capi della pipe, associati a ciascun file descriptor, con le frecce che
indicano la direzione del flusso dei dati.
+% TODO: la dimensione è cambiata a 64k (vedi man 7 pipe) e può essere
+% modificata con F_SETPIPE_SZ dal 2.6.35 (vedi fcntl)
+
\begin{figure}[!htb]
\centering
\includegraphics[height=5cm]{img/pipe}
\end{figure}
Chiaramente creare una pipe all'interno di un singolo processo non serve a
-niente; se però ricordiamo quanto esposto in sez.~\ref{sec:file_sharing}
+niente; se però ricordiamo quanto esposto in sez.~\ref{sec:file_shared_access}
riguardo al comportamento dei file descriptor nei processi figli, è immediato
capire come una pipe possa diventare un meccanismo di intercomunicazione. Un
processo figlio infatti condivide gli stessi file descriptor del padre,
duplicazione dei file descriptor che abbiamo trattato in
sez.~\ref{sec:file_dup}, in particolare di \func{dup2}. È attraverso queste
funzioni infatti che è possibile dirottare gli stream standard dei processi
-(che abbiamo visto in sez.~\ref{sec:file_std_descr} e
-sez.~\ref{sec:file_std_stream}) sulla pipe. In
-fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code} abbiamo riportato il corpo del programma,
-il cui codice completo è disponibile nel file \file{BarCodePage.c} che si
-trova nella directory dei sorgenti.
+(che abbiamo visto in tab.~\ref{tab:file_std_files} e
+sez.~\ref{sec:file_stream}) sulla pipe. In fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code}
+abbiamo riportato il corpo del programma, il cui codice completo è disponibile
+nel file \file{BarCodePage.c} che si trova nella directory dei sorgenti.
\begin{figure}[!htbp]
\footnotesize \centering
programma indicato) in caso si sia indicato \code{"r"}, o in sola scrittura (e
quindi associato allo standard input) in caso di \code{"w"}.
-Lo stream restituito da \func{popen} è identico a tutti gli effetti ai file
-stream visti in cap.~\ref{cha:files_std_interface}, anche se è collegato ad
-una pipe e non ad un file, e viene sempre aperto in modalità
+Lo \textit{stream} restituito da \func{popen} è identico a tutti gli effetti
+ai \textit{file stream} visti in sez.~\ref{sec:files_std_interface}, anche se
+è collegato ad una pipe e non ad un file, e viene sempre aperto in modalità
\textit{fully-buffered} (vedi sez.~\ref{sec:file_buffering}); l'unica
differenza con gli usuali stream è che dovrà essere chiuso dalla seconda delle
due nuove funzioni, \funcd{pclose}, il cui prototipo è:
Abbiamo già visto in sez.~\ref{sec:file_mknod} le funzioni \func{mknod} e
\func{mkfifo} che permettono di creare una fifo; per utilizzarne una un
-processo non avrà che da aprire il relativo file speciale o in lettura o
-scrittura; nel primo caso sarà collegato al capo di uscita della fifo, e dovrà
-leggere, nel secondo al capo di ingresso, e dovrà scrivere.
+processo non avrà che da aprire il relativo \index{file!speciali} file
+speciale o in lettura o scrittura; nel primo caso sarà collegato al capo di
+uscita della fifo, e dovrà leggere, nel secondo al capo di ingresso, e dovrà
+scrivere.
Il kernel crea una singola pipe per ciascuna fifo che sia stata aperta, che può
essere acceduta contemporaneamente da più processi, sia in lettura che in
oggetti di comunicazione che, come le pipe, sono utilizzati attraverso dei
file descriptor.} nell'ambito dell'interfaccia generale che essi forniscono
per la programmazione di rete; e vedremo anche
-(in~sez.~\ref{sec:sock_sa_local}) come si possono definire dei file speciali
-(di tipo socket, analoghi a quello associati alle fifo) cui si accede però
-attraverso quella medesima interfaccia; vale però la pena esaminare qui una
-modalità di uso dei socket locali\footnote{la funzione \func{socketpair} è
- stata introdotta in BSD4.4, ma è supportata in genere da qualunque sistema
- che fornisca l'interfaccia dei socket.} che li rende sostanzialmente
-identici ad una pipe bidirezionale.
+(in~sez.~\ref{sec:sock_sa_local}) come si possono definire dei
+\index{file!speciali} file speciali (di tipo socket, analoghi a quello
+associati alle fifo) cui si accede però attraverso quella medesima
+interfaccia; vale però la pena esaminare qui una modalità di uso dei socket
+locali\footnote{la funzione \func{socketpair} è stata introdotta in BSD4.4, ma
+ è supportata in genere da qualunque sistema che fornisca l'interfaccia dei
+ socket.} che li rende sostanzialmente identici ad una pipe bidirezionale.
La funzione \funcd{socketpair} infatti consente di creare una coppia di file
descriptor connessi fra di loro (tramite un socket, appunto), senza dover
-ricorrere ad un file speciale sul filesystem, i descrittori sono del tutto
-analoghi a quelli che si avrebbero con una chiamata a \func{pipe}, con la sola
-differenza è che in questo caso il flusso dei dati può essere effettuato in
-entrambe le direzioni. Il prototipo della funzione è:
+ricorrere ad un \index{file!speciali} file speciale sul filesystem, i
+descrittori sono del tutto analoghi a quelli che si avrebbero con una chiamata
+a \func{pipe}, con la sola differenza è che in questo caso il flusso dei dati
+può essere effettuato in entrambe le direzioni. Il prototipo della funzione è:
\begin{functions}
\headdecl{sys/types.h}
\headdecl{sys/socket.h}
}
\end{functions}
+
+%TODO manca semtimedop, trattare qui, referenziata in
+%sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}.
+
La funzione permette di eseguire operazioni multiple sui singoli semafori di
un insieme. La funzione richiede come primo argomento l'identificatore
\param{semid} dell'insieme su cui si vuole operare. Il numero di operazioni da
\param{size} specifica invece la dimensione, in byte, del segmento, che viene
comunque arrotondata al multiplo superiore di \const{PAGE\_SIZE}.
+% TODO aggiungere l'uso di SHM_HUGETLB introdotto con il kernel 2.6.0
+
La memoria condivisa è la forma più veloce di comunicazione fra due processi,
in quanto permette agli stessi di vedere nel loro spazio di indirizzi una
stessa sezione di memoria. Pertanto non è necessaria nessuna operazione di
dei \textsl{file di lock} (per i quali esiste anche una opportuna directory,
\file{/var/lock}, nel filesystem standard). Per questo si usa la
caratteristica della funzione \func{open} (illustrata in
-sez.~\ref{sec:file_open}) che prevede\footnote{questo è quanto dettato dallo
+sez.~\ref{sec:file_open_close}) che prevede\footnote{questo è quanto dettato dallo
standard POSIX.1, ciò non toglie che in alcune implementazioni questa
tecnica possa non funzionare; in particolare per Linux, nel caso di NFS, si
è comunque soggetti alla possibilità di una \itindex{race~condition}
\end{figure}
Uno dei limiti di questa tecnica è che, come abbiamo già accennato in
-sez.~\ref{sec:file_open}, questo comportamento di \func{open} può non
+sez.~\ref{sec:file_open_close}, questo comportamento di \func{open} può non
funzionare (la funzione viene eseguita, ma non è garantita l'atomicità
dell'operazione) se il filesystem su cui si va ad operare è su NFS; in tal
caso si può adottare una tecnica alternativa che prevede l'uso della
sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm} che possa restituisca i risultati via rete.
\itindend{memory~mapping}
-% TODO fare esempio di mmap anonima
+% TODO: fare esempio di mmap anonima
+
+% TODO: con il kernel 3.2 è stata introdotta un nuovo meccanismo di
+% intercomunicazione veloce chiamato Cross Memory Attach, da capire se e come
+% trattarlo qui, vedi http://lwn.net/Articles/405346/
+% https://git.kernel.org/?p=linux/kernel/git/torvalds/linux-2.6.git;a=commitdiff;h=fcf634098c00dd9cd247447368495f0b79be12d1
\section{L'intercomunicazione fra processi di POSIX}
\label{sec:ipc_posix}
La funzione è del tutto analoga ad \func{open} ed analoghi sono i valori che
possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
maschera binaria; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
-tab.~\ref{tab:file_open_flags} dei quali però \func{mq\_open} riconosce solo i
+sez.~\ref{sec:file_open_close} dei quali però \func{mq\_open} riconosce solo i
seguenti:
\begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
\item[\const{O\_RDONLY}] Apre la coda solo per la ricezione di messaggi. Il
possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
maschera binaria comprendente almeno uno dei due valori \const{O\_RDONLY} e
\const{O\_RDWR}; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
-tab.~\ref{tab:file_open_flags} dei quali però \func{shm\_open} riconosce solo
+sez.~\ref{sec:file_open_close} dei quali però \func{shm\_open} riconosce solo
i seguenti:
\begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
\item[\const{O\_RDONLY}] Apre il file descriptor associato al segmento di
segmento di memoria condiviso con le stesse modalità di
\func{open}\footnote{in realtà, come accennato, \func{shm\_open} è un semplice
wrapper per \func{open}, usare direttamente quest'ultima avrebbe lo stesso
- effetto.} viste in sez.~\ref{sec:file_open}; in particolare viene impostato
+ effetto.} viste in sez.~\ref{sec:file_open_close}; in particolare viene impostato
il flag \const{FD\_CLOEXEC}. Chiamate effettuate da diversi processi usando
lo stesso nome, restituiranno file descriptor associati allo stesso segmento
(così come, nel caso di file di dati, essi sono associati allo stesso
L'argomento \param{oflag} è quello che controlla le modalità con cui opera la
funzione, ed è passato come maschera binaria; i bit corrispondono a quelli
utilizzati per l'analogo argomento di \func{open}, anche se dei possibili
-valori visti in sez.~\ref{sec:file_open} sono utilizzati soltanto
+valori visti in sez.~\ref{sec:file_open_close} sono utilizzati soltanto
\const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}.
Se si usa \const{O\_CREAT} si richiede la creazione del semaforo qualora