+L'interfaccia più semplice per la gestione dei segnali è costituita dalla
+funzione \func{signal} che è definita fin dallo standard ANSI C. Quest'ultimo
+però non considera sistemi multitasking, per cui la definizione è tanto vaga
+da essere del tutto inutile in un sistema Unix; è questo il motivo per cui
+ogni implementazione successiva ne ha modificato e ridefinito il
+comportamento, pur mantenendone immutato il prototipo\footnote{in realtà
+ alcune vecchie implementazioni (SVR4 e 4.3+BSD) usano parametri aggiuntivi
+ per definire il comportamento della funzione.} che è:
+\begin{prototype}{signal.h}
+ {sighandler\_t signal(int signum, sighandler\_t handler)}
+
+ Installa la funzione di gestione \param{handler} (il manipolatore) per il
+ segnale \param{signum}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il precedente manipolatore in caso di successo
+ o \macro{SIG\_ERR} in caso di errore.}
+\end{prototype}
+
+In questa definizione si è usato il tipo \type{sighandler\_t} che è una
+estensione GNU, definita dalle \acr{glibc}, che permette di riscrivere il
+prototipo in una forma più leggibile dell'originario:
+\begin{verbatim}
+void (*signal(int signum, void (*handler)(int)))int)
+\end{verbatim}
+questa infatti, per la poca chiarezza della sintassi del C quando si vanno a
+trattare puntatori a funzioni, è molto meno comprensibile. Da un confronto
+con il precedente prototipo si può dedurre la definizione di
+\type{sighandler\_t} che è:
+\begin{verbatim}
+ typedef void (* sighandler_t)(int)
+\end{verbatim}
+e cioè un puntatore ad una funzione \type{void} (cioè senza valore di ritorno)
+e che prende un argomento di tipo \type{int}.\footnote{si devono usare le
+ parentesi intorno al nome della funzione per via delle precedenze degli
+ operatori del C, senza di esse si sarebbe definita una funzione che ritorna
+ un puntatore a \type{void} e non un puntatore ad una funzione \type{void}.}
+La funzione \func{signal} quindi restituisce e prende come secondo argomento
+un puntatore a una funzione di questo tipo, che è appunto il manipolatore del
+segnale.
+
+Il numero di segnale passato in \param{signum} può essere indicato
+direttamente con una delle costanti definite in \secref{sec:sig_standard}. Il
+manipolatore \param{handler} invece, oltre all'indirizzo della funzione da
+chiamare all'occorrenza del segnale, può assumere anche i due valori costanti
+\macro{SIG\_IGN} con cui si dice ignorare il segnale e \macro{SIG\_DFL} per
+installare l'azione di di default.\footnote{si ricordi però che i due segnali
+ \macro{SIGKILL} e \macro{SIGSTOP} non possono essere ignorati né
+ intercettati.}
+
+La funzione restituisce l'indirizzo dell'azione precedente, che può essere
+salvato per poterlo ripristinare (con un'altra chiamata a \func{signal}) in un
+secondo tempo. Si ricordi che se si setta come azione \macro{SIG\_IGN} (o si
+setta un \macro{SIG\_DFL} per un segnale il cui default è di essere ignorato),
+tutti i segnali pendenti saranno scartati, e non verranno mai notificati.
+
+L'uso di \func{signal} è soggetto a problemi di compatibilità, dato che essa
+si comporta in maniera diversa per sistemi derivati da BSD o da System V. In
+questi ultimi infatti la funzione è conforme al comportamento originale dei
+primi Unix in cui il manipolatore viene disinstallato alla sua chiamata
+secondo la semantica inaffidabile; Linux seguiva questa convenzione fino alle
+\acr{libc5}. Al contrario BSD segue la semantica affidabile, non resettando il
+manipolatore e bloccando il segnale durante l'esecuzione dello stesso. Con
+l'utilizzo delle \acr{glibc2} anche Linux è passato a questo comportamento;
+quello della versione originale della funzione, il cui uso è deprecato per i
+motivi visti in \secref{sec:sig_semantics}, può essere ottenuto chiamando
+\func{sysv\_signal}. In generale, per evitare questi problemi, tutti i nuovi
+programmi dovrebbero usare \func{sigaction}.
+
+È da tenere presente che, seguendo lo standard POSIX, il comportamento di un
+processo che ignora i segnali \macro{SIGFPE}, \macro{SIGILL}, o
+\macro{SIGSEGV} (qualora non originino da una \func{kill} o una \func{raise})
+è indefinito. Un manipolatore che ritorna da questi segnali può dare luogo ad
+un ciclo infinito.
+
+
+\subsection{Le funzioni \func{kill} e \func{raise}}
+\label{sec:sig_kill_raise}
+
+Come accennato in \secref{sec:sig_types}, un segnale può essere generato
+direttamente da un processo. L'invio di un segnale generico può essere
+effettuato attraverso delle funzioni \func{kill} e \func{raise}. La prima
+serve per inviare un segnale al processo corrente, ed il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}{int raise(int sig)}
+ Invia il segnale \param{sig} al processo corrente.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore, il solo errore restituito è \macro{EINVAL} qualora si sia
+ specificato un numero di segnale invalido.}
+\end{prototype}
+
+Il valore di \param{sig} specifica il segnale che si vuole inviare e può
+essere specificato con una delle macro definite in
+\secref{sec:sig_classification}. In genere questa funzione viene usata per
+riprodurre il comportamento di default di un segnale che sia stato
+intercettato. In questo caso, una volta eseguite le operazioni volute, il
+manipolatore potrà reinstallare l'azione di default, e attivarla con
+\func{raise}.
+
+Se invece si vuole inviare un segnale ad un altro processo occorre utilizzare
+la funzione \func{kill}; il suo prototipo è:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/types.h}
+ \headdecl{signal.h}
+ \funcdecl{int kill(pid\_t pid, int sig)} Invia il segnale \param{sig} al
+ processo specificato con \param{pid}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EINVAL}] Si è specificato un numero di segnale invalido.
+ \item[\macro{EPERM}] Il processo non ha il permesso di inviare il segnale
+ alla destinazione specificata.
+ \item[\macro{ESRCH}] Il \acr{pid} o il process group indicati non
+ esistono. Gli zombie (vedi \ref{sec:proc_termination}) sono considerati come
+ processi esistenti.
+ \end{errlist}}
+\end{functions}
+
+La funzione \code{raise(sig)} è sostanzialmente equivalente ad una
+\code{kill(getpid(), sig)}. Siccome \func{raise} è definita nello standard ISO
+C non esiste in alcune vecchie versioni di Unix, per cui in generale l'uso di
+\func{kill} è più portabile.
+
+Lo standard POSIX poi prevede che il valore 0 sia usato per specificare il
+segnale nullo. Se le funzioni vengono chiamate con questo valore non viene
+inviato nessun segnale, ma viene eseguito il controllo degli errori, in tal
+caso si otterrà un errore \macro{EPERM} se non si hanno i permessi necessari
+ed un errore \macro{ESRCH} se il processo specificato non esiste. Si tenga
+conto però che il sistema ricicla i \acr{pid} (come accennato in
+\secref{sec:proc_pid}) per cui l'esistenza di un processo non significa che
+esso sia realmente quello a cui si intendeva mandare il segnale.
+
+Il valore dell'argomento \param{pid} specifica la destinazione a cui inviare
+il segnale e può assumere i seguenti significati:
+\begin{basedescript}{\desclabelwidth{2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
+\item[$\texttt{pid}>0$] il segnale è mandato al processo con il \acr{pid}
+ indicato.
+\item[$\texttt{pid}=0$] il segnale è mandato ad ogni processo del
+ \textit{process group} del chiamante.
+\item[$\texttt{pid}=-1$] il segnale è mandato ad ogni processo (eccetto
+ \cmd{init}).
+\item[$\texttt{pid}<-1$] il segnale è mandato ad ogni processo del process
+ group $|\code{pid}|$.
+\end{basedescript}
+
+Solo l'amministratore può inviare un segnale ad un processo qualunque, in
+tutti gli altri casi il \textit{real user id} o l'\textit{effective user id}
+del processo chiamante devono corrispondere al \textit{real user id} o al
+\textit{saved user id} della destinazione. Fa eccezione il caso in cui il
+segnale inviato sia \macro{SIGCONT}, nel quale occorre che entrambi i processi
+appartengano alla stessa sessione. Inoltre, dato il ruolo fondamentale che
+riveste nel sistema (si ricordi quanto visto in \secref{sec:sig_termination}),
+non è possibile inviare al processo 1 (cioè a \cmd{init}) segnali per i quali
+esso non abbia un manipolatore installato.
+
+Infine, seguendo le specifiche POSIX 1003.1-2001, l'uso della chiamata
+\code{kill(-1, sig)} comporta che il segnale sia inviato (con la solita
+eccezione di \cmd{init}) a tutti i processi per i quali i permessi lo
+consentano. Lo standard permette comunque alle varie implementazione di
+escludere alcuni processi specifici: nel caso in questione Linux non invia il
+segnale al processo che ha effettuato la chiamata.
+
+
+\subsection{Le funzioni \func{alarm} e \func{abort}}
+\label{sec:sig_alarm_abort}
+
+Un caso particolare di segnali generati a richiesta è quello che riguarda i
+segnali di temporizzazione e e \macro{SIGABORT}, per i quali sono previste
+funzioni specifiche che ne effettuino l'invio. La prima di queste è
+\func{alarm} il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{unsigned int alarm(unsigned int seconds)}
+ Predispone l'invio di \macro{SIGALARM} dopo \param{seconds} secondi.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce il numero di secondi rimanenti ad un
+ precedente allarme, o zero se non c'erano allarmi pendenti.}
+\end{prototype}
+
+La funzione provvede un meccanismo che consente ad un processo di predisporre
+un'interruzione nel futuro, (ad esempio per effettuare una qualche operazione
+dopo un certo periodo di tempo), programmando l'emissione si un segnale di
+\macro{SIGALARM} dopo il numero di secondi specificato da \param{seconds}.
+
+Se si specifica per \param{seconds} un valore nullo non verrà inviato nessun
+segnale; siccome alla chiamata viene cancellato ogni precedente allarme,
+questo può essere usato per cancellare una programmazione precedente. La
+funzione inoltre ritorna il numero di secondi rimanenti all'invio dell'allarme
+precedentemente programmato, in modo che sia eventualmente possibile
+effettuare delle scelte in caso di necessità di più interruzioni.
+
+In \secref{sec:sys_unix_time} abbiamo visto che ad ogni processo sono
+associati tre tempi diversi: \textit{clock time}, \textit{user time} e
+\textit{system time}. Per poterli calcolare il kernel mantiene tre diversi
+timer per ciascun processo:
+\begin{itemize}
+\item un \textit{real-time timer} che calcola il tempo reale trascorso (che
+ corrisponde al \textit{clock time}). La scadenza di questo timer provoca
+ l'emissione di \macro{SIGALARM}.
+\item un \textit{virtual timer} che calcola il tempo di processore usato dal
+ processo in user space (che corrisponde all'\textit{user time}). La scadenza
+ di questo timer provoca l'emissione di \macro{SIGVTALRM}.
+\item un \textit{profiling timer} che calcola la somma dei tempi di processore
+ utilizzati direttamente dal processo in user space, e dal kernel nelle
+ system call ad esso relative (che corrisponde a quello che in
+ \secref{sec:sys_unix_time} abbiamo chiamato \textit{CPU time}). La scadenza
+ di questo timer provoca l'emissione di \macro{SIGPROF}.
+\end{itemize}