occorrerà definire la variabile di ambiente \envvar{LD\_LIBRARY\_PATH} in modo
che il linker dinamico possa accedervi.
-In generale questa variabile indica il \itindex{pathname} \textit{pathname}
-della directory contenente la libreria. Nell'ipotesi (che daremo sempre per
-verificata) che si facciano le prove direttamente nella directory dei sorgenti
-(dove di norma vengono creati sia i programmi che la libreria), il comando da
-dare sarà \code{export LD\_LIBRARY\_PATH=./}; a questo punto potremo lanciare
-il server, facendogli leggere una decina di frasi, con:
+In generale questa variabile indica il \textit{pathname} della directory
+contenente la libreria. Nell'ipotesi (che daremo sempre per verificata) che si
+facciano le prove direttamente nella directory dei sorgenti (dove di norma
+vengono creati sia i programmi che la libreria), il comando da dare sarà
+\code{export LD\_LIBRARY\_PATH=./}; a questo punto potremo lanciare il server,
+facendogli leggere una decina di frasi, con:
\begin{Verbatim}
[piccardi@gont sources]$ ./fortuned -n10
\end{Verbatim}
\end{functions}
La funzione determina un valore della chiave sulla base di \param{pathname},
-che deve specificare il \itindex{pathname} \textit{pathname} di un file
-effettivamente esistente e di un numero di progetto \param{proj\_id)}, che di
-norma viene specificato come carattere, dato che ne vengono utilizzati solo
-gli 8 bit meno significativi.\footnote{nelle libc4 e libc5, come avviene in
- SunOS, l'argomento \param{proj\_id} è dichiarato tipo \ctyp{char}, la
- \acr{glibc} usa il prototipo specificato da XPG4, ma vengono lo stesso
- utilizzati gli 8 bit meno significativi.}
+che deve specificare il \textit{pathname} di un file effettivamente esistente
+e di un numero di progetto \param{proj\_id)}, che di norma viene specificato
+come carattere, dato che ne vengono utilizzati solo gli 8 bit meno
+significativi.\footnote{nelle libc4 e libc5, come avviene in SunOS,
+ l'argomento \param{proj\_id} è dichiarato tipo \ctyp{char}, la \acr{glibc}
+ usa il prototipo specificato da XPG4, ma vengono lo stesso utilizzati gli 8
+ bit meno significativi.}
Il problema è che anche così non c'è la sicurezza che il valore della chiave
sia univoco, infatti esso è costruito combinando il byte di \param{proj\_id)}
\label{fig:ipc_msqid_ds}
\end{figure}
-A ciascuna coda è associata una struttura \struct{msgid\_ds}, la cui
+A ciascuna coda è associata una struttura \struct{msqid\_ds}, la cui
definizione, è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_msqid_ds}. In questa struttura
il kernel mantiene le principali informazioni riguardo lo stato corrente della
coda.\footnote{come accennato questo vale fino ai kernel della serie 2.2.x,
semafori possono restare occupati, abbiamo visto come \func{semop} permetta di
attivare un meccanismo di ripristino attraverso l'uso del flag
\const{SEM\_UNDO}. Il meccanismo è implementato tramite una apposita struttura
-\struct{sem\_undo}, associata ad ogni processo per ciascun semaforo che esso
+\kstruct{sem\_undo}, associata ad ogni processo per ciascun semaforo che esso
ha modificato; all'uscita i semafori modificati vengono ripristinati, e le
strutture disallocate. Per mantenere coerente il comportamento queste
strutture non vengono ereditate attraverso una \func{fork} (altrimenti si
\struct{semid\_ds} ed il relativo vettore di strutture \struct{sem}. Quando si
richiede una operazione viene anzitutto verificato che tutte le operazioni
possono avere successo; se una di esse comporta il blocco del processo il
-kernel crea una struttura \struct{sem\_queue} che viene aggiunta in fondo alla
+kernel crea una struttura \kstruct{sem\_queue} che viene aggiunta in fondo alla
coda di attesa associata a ciascun insieme di semafori\footnote{che viene
referenziata tramite i campi \var{sem\_pending} e \var{sem\_pending\_last}
di \struct{semid\_ds}.}.
immediatamente, dopo di che il kernel esegue una scansione della coda di
attesa (a partire da \var{sem\_pending}) per verificare se qualcuna delle
operazioni sospese in precedenza può essere eseguita, nel qual caso la
-struttura \struct{sem\_queue} viene rimossa e lo stato del processo associato
+struttura \kstruct{sem\_queue} viene rimossa e lo stato del processo associato
all'operazione (\var{sleeper}) viene riportato a \textit{running}; il tutto
viene ripetuto fin quando non ci sono più operazioni eseguibili o si è
svuotata la coda. Per gestire il meccanismo del ripristino tutte le volte che
per un'operazione si è specificato il flag \const{SEM\_UNDO} viene mantenuta
-per ciascun insieme di semafori una apposita struttura \struct{sem\_undo} che
+per ciascun insieme di semafori una apposita struttura \kstruct{sem\_undo} che
contiene (nel vettore puntato dal campo \var{semadj}) un valore di
aggiustamento per ogni semaforo cui viene sommato l'opposto del valore usato
per l'operazione.
+%TODO verificare queste strutture \kstruct{sem\_queue} e \kstruct{sem\_undo}
+
Queste strutture sono mantenute in due liste,\footnote{rispettivamente
attraverso i due campi \var{id\_next} e \var{proc\_next}.} una associata
all'insieme di cui fa parte il semaforo, che viene usata per invalidare le
strutture se questo viene cancellato o per azzerarle se si è eseguita una
operazione con \func{semctl}; l'altra associata al processo che ha eseguito
l'operazione;\footnote{attraverso il campo \var{semundo} di
- \struct{task\_struct}, come mostrato in \ref{fig:ipc_sem_schema}.} quando un
+ \kstruct{task\_struct}, come mostrato in \ref{fig:ipc_sem_schema}.} quando un
processo termina, la lista ad esso associata viene scandita e le operazioni
applicate al semaforo. Siccome un processo può accumulare delle richieste di
ripristino per semafori differenti chiamate attraverso diverse chiamate a
richiesto è che:
\begin{itemize*}
\item i nomi devono essere conformi alle regole che caratterizzano i
- \itindex{pathname} \textit{pathname}, in particolare non essere più lunghi di
- \const{PATH\_MAX} byte e terminati da un carattere nullo.
+ \textit{pathname}, in particolare non essere più lunghi di \const{PATH\_MAX}
+ byte e terminati da un carattere nullo.
\item se il nome inizia per una \texttt{/} chiamate differenti allo stesso
nome fanno riferimento allo stesso oggetto, altrimenti l'interpretazione del
nome dipende dall'implementazione.
il messaggio, entrambe le funzioni, al contrario di quanto avveniva nelle code
di messaggi di SysV, ritornano un errore di \errcode{EMSGSIZE} senza estrarre
il messaggio. È pertanto opportuno eseguire sempre una chiamata a
-\func{mq\_getaddr} prima di eseguire una ricezione, in modo da ottenere la
+\func{mq\_getattr} prima di eseguire una ricezione, in modo da ottenere la
dimensione massima dei messaggi sulla coda, per poter essere in grado di
allocare dei buffer sufficientemente ampi per la lettura.
\const{SIGEV\_SIGNAL}).} Il metodo consigliato è quello di usare
\const{SIGEV\_SIGNAL} usando il campo \var{sigev\_signo} per indicare il quale
segnale deve essere inviato al processo. Inoltre il campo \var{sigev\_value} è
-un puntatore ad una struttura \struct{sigval\_t} (definita in
+un puntatore ad una struttura \struct{sigval} (definita in
fig.~\ref{fig:sig_sigval}) che permette di restituire al gestore del segnale
un valore numerico o un indirizzo,\footnote{per il suo uso si riveda la
trattazione fatta in sez.~\ref{sec:sig_real_time} a proposito dei segnali
L'argomento \param{name} definisce il nome del semaforo che si vuole
utilizzare, ed è quello che permette a processi diversi di accedere allo
-stesso semaforo. Questo deve essere specificato con un pathname nella forma
-\texttt{/qualchenome}, che non ha una corrispondenza diretta con un pathname
-reale; con Linux infatti i file associati ai semafori sono mantenuti nel
-filesystem virtuale \texttt{/dev/shm}, e gli viene assegnato automaticamente
-un nome nella forma \texttt{sem.qualchenome}.\footnote{si ha cioè una
- corrispondenza per cui \texttt{/qualchenome} viene rimappato, nella
+stesso semaforo. Questo deve essere specificato con un \textit{pathname} nella
+forma \texttt{/qualchenome}, che non ha una corrispondenza diretta con un
+\textit{pathname} reale; con Linux infatti i file associati ai semafori sono
+mantenuti nel filesystem virtuale \texttt{/dev/shm}, e gli viene assegnato
+automaticamente un nome nella forma \texttt{sem.qualchenome}.\footnote{si ha
+ cioè una corrispondenza per cui \texttt{/qualchenome} viene rimappato, nella
creazione tramite \func{sem\_open}, su \texttt{/dev/shm/sem.qualchenome}.}
L'argomento \param{oflag} è quello che controlla le modalità con cui opera la
La seconda variante di \func{sem\_wait} è una estensione specifica che può
essere utilizzata soltanto se viene definita la macro \macro{\_XOPEN\_SOURCE}
ad un valore di 600 prima di includere \headfile{semaphore.h}, la funzione è
-\func{sem\_timedwait}, ed il suo prototipo è:
+\funcd{sem\_timedwait}, ed il suo prototipo è:
\begin{functions}
\headdecl{semaphore.h}