+installare l'azione di di default.\footnote{si ricordi però che i due segnali
+ \macro{SIGKILL} e \macro{SIGSTOP} non possono essere ignorati né
+ intercettati.}
+
+La funzione restituisce l'indirizzo dell'azione precedente, che può essere
+salvato per poterlo ripristinare (con un'altra chiamata a \func{signal}) in un
+secondo tempo. Si ricordi che se si setta come azione \macro{SIG\_IGN} (o si
+setta un \macro{SIG\_DFL} per un segnale il cui default è di essere ignorato),
+tutti i segnali pendenti saranno scartati, e non verranno mai notificati.
+
+L'uso di \func{signal} è soggetto a problemi di compatibilità, dato che essa
+si comporta in maniera diversa per sistemi derivati da BSD o da System V. In
+questi ultimi infatti la funzione è conforme al comportamento originale dei
+primi Unix in cui il manipolatore viene disinstallato alla sua chiamata
+secondo la semantica inaffidabile; Linux seguiva questa convenzione fino alle
+\acr{libc5}. Al contrario BSD segue la semantica affidabile, non resettando il
+manipolatore e bloccando il segnale durante l'esecuzione dello stesso. Con
+l'utilizzo delle \acr{glibc2} anche Linux è passato a questo comportamento;
+quello della versione originale della funzione, il cui uso è deprecato per i
+motivi visti in \secref{sec:sig_semantics}, può essere ottenuto chiamando
+\func{sysv\_signal}. In generale, per evitare questi problemi, tutti i nuovi
+programmi dovrebbero usare \func{sigaction}.
+
+È da tenere presente che, seguendo lo standard POSIX, il comportamento di un
+processo che ignora i segnali \macro{SIGFPE}, \macro{SIGILL}, o
+\macro{SIGSEGV} (qualora non originino da una \func{kill} o una \func{raise})
+è indefinito. Un manipolatore che ritorna da questi segnali può dare luogo ad
+un ciclo infinito.
+
+
+\subsection{Le funzioni \func{kill} e \func{raise}}
+\label{sec:sig_kill_raise}
+
+Come accennato in \secref{sec:sig_types}, un segnale può essere generato
+direttamente da un processo. L'invio di un segnale generico può essere
+effettuato attraverso delle funzioni \func{kill} e \func{raise}. La prima
+serve per inviare un segnale al processo corrente, ed il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}{int raise(int sig)}
+ Invia il segnale \param{sig} al processo corrente.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore, il solo errore restituito è \macro{EINVAL} qualora si sia
+ specificato un numero di segnale invalido.}
+\end{prototype}
+
+Il valore di \param{sig} specifica il segnale che si vuole inviare e può
+essere specificato con una delle macro definite in
+\secref{sec:sig_classification}. In genere questa funzione viene usata per
+riprodurre il comportamento di default di un segnale che sia stato
+intercettato. In questo caso, una volta eseguite le operazioni volute, il
+manipolatore potrà reinstallare l'azione di default, e attivarla con
+\func{raise}.
+
+Se invece si vuole inviare un segnale ad un altro processo occorre utilizzare
+la funzione \func{kill}; il suo prototipo è:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/types.h}
+ \headdecl{signal.h}
+ \funcdecl{int kill(pid\_t pid, int sig)} Invia il segnale \param{sig} al
+ processo specificato con \param{pid}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EINVAL}] Si è specificato un numero di segnale invalido.
+ \item[\macro{EPERM}] Il processo non ha il permesso di inviare il segnale
+ alla destinazione specificata.
+ \item[\macro{ESRCH}] Il \acr{pid} o il process group indicati non
+ esistono. Gli zombie (vedi \ref{sec:proc_termination}) sono considerati come
+ processi esistenti.
+ \end{errlist}}
+\end{functions}
+
+La funzione \code{raise(sig)} è sostanzialmente equivalente ad una
+\code{kill(getpid(), sig)}. Siccome \func{raise}, che è definita nello
+standard ISO C, non esiste in alcune vecchie versioni di Unix, in generale
+l'uso di \func{kill} finisce per essere più portabile.
+
+Lo standard POSIX poi prevede che il valore 0 sia usato per specificare il
+segnale nullo. Se le funzioni vengono chiamate con questo valore non viene
+inviato nessun segnale, ma viene eseguito il controllo degli errori, in tal
+caso si otterrà un errore \macro{EPERM} se non si hanno i permessi necessari
+ed un errore \macro{ESRCH} se il processo specificato non esiste. Si tenga
+conto però che il sistema ricicla i \acr{pid} (come accennato in
+\secref{sec:proc_pid}) per cui l'esistenza di un processo non significa che
+esso sia realmente quello a cui si intendeva mandare il segnale.
+
+Il valore dell'argomento \param{pid} specifica il processo (o i processi) di
+destinazione a cui il segnale deve essere inviato e può assumere i valori
+riportati in \tabref{tab:sig_kill_values}.
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|r|l|}
+ \hline
+ \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
+ \hline
+ \hline
+ $>0$ & il segnale è mandato al processo con il \acr{pid} indicato.\\
+ 0 & il segnale è mandato ad ogni processo del \textit{process group}
+ del chiamante.\\
+ $-1$ & il segnale è mandato ad ogni processo (eccetto \cmd{init}).\\
+ $<-1$ & il segnale è mandato ad ogni processo del process group
+ $|\code{pid}|$.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori dell'argomento \param{pid} per la funzione
+ \func{kill}.}
+ \label{tab:sig_kill_values}
+\end{table}
+
+
+Solo l'amministratore può inviare un segnale ad un processo qualunque, in
+tutti gli altri casi il \textit{real user id} o l'\textit{effective user id}
+del processo chiamante devono corrispondere al \textit{real user id} o al
+\textit{saved user id} della destinazione. Fa eccezione il caso in cui il
+segnale inviato sia \macro{SIGCONT}, nel quale occorre che entrambi i processi
+appartengano alla stessa sessione. Inoltre, dato il ruolo fondamentale che
+riveste nel sistema (si ricordi quanto visto in \secref{sec:sig_termination}),
+non è possibile inviare al processo 1 (cioè a \cmd{init}) segnali per i quali
+esso non abbia un manipolatore installato.
+
+Infine, seguendo le specifiche POSIX 1003.1-2001, l'uso della chiamata
+\code{kill(-1, sig)} comporta che il segnale sia inviato (con la solita
+eccezione di \cmd{init}) a tutti i processi per i quali i permessi lo
+consentano. Lo standard permette comunque alle varie implementazione di
+escludere alcuni processi specifici: nel caso in questione Linux non invia il
+segnale al processo che ha effettuato la chiamata.
+
+
+\subsection{Le funzioni \func{alarm} e \func{abort}}
+\label{sec:sig_alarm_abort}
+
+Un caso particolare di segnali generati a richiesta è quello che riguarda i
+segnali di temporizzazione e e \macro{SIGABORT}, per i quali sono previste
+funzioni specifiche che ne effettuino l'invio. La prima di queste è
+\func{alarm} il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{unsigned int alarm(unsigned int seconds)}
+ Predispone l'invio di \macro{SIGALARM} dopo \param{seconds} secondi.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce il numero di secondi rimanenti ad un
+ precedente allarme, o zero se non c'erano allarmi pendenti.}
+\end{prototype}
+
+La funzione provvede un meccanismo che consente ad un processo di predisporre
+un'interruzione nel futuro, (ad esempio per effettuare una qualche operazione
+dopo un certo periodo di tempo), programmando l'emissione si un segnale di
+\macro{SIGALARM} dopo il numero di secondi specificato da \param{seconds}.
+
+Se si specifica per \param{seconds} un valore nullo non verrà inviato nessun
+segnale; siccome alla chiamata viene cancellato ogni precedente allarme,
+questo può essere usato per cancellare una programmazione precedente. La
+funzione inoltre ritorna il numero di secondi rimanenti all'invio dell'allarme
+precedentemente programmato, in modo che sia eventualmente possibile
+effettuare delle scelte in caso di necessità di più interruzioni.
+
+In \secref{sec:sys_unix_time} abbiamo visto che ad ogni processo sono
+associati tre tempi diversi: \textit{clock time}, \textit{user time} e
+\textit{system time}. Per poterli calcolare il kernel mantiene per ciascun
+processo tre diversi timer:
+\begin{itemize}
+\item un \textit{real-time timer} che calcola il tempo reale trascorso (che
+ corrisponde al \textit{clock time}). La scadenza di questo timer provoca
+ l'emissione di \macro{SIGALARM}.
+\item un \textit{virtual timer} che calcola il tempo di processore usato dal
+ processo in user space (che corrisponde all'\textit{user time}). La scadenza
+ di questo timer provoca l'emissione di \macro{SIGVTALRM}.
+\item un \textit{profiling timer} che calcola la somma dei tempi di processore
+ utilizzati direttamente dal processo in user space, e dal kernel nelle
+ system call ad esso relative (che corrisponde a quello che in
+ \secref{sec:sys_unix_time} abbiamo chiamato \textit{CPU time}). La scadenza
+ di questo timer provoca l'emissione di \macro{SIGPROF}.
+\end{itemize}
+
+Il timer usato da \func{alarm} è il \textit{clock time}, e corrisponde cioè al
+tempo reale. La funzione, pur essendo molto semplice, presenta numerosi
+limiti: non consente di usare gli altri timer, non può specificare intervalli
+con precisione maggiore del secondo e genera il segnale una sola volta.
+
+Per ovviare a questi limiti Linux deriva da BSD la funzione \func{setitimer}
+che permette di usare un timer qualunque e l'invio di segnali periodici, al
+costo però di una maggiore complessità d'uso e di una minore portabilità. Il
+suo prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/time.h}{int setitimer(int which, const struct
+ itimerval *value, struct itimerval *ovalue)}
+
+ Predispone l'invio di un segnale di allarme alla scadenza dell'intervallo
+ \param{value} sul timer specificato da \func{which}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \macro{EINVAL} e
+ \macro{EFAULT}.}
+\end{prototype}
+
+Il valore di \param{which} permette di specificare quale dei tre timer
+illustrati in precedenza usare; i possibili valori sono riportati in
+\tabref{tab:sig_setitimer_values}.
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|l|}
+ \hline
+ \textbf{Valore} & \textbf{Timer} \\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{ITIMER\_REAL} & \textit{real-time timer}\\
+ \macro{ITIMER\_VIRTUAL} & \textit{virtual timer}\\
+ \macro{ITIMER\_PROF} & \textit{profiling timer}\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori dell'argomento \param{which} per la funzione
+ \func{setitimer}.}
+ \label{tab:sig_setitimer_values}
+\end{table}
+
+Il valore della struttura specificata \param{value} viene usato per settare il
+timer, se il puntatore \param{ovalue} non è nullo il precedente valore viene
+salvato qui. I valori dei timer devono essere indicati attraverso una
+struttura \var{itimerval}, definita in \ref{fig:file_stat_struct}.
+
+La struttura è composta da due membri, il primo, \var{it\_interval} definisce
+il periodo del timer; il secondo, \var{it\_value} il tempo mancante alla
+scadenza. Entrambi esprimono i tempi tramite una struttura \var{timeval} che
+permette una precisione fino al microsecondo.
+
+Ciascun timer decrementa il valore di \var{it\_value} fino a zero, poi invia
+il segnale e resetta \var{it\_value} al valore di \var{it\_interval},
+ripetendo il ciclo; se \var{it\_interval} è nullo il timer si ferma.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
+struct itimerval {
+ struct timeval it_interval; /* next value */
+ struct timeval it_value; /* current value */
+};
+struct timeval {
+ long tv_sec; /* seconds */
+ long tv_usec; /* microseconds */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{itimerval}, che definisce i valori dei timer di
+ sistema.}
+ \label{fig:sig_itimerval}
+\end{figure}
+
+L'uso di \func{setitimer} consente dunque un controllo completo di tutte le
+caratteristiche dei timer, ed in effetti la stessa \func{alarm}, benché
+definita direttamente nello standard POSIX.1, può a sua volta essere espressa
+in termini di \func{setitimer}, come evidenziato dal manuale delle \acr{glibc}
+\cite{glibc} che ne riporta la definizione in \figref{fig:sig_alarm_def}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
+unsigned int alarm(unsigned int seconds)
+{
+ struct itimerval old, new;
+ new.it_interval.tv_usec = 0;
+ new.it_interval.tv_sec = 0;
+ new.it_value.tv_usec = 0;
+ new.it_value.tv_sec = (long int) seconds;
+ if (setitimer(ITIMER_REAL, &new, &old) < 0)
+ return 0;
+ else
+ return old.it_value.tv_sec;
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Definizione di \func{alarm} in termini di \func{setitimer}.}
+ \label{fig:sig_alarm_def}
+\end{figure}
+
+Si deve comunque tenere presente che la precisione di queste funzioni è
+limitata da quella del timer di sistema (in genere 10~ms). Il sistema assicura
+comunque che il segnale non sarà mai generato prima della scadenza programmata
+(l'arrotondamento cioè è sempre effettuato per eccesso). Una seconda causa di
+potenziali ritardi è che il segnale viene generato alla scadenza del timer,
+ma poi deve essere consegnato; se il processo è attivo (questo è sempre vero
+per \macro{ITIMER\_VIRT}) la consegna è immediata, altrimenti può esserci un
+ulteriore ritardo che può variare a seconda del carico del sistema.
+
+Dato che sia \func{alarm} che \func{setitimer} non consentono di leggere il
+valore corrente di un timer senza modificarlo, è possibile usare la funzione
+\func{getitimer}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/time.h}{int getitimer(int which, struct
+ itimerval *value)}
+
+ Legge in \param{value} il valore del timer specificato da \func{which}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore e restituisce gli stessi errori di \func{getitimer}}
+\end{prototype}
+\noindent i cui parametri hanno lo stesso significato e formato di quelli di
+\func{setitimer}.
+
+
+L'ultima funzione che permette l'invio diretto di un segnale è \func{abort};
+che, come accennato in \ref{sec:proc_termination}, permette di abortire
+l'esecuzione di un programma tramite l'invio di \macro{SIGABRT}. Il suo
+prototipo è:
+\begin{prototype}{stdlib.h}{void abort(void)}
+
+ Abortisce il processo corrente.
+
+ \bodydesc{La funzione non ritorna, il processo è terminato inviando il
+ segnale di \macro{SIGABRT}.}
+\end{prototype}
+
+La differenza fra questa funzione e l'uso di \func{raise} è che anche se il
+segnale è bloccato o ignorato, la funzione ha effetto lo stesso. Il segnale
+può però essere intercettato per effettuare eventuali operazioni di chiusura
+prima della terminazione del processo.
+
+Lo standard ANSI C richiede inoltre che anche se il manipolatore ritorna, la
+funzione non ritorni comunque. Lo standard POSIX.1 va oltre e richiede che se
+il processo non viene terminato direttamente dal manipolatore sia la stessa
+\func{abort} a farlo al ritorno dello stesso. Inoltre, sempre seguendo lo
+standard POSIX, prima della terminazione tutti i file aperti e gli stream
+saranno chiusi ed i buffer scaricati su disco. Non verranno invece eseguite le
+funzioni registrate con \func{at\_exit} e \func{on\_exit}.
+
+
+\subsection{Le funzioni \func{pause} e \func{sleep}}
+\label{sec:sig_pause_sleep}
+
+Il metodo tradizionale per fare attendere ad un processo fino all'arrivo di un
+segnale è quello di usare la funzione \func{pause}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{int pause(void)}
+
+ Pone il processo in stato di sleep fino al ritorno di un manipolatore.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna solo dopo che un segnale è stato ricevuto ed
+ il relativo manipolatore è ritornato, nel qual caso restituisce -1 e setta
+ \var{errno} a \macro{EINTR}.}
+\end{prototype}
+
+La funzione segnala sempre una condizione di errore (il successo sarebbe
+quello di aspettare indefinitamente). In genere si usa questa funzione quando
+si vuole mettere un processo in attesa di un qualche evento specifico che non
+è sotto il suo diretto controllo (ad esempio la si può usare per far reagire
+il processo ad un segnale inviato da un altro processo).
+
+
+Se invece si vuole fare attendere un processo per un determinato intervallo di
+tempo lo standard POSIX.1 definisce la funzione \func{sleep}, il cui prototipo
+è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{unsigned int sleep(unsigned int seconds)}
+
+ Pone il processo in stato di sleep per \param{seconds} secondi.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero se l'attesa viene completata, o il
+ numero di secondi restanti se viene interrotta da un segnale.}
+\end{prototype}
+
+La funzione attende per il tempo specificato, a meno di non essere interrotta
+da un segnale. In questo caso non è una buona idea ripetere la chiamata per il
+tempo rimanente, in quanto la riattivazione del processo può avvenire in un
+qualunque momento, ma il valore restituito sarà sempre arrotondato al secondo,
+con la conseguenza che, se la successione dei segnali è particolarmente
+sfortunata, si potranno avere ritardi anche di parecchi secondi. In genere la
+scelta più sicura è quella di stabilire un termine per l'attesa, e ricalcolare
+tutte le volte il numero di secondi da aspettare.
+
+In alcune implementazioni inoltre l'uso di \func{sleep} può avere conflitti
+con quello di \macro{SIGALRM}, dato che la funzione può essere realizzata
+attraverso \func{pause} e \func{alarm} (in maniera analoga all'esempio che
+vedremo in \ref{sec:sig_example}). In tal caso mescolare chiamata di
+\func{alarm} e \func{sleep} o modificare l'azione di \macro{SIGALRM}, può
+causare risultati indefiniti. Nel caso delle \acr{glibc} è stata usata una
+implementazione completamente indipendente e questi problemi non ci sono.
+
+La granularità di \func{sleep} permette di specificare attese in secondi, per
+questo sia sotto BSD4.3 che in SUSv2 è stata definita la funzione
+\func{usleep} (dove la \texttt{u} è intesa come sostituzione di $\mu$); i due
+standard hanno delle definizioni diverse, ma le \acr{glibc}
+seguono\footnote{secondo la man page almeno dalla versione 2.2.2.} seguono
+quella di SUSv2 che prevede il seguente prototipo:
+\begin{prototype}{unistd.h}{int usleep(unsigned long usec)}
+
+ Pone il processo in stato di sleep per \param{usec} microsecondi.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero se l'attesa viene completata, o -1 in
+ caso di errore, nel qual caso \var{errno} è settata a \macro{EINTR}.}
+
+\end{prototype}
+
+Anche questa funzione a seconda delle implementazioni può presentare problemi
+nell'interazione con \func{alarm} e \macro{SIGALRM}, ed è pertanto deprecata
+in favore di \func{nanosleep}, definita dallo standard POSIX1.b, il cui
+prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{int nanosleep(const struct timespec *req, struct
+ timespec *rem)}
+
+ Pone il processo in stato di sleep per il tempo specificato da \param{req}.
+ In caso di interruzione restituisce il tempo restante in \param{rem}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero se l'attesa viene completata, o -1 in
+ caso di errore, nel qual caso \var{errno} è settata a
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EINVAL}] si è specificato un numero di secondi negativo o un
+ numero di nanosecondi maggiore di 999.999.999.
+ \item[\macro{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
+ \end{errlist}}
+\end{prototype}
+
+Lo standard richiede che la funzione sia implementata in maniera del tutto
+indipendente da \func{alarm}\footnote{nel caso di Linux questo è fatto
+ utilizzando direttamente il timer del kernel.} e sia utilizzabile senza
+interferenze con l'uso di \macro{SIGALRM}. La funzione prende come parametri
+delle strutture di tipo \var{timespec}, la cui definizione è riportata in
+\figref{fig:sig_timespec_def}, che permettono di specificare un tempo con una
+precisione (teorica) fino al nanosecondo.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
+struct timespec
+{
+ time_t tv_sec; /* seconds */
+ long tv_nsec; /* nanoseconds */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{timespec} di \func{nanosleep}.}
+ \label{fig:sig_timespec_def}
+\end{figure}
+
+La funzione risolve anche il problema di proseguire l'attesa dopo
+l'interruzione dovuta ad un segnale; infatti in tal caso in \param{rem} viene
+restituito il tempo rimanente rispetto a quanto richiesto inizialmente, e
+basta richiamare la funzione per completare l'attesa.
+
+Chiaramente, anche se il tempo può essere specificato con risoluzioni fino al
+nanosecondo, la precisione di \func{nanosleep} è determinata dalla risoluzione
+temporale del timer di sistema. Perciò la funzione attenderà comunque il tempo
+specificato, ma prima che il processo possa tornare ad essere eseguito
+occorrerà almeno attendere il successivo giro di scheduler e cioè un tempo che
+a seconda dei casi può arrivare fino a 1/\macro{HZ}, (sempre che il sistema
+sia scarico ed il processa venga immediatamente rimesso in esecuzione); per
+questo motivo il valore restituito in \param{rem} è sempre arrotondato al
+multiplo successivo di 1/\macro{HZ}.
+
+In realtà è possibile ottenere anche pause più precise del centesimo di
+secondo usando politiche di scheduling real time come \macro{SCHED\_FIFO} o
+\macro{SCHED\_RR}; in tal caso infatti il meccanismo di scheduling ordinario
+viene evitato, e si raggiungono pause fino ai 2~ms con precisioni del $\mu$s.
+
+
+
+\subsection{Un esempio elementare}
+\label{sec:sig_sigchld}
+
+Un semplice esempio per illustrare il funzionamento di un manipolatore di
+segnale è quello della gestione di \macro{SIGCHLD}. Abbiamo visto in
+\secref{sec:proc_termination} che una delle azioni eseguite dal kernel alla
+conclusione di un processo è quella di inviare questo segnale al
+padre;\footnote{in realtà in SRV4 eredita la semantica di System V, in cui il
+ segnale si chiama \macro{SIGCLD} e viene trattato in maniera speciale; in
+ System V infatti se si setta esplicitamente l'azione a \macro{SIG\_IGN} il
+ segnale non viene generato ed il sistema non genera zombie (lo stato di
+ terminazione viene scartato senza dover chiamare una \func{wait}). L'azione
+ di default è sempre quella di ignorare il segnale, ma non attiva questo
+ comportamento. Linux, come BSD e POSIX, non supporta questa semantica ed usa
+ il nome di \macro{SIGCLD} come sinonimo di \macro{SIGCHLD}.} in questo caso
+tutto quello che dovrà fare il manipolatore è ricevere lo stato di
+terminazione in modo da evitare la formazione di zombie.
+
+% è pertanto
+% naturale usare un esempio che ci permette di concludere la trattazione della
+% terminazione dei processi.
+% In questo caso si è tratterà di illustrare un esempio relativo ad un
+% manipolatore per che è previsto ritornare,
+
+In
+
+
+
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
+#include <errno.h> /* error simbol definitions */
+#include <signal.h> /* signal handling declarations */
+#include <sys/types.h>
+#include <sys/wait.h>
+#include "macro.h"
+
+void Hand_CHLD(int sig)
+{
+ int errno_save;
+ int status;
+ pid_t pid;
+ /* save errno current value */
+ errno_save = errno;
+ /* loop until no */
+ do {
+ errno = 0;
+ pid = waitpid(WAIT_ANY, &status, WNOHANG);
+ if (pid > 0) {
+ debug("child %d terminated with status %x\n", pid, status);
+ }
+ } while ((pid > 0) && (errno == EINTR));
+ /* restore errno value*/
+ errno = errno_save;
+ /* return */
+ return;
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Una implementazione sbagliata di \func{sleep}.}
+ \label{fig:sig_timespec_def}
+\end{figure}
+
+
+
+
+
+\section{Gestione avanzata}
+\label{sec:sig_control}
+
+Le funzioni esaminate finora fanno riferimento ad alle modalità più elementari
+della gestione dei segnali; non si sono pertanto ancora prese in
+considerazione le tematiche più complesse, collegate alle varie race condition
+che i segnali possono generare e alla natura asincrona degli stessi.
+
+Affronteremo queste problematiche in questa sezione, partendo da un esempio
+che le evidenzi, per poi prendere in esame le varie funzioni che permettono di
+risolvere i problemi più complessi connessi alla programmazione con i segnali.
+
+
+\subsection{Un esempio di problema}
+\label{sec:sig_example}
+
+Come accennato in \ref{sec:sig_pause_sleep} è possibile implementare
+\func{sleep} a partire da dall'uso di \func{pause} e \func{alarm}. A prima
+vista questo può sembrare di implementazione immediata; ad esempio una
+semplice versione di \func{sleep} potrebbe essere la seguente:
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
+unsigned int sleep(unsigned int seconds)
+{
+ signandler_t prev_handler;
+ if ((prev_handler = signal(SIGALRM, alarm_hand)) == SIG_ERR) {
+ printf("Cannot set handler for alarm\n");
+ exit(1);
+ }
+ alarm(second);
+ pause();
+ /* restore previous signal handler */
+ signal(SIGALRM, prev_handler);
+ /* remove alarm, return remaining time */
+ return alarm(0);
+}
+void alarm_hand(int sig) {
+ /* check if the signal is the right one */
+ if (sig != SIGALRM) { /* if not exit with error */
+ printf("Something wrong, handler for SIGALRM\n");
+ exit(1);
+ } else { /* do nothing, just interrupt pause */
+ return;
+ }
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Una implementazione sbagliata di \func{sleep}.}
+ \label{fig:sig_timespec_def}
+\end{figure}
+
+Ma questa funzione, a parte il non gestire il caso in cui si è avuta una
+precedente chiamata a \func{alarm}, presenta una pericolosa race condition.
+Infatti se il processo viene interrotto fra la chiamata di \func{alarm} e
+\func{pause} può capitare (nel caso il sistema sia molto carico) che
+quest'ultima possa essere eseguita dopo l'arrivo di \macro{SIGALRM}. In questo
+caso ci si troverebbe di fronte ad un deadlock, in cui \func{pause} non
+verrebbe mai interrotta (se non in caso di un altro segnale).
+
+Come abbiamo accennato in \secref{sec:proc_atom_oper} quando si ha a che fare
+con i segnali
+
+
+
+
+\subsection{Le funzioni \func{sigprocmask} e \func{sigpending}}
+\label{sec:sig_sigpending}
+
+
+
+
+\subsection{La funzione \func{sigaction}}
+\label{sec:sig_sigaction}
+