partendo da una introduzione relativa ai concetti base con cui essi vengono
realizzati, per poi affrontarne la classificazione a secondo di uso e modalità
di generazione fino ad esaminare in dettaglio funzioni e le metodologie di
-gestione.
+gestione.
\section{Introduzione}
Questa è la ragione per cui l'implementazione dei segnali secondo questa
semantica viene chiamata \textsl{inaffidabile}; infatti la ricezione del
segnale e la reinstallazione del suo manipolatore non sono operazioni
-atomiche, e sono sempre possibili delle race condition (sull'argomento vedi
-quanto detto in \secref{sec:proc_multi_prog}).
+atomiche, e sono sempre possibili delle race condition\index{race condition}
+(sull'argomento vedi quanto detto in \secref{sec:proc_multi_prog}).
Un'altro problema è che in questa semantica non esiste un modo per bloccare i
segnali quando non si vuole che arrivino; i processi possono ignorare il
\secref{sec:sig_sigaction}). Se si è installato un manipolatore sarà
quest'ultimo ad essere eseguito alla notifica del segnale. Inoltre il sistema
farà si che mentre viene eseguito il manipolatore di un segnale, quest'ultimo
-venga automaticamente bloccato (così si possono evitare race condition).
+venga automaticamente bloccato (così si possono evitare race
+condition\index{race condition}).
Nel caso non sia stata specificata un'azione, viene utilizzata l'azione
standard che (come vedremo in \secref{sec:sig_standard}) è propria di ciascun
\label{sec:sig_prog_error}
Questi segnali sono generati quando il sistema, o in certi casi direttamente
-l'hardware (come per i page fault non validi) rileva un qualche errore
-insanabile nel programma in esecuzione. In generale la generazione di questi
-segnali significa che il programma ha dei gravi problemi (ad esempio ha
+l'hardware (come per i \textit{page fault} non validi) rileva un qualche
+errore insanabile nel programma in esecuzione. In generale la generazione di
+questi segnali significa che il programma ha dei gravi problemi (ad esempio ha
dereferenziato un puntatore non valido o ha eseguito una operazione aritmetica
proibita) e l'esecuzione non può essere proseguita.
situazione precedente.
\item[\macro{SIGXCPU}] Sta per \textit{CPU time limit exceeded}. Questo
segnale è generato quando un processo eccede il limite impostato per il
- tempo di CPU disponibile, vedi \secref{sec:sys_xxx}.
+ tempo di CPU disponibile, vedi \secref{sec:sys_resource_limit}.
\item[\macro{SIGXFSZ}] Sta per \textit{File size limit exceeded}. Questo
segnale è generato quando un processo tenta di estendere un file oltre le
dimensioni specificate dal limite impostato per le dimensioni massime di un
- file, vedi \secref{sec:sys_xxx}.
+ file, vedi \secref{sec:sys_resource_limit}.
\end{basedescript}
necessario copiarlo.
La seconda funzione deriva da BSD ed è analoga alla funzione \func{perror}
-descritta in \secref{sec:sys_strerror}; il suo prototipo è:
+descritta sempre in \secref{sec:sys_strerror}; il suo prototipo è:
\begin{prototype}{signal.h}{void psignal(int sig, const char *s)}
Stampa sullo standard error un messaggio costituito dalla stringa \param{s},
seguita da due punti ed una descrizione del segnale indicato da \param{sig}.
\subsection{Il comportamento generale del sistema.}
- \label{sec:sig_gen_beha}
+\label{sec:sig_gen_beha}
Abbiamo già trattato in \secref{sec:sig_intro} le modalità con cui il sistema
gestisce l'interazione fra segnali e processi, ci resta da esaminare però il
programmi eseguiti in background, che altrimenti sarebbero interrotti da una
successiva pressione di \texttt{C-c} o \texttt{C-y}.
-Per quanto riguarda tutte le altre system call esse vengono tradizionalmente
-classificate, proprio in base al loro comportamento nei confronti dei segnali,
-in \textsl{lente} (\textit{slow}) e \textsl{veloci} (\textit{fast}). La gran
-parte appartiene a quest'ultima categoria che non è influenzata dall'arrivo di
-un segnale. In tal caso un eventuale manipolatore viene sempre eseguito dopo
-che la system call è stata completata. Esse sono dette \textsl{veloci} proprio
-in quanto la loro esecuzione è sostanzialmente immediata e attendere per
-eseguire un manipolatore non comporta nessun inconveniente.
-
-Esistono però dei casi in cui questo non è possibile perché renderebbe
-impossibile una risposta pronta al segnale. In generale questo avviene tutte
-le volte che si ha a che fare con system call che possono bloccarsi
-indefinitamente, (quelle che, per questo, vengono chiamate \textsl{lente}). Un
-elenco dei casi in cui si presenta questa situazione è il seguente:
+Per quanto riguarda il comportamento di tutte le altre system call si danno
+sostanzialmente due casi, a seconda che esse siano \textsl{lente}
+(\textit{slow}) o \textsl{veloci} (\textit{fast}). La gran parte di esse
+appartiene a quest'ultima categoria, che non è influenzata dall'arrivo di un
+segnale. Esse sono dette \textsl{veloci} in quanto la loro esecuzione è
+sostanzialmente immediata; la risposta al segnale viene sempre data dopo che
+la system call è stata completata, in quanto attendere per eseguire un
+manipolatore non comporta nessun inconveniente.
+
+In alcuni casi però alcune system call (che per questo motivo vengono chiamate
+\textsl{lente}) possono bloccarsi indefinitamente. In questo caso non si può
+attendere la conclusione della sistem call, perché questo renderebbe
+impossibile una risposta pronta al segnale, per cui il manipolatore viene
+eseguito prima che la system call sia ritornata. Un elenco dei casi in cui si
+presenta questa situazione è il seguente:
\begin{itemize}
-\item lettura da file che possono bloccarsi in attesa di dati non ancora
- presenti (come per certi file di dispositivo, la rete o le pipe).
-\item scrittura sugli stessi file, nel caso in cui dati non possano essere
+\item la lettura da file che possono bloccarsi in attesa di dati non ancora
+ presenti (come per certi file di dispositivo, i socket o le pipe).
+\item la scrittura sugli stessi file, nel caso in cui dati non possano essere
accettati immediatamente.
-\item apertura di un file di dispositivo che richiede operazioni non immediate
- per una una risposta.
-\item operazioni eseguite con \func{ioctl} che non è detto possano essere
+\item l'apertura di un file di dispositivo che richiede operazioni non
+ immediate per una una risposta.
+\item le operazioni eseguite con \func{ioctl} che non è detto possano essere
eseguite immediatamente.
\item le funzioni di intercomunicazione che si bloccano in attesa di risposte
da altri processi.
Il valore della struttura specificata \param{value} viene usato per settare il
timer, se il puntatore \param{ovalue} non è nullo il precedente valore viene
salvato qui. I valori dei timer devono essere indicati attraverso una
-struttura \var{itimerval}, definita in \figref{fig:file_stat_struct}.
+struttura \type{itimerval}, definita in \figref{fig:file_stat_struct}.
La struttura è composta da due membri, il primo, \var{it\_interval} definisce
il periodo del timer; il secondo, \var{it\_value} il tempo mancante alla
struct timeval it_interval; /* next value */
struct timeval it_value; /* current value */
};
-
-struct timeval
-{
- long tv_sec; /* seconds */
- long tv_usec; /* microseconds */
-};
\end{lstlisting}
\end{minipage}
\normalsize
- \caption{La struttura \var{itimerval}, che definisce i valori dei timer di
+ \caption{La struttura \type{itimerval}, che definisce i valori dei timer di
sistema.}
\label{fig:sig_itimerval}
\end{figure}
indipendente da \func{alarm}\footnote{nel caso di Linux questo è fatto
utilizzando direttamente il timer del kernel.} e sia utilizzabile senza
interferenze con l'uso di \macro{SIGALRM}. La funzione prende come parametri
-delle strutture di tipo \var{timespec}, la cui definizione è riportata in
-\figref{fig:sig_timespec_def}, che permettono di specificare un tempo con una
-precisione (teorica) fino al nanosecondo.
+delle strutture di tipo \var{timespec}, la cui definizione è riportata in
+\figref{fig:sys_timeval_struct}, che permettono di specificare un tempo con
+una precisione (teorica) fino al nanosecondo.
La funzione risolve anche il problema di proseguire l'attesa dopo
l'interruzione dovuta ad un segnale; infatti in tal caso in \param{rem} viene
questo motivo il valore restituito in \param{rem} è sempre arrotondato al
multiplo successivo di 1/\macro{HZ}.
-\begin{figure}[!htb]
- \footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
- \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
-struct timespec {
- time_t tv_sec; /* seconds */
- long tv_nsec; /* nanoseconds */
-};
- \end{lstlisting}
- \end{minipage}
- \normalsize
- \caption{La struttura \var{timespec} di \func{nanosleep}.}
- \label{fig:sig_timespec_def}
-\end{figure}
-
In realtà è possibile ottenere anche pause più precise del centesimo di
secondo usando politiche di scheduling real time come \macro{SCHED\_FIFO} o
\macro{SCHED\_RR}; in tal caso infatti il meccanismo di scheduling ordinario
#include <sys/wait.h>
#include "macro.h"
-void Hand_CHLD(int sig)
+void sigchld_hand(int sig)
{
int errno_save;
int status;
Le funzioni esaminate finora fanno riferimento ad alle modalità più elementari
della gestione dei segnali; non si sono pertanto ancora prese in
-considerazione le tematiche più complesse, collegate alle varie race condition
-che i segnali possono generare e alla natura asincrona degli stessi.
+considerazione le tematiche più complesse, collegate alle varie race
+condition\index{race condition} che i segnali possono generare e alla natura
+asincrona degli stessi.
Affronteremo queste problematiche in questa sezione, partendo da un esempio
che le evidenzi, per poi prendere in esame le varie funzioni che permettono di
Questo codice però, a parte il non gestire il caso in cui si è avuta una
precedente chiamata a \func{alarm} (che si è tralasciato per brevità),
-presenta una pericolosa race condition. Infatti se il processo viene
-interrotto fra la chiamata di \func{alarm} e \func{pause} può capitare (ad
-esempio se il sistema è molto carico) che il tempo di attesa scada prima
-dell'esecuzione quest'ultima, cosicché essa sarebbe eseguita dopo l'arrivo di
-\macro{SIGALRM}. In questo caso ci si troverebbe di fronte ad un deadlock, in
-quanto \func{pause} non verrebbe mai più interrotta (se non in caso di un
-altro segnale).
+presenta una pericolosa race condition\index{race condition}. Infatti se il
+processo viene interrotto fra la chiamata di \func{alarm} e \func{pause} può
+capitare (ad esempio se il sistema è molto carico) che il tempo di attesa
+scada prima dell'esecuzione quest'ultima, cosicché essa sarebbe eseguita dopo
+l'arrivo di \macro{SIGALRM}. In questo caso ci si troverebbe di fronte ad un
+deadlock, in quanto \func{pause} non verrebbe mai più interrotta (se non in
+caso di un altro segnale).
Questo problema può essere risolto (ed è la modalità con cui veniva fatto in
SVr2) usando la funzione \func{longjmp} (vedi \secref{sec:proc_longjmp}) per
segnale, e prendere le relative azioni conseguenti (\texttt{\small 6-11}).
Questo è il tipico esempio di caso, già citato in \secref{sec:proc_race_cond},
-in cui si genera una race condition; se infatti il segnale arriva
-immediatamente dopo l'esecuzione del controllo (\texttt{\small 6}) ma prima
-della cancellazione del flag (\texttt{\small 7}), la sua occorrenza sarà
-perduta.
+in cui si genera una race condition\index{race condition}; se infatti il
+segnale arriva immediatamente dopo l'esecuzione del controllo (\texttt{\small
+ 6}) ma prima della cancellazione del flag (\texttt{\small 7}), la sua
+occorrenza sarà perduta.
Questi esempi ci mostrano che per una gestione effettiva dei segnali occorrono
funzioni più sofisticate di quelle illustrate finora, che hanno origine dalla
\label{fig:sig_sigaction}
\end{figure}
-Come si può notare da quanto riportato in \figref{fig:sig_sigaction} in Linux
-\func{sigaction} permette di specificare il manipolatore in due forme diverse,
-indicate dai campi \var{sa\_handler} e \var{sa\_sigaction}; esse devono essere
-usate in maniera alternativa (in certe implementazioni questi vengono
-specificati come \ctyp{union}): la prima è quella classica usata anche con
-\func{signal}, la seconda permette invece di usare un manipolatore in grado di
-ricevere informazioni più dettagliate dal sistema (ad esempio il tipo di
-errore in caso di \macro{SIGFPE}), attraverso dei parametri aggiuntivi; per i
-dettagli si consulti la man page di \func{sigaction}).
-
Il campo \var{sa\_mask} serve ad indicare l'insieme dei segnali che devono
essere bloccati durante l'esecuzione del manipolatore, ad essi viene comunque
sempre aggiunto il segnale che ne ha causato la chiamata, a meno che non si
-sia specificato con \var{sa\_flag} un comportamento diverso.
+sia specificato con \var{sa\_flag} un comportamento diverso. Quando il
+manipolatore ritorna comunque la maschera dei segnali bloccati (vedi
+\secref{sec:sig_sigmask}) viene ripristinata al valore precedente
+l'invocazione.
L'uso di questo campo permette ad esempio di risolvere il problema residuo
dell'implementazione di \code{sleep} mostrata in
-\secref{fig:sig_sleep_incomplete}: in quel caso infatti se il segnale di
-allarme interrompe un altro manipolatore questo non sarà eseguito
-correttamente, la cosa può essere prevenuta installando quest'ultimo usando
-\var{sa\_mask} per bloccare \macro{SIGALRM} durante la sua esecuzione.
-
-Il valore di \var{sa\_flag} permette di specificare vari aspetti del
-comportamento di \func{sigaction}, e della reazione del processo ai vari
-segnali; i valori possibili ed il relativo significato sono riportati in
-\tabref{tab:sig_sa_flag}.
+\secref{fig:sig_sleep_incomplete}. In quel caso infatti se il segnale di
+allarme avesse interrotto un altro manipolatore questo non sarebbe stato
+eseguito correttamente; la cosa poteva essere prevenuta installando gli altri
+manipolatori usando \var{sa\_mask} per bloccare \macro{SIGALRM} durante la
+loro esecuzione. Il valore di \var{sa\_flag} permette di specificare vari
+aspetti del comportamento di \func{sigaction}, e della reazione del processo
+ai vari segnali; i valori possibili ed il relativo significato sono riportati
+in \tabref{tab:sig_sa_flag}.
\begin{table}[htb]
\footnotesize
\var{sa\_sigaction} al posto di \var{sa\_handler}.\\
\macro{SA\_ONSTACK} & Stabilisce l'uso di uno stack alternativo per
l'esecuzione del manipolatore (vedi
- \secref{sec:sig_xxx}).\\
+ \secref{sec:sig_specific_features}).\\
\hline
\end{tabular}
\caption{Valori del campo \var{sa\_flag} della struttura \var{sigaction}.}
\label{tab:sig_sa_flag}
\end{table}
+Come si può notare in \figref{fig:sig_sigaction} \func{sigaction}
+permette\footnote{La possibilità è prevista dallo standard POSIX.1b, ma in
+ Linux è stata aggiunta a partire dai kernel della serie 2.2.x. In precedenza
+ era possibile ottenere alcune informazioni addizionali usando
+ \var{sa\_handler} con un secondo parametro addizionale di tipo \var{struct
+ sigcontext}, che adesso è deprecato.} di utilizzare due forme diverse di
+manipolatore, da specificare, a seconda dell'uso o meno del flag
+\macro{SA\_SIGINFO}, rispettivamente attraverso i campi \var{sa\_sigaction} o
+\var{sa\_handler}, (che devono essere usati in maniera alternativa, in certe
+implementazioni questi vengono addirittura definiti come \ctyp{union}): la
+prima è quella classica usata anche con \func{signal}, la seconda permette
+invece di usare un manipolatore in grado di ricevere informazioni più
+dettagliate dal sistema, attraverso la struttura \type{siginfo\_t}, riportata
+in \figref{fig:sig_siginfo_t}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+siginfo_t {
+ int si_signo; /* Signal number */
+ int si_errno; /* An errno value */
+ int si_code; /* Signal code */
+ pid_t si_pid; /* Sending process ID */
+ uid_t si_uid; /* Real user ID of sending process */
+ int si_status; /* Exit value or signal */
+ clock_t si_utime; /* User time consumed */
+ clock_t si_stime; /* System time consumed */
+ sigval_t si_value; /* Signal value */
+ int si_int; /* POSIX.1b signal */
+ void * si_ptr; /* POSIX.1b signal */
+ void * si_addr; /* Memory location which caused fault */
+ int si_band; /* Band event */
+ int si_fd; /* File descriptor */
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \type{siginfo\_t}.}
+ \label{fig:sig_siginfo_t}
+\end{figure}
+
+Installando un manipolatore di tipo \var{sa\_sigaction} diventa allora
+possibile accedere alle informazioni restituite attraverso il puntatore a
+questa struttura. Tutti i segnali settano i campi \var{si\_signo}, che riporta
+il segnale ricevuto, \var{si\_errno}, che riporta il codice di errore, e
+\var{si\_code}, che viene usato per indicare la ragione per cui è stato emesso
+il segnale (come i dettagli sul tipo di errore per \macro{SIGFPE} e
+\macro{SIGILL}) ed ha valori diversi\footnote{un elenco dettagliato è
+ disponibile nella man page di \func{sigaction}.} a seconda del tipo di
+segnale ricevuto.
+
+Il resto della struttura può essere definito come \ctyp{union} ed i valori
+eventualmente presenti dipendono dal segnale, così \macro{SIGCHLD} ed i
+segnali POSIX.1b\footnote{NdA trovare quale sono e completare l'informazione.}
+inviati tramite \func{kill} avvalorano \var{si\_pid} e \var{si\_uid} coi
+valori corrispondenti al processo che ha emesso il segnale, \macro{SIGILL},
+\macro{SIGFPE}, \macro{SIGSEGV} e \macro{SIGBUS} avvalorano \var{si\_addr} con
+l'indirizzo cui è avvenuto l'errore, \macro{SIGIO} (vedi
+\secref{sec:file_asyncronous_io}) e \macro{SIGPOLL} avvalorano \var{si\_fd}
+con il numero del file descriptor.
+
Benché sia possibile usare nello stesso programma sia \func{sigaction} che
\func{signal} occorre molta attenzione, in quanto le due funzioni possono
interagire in maniera anomala. Infatti l'azione specificata con
ripristinare correttamente un manipolatore precedente, anche se questo è stato
installato con \func{signal}. In generale poi non è il caso di usare il valore
di ritorno di \func{signal} come campo \var{sa\_handler}, o viceversa, dato
-che in certi sistemi questi possono essere diversi. In generale dunque, a meno
-che non si sia vincolati allo standard ISO C, è sempre il caso di evitare
-l'uso di \func{signal} a favore di \func{sigaction}.
+che in certi sistemi questi possono essere diversi. In definitiva dunque, a
+meno che non si sia vincolati all'aderenza stretta allo standard ISO C, è
+sempre il caso di evitare l'uso di \func{signal} a favore di \func{sigaction}.
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+typedef void SigFunc(int);
+inline SigFunc * Signal(int signo, SigFunc *func)
+{
+ struct sigaction new_handl, old_handl;
+ new_handl.sa_handler=func;
+ /* clear signal mask: no signal blocked during execution of func */
+ if (sigemptyset(&new_handl.sa_mask)!=0){ /* initialize signal set */
+ perror("cannot initializes the signal set to empty"); /* see mess. */
+ exit(1);
+ }
+ new_handl.sa_flags=0; /* init to 0 all flags */
+ /* change action for signo signal */
+ if (sigaction(signo,&new_handl,&old_handl)){
+ perror("sigaction failed on signal action setting");
+ exit(1);
+ }
+ return (old_handl.sa_handler);
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Una funzione equivalente a \func{signal} definita attraverso
+ \func{sigaction}.}
+ \label{fig:sig_Signal_code}
+\end{figure}
+Per questo motivo si è provveduto, per mantenere un'interfaccia semplificata
+che abbia le stesse caratteristiche di \func{signal}, a definire una funzione
+equivalente attraverso \func{sigaction}; la funzione è \code{Signal}, e si
+trova definita come \code{inline} nel file \file{wrapper.h} (nei sorgenti
+allegati), riportata in \figref{fig:sig_Signal_code}. La riutilizzeremo spesso
+in seguito.
-\subsection{La gestione del blocco dei segnali}
+\subsection{La gestione della \textsl{maschera dei segnali} o
+ \textit{signal mask}}
\label{sec:sig_sigmask}
Come spiegato in \secref{sec:sig_semantics} tutti i moderni sistemi unix-like
\secref{fig:sig_event_wrong}, proteggendo la sezione fra il controllo del flag
e la sua cancellazione.
+La funzione può essere usata anche all'interno di un manipolatore, ad esempio
+per riabilitare la consegna del segnale che l'ha invocato, in questo caso però
+occorre ricordare che qualunque modifica alla maschera dei segnali viene
+perduta alla conclusione del terminatore.
+
Benché con l'uso di \func{sigprocmask} si possano risolvere la maggior parte
-dei casi di race condition restano aperte alcune possibilità legate all'uso di
-\func{pause}; il caso è simile a quello del problema illustrato nell'esempio
-di \secref{fig:sig_sleep_incomplete}, e cioè la possibilità che il processo
-riceva il segnale che si intende usare per uscire dallo stato di attesa
-invocato con \func{pause} immediatamente prima dell'esecuzione di
-quest'ultima. Per poter effettuare atomicamente la modifica della maschera dei
-segnali (di solito attivandone uno specifico) insieme alla sospensione del
-processo lo standard POSIX ha previsto la funzione \func{sigsuspend}, il cui
-prototipo è:
+dei casi di race condition\index{race condition} restano aperte alcune
+possibilità legate all'uso di \func{pause}; il caso è simile a quello del
+problema illustrato nell'esempio di \secref{fig:sig_sleep_incomplete}, e cioè
+la possibilità che il processo riceva il segnale che si intende usare per
+uscire dallo stato di attesa invocato con \func{pause} immediatamente prima
+dell'esecuzione di quest'ultima. Per poter effettuare atomicamente la modifica
+della maschera dei segnali (di solito attivandone uno specifico) insieme alla
+sospensione del processo lo standard POSIX ha previsto la funzione
+\func{sigsuspend}, il cui prototipo è:
\begin{prototype}{signal.h}
{int sigsuspend(const sigset\_t *mask)}
questo si salva la maschera corrente dei segnali, che sarà ripristinata alla
fine (\texttt{\small 27}), e al contempo si prepara la maschera dei segnali
\var{sleep\_mask} per riattivare \macro{SIGALRM} all'esecuzione di
-\func{sigsuspend}. In questo modo non sono più possibili race condition dato
-che \macro{SIGALRM} viene disabilitato con \func{sigprocmask} fino alla
-chiamata di \func{sigsuspend}.
+\func{sigsuspend}.
+
+In questo modo non sono più possibili race condition\index{race conditionx}
+dato che \macro{SIGALRM} viene disabilitato con \func{sigprocmask} fino alla
+chiamata di \func{sigsuspend}. Questo metodo è assolutamente generale e può
+essere applicato a qualunque altra situazione in cui si deve attendere per un
+segnale, i passi sono sempre i seguenti:
+\begin{enumerate}
+\item Leggere la maschera dei segnali corrente e bloccare il segnale voluto
+ con \func{sigprocmask}.
+\item Mandare il processo in attesa con \func{sigsuspend} abilitando la
+ ricezione del segnale voluto.
+\item Ripristinare la maschera dei segnali originaria.
+\end{enumerate}
+Per quanto possa sembrare strano bloccare la ricezione di un segnale per poi
+riabilitarla immediatamente dopo, in questo modo si evita il deadlock dovuto
+all'arrivo del segnale prima dell'esecuzione di \func{sigsuspend}.
+
+
+\subsection{Ulteriori funzioni di gestione}
+\label{sec:sig_specific_features}
+In questa ultimo paragrafo esamineremo varie funzioni di gestione dei segnali
+non descritte finora, relative agli aspetti meno utilizzati. La prima di esse
+è \func{sigpending}, anch'essa introdotta dallo standard POSIX.1; il suo
+prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}
+{int sigpending(sigset\_t *set)}
+
+Scrive in \param{set} l'insieme dei segnali pendenti.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore.}
+\end{prototype}
+La funzione permette di ricavare quali sono i segnali pendenti per il processo
+in corso, cioè i segnali che sono stato inviati dal kernel ma non sono stati
+ancora ricevuti dal processo in quanto bloccati. Non esiste una funzione
+equivalente nella vecchia interfaccia, ma essa è tutto sommato poco utile,
+dato che essa può solo assicurare che un segnale è stato inviato, dato che
+escluderne l'avvenuto invio al momento della chiamata non significa nulla
+rispetto a quanto potrebbe essere in un qualunque momento successivo.
+
+Una delle caratteristiche di BSD, disponibile anche in Linux, è la possibilità
+di usare uno stack alternativo per i segnali; è cioè possibile fare usare al
+sistema un altro stack (invece di quello relativo al processo, vedi
+\secref{sec:proc_mem_layout}) solo durante l'esecuzione di un
+manipolatore. L'uso di uno stack alternativo è del tutto trasparente ai
+manipolatori, occorre però seguire una certa procedura:
+\begin{enumerate}
+\item Allocare un'area di memoria di dimensione sufficiente da usare come
+ stack alternativo.
+\item Usare la funzione \func{sigaltstack} per rendere noto al sistema
+ l'esistenza e la locazione dello stack alternativo.
+\item Quando si installa un manipolatore occorre usare \func{sigaction}
+ specificando il flag \macro{SA\_ONSTACK} (vedi \tabref{tab:sig_sa_flag}) per
+ dire al sistema di usare lo stack alternativo durante l'esecuzione del
+ manipolatore.
+\end{enumerate}
+
+In genere il primo passo viene effettuato allocando un'opportuna area di
+memoria con \code{malloc}; in \file{signal.h} sono definite due costanti,
+\macro{SIGSTKSZ} e \macro{MINSIGSTKSZ}, che possono essere utilizzate per
+allocare una quantità di spazio opportuna, in modo da evitare overflow. La
+prima delle due è la dimensione canonica per uno stack di segnali e di norma è
+sufficiente per tutti gli usi normali. La seconda è lo spazio che occorre al
+sistema per essere in grado di lanciare il manipolatore e la dimensione di uno
+stack alternativo deve essere sempre maggiore di questo valore. Quando si
+conosce esattamente quanto è lo spazio necessario al manipolatore gli si può
+aggiungere questo valore per allocare uno stack di dimensione sufficiente.
+
+Come accennato per poter essere usato lo stack per i segnali deve essere
+indicato al sistema attraverso la funzione \func{sigaltstack}; il suo
+prototipo è:
+\begin{prototype}{signal.h}
+{int sigaltstack(const stack\_t *ss, stack\_t *oss)}
+
+Installa un nuovo stack per i segnali.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
-\subsection{Caratteristiche ulteriori}
-\label{sec:sig_specific_features}
+ \begin{errlist}
+ \item[\macro{ENOMEM}] La dimensione specificata per il nuovo stack è minore
+ di \macro{MINSIGSTKSZ}.
+ \item[\macro{EPERM}] Uno degli indirizzi non è valido.
+ \item[\macro{EFAULT}] Si è cercato di cambiare lo stack alternativo mentre
+ questo è attivo (cioè il processo è in esecuzione su di esso).
+ \item[\macro{EINVAL}] \param{ss} non è nullo e \var{ss\_flags} contiene un
+ valore diverso da zero che non è \macro{SS\_DISABLE}.
+ \end{errlist}}
+\end{prototype}
+
+La funzione prende come argomenti puntatori ad una struttura di tipo
+\var{stack\_t}, definita in \figref{fig:sig_stack_t}. I due valori \param{ss}
+e \param{oss}, se non nulli, indicano rispettivamente il nuovo stack da
+installare e quello corrente (che viene restituito dalla funzione per un
+successivo ripristino).
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+typedef struct {
+ void *ss_sp; /* Base address of stack */
+ int ss_flags; /* Flags */
+ size_t ss_size; /* Number of bytes in stack */
+} stack_t;
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{stack\_t}.}
+ \label{fig:sig_stack_t}
+\end{figure}
+
+Il campo \var{ss\_sp} di \var{stack\_t} indica l'indirizzo base dello stack,
+mentre \var{ss\_size} ne indica la dimensione; il campo \var{ss\_flags} invece
+indica lo stato dello stack. Nell'indicare un nuovo stack occorre
+inizializzare \var{ss\_sp} e \var{ss\_size} rispettivamente al puntatore e
+alla dimensione della memoria allocata, mentre \var{ss\_flags} deve essere
+nullo. Se invece si vuole disabilitare uno stack occorre indicare
+\macro{SS\_DISABLE} come valore di \var{ss\_flags} e gli altri valori saranno
+ignorati.
+
+Se \param{oss} non è nullo verrà restituito dalla funzione indirizzo e
+dimensione dello stack corrente nei relativi campi, mentre \var{ss\_flags}
+potrà assumere il valore \macro{SS\_ONSTACK} se il processo è in esecuzione
+sullo stack alternativo (nel qual caso non è possibile cambiarlo) e
+\macro{SS\_DISABLE} se questo non è abilitato.
+
+In genere si installa uno stack alternativo per i segnali quando si teme di
+avere problemi di esaurimento dello stack standard o di superamento di un
+limite imposto con chiamata de tipo \code{setrlimit(RLIMIT\_STACK, \&rlim)}.
+In tal caso infatti si avrebbe un segnale di \macro{SIGSEGV}, che potrebbe
+essere gestito soltanto avendo abilitato uno stack alternativo.
+
+Si tenga presente che le funzioni chiamate durante l'esecuzione sullo stack
+alternativo continueranno ad usare quest'ultimo, che, al contrario di quanto
+avviene per lo stack ordinario dei processi, non si accresce automaticamente
+(ed infatti eccederne le dimensioni può portare a conseguenze imprevedibili).
+Si ricordi infine che una chiamata ad una funzione della famiglia
+\func{exec} cancella ogni stack alternativo.
+
+Abbiamo visto in \secref{fig:sig_sleep_incomplete} come si possa usare
+\func{longjmp} per uscire da un manipolatore rientrando direttamente nel corpo
+del programma; sappiamo però che nell'esecuzione di un manipolatore il segnale
+che l'ha invocato viene bloccato, e abbiamo detto che possiamo ulteriormente
+modificarlo con \func{sigprocmask}.
+
+Resta quindi il problema di cosa succede alla maschera dei segnali quando si
+esce da un manipolatore usando questa funzione. Il comportamento dipende
+dall'implementazione; in particolare BSD ripristina la maschera dei segnali
+precedente l'invocazione, come per un normale ritorno, mentre System V no. Lo
+standard POSIX.1 non specifica questo comportamento per \func{setjmp} e
+\func{longjmp}, ed il comportamento delle \acr{glibc} dipende da quale delle
+caratteristiche si sono abilitate con le macro viste in
+\secref{sec:intro_gcc_glibc_std}.
+
+Lo standard POSIX però prevede anche la presenza di altre due funzioni
+\func{sigsetjmp} e \func{siglongjmp}, che permettono di decidere quale dei due
+comportamenti il programma deve assumere; i loro prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{setjmp.h}
+
+ \funcdecl{int sigsetjmp(sigjmp\_buf env, int savesigs)} Salva il contesto
+ dello stack per un salto non locale.
+
+ \funcdecl{void siglongjmp(sigjmp\_buf env, int val)} Esegue un salto non
+ locale su un precedente contesto.
+
+ \bodydesc{Le due funzioni sono identiche alle analoghe \func{setjmp} e
+ \func{longjmp} di \secref{sec:proc_longjmp}, ma consentono di specificare
+ il comportamento sul ripristino o meno della maschera dei segnali.}
+\end{functions}
+Le due funzioni prendono come primo argomento la variabile su cui viene
+salvato il contesto dello stack per permettere il salto non locale; nel caso
+specifico essa è di tipo \type{sigjmp\_buf}, e non \type{jmp\_buf} come per le
+analoghe di \secref{sec:proc_longjmp} in quanto in questo caso viene salvata
+anche la maschera dei segnali.
+
+Nel caso di \func{sigsetjmp} se si specifica un valore di \param{savesigs}
+diverso da zero la maschera dei valori sarà salvata in \param{env} e
+ripristinata in un successivo \func{siglongjmp}; quest'ultima funzione, a
+parte l'uso di \type{sigjmp\_buf} per \param{env}, è assolutamente identica a
+\func{longjmp}.
%%% Local Variables: