In questo caso è possibile una situazione in cui i segnali possono essere
perduti. Si consideri il seguente segmento di codice, in cui la prima
operazione del manipolatore è quella di reinstallare se stesso:
-s
-e un secondo segnale arriva prima che il manipolatore invocato dal primo
+\footnotesize
+\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
+ int sig_handler(); /* handler function */
+ ...
+ signal(SIGINT, sig_handler); /* establish handler */
+ ...
+
+int sig_handler()
+{
+ signal(SIGINT, sig_handler); /* restablish handler */
+ ... /* process signal */
+}
+\end{lstlisting}
+\normalsize
+se un secondo segnale arriva prima che il manipolatore invocato dal primo
abbia eseguito la reinstallazione di se stesso il segnale può essere perso o
causare il comportamento originale assegnato al segnale (in genere la
terminazione del processo).
casistica ordinaria.
-\subsection{Un esempio di problema}
+\subsection{Alcune problematiche aperte}
\label{sec:sig_example}
Come accennato in \secref{sec:sig_pause_sleep} è possibile implementare
/* remove alarm, return remaining time */
return alarm(0);
}
-void alarm_hand(int sig) {
+void alarm_hand(int sig)
+{
/* check if the signal is the right one */
if (sig != SIGALRM) { /* if not exit with error */
printf("Something wrong, handler for SIGALRM\n");
/* remove alarm, return remaining time */
return alarm(0);
}
-void alarm_hand(int sig) {
+void alarm_hand(int sig)
+{
/* check if the signal is the right one */
if (sig != SIGALRM) { /* if not exit with error */
printf("Something wrong, handler for SIGALRM\n");
non viene gestita correttamente l'interazione con gli altri segnali; se
infatti il segnale di allarme interrompe un altro manipolatore, in questo caso
l'esecuzione non riprenderà nel manipolatore in questione, ma nel ciclo
-principale, interrompendone inopportunamente l'esecuzione. È per questo
-motivo che occorrono funzioni più sofisticate della semplice \func{signal} che
-permettano di gestire i segnali in maniera più completa.
+principale, interrompendone inopportunamente l'esecuzione. Lo stesso tipo di
+problemi si presenterebbero se si volesse usare \func{alarm} per stabilire un
+timeout su una qualunque system call bloccante.
+
+Un secondo esempio è quello in cui si usa il segnale per notificare una
+quelche forma di evento; in genere quello che si fa in questo caso è settare
+nel manipolatore un opportuno flag da controllare nel corpo principale del
+programma (con un codice del tipo di quello riportato in
+\secref{fig:sig_event_wrong}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+sig_atomic_t flag;
+int main()
+{
+ flag = 0;
+ ...
+ if (flag) { /* test if signal occurred */
+ flag = 0; /* reset flag */
+ do_response(); /* do things */
+ } else {
+ do_other(); /* do other things */
+ }
+ ...
+}
+void alarm_hand(int sig)
+{
+ /* set the flag
+ flag = 1;
+ return;
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Un esempio non funzionante del codice per il controllo di un
+ evento generato da un segnale.}
+ \label{fig:sig_event_wrong}
+\end{figure}
+
+La logica è quella di far settare al manipolatore (\texttt{\small 14-19}) una
+variabile globale preventivamente inizializzata nel programma principale, il
+quale potrà determinare, osservandone il contenuto, l'occorrenza o meno del
+segnale, e prendere le relative azioni conseguenti (\texttt{\small 6-11}).
+
+Questo è il tipico esempio di caso, già citato in \secref{sec:proc_race_cond},
+in cui si genera una race condition; se infatti il segnale arriva
+immediatamente dopo l'esecuzione del controllo (\texttt{\small 6}) ma prima
+della cancellazione del flag (\texttt{\small 7}), la sua occorrenza sarà
+perduta.
+
+Questi esempi ci mostrano che per una gestione effettiva dei segnali occorrono
+funzioni più sofisticate della semplice interfaccia dei primi sistemi Unix,
+che permettano di gestire tutti i possibili aspetti con cui un processo deve
+reagire alla ricezione di un segnale.
+
\subsection{I \textit{signal set}}
gestire gestire il blocco dei segnali o di verificare lo stato dei segnali
pendenti.
-Per questo motivo lo standard POSIX, insieme alla nuova semantica dei segnali
-ha introdotto una interfaccia di gestione completamente nuova, che permette di
-ottenete un controllo molto più dettagliato. In particolare lo standard ha
-introdotto un nuovo tipo di dato \type{sigset\_t}, che permette di
+Per questo motivo lo standard POSIX.1, insieme alla nuova semantica dei
+segnali ha introdotto una interfaccia di gestione completamente nuova, che
+permette di ottenete un controllo molto più dettagliato. In particolare lo
+standard ha introdotto un nuovo tipo di dato \type{sigset\_t}, che permette di
rappresentare un insieme di segnali (un \textit{signal set}, come viene
usualmente chiamato), che è il tipo di dato che viene usato per gestire il
blocco dei segnali.
opportuna, di solito si pari al numero di bit dell'architettura della
macchina\footnote{nel caso dei PC questo comporta un massimo di 32 segnali
distinti, dato che in Linux questi sono sufficienti non c'è necessità di
- nessuna struttura più complicata}, ciascun bit del quale è associato ad uno
+ nessuna struttura più complicata.}, ciascun bit del quale è associato ad uno
specifico segnale; in questo modo è di solito possibile implementare le
operazioni direttamente con istruzioni elementari del processore; lo standard
-POSIX definisce cinque funzioni per la manipolazione dei \textit{signal set},
+POSIX.1 definisce cinque funzioni per la manipolazione dei \textit{signal set},
\func{sigemptyset}, \func{sigfillset}, \func{sigaddset}, \func{sigdelset} e
\func{sigismember}, i cui prototipi sono:
\begin{functions}
\subsection{La funzione \func{sigaction}}
\label{sec:sig_sigaction}
-La funzione principale di questa nuova interfaccia è \func{sigaction}; il cui
-prototipo è:
+La funzione principale dell'interfaccia standard POSIX.1 per i segnali è
+\func{sigaction}, essa ha sostanzialemente le stesse funzioni di
+\func{signal}, permette cioè di specificare come un segnale può essere gestito
+da un processo. Il suo prototipo è:
\begin{prototype}{signal.h}{int sigaction(int signum, const struct sigaction
*act, struct sigaction *oldact)}
\end{errlist}}
\end{prototype}
-La funzione serve ad installare una nuova azione per il segnale
-\param{signum}; si parla di azione e non di manipolatore come nel caso di
-\func{signal}, in quanto la funzione consente di specificare le varie
-caratteristiche della risposta al segnale, non solo la funzione del
-manipolatore. Lo standard POSIX raccomanda di usare sempre questa funzione al
-posto di \func{signal} (che in genere viene definita tramite essa), in quanto
-offre un controllo completo, sia pure al prezzo di una maggiore complessità
-d'uso.
+La funzione serve ad installare una nuova \textsl{azione} per il segnale
+\param{signum}; si parla di \textsl{azione} e non di \textsl{manipolatore}
+come nel caso di \func{signal}, in quanto la funzione consente di specificare
+le varie caratteristiche della risposta al segnale, non solo la funzione del
+manipolatore. Per questo lo standard raccomanda di usare sempre questa
+funzione al posto di \func{signal} (che in genere viene definita tramite
+essa), in quanto offre un controllo completo su tutti gli aspetti della
+gestione di un segnale, sia pure al prezzo di una maggiore complessità d'uso.
-Se il puntatore \param{act} non è nullo la funzione installa la nuova azione
+Se il puntatore \param{act} non è nullo, la funzione installa la nuova azione
da esso specificata, se \param{oldact} non è nullo il valore dell'azione
corrente viene restituito indietro. Questo permette (specificando \param{act}
nullo e \param{oldact} non nullo) di superare uno dei limiti di \func{signal},
che non consente di ottenere l'azione corrente senza installarne una nuova.
-Entrambi i puntatori fanno riferimento alla struttura \var{sigaction}, che
-permette di descrivere tutte le caratteristiche dell'azione associata ad un
-segnale. Anch'essa è descritta dallo standard POSIX ed in Linux è definita
-secondo quanto riportato in \secref{fig:sig_sigaction}, il campo
+Entrambi i puntatori fanno riferimento alla struttura \var{sigaction}, tramite
+la quale si specificano tutte le caratteristiche dell'azione associata ad un
+segnale. Anch'essa è descritta dallo standard POSIX.1 ed in Linux è definita
+secondo quanto riportato in \figref{fig:sig_sigaction}. Il campo
\var{sa\_restorer}, non previsto dallo standard, è obsoleto e non deve essere
più usato.
\footnotesize \centering
\begin{minipage}[c]{15cm}
\begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
-struct sigaction {
+struct sigaction
+{
void (*sa_handler)(int);
void (*sa_sigaction)(int, siginfo_t *, void *);
sigset_t sa_mask;
\label{fig:sig_sigaction}
\end{figure}
+Come si può notare da quanto riportato in \figref{fig:sig_sigaction} in Linux
+\func{sigaction} permette di specificare il manipolatore in due forme diverse,
+indicate dai campi \var{sa\_handler} e \var{sa\_sigaction}; esse devono essere
+usate in maniera alternativa (in certe implementazioni questi vengono
+specificati come \ctyp{union}): la prima è quella classica usata anche con
+\func{signal}, la seconda permette invece di usare un manipolatore in grado di
+ricevere informazioni più dettagliate dal sistema (ad esempio il tipo di
+errore in caso di \macro{SIGFPE}), attraverso dei parametri aggiuntivi; per i
+dettagli si consulti la man page di \func{sigaction}).
+
+Il campo \var{sa\_mask} serve ad indicare l'insieme dei segnali che devono
+essere bloccati durante l'esecuzione del manipolatore, ad essi viene comunque
+sempre aggiunto il segnale che ne ha causato la chiamata, a meno che non si
+sia specificato con \var{sa\_flag} un comportamento diverso.
+
+Il valore di \var{sa\_flag} permette di specificare vari aspetti del
+comportamento di \func{sigaction}, e della reazione del processo ai vari
+segnali; i valori possibili ed il relativo significato sono riportati in
+\tabref{tab:sig_sa_flag}.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Valore} & \textbf{Timer} \\
+ \hline
+ \hline
+ \macro{SA\_NOCLDSTOP}& Se il segnale è \macro{SIGCHLD} allora non deve
+ essere notificato quando il processo figlio viene fermato da uno dei
+ segnali \macro{SIGSTOP}, \macro{SIGTSTP}, \macro{SIGTTIN} or
+ \macro{SIGTTOU}.\\
+ \macro{SA\_ONESHOT} & Ristabilisce l'azione per il segnale al valore di
+ default una volta che il manipolatore è stato lanciato, riproduce cioè il
+ comportamento della semantica inaffidabile.\\
+ \macro{SA\_RESETHAND}& Sinonimo di \macro{SA\_ONESHOT}. \\
+ \macro{SA\_RESTART} & Riavvia automaticamente le \textit{slow system
+ call} quando vengono interrotte dal suddetto segnale; riproduce cioè il
+ comportamento standard di BSD.\\
+ \macro{SA\_NOMASK} & Evita che il segnale corrente sia bloccato durante
+ l'esecuzione del manipolatore.\\
+ \macro{SA\_NODEFER} & Sinonimo di \macro{SA\_NOMASK}.\\
+ \macro{SA\_SIGINFO} & Deve essere specificato quando si vuole usare un
+ manipolatore in forma estesa usando \var{sa\_sigaction} al posto di
+ \var{sa\_handler}. \\
+ \macro{SA\_ONSTACK} & Stabilisce l'uso di uno stack alternativo per
+ l'esecuzione del manipolatore (vedi \secref{sec:sig_altstack}).\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori del campo \var{sa\_flag} della struttura \var{sigaction}.}
+ \label{tab:sig_sa_flag}
+\end{table}
+
+Benché sia possibile usare nello stesso programma sia \func{sigaction} che
+\func{signal} occorre molta attenzione, in quanto le due funzioni possono
+interagire in maniera anomala. Infatti l'azione specificata con
+\var{sigaction} contiene un maggior numero di informazioni rispetto al
+semplice indirizzo del manipolatore restituito da \func{signal}. Per questo
+motivo se si usa quest'ultima per installare un manipolatore sostituendone uno
+precedentemente installato con \func{sigaction}, non sarà possibile effettuare
+un ripristino corretto dello stesso.
+
+Per questo è sempre opportuno usare \func{sigaction}, che è in grado di
+ripristinare correttamente un manipolatore precedente, anche se questo è stato
+installato con \func{signal}. In generale poi non è il caso di usare il valore
+di ritorno di \func{signal} come campo \var{sa\_handler}, o viceversa, dato
+che in certi sistemi questi possono essere diversi. In generale dunque, a meno
+che non si sia vincolati allo standard ISO C, è sempre il caso di evitare
+l'uso di \func{signal} a favore di \func{sigaction}.
+
\subsection{La gestione del blocco dei segnali}
\label{sec:sig_sigmask}
-Una delle informazioni che ciascun processo porta con se è l'insieme
-(anch'esso un signal set) dei segnali bloccati (la cosiddetta \textit{signal
- mask}, mantenuta nel campo \var{blocked} di \var{task\_struct}); abbiamo
-accennato in \secref{sec:proc_fork} che essa viene ereditata da un processo
+Come spiegato in \secref{sec:sig_semantics} tutti i moderni sistemi unix-like
+permettono si bloccare temporaneamente (o di eliminare completamente, settando
+\macro{SIG\_IGN} come azione) la consegna dei segnali ad un processo. Questo è
+fatto specificando la cosiddetta \textit{signal mask} del
+processo\footnote{nel caso di Linux essa è mantenuta dal campo \var{blocked}
+ della relativa \var{task\_struct}} che viene espressa come il signal set dei
+segnali la cui consegna è bloccata. Abbiamo accennato in
+\secref{sec:proc_fork} che la \textit{signal mask} viene ereditata dal padre
+alla creazione di un processo figlio, e abbiamo visto al paragrafo precedente
+che essa può essere specificata, durante l'esecuzione di un manipolatore,
+attraverso l'uso dal campo \var{sa\_mask} di \var{sigaction}.
+
+Uno dei problemi evidenziatisi con l'esempio di \secref{fig:sig_event_wrong} è
+che in molti casi è necessario proteggere delle sezioni di codice (nel caso la
+sezione fra il test e la eventuale cancellazione del flag che testimoniava
+l'avvenuta occorrenza del segnale) in modo da essere sicuri che essi siano
+eseguiti senza interruzioni.
+
\subsection{Le funzioni \func{sigpending} e \func{sigsuspend}}