+Raccogliamo qui infine usa serie di segnali che hanno scopi differenti non
+classificabili in maniera omogenea. Questi segnali sono:
+\begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
+\item[\macro{SIGUSR1}] Vedi \macro{SIGUSR2}.
+\item[\macro{SIGUSR2}] Insieme a \macro{SIGUSR1} è un segnale a disposizione
+ dell'utente che li può usare per quello che vuole. Possono essere utili per
+ implementare una comunicazione elementare fra processi diversi, o per
+ eseguire a richiesta una operazione utilizzando un gestore. L'azione
+ predefinita è di terminare il processo.
+\item[\macro{SIGWINCH}] Il nome sta per \textit{window (size) change} e viene
+ generato in molti sistemi (GNU/Linux compreso) quando le dimensioni (in
+ righe e colonne) di un terminale vengono cambiate. Viene usato da alcuni
+ programmi testuali per riformattare l'uscita su schermo quando si cambia
+ dimensione a quest'ultimo. L'azione predefinita è di essere ignorato.
+\item[\macro{SIGINFO}] Il segnale indica una richiesta di informazioni. È
+ usato con il controllo di sessione, causa la stampa di informazioni da parte
+ del processo leader del gruppo associato al terminale di controllo, gli
+ altri processi lo ignorano.
+\end{basedescript}
+
+
+\subsection{Le funzioni \func{strsignal} e \func{psignal}}
+\label{sec:sig_strsignal}
+
+Per la descrizione dei segnali il sistema mette a disposizione due funzioni,
+\func{strsignal} e \func{psignal}, che stampano un messaggio di descrizione
+dato il numero. In genere si usano quando si vuole notificare all'utente il
+segnale avvenuto (nel caso di terminazione di un processo figlio o di un
+gestore che gestisce più segnali); la prima funzione è una estensione
+GNU, accessibile avendo definito \macro{\_GNU\_SOURCE}, ed è analoga alla
+funzione \func{strerror} (si veda \secref{sec:sys_strerror}) per gli errori:
+\begin{prototype}{string.h}{char *strsignal(int signum)}
+ Ritorna il puntatore ad una stringa che contiene la descrizione del segnale
+ \var{signum}.
+\end{prototype}
+\noindent dato che la stringa è allocata staticamente non se ne deve
+modificare il contenuto, che resta valido solo fino alla successiva chiamata
+di \func{strsignal}. Nel caso si debba mantenere traccia del messaggio sarà
+necessario copiarlo.
+
+La seconda funzione deriva da BSD ed è analoga alla funzione \func{perror}
+descritta sempre in \secref{sec:sys_strerror}; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}{void psignal(int sig, const char *s)}
+ Stampa sullo standard error un messaggio costituito dalla stringa \param{s},
+ seguita da due punti ed una descrizione del segnale indicato da \param{sig}.
+\end{prototype}
+
+Una modalità alternativa per utilizzare le descrizioni restituite da
+\func{strsignal} e \func{psignal} è quello di fare usare la variabile
+\var{sys\_siglist}, che è definita in \file{signal.h} e può essere acceduta
+con la dichiarazione:
+\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
+ extern const char *const sys_siglist[]
+\end{lstlisting}
+l'array \var{sys\_siglist} contiene i puntatori alle stringhe di descrizione,
+indicizzate per numero di segnale, per cui una chiamata del tipo di \code{char
+ *decr = strsignal(SIGINT)} può essere sostituita dall'equivalente \code{char
+ *decr = sys\_siglist[SIGINT]}.
+
+
+
+\section{La gestione dei segnali}
+\label{sec:sig_management}
+
+I segnali sono il primo e più classico esempio di eventi asincroni, cioè di
+eventi che possono accadere in un qualunque momento durante l'esecuzione di un
+programma. Per questa loro caratteristica la loro gestione non può essere
+effettuata all'interno del normale flusso di esecuzione dello stesso, ma è
+delegata appunto agli eventuali gestori che si sono installati.
+
+In questa sezione vedremo come si effettua gestione dei segnali, a partire
+dalla loro interazione con le system call, passando per le varie funzioni che
+permettono di installare i gestori e controllare le reazioni di un
+processo alla loro occorrenza.
+
+
+\subsection{Il comportamento generale del sistema.}
+\label{sec:sig_gen_beha}
+
+Abbiamo già trattato in \secref{sec:sig_intro} le modalità con cui il sistema
+gestisce l'interazione fra segnali e processi, ci resta da esaminare però il
+comportamento delle system call; in particolare due di esse, \func{fork} ed
+\func{exec}, dovranno essere prese esplicitamente in considerazione, data la
+loro stretta relazione con la creazione di nuovi processi.
+
+Come accennato in \secref{sec:proc_fork} quando viene creato un nuovo processo
+esso eredita dal padre sia le azioni che sono state impostate per i singoli
+segnali, che la maschera dei segnali bloccati (vedi \secref{sec:sig_sigmask}).
+Invece tutti i segnali pendenti e gli allarmi vengono cancellati; essi infatti
+devono essere recapitati solo al padre, al figlio dovranno arrivare solo i
+segnali dovuti alle sue azioni.
+
+Quando si mette in esecuzione un nuovo programma con \func{exec} (si ricordi
+quanto detto in \secref{sec:proc_exec}) tutti i segnali per i quali è stato
+installato un gestore vengono reimpostati a \macro{SIG\_DFL}. Non ha più
+senso infatti fare riferimento a funzioni definite nel programma originario,
+che non sono presenti nello spazio di indirizzi del nuovo programma.
+
+Si noti che questo vale solo per le azioni per le quali è stato installato un
+gestore; viene mantenuto invece ogni eventuale impostazione dell'azione a
+\macro{SIG\_IGN}. Questo permette ad esempio alla shell di impostare ad
+\macro{SIG\_IGN} le risposte per \macro{SIGINT} e \macro{SIGQUIT} per i
+programmi eseguiti in background, che altrimenti sarebbero interrotti da una
+successiva pressione di \texttt{C-c} o \texttt{C-y}.
+
+Per quanto riguarda il comportamento di tutte le altre system call si danno
+sostanzialmente due casi, a seconda che esse siano \textsl{lente}
+(\textit{slow}) o \textsl{veloci} (\textit{fast}). La gran parte di esse
+appartiene a quest'ultima categoria, che non è influenzata dall'arrivo di un
+segnale. Esse sono dette \textsl{veloci} in quanto la loro esecuzione è
+sostanzialmente immediata; la risposta al segnale viene sempre data dopo che
+la system call è stata completata, in quanto attendere per eseguire un
+gestore non comporta nessun inconveniente.
+
+In alcuni casi però alcune system call (che per questo motivo vengono chiamate
+\textsl{lente}) possono bloccarsi indefinitamente. In questo caso non si può
+attendere la conclusione della sistem call, perché questo renderebbe
+impossibile una risposta pronta al segnale, per cui il gestore viene
+eseguito prima che la system call sia ritornata. Un elenco dei casi in cui si
+presenta questa situazione è il seguente:
+\begin{itemize}
+\item la lettura da file che possono bloccarsi in attesa di dati non ancora
+ presenti (come per certi file di dispositivo, i socket o le pipe).
+\item la scrittura sugli stessi file, nel caso in cui dati non possano essere
+ accettati immediatamente.
+\item l'apertura di un file di dispositivo che richiede operazioni non
+ immediate per una una risposta.
+\item le operazioni eseguite con \func{ioctl} che non è detto possano essere
+ eseguite immediatamente.
+\item le funzioni di intercomunicazione che si bloccano in attesa di risposte
+ da altri processi.
+\item la funzione \func{pause} (usata appunto per attendere l'arrivo di un
+ segnale).
+\item la funzione \func{wait} (se nessun processo figlio è ancora terminato).
+\end{itemize}
+
+In questo caso si pone il problema di cosa fare una volta che il gestore
+sia ritornato. La scelta originaria dei primi Unix era quella di far ritornare
+anche la system call restituendo l'errore di \macro{EINTR}. Questa è a
+tutt'oggi una scelta corrente, ma comporta che i programmi che usano dei
+gestori controllino lo stato di uscita delle funzioni per ripeterne la
+chiamata qualora l'errore fosse questo.
+
+Dimenticarsi di richiamare una system call interrotta da un segnale è un
+errore comune, tanto che le \acr{glibc} provvedono una macro
+\code{TEMP\_FAILURE\_RETRY(expr)} che esegue l'operazione automaticamente,
+ripetendo l'esecuzione dell'espressione \var{expr} fintanto che il risultato
+non è diverso dall'uscita con un errore \macro{EINTR}.
+
+La soluzione è comunque poco elegante e BSD ha scelto un approccio molto
+diverso, che è quello di fare ripartire automaticamente la system call invece
+di farla fallire. In questo caso ovviamente non c'è da preoccuparsi di
+controllare il codice di errore; si perde però la possibilità di eseguire
+azioni specifiche all'occorrenza di questa particolare condizione.
+
+Linux e le \acr{glibc} consentono di utilizzare entrambi gli approcci,
+attraverso una opportuna opzione di \func{sigaction} (vedi
+\secref{sec:sig_sigaction}). È da chiarire comunque che nel caso di
+interruzione nel mezzo di un trasferimento parziale di dati, le system call
+ritornano sempre indicando i byte trasferiti.
+
+
+\subsection{La funzione \func{signal}}
+\label{sec:sig_signal}
+
+L'interfaccia più semplice per la gestione dei segnali è costituita dalla
+funzione \func{signal} che è definita fin dallo standard ANSI C. Quest'ultimo
+però non considera sistemi multitasking, per cui la definizione è tanto vaga
+da essere del tutto inutile in un sistema Unix; è questo il motivo per cui
+ogni implementazione successiva ne ha modificato e ridefinito il
+comportamento, pur mantenendone immutato il prototipo\footnote{in realtà in
+ alcune vecchie implementazioni (SVr4 e 4.3+BSD in particolare) vengono usati
+ alcuni parametri aggiuntivi per definire il comportamento della funzione,
+ vedremo in \secref{sec:sig_sigaction} che questo è possibile usando la
+ funzione \func{sigaction}.} che è:
+\begin{prototype}{signal.h}
+ {sighandler\_t signal(int signum, sighandler\_t handler)}
+
+ Installa la funzione di gestione \param{handler} (il gestore) per il
+ segnale \param{signum}.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna il precedente gestore in caso di successo
+ o \macro{SIG\_ERR} in caso di errore.}
+\end{prototype}
+
+In questa definizione si è usato un tipo di dato, \type{sighandler\_t}, che è
+una estensione GNU, definita dalle \acr{glibc}, esso permette di riscrivere il
+prototipo di \func{signal} nella forma appena vista, che risulta molto più
+leggibile di quanto non sia la versione originaria che di norma è definita
+come:
+\begin{verbatim}
+ void (*signal(int signum, void (*handler)(int)))int)
+\end{verbatim}
+questa infatti, per la poca chiarezza della sintassi del C quando si vanno a
+trattare puntatori a funzioni, è molto meno comprensibile. Da un confronto
+con il precedente prototipo si può dedurre la definizione di
+\type{sighandler\_t} che è:
+\begin{verbatim}
+ typedef void (* sighandler_t)(int)
+\end{verbatim}
+e cioè un puntatore ad una funzione \ctyp{void} (cioè senza valore di ritorno)
+e che prende un argomento di tipo \ctyp{int}.\footnote{si devono usare le
+ parentesi intorno al nome della funzione per via delle precedenze degli
+ operatori del C, senza di esse si sarebbe definita una funzione che ritorna
+ un puntatore a \ctyp{void} e non un puntatore ad una funzione \ctyp{void}.}
+La funzione \func{signal} quindi restituisce e prende come secondo argomento
+un puntatore a una funzione di questo tipo, che è appunto il gestore del
+segnale.
+
+Il numero di segnale passato in \param{signum} può essere indicato
+direttamente con una delle costanti definite in \secref{sec:sig_standard}. Il
+gestore \param{handler} invece, oltre all'indirizzo della funzione da chiamare
+all'occorrenza del segnale, può assumere anche i due valori costanti
+\macro{SIG\_IGN} con cui si dice ignorare il segnale e \macro{SIG\_DFL} per
+reinstallare l'azione predefinita.\footnote{si ricordi però che i due segnali
+ \macro{SIGKILL} e \macro{SIGSTOP} non possono essere ignorati né
+ intercettati.}
+
+La funzione restituisce l'indirizzo dell'azione precedente, che può essere
+salvato per poterlo ripristinare (con un'altra chiamata a \func{signal}) in un
+secondo tempo. Si ricordi che se si imposta come azione \macro{SIG\_IGN} (o si
+imposta un \macro{SIG\_DFL} per un segnale la cui azione predefinita è di
+essere ignorato), tutti i segnali pendenti saranno scartati, e non verranno
+mai notificati.
+
+L'uso di \func{signal} è soggetto a problemi di compatibilità, dato che essa
+si comporta in maniera diversa per sistemi derivati da BSD o da System V. In
+questi ultimi infatti la funzione è conforme al comportamento originale dei
+primi Unix in cui il gestore viene disinstallato alla sua chiamata,
+secondo la semantica inaffidabile; Linux seguiva questa convenzione fino alle
+\acr{libc5}. Al contrario BSD segue la semantica affidabile, non
+disinstallando il gestore e bloccando il segnale durante l'esecuzione
+dello stesso. Con l'utilizzo delle \acr{glibc} dalla versione 2 anche Linux è
+passato a questo comportamento; quello della versione originale della
+funzione, il cui uso è deprecato per i motivi visti in
+\secref{sec:sig_semantics}, può essere ottenuto chiamando \func{sysv\_signal}.
+In generale, per evitare questi problemi, tutti i nuovi programmi dovrebbero
+usare \func{sigaction}.
+
+È da tenere presente che, seguendo lo standard POSIX, il comportamento di un
+processo che ignora i segnali \macro{SIGFPE}, \macro{SIGILL}, o
+\macro{SIGSEGV} (qualora non originino da una \func{kill} o una \func{raise})
+è indefinito. Un gestore che ritorna da questi segnali può dare luogo ad
+un ciclo infinito.
+
+
+\subsection{Le funzioni \func{kill} e \func{raise}}
+\label{sec:sig_kill_raise}
+
+Come accennato in \secref{sec:sig_types}, un segnale può essere generato
+direttamente da un processo. L'invio di un segnale generico può essere
+effettuato attraverso delle funzioni \func{kill} e \func{raise}. La prima
+serve per inviare un segnale al processo corrente, ed il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}{int raise(int sig)}
+ Invia il segnale \param{sig} al processo corrente.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore, il solo errore restituito è \macro{EINVAL} qualora si sia
+ specificato un numero di segnale invalido.}
+\end{prototype}
+
+Il valore di \param{sig} specifica il segnale che si vuole inviare e può
+essere specificato con una delle macro definite in
+\secref{sec:sig_classification}. In genere questa funzione viene usata per
+riprodurre il comportamento predefinito di un segnale che sia stato
+intercettato. In questo caso, una volta eseguite le operazioni volute, il
+gestore potrà reinstallare l'azione predefinita, e attivarla con \func{raise}.
+
+Se invece si vuole inviare un segnale ad un altro processo occorre utilizzare
+la funzione \func{kill}; il cui prototipo è:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/types.h}
+ \headdecl{signal.h}
+ \funcdecl{int kill(pid\_t pid, int sig)} Invia il segnale \param{sig} al
+ processo specificato con \param{pid}.
+
+ \bodydesc{ La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EINVAL}] Il segnale specificato non esiste.
+ \item[\macro{ESRCH}] Il processo selezionato non esiste.
+ \item[\macro{EPERM}] Non si hanno privilegi sufficienti ad inviare il
+ segnale.
+ \end{errlist}}
+\end{functions}
+
+Lo standard POSIX prevede che il valore 0 per \param{sig} sia usato per
+specificare il segnale nullo. Se le funzioni vengono chiamate con questo
+valore non viene inviato nessun segnale, ma viene eseguito il controllo degli
+errori, in tal caso si otterrà un errore \macro{EPERM} se non si hanno i
+permessi necessari ed un errore \macro{ESRCH} se il processo specificato non
+esiste. Si tenga conto però che il sistema ricicla i \acr{pid} (come accennato
+in \secref{sec:proc_pid}) per cui l'esistenza di un processo non significa che
+esso sia realmente quello a cui si intendeva mandare il segnale.
+
+Il valore dell'argomento \param{pid} specifica il processo (o i processi) di
+destinazione a cui il segnale deve essere inviato e può assumere i valori
+riportati in \tabref{tab:sig_kill_values}.
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|r|l|}
+ \hline
+ \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
+ \hline
+ \hline
+ $>0$ & il segnale è mandato al processo con il \acr{pid} indicato.\\
+ 0 & il segnale è mandato ad ogni processo del \textit{process group}
+ del chiamante.\\
+ $-1$ & il segnale è mandato ad ogni processo (eccetto \cmd{init}).\\
+ $<-1$ & il segnale è mandato ad ogni processo del process group
+ $|\code{pid}|$.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori dell'argomento \param{pid} per la funzione
+ \func{kill}.}
+ \label{tab:sig_kill_values}
+\end{table}
+
+Si noti pertanto che la funzione \code{raise(sig)} può essere definita in
+termini di \func{kill}, ed è sostanzialmente equivalente ad una
+\code{kill(getpid(), sig)}. Siccome \func{raise}, che è definita nello
+standard ISO C, non esiste in alcune vecchie versioni di Unix, in generale
+l'uso di \func{kill} finisce per essere più portabile.
+
+Una seconda funzione che può essere definita in termini di \func{kill} è
+\func{killpg}, che è sostanzialmente equivalente a
+\code{kill(-pidgrp, signal)}; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}{int killpg(pid\_t pidgrp, int signal)}
+
+ Invia il segnale \param{signal} al process group \param{pidgrp}.
+ \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, gli errori sono gli stessi di \func{kill}.}
+\end{prototype}
+e che permette di inviare un segnale a tutto un \textit{process group} (vedi
+\secref{sec:sess_xxx}).
+
+Solo l'amministratore può inviare un segnale ad un processo qualunque, in
+tutti gli altri casi l'userid reale o l'userid effettivo del processo
+chiamante devono corrispondere all'userid reale o all'userid salvato della
+destinazione. Fa eccezione il caso in cui il segnale inviato sia
+\macro{SIGCONT}, nel quale occorre che entrambi i processi appartengano alla
+stessa sessione. Inoltre, dato il ruolo fondamentale che riveste nel sistema
+(si ricordi quanto visto in \secref{sec:sig_termination}), non è possibile
+inviare al processo 1 (cioè a \cmd{init}) segnali per i quali esso non abbia
+un gestore installato.
+
+Infine, seguendo le specifiche POSIX 1003.1-2001, l'uso della chiamata
+\code{kill(-1, sig)} comporta che il segnale sia inviato (con la solita
+eccezione di \cmd{init}) a tutti i processi per i quali i permessi lo
+consentano. Lo standard permette comunque alle varie implementazione di
+escludere alcuni processi specifici: nel caso in questione Linux non invia il
+segnale al processo che ha effettuato la chiamata.
+
+
+\subsection{Le funzioni \func{alarm} e \func{abort}}
+\label{sec:sig_alarm_abort}
+
+Un caso particolare di segnali generati a richiesta è quello che riguarda i
+vari segnali di temporizzazione e \macro{SIGABRT}, per ciascuno di questi
+segnali sono previste funzioni specifiche che ne effettuino l'invio. La più
+comune delle funzioni usate per la temporizzazione è \func{alarm} il cui
+prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{unsigned int alarm(unsigned int seconds)}
+ Predispone l'invio di \macro{SIGALRM} dopo \param{seconds} secondi.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce il numero di secondi rimanenti ad un
+ precedente allarme, o zero se non c'erano allarmi pendenti.}
+\end{prototype}
+
+La funzione fornisce un meccanismo che consente ad un processo di predisporre
+un'interruzione nel futuro, (ad esempio per effettuare una qualche operazione
+dopo un certo periodo di tempo), programmando l'emissione di un segnale (nel
+caso in questione \macro{SIGALRM}) dopo il numero di secondi specificato da
+\param{seconds}.
+
+Se si specifica per \param{seconds} un valore nullo non verrà inviato nessun
+segnale; siccome alla chiamata viene cancellato ogni precedente allarme,
+questo può essere usato per cancellare una programmazione precedente.
+
+La funzione inoltre ritorna il numero di secondi rimanenti all'invio
+dell'allarme precedentemente programmato, in modo che sia possibile
+controllare se non si cancella un precedente allarme ed eventualmente
+predisporre le opportune misure per gestire il caso di necessità di più
+interruzioni.
+
+In \secref{sec:sys_unix_time} abbiamo visto che ad ogni processo sono
+associati tre tempi diversi: il \textit{clock time}, l'\textit{user time} ed
+il \textit{system time}. Per poterli calcolare il kernel mantiene per ciascun
+processo tre diversi timer:
+\begin{itemize}
+\item un \textit{real-time timer} che calcola il tempo reale trascorso (che
+ corrisponde al \textit{clock time}). La scadenza di questo timer provoca
+ l'emissione di \macro{SIGALRM}.
+\item un \textit{virtual timer} che calcola il tempo di processore usato dal
+ processo in user space (che corrisponde all'\textit{user time}). La scadenza
+ di questo timer provoca l'emissione di \macro{SIGVTALRM}.
+\item un \textit{profiling timer} che calcola la somma dei tempi di processore
+ utilizzati direttamente dal processo in user space, e dal kernel nelle
+ system call ad esso relative (che corrisponde a quello che in
+ \secref{sec:sys_unix_time} abbiamo chiamato \textit{CPU time}). La scadenza
+ di questo timer provoca l'emissione di \macro{SIGPROF}.
+\end{itemize}
+
+Il timer usato da \func{alarm} è il \textit{clock time}, e corrisponde cioè al
+tempo reale. La funzione come abbiamo visto è molto semplice, ma proprio per
+questo presenta numerosi limiti: non consente di usare gli altri timer, non
+può specificare intervalli di tempo con precisione maggiore del secondo e
+genera il segnale una sola volta.
+
+Per ovviare a questi limiti Linux deriva da BSD la funzione \func{setitimer}
+che permette di usare un timer qualunque e l'invio di segnali periodici, al
+costo però di una maggiore complessità d'uso e di una minore portabilità. Il
+suo prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/time.h}{int setitimer(int which, const struct
+ itimerval *value, struct itimerval *ovalue)}
+
+ Predispone l'invio di un segnale di allarme alla scadenza dell'intervallo
+ \param{value} sul timer specificato da \func{which}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \macro{EINVAL} e
+ \macro{EFAULT}.}
+\end{prototype}
+
+Il valore di \param{which} permette di specificare quale dei tre timer
+illustrati in precedenza usare; i possibili valori sono riportati in
+\tabref{tab:sig_setitimer_values}.
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|l|}
+ \hline
+ \textbf{Valore} & \textbf{Timer} \\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{ITIMER\_REAL} & \textit{real-time timer}\\
+ \macro{ITIMER\_VIRTUAL} & \textit{virtual timer}\\
+ \macro{ITIMER\_PROF} & \textit{profiling timer}\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori dell'argomento \param{which} per la funzione
+ \func{setitimer}.}
+ \label{tab:sig_setitimer_values}
+\end{table}
+
+Il valore della struttura specificata \param{value} viene usato per impostare il
+timer, se il puntatore \param{ovalue} non è nullo il precedente valore viene
+salvato qui. I valori dei timer devono essere indicati attraverso una
+struttura \type{itimerval}, definita in \figref{fig:file_stat_struct}.
+
+La struttura è composta da due membri, il primo, \var{it\_interval} definisce
+il periodo del timer; il secondo, \var{it\_value} il tempo mancante alla
+scadenza. Entrambi esprimono i tempi tramite una struttura \var{timeval} che
+permette una precisione fino al microsecondo.
+
+Ciascun timer decrementa il valore di \var{it\_value} fino a zero, poi invia
+il segnale e reimposta \var{it\_value} al valore di \var{it\_interval}, in
+questo modo il ciclo verrà ripetuto; se invece il valore di \var{it\_interval}
+è nullo il timer si ferma.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct itimerval
+{
+ struct timeval it_interval; /* next value */
+ struct timeval it_value; /* current value */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \type{itimerval}, che definisce i valori dei timer di
+ sistema.}
+ \label{fig:sig_itimerval}
+\end{figure}
+
+L'uso di \func{setitimer} consente dunque un controllo completo di tutte le
+caratteristiche dei timer, ed in effetti la stessa \func{alarm}, benché
+definita direttamente nello standard POSIX.1, può a sua volta essere espressa
+in termini di \func{setitimer}, come evidenziato dal manuale delle \acr{glibc}
+\cite{glibc} che ne riporta la definizione mostrata in
+\figref{fig:sig_alarm_def}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+unsigned int alarm(unsigned int seconds)
+{
+ struct itimerval old, new;
+ new.it_interval.tv_usec = 0;
+ new.it_interval.tv_sec = 0;
+ new.it_value.tv_usec = 0;
+ new.it_value.tv_sec = (long int) seconds;
+ if (setitimer(ITIMER_REAL, &new, &old) < 0) {
+ return 0;
+ }
+ else {
+ return old.it_value.tv_sec;
+ }
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Definizione di \func{alarm} in termini di \func{setitimer}.}
+ \label{fig:sig_alarm_def}
+\end{figure}
+
+Si deve comunque tenere presente che la precisione di queste funzioni è
+limitata da quella della frequenza del timer di sistema (che nel caso dei PC
+significa circa 10~ms). Il sistema assicura comunque che il segnale non sarà
+mai generato prima della scadenza programmata (l'arrotondamento cioè è sempre
+effettuato per eccesso).
+
+Una seconda causa di potenziali ritardi è che il segnale viene generato alla
+scadenza del timer, ma poi deve essere consegnato al processo; se quest'ultimo
+è attivo (questo è sempre vero per \macro{ITIMER\_VIRT}) la consegna è
+immediata, altrimenti può esserci un ulteriore ritardo che può variare a
+seconda del carico del sistema.
+
+Questo ha una conseguenza che può indurre ad errori molto subdoli, si tenga
+conto poi che in caso di sistema molto carico, si può avere il caso patologico
+in cui un timer scade prima che il segnale di una precedente scadenza sia
+stato consegnato; in questo caso, per il comportamento dei segnali descritto
+in \secref{sec:sig_sigchld}, un solo segnale sarà consegnato.
+
+
+Dato che sia \func{alarm} che \func{setitimer} non consentono di leggere il
+valore corrente di un timer senza modificarlo, è possibile usare la funzione
+\func{getitimer}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/time.h}{int getitimer(int which, struct
+ itimerval *value)}
+
+ Legge in \param{value} il valore del timer specificato da \func{which}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore e restituisce gli stessi errori di \func{getitimer}}
+\end{prototype}
+\noindent i cui parametri hanno lo stesso significato e formato di quelli di
+\func{setitimer}.
+
+
+L'ultima funzione che permette l'invio diretto di un segnale è \func{abort};
+che, come accennato in \ref{sec:proc_termination}, permette di abortire
+l'esecuzione di un programma tramite l'invio di \macro{SIGABRT}. Il suo
+prototipo è:
+\begin{prototype}{stdlib.h}{void abort(void)}
+
+ Abortisce il processo corrente.
+
+ \bodydesc{La funzione non ritorna, il processo è terminato inviando il
+ segnale di \macro{SIGABRT}.}
+\end{prototype}
+
+La differenza fra questa funzione e l'uso di \func{raise} è che anche se il
+segnale è bloccato o ignorato, la funzione ha effetto lo stesso. Il segnale
+può però essere intercettato per effettuare eventuali operazioni di chiusura
+prima della terminazione del processo.
+
+Lo standard ANSI C richiede inoltre che anche se il gestore ritorna, la
+funzione non ritorni comunque. Lo standard POSIX.1 va oltre e richiede che se
+il processo non viene terminato direttamente dal gestore sia la stessa
+\func{abort} a farlo al ritorno dello stesso. Inoltre, sempre seguendo lo
+standard POSIX, prima della terminazione tutti i file aperti e gli stream
+saranno chiusi ed i buffer scaricati su disco. Non verranno invece eseguite le
+eventuali funzioni registrate con \func{at\_exit} e \func{on\_exit}.
+
+
+\subsection{Le funzioni \func{pause} e \func{sleep}}
+\label{sec:sig_pause_sleep}
+
+Il metodo tradizionale per fare attendere\footnote{cioè di porre
+ temporaneamente il processo in stato di \textit{sleep}, vedi
+ \ref{sec:proc_sched}.} ad un processo fino all'arrivo di un segnale è
+quello di usare la funzione \func{pause}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{int pause(void)}
+
+ Pone il processo in stato di sleep fino al ritorno di un gestore.
+
+ \bodydesc{La funzione ritorna solo dopo che un segnale è stato ricevuto ed
+ il relativo gestore è ritornato, nel qual caso restituisce -1 e imposta
+ \var{errno} a \macro{EINTR}.}
+\end{prototype}
+
+La funzione segnala sempre una condizione di errore (il successo sarebbe
+quello di aspettare indefinitamente). In genere si usa questa funzione quando
+si vuole mettere un processo in attesa di un qualche evento specifico che non
+è sotto il suo diretto controllo (ad esempio la si può usare per far reagire
+il processo ad un segnale inviato da un altro processo).
+
+Se invece si vuole fare attendere un processo per un determinato intervallo di
+tempo nello standard POSIX.1 viene definita la funzione \func{sleep}, il cui
+prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{unsigned int sleep(unsigned int seconds)}
+
+ Pone il processo in stato di sleep per \param{seconds} secondi.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero se l'attesa viene completata, o il
+ numero di secondi restanti se viene interrotta da un segnale.}
+\end{prototype}
+
+La funzione attende per il tempo specificato, a meno di non essere interrotta
+da un segnale. In questo caso non è una buona idea ripetere la chiamata per il
+tempo rimanente, in quanto la riattivazione del processo può avvenire in un
+qualunque momento, ma il valore restituito sarà sempre arrotondato al secondo,
+con la conseguenza che, se la successione dei segnali è particolarmente
+sfortunata e le differenze si accumulano, si potranno avere ritardi anche di
+parecchi secondi. In genere la scelta più sicura è quella di stabilire un
+termine per l'attesa, e ricalcolare tutte le volte il numero di secondi da
+aspettare.
+
+In alcune implementazioni inoltre l'uso di \func{sleep} può avere conflitti
+con quello di \macro{SIGALRM}, dato che la funzione può essere realizzata con
+l'uso di \func{pause} e \func{alarm} (in maniera analoga all'esempio che
+vedremo in \secref{sec:sig_example}). In tal caso mescolare chiamata di
+\func{alarm} e \func{sleep} o modificare l'azione di \macro{SIGALRM}, può
+causare risultati indefiniti. Nel caso delle \acr{glibc} è stata usata una
+implementazione completamente indipendente e questi problemi non ci sono.
+
+La granularità di \func{sleep} permette di specificare attese in secondi, per
+questo sia sotto BSD4.3 che in SUSv2 è stata definita la funzione
+\func{usleep} (dove la \texttt{u} è intesa come sostituzione di $\mu$); i due
+standard hanno delle definizioni diverse, ma le \acr{glibc}
+seguono\footnote{secondo la pagina di manuale almeno dalla versione 2.2.2.}
+seguono quella di SUSv2 che prevede il seguente prototipo:
+\begin{prototype}{unistd.h}{int usleep(unsigned long usec)}
+
+ Pone il processo in stato di sleep per \param{usec} microsecondi.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero se l'attesa viene completata, o -1 in
+ caso di errore, nel qual caso \var{errno} è impostata a \macro{EINTR}.}
+
+\end{prototype}
+
+Anche questa funzione, a seconda delle implementazioni, può presentare
+problemi nell'interazione con \func{alarm} e \macro{SIGALRM}. È pertanto
+deprecata in favore della funzione \func{nanosleep}, definita dallo standard
+POSIX1.b, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}{int nanosleep(const struct timespec *req, struct
+ timespec *rem)}
+
+ Pone il processo in stato di sleep per il tempo specificato da \param{req}.
+ In caso di interruzione restituisce il tempo restante in \param{rem}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero se l'attesa viene completata, o -1 in
+ caso di errore, nel qual caso \var{errno} è impostata a
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EINVAL}] si è specificato un numero di secondi negativo o un
+ numero di nanosecondi maggiore di 999.999.999.
+ \item[\macro{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
+ \end{errlist}}
+\end{prototype}
+
+Lo standard richiede che la funzione sia implementata in maniera del tutto
+indipendente da \func{alarm}\footnote{nel caso di Linux questo è fatto
+ utilizzando direttamente il timer del kernel.} e sia utilizzabile senza
+interferenze con l'uso di \macro{SIGALRM}. La funzione prende come parametri
+delle strutture di tipo \var{timespec}, la cui definizione è riportata in
+\figref{fig:sys_timeval_struct}, che permettono di specificare un tempo con
+una precisione (teorica) fino al nanosecondo.
+
+La funzione risolve anche il problema di proseguire l'attesa dopo
+l'interruzione dovuta ad un segnale; infatti in tal caso in \param{rem} viene
+restituito il tempo rimanente rispetto a quanto richiesto inizialmente, e
+basta richiamare la funzione per completare l'attesa.
+
+Chiaramente, anche se il tempo può essere specificato con risoluzioni fino al
+nanosecondo, la precisione di \func{nanosleep} è determinata dalla risoluzione
+temporale del timer di sistema. Perciò la funzione attenderà comunque il tempo
+specificato, ma prima che il processo possa tornare ad essere eseguito
+occorrerà almeno attendere il successivo giro di scheduler e cioè un tempo che
+a seconda dei casi può arrivare fino a 1/\macro{HZ}, (sempre che il sistema
+sia scarico ed il processa venga immediatamente rimesso in esecuzione); per
+questo motivo il valore restituito in \param{rem} è sempre arrotondato al
+multiplo successivo di 1/\macro{HZ}.
+
+In realtà è possibile ottenere anche pause più precise del centesimo di
+secondo usando politiche di scheduling real time come \macro{SCHED\_FIFO} o
+\macro{SCHED\_RR}; in tal caso infatti il meccanismo di scheduling ordinario
+viene evitato, e si raggiungono pause fino ai 2~ms con precisioni del $\mu$s.
+
+
+
+\subsection{Un esempio elementare}
+\label{sec:sig_sigchld}
+
+Un semplice esempio per illustrare il funzionamento di un gestore di segnale è
+quello della gestione di \macro{SIGCHLD}. Abbiamo visto in
+\secref{sec:proc_termination} che una delle azioni eseguite dal kernel alla
+conclusione di un processo è quella di inviare questo segnale al
+padre.\footnote{in realtà in SVr4 eredita la semantica di System V, in cui il
+ segnale si chiama \macro{SIGCLD} e viene trattato in maniera speciale; in
+ System V infatti se si imposta esplicitamente l'azione a \macro{SIG\_IGN} il
+ segnale non viene generato ed il sistema non genera zombie (lo stato di
+ terminazione viene scartato senza dover chiamare una \func{wait}). L'azione
+ predefinita è sempre quella di ignorare il segnale, ma non attiva questo
+ comportamento. Linux, come BSD e POSIX, non supporta questa semantica ed usa
+ il nome di \macro{SIGCLD} come sinonimo di \macro{SIGCHLD}.} In generale
+dunque, quando non interessa elaborare lo stato di uscita di un processo, si
+può completare la gestione della terminazione installando un gestore per
+\macro{SIGCHLD} il cui unico compito sia quello chiamare \func{waitpid} per
+completare la procedura di terminazione in modo da evitare la formazione di
+zombie.
+
+In \figref{fig:sig_sigchld_handl} è mostrato il codice contenente una
+implementazione generica di una routine di gestione per \macro{SIGCHLD}, (che
+si trova nei sorgenti allegati nel file \file{HandSIGCHLD.c}); se ripetiamo i
+test di \secref{sec:proc_termination}, invocando \cmd{forktest} con l'opzione
+\cmd{-s} (che si limita ad effettuare l'installazione di questa funzione come
+gestore di \macro{SIGCHLD}) potremo verificare che non si ha più la creazione
+di zombie.
+
+% è pertanto
+% naturale usare un esempio che ci permette di concludere la trattazione della
+% terminazione dei processi.
+% In questo caso si è tratterà di illustrare un esempio relativo ad un
+% gestore per che è previsto ritornare,
+
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+#include <errno.h> /* error symbol definitions */
+#include <signal.h> /* signal handling declarations */
+#include <sys/types.h>
+#include <sys/wait.h>
+#include "macro.h"
+
+void HandSIGCHLD(int sig)
+{
+ int errno_save;
+ int status;
+ pid_t pid;
+ /* save errno current value */
+ errno_save = errno;
+ /* loop until no */
+ do {
+ errno = 0;
+ pid = waitpid(WAIT_ANY, &status, WNOHANG);
+ if (pid > 0) {
+ debug("child %d terminated with status %x\n", pid, status);
+ }
+ } while ((pid > 0) && (errno == EINTR));
+ /* restore errno value */
+ errno = errno_save;
+ /* return */
+ return;
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Codice di una funzione generica di gestione per il segnale
+ \texttt{SIGCHLD}.}
+ \label{fig:sig_sigchld_handl}
+\end{figure}
+
+Il codice del gestore è di lettura immediata; come buona norma di
+programmazione (si ricordi quanto accennato \secref{sec:sys_errno}) si
+comincia (\texttt{\small 12-13}) con il salvare lo stato corrente di
+\var{errno}, in modo da poterlo ripristinare prima del ritorno del gestore
+(\texttt{\small 22-23}). In questo modo si preserva il valore della variabile
+visto dal corso di esecuzione principale del processo, che sarebbe altrimenti
+sarebbe sovrascritto dal valore restituito nella successiva chiamata di
+\func{wait}.
+
+Il compito principale del gestore è quello di ricevere lo stato di
+terminazione del processo, cosa che viene eseguita nel ciclo in
+(\texttt{\small 15-21}). Il ciclo è necessario a causa di una caratteristica
+fondamentale della gestione dei segnali: abbiamo già accennato come fra la
+generazione di un segnale e l'esecuzione del gestore possa passare un
+certo lasso di tempo e niente ci assicura che il gestore venga eseguito
+prima della generazione di ulteriori segnali dello stesso tipo. In questo caso
+normalmente i segnali segnali successivi vengono ``fusi'' col primo ed al
+processo ne viene recapitato soltanto uno.
+
+Questo può essere un caso comune proprio con \macro{SIGCHLD}, qualora capiti
+che molti processi figli terminino in rapida successione. Esso inoltre si
+presenta tutte le volte che un segnale viene bloccato: per quanti siano i
+segnali emessi durante il periodo di blocco, una volta che quest'ultimo sarà
+rimosso sarà recapitato un solo segnale.
+
+Allora, nel caso della terminazione dei processi figli, se si chiamasse
+\func{waitpid} una sola volta, essa leggerebbe lo stato di terminazione per un
+solo processo, anche se i processi terminati sono più di uno, e gli altri
+resterebbero in stato di zombie per un tempo indefinito.
+
+Per questo occorre ripetere la chiamata di \func{waitpid} fino a che essa non
+ritorni un valore nullo, segno che non resta nessun processo di cui si debba
+ancora ricevere lo stato di terminazione (si veda \secref{sec:proc_wait} per
+la sintassi della funzione). Si noti anche come la funzione venga invocata con
+il parametro \macro{WNOHANG} che permette di evitare il suo blocco quando
+tutti gli stati di terminazione sono stati ricevuti.
+
+
+
+\section{Gestione avanzata}
+\label{sec:sig_control}
+
+Le funzioni esaminate finora fanno riferimento ad alle modalità più elementari
+della gestione dei segnali; non si sono pertanto ancora prese in
+considerazione le tematiche più complesse, collegate alle varie race
+condition\index{race condition} che i segnali possono generare e alla natura
+asincrona degli stessi.
+
+Affronteremo queste problematiche in questa sezione, partendo da un esempio
+che le evidenzi, per poi prendere in esame le varie funzioni che permettono di
+risolvere i problemi più complessi connessi alla programmazione con i segnali,
+fino a trattare le caratteristiche generali della gestione dei medesimi nella
+casistica ordinaria.
+
+
+\subsection{Alcune problematiche aperte}
+\label{sec:sig_example}
+
+Come accennato in \secref{sec:sig_pause_sleep} è possibile implementare
+\func{sleep} a partire dall'uso di \func{pause} e \func{alarm}. A prima vista
+questo può sembrare di implementazione immediata; ad esempio una semplice
+versione di \func{sleep} potrebbe essere quella illustrata in
+\figref{fig:sig_sleep_wrong}.
+
+Dato che è nostra intenzione utilizzare \macro{SIGALRM} il primo passo della
+nostra implementazione di sarà quello di installare il relativo gestore
+salvando il precedente (\texttt{\small 14-17}). Si effettuerà poi una
+chiamata ad \func{alarm} per specificare il tempo d'attesa per l'invio del
+segnale a cui segue la chiamata a \func{pause} per fermare il programma
+(\texttt{\small 17-19}) fino alla sua ricezione. Al ritorno di \func{pause},
+causato dal ritorno del gestore (\texttt{\small 1-9}), si ripristina il
+gestore originario (\texttt{\small 20-21}) restituendo l'eventuale tempo
+rimanente (\texttt{\small 22-23}) che potrà essere diverso da zero qualora
+l'interruzione di \func{pause} venisse causata da un altro segnale.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+void alarm_hand(int sig) {
+ /* check if the signal is the right one */
+ if (sig != SIGALRM) { /* if not exit with error */
+ printf("Something wrong, handler for SIGALRM\n");
+ exit(1);
+ } else { /* do nothing, just interrupt pause */
+ return;
+ }
+}
+unsigned int sleep(unsigned int seconds)
+{
+ sighandler_t prev_handler;
+ /* install and check new handler */
+ if ((prev_handler = signal(SIGALRM, alarm_hand)) == SIG_ERR) {
+ printf("Cannot set handler for alarm\n");
+ exit(-1);
+ }
+ /* set alarm and go to sleep */
+ alarm(seconds);
+ pause();
+ /* restore previous signal handler */
+ signal(SIGALRM, prev_handler);
+ /* return remaining time */
+ return alarm(0);
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Una implementazione pericolosa di \func{sleep}.}
+ \label{fig:sig_sleep_wrong}
+\end{figure}
+
+Questo codice però, a parte il non gestire il caso in cui si è avuta una
+precedente chiamata a \func{alarm} (che si è tralasciato per brevità),
+presenta una pericolosa race condition\index{race condition}. Infatti se il
+processo viene interrotto fra la chiamata di \func{alarm} e \func{pause} può
+capitare (ad esempio se il sistema è molto carico) che il tempo di attesa
+scada prima dell'esecuzione quest'ultima, cosicché essa sarebbe eseguita dopo
+l'arrivo di \macro{SIGALRM}. In questo caso ci si troverebbe di fronte ad un
+deadlock, in quanto \func{pause} non verrebbe mai più interrotta (se non in
+caso di un altro segnale).
+
+Questo problema può essere risolto (ed è la modalità con cui veniva fatto in
+SVr2) usando la funzione \func{longjmp} (vedi \secref{sec:proc_longjmp}) per
+uscire dal gestore; in questo modo, con una condizione sullo stato di
+uscita di quest'ultima, si può evitare la chiamata a \func{pause}, usando un
+codice del tipo di quello riportato in \figref{fig:sig_sleep_incomplete}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+static jmp_buff alarm_return;
+unsigned int sleep(unsigned int seconds)
+{
+ signandler_t prev_handler;
+ if ((prev_handler = signal(SIGALRM, alarm_hand)) == SIG_ERR) {
+ printf("Cannot set handler for alarm\n");
+ exit(1);
+ }
+ if (setjmp(alarm_return) == 0) { /* if not returning from handler */
+ alarm(second); /* call alarm */
+ pause(); /* then wait */
+ }
+ /* restore previous signal handler */
+ signal(SIGALRM, prev_handler);
+ /* remove alarm, return remaining time */
+ return alarm(0);
+}
+void alarm_hand(int sig)
+{
+ /* check if the signal is the right one */
+ if (sig != SIGALRM) { /* if not exit with error */
+ printf("Something wrong, handler for SIGALRM\n");
+ exit(1);
+ } else { /* return in main after the call to pause */
+ longjump(alarm_return, 1);
+ }
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Una implementazione ancora malfunzionante di \func{sleep}.}
+ \label{fig:sig_sleep_incomplete}
+\end{figure}
+
+In questo caso il gestore (\texttt{\small 18-26}) non ritorna come in
+\figref{fig:sig_sleep_wrong}, ma usa \func{longjmp} (\texttt{\small 24}) per
+rientrare nel corpo principale del programma; dato che in questo caso il
+valore di uscita di \func{setjmp} è 1, grazie alla condizione in
+(\texttt{\small 9-12}) si evita comunque che \func{pause} sia chiamata a
+vuoto.
+
+Ma anche questa implementazione comporta dei problemi; in questo caso infatti
+non viene gestita correttamente l'interazione con gli altri segnali; se
+infatti il segnale di allarme interrompe un altro gestore, in questo caso
+l'esecuzione non riprenderà nel gestore in questione, ma nel ciclo
+principale, interrompendone inopportunamente l'esecuzione. Lo stesso tipo di
+problemi si presenterebbero se si volesse usare \func{alarm} per stabilire un
+timeout su una qualunque system call bloccante.
+
+Un secondo esempio è quello in cui si usa il segnale per notificare una
+qualche forma di evento; in genere quello che si fa in questo caso è impostare
+nel gestore un opportuno flag da controllare nel corpo principale del
+programma (con un codice del tipo di quello riportato in
+\figref{fig:sig_event_wrong}).
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+sig_atomic_t flag;
+int main()
+{
+ flag = 0;
+ ...
+ if (flag) { /* test if signal occurred */
+ flag = 0; /* reset flag */
+ do_response(); /* do things */
+ } else {
+ do_other(); /* do other things */
+ }
+ ...
+}
+void alarm_hand(int sig)
+{
+ /* set the flag
+ flag = 1;
+ return;
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Un esempio non funzionante del codice per il controllo di un
+ evento generato da un segnale.}
+ \label{fig:sig_event_wrong}
+\end{figure}
+
+La logica è quella di far impostare al gestore (\texttt{\small 14-19}) una
+variabile globale preventivamente inizializzata nel programma principale, il
+quale potrà determinare, osservandone il contenuto, l'occorrenza o meno del
+segnale, e prendere le relative azioni conseguenti (\texttt{\small 6-11}).
+
+Questo è il tipico esempio di caso, già citato in \secref{sec:proc_race_cond},
+in cui si genera una race condition\index{race condition}; se infatti il
+segnale arriva immediatamente dopo l'esecuzione del controllo (\texttt{\small
+ 6}) ma prima della cancellazione del flag (\texttt{\small 7}), la sua
+occorrenza sarà perduta.
+
+Questi esempi ci mostrano che per una gestione effettiva dei segnali occorrono
+funzioni più sofisticate di quelle illustrate finora, che hanno origine dalla
+interfaccia semplice, ma poco sofisticata, dei primi sistemi Unix, in modo da
+consentire la gestione di tutti i possibili aspetti con cui un processo deve
+reagire alla ricezione di un segnale.
+
+
+
+\subsection{Gli \textsl{insiemi di segnali} o \textit{signal set}}
+\label{sec:sig_sigset}
+
+Come evidenziato nel paragrafo precedente, le funzioni di gestione dei segnali
+dei primi Unix, nate con la semantica inaffidabile, hanno dei limiti non
+superabili; in particolare non è prevista nessuna funzione che permetta di
+gestire gestire il blocco dei segnali o di verificare lo stato dei segnali
+pendenti.
+
+Per questo motivo lo standard POSIX.1, insieme alla nuova semantica dei
+segnali ha introdotto una interfaccia di gestione completamente nuova, che
+permette di ottenete un controllo molto più dettagliato. In particolare lo
+standard ha introdotto un nuovo tipo di dato \type{sigset\_t}, che permette di
+rappresentare un \textsl{insieme di segnali} (un \textit{signal set}, come
+viene usualmente chiamato), che è il tipo di dato che viene usato per gestire
+il blocco dei segnali.
+
+In genere un \textsl{insieme di segnali} è rappresentato da un intero di
+dimensione opportuna, di solito si pari al numero di bit dell'architettura
+della macchina\footnote{nel caso dei PC questo comporta un massimo di 32
+ segnali distinti, dato che in Linux questi sono sufficienti non c'è
+ necessità di nessuna struttura più complicata.}, ciascun bit del quale è
+associato ad uno specifico segnale; in questo modo è di solito possibile
+implementare le operazioni direttamente con istruzioni elementari del
+processore; lo standard POSIX.1 definisce cinque funzioni per la manipolazione
+degli insiemi di segnali: \func{sigemptyset}, \func{sigfillset},
+\func{sigaddset}, \func{sigdelset} e \func{sigismember}, i cui prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{signal.h}
+
+ \funcdecl{int sigemptyset(sigset\_t *set)} Inizializza un insieme di segnali
+ vuoto (in cui non c'è nessun segnale).
+
+ \funcdecl{int sigfillset(sigset\_t *set)} Inizializza un insieme di segnali
+ pieno (in cui ci sono tutti i segnali).
+
+ \funcdecl{int sigaddset(sigset\_t *set, int signum)} Aggiunge il segnale
+ \param{signum} all'insieme di segnali \param{set}.
+
+ \funcdecl{int sigdelset(sigset\_t *set, int signum)} Toglie il segnale
+ \param{signum} dall'insieme di segnali \param{set}.
+
+ \funcdecl{int sigismember(const sigset\_t *set, int signum)} Controlla se il
+ segnale \param{signum} è nell'insieme di segnali \param{set}.
+
+ \bodydesc{Le prime quattro funzioni ritornano 0 in caso di successo, mentre
+ \func{sigismember} ritorna 1 se \param{signum} è in \param{set} e 0
+ altrimenti. In caso di errore tutte ritornano -1, con \var{errno} impostata a
+ \macro{EINVAL} (il solo errore possibile è che \param{signum} non sia un
+ segnale valido).}
+\end{functions}
+
+Dato che in generale non si può fare conto sulle caratteristiche di una
+implementazione (non è detto che si disponga di un numero di bit sufficienti
+per mettere tutti i segnali in un intero, o in \type{sigset\_t} possono essere
+immagazzinate ulteriori informazioni) tutte le operazioni devono essere
+comunque eseguite attraverso queste funzioni.
+
+In genere si usa un insieme di segnali per specificare quali segnali si vuole
+bloccare, o per riottenere dalle varie funzioni di gestione la maschera dei
+segnali attivi (vedi \secref{sec:sig_sigmask}). Essi possono essere definiti
+in due diverse maniere, aggiungendo i segnali voluti ad un insieme vuoto
+ottenuto con \func{sigemptyset} o togliendo quelli che non servono da un
+insieme completo ottenuto con \func{sigfillset}. Infine \func{sigismember}
+permette di verificare la presenza di uno specifico segnale in un
+insieme.
+
+
+\subsection{La funzione \func{sigaction}}
+\label{sec:sig_sigaction}
+
+La funzione principale dell'interfaccia standard POSIX.1 per i segnali è
+\func{sigaction}, essa ha sostanzialemente lo stesso uso di \func{signal},
+permette cioè di specificare le modalità con cui un segnale può essere gestito
+da un processo. Il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}{int sigaction(int signum, const struct sigaction
+ *act, struct sigaction *oldact)}
+
+ Installa una nuova azione per il segnale \param{signum}.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EINVAL}] Si è specificato un numero di segnale invalido o si è
+ cercato di installare il gestore per \macro{SIGKILL} o
+ \macro{SIGSTOP}.
+ \item[\macro{EFAULT}] Si sono specificati indirizzi non validi.
+ \end{errlist}}
+\end{prototype}
+
+La funzione serve ad installare una nuova \textsl{azione} per il segnale
+\param{signum}; si parla di \textsl{azione} e non di \textsl{gestore}
+come nel caso di \func{signal}, in quanto la funzione consente di specificare
+le varie caratteristiche della risposta al segnale, non solo la funzione che
+verrà eseguita alla sua occorrenza. Per questo lo standard raccomanda di
+usare sempre questa funzione al posto di \func{signal} (che in genere viene
+definita tramite essa), in quanto permette un controllo completo su tutti gli
+aspetti della gestione di un segnale, sia pure al prezzo di una maggiore
+complessità d'uso.
+
+Se il puntatore \param{act} non è nullo, la funzione installa la nuova azione
+da esso specificata, se \param{oldact} non è nullo il valore dell'azione
+corrente viene restituito indietro. Questo permette (specificando \param{act}
+nullo e \param{oldact} non nullo) di superare uno dei limiti di \func{signal},
+che non consente di ottenere l'azione corrente senza installarne una nuova.
+
+Entrambi i puntatori fanno riferimento alla struttura \var{sigaction}, tramite
+la quale si specificano tutte le caratteristiche dell'azione associata ad un
+segnale. Anch'essa è descritta dallo standard POSIX.1 ed in Linux è definita
+secondo quanto riportato in \figref{fig:sig_sigaction}. Il campo
+\var{sa\_restorer}, non previsto dallo standard, è obsoleto e non deve essere
+più usato.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+struct sigaction
+{
+ void (*sa_handler)(int);
+ void (*sa_sigaction)(int, siginfo_t *, void *);
+ sigset_t sa_mask;
+ int sa_flags;
+ void (*sa_restorer)(void);
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{sigaction}.}
+ \label{fig:sig_sigaction}
+\end{figure}
+
+Il campo \var{sa\_mask} serve ad indicare l'insieme dei segnali che devono
+essere bloccati durante l'esecuzione del gestore, ad essi viene comunque
+sempre aggiunto il segnale che ne ha causato la chiamata, a meno che non si
+sia specificato con \var{sa\_flag} un comportamento diverso. Quando il
+gestore ritorna comunque la maschera dei segnali bloccati (vedi
+\secref{sec:sig_sigmask}) viene ripristinata al valore precedente
+l'invocazione.
+
+L'uso di questo campo permette ad esempio di risolvere il problema residuo
+dell'implementazione di \code{sleep} mostrata in
+\secref{fig:sig_sleep_incomplete}. In quel caso infatti se il segnale di
+allarme avesse interrotto un altro gestore questo non sarebbe stato
+eseguito correttamente; la cosa poteva essere prevenuta installando gli altri
+gestori usando \var{sa\_mask} per bloccare \macro{SIGALRM} durante la
+loro esecuzione. Il valore di \var{sa\_flag} permette di specificare vari
+aspetti del comportamento di \func{sigaction}, e della reazione del processo
+ai vari segnali; i valori possibili ed il relativo significato sono riportati
+in \tabref{tab:sig_sa_flag}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{SA\_NOCLDSTOP}& Se il segnale è \macro{SIGCHLD} allora non deve
+ essere notificato quando il processo figlio viene
+ fermato da uno dei segnali \macro{SIGSTOP},
+ \macro{SIGTSTP}, \macro{SIGTTIN} o
+ \macro{SIGTTOU}.\\
+ \macro{SA\_ONESHOT} & Ristabilisce l'azione per il segnale al valore
+ predefinito una volta che il gestore è stato
+ lanciato, riproduce cioè il comportamento della
+ semantica inaffidabile.\\
+ \macro{SA\_RESETHAND}& Sinonimo di \macro{SA\_ONESHOT}. \\
+ \macro{SA\_RESTART} & Riavvia automaticamente le \textit{slow system
+ call} quando vengono interrotte dal suddetto
+ segnale; riproduce cioè il comportamento standard
+ di BSD.\\
+ \macro{SA\_NOMASK} & Evita che il segnale corrente sia bloccato durante
+ l'esecuzione del gestore.\\
+ \macro{SA\_NODEFER} & Sinonimo di \macro{SA\_NOMASK}.\\
+ \macro{SA\_SIGINFO} & Deve essere specificato quando si vuole usare un
+ gestore in forma estesa usando
+ \var{sa\_sigaction} al posto di \var{sa\_handler}.\\
+ \macro{SA\_ONSTACK} & Stabilisce l'uso di uno stack alternativo per
+ l'esecuzione del gestore (vedi
+ \secref{sec:sig_specific_features}).\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori del campo \var{sa\_flag} della struttura \var{sigaction}.}
+ \label{tab:sig_sa_flag}
+\end{table}
+
+Come si può notare in \figref{fig:sig_sigaction} \func{sigaction}
+permette\footnote{La possibilità è prevista dallo standard POSIX.1b, ed è
+ stata aggiunta nei kernel della serie 2.1.x con l'introduzione dei segnali
+ real-time (vedi \secref{sec:sig_real_time}). In precedenza era possibile
+ ottenere alcune informazioni addizionali usando \var{sa\_handler} con un
+ secondo parametro addizionale di tipo \var{struct sigcontext}, che adesso è
+ deprecato.} di utilizzare due forme diverse di gestore, da
+specificare, a seconda dell'uso o meno del flag \macro{SA\_SIGINFO},
+rispettivamente attraverso i campi \var{sa\_sigaction} o \var{sa\_handler},
+(che devono essere usati in maniera alternativa, in certe implementazioni
+questi vengono addirittura definiti come \ctyp{union}): la prima è quella
+classica usata anche con \func{signal}, la seconda permette invece di usare un
+gestore in grado di ricevere informazioni più dettagliate dal sistema,
+attraverso la struttura \type{siginfo\_t}, riportata in
+\figref{fig:sig_siginfo_t}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+siginfo_t {
+ int si_signo; /* Signal number */
+ int si_errno; /* An errno value */
+ int si_code; /* Signal code */
+ pid_t si_pid; /* Sending process ID */
+ uid_t si_uid; /* Real user ID of sending process */
+ int si_status; /* Exit value or signal */
+ clock_t si_utime; /* User time consumed */
+ clock_t si_stime; /* System time consumed */
+ sigval_t si_value; /* Signal value */
+ int si_int; /* POSIX.1b signal */
+ void * si_ptr; /* POSIX.1b signal */
+ void * si_addr; /* Memory location which caused fault */
+ int si_band; /* Band event */
+ int si_fd; /* File descriptor */
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \type{siginfo\_t}.}
+ \label{fig:sig_siginfo_t}
+\end{figure}
+
+Installando un gestore di tipo \var{sa\_sigaction} diventa allora
+possibile accedere alle informazioni restituite attraverso il puntatore a
+questa struttura. Tutti i segnali impostano i campi \var{si\_signo}, che riporta
+il numero del segnale ricevuto, \var{si\_errno}, che riporta, quando diverso
+da zero, il codice dell'errore associato al segnale, e \var{si\_code}, che
+viene usato dal kernel per specificare maggiori dettagli riguardo l'evento che
+ha causato l'emissione del segnale.
+
+In generale \var{si\_code} contiene, per i segnali generici, per quelli
+real-time e per tutti quelli inviati tramite \func{kill}, informazioni circa
+l'origine del segnale (se generato dal kernel, da un timer, da \func{kill},
+ecc.). Alcuni segnali però usano \var{si\_code} per fornire una informazione
+specifica: ad esempio i vari segnali di errore (\macro{SIGFPE},
+\macro{SIGILL}, \macro{SIGBUS} e \macro{SIGSEGV}) lo usano per fornire
+maggiori dettagli riguardo l'errore (come il tipo di errore aritmetico, di
+istruzione illecita o di violazione di memoria) mentre alcuni segnali di
+controllo (\macro{SIGCHLD}, \macro{SIGTRAP} e \macro{SIGPOLL}) forniscono
+altre informazioni speecifiche. In tutti i casi il valore del campo è
+riportato attraverso delle costanti (le cui definizioni si trovano
+\file{bits/siginfo.h}) il cui elenco dettagliato è disponibile nella pagina di
+manuale di di \func{sigaction}.
+
+Il resto della struttura è definito come \ctyp{union} ed i valori
+eventualmente presenti dipendono dal segnale, così \macro{SIGCHLD} ed i
+segnali real-time (vedi \secref{sec:sig_real_time}) inviati tramite
+\func{kill} avvalorano \var{si\_pid} e \var{si\_uid} coi valori corrispondenti
+al processo che ha emesso il segnale, \macro{SIGILL}, \macro{SIGFPE},
+\macro{SIGSEGV} e \macro{SIGBUS} avvalorano \var{si\_addr} con l'indirizzo cui
+è avvenuto l'errore, \macro{SIGIO} (vedi \secref{sec:file_asyncronous_io})
+avvalora \var{si\_fd} con il numero del file descriptor e \var{si\_band} per i
+dati urgenti su un socket.
+
+Benché sia possibile usare nello stesso programma sia \func{sigaction} che
+\func{signal} occorre molta attenzione, in quanto le due funzioni possono
+interagire in maniera anomala. Infatti l'azione specificata con
+\var{sigaction} contiene un maggior numero di informazioni rispetto al
+semplice indirizzo del gestore restituito da \func{signal}. Per questo
+motivo se si usa quest'ultima per installare un gestore sostituendone uno
+precedentemente installato con \func{sigaction}, non sarà possibile effettuare
+un ripristino corretto dello stesso.
+
+Per questo è sempre opportuno usare \func{sigaction}, che è in grado di
+ripristinare correttamente un gestore precedente, anche se questo è stato
+installato con \func{signal}. In generale poi non è il caso di usare il valore
+di ritorno di \func{signal} come campo \var{sa\_handler}, o viceversa, dato
+che in certi sistemi questi possono essere diversi. In definitiva dunque, a
+meno che non si sia vincolati all'aderenza stretta allo standard ISO C, è
+sempre il caso di evitare l'uso di \func{signal} a favore di \func{sigaction}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+typedef void SigFunc(int);
+inline SigFunc * Signal(int signo, SigFunc *func)
+{
+ struct sigaction new_handl, old_handl;
+ new_handl.sa_handler=func;
+ /* clear signal mask: no signal blocked during execution of func */
+ if (sigemptyset(&new_handl.sa_mask)!=0){ /* initialize signal set */
+ perror("cannot initializes the signal set to empty"); /* see mess. */
+ exit(1);
+ }
+ new_handl.sa_flags=0; /* init to 0 all flags */
+ /* change action for signo signal */
+ if (sigaction(signo,&new_handl,&old_handl)){
+ perror("sigaction failed on signal action setting");
+ exit(1);
+ }
+ return (old_handl.sa_handler);
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Una funzione equivalente a \func{signal} definita attraverso
+ \func{sigaction}.}
+ \label{fig:sig_Signal_code}
+\end{figure}
+
+Per questo motivo si è provveduto, per mantenere un'interfaccia semplificata
+che abbia le stesse caratteristiche di \func{signal}, a definire una funzione
+equivalente attraverso \func{sigaction}; la funzione è \code{Signal}, e si
+trova definita come \code{inline} nel file \file{wrapper.h} (nei sorgenti
+allegati), riportata in \figref{fig:sig_Signal_code}. La riutilizzeremo spesso
+in seguito.
+
+\subsection{La gestione della \textsl{maschera dei segnali} o
+ \textit{signal mask}}
+\label{sec:sig_sigmask}
+
+Come spiegato in \secref{sec:sig_semantics} tutti i moderni sistemi unix-like
+permettono si bloccare temporaneamente (o di eliminare completamente, impostando
+\macro{SIG\_IGN} come azione) la consegna dei segnali ad un processo. Questo è
+fatto specificando la cosiddetta \textsl{maschera dei segnali} (o
+\textit{signal mask}) del processo\footnote{nel caso di Linux essa è mantenuta
+ dal campo \var{blocked} della \var{task\_struct} del processo.} cioè
+l'insieme dei segnali la cui consegna è bloccata. Abbiamo accennato in
+\secref{sec:proc_fork} che la \textit{signal mask} viene ereditata dal padre
+alla creazione di un processo figlio, e abbiamo visto al paragrafo precedente
+che essa può essere modificata, durante l'esecuzione di un gestore,
+attraverso l'uso dal campo \var{sa\_mask} di \var{sigaction}.
+
+Uno dei problemi evidenziatisi con l'esempio di \secref{fig:sig_event_wrong} è
+che in molti casi è necessario proteggere delle sezioni di codice (nel caso in
+questione la sezione fra il controllo e la eventuale cancellazione del flag
+che testimoniava l'avvenuta occorrenza del segnale) in modo da essere sicuri
+che essi siano eseguiti senza interruzioni.
+
+Le operazioni più semplici, come l'assegnazione o il controllo di una
+variabile (per essere sicuri si può usare il tipo \type{sig\_atomic\_t}) di
+norma sono atomiche, quando occorrono operazioni più complesse si può invece
+usare la funzione \func{sigprocmask} che permette di bloccare uno o più
+segnali; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}
+{int sigprocmask(int how, const sigset\_t *set, sigset\_t *oldset)}
+
+ Cambia la \textsl{maschera dei segnali} del processo corrente.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EINVAL}] Si è specificato un numero di segnale invalido.
+ \item[\macro{EFAULT}] Si sono specificati indirizzi non validi.
+ \end{errlist}}
+\end{prototype}
+
+La funzione usa l'insieme di segnali dato all'indirizzo \param{set} per
+modificare la maschera dei segnali del processo corrente. La modifica viene
+effettuata a seconda del valore dell'argomento \param{how}, secondo le modalità
+specificate in \tabref{tab:sig_procmask_how}. Qualora si specifichi un valore
+non nullo per \param{oldset} la maschera dei segnali corrente viene salvata a
+quell'indirizzo.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{SIG\_BLOCK} & L'insieme dei segnali bloccati è l'unione fra
+ quello specificato e quello corrente.\\
+ \macro{SIG\_UNBLOCK} & I segnali specificati in \param{set} sono rimossi
+ dalla maschera dei segnali, specificare la
+ cancellazione di un segnale non bloccato è legale.\\
+ \macro{SIG\_SETMASK} & La maschera dei segnali è impostata al valore
+ specificato da \param{set}.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori e significato dell'argomento \param{how} della funzione
+ \func{sigprocmask}.}
+ \label{tab:sig_procmask_how}
+\end{table}
+
+In questo modo diventa possibile proteggere delle sezioni di codice bloccando
+l'insieme di segnali voluto per poi riabilitarli alla fine della sezione
+critica. La funzione permette di risolvere problemi come quelli mostrati in
+\secref{fig:sig_event_wrong}, proteggendo la sezione fra il controllo del flag
+e la sua cancellazione.
+
+La funzione può essere usata anche all'interno di un gestore, ad esempio
+per riabilitare la consegna del segnale che l'ha invocato, in questo caso però
+occorre ricordare che qualunque modifica alla maschera dei segnali viene
+perduta alla conclusione del terminatore.
+
+Benché con l'uso di \func{sigprocmask} si possano risolvere la maggior parte
+dei casi di race condition\index{race condition} restano aperte alcune
+possibilità legate all'uso di \func{pause}; il caso è simile a quello del
+problema illustrato nell'esempio di \secref{fig:sig_sleep_incomplete}, e cioè
+la possibilità che il processo riceva il segnale che si intende usare per
+uscire dallo stato di attesa invocato con \func{pause} immediatamente prima
+dell'esecuzione di quest'ultima. Per poter effettuare atomicamente la modifica
+della maschera dei segnali (di solito attivandone uno specifico) insieme alla
+sospensione del processo lo standard POSIX ha previsto la funzione
+\func{sigsuspend}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}
+{int sigsuspend(const sigset\_t *mask)}
+
+ Imposta la \textit{signal mask} specificata, mettendo in attesa il processo.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{EINVAL}] Si è specificato un numero di segnale invalido.
+ \item[\macro{EFAULT}] Si sono specificati indirizzi non validi.
+ \end{errlist}}
+\end{prototype}
+
+Come esempio dell'uso di queste funzioni proviamo a riscrivere un'altra volta
+l'esempio di implementazione di \code{sleep}. Abbiamo accennato in
+\secref{sec:sig_sigaction} come con \func{sigaction} sia possibile bloccare
+\macro{SIGALRM} nell'installazione dei gestori degli altri segnali, per
+poter usare l'implementazione vista in \secref{fig:sig_sleep_incomplete} senza
+interferenze. Questo però comporta una precauzione ulteriore al semplice uso
+della funzione, vediamo allora come usando la nuova interfaccia è possibile
+ottenere un'implementazione, riportata in \figref{fig:sig_sleep_ok} che non
+presenta neanche questa necessità.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+void alarm_hand(int);
+unsigned int sleep(unsigned int seconds)
+{
+ struct sigaction new_action, old_action;
+ sigset_t old_mask, stop_mask, sleep_mask;
+ /* set the signal handler */
+ sigemptyset(&new_action.sa_mask); /* no signal blocked */
+ new_action.sa_handler = alarm_hand; /* set handler */
+ new_action.sa_flags = 0; /* no flags */
+ sigaction(SIGALRM, &new_action, &old_action); /* install action */
+ /* block SIGALRM to avoid race conditions */
+ sigemptyset(&stop_mask); /* init mask to empty */
+ sigaddset(&stop_mask, SIGALRM); /* add SIGALRM */
+ sigprocmask(SIG_BLOCK, &stop_mask, &old_mask); /* add SIGALRM to blocked */
+ /* send the alarm */
+ alarm(seconds);
+ /* going to sleep enabling SIGALRM */
+ sleep_mask = old_mask; /* take mask */
+ sigdelset(&sleep_mask, SIGALRM); /* remove SIGALRM */
+ sigsuspend(&sleep_mask); /* go to sleep */
+ /* restore previous settings */
+ sigprocmask(SIG_SETMASK, &old_mask, NULL); /* reset signal mask */
+ sigaction(SIGALRM, &old_action, NULL); /* reset signal action */
+ /* return remaining time */
+ return alarm(0);
+}
+void alarm_hand(int sig)
+{
+ return; /* just return to interrupt sigsuspend */
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Una implementazione completa di \func{sleep}.}
+ \label{fig:sig_sleep_ok}
+\end{figure}
+
+Per evitare i problemi di interferenza con gli altri segnali in questo caso
+non si è usato l'approccio di \figref{fig:sig_sleep_incomplete} evitando l'uso
+di \func{longjmp}. Come in precedenza il gestore (\texttt{\small 35-37})
+non esegue nessuna operazione, limitandosi a ritornare per interrompere il
+programma messo in attesa.
+
+La prima parte della funzione (\texttt{\small 11-15}) provvede ad installare
+l'opportuno gestore per \macro{SIGALRM}, salvando quello originario, che
+sarà ripristinato alla conclusione della stessa (\texttt{\small 28}); il passo
+successivo è quello di bloccare \macro{SIGALRM} (\texttt{\small 17-19}) per
+evitare che esso possa essere ricevuto dal processo fra l'esecuzione di
+\func{alarm} (\texttt{\small 21}) e la sospensione dello stesso. Nel fare
+questo si salva la maschera corrente dei segnali, che sarà ripristinata alla
+fine (\texttt{\small 27}), e al contempo si prepara la maschera dei segnali
+\var{sleep\_mask} per riattivare \macro{SIGALRM} all'esecuzione di
+\func{sigsuspend}.
+
+In questo modo non sono più possibili race condition\index{race condition}
+dato che \macro{SIGALRM} viene disabilitato con \func{sigprocmask} fino alla
+chiamata di \func{sigsuspend}. Questo metodo è assolutamente generale e può
+essere applicato a qualunque altra situazione in cui si deve attendere per un
+segnale, i passi sono sempre i seguenti:
+\begin{enumerate*}
+\item Leggere la maschera dei segnali corrente e bloccare il segnale voluto
+ con \func{sigprocmask}.
+\item Mandare il processo in attesa con \func{sigsuspend} abilitando la
+ ricezione del segnale voluto.
+\item Ripristinare la maschera dei segnali originaria.
+\end{enumerate*}
+Per quanto possa sembrare strano bloccare la ricezione di un segnale per poi
+riabilitarla immediatamente dopo, in questo modo si evita il deadlock dovuto
+all'arrivo del segnale prima dell'esecuzione di \func{sigsuspend}.
+
+
+\subsection{Ulteriori funzioni di gestione}
+\label{sec:sig_specific_features}
+
+In questa ultimo paragrafo esamineremo varie funzioni di gestione dei segnali
+non descritte finora, relative agli aspetti meno utilizzati. La prima di esse
+è \func{sigpending}, anch'essa introdotta dallo standard POSIX.1; il suo
+prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}
+{int sigpending(sigset\_t *set)}
+
+Scrive in \param{set} l'insieme dei segnali pendenti.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore.}
+\end{prototype}
+
+La funzione permette di ricavare quali sono i segnali pendenti per il processo
+in corso, cioè i segnali che sono stato inviati dal kernel ma non sono stati
+ancora ricevuti dal processo in quanto bloccati. Non esiste una funzione
+equivalente nella vecchia interfaccia, ma essa è tutto sommato poco utile,
+dato che essa può solo assicurare che un segnale è stato inviato, dato che
+escluderne l'avvenuto invio al momento della chiamata non significa nulla
+rispetto a quanto potrebbe essere in un qualunque momento successivo.
+
+Una delle caratteristiche di BSD, disponibile anche in Linux, è la possibilità
+di usare uno stack alternativo per i segnali; è cioè possibile fare usare al
+sistema un altro stack (invece di quello relativo al processo, vedi
+\secref{sec:proc_mem_layout}) solo durante l'esecuzione di un
+gestore. L'uso di uno stack alternativo è del tutto trasparente ai
+gestori, occorre però seguire una certa procedura:
+\begin{enumerate*}
+\item Allocare un'area di memoria di dimensione sufficiente da usare come
+ stack alternativo.
+\item Usare la funzione \func{sigaltstack} per rendere noto al sistema
+ l'esistenza e la locazione dello stack alternativo.
+\item Quando si installa un gestore occorre usare \func{sigaction}
+ specificando il flag \macro{SA\_ONSTACK} (vedi \tabref{tab:sig_sa_flag}) per
+ dire al sistema di usare lo stack alternativo durante l'esecuzione del
+ gestore.
+\end{enumerate*}
+
+In genere il primo passo viene effettuato allocando un'opportuna area di
+memoria con \code{malloc}; in \file{signal.h} sono definite due costanti,
+\macro{SIGSTKSZ} e \macro{MINSIGSTKSZ}, che possono essere utilizzate per
+allocare una quantità di spazio opportuna, in modo da evitare overflow. La
+prima delle due è la dimensione canonica per uno stack di segnali e di norma è
+sufficiente per tutti gli usi normali. La seconda è lo spazio che occorre al
+sistema per essere in grado di lanciare il gestore e la dimensione di uno
+stack alternativo deve essere sempre maggiore di questo valore. Quando si
+conosce esattamente quanto è lo spazio necessario al gestore gli si può
+aggiungere questo valore per allocare uno stack di dimensione sufficiente.
+
+Come accennato per poter essere usato lo stack per i segnali deve essere
+indicato al sistema attraverso la funzione \func{sigaltstack}; il suo
+prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}
+{int sigaltstack(const stack\_t *ss, stack\_t *oss)}
+
+Installa un nuovo stack per i segnali.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
+
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{ENOMEM}] La dimensione specificata per il nuovo stack è minore
+ di \macro{MINSIGSTKSZ}.
+ \item[\macro{EPERM}] Uno degli indirizzi non è valido.
+ \item[\macro{EFAULT}] Si è cercato di cambiare lo stack alternativo mentre
+ questo è attivo (cioè il processo è in esecuzione su di esso).
+ \item[\macro{EINVAL}] \param{ss} non è nullo e \var{ss\_flags} contiene un
+ valore diverso da zero che non è \macro{SS\_DISABLE}.
+ \end{errlist}}
+\end{prototype}
+
+La funzione prende come argomenti puntatori ad una struttura di tipo
+\var{stack\_t}, definita in \figref{fig:sig_stack_t}. I due valori \param{ss}
+e \param{oss}, se non nulli, indicano rispettivamente il nuovo stack da
+installare e quello corrente (che viene restituito dalla funzione per un
+successivo ripristino).
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+typedef struct {
+ void *ss_sp; /* Base address of stack */
+ int ss_flags; /* Flags */
+ size_t ss_size; /* Number of bytes in stack */
+} stack_t;
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{stack\_t}.}
+ \label{fig:sig_stack_t}
+\end{figure}
+
+Il campo \var{ss\_sp} di \var{stack\_t} indica l'indirizzo base dello stack,
+mentre \var{ss\_size} ne indica la dimensione; il campo \var{ss\_flags} invece
+indica lo stato dello stack. Nell'indicare un nuovo stack occorre
+inizializzare \var{ss\_sp} e \var{ss\_size} rispettivamente al puntatore e
+alla dimensione della memoria allocata, mentre \var{ss\_flags} deve essere
+nullo. Se invece si vuole disabilitare uno stack occorre indicare
+\macro{SS\_DISABLE} come valore di \var{ss\_flags} e gli altri valori saranno
+ignorati.
+
+Se \param{oss} non è nullo verrà restituito dalla funzione indirizzo e
+dimensione dello stack corrente nei relativi campi, mentre \var{ss\_flags}
+potrà assumere il valore \macro{SS\_ONSTACK} se il processo è in esecuzione
+sullo stack alternativo (nel qual caso non è possibile cambiarlo) e
+\macro{SS\_DISABLE} se questo non è abilitato.
+
+In genere si installa uno stack alternativo per i segnali quando si teme di
+avere problemi di esaurimento dello stack standard o di superamento di un
+limite imposto con chiamata de tipo \code{setrlimit(RLIMIT\_STACK, \&rlim)}.
+In tal caso infatti si avrebbe un segnale di \macro{SIGSEGV}, che potrebbe
+essere gestito soltanto avendo abilitato uno stack alternativo.
+
+Si tenga presente che le funzioni chiamate durante l'esecuzione sullo stack
+alternativo continueranno ad usare quest'ultimo, che, al contrario di quanto
+avviene per lo stack ordinario dei processi, non si accresce automaticamente
+(ed infatti eccederne le dimensioni può portare a conseguenze imprevedibili).
+Si ricordi infine che una chiamata ad una funzione della famiglia
+\func{exec} cancella ogni stack alternativo.
+
+Abbiamo visto in \secref{fig:sig_sleep_incomplete} come si possa usare
+\func{longjmp} per uscire da un gestore rientrando direttamente nel corpo
+del programma; sappiamo però che nell'esecuzione di un gestore il segnale
+che l'ha invocato viene bloccato, e abbiamo detto che possiamo ulteriormente
+modificarlo con \func{sigprocmask}.
+
+Resta quindi il problema di cosa succede alla maschera dei segnali quando si
+esce da un gestore usando questa funzione. Il comportamento dipende
+dall'implementazione; in particolare BSD ripristina la maschera dei segnali
+precedente l'invocazione, come per un normale ritorno, mentre System V no. Lo
+standard POSIX.1 non specifica questo comportamento per \func{setjmp} e
+\func{longjmp}, ed il comportamento delle \acr{glibc} dipende da quale delle
+caratteristiche si sono abilitate con le macro viste in
+\secref{sec:intro_gcc_glibc_std}.
+
+Lo standard POSIX però prevede anche la presenza di altre due funzioni
+\func{sigsetjmp} e \func{siglongjmp}, che permettono di decidere quale dei due
+comportamenti il programma deve assumere; i loro prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{setjmp.h}
+
+ \funcdecl{int sigsetjmp(sigjmp\_buf env, int savesigs)} Salva il contesto
+ dello stack per un salto non locale.
+
+ \funcdecl{void siglongjmp(sigjmp\_buf env, int val)} Esegue un salto non
+ locale su un precedente contesto.
+
+ \bodydesc{Le due funzioni sono identiche alle analoghe \func{setjmp} e
+ \func{longjmp} di \secref{sec:proc_longjmp}, ma consentono di specificare
+ il comportamento sul ripristino o meno della maschera dei segnali.}
+\end{functions}
+
+Le due funzioni prendono come primo argomento la variabile su cui viene
+salvato il contesto dello stack per permettere il salto non locale; nel caso
+specifico essa è di tipo \type{sigjmp\_buf}, e non \type{jmp\_buf} come per le
+analoghe di \secref{sec:proc_longjmp} in quanto in questo caso viene salvata
+anche la maschera dei segnali.
+
+Nel caso di \func{sigsetjmp} se si specifica un valore di \param{savesigs}
+diverso da zero la maschera dei valori sarà salvata in \param{env} e
+ripristinata in un successivo \func{siglongjmp}; quest'ultima funzione, a
+parte l'uso di \type{sigjmp\_buf} per \param{env}, è assolutamente identica a
+\func{longjmp}.
+
+
+
+\subsection{I segnali real-time}
+\label{sec:sig_real_time}
+
+
+Lo standard POSIX.1b, nel definire una serie di nuove interfacce per i servizi
+real-time, ha introdotto una estensione del modello classico dei segnali che
+presenta dei significativi miglioramenti,\footnote{questa estensione è stata
+ introdotta in Linux a partire dal kernel 2.1.43(?), e dalle \acr{glibc}
+ 2.1(?).} in particolare sono stati superati tre limiti fondamentali dei
+segnali classici: