+identico è l'uso degli argomenti \param{key} e \param{flag} per cui non
+ripeteremo quanto detto al proposito in \secref{sec:ipc_sysv_mq}. L'argomento
+\param{size} specifica invece la dimensione, in byte, del segmento, che viene
+comunque arrotondata al multiplo superiore di \const{PAGE\_SIZE}.
+
+La memoria condivisa è la forma più veloce di comunicazione fra due processi,
+in quanto permette agli stessi di vedere nel loro spazio di indirizzi una
+stessa sezione di memoria. Pertanto non è necessaria nessuna operazione di
+copia per trasmettere i dati da un processo all'altro, in quanto ciascuno può
+accedervi direttamente con le normali operazioni di lettura e scrittura dei
+dati in memoria.
+
+Ovviamente tutto questo ha un prezzo, ed il problema fondamentale della
+memoria condivisa è la sincronizzazione degli accessi. È evidente infatti che
+se un processo deve scambiare dei dati con un altro, si deve essere sicuri che
+quest'ultimo non acceda al segmento di memoria condivisa prima che il primo
+non abbia completato le operazioni di scrittura, inoltre nel corso di una
+lettura si deve essere sicuri che i dati restano coerenti e non vengono
+sovrascritti da un accesso in scrittura sullo stesso segmento da parte di un
+altro processo. Per questo in genere la memoria condivisa viene sempre
+utilizzata in abbinamento ad un meccanismo di sincronizzazione, il che, di
+norma, significa insieme a dei semafori.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}
+struct shmid_ds {
+ struct ipc_perm shm_perm; /* operation perms */
+ int shm_segsz; /* size of segment (bytes) */
+ time_t shm_atime; /* last attach time */
+ time_t shm_dtime; /* last detach time */
+ time_t shm_ctime; /* last change time */
+ unsigned short shm_cpid; /* pid of creator */
+ unsigned short shm_lpid; /* pid of last operator */
+ short shm_nattch; /* no. of current attaches */
+};
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La struttura \structd{shmid\_ds}, associata a ciascun segmento di
+ memoria condivisa.}
+ \label{fig:ipc_shmid_ds}
+\end{figure}
+
+A ciascun segmento di memoria condivisa è associata una struttura
+\struct{shmid\_ds}, riportata in \figref{fig:ipc_shmid_ds}. Come nel caso
+delle code di messaggi quando si crea un nuovo segmento di memoria condivisa
+con \func{shmget} questa struttura viene inizializzata, in particolare il
+campo \var{shm\_perm} viene inizializzato come illustrato in
+\secref{sec:ipc_sysv_access_control}, e valgono le considerazioni ivi fatte
+relativamente ai permessi di accesso; per quanto riguarda gli altri campi
+invece:
+\begin{itemize*}
+\item il campo \var{shm\_segsz}, che esprime la dimensione del segmento, viene
+ inizializzato al valore di \param{size}.
+\item il campo \var{shm\_ctime}, che esprime il tempo di creazione del
+ segmento, viene inizializzato al tempo corrente.
+\item i campi \var{shm\_atime} e \var{shm\_dtime}, che esprimono
+ rispettivamente il tempo dell'ultima volta che il segmento è stato
+ agganciato o sganciato da un processo, vengono inizializzati a zero.
+\item il campo \var{shm\_lpid}, che esprime il \acr{pid} del processo che ha
+ eseguito l'ultima operazione, viene inizializzato a zero.
+\item il campo \var{shm\_cpid}, che esprime il \acr{pid} del processo che ha
+ creato il segmento, viene inizializzato al \acr{pid} del processo chiamante.
+\item il campo \var{shm\_nattac}, che esprime il numero di processi agganciati
+ al segmento viene inizializzato a zero.
+\end{itemize*}
+
+Come per le code di messaggi e gli insiemi di semafori, anche per i segmenti
+di memoria condivisa esistono una serie di limiti imposti dal sistema. Alcuni
+di questi limiti sono al solito accessibili e modificabili attraverso
+\func{sysctl} o scrivendo direttamente nei rispettivi file di
+\file{/proc/sys/kernel/}. In \tabref{tab:ipc_shm_limits} si sono riportate le
+costanti simboliche associate a ciascuno di essi, il loro significato, i
+valori preimpostati, e, quando presente, il file in \file{/proc/sys/kernel/}
+che permettono di cambiarne il valore.
+
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|c|r|c|p{7cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{File in \texttt{proc}}
+ & \textbf{Significato} \\
+ \hline
+ \hline
+ \const{SHMALL}& 0x200000&\file{shmall}& Numero massimo di pagine che
+ possono essere usate per i segmenti di
+ memoria condivisa. \\
+ \const{SHMMAX}&0x2000000&\file{shmmax}& Dimensione massima di un segmento
+ di memoria condivisa.\\
+ \const{SHMMNI}& 4096&\file{msgmni}& Numero massimo di segmenti di
+ memoria condivisa presenti nel
+ kernel.\\
+ \const{SHMMIN}& 1& --- & Dimensione minima di un segmento di
+ memoria condivisa. \\
+ \const{SHMLBA}&\const{PAGE\_SIZE}&--- & Limite inferiore per le dimensioni
+ minime di un segmento (deve essere
+ allineato alle dimensioni di una
+ pagina di memoria). \\
+ \const{SHMSEG}& --- & --- & Numero massimo di segmenti di
+ memoria condivisa
+ per ciascun processo.\\
+
+
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori delle costanti associate ai limiti dei segmenti di memoria
+ condivisa, insieme al relativo file in \file{/proc/sys/kernel/} ed al
+ valore preimpostato presente nel sistema.}
+ \label{tab:ipc_shm_limits}
+\end{table}
+
+Al solito la funzione che permette di effettuare le operazioni di controllo su
+un segmento di memoria condivisa è \funcd{shmctl}; il suo prototipo è:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/ipc.h}
+ \headdecl{sys/shm.h}
+
+ \funcdecl{int shmctl(int shmid, int cmd, struct shmid\_ds *buf)}
+
+ Esegue le operazioni di controllo su un segmento di memoria condivisa.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\errcode{EACCES}] Si è richiesto \const{IPC\_STAT} ma i permessi non
+ consentono l'accesso in lettura al segmento.
+ \item[\errcode{EINVAL}] O \param{shmid} o \param{cmd} hanno valori non
+ validi.
+ \item[\errcode{EIDRM}] L'argomento \param{shmid} fa riferimento ad un
+ segmento che è stato cancellato.
+ \item[\errcode{EPERM}] Si è specificato un comando con \const{IPC\_SET} o
+ \const{IPC\_RMID} senza i permessi necessari.
+ \item[\errcode{EOVERFLOW}] L'argomento \param{shmid} fa riferimento ad un
+ segmento che è stato cancellato.
+ \end{errlist}
+ ed inoltre \errval{EFAULT}.}
+\end{functions}
+
+Il comportamento della funzione dipende dal valore del comando passato
+attraverso l'argomento \param{cmd}, i valori possibili sono i seguenti:
+\begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
+\item[\const{IPC\_STAT}] Legge le informazioni riguardo il segmento di memoria
+ condivisa nella struttura \struct{shmid\_ds} puntata da \param{buf}. Occorre
+ avere il permesso di lettura sulla coda.
+\item[\const{IPC\_RMID}] Marca il segmento di memoria condivisa per la
+ rimozione, questo verrà cancellato effettivamente solo quando l'ultimo
+ processo ad esso agganciato si sarà staccato. Questo comando può essere
+ eseguito solo da un processo con user-ID effettivo corrispondente o al
+ creatore della coda, o al proprietario della coda, o all'amministratore.
+\item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
+ del segmento. Per modificare i valori di \var{shm\_perm.mode},
+ \var{shm\_perm.uid} e \var{shm\_perm.gid} occorre essere il proprietario o
+ il creatore della coda, oppure l'amministratore. Compiuta l'operazione
+ aggiorna anche il valore del campo \var{shm\_ctime}.
+\item[\const{SHM\_LOCK}] Abilita il \textit{memory locking}\index{memory
+ locking}\footnote{impedisce cioè che la memoria usata per il segmento
+ venga salvata su disco dal meccanismo della memoria virtuale; si ricordi
+ quanto trattato in \secref{sec:proc_mem_lock}.} sul segmento di memoria
+ condivisa. Solo l'amministratore può utilizzare questo comando.
+\item[\const{SHM\_UNLOCK}] Disabilita il \textit{memory locking} sul segmento
+ di memoria condivisa. Solo l'amministratore può utilizzare questo comando.
+\end{basedescript}
+i primi tre comandi sono gli stessi già visti anche per le code ed i semafori,
+gli ultimi due sono delle estensioni previste da Linux.
+
+Per utilizzare i segmenti di memoria condivisa l'interfaccia prevede due
+funzioni, la prima è \funcd{shmat}, che serve ad agganciare un segmento al
+processo chiamante, in modo che quest'ultimo possa vederlo nel suo spazio di
+indirizzi; il suo prototipo è:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/types.h}
+ \headdecl{sys/shm.h}
+
+ \funcdecl{void *shmat(int shmid, const void *shmaddr, int shmflg)}
+ Aggancia al processo un segmento di memoria condivisa.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo del segmento in caso di
+ successo, e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i
+ valori:
+ \begin{errlist}
+ \item[\errcode{EACCES}] Il processo non ha i privilegi per accedere al
+ segmento nella modalità richiesta.
+ \item[\errcode{EINVAL}] Si è specificato un identificatore invalido per
+ \param{shmid}, o un indirizzo non allineato sul confine di una pagina
+ per \param{shmaddr}.
+ \end{errlist}
+ ed inoltre \errval{ENOMEM}.}
+\end{functions}
+
+La funzione inserisce un segmento di memoria condivisa all'interno dello
+spazio di indirizzi del processo, in modo che questo possa accedervi
+direttamente, la situazione dopo l'esecuzione di \func{shmat} è illustrata in
+\figref{fig:ipc_shmem_layout} (per la comprensione del resto dello schema si
+ricordi quanto illustrato al proposito in \secref{sec:proc_mem_layout}). In
+particolare l'indirizzo finale del segmento dati (quello impostato da
+\func{brk}, vedi \secref{sec:proc_mem_sbrk}) non viene influenzato. Si tenga
+presente infine che la funzione ha successo anche se il segmento è stato
+marcato per la cancellazione.
+
+\begin{figure}[htb]
+ \centering
+ \includegraphics[height=10cm]{img/sh_memory_layout}
+ \caption{Disposizione dei segmenti di memoria di un processo quando si è
+ agganciato un segmento di memoria condivisa.}
+ \label{fig:ipc_shmem_layout}
+\end{figure}
+
+L'argomento \param{shmaddr} specifica a quale indirizzo\footnote{Lo standard
+ SVID prevede che l'argomento \param{shmaddr} sia di tipo \ctyp{char *}, così
+ come il valore di ritorno della funzione. In Linux è stato così con le
+ \acr{libc4} e le \acr{libc5}, con il passaggio alle \acr{glibc} il tipo di
+ \param{shmaddr} è divenuto un \ctyp{const void *} e quello del valore di
+ ritorno un \ctyp{void *}.} deve essere associato il segmento, se il valore
+specificato è \val{NULL} è il sistema a scegliere opportunamente un'area di
+memoria libera (questo è il modo più portabile e sicuro di usare la funzione).
+Altrimenti il kernel aggancia il segmento all'indirizzo specificato da
+\param{shmaddr}; questo però può avvenire solo se l'indirizzo coincide con il
+limite di una pagina, cioè se è un multiplo esatto del parametro di sistema
+\const{SHMLBA}, che in Linux è sempre uguale \const{PAGE\_SIZE}.
+
+Si tenga presente però che quando si usa \val{NULL} come valore di
+\param{shmaddr}, l'indirizzo restituito da \func{shmat} può cambiare da
+processo a processo; pertanto se nell'area di memoria condivisa si salvano
+anche degli indirizzi, si deve avere cura di usare valori relativi (in genere
+riferiti all'indirizzo di partenza del segmento).
+
+L'argomento \param{shmflg} permette di cambiare il comportamento della
+funzione; esso va specificato come maschera binaria, i bit utilizzati sono
+solo due e sono identificati dalle costanti \const{SHM\_RND} e
+\const{SHM\_RDONLY}, che vanno combinate con un OR aritmetico. Specificando
+\const{SHM\_RND} si evita che \func{shmat} ritorni un errore quando
+\param{shmaddr} non è allineato ai confini di una pagina. Si può quindi usare
+un valore qualunque per \param{shmaddr}, e il segmento verrà comunque
+agganciato, ma al più vicino multiplo di \const{SHMLBA} (il nome della
+costante sta infatti per \textit{rounded}, e serve per specificare un
+indirizzo come arrotondamento, in Linux è equivalente a \const{PAGE\_SIZE}).
+
+L'uso di \const{SHM\_RDONLY} permette di agganciare il segmento in sola
+lettura (si ricordi che anche le pagine di memoria hanno dei permessi), in tal
+caso un tentativo di scrivere sul segmento comporterà una violazione di
+accesso con l'emissione di un segnale di \const{SIGSEGV}. Il comportamento
+usuale di \func{shmat} è quello di agganciare il segmento con l'accesso in
+lettura e scrittura (ed il processo deve aver questi permessi in
+\var{shm\_perm}), non è prevista la possibilità di agganciare un segmento in
+sola scrittura.
+
+In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di
+\struct{shmid\_ds}:
+\begin{itemize*}
+\item il tempo \var{shm\_atime} dell'ultima operazione di aggancio viene
+ impostato al tempo corrente.
+\item il \acr{pid} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
+ segmento viene impostato a quello del processo corrente.
+\item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
+ aumentato di uno.
+\end{itemize*}
+
+Come accennato in \secref{sec:proc_fork} un segmento di memoria condivisa
+agganciato ad un processo viene ereditato da un figlio attraverso una
+\func{fork}, dato che quest'ultimo riceve una copia dello spazio degli
+indirizzi del padre. Invece, dato che attraverso una \func{exec} viene
+eseguito un diverso programma con uno spazio di indirizzi completamente
+diverso, tutti i segmenti agganciati al processo originario vengono
+automaticamente sganciati. Lo stesso avviene all'uscita del processo
+attraverso una \func{exit}.
+
+Una volta che un segmento di memoria condivisa non serve più, si può
+sganciarlo esplicitamente dal processo usando l'altra funzione
+dell'interfaccia, \funcd{shmdt}, il cui prototipo è:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/types.h}
+ \headdecl{sys/shm.h}
+
+ \funcdecl{int shmdt(const void *shmaddr)}
+ Sgancia dal processo un segmento di memoria condivisa.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo, e -1 in caso di
+ errore, la funzione fallisce solo quando non c'è un segmento agganciato
+ all'indirizzo \func{shmaddr}, con \var{errno} che assume il valore
+ \errval{EINVAL}.}
+\end{functions}
+
+La funzione sgancia dallo spazio degli indirizzi del processo un segmento di
+memoria condivisa; questo viene identificato con l'indirizzo \param{shmaddr}
+restituito dalla precedente chiamata a \func{shmat} con il quale era stato
+agganciato al processo.
+
+In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di
+\struct{shmid\_ds}:
+\begin{itemize*}
+\item il tempo \var{shm\_dtime} dell'ultima operazione di sganciamento viene
+ impostato al tempo corrente.
+\item il \acr{pid} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
+ segmento viene impostato a quello del processo corrente.
+\item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
+ decrementato di uno.
+\end{itemize*}
+inoltre la regione di indirizzi usata per il segmento di memoria condivisa
+viene tolta dallo spazio di indirizzi del processo.
+
+Benché la memoria condivisa costituisca il meccanismo di intercomunicazione
+fra processi più veloce, essa non è sempre il più appropriato, dato che, come
+abbiamo visto, si avrà comunque la necessità di una sincronizzazione degli
+accessi. Per questo motivo, quando la comunicazione fra processi è
+sequenziale, altri meccanismi come le pipe, le fifo o i socket, che non
+necessitano di sincronizzazione esplicita, sono da preferire. Essa diventa
+l'unico meccanismo possibile quando la comunicazione non è
+sequenziale\footnote{come accennato in \secref{sec:ipc_sysv_mq} per la
+ comunicazione non sequenziale si possono usare le code di messaggi,
+ attraverso l'uso del campo \var{mtype}, ma solo se quest'ultima può essere
+ effettuata in forma di messaggio.} o quando non può avvenire secondo una
+modalità predefinita.
+
+Un esempio classico di uso della memoria condivisa è quello del
+``\textit{monitor}'', in cui viene per scambiare informazioni fra un processo
+server, che vi scrive dei dati di interesse generale che ha ottenuto, e i
+processi client interessati agli stessi dati che così possono leggerli in
+maniera completamente asincrona. Con questo schema di funzionamento da una
+parte si evita che ciascun processo client debba compiere l'operazione,
+potenzialmente onerosa, di ricavare e trattare i dati, e dall'altra si evita
+al processo server di dover gestire l'invio a tutti i client di tutti i dati
+(non potendo il server sapere quali di essi servono effettivamente al singolo
+client).
+
+Nel nostro caso implementeremo un ``\textsl{monitor}'' di una directory: un
+processo si incaricherà di tenere sotto controllo alcuni parametri relativi ad
+una directory (il numero dei file contenuti, la dimensione totale, quante
+directory, link simbolici, file normali, ecc.) che saranno salvati in un
+segmento di memoria condivisa cui altri processi potranno accedere per
+ricavare la parte di informazione che interessa.
+
+In \figref{fig:ipc_dirmonitor_main} si è riportata la sezione principale del
+corpo del programma server, insieme alle definizioni delle altre funzioni
+usate nel programma e delle variabili globali, omettendo tutto quello che
+riguarda la gestione delle opzioni e la stampa delle istruzioni di uso a
+video; al solito il codice completo si trova con i sorgenti allegati nel file
+\file{DirMonitor.c}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+/* computation function for DirScan */
+int ComputeValues(struct dirent * direntry);
+void HandSIGTERM(int signo);
+/* global variables for shared memory segment */
+struct DirProp {
+ int tot_size;
+ int tot_files;
+ int tot_regular;
+ int tot_fifo;
+ int tot_link;
+ int tot_dir;
+ int tot_block;
+ int tot_char;
+ int tot_sock;
+};
+struct DirProp *shmptr;
+int shmid;
+int mutex;
+/* main body */
+int main(int argc, char *argv[])
+{
+ int i;
+ key_t key;
+ ...
+ if ((argc - optind) != 1) { /* There must be remaing parameters */
+ printf("Wrong number of arguments %d\n", argc - optind);
+ usage();
+ }
+ Signal(SIGTERM, HandSIGTERM); /* set handlers for termination */
+ Signal(SIGINT, HandSIGTERM);
+ Signal(SIGQUIT, HandSIGTERM);
+ /* create needed IPC objects */
+ key = ftok("./DirMonitor.c", 1); /* define a key */
+ shmid = shmget(key, 4096, IPC_CREAT|0666); /* get a shared memory */
+ if (shmid < 0) {
+ perror("Cannot create shared memory");
+ exit(1);
+ }
+ if ( (shmptr = shmat(shmid, NULL, 0)) == NULL ) { /* attach to process */
+ perror("Cannot attach segment");
+ }
+ if ((mutex = MutexCreate(key)) == -1) { /* get a Mutex */
+ perror("Cannot create mutex");
+ exit(1);
+ }
+ /* main loop, monitor directory properties each 10 sec */
+ while (1) {
+ MutexLock(mutex); /* lock shared memory */
+ memset(shmptr, 0, sizeof(struct DirProp)); /* erase previous data */
+ DirScan(argv[1], ComputeValues); /* execute scan */
+ MutexUnlock(mutex); /* unlock shared memory */
+ sleep(pause); /* sleep until next watch */
+ }
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Codice della funzione principale del programma \file{DirMonitor.c}.}
+ \label{fig:ipc_dirmonitor_main}
+\end{figure}
+
+Il programma usa delle variabili globali (\texttt{\small 4--18}) per mantenere
+i valori relativi agli oggetti usati per la comunicazione inter-processo; si è
+definita inoltre una apposita struttura \struct{DirProp} che contiene i dati
+relativi alle proprietà che si vogliono mantenere nella memoria condivisa, per
+l'accesso da parte dei client.
+
+Il programma, dopo la sezione, omessa, relativa alla gestione delle opzioni da
+riga di comando, che si limitano alla eventuale stampa di un messaggio di
+aiuto a video ed all'impostazione della durata dell'intervallo con cui viene
+ripetuto il calcolo delle proprietà della directory, controlla (\texttt{\small
+ 25--28}) che sia stato specificato un parametro (il nome della directory da
+tenere sotto controllo) senza il quale esce immediatamente con un messaggio di
+errore.
+
+Il passo successivo (\texttt{\small 29--31}) è quello di installare i gestori
+per i segnali di terminazione, infatti, visto che il programma è progettato
+come server, non è prevista una conclusione esplicita nel corpo principale,
+per cui, per gestire l'uscita, si è fatto uso di questi ultimi.
+
+Si può poi passare a creare (\texttt{\small 32--45}) gli oggetti di
+intercomunicazione necessari. Si ricava (\texttt{\small 33}) una chiave usando
+il nome del programma, con questa si ottiene (\texttt{\small 34--38}) un
+segmento di memoria condivisa \var{shmid} (uscendo in caso di errore), che si
+aggancia (\texttt{\small 39--41}) al processo all'indirizzo \var{shmptr}; sarà
+attraverso questo puntatore che potremo accedere alla memoria condivisa, che
+sarà vista nella forma data da \struct{DirProp}. Infine con la stessa chiave
+si crea (\texttt{\small 42--45}) anche un mutex (utilizzando le funzioni di
+interfaccia già descritte in \secref{sec:ipc_sysv_sem}) che utilizzeremo per
+regolare l'accesso alla memoria condivisa.
+
+Una volta completata l'inizializzazione e la creazione degli oggetti di
+intercomunicazione il programma eseguirà indefinitamente (\texttt{\small
+ 46--53}) il ciclo principale: si inizia bloccando il mutex (\texttt{\small
+ 48}) per poter accedere alla memoria condivisa (la funzione si bloccherà
+automaticamente se qualche client sta leggendo), poi si cancellano
+(\texttt{\small 49}) i valori precedentemente memorizzati, e si esegue
+(\texttt{\small 50}) un nuovo calcolo degli stessi; infine si sblocca il mutex
+(\texttt{\small 51}), e si attende (\texttt{\small 52}) per il periodo di
+tempo specificato a riga di comando con l'opzione \code{-p}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+...
+/*
+ * Routine to compute directory properties inside DirScan
+ */
+int ComputeValues(struct dirent * direntry)
+{
+ struct stat data;
+ stat(direntry->d_name, &data); /* get stat data */
+ shmptr->tot_size += data.st_size;
+ shmptr->tot_files++;
+ if (S_ISREG(data.st_mode)) shmptr->tot_regular++;
+ if (S_ISFIFO(data.st_mode)) shmptr->tot_fifo++;
+ if (S_ISLNK(data.st_mode)) shmptr->tot_link++;
+ if (S_ISDIR(data.st_mode)) shmptr->tot_dir++;
+ if (S_ISBLK(data.st_mode)) shmptr->tot_block++;
+ if (S_ISCHR(data.st_mode)) shmptr->tot_char++;
+ if (S_ISSOCK(data.st_mode)) shmptr->tot_sock++;
+ return 0;
+}
+/*
+ * Signal Handler to manage termination
+ */
+void HandSIGTERM(int signo) {
+ MutexLock(mutex);
+ if (shmdt(shmptr)) {
+ perror("Error detaching shared memory");
+ exit(1);
+ }
+ if (shmctl(shmid, IPC_RMID, NULL)) {
+ perror("Cannot remove shared memory segment");
+ exit(1);
+ }
+ MutexRemove(mutex);
+ exit(0);
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Codice delle funzione ausiliarie usate da \file{DirMonitor.c}.}
+ \label{fig:ipc_dirmonitor_sub}
+\end{figure}
+
+Si noti come per il calcolo dei valori da mantenere nella memoria condivisa si
+sia usata ancora una volta la funzione \func{DirScan}, già utilizzata (e
+descritta in dettaglio) in \secref{sec:file_dir_read}, che ci permette di
+effettuare la scansione delle voci della directory, chiamando per ciascuna di
+esse la funzione \func{ComputeValues}, che esegue tutti i calcoli necessari.
+
+Il codice di quest'ultima è riportato in \figref{fig:ipc_dirmonitor_sub}. Come
+si vede la funzione (\texttt{\small 5--19}) è molto semplice e si limita a
+chiamare (\texttt{\small 8}) la funzione \func{stat} sul file indicato da
+ciascuna voce, per ottenerne i dati, che poi utilizza per incrementare i vari
+contatori.
+
+Dato che la funzione è chiamata da \func{DirScan}, si è all'interno del ciclo
+principale del programma, con un mutex acquisito, perciò non è necessario
+effettuare nessun controllo e si può accedere direttamente alla memoria
+condivisa usando \var{shmptr} riempiendo i campi della struttura
+\struct{DirProp}; così prima (\texttt{\small 9--10}) si sommano le dimensioni
+dei file ed il loro numero, poi utilizzando le macro di
+\tabref{tab:file_type_macro}, si contano (\texttt{\small 11--17}) quanti ce ne
+sono per ciascun tipo.
+
+In \figref{fig:ipc_dirmonitor_sub} è riportato anche (\texttt{\small 23--35})
+il codice del gestore di segnali di terminazione usato per chiudere il
+programma, che oltre a provocare l'uscita del programma si incarica anche di
+cancellare tutti gli oggetti di intercomunicazione non più necessari. Nel
+caso anzitutto (\texttt{\small 24}) si acquisisce il mutex per evitare di
+operare mentre un client sta ancora leggendo i dati, dopo di che prima si
+distacca (\texttt{\small 25--28}) il segmento e poi lo si cancella
+(\texttt{\small 29--32}). Infine (\texttt{\small 33}) si rimuove il mutex e si
+esce.
+
+Il codice del client che permette di leggere le informazioni mantenute nella
+memoria condivisa è riportato in \figref{fig:ipc_dirmonitor_client}, al solito
+si è omessa la sezione di gestione delle opzioni e la funzione che stampa a
+video le istruzioni; il codice completo è nei sorgenti allegati, nel file
+\file{ReadMonitor.c}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+#include <sys/types.h>
+#include <sys/stat.h>
+#include <dirent.h> /* directory */
+#include <stdlib.h> /* C standard library */
+#include <unistd.h>
+
+#include "Gapil.h"
+#include "macros.h"
+
+int main(int argc, char *argv[])
+{
+ int i;
+ key_t key;
+ ..
+ /* find needed IPC objects */
+ key = ftok("./DirMonitor.c", 1); /* define a key */
+ shmid = shmget(key, 4096, 0); /* get the shared memory ID */
+ if (shmid < 0) {
+ perror("Cannot find shared memory");
+ exit(1);
+ }
+ if ( (shmptr = shmat(shmid, NULL, 0)) == NULL ) { /* attach to process */
+ perror("Cannot attach segment");
+ exit(1);
+ }
+ if ((mutex = MutexFind(key)) == -1) { /* get the Mutex */
+ perror("Cannot find mutex");
+ exit(1);
+ }
+ /* main loop */
+ MutexLock(mutex); /* lock shared memory */
+ printf("Ci sono %d file dati\n", shmptr->tot_regular);
+ printf("Ci sono %d directory\n", shmptr->tot_dir);
+ printf("Ci sono %d link\n", shmptr->tot_link);
+ printf("Ci sono %d fifo\n", shmptr->tot_fifo);
+ printf("Ci sono %d socket\n", shmptr->tot_sock);
+ printf("Ci sono %d device a caratteri\n", shmptr->tot_char);
+ printf("Ci sono %d device a blocchi\n", shmptr->tot_block);
+ printf("Totale %d file, per %d byte\n",
+ shmptr->tot_files, shmptr->tot_size);
+ MutexUnlock(mutex); /* unlock shared memory */
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Codice del programma client \file{ReadMonitor.c}.}
+ \label{fig:ipc_dirmonitor_client}
+\end{figure}
+
+Una volta completata la gestione delle opzioni a riga di comando il programma
+rigenera (\texttt{\small 16}) la chiave usata per identificare memoria
+condivisa e mutex, richiede (\texttt{\small 17}) l'identificatore della
+memoria condivisa (che in questo caso deve già esistere), uscendo in caso di
+errore (\texttt{\small 18--21}). Una volta ottenuto l'identificatore si può
+(\texttt{\small 22--25}) agganciare il segmento al processo (anche in questo
+caso uscendo se qualcosa non funziona). Infine (\texttt{\small 26--29}) si
+richiede pure l'identificatore del mutex.
+
+Una volta completata l'inizializzazione ed ottenuti i riferimenti agli oggetti
+di intercomunicazione necessari viene eseguito il corpo principale del
+programma (\texttt{\small 30--41}); si acquisisce (\texttt{\small 31}) il
+mutex (qui avviene il blocco se la memoria condivisa non è disponibile), e poi
+(\texttt{\small 32--40}) si stampano i vari valori in essa contenuti. Infine
+(\texttt{\small 41}) si rilascia il mutex.
+
+Verifichiamo allora il funzionamento del nostro monitor;
+
+
+
+
+%% Per capire meglio il funzionamento delle funzioni facciamo ancora una volta
+%% riferimento alle strutture con cui il kernel implementa i segmenti di memoria
+%% condivisa; uno schema semplificato della struttura è illustrato in
+%% \figref{fig:ipc_shm_struct}.
+
+%% \begin{figure}[htb]
+%% \centering
+%% \includegraphics[width=10cm]{img/shmstruct}
+%% \caption{Schema dell'implementazione dei segmenti di memoria condivisa in
+%% Linux.}
+%% \label{fig:ipc_shm_struct}
+%% \end{figure}
+
+
+
+
+\section{Tecniche alternative}
+\label{sec:ipc_alternatives}
+
+Come abbiamo detto in \secref{sec:ipc_sysv_generic}, e ripreso nella
+descrizione dei singoli oggetti che ne fan parte, il \textit{SysV IPC}
+presenta numerosi problemi; in \cite{APUE}\footnote{in particolare nel
+ capitolo 14.} Stevens ne effettua una accurata analisi (alcuni dei concetti
+sono già stati accennati in precedenza) ed elenca alcune possibili tecniche
+alternative, che vogliamo riprendere in questa sezione.
+
+
+\subsection{Alternative alle code di messaggi}
+\label{sec:ipc_mq_alternative}
+
+Le code di messaggi sono probabilmente il meno usato degli oggetti del
+\textit{SysV IPC}; esse infatti nacquero principalmente come meccanismo di
+comunicazione bidirezionale quando ancora le pipe erano unidirezionali; con la
+disponibilità di \func{socketpair} (vedi \secref{sec:ipc_socketpair}) o
+utilizzando una coppia di pipe, si può ottenere questo risultato senza
+incorrere nelle complicazioni introdotte dal \textit{SysV IPC}.
+
+In realtà, grazie alla presenza del campo \var{mtype}, le code di messaggi
+hanno delle caratteristiche ulteriori, consentendo una classificazione dei
+messaggi ed un accesso non rigidamente sequenziale; due caratteristiche che
+sono impossibili da ottenere con le pipe e i socket\index{socket} di
+\func{socketpair}. A queste esigenze però si può comunque ovviare in maniera
+diversa con un uso combinato della memoria condivisa e dei meccanismi di
+sincronizzazione, per cui alla fine l'uso delle code di messaggi classiche è
+relativamente poco diffuso.
+
+\subsection{I \textsl{file di lock}}
+\label{sec:ipc_file_lock}
+
+\index{file!di lock|(}
+Come illustrato in \secref{sec:ipc_sysv_sem} i semafori del \textit{SysV IPC}
+presentano una interfaccia inutilmente complessa e con alcuni difetti
+strutturali, per questo quando si ha una semplice esigenza di sincronizzazione
+per la quale basterebbe un semaforo binario (quello che abbiamo definito come
+\textit{mutex}), per indicare la disponibilità o meno di una risorsa, senza la
+necessità di un contatore come i semafori, si possono utilizzare metodi
+alternativi.
+
+La prima possibilità, utilizzata fin dalle origini di Unix, è quella di usare
+dei \textsl{file di lock} (per i quali esiste anche una opportuna directory,
+\file{/var/lock}, nel filesystem standard). Per questo si usa la
+caratteristica della funzione \func{open} (illustrata in
+\secref{sec:file_open}) che prevede\footnote{questo è quanto dettato dallo
+ standard POSIX.1, ciò non toglie che in alcune implementazioni questa
+ tecnica possa non funzionare; in particolare per Linux, nel caso di NFS, si
+ è comunque soggetti alla possibilità di una race
+ condition\index{race condition}.} che essa ritorni un errore quando usata
+con i flag di \const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}. In tal modo la creazione di
+un \textsl{file di lock} può essere eseguita atomicamente, il processo che
+crea il file con successo si può considerare come titolare del lock (e della
+risorsa ad esso associata) mentre il rilascio si può eseguire con una chiamata
+ad \func{unlink}.
+
+Un esempio dell'uso di questa funzione è mostrato dalle funzioni
+\func{LockFile} ed \func{UnlockFile} riportate in \figref{fig:ipc_file_lock}
+(sono contenute in \file{LockFile.c}, un'altro dei sorgenti allegati alla
+guida) che permettono rispettivamente di creare e rimuovere un \textsl{file di
+ lock}. Come si può notare entrambe le funzioni sono elementari; la prima
+(\texttt{\small 4--10}) si limita ad aprire il file di lock (\texttt{\small
+ 9}) nella modalità descritta, mentre la seconda (\texttt{\small 11--17}) lo
+cancella con \func{unlink}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+#include <sys/types.h>
+#include <sys/stat.h>
+#include <unistd.h> /* unix standard functions */
+/*
+ * Function LockFile:
+ */
+int LockFile(const char* path_name)
+{
+ return open(path_name, O_EXCL|O_CREAT);
+}
+/*
+ * Function UnlockFile:
+ */
+int UnlockFile(const char* path_name)
+{
+ return unlink(path_name);
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Il codice delle funzioni \func{LockFile} e \func{UnlockFile} che
+ permettono di creare e rimuovere un \textsl{file di lock}.}
+ \label{fig:ipc_file_lock}
+\end{figure}
+
+Uno dei limiti di questa tecnica è che, come abbiamo già accennato in
+\secref{sec:file_open}, questo comportamento di \func{open} può non funzionare
+(la funzione viene eseguita, ma non è garantita l'atomicità dell'operazione)
+se il filesystem su cui si va ad operare è su NFS; in tal caso si può adottare
+una tecnica alternativa che prevede l'uso della \func{link} per creare come
+\textsl{file di lock} un hard link ad un file esistente; se il link esiste già
+e la funzione fallisce, significa che la risorsa è bloccata e potrà essere
+sbloccata solo con un \func{unlink}, altrimenti il link è creato ed il lock
+acquisito; il controllo e l'eventuale acquisizione sono atomici; la soluzione
+funziona anche su NFS, ma ha un'altro difetto è che è quello di poterla usare
+solo se si opera all'interno di uno stesso filesystem.
+
+Un generale comunque l'uso di un \textsl{file di lock} presenta parecchi
+problemi, che non lo rendono una alternativa praticabile per la
+sincronizzazione: anzitutto in caso di terminazione imprevista del processo,
+si lascia allocata la risorsa (il \textsl{file di lock}) e questa deve essere
+sempre cancellata esplicitamente. Inoltre il controllo della disponibilità
+può essere eseguito solo con una tecnica di \textit{polling}\index{polling},
+ed è quindi molto inefficiente.
+
+La tecnica dei file di lock ha comunque una sua utilità, e può essere usata
+con successo quando l'esigenza è solo quella di segnalare l'occupazione di una
+risorsa, senza necessità di attendere che questa si liberi; ad esempio la si
+usa spesso per evitare interferenze sull'uso delle porte seriali da parte di
+più programmi: qualora si trovi un file di lock il programma che cerca di
+accedere alla seriale si limita a segnalare che la risorsa non è
+disponibile.\index{file!di lock|)}
+
+
+\subsection{La sincronizzazione con il \textit{file locking}}
+\label{sec:ipc_lock_file}
+
+Dato che i file di lock\index{file!di lock} presentano gli inconvenienti
+illustrati in precedenza, la tecnica alternativa di sincronizzazione più
+comune è quella di fare ricorso al \textit{file locking}\index{file!locking}
+(trattato in \secref{sec:file_locking}) usando \func{fcntl} su un file creato
+per l'occasione per ottenere un write lock. In questo modo potremo usare il
+lock come un \textit{mutex}: per bloccare la risorsa basterà acquisire il
+lock, per sbloccarla basterà rilasciare il lock. Una richiesta fatta con un
+write lock metterà automaticamente il processo in stato di attesa, senza
+necessità di ricorrere al \textit{polling}\index{polling} per determinare la
+disponibilità della risorsa, e al rilascio della stessa da parte del processo
+che la occupava si otterrà il nuovo lock atomicamente.
+
+Questo approccio presenta il notevole vantaggio che alla terminazione di un
+processo tutti i lock acquisiti vengono rilasciati automaticamente (alla
+chiusura dei relativi file) e non ci si deve preoccupare di niente; inoltre
+non consuma risorse permanentemente allocate nel sistema. Lo svantaggio è che,
+dovendo fare ricorso a delle operazioni sul filesystem, esso è in genere
+leggermente più lento.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+/* Function CreateMutex: Create a mutex using file locking. */
+int CreateMutex(const char *path_name)
+{
+ return open(path_name, O_EXCL|O_CREAT);
+}
+/* Function UnlockMutex: unlock a file. */
+int FindMutex(const char *path_name)
+{
+ return open(path_name, O_RDWR);
+}
+/* Function LockMutex: lock mutex using file locking. */
+int LockMutex(int fd)
+{
+ struct flock lock; /* file lock structure */
+ /* first open the file (creating it if not existent) */
+ /* set flock structure */
+ lock.l_type = F_WRLCK; /* set type: read or write */
+ lock.l_whence = SEEK_SET; /* start from the beginning of the file */
+ lock.l_start = 0; /* set the start of the locked region */
+ lock.l_len = 0; /* set the length of the locked region */
+ /* do locking */
+ return fcntl(fd, F_SETLKW, &lock);
+}
+/* Function UnlockMutex: unlock a file. */
+int UnlockMutex(int fd)
+{
+ struct flock lock; /* file lock structure */
+ /* set flock structure */
+ lock.l_type = F_UNLCK; /* set type: unlock */
+ lock.l_whence = SEEK_SET; /* start from the beginning of the file */
+ lock.l_start = 0; /* set the start of the locked region */
+ lock.l_len = 0; /* set the length of the locked region */
+ /* do locking */
+ return fcntl(fd, F_SETLK, &lock);
+}
+/* Function RemoveMutex: remove a mutex (unlinking the lock file). */
+int RemoveMutex(const char *path_name)
+{
+ return unlink(path_name);
+}
+/* Function ReadMutex: read a mutex status. */
+int ReadMutex(int fd)
+{
+ int res;
+ struct flock lock; /* file lock structure */
+ /* set flock structure */
+ lock.l_type = F_WRLCK; /* set type: unlock */
+ lock.l_whence = SEEK_SET; /* start from the beginning of the file */
+ lock.l_start = 0; /* set the start of the locked region */
+ lock.l_len = 0; /* set the length of the locked region */
+ /* do locking */
+ if ( (res = fcntl(fd, F_GETLK, &lock)) ) {
+ return res;
+ }
+ return lock.l_type;
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Il codice delle funzioni che permettono per la gestione dei
+ \textit{mutex} con il file locking\index{file!locking}.}
+ \label{fig:ipc_flock_mutex}
+\end{figure}
+
+Il codice delle varie funzioni usate per implementare un mutex utilizzando il
+file locking\index{file!locking} è riportato in \figref{fig:ipc_flock_mutex};
+si è mantenuta volutamente una struttura analoga alle precedenti funzioni che
+usano i semafori, anche se le due interfacce non possono essere completamente
+equivalenti, specie per quanto riguarda la rimozione del mutex.
+
+La prima funzione (\texttt{\small 1--5}) è \func{CreateMutex}, e serve a
+creare il mutex; la funzione è estremamente semplice, e si limita
+(\texttt{\small 4}) a creare, con una opportuna chiamata ad \func{open}, il
+file che sarà usato per il successivo file locking, assicurandosi che non
+esista già (nel qual caso segnala un errore); poi restituisce il file
+descriptor che sarà usato dalle altre funzioni per acquisire e rilasciare il
+mutex.
+
+La seconda funzione (\texttt{\small 6--10}) è \func{FindMutex}, che, come la
+precedente, è stata definita per mantenere una analogia con la corrispondente
+funzione basata sui semafori. Anch'essa si limita (\texttt{\small 9}) ad
+aprire il file da usare per il file locking, solo che in questo caso le
+opzioni di \func{open} sono tali che il file in questione deve esistere di
+già.
+
+La terza funzione (\texttt{\small 11--23}) è \func{LockMutex} e serve per
+acquisire il mutex. La funzione definisce (\texttt{\small 14}) e inizializza
+(\texttt{\small 17--20}) la struttura \var{lock} da usare per acquisire un
+write lock sul file, che poi (\texttt{\small 21}) viene richiesto con
+\func{fcntl}, restituendo il valore di ritorno di quest'ultima. Se il file è
+libero il lock viene acquisito e la funzione ritorna immediatamente;
+altrimenti \func{fcntl} si bloccherà (si noti che la si è chiamata con
+\func{F\_SETLKW}) fino al rilascio del lock.
+
+La quarta funzione (\texttt{\small 24--35}) è \func{UnlockMutex} e serve a
+rilasciare il mutex. La funzione è analoga alla precedente, solo che in questo
+caso si inizializza (\texttt{\small 29--32}) la struttura \var{lock} per il
+rilascio del lock, che viene effettuato (\texttt{\small 34}) con la opportuna
+chiamata a \func{fcntl}. Avendo usato il file locking in semantica POSIX (si
+riveda quanto detto \secref{sec:file_posix_lock}) solo il processo che ha
+precedentemente eseguito il lock può sbloccare il mutex.
+
+La quinta funzione (\texttt{\small 36--40}) è \func{RemoveMutex} e serve a
+cancellare il mutex. Anche questa funzione è stata definita per mantenere una
+analogia con le funzioni basate sui semafori, e si limita a cancellare
+(\texttt{\small 39}) il file con una chiamata ad \func{unlink}. Si noti che in
+questo caso la funzione non ha effetto sui mutex già ottenuti con precedenti
+chiamate a \func{FindMutex} o \func{CreateMutex}, che continueranno ad essere
+disponibili fintanto che i relativi file descriptor restano aperti. Pertanto
+per rilasciare un mutex occorrerà prima chiamare \func{UnlockMutex} oppure
+chiudere il file usato per il lock.
+
+La sesta funzione (\texttt{\small 41--56}) è \func{ReadMutex} e serve a
+leggere lo stato del mutex. In questo caso si prepara (\texttt{\small 47--50})
+la solita struttura \var{lock} come l'acquisizione del lock, ma si effettua
+(\texttt{\small 52}) la chiamata a \func{fcntl} usando il comando
+\const{F\_GETLK} per ottenere lo stato del lock, e si restituisce
+(\texttt{\small 53}) il valore di ritorno in caso di errore, ed il valore del
+campo \var{l\_type} (che descrive lo stato del lock) altrimenti. Per questo
+motivo la funzione restituirà -1 in caso di errore e uno dei due valori
+\const{F\_UNLCK} o \const{F\_WRLCK}\footnote{non si dovrebbe mai avere il
+ terzo valore possibile, \const{F\_RDLCK}, dato che la nostra interfaccia usa
+ solo i write lock. Però è sempre possibile che siano richiesti altri lock
+ sul file al di fuori dell'interfaccia, nel qual caso si potranno avere,
+ ovviamente, interferenze indesiderate.} ) in caso di successo, ed indicare
+che il mutex è, rispettivamente libero o occupato.
+
+
+
+Basandosi sulla semantica dei file lock POSIX valgono tutte le precisazioni
+relative al comportamento di questi ultimi fatte in
+\secref{sec:file_posix_lock}; questo significa che, al contrario di quanto
+avveniva con l'altra interfaccia basata sui semafori, chiamate multiple a
+\func{UnlockMutex} o \func{LockMutex} non hanno nessun inconveniente.
+
+
+\subsection{Il \textit{memory mapping} anonimo}
+\label{sec:ipc_mmap_anonymous}
+
+Abbiamo già visto che quando i processi sono \textsl{correlati}\footnote{se
+ cioè hanno almeno un progenitore comune.} l'uso delle pipe può costituire
+una valida alternativa alle code di messaggi; nella stessa situazione si può
+evitare l'uso di una memoria condivisa facendo ricorso al cosiddetto
+\textit{memory mapping} anonimo.
+
+Abbiamo visto in \secref{sec:file_memory_map} che è possibile mappare il
+contenuto di un file nella memoria di un processo, e che, quando viene usato
+il flag \const{MAP\_SHARED}, le modifiche effettuate al contenuto del file
+vengono viste da tutti i processi che lo hanno mappato. Utilizzare questa
+tecnica per creare una memoria condivisa fra processi diversi è estremamente
+inefficiente, in quanto occorre passare attraverso il disco. Però abbiamo
+visto anche che se si esegue la mappatura con il flag \const{MAP\_ANONYMOUS}
+la regione mappata non viene associata a nessun file, anche se quanto scritto
+rimane in memoria e può essere riletto; allora, dato che un processo figlio
+mantiene nel suo spazio degli indirizzi anche le regioni mappate, esso sarà
+anche in grado di accedere a quanto in esse è contenuto.
+
+In questo modo diventa possibile creare una memoria condivisa fra processi
+diversi, purché questi abbiano almeno un progenitore comune che ha effettuato
+il \textit{memory mapping} anonimo.\footnote{nei sistemi derivati da SysV una
+ funzionalità simile a questa viene implementata mappando il file speciale
+ \file{/dev/zero}. In tal caso i valori scritti nella regione mappata non
+ vengono ignorati (come accade qualora si scriva direttamente sul file), ma
+ restano in memoria e possono essere riletti secondo le stesse modalità usate
+ nel \textit{memory mapping} anonimo.} Un esempio di utilizzo di questa
+tecnica è mostrato in