+La funzione prende come argomenti puntatori ad una struttura di tipo
+\var{stack\_t}, definita in \figref{fig:sig_stack_t}. I due valori \param{ss}
+e \param{oss}, se non nulli, indicano rispettivamente il nuovo stack da
+installare e quello corrente (che viene restituito dalla funzione per un
+successivo ripristino).
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
+typedef struct {
+ void *ss_sp; /* Base address of stack */
+ int ss_flags; /* Flags */
+ size_t ss_size; /* Number of bytes in stack */
+} stack_t;
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \var{stack\_t}.}
+ \label{fig:sig_stack_t}
+\end{figure}
+
+Il campo \var{ss\_sp} di \var{stack\_t} indica l'indirizzo base dello stack,
+mentre \var{ss\_size} ne indica la dimensione; il campo \var{ss\_flags} invece
+indica lo stato dello stack. Nell'indicare un nuovo stack occorre
+inizializzare \var{ss\_sp} e \var{ss\_size} rispettivamente al puntatore e
+alla dimensione della memoria allocata, mentre \var{ss\_flags} deve essere
+nullo. Se invece si vuole disabilitare uno stack occorre indicare
+\macro{SS\_DISABLE} come valore di \var{ss\_flags} e gli altri valori saranno
+ignorati.
+
+Se \param{oss} non è nullo verrà restituito dalla funzione indirizzo e
+dimensione dello stack corrente nei relativi campi, mentre \var{ss\_flags}
+potrà assumere il valore \macro{SS\_ONSTACK} se il processo è in esecuzione
+sullo stack alternativo (nel qual caso non è possibile cambiarlo) e
+\macro{SS\_DISABLE} se questo non è abilitato.
+
+In genere si installa uno stack alternativo per i segnali quando si teme di
+avere problemi di esaurimento dello stack standard o di superamento di un
+limite imposto con chiamata de tipo \code{setrlimit(RLIMIT\_STACK, \&rlim)}.
+In tal caso infatti si avrebbe un segnale di \macro{SIGSEGV}, che potrebbe
+essere gestito soltanto avendo abilitato uno stack alternativo.
+
+Si tenga presente che le funzioni chiamate durante l'esecuzione sullo stack
+alternativo continueranno ad usare quest'ultimo, che, al contrario di quanto
+avviene per lo stack ordinario dei processi, non si accresce automaticamente
+(ed infatti eccederne le dimensioni può portare a conseguenze imprevedibili).
+Si ricordi infine che una chiamata ad una funzione della famiglia
+\func{exec} cancella ogni stack alternativo.
+
+Abbiamo visto in \secref{fig:sig_sleep_incomplete} come si possa usare
+\func{longjmp} per uscire da un gestore rientrando direttamente nel corpo
+del programma; sappiamo però che nell'esecuzione di un gestore il segnale
+che l'ha invocato viene bloccato, e abbiamo detto che possiamo ulteriormente
+modificarlo con \func{sigprocmask}.
+
+Resta quindi il problema di cosa succede alla maschera dei segnali quando si
+esce da un gestore usando questa funzione. Il comportamento dipende
+dall'implementazione; in particolare BSD ripristina la maschera dei segnali
+precedente l'invocazione, come per un normale ritorno, mentre System V no. Lo
+standard POSIX.1 non specifica questo comportamento per \func{setjmp} e
+\func{longjmp}, ed il comportamento delle \acr{glibc} dipende da quale delle
+caratteristiche si sono abilitate con le macro viste in
+\secref{sec:intro_gcc_glibc_std}.
+
+Lo standard POSIX però prevede anche la presenza di altre due funzioni
+\func{sigsetjmp} e \func{siglongjmp}, che permettono di decidere quale dei due
+comportamenti il programma deve assumere; i loro prototipi sono:
+\begin{functions}
+ \headdecl{setjmp.h}
+
+ \funcdecl{int sigsetjmp(sigjmp\_buf env, int savesigs)} Salva il contesto
+ dello stack per un salto non locale.
+
+ \funcdecl{void siglongjmp(sigjmp\_buf env, int val)} Esegue un salto non
+ locale su un precedente contesto.
+
+ \bodydesc{Le due funzioni sono identiche alle analoghe \func{setjmp} e
+ \func{longjmp} di \secref{sec:proc_longjmp}, ma consentono di specificare
+ il comportamento sul ripristino o meno della maschera dei segnali.}
+\end{functions}
+
+Le due funzioni prendono come primo argomento la variabile su cui viene
+salvato il contesto dello stack per permettere il salto non locale; nel caso
+specifico essa è di tipo \type{sigjmp\_buf}, e non \type{jmp\_buf} come per le
+analoghe di \secref{sec:proc_longjmp} in quanto in questo caso viene salvata
+anche la maschera dei segnali.
+
+Nel caso di \func{sigsetjmp} se si specifica un valore di \param{savesigs}
+diverso da zero la maschera dei valori sarà salvata in \param{env} e
+ripristinata in un successivo \func{siglongjmp}; quest'ultima funzione, a
+parte l'uso di \type{sigjmp\_buf} per \param{env}, è assolutamente identica a
+\func{longjmp}.
+
+
+
+\subsection{I segnali real-time}
+\label{sec:sig_real_time}
+
+
+Lo standard POSIX.1b, nel definire una serie di nuove interfacce per i servizi
+real-time, ha introdotto una estensione del modello classico dei segnali che
+presenta dei significativi miglioramenti,\footnote{questa estensione è stata
+ introdotta in Linux a partire dal kernel 2.1.43(?), e dalle \acr{glibc}
+ 2.1(?).} in particolare sono stati superati tre limiti fondamentali dei
+segnali classici:
+\begin{description}
+\item[I segnali non sono accumulati]
+
+ se più segnali vengono generati prima dell'esecuzione di un gestore
+ questo sarà eseguito una sola volta, ed il processo non sarà in grado di
+ accorgersi di quante volte l'evento che ha generato il segnale è accaduto.
+\item[I segnali non trasportano informazione]
+
+ i segnali classici non prevedono prevedono altra informazione sull'evento
+ che li ha generati se non il fatto che sono stati emessi (tutta
+ l'informazione che il kernel associa ad un segnale è il suo numero).
+\item[I segnali non hanno un ordine di consegna]
+
+ l'ordine in cui diversi segnali vengono consegnati è casuale e non
+ prevedibile. Non è possibile stabilire una priorità per cui la reazione a
+ certi segnali ha la precedenza rispetto ad altri.
+\end{description}