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\section{Il \textit{file locking}}
\label{sec:file_locking}
-\index{file!locking|(}
+\itindbeg{file~locking}
In sez.~\ref{sec:file_sharing} abbiamo preso in esame le modalità in cui un
sistema unix-like gestisce la condivisione dei file da parte di processi
l'interfaccia che si usa, anche se richiesto attraverso un file descriptor,
agisce sempre su di un file; perciò le informazioni relative agli eventuali
\textit{file lock} sono mantenute dal kernel a livello di
-inode\index{inode},\footnote{in particolare, come accennato in
+inode\itindex{inode},\footnote{in particolare, come accennato in
fig.~\ref{fig:file_flock_struct}, i \textit{file lock} sono mantenuti in una
\itindex{linked~list} \textit{linked list} di strutture
- \struct{file\_lock}. La lista è referenziata dall'indirizzo di partenza
- mantenuto dal campo \var{i\_flock} della struttura \struct{inode} (per le
- definizioni esatte si faccia riferimento al file \file{fs.h} nei sorgenti
- del kernel). Un bit del campo \var{fl\_flags} di specifica se si tratta di
- un lock in semantica BSD (\const{FL\_FLOCK}) o POSIX (\const{FL\_POSIX}).}
-dato che questo è l'unico riferimento in comune che possono avere due processi
-diversi che aprono lo stesso file.
+ \kstruct{file\_lock}. La lista è referenziata dall'indirizzo di partenza
+ mantenuto dal campo \var{i\_flock} della struttura \kstruct{inode} (per le
+ definizioni esatte si faccia riferimento al file \file{include/linux/fs.h}
+ nei sorgenti del kernel). Un bit del campo \var{fl\_flags} di specifica se
+ si tratta di un lock in semantica BSD (\const{FL\_FLOCK}) o POSIX
+ (\const{FL\_POSIX}).} dato che questo è l'unico riferimento in comune che
+possono avere due processi diversi che aprono lo stesso file.
-\begin{figure}[htb]
+\begin{figure}[!htb]
\centering
\includegraphics[width=15.5cm]{img/file_flock}
\caption{Schema dell'architettura del \textit{file locking}, nel caso
La richiesta di un \textit{file lock} prevede una scansione della lista per
determinare se l'acquisizione è possibile, ed in caso positivo l'aggiunta di
-un nuovo elemento.\footnote{cioè una nuova struttura \struct{file\_lock}.}
+un nuovo elemento.\footnote{cioè una nuova struttura \kstruct{file\_lock}.}
Nel caso dei blocchi creati con \func{flock} la semantica della funzione
prevede che sia \func{dup} che \func{fork} non creino ulteriori istanze di un
\textit{file lock} quanto piuttosto degli ulteriori riferimenti allo
stesso. Questo viene realizzato dal kernel secondo lo schema di
fig.~\ref{fig:file_flock_struct}, associando ad ogni nuovo \textit{file lock}
un puntatore\footnote{il puntatore è mantenuto nel campo \var{fl\_file} di
- \struct{file\_lock}, e viene utilizzato solo per i \textit{file lock} creati
+ \kstruct{file\_lock}, e viene utilizzato solo per i \textit{file lock} creati
con la semantica BSD.} alla voce nella \itindex{file~table} \textit{file
table} da cui si è richiesto il blocco, che così ne identifica il titolare.
potrà avere un conflitto anche se c'è soltanto una sovrapposizione parziale
con un'altra regione bloccata.
-\begin{figure}[!bht]
+\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\textwidth}
\includestruct{listati/flock.h}
\end{minipage}
\normalsize
rispettivamente uno \textit{shared lock}, un \textit{esclusive lock}, e la
rimozione di un blocco precedentemente acquisito. Infine il campo \var{l\_pid}
viene usato solo in caso di lettura, quando si chiama \func{fcntl} con
-\const{F\_GETLK}, e riporta il \acr{pid} del processo che detiene il
+\const{F\_GETLK}, e riporta il \ids{PID} del processo che detiene il
\textit{file lock}.
Oltre a quanto richiesto tramite i campi di \struct{flock}, l'operazione
quando la si invoca con \const{F\_SETLK}, per controllare che il blocco sia
stato effettivamente acquisito.
-\begin{figure}[htb]
+\begin{figure}[!htb]
\centering \includegraphics[width=9cm]{img/file_lock_dead}
\caption{Schema di una situazione di \itindex{deadlock} \textit{deadlock}.}
\label{fig:file_flock_dead}
kernel. Lo schema delle strutture utilizzate è riportato in
fig.~\ref{fig:file_posix_lock}; come si vede esso è molto simile all'analogo
di fig.~\ref{fig:file_flock_struct}:\footnote{in questo caso nella figura si
- sono evidenziati solo i campi di \struct{file\_lock} significativi per la
+ sono evidenziati solo i campi di \kstruct{file\_lock} significativi per la
semantica POSIX, in particolare adesso ciascuna struttura contiene, oltre al
- \acr{pid} del processo in \var{fl\_pid}, la sezione di file che viene
+ \ids{PID} del processo in \var{fl\_pid}, la sezione di file che viene
bloccata grazie ai campi \var{fl\_start} e \var{fl\_end}. La struttura è
comunque la stessa, solo che in questo caso nel campo \var{fl\_flags} è
impostato il bit \const{FL\_POSIX} ed il campo \var{fl\_file} non viene
- usato.} il blocco è sempre associato \index{inode} all'inode, solo che in
+ usato.} il blocco è sempre associato \itindex{inode} all'inode, solo che in
questo caso la titolarità non viene identificata con il riferimento ad una
voce nella \itindex{file~table} \textit{file table}, ma con il valore del
-\acr{pid} del processo.
+\ids{PID} del processo.
-\begin{figure}[!bht]
+\begin{figure}[!htb]
\centering \includegraphics[width=12cm]{img/file_posix_lock}
\caption{Schema dell'architettura del \textit{file locking}, nel caso
particolare del suo utilizzo secondo l'interfaccia standard POSIX.}
Quando si richiede un \textit{file lock} il kernel effettua una scansione di
tutti i blocchi presenti sul file\footnote{scandisce cioè la
\itindex{linked~list} \textit{linked list} delle strutture
- \struct{file\_lock}, scartando automaticamente quelle per cui
+ \kstruct{file\_lock}, scartando automaticamente quelle per cui
\var{fl\_flags} non è \const{FL\_POSIX}, così che le due interfacce restano
ben separate.} per verificare se la regione richiesta non si sovrappone ad
una già bloccata, in caso affermativo decide in base al tipo di blocco, in
caso negativo il nuovo blocco viene comunque acquisito ed aggiunto alla lista.
Nel caso di rimozione invece questa viene effettuata controllando che il
-\acr{pid} del processo richiedente corrisponda a quello contenuto nel blocco.
+\ids{PID} del processo richiedente corrisponda a quello contenuto nel blocco.
Questa diversa modalità ha delle conseguenze precise riguardo il comportamento
dei \textit{file lock} POSIX. La prima conseguenza è che un \textit{file lock}
POSIX non viene mai ereditato attraverso una \func{fork}, dato che il processo
-figlio avrà un \acr{pid} diverso, mentre passa indenne attraverso una
-\func{exec} in quanto il \acr{pid} resta lo stesso. Questo comporta che, al
+figlio avrà un \ids{PID} diverso, mentre passa indenne attraverso una
+\func{exec} in quanto il \ids{PID} resta lo stesso. Questo comporta che, al
contrario di quanto avveniva con la semantica BSD, quando un processo termina
tutti i \textit{file lock} da esso detenuti vengono immediatamente rilasciati.
La seconda conseguenza è che qualunque file descriptor che faccia riferimento
allo stesso file (che sia stato ottenuto con una \func{dup} o con una
\func{open} in questo caso non fa differenza) può essere usato per rimuovere
-un blocco, dato che quello che conta è solo il \acr{pid} del processo. Da
+un blocco, dato che quello che conta è solo il \ids{PID} del processo. Da
questo deriva una ulteriore sottile differenza di comportamento: dato che alla
chiusura di un file i blocchi ad esso associati vengono rimossi, nella
semantica POSIX basterà chiudere un file descriptor qualunque per cancellare
fossero stati creati usando altri file descriptor che restano aperti.
Dato che il controllo sull'accesso ai blocchi viene eseguito sulla base del
-\acr{pid} del processo, possiamo anche prendere in considerazione un altro
+\ids{PID} del processo, possiamo anche prendere in considerazione un altro
degli aspetti meno chiari di questa interfaccia e cioè cosa succede quando si
richiedono dei blocchi su regioni che si sovrappongono fra loro all'interno
stesso processo. Siccome il controllo, come nel caso della rimozione, si basa
-solo sul \acr{pid} del processo che chiama la funzione, queste richieste
+solo sul \ids{PID} del processo che chiama la funzione, queste richieste
avranno sempre successo.
Nel caso della semantica BSD, essendo i lock relativi a tutto un file e non
lock} per far si che le regioni bloccate da essa risultanti siano coerenti
con quanto necessario a soddisfare l'operazione richiesta.
-\begin{figure}[!htb]
+\begin{figure}[!htbp]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
\includecodesample{listati/Flock.c}
\end{minipage}
\normalsize
\subsection{Il \textit{mandatory locking}}
\label{sec:file_mand_locking}
-\itindbeg{mandatory~locking|(}
+\itindbeg{mandatory~locking}
Il \textit{mandatory locking} è una opzione introdotta inizialmente in SVr4,
per introdurre un \textit{file locking} che, come dice il nome, fosse
Per poter utilizzare il \textit{mandatory locking} è stato introdotto un
utilizzo particolare del bit \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}. Se si ricorda
quanto esposto in sez.~\ref{sec:file_special_perm}), esso viene di norma
-utilizzato per cambiare il group-ID effettivo con cui viene eseguito un
+utilizzato per cambiare il \ids{GID} effettivo con cui viene eseguito un
programma, ed è pertanto sempre associato alla presenza del permesso di
esecuzione per il gruppo. Impostando questo bit su un file senza permesso di
esecuzione in un sistema che supporta il \textit{mandatory locking}, fa sì che
è attivo un blocco. Per questo motivo l'abilitazione del \textit{mandatory
locking} è di norma disabilitata, e deve essere attivata filesystem per
filesystem in fase di montaggio (specificando l'apposita opzione di
-\func{mount} riportata in tab.~\ref{tab:sys_mount_flags}, o con l'opzione
+\func{mount} riportata in sez.~\ref{sec:filesystem_mounting}), o con l'opzione
\code{-o mand} per il comando omonimo).
Si tenga presente inoltre che il \textit{mandatory locking} funziona solo
qual caso la funzione fallisce con il solito \errcode{EAGAIN}) che comporta la
possibilità di modificare il file.
-\index{file!locking|)}
+\itindend{file~locking}
-\itindend{mandatory~locking|(}
+\itindend{mandatory~locking}
\section{L'\textit{I/O multiplexing}}
Uno dei problemi che si presentano quando si deve operare contemporaneamente
su molti file usando le funzioni illustrate in
-cap.~\ref{cha:file_unix_interface} e cap.~\ref{cha:files_std_interface} è che
+sez.~\ref{sec:file_unix_interface} e sez.~\ref{sec:files_std_interface} è che
si può essere bloccati nelle operazioni su un file mentre un altro potrebbe
essere disponibile. L'\textit{I/O multiplexing} nasce risposta a questo
problema. In questa sezione forniremo una introduzione a questa problematica
quando, come nelle versioni più recenti del kernel, questo limite è stato
rimosso, esso indica le dimensioni massime dei numeri usati nei \textit{file
descriptor set}.\footnote{il suo valore, secondo lo standard POSIX
- 1003.1-2001, è definito in \file{sys/select.h}, ed è pari a 1024.}
+ 1003.1-2001, è definito in \headfile{sys/select.h}, ed è pari a 1024.}
Si tenga presente che i \textit{file descriptor set} devono sempre essere
inizializzati con \macro{FD\_ZERO}; passare a \func{select} un valore non
multiplexing}, introdotto solo con le ultime revisioni dello standard (POSIX
1003.1g-2000 e POSIX 1003.1-2001). La scelta è stata quella di seguire
l'interfaccia creata da BSD, ma prevede che tutte le funzioni ad esso relative
-vengano dichiarate nell'header \file{sys/select.h}, che sostituisce i
+vengano dichiarate nell'header \headfile{sys/select.h}, che sostituisce i
precedenti, ed inoltre aggiunge a \func{select} una nuova funzione
\funcd{pselect},\footnote{il supporto per lo standard POSIX 1003.1-2001, ed
- l'header \file{sys/select.h}, compaiono in Linux a partire dalle \acr{glibc}
- 2.1. Le \acr{libc4} e \acr{libc5} non contengono questo header, le
- \acr{glibc} 2.0 contengono una definizione sbagliata di \func{psignal},
+ l'header \headfile{sys/select.h}, compaiono in Linux a partire dalle
+ \acr{glibc} 2.1. Le \acr{libc4} e \acr{libc5} non contengono questo header,
+ le \acr{glibc} 2.0 contengono una definizione sbagliata di \func{psignal},
senza l'argomento \param{sigmask}, la definizione corretta è presente dalle
\acr{glibc} 2.1-2.2.1 se si è definito \macro{\_GNU\_SOURCE} e nelle
\acr{glibc} 2.2.2-2.2.4 se si è definito \macro{\_XOPEN\_SOURCE} con valore
L'uso di \param{sigmask} è stato introdotto allo scopo di prevenire possibili
\textit{race condition} \itindex{race~condition} quando ci si deve porre in
attesa sia di un segnale che di dati. La tecnica classica è quella di
-utilizzare il gestore per impostare una variabile globale e controllare questa
-nel corpo principale del programma; abbiamo visto in
-sez.~\ref{sec:sig_example} come questo lasci spazio a possibili race
-condition, per cui diventa essenziale utilizzare \func{sigprocmask} per
-disabilitare la ricezione del segnale prima di eseguire il controllo e
-riabilitarlo dopo l'esecuzione delle relative operazioni, onde evitare
-l'arrivo di un segnale immediatamente dopo il controllo, che andrebbe perso.
+utilizzare il gestore per impostare una \index{variabili!globali} variabile
+globale e controllare questa nel corpo principale del programma; abbiamo visto
+in sez.~\ref{sec:sig_example} come questo lasci spazio a possibili
+\itindex{race~condition} \textit{race condition}, per cui diventa essenziale
+utilizzare \func{sigprocmask} per disabilitare la ricezione del segnale prima
+di eseguire il controllo e riabilitarlo dopo l'esecuzione delle relative
+operazioni, onde evitare l'arrivo di un segnale immediatamente dopo il
+controllo, che andrebbe perso.
Nel nostro caso il problema si pone quando oltre al segnale si devono tenere
sotto controllo anche dei file descriptor con \func{select}, in questo caso si
degli insiemi.
\item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
\item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{nfds} eccede il limite
- \macro{RLIMIT\_NOFILE}.
+ \const{RLIMIT\_NOFILE}.
\end{errlist}
ed inoltre \errval{EFAULT} e \errval{ENOMEM}.}
\end{prototype}
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\textwidth}
\includestruct{listati/pollfd.h}
\end{minipage}
\normalsize
in stile SysV (in particolare le ultime due non vengono usate su Linux), e
sono utilizzabili soltanto qualora si sia definita la macro
\macro{\_XOPEN\_SOURCE}.\footnote{e ci si ricordi di farlo sempre in testa al
- file, definirla soltanto prima di includere \file{sys/poll.h} non è
+ file, definirla soltanto prima di includere \headfile{sys/poll.h} non è
sufficiente.}
In caso di successo funzione ritorna restituendo il numero di file (un valore
degli insiemi.
\item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
\item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{nfds} eccede il limite
- \macro{RLIMIT\_NOFILE}.
+ \const{RLIMIT\_NOFILE}.
\end{errlist}
ed inoltre \errval{EFAULT} e \errval{ENOMEM}.}
\end{prototype}
nel sistema.
\item[\errcode{EMFILE}] si è raggiunto il limite sul numero massimo di
istanze di \textit{epoll} per utente stabilito da
- \procfile{/proc/sys/fs/epoll/max\_user\_instances}.
+ \sysctlfile{fs/epoll/max\_user\_instances}.
\item[\errcode{ENOMEM}] non c'è sufficiente memoria nel kernel per creare
l'istanza.
\end{errlist}
valore legale per \param{flags} (a parte lo zero) è \const{EPOLL\_CLOEXEC},
che consente di impostare in maniera atomica sul file descriptor il flag di
\itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec} (si veda il significato di
-\const{O\_CLOEXEC} in tab.~\ref{tab:file_open_flags}), senza che sia
+\const{O\_CLOEXEC} in sez.~\ref{sec:file_open}), senza che sia
necessaria una successiva chiamata a \func{fcntl}.
Una volta ottenuto un file descriptor per \textit{epoll} il passo successivo è
\item[\errcode{EPERM}] il file \param{fd} non supporta \textit{epoll}.
\item[\errcode{ENOSPC}] si è raggiunto il limite massimo di registrazioni
per utente di file descriptor da osservare imposto da
- \procfile{/proc/sys/fs/epoll/max\_user\_watches}.
+ \sysctlfile{fs/epoll/max\_user\_watches}.
\end{errlist}
}
\end{prototype}
sotto controllo. L'argomento viene ignorato con l'operazione
\const{EPOLL\_CTL\_DEL}.\footnote{fino al kernel 2.6.9 era comunque richiesto
che questo fosse un puntatore valido, anche se poi veniva ignorato; a
- partire dal 2.6.9 si può specificare anche un valore \texttt{NULL} ma se si
+ partire dal 2.6.9 si può specificare anche un valore \val{NULL} ma se si
vuole mantenere la compatibilità con le versioni precedenti occorre usare un
puntatore valido.}
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\textwidth}
\includestruct{listati/epoll_event.h}
\end{minipage}
\normalsize
Il primo campo, \var{events}, è una maschera binaria in cui ciascun bit
corrisponde o ad un tipo di evento, o una modalità di notifica; detto campo
deve essere specificato come OR aritmetico delle costanti riportate in
-tab.~\ref{tab:epoll_events}. Il secondo campo, \var{data}, è una \ctyp{union}
+tab.~\ref{tab:epoll_events}. Il secondo campo, \var{data}, è una \direct{union}
che serve a identificare il file descriptor a cui si intende fare riferimento,
ed in astratto può contenere un valore qualsiasi (specificabile in diverse
forme) che ne permetta una indicazione univoca. Il modo più comune di usarlo
chiamate devono essere ripetute per ciascun file descriptor, incorrendo in
una perdita di prestazioni qualora il numero di file descriptor sia molto
grande; per questo è stato proposto di introdurre come estensione una
- funzione \func{epoll\_ctlv} che consenta di effettuare con una sola chiamata
+ funzione \code{epoll\_ctlv} che consenta di effettuare con una sola chiamata
le impostazioni per un blocco di file descriptor.} L'uso di
\const{EPOLL\_CTL\_MOD} consente in seguito di modificare le modalità di
osservazione di un file descriptor che sia già stato aggiunto alla lista di
osservazione.
+% TODO verificare se prima o poi epoll_ctlv verrà introdotta
+
Le impostazioni di default prevedono che la notifica degli eventi richiesti
sia effettuata in modalità \textit{level triggered}, a meno che sul file
descriptor non si sia impostata la modalità \textit{edge triggered},
versioni diverse della \textit{system call}; una prima versione,
\func{signalfd}, introdotta nel kernel 2.6.22 e disponibile con le
\acr{glibc} 2.8 che non supporta l'argomento \texttt{flags}, ed una seconda
- versione, \func{signalfd4}, introdotta con il kernel 2.6.27 e che è quella
+ versione, \funcm{signalfd4}, introdotta con il kernel 2.6.27 e che è quella
che viene sempre usata a partire dalle \acr{glibc} 2.9, che prende un
argomento aggiuntivo \code{size\_t sizemask} che indica la dimensione della
maschera dei segnali, il cui valore viene impostato automaticamente dalle
puntatore ad una maschera di segnali creata con l'uso delle apposite macro già
illustrate in sez.~\ref{sec:sig_sigset}. La maschera deve indicare su quali
segnali si intende operare con \func{signalfd}; l'elenco può essere modificato
-con una successiva chiamata a \func{signalfd}. Dato che \const{SIGKILL} e
-\const{SIGSTOP} non possono essere intercettati (e non prevedono neanche la
+con una successiva chiamata a \func{signalfd}. Dato che \signal{SIGKILL} e
+\signal{SIGSTOP} non possono essere intercettati (e non prevedono neanche la
possibilità di un gestore) un loro inserimento nella maschera verrà ignorato
senza generare errori.
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\textwidth}
\includestruct{listati/signalfd_siginfo.h}
\end{minipage}
\normalsize
opzioni che consentono ad esempio di cambiare il nome del file associato alla
fifo.
-\begin{figure}[!htb]
+\begin{figure}[!htbp]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
\includecodesample{listati/FifoReporter-init.c}
\end{minipage}
\normalsize
Il primo passo (\texttt{\small 19--20}) è la crezione di un file descriptor
\texttt{epfd} di \itindex{epoll} \textit{epoll} con \func{epoll\_create} che è
quello che useremo per il controllo degli altri. É poi necessario
-disabilitare la ricezione dei segnali (nel caso \const{SIGINT},
-\const{SIGQUIT} e \const{SIGTERM}) per i quali si vuole la notifica tramite
+disabilitare la ricezione dei segnali (nel caso \signal{SIGINT},
+\signal{SIGQUIT} e \signal{SIGTERM}) per i quali si vuole la notifica tramite
file descriptor. Per questo prima li si inseriscono (\texttt{\small 22--25}) in
una maschera di segnali \texttt{sigmask} che useremo con (\texttt{\small 26})
\func{sigprocmask} per disabilitarli. Con la stessa maschera si potrà per
del tutto analoga a quanto fatto con quello relativo alla notifica dei
segnali.
-\begin{figure}[!htb]
+\begin{figure}[!htbp]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
\includecodesample{listati/FifoReporter-main.c}
\end{minipage}
\normalsize
Una volta completata l'inizializzazione verrà eseguito indefinitamente il
ciclo principale del programma (\texttt{\small 2--45}) che si è riportato in
fig.~\ref{fig:fiforeporter_code_body}, fintanto che questo non riceva un
-segnale di \texttt{SIGINT} (ad esempio con la pressione di \texttt{C-c}). Il
+segnale di \signal{SIGINT} (ad esempio con la pressione di \texttt{C-c}). Il
ciclo prevede che si attenda (\texttt{\small 2--3}) la presenza di un file
descriptor pronto in lettura con \func{epoll\_wait},\footnote{si ricordi che
entrambi i file descriptor \var{fifofd} e \var{sigfd} sono stati posti in
ricevuto un segnale e che il file descriptor pronto corrisponda
(\texttt{\small 6}) a \var{sigfd}. Dato che in generale si possono ricevere
anche notifiche relativi a più di un singolo segnale, si è scelto di leggere
-una struttura \const{signalfd\_siginfo} alla volta, eseguendo la lettura
+una struttura \struct{signalfd\_siginfo} alla volta, eseguendo la lettura
all'interno di un ciclo (\texttt{\small 8--24}) che prosegue fintanto che vi
siano dati da leggere.
In presenza di dati invece il programma proseguirà l'esecuzione stampando
(\texttt{\small 19--20}) il nome del segnale ottenuto all'interno della
-struttura \const{signalfd\_siginfo} letta in \var{siginf}\footnote{per la
+struttura \struct{signalfd\_siginfo} letta in \var{siginf}\footnote{per la
stampa si è usato il vettore \var{sig\_names} a ciascun elemento del quale
corrisponde il nome del segnale avente il numero corrispondente, la cui
definizione si è omessa dal codice di fig.~\ref{fig:fiforeporter_code_init}
per brevità.} ed il \textit{pid} del processo da cui lo ha ricevuto; inoltre
(\texttt{\small 21--24}) si controllerà anche se il segnale ricevuto è
-\var{SIGINT}, che si è preso come segnale da utilizzare per la terminazione
+\signal{SIGINT}, che si è preso come segnale da utilizzare per la terminazione
del programma, che verrà eseguita dopo aver rimosso il file della \textit{name
fifo}.
tenga presente però che essa non è utilizzabile con i file ordinari ma solo
con socket, file di terminale o pseudo terminale, ed anche, a partire dal
kernel 2.6, anche per fifo e pipe.} il sistema genera un apposito segnale,
-\const{SIGIO}, tutte le volte che diventa possibile leggere o scrivere dal
+\signal{SIGIO}, tutte le volte che diventa possibile leggere o scrivere dal
file descriptor che si è posto in questa modalità. Inoltre è possibile, come
illustrato in sez.~\ref{sec:file_fcntl}, selezionare con il comando
\const{F\_SETOWN} di \func{fcntl} quale processo o quale gruppo di processi
Per far questo però occorre utilizzare le funzionalità dei segnali real-time
(vedi sez.~\ref{sec:sig_real_time}) impostando esplicitamente con il comando
\const{F\_SETSIG} di \func{fcntl} un segnale real-time da inviare in caso di
-I/O asincrono (il segnale predefinito è \const{SIGIO}). In questo caso il
+I/O asincrono (il segnale predefinito è \signal{SIGIO}). In questo caso il
gestore, tutte le volte che riceverà \const{SI\_SIGIO} come valore del campo
\var{si\_code}\footnote{il valore resta \const{SI\_SIGIO} qualunque sia il
segnale che si è associato all'I/O, ed indica appunto che il segnale è stato
Se infatti si eccedono le dimensioni di quest'ultima, il kernel, non potendo
più assicurare il comportamento corretto per un segnale real-time, invierà al
-suo posto un solo \const{SIGIO}, su cui si saranno accumulati tutti i segnali
+suo posto un solo \signal{SIGIO}, su cui si saranno accumulati tutti i segnali
in eccesso, e si dovrà allora determinare con un ciclo quali sono i file
diventati attivi. L'unico modo per essere sicuri che questo non avvenga è di
impostare la lunghezza della coda dei segnali real-time ad una dimensione
identica al valore massimo del numero di file descriptor
utilizzabili.\footnote{vale a dire impostare il contenuto di
- \procfile{/proc/sys/kernel/rtsig-max} allo stesso valore del contenuto di
- \procfile{/proc/sys/fs/file-max}.}
+ \sysctlfile{kernel/rtsig-max} allo stesso valore del contenuto di
+ \sysctlfile{fs/file-max}.}
% TODO fare esempio che usa O_ASYNC
\textsl{notificato} di eventuali modifiche avvenute su un file. Questo è il
motivo per cui i demoni devono essere \textsl{avvisati} in qualche
modo\footnote{in genere questo vien fatto inviandogli un segnale di
- \const{SIGHUP} che, per una convenzione adottata dalla gran parte di detti
+ \signal{SIGHUP} che, per una convenzione adottata dalla gran parte di detti
programmi, causa la rilettura della configurazione.} se il loro file di
configurazione è stato modificato, perché possano rileggerlo e riconoscere le
modifiche.
partire dalla versione 2.4 del kernel, attraverso l'uso di alcuni
\textsl{comandi} aggiuntivi per la funzione \func{fcntl} (vedi
sez.~\ref{sec:file_fcntl}), che divengono disponibili soltanto se si è
-definita la macro \macro{\_GNU\_SOURCE} prima di includere \file{fcntl.h}.
+definita la macro \macro{\_GNU\_SOURCE} prima di includere \headfile{fcntl.h}.
-\index{file!lease|(}
+\itindbeg{file~lease}
La prima di queste funzionalità è quella del cosiddetto \textit{file lease};
questo è un meccanismo che consente ad un processo, detto \textit{lease
\textit{lease}.
La notifica avviene in maniera analoga a come illustrato in precedenza per
l'uso di \const{O\_ASYNC}: di default viene inviato al \textit{lease holder}
-il segnale \const{SIGIO}, ma questo segnale può essere modificato usando il
+il segnale \signal{SIGIO}, ma questo segnale può essere modificato usando il
comando \const{F\_SETSIG} di \func{fcntl}.\footnote{anche in questo caso si
- può rispecificare lo stesso \const{SIGIO}.} Se si è fatto questo\footnote{è
+ può rispecificare lo stesso \signal{SIGIO}.} Se si è fatto questo\footnote{è
in genere è opportuno farlo, come in precedenza, per utilizzare segnali
real-time.} e si è installato il gestore del segnale con \const{SA\_SIGINFO}
si riceverà nel campo \var{si\_fd} della struttura \struct{siginfo\_t} il
su un file, e che un \textit{lease} può essere ottenuto solo su file di dati
(pipe e dispositivi sono quindi esclusi). Inoltre un processo non privilegiato
può ottenere un \textit{lease} soltanto per un file appartenente ad un
-\acr{uid} corrispondente a quello del processo. Soltanto un processo con
+\ids{UID} corrispondente a quello del processo. Soltanto un processo con
privilegi di amministratore (cioè con la \itindex{capabilities} capability
\const{CAP\_LEASE}, vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}) può acquisire
\textit{lease} su qualunque file.
Se il \textit{lease holder} non provvede a rilasciare il \textit{lease} entro
il numero di secondi specificato dal parametro di sistema mantenuto in
-\procfile{/proc/sys/fs/lease-break-time} sarà il kernel stesso a rimuoverlo (o
+\sysctlfile{fs/lease-break-time} sarà il kernel stesso a rimuoverlo (o
declassarlo) automaticamente.\footnote{questa è una misura di sicurezza per
evitare che un processo blocchi indefinitamente l'accesso ad un file
acquisendo un \textit{lease}.} Una volta che un \textit{lease} è stato
stata definita la macro \macro{\_GNU\_SOURCE}.} chiamata \textit{dnotify},
che consente di richiedere una notifica quando una directory, o uno qualunque
dei file in essa contenuti, viene modificato. Come per i \textit{file lease}
-la notifica avviene di default attraverso il segnale \const{SIGIO}, ma se ne
+la notifica avviene di default attraverso il segnale \signal{SIGIO}, ma se ne
può utilizzare un altro.\footnote{e di nuovo, per le ragioni già esposte in
precedenza, è opportuno che si utilizzino dei segnali real-time.} Inoltre,
come in precedenza, si potrà ottenere nel gestore del segnale il file
descriptor che è stato modificato tramite il contenuto della struttura
\struct{siginfo\_t}.
-\index{file!lease|)}
+\itindend{file~lease}
\begin{table}[htb]
\centering
di sistema è previsto che un utente possa utilizzare un numero limitato di
istanze di \textit{inotify}; il valore di default del limite è di 128, ma
questo valore può essere cambiato con \func{sysctl} o usando il file
- \procfile{/proc/sys/fs/inotify/max\_user\_instances}.} si tratta di un file
+ \sysctlfile{fs/inotify/max\_user\_instances}.} si tratta di un file
descriptor speciale che non è associato a nessun file su disco, e che viene
utilizzato solo per notificare gli eventi che sono stati posti in
osservazione. Dato che questo file descriptor non è associato a nessun file o
\bodydesc{La funzione restituisce un valore positivo in caso di successo, o
$-1$ in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
\begin{errlist}
- \item[\errcode{EACCESS}] non si ha accesso in lettura al file indicato.
+ \item[\errcode{EACCES}] non si ha accesso in lettura al file indicato.
\item[\errcode{EINVAL}] \param{mask} non contiene eventi legali o \param{fd}
non è un file descriptor di \textit{inotify}.
\item[\errcode{ENOSPC}] si è raggiunto il numero massimo di voci di
directory che si vogliono tenere sotto osservazione,\footnote{anche in questo
caso c'è un limite massimo che di default è pari a 8192, ed anche questo
valore può essere cambiato con \func{sysctl} o usando il file
- \procfile{/proc/sys/fs/inotify/max\_user\_watches}.} e si utilizzerà sempre
+ \sysctlfile{fs/inotify/max\_user\_watches}.} e si utilizzerà sempre
un solo file descriptor.
Il tipo di evento che si vuole osservare deve essere specificato
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\textwidth}
\includestruct{listati/inotify_event.h}
\end{minipage}
\normalsize
\end{table}
\footnotetext{la coda di notifica ha una dimensione massima specificata dal
- parametro di sistema \procfile{/proc/sys/fs/inotify/max\_queued\_events} che
+ parametro di sistema \sysctlfile{fs/inotify/max\_queued\_events} che
indica il numero massimo di eventi che possono essere mantenuti sulla
stessa; quando detto valore viene ecceduto gli ulteriori eventi vengono
scartati, ma viene comunque generato un evento di tipo
Infine due campi \var{name} e \var{len} sono utilizzati soltanto quando
l'evento è relativo ad un file presente in una directory posta sotto
osservazione, in tal caso essi contengono rispettivamente il nome del file
-(come pathname relativo alla directory osservata) e la relativa dimensione in
-byte. Il campo \var{name} viene sempre restituito come stringa terminata da
-NUL, con uno o più zeri di terminazione, a seconda di eventuali necessità di
-allineamento del risultato, ed il valore di \var{len} corrisponde al totale
-della dimensione di \var{name}, zeri aggiuntivi compresi. La stringa con il
-nome del file viene restituita nella lettura subito dopo la struttura
-\struct{inotify\_event}; questo significa che le dimensioni di ciascun evento
-di \textit{inotify} saranno pari a \code{sizeof(\struct{inotify\_event}) +
- len}.
+(come \itindsub{pathname}{relativo} \textit{pathname} relativo alla directory
+osservata) e la relativa dimensione in byte. Il campo \var{name} viene sempre
+restituito come stringa terminata da NUL, con uno o più zeri di terminazione,
+a seconda di eventuali necessità di allineamento del risultato, ed il valore
+di \var{len} corrisponde al totale della dimensione di \var{name}, zeri
+aggiuntivi compresi. La stringa con il nome del file viene restituita nella
+lettura subito dopo la struttura \struct{inotify\_event}; questo significa che
+le dimensioni di ciascun evento di \textit{inotify} saranno pari a
+\code{sizeof(\struct{inotify\_event}) + len}.
Vediamo allora un esempio dell'uso dell'interfaccia di \textit{inotify} con un
semplice programma che permette di mettere sotto osservazione uno o più file e
\begin{figure}[!htbp]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
\includecodesample{listati/inotify_monitor.c}
\end{minipage}
\normalsize
\subsection{L'interfaccia POSIX per l'I/O asincrono}
\label{sec:file_asyncronous_io}
+% vedere anche http://davmac.org/davpage/linux/async-io.html
+
Una modalità alternativa all'uso dell'\textit{I/O multiplexing} per gestione
dell'I/O simultaneo su molti file è costituita dal cosiddetto \textsl{I/O
asincrono}. Il concetto base dell'\textsl{I/O asincrono} è che le funzioni
attraverso l'uso di una apposita struttura \struct{aiocb} (il cui nome sta per
\textit{asyncronous I/O control block}), che viene passata come argomento a
tutte le funzioni dell'interfaccia. La sua definizione, come effettuata in
-\file{aio.h}, è riportata in fig.~\ref{fig:file_aiocb}. Nello steso file è
+\headfile{aio.h}, è riportata in fig.~\ref{fig:file_aiocb}. Nello steso file è
definita la macro \macro{\_POSIX\_ASYNCHRONOUS\_IO}, che dichiara la
disponibilità dell'interfaccia per l'I/O asincrono.
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\textwidth}
\includestruct{listati/aiocb.h}
\end{minipage}
\normalsize
operazione può dar luogo a risultati impredicibili, perché l'accesso ai vari
campi per eseguire l'operazione può avvenire in un momento qualsiasi dopo la
richiesta. Questo comporta che non si devono usare per \param{aiocbp}
-variabili automatiche e che non si deve riutilizzare la stessa struttura per
-un'altra operazione fintanto che la precedente non sia stata ultimata. In
-generale per ogni operazione si deve utilizzare una diversa struttura
-\struct{aiocb}.
+\index{variabili!automatiche} variabili automatiche e che non si deve
+riutilizzare la stessa struttura per un'altra operazione fintanto che la
+precedente non sia stata ultimata. In generale per ogni operazione si deve
+utilizzare una diversa struttura \struct{aiocb}.
Dato che si opera in modalità asincrona, il successo di \func{aio\_read} o
\func{aio\_write} non implica che le operazioni siano state effettivamente
di notifica non verrà invocato. Se si specifica una operazione relativa ad un
altro file descriptor il risultato è indeterminato. In caso di successo, i
possibili valori di ritorno per \func{aio\_cancel} (anch'essi definiti in
-\file{aio.h}) sono tre:
+\headfile{aio.h}) sono tre:
\begin{basedescript}{\desclabelwidth{3.0cm}}
\item[\const{AIO\_ALLDONE}] indica che le operazioni di cui si è richiesta la
cancellazione sono state già completate,
Oltre alle precedenti modalità di \textit{I/O multiplexing} e \textsl{I/O
asincrono}, esistono altre funzioni che implementano delle modalità di
accesso ai file più evolute rispetto alle normali funzioni di lettura e
-scrittura che abbiamo esaminato in sez.~\ref{sec:file_base_func}. In questa
-sezione allora prenderemo in esame le interfacce per l'\textsl{I/O mappato in
- memoria}, per l'\textsl{I/O vettorizzato} e altre funzioni di I/O avanzato.
+scrittura che abbiamo esaminato in sez.~\ref{sec:file_unix_interface}. In
+questa sezione allora prenderemo in esame le interfacce per l'\textsl{I/O
+ mappato in memoria}, per l'\textsl{I/O vettorizzato} e altre funzioni di I/O
+avanzato.
\subsection{File mappati in memoria}
\itindbeg{memory~mapping}
Una modalità alternativa di I/O, che usa una interfaccia completamente diversa
-rispetto a quella classica vista in cap.~\ref{cha:file_unix_interface}, è il
+rispetto a quella classica vista in sez.~\ref{sec:file_unix_interface}, è il
cosiddetto \textit{memory-mapped I/O}, che, attraverso il meccanismo della
\textsl{paginazione} \index{paginazione} usato dalla memoria virtuale (vedi
sez.~\ref{sec:proc_mem_gen}), permette di \textsl{mappare} il contenuto di un
pagine di memoria reale, ed le modalità di accesso (lettura, esecuzione,
scrittura); una loro violazione causa quella una \itindex{segment~violation}
\textit{segment violation}, e la relativa emissione del segnale
- \const{SIGSEGV}.} da applicare al segmento di memoria e deve essere
+ \signal{SIGSEGV}.} da applicare al segmento di memoria e deve essere
specificato come maschera binaria ottenuta dall'OR di uno o più dei valori
riportati in tab.~\ref{tab:file_mmap_prot}; il valore specificato deve essere
compatibile con la modalità di accesso con cui si è aperto il file.
modifiche fatte alla regione mappata, in
questo caso dopo una scrittura, se non c'è più
memoria disponibile, si ha l'emissione di
- un \const{SIGSEGV}.\\
+ un \signal{SIGSEGV}.\\
\const{MAP\_LOCKED} & Se impostato impedisce lo swapping delle pagine
mappate.\\
\const{MAP\_GROWSDOWN} & Usato per gli \itindex{stack} \textit{stack}.
tutto quanto è comunque basato sul meccanismo della \index{memoria~virtuale}
memoria virtuale. Questo comporta allora una serie di conseguenze. La più
ovvia è che se si cerca di scrivere su una zona mappata in sola lettura si
-avrà l'emissione di un segnale di violazione di accesso (\const{SIGSEGV}),
+avrà l'emissione di un segnale di violazione di accesso (\signal{SIGSEGV}),
dato che i permessi sul segmento di memoria relativo non consentono questo
tipo di accesso.
bordo della pagina successiva.
In questo caso è possibile accedere a quella zona di memoria che eccede le
-dimensioni specificate da \param{length}, senza ottenere un \const{SIGSEGV}
+dimensioni specificate da \param{length}, senza ottenere un \signal{SIGSEGV}
poiché essa è presente nello spazio di indirizzi del processo, anche se non è
mappata sul file. Il comportamento del sistema è quello di restituire un
valore nullo per quanto viene letto, e di non riportare su file quanto viene
In questa situazione, per la sezione di pagina parzialmente coperta dal
contenuto del file, vale esattamente quanto visto in precedenza; invece per la
parte che eccede, fino alle dimensioni date da \param{length}, l'accesso non
-sarà più possibile, ma il segnale emesso non sarà \const{SIGSEGV}, ma
-\const{SIGBUS}, come illustrato in fig.~\ref{fig:file_mmap_exceed}.
+sarà più possibile, ma il segnale emesso non sarà \signal{SIGSEGV}, ma
+\signal{SIGBUS}, come illustrato in fig.~\ref{fig:file_mmap_exceed}.
Non tutti i file possono venire mappati in memoria, dato che, come illustrato
in fig.~\ref{fig:file_mmap_layout}, la mappatura introduce una corrispondenza
o in corrispondenza di una eventuale \func{msync}.
Dato per i file mappati in memoria le operazioni di I/O sono gestite
-direttamente dalla \index{memoria~virtuale}memoria virtuale, occorre essere
+direttamente dalla \index{memoria~virtuale} memoria virtuale, occorre essere
consapevoli delle interazioni che possono esserci con operazioni effettuate
-con l'interfaccia standard dei file di cap.~\ref{cha:file_unix_interface}. Il
-problema è che una volta che si è mappato un file, le operazioni di lettura e
-scrittura saranno eseguite sulla memoria, e riportate su disco in maniera
-autonoma dal sistema della memoria virtuale.
+con l'interfaccia dei file di sez.~\ref{sec:file_unix_interface}. Il problema
+è che una volta che si è mappato un file, le operazioni di lettura e scrittura
+saranno eseguite sulla memoria, e riportate su disco in maniera autonoma dal
+sistema della memoria virtuale.
Pertanto se si modifica un file con l'interfaccia standard queste modifiche
potranno essere visibili o meno a seconda del momento in cui la memoria
\begin{errlist}
\item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{addr} non è valido o non è un
multiplo di \const{PAGE\_SIZE}.
- \item[\errcode{EACCESS}] l'operazione non è consentita, ad esempio si è
+ \item[\errcode{EACCES}] l'operazione non è consentita, ad esempio si è
cercato di marcare con \const{PROT\_WRITE} un segmento di memoria cui si
ha solo accesso in lettura.
% \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare le risorse
maschera binaria per i flag che controllano il comportamento della funzione.
Il solo valore utilizzato è \const{MREMAP\_MAYMOVE}\footnote{per poter
utilizzare questa costante occorre aver definito \macro{\_GNU\_SOURCE} prima
- di includere \file{sys/mman.h}.} che consente di eseguire l'espansione
+ di includere \headfile{sys/mman.h}.} che consente di eseguire l'espansione
anche quando non è possibile utilizzare il precedente indirizzo. Per questo
motivo, se si è usato questo flag, la funzione può restituire un indirizzo
della nuova zona di memoria che non è detto coincida con \param{old\_address}.
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\textwidth}
\includestruct{listati/iovec.h}
\end{minipage}
\normalsize
POSIX.1-2001 prevede anche che sia possibile avere un limite al numero di
elementi del vettore \param{vector}. Qualora questo sussista, esso deve essere
indicato dal valore dalla costante \const{IOV\_MAX}, definita come le altre
-costanti analoghe (vedi sez.~\ref{sec:sys_limits}) in \file{limits.h}; lo
+costanti analoghe (vedi sez.~\ref{sec:sys_limits}) in \headfile{limits.h}; lo
stesso valore deve essere ottenibile in esecuzione tramite la funzione
\func{sysconf} richiedendo l'argomento \const{\_SC\_IOV\_MAX} (vedi
sez.~\ref{sec:sys_sysconf}).
Si tenga presente infine che queste funzioni operano sui file con
l'interfaccia dei file descriptor, e non è consigliabile mescolarle con
l'interfaccia classica dei \textit{file stream} di
-cap.~\ref{cha:files_std_interface}; a causa delle bufferizzazioni interne di
+sez.~\ref{sec:files_std_interface}; a causa delle bufferizzazioni interne di
quest'ultima infatti si potrebbero avere risultati indefiniti e non
corrispondenti a quanto aspettato.
partire dal kernel 2.6.30 sono state introdotte anche per l'\textsl{I/O
vettorizzato} le analoghe delle funzioni \func{pread} e \func{pwrite} (vedi
sez.~\ref{sec:file_read} e \ref{sec:file_write}); le due funzioni sono
-\funcd{preadv} e \func{pwritev} ed i rispettivi prototipi sono:\footnote{le
+\funcd{preadv} e \funcd{pwritev} ed i rispettivi prototipi sono:\footnote{le
due funzioni sono analoghe alle omonime presenti in BSD; le \textit{system
call} usate da Linux (introdotte a partire dalla versione 2.6.30)
utilizzano degli argomenti diversi per problemi collegati al formato a 64
per \var{errno} anche i valori:
\begin{errlist}
\item[\errcode{EOVERFLOW}] \param{offset} ha un valore che non può essere
- usato come \ctyp{off\_t}.
+ usato come \type{off\_t}.
\item[\errcode{ESPIPE}] \param{fd} è associato ad un socket o una pipe.
\end{errlist}
}
che anzi in certi casi si potevano avere anche dei peggioramenti. Questo ha
portato, per i kernel della serie 2.6,\footnote{per alcune motivazioni di
questa scelta si può fare riferimento a quanto illustrato da Linus Torvalds
- in \href{http://www.cs.helsinki.fi/linux/linux-kernel/2001-03/0200.html}
- {\textsf{http://www.cs.helsinki.fi/linux/linux-kernel/2001-03/0200.html}}.}
+ in \url{http://www.cs.helsinki.fi/linux/linux-kernel/2001-03/0200.html}.}
alla decisione di consentire l'uso della funzione soltanto quando il file da
cui si legge supporta le operazioni di \textit{memory mapping} (vale a dire
non è un socket) e quello su cui si scrive è un socket; in tutti gli altri
scopi da \func{sendfile}, quello che rende \func{splice} davvero diversa è
stata la reinterpretazione che ne è stata fatta nell'implementazione su
Linux realizzata da Jens Anxboe, concetti che sono esposti sinteticamente
- dallo stesso Linus Torvalds in \href{http://kerneltrap.org/node/6505}
- {\textsf{http://kerneltrap.org/node/6505}}.} si tratta semplicemente di una
-funzione che consente di fare in maniera del tutto generica delle operazioni
-di trasferimento di dati fra un file e un buffer gestito interamente in kernel
-space. In questo caso il cuore della funzione (e delle affini \func{vmsplice}
-e \func{tee}, che tratteremo più avanti) è appunto l'uso di un buffer in
-kernel space, e questo è anche quello che ne ha semplificato l'adozione,
-perché l'infrastruttura per la gestione di un tale buffer è presente fin dagli
-albori di Unix per la realizzazione delle \textit{pipe} (vedi
-sez.~\ref{sec:ipc_unix}). Dal punto di vista concettuale allora \func{splice}
-non è altro che una diversa interfaccia (rispetto alle \textit{pipe}) con cui
-utilizzare in user space l'oggetto ``\textsl{buffer in kernel space}''.
+ dallo stesso Linus Torvalds in \url{http://kerneltrap.org/node/6505}.} si
+tratta semplicemente di una funzione che consente di fare in maniera del tutto
+generica delle operazioni di trasferimento di dati fra un file e un buffer
+gestito interamente in kernel space. In questo caso il cuore della funzione (e
+delle affini \func{vmsplice} e \func{tee}, che tratteremo più avanti) è
+appunto l'uso di un buffer in kernel space, e questo è anche quello che ne ha
+semplificato l'adozione, perché l'infrastruttura per la gestione di un tale
+buffer è presente fin dagli albori di Unix per la realizzazione delle
+\textit{pipe} (vedi sez.~\ref{sec:ipc_unix}). Dal punto di vista concettuale
+allora \func{splice} non è altro che una diversa interfaccia (rispetto alle
+\textit{pipe}) con cui utilizzare in user space l'oggetto ``\textsl{buffer in
+ kernel space}''.
Così se per una \textit{pipe} o una \textit{fifo} il buffer viene utilizzato
come area di memoria (vedi fig.~\ref{fig:ipc_pipe_singular}) dove appoggiare i
\func{splice}, oppure nessuno dei file descriptor è una pipe, oppure si
è dato un valore a \param{off\_in} o \param{off\_out} ma il
corrispondente file è un dispositivo che non supporta la funzione
- \func{seek}.
+ \func{lseek}.
\item[\errcode{ENOMEM}] non c'è memoria sufficiente per l'operazione
richiesta.
\item[\errcode{ESPIPE}] o \param{off\_in} o \param{off\_out} non sono
- \const{NULL} ma il corrispondente file descriptor è una \textit{pipe}.
+ \val{NULL} ma il corrispondente file descriptor è una \textit{pipe}.
\end{errlist}
}
\end{functions}
(\texttt{\small 18--22}), quello di destinazione (\texttt{\small 23--27}) ed
infine (\texttt{\small 28--31}) la \textit{pipe} che verrà usata come buffer.
-\begin{figure}[!phtb]
+\begin{figure}[!htbp]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
\includecodesample{listati/splicecp.c}
\end{minipage}
\normalsize
un'altra; \param{fd\_in} deve essere il capo in lettura della \textit{pipe}
sorgente e \param{fd\_out} il capo in scrittura della \textit{pipe}
destinazione; a differenza di quanto avviene con \func{read} i dati letti con
-\func{tee} da \func{fd\_in} non vengono \textsl{consumati} e restano
+\func{tee} da \param{fd\_in} non vengono \textsl{consumati} e restano
disponibili sulla \textit{pipe} per una successiva lettura (di nuovo per il
comportamento delle \textit{pipe} si veda sez.~\ref{sec:ipc_unix}). Al
momento\footnote{quello della stesura di questo paragrafo, avvenuta il Gennaio
\begin{figure}[!htbp]
\footnotesize \centering
- \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
\includecodesample{listati/tee.c}
\end{minipage}
\normalsize
detto che i dati vengono effettivamente spostati o copiati, il kernel infatti
realizza le \textit{pipe} come un insieme di puntatori\footnote{per essere
precisi si tratta di un semplice buffer circolare, un buon articolo sul tema
- si trova su \href{http://lwn.net/Articles/118750/}
- {\textsf{http://lwn.net/Articles/118750/}}.} alle pagine di memoria interna
-che contengono i dati, per questo una volta che i dati sono presenti nella
-memoria del kernel tutto quello che viene fatto è creare i suddetti puntatori
-ed aumentare il numero di referenze; questo significa che anche con \func{tee}
-non viene mai copiato nessun byte, vengono semplicemente copiati i puntatori.
+ si trova su \url{http://lwn.net/Articles/118750/}.} alle pagine di memoria
+interna che contengono i dati, per questo una volta che i dati sono presenti
+nella memoria del kernel tutto quello che viene fatto è creare i suddetti
+puntatori ed aumentare il numero di referenze; questo significa che anche con
+\func{tee} non viene mai copiato nessun byte, vengono semplicemente copiati i
+puntatori.
% TODO?? dal 2.6.25 splice ha ottenuto il supporto per la ricezione su rete
Il concetto di \func{readahead} viene generalizzato nello standard
POSIX.1-2001 dalla funzione \func{posix\_fadvise},\footnote{anche se
- l'argomento \param{len} è stato modificato da \ctyp{size\_t} a \ctyp{off\_t}
+ l'argomento \param{len} è stato modificato da \type{size\_t} a \type{off\_t}
nella revisione POSIX.1-2003 TC5.} che consente di ``\textsl{avvisare}'' il
kernel sulle modalità con cui si intende accedere nel futuro ad una certa
porzione di un file,\footnote{la funzione però è stata introdotta su Linux
esclusivamente su Linux, inizialmente \funcd{fallocate} non era stata definita
come funzione di libreria,\footnote{pertanto poteva essere invocata soltanto
in maniera indiretta con l'ausilio di \func{syscall}, vedi
- sez.~\ref{sec:intro_syscall}, come \code{long fallocate(int fd, int mode,
+ sez.~\ref{sec:proc_syscall}, come \code{long fallocate(int fd, int mode,
loff\_t offset, loff\_t len)}.} ma a partire dalle \acr{glibc} 2.10 è
stato fornito un supporto esplicito; il suo prototipo è:
\begin{functions}
% LocalWords: ENFILE lenght segment violation SIGSEGV FIXED msync munmap copy
% LocalWords: DoS Denial Service EXECUTABLE NORESERVE LOCKED swapping stack fs
% LocalWords: GROWSDOWN ANON POPULATE prefaulting SIGBUS fifo VME fork old SFD
-% LocalWords: exec atime ctime mtime mprotect addr EACCESS mremap address new
+% LocalWords: exec atime ctime mtime mprotect addr mremap address new
% LocalWords: long MAYMOVE realloc VMA virtual Ingo Molnar remap pages pgoff
% LocalWords: dall' fault cache linker prelink advisory discrectionary lock fl
% LocalWords: flock shared exclusive operation dup inode linked NFS cmd ENOLCK