+La funzione inserisce un segmento di memoria condivisa all'interno dello
+spazio di indirizzi del processo, in modo che questo possa accedervi
+direttamente, la situazione dopo l'esecuzione di \func{shmat} è illustrata in
+\figref{fig:ipc_shmem_layout} (per la comprensione del resto dello schema si
+ricordi quanto illustrato al proposito in \secref{sec:proc_mem_layout}). Si
+tenga presente che la funzione ha successo anche se il segmento è stato
+marcato per la cancellazione.
+
+\begin{figure}[htb]
+ \centering
+ \includegraphics[height=10cm]{img/sh_memory_layout}
+ \caption{Disposizione dei segmenti di memoria di un processo quando si è
+ agganciato un segmento di memoria condivisa.}
+ \label{fig:ipc_shmem_layout}
+\end{figure}
+
+L'argomento \param{shmaddr} specifica a quale indirizzo\footnote{Lo standard
+ SVID prevede che l'argomento \param{shmaddr} sia di tipo \ctyp{char *}, così
+ come il valore di ritorno della funzione. In Linux è stato così con le
+ \acr{libc4} e le \acr{libc5}, con il passaggio alle \acr{glibc} il tipo di
+ \param{shmaddr} è divenuto un \ctyp{const void *} e quello del valore di
+ ritorno un \ctyp{void *}.} deve essere associato il segmento, se il valore
+specificato è \macro{NULL} è il sistema a scegliere opportunamente un'area di
+memoria libera (questo è il modo più portabile e sicuro di usare la funzione).
+Altrimenti il kernel aggancia il segmento all'indirizzo specificato da
+\param{shmaddr}; questo però può avvenire solo se l'indirizzo coincide con il
+limite di una pagina, cioè se è un multiplo esatto del parametro di sistema
+\macro{SHMLBA}, che in Linux è sempre uguale \macro{PAGE\_SIZE}.
+
+L'argomento \param{shmflg} permette di cambiare il comportamento della
+funzione; esso va specificato come maschera binaria, i bit utilizzati sono
+solo due e sono identificati dalle costanti \macro{SHM\_RND} e
+\macro{SHM\_RDONLY}, che vanno combinate con un OR aritmetico. Specificando
+\macro{SHM\_RND} si evita che \func{shmat} ritorni un errore quando
+\param{shmaddr} non è allineato ai confini di una pagina. Si può quindi usare
+un valore qualunque per \param{shmaddr}, e il segmento verrà comunque
+agganciato, ma al più vicino multiplo di \macro{SHMLBA} (il nome della
+costante sta infatti per \textit{rounded}, e serve per specificare un
+indirizzo come arrotondamento).
+
+Il secondo bit permette di agganciare il segmento in sola lettura (si ricordi
+che anche le pagine di memoria hanno dei permessi), in tal caso un tentativo
+di scrivere sul segmento comporterà una violazione di accesso con l'emissione
+di un segnale di \macro{SIGSEGV}. Il comportamento usuale di \func{shmat} è
+quello di agganciare il segmento con l'accesso in lettura e scrittura (ed il
+processo deve aver questi permessi in \var{shm\_perm}), non è prevista la
+possibilità di agganciare un segmento in sola scrittura.
+
+In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di
+\var{shmid\_ds}:
+\begin{itemize*}
+\item il tempo \var{shm\_atime} dell'ultima operazione di aggancio viene
+ impostato al tempo corrente.
+\item il \acr{pid} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
+ segmento viene impostato a quello del processo corrente.
+\item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
+ aumentato di uno.
+\end{itemize*}
+
+Come accennato in \secref{sec:proc_fork} un segmento di memoria condivisa
+agganciato ad un precesso viene ereditato da un figlio attraverso una
+\func{fork}, dato che quest'ultimo riceve una copia dello spazio degli
+indirizzi del padre. Invece, dato che attraverso una \func{exec} viene
+eseguito un diverso programma con uno spazio di indirizzi completamente
+diverso, tutti i segmenti agganciati al processo originario vengono
+automaticamente sganciati. Lo stesso avviene all'uscita del processo
+attraverso una \func{exit}.
+
+
+Una volta che un segmento di memoria condivisa non serve più, si può
+sganciarlo esplicitamente dal processo usando l'altra funzione
+dell'interfaccia, \func{shmdt}, il cui prototipo è:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/types.h}
+ \headdecl{sys/shm.h}
+
+ \funcdecl{int shmdt(const void *shmaddr)}
+ Sgancia dal processo un segmento di memoria condivisa.
+
+ \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo, e -1 in caso di
+ errore, la funzione fallisce solo quando non c'è un segmento agganciato
+ all'indirizzo \func{shmaddr}, con \var{errno} che assume il valore
+ \macro{EINVAL}.}
+\end{functions}
+
+La funzione sgancia dallo spazio degli indirizzi del processo un segmento di
+memoria condivisa; questo viene identificato con l'indirizzo \param{shmaddr}
+restituito dalla precedente chiamata a \func{shmat} con il quale era stato
+agganciato al processo.
+
+Per capire meglio il funzionamento delle funzioni facciamo ancora una volta
+riferimento alle strutture con cui il kernel implementa i segmenti di memoria
+condivisa; uno schema semplificato della struttura è illustrato in
+\figref{fig:ipc_shm_struct}.
+
+\begin{figure}[htb]
+ \centering
+ \includegraphics[width=10cm]{img/shmstruct}
+ \caption{Schema dell'implementazione dei segmenti di memoria condivisa in
+ Linux.}
+ \label{fig:ipc_shm_struct}
+\end{figure}
+
+
+
+
+\section{Tecniche alternative}
+\label{sec:ipc_alternatives}
+
+Come abbiamo visto in \secref{sec:ipc_sysv_generic} il \textit{SysV IPC}
+presenta numerosi problemi; in \cite{APUE}\footnote{in particolare nel
+ capitolo 14.} Stevens effettua una accurata analisi (alcuni dei concetti
+sono già stati accennati in precedenza) ed elenca alcune possibili
+alternative, che vogliamo riprendere in questa sezione.
+
+
+\subsection{Alternative alle code di messaggi}
+\label{sec:ipc_mq_alternative}
+
+Le code di messaggi sono probabilmente il meno usato degli oggetti del
+\textit{SysV IPC}; esse infatti nacquero principalmente come meccanismo di
+comunicazione bidirezionale quando ancora le pipe erano unidirezionali; con la
+disponibilità di \func{socketpair} (vedi \secref{sec:ipc_socketpair}) si può
+ottenere lo stesso risultato senza incorrere nelle complicazioni introdotte
+dal \textit{SysV IPC}.
+
+In realtà, grazie alla presenza del campo \var{mtype}, le code di messaggi
+hanno delle caratteristiche ulteriori, consentendo una classificazione dei
+messaggi ed un accesso non rigidamente sequenziale, due caratteristiche che
+sono impossibili da ottenere con le pipe e i socket di \func{socketpair};
+a queste esigenze però si può comunque ovviare in maniera diversa con un uso
+combinato della memoria condivisa e dei meccanismi di sincronizzazione, per
+cui alla fine l'uso delle code di messaggi classiche è poco diffuso.
+
+
+\subsection{La sincronizzazione con il \textit{file locking}}
+\label{sec:ipc_file_lock}
+
+Come illustrato in \secref{sec:ipc_sysv_sem} i semafori del \textit{SysV IPC}
+presentano una interfaccia inutilmente complessa e con alcuni difetti
+strutturali, per questo quando si ha una semplice esigenza di sincronizzazione
+per la quale basterebbe un semaforo binario (quello che abbiamo definito come
+\textit{mutex}, che indica la disponibilità o meno di una risorsa, e non ha
+associato un contatore come i semafori) si possono utilizzare metodi
+alternativi.
+
+La prima possibilità, utilizzata fin dalle origini di Unix, è quella di usare
+dei \textsl{file di lock} (per i quali esiste anche una opportuna directory,
+\file{/var/lock}, nel filesystem standard). Per questo si usa la
+caratteristica della funzione \func{open} (illustrata in
+\secref{sec:file_open}) che prevede\footnote{questo è quanto dettato dallo
+ standard POSIX.1, ciò non toglie che in alcune implementazioni questa
+ tecnica possa non funzionare; in particolare per Linux, nel caso di NFS, si
+ è comunque soggetti alla possibilità di una race condition.} che essa
+ritorni un errore quando usata con i flag di \macro{O\_CREAT} e
+\macro{O\_EXCL}. In tal modo la creazione di un file di lock può essere
+eseguita atomicamente, il processo che crea il file con successo si può
+considerare come titolare del lock (e della risorsa ad esso associata) mentre
+il rilascio si può eseguire con una chiamata ad
+\func{unlink}.\footnote{abbiamo già accennato in \secref{sec:file_open} che
+ questa tecnica può non funzionare se il filesystem su cui si va ad operare è
+ su NFS; in tal caso si può adottare una tecnica alternativa che prevede
+ l'uso di \func{link} per creare come file di lock un hard link ad un file
+ esistente; se il link esiste già e la funzione fallisce, la risorsa
+ significa che la risorsa è bloccata e potrà essere sbloccata solo con un
+ \func{unlink}, altrimenti il link è creato ed il lock acquisito; il
+ controllo e l'eventuale acquisizione sono atomici; il difetto di questa
+ soluzione è che funziona solo se si opera all'interno di uno stesso
+ filesystem.}
+
+L'uso di un file di lock presenta però parecchi problemi, che non lo rendono
+una alternativa praticabile per la sincronizzazione:\footnote{ma può essere
+ una tecnica usata con successo quando l'esigenza è solo quella di segnalare
+ l'occupazione di una risorsa, senza necessità di attendere che questa si
+ liberi; ad esempio la si usa spesso per evitare interferenze sull'uso delle
+ porte seriali da parte di più programmi: qualora trovi un file di lock il
+ programma che cerca di accedere alla seriale si limita a segnalare che la
+ risorsa non è disponibile.} anzitutto anche in questo caso in caso di
+terminazione imprevista del processo lascia allocata la risorsa (il file di
+lock) e questa deve essere sempre cancellata esplicitamente. Inoltre il
+controllo della disponibilità può essere fatto solo con una tecnica di
+polling\index{polling}, che è molto inefficiente.
+
+Per questo motivo la tecnica alternativa più pulita è quella di fare ricorso
+al \textit{file locking} visto in \secref{sec:file_locking} ed utilizzare
+\func{fcntl} su un file creato per l'occazione per ottenere un write lock; in
+questo modo potremo usare il lock come un \textit{mutex}: per bloccare la
+risorsa basterà acquisire il lock, per sbloccarla basterà rilasciare il lock;
+una richiesta fatta con un write lock metterà automaticamente il processo in
+stato di attesa, senza necessità di ricorrere al
+\textit{polling}\index{polling} per determimanare la dispobilità della
+risorsa, e al rilascio della stessa da parte del processo che la occupava si
+otterrà il nuovo lock atomicamente.
+
+Questo approccio presenta il notevole vantaggio che alla terminazione di un
+processo tutti i lock acquisiti vengono rilasciati automaticamente (alla
+chiusura dei relativi file) e non ci si deve preoccupare di niente, e non
+consuma risorse di sistema, lo svantaggio è che dovendo fare ricorso a delle
+operazioni sul filesystem esso è in genere leggermente più lento.
+
+
+\subsection{Il \textit{memory mapping} anonimo}
+\label{sec:ipc_mmap_anonymous}
+
+Abbiamo visto in \secref{sec:file_memory_map} come sia possibile