+La procedura con cui il kernel stabilisce se un processo possiede un certo
+permesso (di lettura, scrittura o esecuzione) si basa sul confronto fra
+l'utente e il gruppo a cui il file appartiene (i valori di \var{st\_uid} e
+\var{st\_gid} accennati in precedenza) e l'\textit{effective user id},
+l'\textit{effective group id} e gli eventuali \textit{supplementary group id}
+del processo\footnote{in realtà Linux per quanto riguarda l'accesso ai file
+ utilizza al posto degli \textit{effective id} i \textit{filesystem id} (si
+ veda \secref{sec:proc_perms}), ma essendo questi del tutto equivalenti ai
+ primi, eccetto il caso in cui si voglia scrivere un server NFS, ignoreremo
+ questa differenza}.
+
+Per una spiegazione dettagliata degli identificatori associati ai processi si
+veda \secref{sec:proc_perms}; normalmente, a parte quanto vedremo in
+\secref{sec:file_suid_sgid}, l'\textit{effective user id} e
+l'\textit{effective group id} corrispondono a \acr{uid} e \acr{gid}
+dell'utente che ha lanciato il processo, mentre i \textit{supplementary group
+ id} sono quelli dei gruppi cui l'utente appartiene.
+
+I passi attraverso i quali viene stabilito se il processo possiede il diritto
+di accesso sono i seguenti:
+\begin{enumerate}
+\item Se l'\textit{effective user id} del processo è zero (corrispondente
+ all'amministratore) l'accesso è sempre garantito senza nessun ulteriore
+ controllo. Per questo motivo \textsl{root} ha piena libertà di accesso a
+ tutti i file.
+\item Se l'\textit{effective user id} del processo è uguale all'\acr{uid} del
+ proprietario del file (nel qual caso si dice che il processo è proprietario
+ del file) allora:
+ \begin{itemize*}
+ \item se il relativo\footnote{per relativo si intende il bit di user-read se
+ il processo vuole accedere in scrittura, quello di user-write per
+ l'accesso in scrittura, etc.} bit dei permessi d'accesso dell'utente è
+ settato, l'accesso è consentito
+ \item altrimenti l'accesso è negato
+ \end{itemize*}
+\item Se l'\textit{effective group id} del processo o uno dei
+ \textit{supplementary group id} dei processi corrispondono al \acr{gid} del
+ file allora:
+ \begin{itemize*}
+ \item se il bit dei permessi d'accesso del gruppo è settato, l'accesso è
+ consentito,
+ \item altrimenti l'accesso è negato
+ \end{itemize*}
+\item se il bit dei permessi d'accesso per tutti gli altri è settato,
+ l'accesso è consentito, altrimenti l'accesso è negato.
+\end{enumerate}
+
+Si tenga presente che questi passi vengono eseguiti esattamente in
+quest'ordine. Questo vuol dire che se un processo è il proprietario di un file
+l'accesso è consentito o negato solo sulla base dei permessi per l'utente; i
+permessi per il gruppo non vengono neanche controllati; lo stesso vale se il
+processo appartiene ad un gruppo appropriato, in questo caso i permessi per
+tutti gli altri non vengono controllati.
+
+
+\subsection{I bit \acr{suid} e \acr{sgid}}
+\label{sec:file_suid_sgid}
+
+Come si è accennato (in \secref{sec:file_perm_overview}) nei dodici bit del
+campo \var{st\_mode} usati per il controllo di accesso oltre ai bit dei
+permessi veri e propri, ci sono altri tre bit che vengono usati per indicare
+alcune proprietà speciali dei file. Due di questi sono i bit detti
+\acr{suid} (o \textit{set-user-ID bit}) e \acr{sgid} (o
+\textit{set-group-ID bit}) che sono identificati dalle costanti
+\macro{S\_ISUID} e \macro{S\_ISGID}.
+
+Come spiegato in dettaglio in \secref{sec:proc_exec}, quando si lancia un
+programma il comportamento normale del kernel è quello di settare
+l'\textit{effective user id} e l'\textit{effective group id} del nuovo
+processo all'\acr{uid} e al \acr{gid} del processo corrente, che normalmente
+corrispondono dell'utente con cui si è entrati nel sistema.
+
+Se però il file del programma\footnote{per motivi di sicurezza il kernel
+ ignora i bit \acr{suid} e \acr{sgid} per gli script eseguibili} (che
+ovviamente deve essere eseguibile) ha il bit \acr{suid} settato, il kernel
+assegnerà come \textit{effective user id} al nuovo processo l'\acr{uid} del
+proprietario del file al posto dell'\acr{uid} del processo originario. Avere
+il bit \acr{sgid} settato ha lo stesso effetto sull'\textit{effective group
+ id} del processo.
+
+I bit \acr{suid} e \acr{sgid} vengono usati per permettere agli utenti normali
+di usare programmi che abbisognano di privilegi speciali; l'esempio classico è
+il comando \cmd{passwd} che ha la necessità di modificare il file delle
+password, quest'ultimo ovviamente può essere scritto solo dall'amministratore,
+ma non è necessario chiamare l'amministratore per cambiare la propria
+password. Infatti il comando \cmd{passwd} appartiene a root ma ha il bit
+\acr{suid} settato per cui quando viene lanciato da un utente normale parte
+con i privilegi di root.
+
+Chiaramente avere un processo che ha privilegi superiori a quelli che avrebbe
+normalmente l'utente che lo ha lanciato comporta vari rischi, e questo tipo di
+programmi devono essere scritti accuratamente per evitare che possano essere
+usati per guadagnare privilegi non consentiti (torneremo sull'argomento in
+\secref{sec:proc_perms}).
+
+La presenza dei bit \acr{suid} e \acr{sgid} su un file può essere
+rilevata con il comando \cmd{ls -l}, in tal caso comparirà la lettera \cmd{s}
+al posto della \cmd{x} in corrispondenza dei permessi di utente o gruppo. La
+stessa lettera \cmd{s} può essere usata nel comando \cmd{chmod} per settare
+questi bit. Infine questi bit possono essere controllati all'interno di
+\var{st\_mode} con l'uso delle due costanti \macro{S\_ISUID} e
+\macro{S\_IGID}, i cui valori sono riportati in
+\tabref{tab:file_mode_flags}.
+
+Gli stessi bit vengono ad assumere in significato completamente diverso per le
+directory, normalmente infatti Linux usa la convenzione di SVR4 per indicare
+con questi bit l'uso della semantica BSD nella creazione di nuovi file (si
+veda \secref{sec:file_ownership} per una spiegazione dettagliata al
+proposito).
+
+Infine Linux utilizza il bit \acr{sgid} per una ulteriore estensione
+mutuata da SVR4. Il caso in cui il file abbia il bit \acr{sgid} settato ma
+non il corrispondente bit di esecuzione viene utilizzato per attivare per
+quel file il \textit{mandatory locking} (argomento che affronteremo nei
+dettagli in \secref{sec:file_mand_locking}).
+
+
+\subsection{Il bit \textsl{sticky}}
+\label{sec:file_sticky}
+
+L'ultimo dei bit rimanenti, identificato dalla costante \macro{S\_ISVTX}, è in
+parte un rimasuglio delle origini dei sistemi unix. A quell'epoca infatti la
+memoria virtuale e l'accesso ai files erano molto meno sofisticati e per
+ottenere la massima velocità possibile per i programmi usati più comunemente
+si poteva settare questo bit.
+
+L'effetto di questo bit era che il segmento di testo del programma (si veda
+\secref{sec:proc_mem_layout} per i dettagli) veniva scritto nella swap la
+prima volta che questo veniva lanciato, e vi permaneva fino al riavvio della
+macchina (da questo il nome di \textsl{sticky bit}); essendo la swap un file
+continuo indicizzato direttamente in questo modo si poteva risparmiare in
+tempo di caricamento rispetto alla ricerca del file su disco. Lo
+\textsl{sticky bit} è indicato usando la lettera \cmd{t} al posto della
+\cmd{x} nei permessi per gli altri.
+
+Ovviamente per evitare che gli utenti potessero intasare la swap solo
+l'amministratore era in grado di settare questo bit, che venne chiamato anche
+con il nome di \textit{saved text bit}, da cui deriva quello della costante.
+Le attuali implementazioni di memoria virtuale e filesystem rendono
+sostanzialmente inutile questo procedimento.
+
+Benché ormai non venga più utilizzato per i file, lo \textsl{sticky bit} ha
+assunto un uso corrente per le directory\footnote{lo \textsl{sticky bit} per
+ le directory è una estensione non definita nello standard POSIX, Linux però
+ la supporta, così come BSD e SVR4}, in questo caso se il bit è settato un
+file potrà essere rimosso dalla directory soltanto se l'utente ha il permesso
+di scrittura ed inoltre è vera una delle seguenti condizioni:
+\begin{itemize*}
+\item l'utente è proprietario del file
+\item l'utente è proprietario della directory
+\item l'utente è l'amministratore
+\end{itemize*}
+un classico esempio di directory che ha questo bit settato è \file{/tmp}, i
+permessi infatti di solito sono settati come:
+\begin{verbatim}
+$ ls -ld /tmp
+drwxrwxrwt 6 root root 1024 Aug 10 01:03 /tmp
+\end{verbatim}%$
+in questo modo chiunque può leggere, scrivere ed eseguire i file temporanei
+ivi memorizzati, sia crearne di nuovi, ma solo l'utente che ha creato un file
+nella directory potrà cancellarlo o rinominarlo, così si può evitare che un
+utente possa, più o meno consapevolmente, cancellare i file degli altri.
+
+
+\subsection{La titolarità di nuovi file e directory}
+\label{sec:file_ownership}
+
+Vedremo in \secref{sec:file_base_func} come creare nuovi file, ma se è
+possibile specificare in sede di creazione quali permessi applicare ad un
+file, non si può indicare a quale utente e gruppo esso deve appartenere. Lo
+stesso problema di presenta per la creazione di nuove directory (procedimento
+descritto in \secref{sec:file_dir_creat_rem}).
+
+Lo standard POSIX prescrive che l'\acr{uid} del nuovo file corrisponda
+all'\textit{effective user id} del processo che lo crea; per il \acr{gid}
+invece prevede due diverse possibilità:
+\begin{itemize*}
+\item il \acr{gid} del file corrisponde all'\textit{effective group id} del
+ processo.
+\item il \acr{gid} del file corrisponde al \acr{gid} della directory in cui
+ esso è creato.
+\end{itemize*}
+in genere BSD usa sempre la seconda possibilità, che viene per questo chiamata
+semantica BSD. Linux invece segue quella che viene chiamata semantica SVr4; di
+norma cioè il nuovo file viene creato, seguendo la prima opzione, con il
+\acr{gid} del processo, se però la directory in cui viene creato il file ha il
+bit \acr{sgid} settato allora viene usata la seconda opzione.
+
+Usare la semantica BSD ha il vantaggio che il \acr{gid} viene sempre
+automaticamente propagato, restando coerente a quello della directory di
+partenza, in tutte le sottodirectory. La semantica SVr4 offre una maggiore
+possibilità di scelta, ma per ottenere lo stesso risultato necessita che per
+le nuove directory venga anche propagato anche il bit \acr{sgid}. Questo è
+comunque il comportamento di default di \func{mkdir}, ed é in questo modo ad
+esempio che Debian assicura che le sottodirectory create nelle home di un
+utente restino sempre con il \acr{gid} del gruppo primario dello stesso.
+
+
+\subsection{La funzione \func{access}}
+\label{sec:file_access}
+
+Come detto in \secref{sec:file_access_control} il controllo di accesso ad
+un file viene fatto usando \textit{effective user id} e \textit{effective
+ group id} del processo, ma ci sono casi in cui si può voler effettuare il
+controllo usando il \textit{real user id} e il \textit{real group id} (cioè
+l'\acr{uid} dell'utente che ha lanciato il programma, che, come accennato in
+\secref{sec:file_suid_sgid} e spiegato in \secref{sec:proc_perms} non è
+detto sia uguale all'\textit{effective user id}). Per far questo si può usare
+la funzione \func{access}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{unistd.h}
+{int access(const char *pathname, int mode)}
+
+Verifica i permessi di accesso, indicati da \var{mode}, per il file indicato
+da \var{pathname}.