\textit{deadlock}.
\itindbeg{polling}
+
Abbiamo già accennato in sez.~\ref{sec:file_open_close} che è possibile
prevenire questo tipo di comportamento delle funzioni di I/O aprendo un file
in \textsl{modalità non-bloccante}, attraverso l'uso del flag
estremamente inefficiente: si tiene costantemente impiegata la CPU solo per
eseguire in continuazione delle \textit{system call} che nella gran parte dei
casi falliranno.
+
\itindend{polling}
É appunto per superare questo problema è stato introdotto il concetto di
multiplexing}, introdotto solo con le ultime revisioni dello standard (POSIX
1003.1g-2000 e POSIX 1003.1-2001). La scelta è stata quella di seguire
l'interfaccia creata da BSD, ma prevede che tutte le funzioni ad esso relative
-vengano dichiarate nell'header \headfile{sys/select.h}, che sostituisce i
+vengano dichiarate nell'header \headfiled{sys/select.h}, che sostituisce i
precedenti, ed inoltre aggiunge a \func{select} una nuova funzione
\funcd{pselect},\footnote{il supporto per lo standard POSIX 1003.1-2001, ed
l'header \headfile{sys/select.h}, compaiono in Linux a partire dalle
ed è utile per riconoscere la chiusura di una connessione dall'altro capo di
un socket quando si lavora in modalità \textit{edge triggered}.}
-Il secondo campo, \var{data}, è una \direct{union} che serve a identificare il
+Il secondo campo, \var{data}, è una \dirct{union} che serve a identificare il
file descriptor a cui si intende fare riferimento, ed in astratto può
contenere un valore qualsiasi (specificabile in diverse forme) che ne permetta
una indicazione univoca. Il modo più comune di usarlo però è quello in cui si
Infine due campi \var{name} e \var{len} sono utilizzati soltanto quando
l'evento è relativo ad un file presente in una directory posta sotto
osservazione, in tal caso essi contengono rispettivamente il nome del file
-(come \itindsub{pathname}{relativo} \textit{pathname} relativo alla directory
-osservata) e la relativa dimensione in byte. Il campo \var{name} viene sempre
-restituito come stringa terminata da NUL, con uno o più zeri di terminazione,
-a seconda di eventuali necessità di allineamento del risultato, ed il valore
-di \var{len} corrisponde al totale della dimensione di \var{name}, zeri
-aggiuntivi compresi. La stringa con il nome del file viene restituita nella
-lettura subito dopo la struttura \struct{inotify\_event}; questo significa che
-le dimensioni di ciascun evento di \textit{inotify} saranno pari a
-\code{sizeof(\struct{inotify\_event}) + len}.
+(come \textit{pathname} relativo alla directory osservata) e la relativa
+dimensione in byte. Il campo \var{name} viene sempre restituito come stringa
+terminata da NUL, con uno o più zeri di terminazione, a seconda di eventuali
+necessità di allineamento del risultato, ed il valore di \var{len} corrisponde
+al totale della dimensione di \var{name}, zeri aggiuntivi compresi. La stringa
+con il nome del file viene restituita nella lettura subito dopo la struttura
+\struct{inotify\_event}; questo significa che le dimensioni di ciascun evento
+di \textit{inotify} saranno pari a \code{sizeof(\struct{inotify\_event}) +
+ len}.
Vediamo allora un esempio dell'uso dell'interfaccia di \textit{inotify} con un
semplice programma che permette di mettere sotto osservazione uno o più file e
controllate attraverso l'uso di una apposita struttura \struct{aiocb} (il cui
nome sta per \textit{asyncronous I/O control block}), che viene passata come
argomento a tutte le funzioni dell'interfaccia. La sua definizione, come
-effettuata in \headfile{aio.h}, è riportata in
+effettuata in \headfiled{aio.h}, è riportata in
fig.~\ref{fig:file_aiocb}. Nello steso file è definita la macro
\macro{\_POSIX\_ASYNCHRONOUS\_IO}, che dichiara la disponibilità
dell'interfaccia per l'I/O asincrono.