{clock tick}. Un tempo questo corrispondeva al
+ numero di interruzioni effettuate dal timer di sistema, adesso lo standard
+ POSIX richiede che esso sia pari al valore della costante
+ \macro{CLOCKS\_PER\_SEC}, che deve essere definita come 1000000, qualunque
+ sia la risoluzione reale dell'orologio di sistema e la frequenza delle
+ interruzioni del timer.\footnote{quest'ultima, come accennato in
+ \secref{sec:proc_hierarchy}, è invece data dalla costante \macro{HZ}.} Il
+ dato primitivo usato per questo tempo è \type{clock\_t}, che ha quindi una
+ risoluzione del microsecondo. Il numero di tick al secondo può essere
+ ricavato anche attraverso \func{sysconf} (vedi \secref{sec:sys_sysconf}). Il
+ vecchio simbolo \macro{CLK\_TCK} definito in \file{time.h} è ormai
+ considerato obsoleto.
+\end{description}
In genere si usa il \textit{calendar time} per esprimere le date dei file e le
informazioni analoghe che riguardano i cosiddetti \textsl{tempi di orologio},
mantenuto dal sistema e non è detto che corrisponda al tempo tenuto
dall'orologio hardware del calcolatore.
-Anche il \textit{process time} di solito si esprime in secondi, ma provvede una
-precisione ovviamente superiore al \textit{calendar time} (la cui granularità
-minima è il secondo) e viene usato per tenere conto dei tempi di esecuzione
-dei processi. Per ciascun processo il kernel calcola tre tempi diversi:
+Anche il \textit{process time} di solito si esprime in secondi, ma provvede
+una precisione ovviamente superiore al \textit{calendar time} (che è mantenuto
+dal sistema con una granularità di un secondo) e viene usato per tenere conto
+dei tempi di esecuzione dei processi. Per ciascun processo il kernel calcola
+tre tempi diversi:
\begin{description*}
\item[\textit{clock time}]: il tempo \textsl{reale} (viene chiamato anche
\textit{wall clock time}) passato dall'avvio del processo. Chiaramente tale
In genere la somma di \textit{user time} e \textit{system time} indica il
tempo di processore totale in cui il sistema è stato effettivamente impegnato
-nell'eseguire un certo processo e viene chiamato \textit{CPU time}.
+nell'eseguire un certo processo e viene chiamato \textit{CPU time} o
+\textsl{tempo di CPU}.
+
+
+
+\subsection{La gestione del \textit{process time}}
+\label{sec:sys_cpu_times}
+
+Di norma tutte le operazioni del sistema fanno sempre riferimento al
+\textit{calendar time}, l'uso del \textit{process time} è riservato a quei
+casi in cui serve conoscere i tempi di esecuzione di un processo (ad esempio
+per valutarne l'efficienza). In tal caso infatti fare ricorso al
+\textit{calendar time} è inutile in quanto il tempo può essere trascorso mentre
+un altro processo era in esecuzione o in attesa del risultato di una
+operazione di I/O.
+
+La funzione più semplice per leggere il \textit{process time} di un processo è
+\func{clock}, che da una valutazione approssimativa del tempo di CPU
+utilizzato dallo stesso; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{time.h}{clock\_t clock(void)}
+ Legge il valore corrente del tempo di CPU.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il tempo di CPU usato dal programma e -1 in
+ caso di errore.}
+\end{prototype}
+
+La funzione restituisce il tempo in tick, quindi se si vuole il tempo in
+secondi occorre moltiplicare il risultato per la costante
+\macro{CLOCKS\_PER\_SEC}.\footnote{le \acr{glibc} seguono lo standard ANSI C,
+ POSIX richiede che \macro{CLOCKS\_PER\_SEC} sia definito pari a 1000000
+ indipendentemente dalla risoluzione del timer di sistema.} In genere
+\type{clock\_t} viene rappresentato come intero a 32 bit, il che comporta un
+valore massimo corrispondente a circa 72 minuti, dopo i quali il contatore
+riprenderà lo stesso valore iniziale.
+
+Come accennato in \secref{sec:sys_unix_time} il tempo di CPU è la somma di
+altri due tempi, l'\textit{user time} ed il \textit{system time} che sono
+quelli effettivamente mantenuti dal kernel per ciascun processo. Questi
+possono essere letti attraverso la funzione \func{times}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/times.h}{clock\_t times(struct tms *buf)}
+ Legge in \param{buf} il valore corrente dei tempi di processore.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il numero di clock tick dall'avvio del sistema
+ in caso di successo e -1 in caso di errore.}
+\end{prototype}
+
+La funzione restituisce i valori di process time del processo corrente in una
+struttura di tipo \var{tms}, la cui definizione è riportata in
+\secref{fig:sys_tms_struct}. La struttura prevede quattro campi; i primi due,
+\var{tms\_utime} e \var{tms\_stime}, sono l'\textit{user time} ed il
+\textit{system time} del processo, così come definiti in
+\secref{sec:sys_unix_time}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct tms {
+ clock_t tms_utime; /* user time */
+ clock_t tms_stime; /* system time */
+ clock_t tms_cutime; /* user time of children */
+ clock_t tms_cstime; /* system time of children */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{tms} dei tempi di processore associati a un
+ processo.}
+ \label{fig:sys_tms_struct}
+\end{figure}
+
+Gli altri due campi mantengono rispettivamente la somma dell'\textit{user
+ time} ed del \textit{system time} di tutti i processi figli che sono
+terminati; il kernel cioè somma in \var{tms\_cutime} il valore di
+\var{tms\_utime} e \var{tms\_cutime} per ciascun figlio del quale è stato
+ricevuto lo stato di terminazione, e lo stesso vale per \var{tms\_cstime}.
+
+Si tenga conto che l'aggiornamento di \var{tms\_cutime} e \var{tms\_cstime}
+viene eseguito solo quando una chiamata a \func{wait} o \func{waitpid} è
+ritornata. Per questo motivo se un processo figlio termina prima di ricevere
+lo stato di terminazione di tutti i suoi figli, questi processi ``nipoti'' non
+verranno considerati nel calcolo di questi tempi.
+
+
+
+\subsection{Le funzioni per il \textit{calendar time}}
+\label{sec:sys_time_base}
+
+Come anticipato in \secref{sec:sys_unix_time} il \textit{calendar time} è
+mantenuto dal kernel in una variabile di tipo \type{time\_t}, che usualmente
+corrisponde ad un tipo nativo (in Linux è un intero a 32 bit). Il valore
+corrente del \textit{calendar time}, che indicheremo come \textsl{tempo di
+ sistema}, può essere ottenuto con la funzione \func{time} che lo restituisce
+in nel suddetto formato; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{time.h}{time\_t time(time\_t *t)}
+ Legge il valore corrente del \textit{calendar time}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il valore del \textit{calendar time} in caso
+ di successo e -1 in caso di errore, che può essere solo \macro{EFAULT}.}
+\end{prototype}
+\noindent dove \param{t}, se non nullo, deve essere l'indirizzo di una
+variabile su cui duplicare il valore di ritorno.
+
+Analoga a \func{time} è la funzione \func{stime} che serve per effettuare
+l'operazione inversa, e cioè per settare il tempo di sistema qualora questo
+sia necessario; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{time.h}{int stime(time\_t *t)}
+ Setta a \param{t} il valore corrente del \textit{calendar time}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
+ che può essere \macro{EFAULT} o \macro{EPERM}.}
+\end{prototype}
+\noindent dato che modificare l'ora ha un impatto su tutto il sistema
+il cambiamento dell'orologio è una operazione privilegiata e questa funzione
+può essere usata solo da un processo con i privilegi di amministratore,
+altrimenti la chiamata fallirà con un errore di \macro{EPERM}.
+
+Data la scarsa precisione nell'uso di \type{time\_t} (che ha una risoluzione
+massima di un secondo) quando si devono effettuare operazioni sui tempi di
+norma l'uso delle funzioni precedenti è sconsigliato, ed esse sono di solito
+sostituite da \func{gettimeofday} e \func{settimeofday},\footnote{le due
+ funzioni \func{time} e \func{stime} sono più antiche e derivano da SVr4,
+ \func{gettimeofday} e \func{settimeofday} sono state introdotte da BSD, ed
+ in BSD4.3 sono indicate come sostitute delle precedenti.} i cui prototipi
+sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/time.h}
+ \headdecl{time.h}
+
+ \funcdecl{int gettimeofday(struct timeval *tv, struct timezone *tz)}
+
+ Legge il tempo corrente del sistema.
+
+ \funcdecl{int settimeofday(const struct timeval *tv, const struct timezone
+ *tz)}
+
+ Setta il tempo di sistema.
+
+ \bodydesc{Entrambe le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in
+ caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere il valori
+ \macro{EINVAL} \macro{EFAULT} e per \func{settimeofday} anche
+ \macro{EPERM}.}
+\end{functions}
+
+Queste funzioni utilizzano una struttura di tipo \var{timeval}, la cui
+definizione, insieme a quella della analoga \var{timespec}, è riportata in
+\figref{fig:sys_timeval_struct}. Le \acr{glibc} infatti forniscono queste due
+rappresentazioni alternative del \textit{calendar time} che rispetto a
+\type{time\_t} consentono rispettivamente precisioni del microsecondo e del
+nanosecondo.\footnote{la precisione è solo teorica, la precisione reale della
+ misura del tempo dell'orologio di sistema non dipende dall'uso di queste
+ strutture.}
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct timeval
+{
+ long tv_sec; /* seconds */
+ long tv_usec; /* microseconds */
+};
+struct timespec {
+ time_t tv_sec; /* seconds */
+ long tv_nsec; /* nanoseconds */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Le strutture \var{timeval} e \var{timespec} usate per una
+ rappresentazione ad alta risoluzione del \textit{calendar time}.}
+ \label{fig:sys_timeval_struct}
+\end{figure}
+
+Come nel caso di \func{stime} anche \func{settimeofday} (e qualunque funzione
+vada a modificare l'orologio di sistema, come quelle che tratteremo in
+seguito) può essere utilizzata solo da un processo coi privilegi di
+amministratore. Il secondo parametro di entrambe le funzioni è una struttura
+\var{timezone}, che storicamente veniva utilizzata per specificare appunto la
+\textit{timezone}, cioè l'insieme del fuso orario e delle convenzioni per
+l'ora legale che permettevano il passaggio dal tempo universale all'ora
+locale. Questo parametro è obsoleto e in Linux non è mai stato utilizzato e
+non è supportato né dalle vecchie \textsl{libc5}, né dalle \textsl{glibc}:
+pertanto deve essere sempre settato a \macro{NULL}.
+
+Modificare l'orologio di sistema con queste funzioni è comunque problematico,
+in quanto esse effettuano un cambiamento immediato. Questo può creare dei
+buchi o delle ripetizioni nello scorrere dell'orologio di sistema, con
+conseguenze indesiderate; ad esempio se si porta avanti l'orologio si possono
+perdere delle esecuzioni di \cmd{cron} programmate nell'intervallo che si è
+saltato. Per questo motivo la modalità più corretta per settare l'ora è quella
+di usare la funzione \func{adjtime}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/time.h}
+{int adjtime(const struct timeval *delta, struct timeval *olddelta)}
+
+ Aggiusta del valore \param{delta} l'orologio di sistema.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \macro{EPERM}.}
+\end{prototype}
+
+Questa funzione permette di avere un aggiustamento graduale del tempo di
+sistema in modo che esso sia sempre crescente in maniera monotona. Il valore
+di \param{delta} esprime il valore di cui si vuole spostare l'orologio; se è
+positivo l'orologio sarà accelerato per un certo tempo in modo da guadagnare
+il tempo richiesto, altrimenti sarà rallentato. Il secondo parametro viene
+usato, se non nullo, per ricevere il valore dell'ultimo aggiustamento
+effettuato.
+
+Linux poi prevede un'altra funzione, \func{adjtimex}, che consente un
+aggiustamento molto più dettagliato, permettendo ad esempio anche di
+modificare anche la velocità dell'orologio di sistema. Il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/timex.h}
+{int adjtimex(struct timex *buf)}
+
+ Aggiusta del valore \param{delta} l'orologio di sistema.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce lo stato dell'orologio (un valore $>0$) in
+ caso di successo e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno}
+ assumerà i valori \macro{EFAULT}, \macro{EINVAL} ed \macro{EPERM}.}
+\end{prototype}
+
+La funzione richiede una struttura di tipo \var{timex}, la cui definizione,
+così come effettuata in \file{sys/timex.h}, è riportata in
+\figref{fig:sys_timex_struct}. L'azione della funzione dipende dal valore del
+campo \var{mode}, che specifica quale parametro dell'orologio di sistema,
+specificato in un opportuno campo di \var{timex}, deve essere settato. Un
+valore nullo serve per leggere i parametri correnti; i valori diversi da zero
+devono essere specificati come OR binario delle costanti riportate in
+\secref{tab:sys_timex_mode}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct timex {
+ unsigned int modes; /* mode selector */
+ long int offset; /* time offset (usec) */
+ long int freq; /* frequency offset (scaled ppm) */
+ long int maxerror; /* maximum error (usec) */
+ long int esterror; /* estimated error (usec) */
+ int status; /* clock command/status */
+ long int constant; /* pll time constant */
+ long int precision; /* clock precision (usec) (read only) */
+ long int tolerance; /* clock frequency tolerance (ppm) (read only) */
+ struct timeval time; /* (read only) */
+ long int tick; /* (modified) usecs between clock ticks */
+ long int ppsfreq; /* pps frequency (scaled ppm) (ro) */
+ long int jitter; /* pps jitter (us) (ro) */
+ int shift; /* interval duration (s) (shift) (ro) */
+ long int stabil; /* pps stability (scaled ppm) (ro) */
+ long int jitcnt; /* jitter limit exceeded (ro) */
+ long int calcnt; /* calibration intervals (ro) */
+ long int errcnt; /* calibration errors (ro) */
+ long int stbcnt; /* stability limit exceeded (ro) */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{timex} per il controllo dell'orologio di sistema.}
+ \label{fig:sys_timex_struct}
+\end{figure}
+
+La funzione utilizza il meccanismo di David L. Mills, descritto nell'RFC~1305,
+che è alla base del protocollo NTP; la funzione è specifica di Linux e non
+deve essere usata se la portabilità è un requisito, le \acr{glibc} provvedono
+anche un suo omonimo \func{ntp\_adjtime}. La trattazione completa di questa
+funzione necessita di una lettura approfondita del meccanismo descritto
+nell'RFC~1305, ci limitiamo a descrivere in \tabref{tab:sys_timex_mode} i
+principali valori utilizzabili per il campo \var{mode}, un elenco più
+dettagliato del significato dei vari campi della struttura \var{timex} può
+essere ritrovato in \cite{glibc}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|c| p{10cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Nome} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{ADJ\_OFFSET} & 0x0001 & Setta la differenza fra il tempo
+ reale e l'orologio di sistema, che
+ deve essere indicata in microsecondi
+ nel campo \var{offset} di
+ \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_FREQUENCY} & 0x0002 & Setta la differenze in frequenza
+ fra il tempo reale e l'orologio di
+ sistema, che deve essere indicata
+ in parti per milione nel campo
+ \var{frequency} di \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_MAXERROR} & 0x0004 & Setta il valore massimo dell'errore
+ sul tempo, espresso in microsecondi
+ nel campo \var{maxerror} di
+ \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_ESTERROR} & 0x0008 & Setta la stima dell'errore
+ sul tempo, espresso in microsecondi
+ nel campo \var{esterror} di
+ \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_STATUS} & 0x0010 & Setta alcuni
+ valori di stato interni usati dal
+ sistema nella gestione
+ dell'orologio specificati nel campo
+ \var{status} di \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_TIMECONST} & 0x0020 & Setta la larghezza di banda del PLL
+ implementato dal kernel,
+ specificato nel campo
+ \var{constant} di \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_TICK} & 0x4000 & Setta il valore dei tick del timer
+ in microsecondi, espresso nel campo
+ \var{tick} di \var{timex}.\\
+ \macro{ADJ\_OFFSET\_SINGLESHOT}&0x8001&Setta uno spostamento una tantum
+ dell'orologio secondo il valore del
+ campo \var{offset} simulando il
+ comportamento di \func{adjtime}.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Costanti per l'assegnazione del valore del campo \var{mode} della
+ struttura \var{timex}.}
+ \label{tab:sys_timex_mode}
+\end{table}
+
+Il valore delle costanti per \var{mode} può essere anche espresso, secondo la
+sintassi specificata per la forma equivalente di questa funzione definita come
+\func{ntp\_adjtime}, utilizzando il prefisso \macro{MOD} al posto di
+\macro{ADJ}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|c| p{10cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Nome} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{TIME\_OK} & 0 & L'orologio è sincronizzato.\\
+ \macro{TIME\_INS} & 1 & insert leap second.\\
+ \macro{TIME\_DEL} & 2 & delete leap second.\\
+ \macro{TIME\_OOP} & 3 & leap second in progress.\\
+ \macro{TIME\_WAIT} & 4 & leap second has occurred.\\
+ \macro{TIME\_BAD} & 5 & L'orologio non è sincronizzato.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Possibili valori di ritorno di \func{adjtimex}.}
+ \label{tab:sys_adjtimex_return}
+\end{table}
+
+La funzione ritorna un valore positivo che esprime lo stato dell'orologio di
+sistema; questo può assumere i valori riportati in
+\tabref{tab:sys_adjtimex_return}. Un valore di -1 viene usato per riportare
+un errore; al solito se si cercherà di modificare l'orologio di sistema
+(specificando un \var{mode} diverso da zero) senza avere i privilegi di
+amministratore si otterrà un errore di \macro{EPERM}.
+
+
+\subsection{La gestione delle date.}
+\label{sec:sys_date}
+
+Le funzioni viste al paragrafo precedente sono molto utili per trattare le
+operazioni elementari sui tempi, però le rappresentazioni del tempo ivi
+illustrate, se han senso per specificare un intervallo, non sono molto
+intuitive quando si deve esprimere un'ora o una data. Per questo motivo è
+stata introdotta una ulteriore rappresentazione, detta \textit{broken-down
+ time}, che permette appunto di \textsl{suddividere} il \textit{calendar
+ time} usuale in ore, minuti, secondi, ecc.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct tm {
+ int tm_sec; /* seconds */
+ int tm_min; /* minutes */
+ int tm_hour; /* hours */
+ int tm_mday; /* day of the month */
+ int tm_mon; /* month */
+ int tm_year; /* year */
+ int tm_wday; /* day of the week */
+ int tm_yday; /* day in the year */
+ int tm_isdst; /* daylight saving time */
+ long int tm_gmtoff; /* Seconds east of UTC. */
+ cost char *tm_zone; /* Timezone abbreviation. */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{tm} per una rappresentazione del tempo in termini
+ di ora, minuti, secondi, ecc.}
+ \label{fig:sys_tm_struct}
+\end{figure}
+
+Questo viene effettuato attraverso una opportuna struttura \var{tm}, la cui
+definizione è riportata in \figref{fig:sys_tm_struct}, ed è in genere questa
+struttura che si utilizza quando si deve specificare un tempo a partire dai
+dati naturali (ora e data), dato che essa consente anche di trattare la
+gestione del fuso orario e dell'ora legale.\footnote{in realtà i due campi
+ \var{tm\_gmtoff} e \var{tm\_zone} sono estensioni previste da BSD e dalle
+ \acr{glibc}, che, quando è definita \macro{\_BSD\_SOURCE}, hanno la forma in
+ \figref{fig:sys_tm_struct}.}
+
+Le funzioni per la gestione del \textit{broken-down time} sono varie e vanno
+da quelle usate per convertire gli altri formati in questo, usando o meno
+l'ora locale o il tempo universale, a quelle per trasformare il valore di un
+tempo in una stringa contenente data ed ora, i loro prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{time.h}
+ \funcdecl{char *asctime(const struct tm *tm)}
+ Produce una stringa con data e ora partendo da un valore espresso in
+ \textit{broken-down time}.
+
+ \funcdecl{char *ctime(const time\_t *timep)}
+ Produce una stringa con data e ora partendo da un valore espresso in
+ in formato \type{time\_t}.
+
+ \funcdecl{struct tm *gmtime(const time\_t *timep)}
+ Converte il \textit{calendar time} dato in formato \type{time\_t} in un
+ \textit{broken-down time} espresso in UTC.
+ \funcdecl{struct tm *localtime(const time\_t *timep)}
+ Converte il \textit{calendar time} dato in formato \type{time\_t} in un
+ \textit{broken-down time} espresso nell'ora locale.
+
+ \funcdecl{time\_t mktime(struct tm *tm)}
+ Converte il \textit{broken-down time} in formato \type{time\_t}.
+
+ \bodydesc{Tutte le funzioni restituiscono un puntatore al risultato in caso
+ di successo e \macro{NULL} in caso di errore, tranne che \func{mktime} che
+ restituisce direttamente il valore o -1 in caso di errore.}
+\end{functions}
+
+Le prime due funzioni, \func{asctime} e \func{ctime} servono per poter
+stampare in forma leggibile un tempo; esse restituiscono il puntatore ad una
+stringa, allocata staticamente, nella forma:
+\begin{verbatim}
+"Wed Jun 30 21:49:08 1993\n"
+\end{verbatim}
+e settano anche la variabile \var{tzname} con l'informazione della \textit{time
+ zone} corrente; \func{ctime} è banalmente definita in termini di
+\func{asctime} come \code{asctime(localtime(t)}. Dato che l'uso di una stringa
+statica rende le funzioni non rientranti POSIX.1c e SUSv2 prevedono due
+sostitute rientranti, il cui nome è al solito ottenuto appendendo un
+\code{\_r}, che prendono un secondo parametro \code{char *buf}, in cui
+l'utente deve specificare il buffer su cui la stringa deve essere copiata
+(deve essere di almeno 26 caratteri).
+
+Le altre tre funzioni, \func{gmtime}, \func{localtime} e \func{mktime} servono
+per convertire il tempo dal formato \type{time\_t} a quello di \var{tm} e
+viceversa; \func{gmtime} effettua la conversione usando il tempo coordinato
+universale (UTC), cioè l'ora di Greenwich; mentre \func{localtime} usa l'ora
+locale; \func{mktime} esegue la conversione inversa.
+
+Anche in questo caso le prime due funzioni restituiscono l'indirizzo di una
+struttura allocata staticamente, per questo sono state definite anche altre
+due versioni rientranti (con la solita estensione \code{\_r}), che prevedono
+un secondo parametro \code{struct tm *result}, fornito dal chiamante, che deve
+preallocare la struttura su cui sarà restituita la conversione.
+
+Come mostrato in \figref{fig:sys_tm_struct} il \textit{broken-down time}
+permette di tenere conto anche della differenza fra tempo universale e ora
+locale, compresa l'eventuale ora legale. Questo viene fatto attraverso le tre
+variabili globali mostrate in \figref{fig:sys_tzname}, cui si accede quando si
+include \file{time.h}. Queste variabili vengono settate quando si chiama una
+delle precedenti funzioni di conversione, oppure invocando direttamente la
+funzione \func{tzset}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/timex.h}
+{void tzset(void)}
+
+ Setta le variabili globali della \textit{time zone}.
+
+ \bodydesc{La funzione non ritorna niente e non dà errori.}
+\end{prototype}
+La funzione inizializza le variabili di \figref{fig:sys_tzname} a partire dal
+valore della variabile di ambiente \macro{TZ}, se quest'ultima non è definita
+verrà usato il file \file{/etc/localtime}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+extern char *tzname[2];
+extern long timezone;
+extern int daylight;
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Le variabili globali usate per la gestione delle \textit{time
+ zone}.}
+ \label{fig:sys_tzname}
+\end{figure}
+
+La variabile \var{tzname} contiene due stringhe, che indicano i due nomi
+standard della \textit{time zone} corrente. La prima è il nome per l'ora
+solare, la seconda per l'ora legale.\footnote{anche se sono indicati come
+ \code{char *} non è il caso di modificare queste stringhe.} La variabile
+\var{timezone} indica la differenza di fuso orario in secondi, mentre
+\var{daylight} indica se è attiva o meno l'ora legale.
+
+Benché la funzione \func{asctime} fornisca la modalità più immediata per
+stampare un tempo o una data, la flessibilità non fa parte delle sue
+caratteristiche; quando si vuole poter stampare solo una parte (l'ora, o il
+gionrno) di un tempo si può ricorrere alla più sofisticata \func{strftime}, il
+cui prototipo è:
+\begin{prototype}{time.h}
+{size\_t strftime(char *s, size\_t max, const char *format,
+ const struct tm *tm)}
+
+Stampa il tempo \param{tm} nella stringa \param{s} secondo il formato
+\param{format}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il numero di caratteri stampati in \param{s},
+ altrimenti restuisce 0.}
+\end{prototype}
+
+La funzione converte opportunamente il tempo \param{tm} in una stringa di
+testo da salvare in \param{s}, purché essa sia di dimensione, indicata da
+\param{size}, sufficiente. I caratteri generati dalla funzione vengono
+restituiti come valore di ritorno, ma non tengono conto del terminatore
+finale, che invece viene considerato nel computo della dimensione; se
+quest'ultima è eccessiva viene restituito 0 e lo stato di \param{s} è
+indefinito.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|c|l|p{6cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Modificatore} & \textbf{Esempio} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{\%a}&\texttt{Wed} & Nome del giorno, abbreviato.\\
+ \macro{\%A}&\texttt{Wednesday} & Nome del giorno, completo.\\
+ \macro{\%b}&\texttt{Apr} & Nome del mese, abbreviato.\\
+ \macro{\%B}&\texttt{April} & Nome del mese, completo.\\
+ \macro{\%c}&\texttt{Wed Apr 24 18:40:50 2002}& Data e ora.\\
+ \macro{\%d}&\texttt{24} & Giorno del mese.\\
+ \macro{\%H}&\texttt{18} & Ora del giorno, da 0 a 24.\\
+ \macro{\%I}&\texttt{06} & Ora del giorno, da 0 a 12.\\
+ \macro{\%j}&\texttt{114} & Giorno dell'anno.\\
+ \macro{\%m}&\texttt{04} & Mese dell'anno.\\
+ \macro{\%M}&\texttt{40} & Minuto.\\
+ \macro{\%p}&\texttt{PM} & AM/PM.\\
+ \macro{\%S}&\texttt{50} & Secondo.\\
+ \macro{\%U}&\texttt{16} & Settimana dell'anno (partendo dalla
+ domenica).\\
+ \macro{\%w}&\texttt{3} & Giorno della settimana. \\
+ \macro{\%W}&\texttt{16} & Settimana dell'anno (partendo dal
+ lunedì).\\
+ \macro{\%x}&\texttt{04/24/02} & La data.\\
+ \macro{\%X}&\texttt{18:40:50} & L'ora.\\
+ \macro{\%y}&\texttt{02} & Anno nel secolo.\\
+ \macro{\%Y}&\texttt{2002} & Anno.\\
+ \macro{\%Z}&\texttt{CEST} & Nome della \textit{timezone}.\\
+ \macro{\%\%}&\texttt{\%} & Il carattere \%.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori previsti dallo standard ANSI C per modificatore della
+ stringa di formato di \func{strftime}.}
+ \label{tab:sys_strftime_format}
+\end{table}
+
+Il risultato della funzione è controllato dalla stringa di formato
+\param{format}, tutti i caratteri restano invariati eccetto \texttt{\%} che
+viene utilizzato come modificatore; alcuni\footnote{per la precisione quelli
+ definiti dallo standard ANSI C, che sono anche quelli riportati da POSIX.1;
+ le \acr{glibc} provvedono tutte le estensioni introdotte da POSIX.2 per il
+ comando \cmd{date}, i valori introdotti da SVID3 e ulteriori estensioni GNU;
+ l'elenco completo dei possibili valori è riportato nella pagina di manuale
+ della funzione.} dei possibili valori che esso può assumere sono ripotati in
+\tabref{tab:sys_strftime_format}. La funzione tiene conto anche della presenza
+di una localizzazione per stampare in maniera adeguata i vari nomi.
\section{La gestione degli errori}
\subsection{La variabile \var{errno}}
\label{sec:sys_errno}
-Quasi tutte le funzioni delle librerie del C sono in grado di individuare e
+Quasi tutte le funzioni delle librerie del C sono in grado di individuare e
riportare condizioni di errore, ed è una buona norma di programmazione
controllare sempre che le funzioni chiamate si siano concluse correttamente.
prima funzione che si può usare per ricavare i messaggi di errore è
\func{strerror}, il cui prototipo è:
\begin{prototype}{string.h}{char *strerror(int errnum)}
- Ritorna una stringa (statica) che descrive l'errore il cui codice è passato
- come parametro.
+ Restituisce una stringa con il messaggio di errore relativo ad
+ \param{errnum}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il puntatore alla stringa col messaggio di
+ errore in caso di successo e \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso
+ \var{errno} sarà settata a \macro{EINVAL} se si è specificato un numero di
+ errore non valido.}
\end{prototype}
In generale \func{strerror} viene usata passando \var{errno} come parametro;
nel caso si specifichi un codice sbagliato verrà restituito un messaggio di
-errore sconosciuto. La funzione utilizza una stringa statica che non deve
-essere modificata dal programma e che è utilizzabile solo fino ad una chiamata
-successiva a \func{strerror}; nel caso si usino i thread è
-provvista\footnote{questa funzione è una estensione GNU, non fa parte dello
- standard POSIX.} una versione apposita:
+errore sconosciuto, e la funzione restituirà come errore \macro{EINVAL}. La
+funzione tiene conto del valore della variabile di ambiente
+\macro{LC\_MESSAGES} per usare eventuali traduzioni dei messaggi d'errore
+nella localizzazione presente.
+
+La funzione utilizza una stringa statica che non deve essere modificata dal
+programma e che è utilizzabile solo fino ad una chiamata successiva a
+\func{strerror}; per questo motivo non è rientrante e nel caso si usino i
+thread è provvista\footnote{questa funzione è la versione prevista dalle
+ \acr{glibc}, ed effettivamente definita in \file{string.h}, ne esiste una
+ analoga nello standard SUSv3 (quella riportata dalla man page), che
+ restituisce \code{int} al posto di \code{char *}, e che tronca la stringa
+ restituita a \param{size}.} una versione apposita:
\begin{prototype}{string.h}
-{char *strerror\_r(int errnum, char *buff, size\_t size)}
- Analoga a \func{strerror} ma ritorna il messaggio in un buffer
- specificato da \param{buff} di lunghezza massima (compreso il terminatore)
- \param{size}.
+ {char * strerror\_r(int errnum, char *buf, size\_t size)}
+
+ Analoga a \func{strerror} ma usa il buffer \param{buf} di lunghezza massima
+ (compreso il terminatore) \param{size}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce il puntatore alla stringa; in caso di
+ errore \var{errno} oltre a \macro{EINVAL} può assumere anche il valore
+ \macro{ERANGE} per indicare che non c'è sufficiente memoria per contenere
+ la stringa di descrizione.}
\end{prototype}
\noindent
che utilizza un buffer che il singolo thread deve allocare, per evitare i
-problemi connessi alla condivisione del buffer statico. Infine, per completare
-la caratterizzazione dell'errore, si può usare anche la variabile
-globale\footnote{anche questa è un'estensione GNU.}
-\var{program\_invocation\_short\_name} che riporta il nome del programma
-attualmente in esecuzione.
+problemi connessi alla condivisione del buffer statico. La funzione
+restituisce l'indirizzo della stringa usata, che può essere contenuta nel
+buffer specificato da \param{buf}, per una lunghezza non superiore a
+\param{size}, nel qual caso la stringa sarebbe troncata e terminata con
+\macro{NUL}.
+
Una seconda funzione usata per riportare i codici di errore in maniera
automatizzata sullo standard error (vedi \secref{sec:file_std_descr}) è
\func{perror}, il cui prototipo è:
-\begin{prototype}{stdio.h}{void perror (const char *message)}
+\begin{prototype}{stdio.h}{void perror(const char *message)}
Stampa il messaggio di errore relativo al valore corrente di \var{errno}
sullo standard error; preceduto dalla stringa \var{message}.
\end{prototype}
-i messaggi di errore stampati sono gli stessi di \func{strerror}, (riportati
+
+I messaggi di errore stampati sono gli stessi di \func{strerror}, (riportati
in \capref{cha:errors}), e, usando il valore corrente di \var{errno}, si
riferiscono all'ultimo errore avvenuto. La stringa specificata con
\var{message} viene stampato prime del messaggio d'errore, seguita dai due
l'utilizzo di questa stringa è sostanzialmente equivalente a quello di
\func{strerror}.
-In \nfig\ è riportata la sezione attinente del codice del programma
-\cmd{errcode}, che può essere usato per stampare i messaggi di errore e le
-costanti usate per identificare i singoli errori; il sorgente completo del
-programma è allegato nel file \file{ErrCode.c} e contiene pure la gestione
-delle opzioni e tutte le definizioni necessarie ad associare il valore
-numerico alla costante simbolica. In particolare si è riportata la sezione che
-converte la stringa passata come parametro in un intero (\texttt{\small
- 1--2}), controllando con i valori di ritorno di \func{strtol} che la
-conversione sia avvenuta correttamente (\texttt{\small 4--10}), e poi stampa,
-a seconda dell'opzione scelta il messaggio di errore (\texttt{\small 11--14})
-o la macro (\texttt{\small 15--17}) associate a quel codice.
-
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize
\begin{lstlisting}{}
\label{fig:sys_err_mess}
\end{figure}
+In \figref{fig:sys_err_mess} è riportata la sezione attinente del codice del
+programma \cmd{errcode}, che può essere usato per stampare i messaggi di
+errore e le costanti usate per identificare i singoli errori; il sorgente
+completo del programma è allegato nel file \file{ErrCode.c} e contiene pure la
+gestione delle opzioni e tutte le definizioni necessarie ad associare il
+valore numerico alla costante simbolica. In particolare si è riportata la
+sezione che converte la stringa passata come parametro in un intero
+(\texttt{\small 1--2}), controllando con i valori di ritorno di \func{strtol}
+che la conversione sia avvenuta correttamente (\texttt{\small 4--10}), e poi
+stampa, a seconda dell'opzione scelta il messaggio di errore (\texttt{\small
+ 11--14}) o la macro (\texttt{\small 15--17}) associate a quel codice.
+
+
+
+\subsection{Alcune estensioni GNU}
+\label{sec:sys_err_GNU}
+
+Le precedenti funzioni sono quelle definite ed usate nei vari standard; le
+\acr{glibc} hanno però introdotto una serie di estensioni ``GNU'' che
+forniscono alcune funzionalità aggiuntive per una gestione degli errori
+semplificata e più efficiente.
+
+La prima estensione consiste in due variabili, \code{char *
+ program\_invocation\_name} e \code{char * program\_invocation\_short\_name}
+servono per ricavare il nome del programma; queste sono utili quando si deve
+aggiungere il nome del programma (cosa comune quando si ha un programma che
+non viene lanciato da linea di comando e salva gli errori in un file di log)
+al messaggio d'errore. La prima contiene il nome usato per lanciare il
+programma (ed è equivalente ad \code{argv[0]}); la seconda mantiene solo il
+nome del programma (senza eventuali directory in testa).
+
+Uno dei problemi che si hanno con l'uso di \func{perror} è che non c'è
+flessibilità su quello che si può aggiungere al messaggio di errore, che può
+essere solo una stringa. In molte occasioni invece serve poter scrivere dei
+messaggi con maggiore informazione; ad esempio negli standard di
+programmazione GNU si richiede che ogni messaggio di errore sia preceduto dal
+nome del programma, ed in generale si può voler stampare il contenuto di
+qualche variabile; per questo le \acr{glibc} definiscono la funzione
+\func{error}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{stdio.h}
+{void error(int status, int errnum, const char *format, ...)}
+
+Stampa un messaggio di errore formattato.
+
+\bodydesc{La funzione non restituisce nulla e non riporta errori.}
+\end{prototype}
+
+La funzione fa parte delle estensioni GNU per la gestione degli errori,
+l'argomento \param{format} prende la stessa sintassi di \func{printf}, ed i
+relativi parametri devono essere forniti allo stesso modo, mentre
+\param{errnum} indica l'errore che si vuole segnalare (non viene quindi usato
+il valore corrente di \var{errno}); la funzione stampa sullo standard error il
+nome del programma, come indicato dalla variabile globale \var{program\_name},
+seguito da due punti ed uno spazio, poi dalla stringa generata da
+\param{format} e dagli argomenti seguenti, seguita da due punti ed uno spazio
+infine il messaggio di errore relativo ad \param{errnum}, il tutto è terminato
+da un a capo.
+
+Il comportamento della funzione può essere ulteriormente controllato se si
+definisce una variabile \var{error\_print\_progname} come puntatore ad una
+funzione \ctyp{void} che restituisce \ctyp{void} che si incarichi di stampare
+il nome del programma.
+
+L'argomento \param{status} può essere usato per terminare direttamente il
+programma in caso di errore, nel qual caso \func{error} dopo la stampa del
+messaggio di errore chiama \func{exit} con questo stato di uscita. Se invece
+il valore è nullo \func{error} ritorna normalmente ma viene incrementata
+un'altra variabile globale, \var{error\_message\_count}, che tiene conto di
+quanti errori ci sono stati.
+
+Un'altra funzione per la stampa degli errori, ancora più sofisticata, è
+\func{error\_at\_line}, che prende due argomenti aggiuntivi per indicare linea
+e file su cui è avvenuto l'errore; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{stdio.h}
+{void error\_at\_line(int status, int errnum, const char *fname,
+ unsigned int lineno, const char *format, ...)}
+
+Stampa un messaggio di errore formattato.
+
+\bodydesc{La funzione non restituisce nulla e non riporta errori.}
+\end{prototype}
+\noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{error} se non
+per il fatto che, separati con il solito due punti-spazio, vengono inseriti un
+nome di file indicato da \param{fname} ed un numero di linea subito dopo la
+stampa del nome del programma. Inoltre essa usa un'altra variabile globale,
+\var{error\_one\_per\_line}, che settata ad un valore diverso da zero fa si
+che errori relativi alla stessa linea non vengano ripetuti.
+
+
%%% Local Variables: