3 %% Copyright (C) 2000-2002 Simone Piccardi. Permission is granted to
4 %% copy, distribute and/or modify this document under the terms of the GNU Free
5 %% Documentation License, Version 1.1 or any later version published by the
6 %% Free Software Foundation; with the Invariant Sections being "Prefazione",
7 %% with no Front-Cover Texts, and with no Back-Cover Texts. A copy of the
8 %% license is included in the section entitled "GNU Free Documentation
11 \chapter{Introduzione ai socket}
12 \label{cha:socket_intro}
14 In questo capitolo inizieremo a spiegare le caratteristiche principali della
15 principale interfaccia per la programmazione di rete, quella dei
16 \textit{socket}, che pur essendo nata in unix è usata ormai da tutti i sistemi
19 Dopo una breve panoramica sulle caratteristiche di questa interfaccia vedremo
20 come creare un socket e come collegarlo allo specifico protocollo di rete che
21 utilizzerà per la comunicazione. Per evitare un'introduzione puramente teorica
22 concluderemo il capitolo con un primo esempio di applicazione.
24 \section{Una panoramica}
25 \label{sec:sock_overview}
27 Iniziamo con una descrizione essenziale di cosa sono i \textit{socket} e di
28 quali sono i concetti fondamentali da tenere presente quando si ha a che fare
33 \subsection{I \textit{socket}}
34 \label{sec:sock_socket_def}
36 Il \textit{socket}\footnote{una traduzione letterale potrebbe essere
37 \textsl{presa}, ma essendo universalmente noti come socket utilizzeremo
38 sempre la parola inglese.} è uno dei principali meccanismi di comunicazione
39 fra programmi utilizzato in ambito Unix. Il socket costituisce in sostanza un
40 canale di comunicazione fra due processi su cui si possono leggere e scrivere
41 dati analogo a quello di una pipe (vedi \secref{sec:ipc_pipes}) ma a
42 differenza di questa e degli altri meccanismi esaminati nel capitolo
43 \capref{cha:IPC} i socket non sono limitati alla comunicazione fra processi
44 che girano sulla stessa macchina ma possono effettuare la comunicazione anche
47 Quella dei socket costituisce infatti la principale API (\textit{Application
48 Program Interface}) usata nella programmazione di rete. La loro origine
49 risale al 1983, quando furono introdotti nel BSD 4.2; l'interfaccia è rimasta
50 sostanzialmente la stessa con piccole modifiche negli anni successivi. Benché
51 siano state sviluppate interfacce alternative, originate dai sistemi SVr4,
52 come la XTI (\textit{X/Open Transport Interface}) nessuna ha mai raggiunto la
53 diffusione e la popolarità di quella dei socket (né tantomeno la stessa
54 usabilità e flessibilità).
56 La flessibilità e la genericità dell'interfaccia inoltre ha consentito di
57 utilizzare i socket con i più disparati meccanismi di comunicazione, e non
58 solo con la suite dei protocolli TCP/IP, che sarà comunque quella di cui
59 tratteremo in maniera più estesa.
62 \subsection{Concetti base}
65 Per capire il funzionamento dei socket occorre avere presente il funzionamento
66 dei protocolli di rete (vedi \capref{cha:network}), ma l'interfaccia è del
67 tutto generale e benché le problematiche (e quindi le modalità di risolvere i
68 problemi) siano diverse a seconda del tipo di protocollo di comunicazione
69 usato, le funzioni da usare restano le stesse.
71 Per questo motivo una semplice descrizione dell'interfaccia è assolutamente
72 inutile, in quanto il comportamento di quest'ultima e le problematiche da
73 affrontare cambiano radicalmente a seconda dello \textsl{stile} di
74 comunicazione usato. La scelta di questo stile va infatti ad incidere sulla
75 semantica che verrà utilizzata a livello utente per gestire la comunicazione
76 (su come inviare e ricevere i dati) e sul comportamento effettivo delle
79 La scelta di uno stile dipende sia dai meccanismi disponibili, sia dal tipo di
80 comunicazione che si vuole effettuare. Ad esempio alcuni stili di
81 comunicazione considerano i dati come una sequenza continua di byte, altri
82 invece li raggruppano in blocchi (i pacchetti).
84 Un'altro esempio di stile concerne la possibilità che la comunicazione possa o
85 meno perdere dati, possa o meno non rispettare l'ordine in cui essi non sono
86 inviati, o inviare dei pacchetti più volte (come nel caso di TCP e UDP).
88 Un terzo esempio di stile di comunicazione concerne le modalità in cui essa
89 avviene, in certi casi essa può essere condotta con una connessione diretta
90 con un solo partner come per una telefonata; altri casi possono prevedere una
91 comunicazione come per lettera, in cui si scrive l'indirizzo su ogni
92 pacchetto, altri ancora una comunicazione \textit{broadcast} come per la
93 radio, in cui i pacchetti vengono emessi su appositi ``canali'' dove chiunque
94 si collega possa riceverli.
96 É chiaro che ciascuno di questi stili comporta una modalità diversa di gestire
97 la comunicazione, ad esempio se è inaffidabile occorrerà essere in grado di
98 gestire la perdita o il rimescolamento dei dati.
101 \section{La creazione di un \textit{socket}}
102 \label{sec:sock_creation}
104 Come accennato l'interfaccia dei socket è estremamente flessibile e permette
105 di interagire con protocolli di comunicazione anche molto diversi fra di loro;
106 in questa sezione vedremo come è possibile creare un socket e come specificare
107 il tipo di comunicazione che esso deve utilizzare.
109 \subsection{La funzione \func{socket}}
110 \label{sec:sock_socket}
112 La creazione di un socket avviene attraverso l'uso della funzione
113 \func{socket}; questa restituisce un \textit{file descriptor}\footnote{del
114 tutto analogo a quelli che si ottengono per i file di dati e le pipe,
115 descritti in \secref{sec:file_fd}.} che serve come riferimento al socket; il
117 \begin{prototype}{sys/socket.h}{int socket(int domain, int type, int protocol)}
121 \bodydesc{La funzione restituisce un intero positivo in caso di successo, e
122 -1 in caso di fallimento, nel qual caso la variabile \var{errno} assumerà
125 \item[\errcode{EPROTONOSUPPORT}] Il tipo di socket o il protocollo scelto non
126 sono supportati nel dominio.
127 \item[\errcode{ENFILE}] Il kernel non ha memoria sufficiente a creare una
128 nuova struttura per il socket.
129 \item[\errcode{EMFILE}] Si è ecceduta la tabella dei file.
130 \item[\errcode{EACCES}] Non si hanno privilegi per creare un socket nel
131 dominio o con il protocollo specificato.
132 \item[\errcode{EINVAL}] Protocollo sconosciuto o dominio non disponibile.
133 \item[\errcode{ENOBUFS}] Non c'è sufficiente memoria per creare il socket
134 (può essere anche \errval{ENOMEM}).
138 La funzione ha tre argomenti, \param{domain} specifica il dominio del socket
139 (definisce cioè la famiglia di protocolli, come vedremo in
140 \secref{sec:sock_domain}), \param{type} specifica il tipo di socket (definisce
141 cioè lo stile di comunicazione, come vedremo in \secref{sec:sock_type}) e
142 \param{protocol} il protocollo; in genere quest'ultimo è indicato
143 implicitamente dal tipo di socket, per cui viene messo a zero (con l'eccezione
144 dei \textit{raw socket}).
146 Si noti che la creazione del socket si limita ad allocare le opportune
147 strutture nel kernel (sostanzialmente una voce nella \textit{file table}) e
148 non comporta nulla riguardo all'indicazione degli indirizzi remoti o locali
149 attraverso i quali si vuole effettuare la comunicazione.
151 \subsection{Il dominio, o \textit{protocol family}}
152 \label{sec:sock_domain}
154 Dati i tanti e diversi protocolli di comunicazione disponibili, esistono vari
155 tipi di socket, che vengono classificati raggruppandoli in quelli che si
156 chiamano \textsl{domini}. La scelta di un dominio equivale in sostanza alla
157 scelta di una famiglia di protocolli. Ciascun dominio ha un suo nome simbolico
158 che convenzionalmente inizia con \texttt{PF\_} da \textit{protocol family},
159 altro nome con cui si indicano i domini.
161 A ciascun tipo di dominio corrisponde un analogo nome simbolico che inizia per
162 \texttt{AF\_} da \textit{address family}, e che identifica il formato degli
163 indirizzi usati in quel dominio; le pagine di manuale di Linux si riferiscono
164 a questi anche come \textit{name space}, (nome che però il manuale delle
165 \acr{glibc} riserva ai domini) e che identifica il formato degli indirizzi
166 usati in quel dominio.
168 L'idea alla base della distinzione era che una famiglia di protocolli potesse
169 supportare vari tipi di indirizzi, per cui il prefisso \texttt{PF\_} si
170 sarebbe dovuto usare nella creazione dei socket e il prefisso \texttt{AF\_} in
171 quello delle strutture degli indirizzi; questo è quanto specificato anche
172 dallo standard POSIX.1g, ma non esistono a tuttora famiglie di protocolli che
173 supportino diverse strutture di indirizzi, per cui nella pratica questi due
174 nomi sono equivalenti e corrispondono agli stessi valori.
176 I domini (e i relativi nomi simbolici), così come i nomi delle famiglie di
177 indirizzi sono definiti dall'header \textit{socket.h}. In Linux le famiglie di
178 protocolli disponibili sono riportate in \tabref{tab:net_pf_names}.
183 \begin{tabular}[c]{|l|l|l|}
185 \textbf{Nome} & \textbf{Utilizzo} &\textbf{Man page} \\
189 \const{PF\_LOCAL} & Local communication & unix(7) \\
190 \const{PF\_INET} & IPv4 Internet protocols & ip(7) \\
191 \const{PF\_INET6} & IPv6 Internet protocols & ipv6(7) \\
192 \const{PF\_IPX} & IPX - Novell protocols & \\
193 \const{PF\_NETLINK}& Kernel user interface device & netlink(7) \\
194 \const{PF\_X25} & ITU-T X.25 / ISO-8208 protocol & x25(7) \\
195 \const{PF\_AX25} & Amateur radio AX.25 protocol & \\
196 \const{PF\_ATMPVC} & Access to raw ATM PVCs & \\
197 \const{PF\_APPLETALK}& Appletalk & ddp(7) \\
198 \const{PF\_PACKET} & Low level packet interface & packet(7) \\
201 \caption{Famiglie di protocolli definiti in Linux}
202 \label{tab:net_pf_names}
205 Non tutte le famiglie di protocolli sono accessibili dall'utente generico, ad
206 esempio in generale tutti i socket di tipo \const{SOCK\_RAW} possono essere
207 creati solo da processi che hanno i privilegi di root (cioè con userid
208 effettivo uguale a zero) o con la capability \texttt{CAP\_NET\_RAW}.
211 \subsection{Il tipo, o stile}
212 \label{sec:sock_type}
214 La scelta di un dominio non comporta però la scelta dello stile di
215 comunicazione, questo infatti viene a dipendere dal protocollo che si andrà ad
216 utilizzare fra quelli disponibili nella famiglia scelta. Le API permettono di
217 scegliere lo stile di comunicazione indicando il tipo di socket; Linux e le
218 \acr{glibc} mettono a disposizione i seguenti tipi di socket (che il manuale
219 della \acr{glibc} chiama \textit{styles}) definiti come \ctyp{int} in
223 \item \const{SOCK\_STREAM} Provvede un canale di trasmissione dati
224 bidirezionale, sequenziale e affidabile. Opera su una connessione con un
225 altro socket. I dati vengono ricevuti e trasmessi come un flusso continuo di
226 byte (da cui il nome \textit{stream}).
227 \item \const{SOCK\_DGRAM} Viene usato per mandare pacchetti di lunghezza
228 massima fissata (\textit{datagram}) indirizzati singolarmente, senza
229 connessione e in maniera non affidabile. È l'opposto del precedente.
230 \item \const{SOCK\_SEQPACKET} Provvede un canale di trasmissione di dati
231 bidirezionale, sequenziale e affidabile. Opera su una connessione con un
232 altro socket. I dati possono solo essere trasmessi e letti per pacchetti (di
233 dimensione massima fissata).
234 \item \const{SOCK\_RAW} Provvede l'accesso a basso livello ai protocolli di
235 rete e alle varie interfacce. I normali programmi di comunicazione non
237 \item \const{SOCK\_RDM} Provvede un canale di trasmissione di pacchetti
238 affidabile ma in cui non è garantito l'ordine di arrivo dei pacchetti.
239 \item \const{SOCK\_PACKET} Obsoleto, non deve essere usato.
242 Si tenga presente che non tutte le combinazioni fra una famiglia di protocolli
243 e un tipo di socket sono valide, in quanto non è detto che in una famiglia
244 esista un protocollo per ciascuno dei diversi stili di comunicazione appena
250 \begin{tabular}{l|c|c|c|c|c|}
251 \multicolumn{1}{c}{} &\multicolumn{1}{c}{\const{SOCK\_STREAM}}&
252 \multicolumn{1}{c}{\const{SOCK\_DGRAM}} &
253 \multicolumn{1}{c}{\const{SOCK\_RAW}} &
254 \multicolumn{1}{c}{\const{SOCK\_PACKET}}&
255 \multicolumn{1}{c}{\const{SOCK\_SEQPACKET}} \\
257 \const{PF\_UNIX} & si & si & & & \\
259 \const{PF\_INET} & TCP & UDP & IPv4 & & \\
261 \const{PF\_INET6} & TCP & UDP & IPv6 & & \\
263 \const{PF\_IPX} & & & & & \\
265 \const{PF\_NETLINK} & & si & si & & \\
267 \const{PF\_X25} & & & & & si \\
269 \const{PF\_AX25} & & & & & \\
271 \const{PF\_ATMPVC} & & & & & \\
273 \const{PF\_APPLETALK} & & si & si & & \\
275 \const{PF\_PACKET} & & si & si & & \\
278 \caption{Combinazioni valide di dominio e tipo di protocollo per la
279 funzione \func{socket}.}
280 \label{tab:sock_sock_valid_combinations}
283 In \secref{tab:sock_sock_valid_combinations} sono mostrate le combinazioni
284 valide possibili per le varie famiglie di protocolli. Per ogni combinazione
285 valida si è indicato il tipo di protocollo, o la parola \textsl{si} qualora
286 non il protocollo non abbia un nome definito, mentre si sono lasciate vuote le
287 caselle per le combinazioni non supportate.
291 \section{Le strutture degli indirizzi dei socket}
292 \label{sec:sock_sockaddr}
294 Come si è visto nella creazione di un socket non si specifica nulla oltre al
295 tipo di famiglia di protocolli che si vuole utilizzare, in particolare nessun
296 indirizzo che identifichi i due capi della comunicazione. La funzione infatti
297 si limita ad allocare nel kernel quanto necessario per poter poi realizzare la
300 Gli indirizzi vengono specificati attraverso apposite strutture che vengono
301 utilizzate dalle altre funzioni della API dei socket quando la comunicazione
302 viene effettivamente realizzata.
304 Ogni famiglia di protocolli ha ovviamente una sua forma di indirizzamento e in
305 corrispondenza a questa una sua peculiare struttura degli indirizzi; i nomi di
306 tutte queste strutture iniziano per \var{sockaddr\_}, quelli propri di
307 ciascuna famiglia vengono identificati dal suffisso finale, aggiunto al nome
311 \subsection{La struttura generica}
312 \label{sec:sock_sa_gen}
314 Le strutture degli indirizzi vengono sempre passate alle varie funzioni
315 attraverso puntatori (cioè \textit{by reference}), ma le funzioni devono poter
316 maneggiare puntatori a strutture relative a tutti gli indirizzi possibili
317 nelle varie famiglie di protocolli; questo pone il problema di come passare
318 questi puntatori, il C ANSI risolve questo problema coi i puntatori generici
319 (i \ctyp{void *}), ma l'interfaccia dei socket è antecedente alla definizione
320 dello standard ANSI, e per questo nel 1982 fu scelto di definire una struttura
321 generica per gli indirizzi dei socket, \struct{sockaddr}, che si è riportata in
322 \figref{fig:sock_sa_gen_struct}.
325 \footnotesize \centering
326 \begin{minipage}[c]{15cm}
327 \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
329 sa_family_t sa_family; /* address family: AF_xxx */
330 char sa_data[14]; /* address (protocol-specific) */
334 \caption{La struttura generica degli indirizzi dei socket
336 \label{fig:sock_sa_gen_struct}
339 Tutte le funzioni dei socket che usano gli indirizzi sono definite usando nel
340 prototipo un puntatore a questa struttura; per questo motivo quando si
341 invocano dette funzioni passando l'indirizzo di un protocollo specifico
342 occorrerà eseguire un casting del relativo puntatore.
344 I tipi di dati che compongono la struttura sono stabiliti dallo standard
345 POSIX.1g, riassunti in \tabref{tab:sock_data_types} con i rispettivi file di
346 include in cui sono definiti; la struttura è invece definita nell'include file
352 \begin{tabular}{|l|l|l|}
354 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Tipo}}&
355 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Descrizione}}&
356 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Header}} \\
359 \type{int8\_t} & intero a 8 bit con segno & \file{sys/types.h}\\
360 \type{uint8\_t} & intero a 8 bit senza segno & \file{sys/types.h}\\
361 \type{int16\_t} & intero a 16 bit con segno & \file{sys/types.h}\\
362 \type{uint16\_t} & intero a 16 bit senza segno& \file{sys/types.h}\\
363 \type{int32\_t} & intero a 32 bit con segno & \file{sys/types.h}\\
364 \type{uint32\_t} & intero a 32 bit senza segno& \file{sys/types.h}\\
366 \type{sa\_family\_t} & famiglia degli indirizzi& \file{sys/socket.h}\\
367 \type{socklen\_t} & lunghezza (\type{uint32\_t}) dell'indirizzo di
368 un socket& \file{sys/socket.h}\\
370 \type{in\_addr\_t} & indirizzo IPv4 (\type{uint32\_t}) &
371 \file{netinet/in.h}\\
372 \type{in\_port\_t} & porta TCP o UDP (\type{uint16\_t})&
373 \file{netinet/in.h}\\
376 \caption{Tipi di dati usati nelle strutture degli indirizzi, secondo quanto
377 stabilito dallo standard POSIX.1g.}
378 \label{tab:sock_data_types}
381 In alcuni sistemi la struttura è leggermente diversa e prevede un primo membro
382 aggiuntivo \code{uint8\_t sin\_len} (come riportato da R. Stevens nei suoi
383 libri). Questo campo non verrebbe usato direttamente dal programmatore e non è
384 richiesto dallo standard POSIX.1g, in Linux pertanto non esiste. Il campo
385 \type{sa\_family\_t} era storicamente un \ctyp{unsigned short}.
387 Dal punto di vista del programmatore l'unico uso di questa struttura è quello
388 di fare da riferimento per il casting, per il kernel le cose sono un po'
389 diverse, in quanto esso usa il puntatore per recuperare il campo
390 \var{sa\_family} con cui determinare il tipo di indirizzo; per questo
391 motivo, anche se l'uso di un puntatore \ctyp{void *} sarebbe più immediato
392 per l'utente (che non dovrebbe più eseguire il casting), è stato mantenuto
393 l'uso di questa struttura.
396 \subsection{La struttura degli indirizzi IPv4}
397 \label{sec:sock_sa_ipv4}
399 I socket di tipo \const{PF\_INET} vengono usati per la comunicazione
400 attraverso internet; la struttura per gli indirizzi per un socket internet
401 (IPv4) è definita come \struct{sockaddr\_in} nell'header file
402 \file{netinet/in.h} e secondo le pagine di manuale ha la forma mostrata in
403 \figref{fig:sock_sa_ipv4_struct}, conforme allo standard POSIX.1g.
406 \footnotesize\centering
407 \begin{minipage}[c]{15cm}
408 \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
410 sa_family_t sin_family; /* address family: AF_INET */
411 u_int16_t sin_port; /* port in network byte order */
412 struct in_addr sin_addr; /* internet address */
414 /* Internet address. */
416 u_int32_t s_addr; /* address in network byte order */
420 \caption{La struttura degli indirizzi dei socket internet (IPv4)
421 \structd{sockaddr\_in}.}
422 \label{fig:sock_sa_ipv4_struct}
425 L'indirizzo di un socket internet (secondo IPv4) comprende l'indirizzo
426 internet di un'interfaccia più un numero di porta. Il protocollo IP non
427 prevede numeri di porta, che sono utilizzati solo dai protocolli di livello
428 superiore come TCP e UDP. Questa struttura però viene usata anche per i socket
429 RAW che accedono direttamente al livello di IP, nel qual caso il numero della
430 porta viene impostato al numero di protocollo.
432 Il membro \var{sin\_family} deve essere sempre impostato; \var{sin\_port}
433 specifica il numero di porta (vedi \secref{sec:TCPel_port_num}; i numeri di
434 porta sotto il 1024 sono chiamati \textsl{riservati} in quanto utilizzati da
435 servizi standard. Soltanto processi con i privilegi di root (con userid
436 effettivo uguale a zero) o con la capability \texttt{CAP\_NET\_BIND\_SERVICE}
437 possono usare la funzione \func{bind} su queste porte.
439 Il membro \var{sin\_addr} contiene l'indirizzo internet dell'altro capo
440 della comunicazione, e viene acceduto sia come struttura (un resto di una
441 implementazione precedente in cui questa era una \direct{union} usata per
442 accedere alle diverse classi di indirizzi) che come intero.
444 Infine è da sottolineare che sia gli indirizzi che i numeri di porta devono
445 essere specificati in quello che viene chiamato \textit{network order}, cioè
446 con i bit ordinati in formato \textit{big endian}, questo comporta la
447 necessità di usare apposite funzioni di conversione per mantenere la
448 portabilità del codice (vedi \secref{sec:sock_addr_func} per i dettagli del
449 problema e le relative soluzioni).
452 \subsection{La struttura degli indirizzi IPv6}
453 \label{sec:sock_sa_ipv6}
455 Essendo IPv6 un'estensione di IPv4 i socket di tipo \const{PF\_INET6} sono
456 sostanzialmente identici ai precedenti; la parte in cui si trovano
457 praticamente tutte le differenze è quella della struttura degli indirizzi. La
458 struttura degli indirizzi è definita ancora in \file{netinet/in.h}.
461 \footnotesize \centering
462 \begin{minipage}[c]{15cm}
463 \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
464 struct sockaddr_in6 {
465 u_int16_t sin6_family; /* AF_INET6 */
466 u_int16_t sin6_port; /* port number */
467 u_int32_t sin6_flowinfo; /* IPv6 flow information */
468 struct in6_addr sin6_addr; /* IPv6 address */
469 u_int32_t sin6_scope_id; /* Scope id (new in 2.4) */
473 unsigned char s6_addr[16]; /* IPv6 address */
477 \caption{La struttura degli indirizzi dei socket IPv6
478 \structd{sockaddr\_in6}.}
479 \label{fig:sock_sa_ipv6_struct}
482 Il campo \var{sin6\_family} deve essere sempre impostato ad
483 \const{AF\_INET6}, il campo \var{sin6\_port} è analogo a quello di IPv4 e
484 segue le stesse regole; il campo \var{sin6\_flowinfo} è a sua volta diviso
485 in tre parti di cui i 24 bit inferiori indicano l'etichetta di flusso, i
486 successivi 4 bit la priorità e gli ultimi 4 sono riservati; questi valori
487 fanno riferimento ad alcuni campi specifici dell'header dei pacchetti IPv6
488 (vedi \secref{sec:IP_ipv6head}) ed il loro uso è sperimentale.
490 Il campo \var{sin6\_addr} contiene l'indirizzo a 128 bit usato da IPv6,
491 infine il campo \var{sin6\_scope\_id} è un campo introdotto con il kernel
492 2.4 per gestire alcune operazioni riguardanti il multicasting.
494 Si noti che questa struttura è più grande di una \struct{sockaddr} generica,
495 quindi occorre stare attenti a non avere fatto assunzioni riguardo alla
496 possibilità di contenere i dati nelle dimensioni di quest'ultima.
499 \subsection{La struttura degli indirizzi locali}
500 \label{sec:sock_sa_local}
502 I socket di tipo \const{PF\_UNIX} o \const{PF\_LOCAL} vengono usati per una
503 comunicazione fra processi che stanno sulla stessa macchina (per vengono
504 chiamati \textit{local domain} o anche \textit{Unix domain}); essi rispetto ai
505 precedenti possono essere anche creati in maniera anonima attraverso la
506 funzione \func{socketpair} (vedi \secref{sec:ipc_socketpair}). Quando però si
507 vuole fare riferimento esplicito ad uno di questi socket si deve usare la
508 seguente struttura di indirizzi definita nel file di header \file{sys/un.h}.
511 \footnotesize \centering
512 \begin{minipage}[c]{15cm}
513 \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
514 #define UNIX_PATH_MAX 108
516 sa_family_t sun_family; /* AF_UNIX */
517 char sun_path[UNIX_PATH_MAX]; /* pathname */
521 \caption{La struttura degli indirizzi dei socket locali
522 \structd{sockaddr\_un}.}
523 \label{fig:sock_sa_local_struct}
526 In questo caso il campo \var{sun\_family} deve essere \const{AF\_UNIX},
527 mentre il campo \var{sun\_path} deve specificare un indirizzo; questo ha
528 due forme un file (di tipo socket) nel filesystem o una stringa univoca
529 (tenuta in uno spazio di nomi astratto). Nel primo caso l'indirizzo viene
530 specificato come una stringa (terminata da uno zero) corrispondente al
531 pathname del file; nel secondo invece \var{sun\_path} inizia con uno zero
532 vengono usati i restanti byte come stringa (senza terminazione).
535 % \subsection{Il passaggio delle strutture}
536 % \label{sec:sock_addr_pass}
538 % Come detto nelle funzioni della API dei socket le strutture degli indirizzi
539 % vengono sempre passate per riferimento usando un puntatore; anche la lunghezza
540 % della struttura è passata come argomento, ma in questo caso la modalità del
541 % passaggio dipende dalla direzione del medesimo, dal processo al kernel o
544 % In particolare le tre funzioni \texttt{bind}, \texttt{connect} e
545 % \texttt{sendto} passano la struttura al kernel, in questo caso è passata
546 % \textsl{per valore} anche la dimensione della medesima
549 % Le funzioni \texttt{accept}, \texttt{recvfrom}, \texttt{getsockname} e
550 % \texttt{getpeername} invece ricevono i valori del kernel
554 \section{Le funzioni di conversione degli indirizzi}
555 \label{sec:sock_addr_func}
557 In questa sezione tratteremo delle varie funzioni usate per manipolare gli
558 indirizzi, limitandoci però agli indirizzi internet.
560 Come accennato gli indirizzi e i numeri di porta usati nella rete devono
561 essere forniti in formato opportuno (il \textit{network order}). Per capire
562 cosa significa tutto ciò occorre introdurre un concetto generale che tornerà
563 utile anche in seguito.
566 \subsection{La \textit{endianess}\index{endianess}}
567 \label{sec:sock_endianess}
569 La rappresentazione di un numero binario in un computer può essere fatta in
570 due modi, chiamati rispettivamente \textit{big endian} e \textit{little
571 endian} a seconda di come i singoli bit vengono aggregati per formare le
572 variabili intere (in diretta corrispondenza a come sono poi in realtà cablati
573 sui bus interni del computer).
575 Per capire meglio il problema si consideri un intero a 16 bit scritto in una
576 locazione di memoria posta ad un certo indirizzo. I singoli bit possono essere
577 disposti un memoria in due modi, a partire dal più significativo o a partire
578 dal meno significativo. Così nel primo caso si troverà il byte che contiene i
579 bit più significativi all'indirizzo menzionato e il byte con i bit meno
580 significativi nell'indirizzo successivo; questo ordinamento è detto
581 \textit{little endian} dato che il dato finale è la parte ``piccola'' del
582 numero. Il caso opposto, in cui si parte dal bit meno significativo è detto
583 per lo stesso motivo \textit{big endian}.
585 La \textit{endianess}\index{endianess} di un computer dipende essenzialmente
586 dalla architettura hardware usata; Intel e Digital usano il \textit{little
587 endian}, Motorola, IBM, Sun (sostanzialmente tutti gli altri) usano il
588 \textit{big endian}. Il formato della rete è anch'esso \textit{big endian},
589 altri esempi sono quello del bus PCI, che è \textit{little endian}, o quello
590 del bus VME che è \textit{big endian}.
592 Esistono poi anche dei processori che possono scegliere il tipo di formato
593 all'avvio e alcuni che, come il PowerPC o l'Intel i860, possono pure passare
594 da un tipo di ordinamento all'altro con una specifica istruzione. In ogni caso
595 in Linux l'ordinamento è definito dall'architettura e dopo l'avvio del sistema
596 resta sempre lo stesso, anche quando il processore permetterebbe di eseguire
599 \subsection{Le funzioni per il riordinamento}
600 \label{sec:sock_func_ord}
602 Il problema connesso all'endianess\index{endianess} è che quando si passano
603 dei dati da un tipo di architettura all'altra i dati vengono interpretati in
604 maniera diversa, e ad esempio nel caso dell'intero a 16 bit ci si ritroverà
605 con i due byte in cui è suddiviso scambiati di posto, e ne sarà quindi
606 invertito l'ordine di lettura per cui, per riavere il valore originale
607 dovranno essere rovesciati.
609 Per questo motivo si usano le seguenti funzioni di conversione che servono a
610 tener conto automaticamente della possibile differenza fra l'ordinamento usato
611 sul computer e quello che viene usato nelle trasmissione sulla rete; queste
614 \headdecl{netinet/in.h}
615 \funcdecl{unsigned long int htonl(unsigned long int hostlong)}
616 Converte l'intero a 32 bit \param{hostlong} dal formato della macchina a
619 \funcdecl{unsigned short int htons(unsigned short int hostshort)}
620 Converte l'intero a 16 bit \param{hostshort} dal formato della macchina a
623 \funcdecl{unsigned long int ntonl(unsigned long int netlong)}
624 Converte l'intero a 32 bit \param{netlong} dal formato della rete a quello
627 \funcdecl{unsigned sort int ntons(unsigned short int netshort)}
628 Converte l'intero a 16 bit \param{netshort} dal formato della rete a quello
631 \bodydesc{Tutte le funzioni restituiscono il valore convertito, e non hanno
635 I nomi sono assegnati usando la lettera \texttt{n} come mnemonico per indicare
636 l'ordinamento usato sulla rete (da \textit{network order}) e la lettera
637 \texttt{h} come mnemonico per l'ordinamento usato sulla macchina locale (da
638 \textit{host order}), mentre le lettere \texttt{s} e \texttt{l} stanno ad
639 indicare i tipi di dato (\ctyp{long} o \ctyp{short}, riportati anche dai
642 Usando queste funzioni si ha la conversione automatica: nel caso in cui la
643 macchina che si sta usando abbia una architettura \textit{big endian} queste
644 funzioni sono definite come macro che non fanno nulla. Per questo motivo vanno
645 sempre utilizzate, anche quando potrebbero non essere necessarie, in modo da
646 assicurare la portabilità del codice su tutte le architetture.
649 \subsection{Le funzioni \func{inet\_aton}, \func{inet\_addr} e
651 \label{sec:sock_func_ipv4}
653 Un secondo insieme di funzioni di manipolazione serve per passare dal formato
654 binario usato nelle strutture degli indirizzi alla rappresentazione simbolica
655 dei numeri IP che si usa normalmente.
657 Le prime tre funzioni di manipolazione riguardano la conversione degli
658 indirizzi IPv4 da una stringa in cui il numero di IP è espresso secondo la
659 cosiddetta notazione \textit{dotted-decimal}, (cioè nella forma
660 \texttt{192.160.0.1}) al formato binario (direttamente in \textit{network
661 order}) e viceversa; in questo caso si usa la lettera \texttt{a} come
662 mnemonico per indicare la stringa. Dette funzioni sono:
664 \headdecl{arpa/inet.h}
666 \funcdecl{in\_addr\_t inet\_addr(const char *strptr)} Converte la stringa
667 dell'indirizzo \textit{dotted decimal} in nel numero IP in network order.
669 \funcdecl{int inet\_aton(const char *src, struct in\_addr *dest)} Converte
670 la stringa dell'indirizzo \textit{dotted decimal} in un indirizzo IP.
672 \funcdecl{char *inet\_ntoa(struct in\_addr addrptr)}
673 Converte un indirizzo IP in una stringa \textit{dotted decimal}.
675 \bodydesc{Tutte queste le funzioni non generano codice di errore.}
678 La prima funcione, \func{inet\_addr}, restituisce l'indirizzo a 32 bit in
679 network order (del tipo \type{in\_addr\_t}) a partire dalla stringa passata
680 nellargomento \param{strptr}. In caso di errore (quando la stringa non esprime
681 un indirizzo valido) restituisce invece il valore \const{INADDR\_NONE} che
682 tipicamente sono trentadue bit a uno. Questo però comporta che la stringa
683 \texttt{255.255.255.255}, che pure è un indirizzo valido, non può essere usata
684 con questa funzione; per questo motivo essa è generalmente deprecata in favore
685 di \func{inet\_aton}.
687 La funzione \func{inet\_aton} converte la stringa puntata da \param{src}
688 nell'indirizzo binario che viene memorizzato nell'opportuna struttura
689 \struct{in\_addr} (si veda \secref{fig:sock_sa_ipv4_struct}) situata
690 all'indirizzo dato dall'argomento \param{dest} (è espressa in questa forma in
691 modo da poterla usare direttamente con il puntatore usato per passare la
692 struttura degli indirizzi). La funzione restituesce 0 in caso di successo e 1
693 in caso di fallimento. Se usata con \param{dest} inizializzato a \val{NULL}
694 effettua la validazione dell'indirizzo.
696 L'ultima funzione, \func{inet\_ntoa}, converte il valore a 32 bit
697 dell'indirizzo (espresso in \textit{network order}) restituendo il puntatore
698 alla stringa che contiene l'espressione in formato dotted decimal. Si deve
699 tenere presente che la stringa risiede in memoria statica, per cui questa
700 funzione non è rientrante.
703 \subsection{Le funzioni \func{inet\_pton} e \func{inet\_ntop}}
704 \label{sec:sock_conv_func_gen}
706 Le tre funzioni precedenti sono limitate solo ad indirizzi IPv4, per questo
707 motivo è preferibile usare le due nuove funzioni \func{inet\_pton} e
708 \func{inet\_ntop} che possono convertire anche gli indirizzi IPv6. Anche in
709 questo caso le lettere \texttt{n} e \texttt{p} sono degli mnemonici per
710 ricordare il tipo di conversione effettuata e stanno per \textit{presentation}
713 % \begin{figure}[htb]
716 % \caption{Schema della rappresentazioni utilizzate dalle funzioni di
717 % conversione \texttt{inet\_pton} e \texttt{inet\_ntop} }
718 % \label{fig:sock_inet_conv_func}
722 Entrambe le funzioni accettano l'argomento \param{af} che indica il tipo di
723 indirizzo e può essere soltanto \const{AF\_INET} o \const{AF\_INET6}. I
724 prototipi delle suddette funzioni sono i seguenti:
725 \begin{prototype}{sys/socket.h}
726 {int inet\_pton(int af, const char *src, void *addr\_ptr)}
728 Converte l'indirizzo espresso tramite una stringa nel valore numerico.
730 \bodydesc{La funzione restituisce un valore negativo se \param{af} specifica
731 una famiglia di indirizzi non valida, con \var{errno} che assume il valore
732 \errcode{EAFNOSUPPORT}, un valore nullo se \param{src} non rappresenta un
733 indirizzo valido, ed un valore positivo in caso di successo.}
736 La funzione converte la stringa indicata tramite \param{src} nel valore
737 numerico dell'indirizzo IP del tipo specificato da \param{af} che viene
738 memorizzato all'indirizzo puntato da \param{addr\_ptr}, la funzione restituisce
739 un valore positivo in caso di successo, e zero se la stringa non rappresenta
740 un indirizzo valido, e negativo se \param{af} specifica una famiglia di
741 indirizzi non valida.
744 \begin{prototype}{sys/socket.h}
745 {char *inet\_ntop(int af, const void *addr\_ptr, char *dest, size\_t len)}
746 Converte l'indirizzo dalla relativa struttura in una stringa simbolica.
748 \bodydesc{La funzione restituisce un puntatore non nullo alla stringa
749 convertita in caso di successo e \val{NULL} in caso di fallimento, nel
750 qual caso \var{errno} assume i valor:
752 \item[\errcode{ENOSPC}] le dimensioni della stringa con la conversione
753 dell'indirizzo eccedono la lunghezza specificata da \param{len}.
754 \item[\errcode{ENOAFSUPPORT}] la famiglia di indirizzi \param{af} non è
759 La funzione converte la struttura dell'indirizzo puntata da \param{addr\_ptr}
760 in una stringa che viene copiata nel buffer puntato dall'indirizzo
761 \param{dest}; questo deve essere preallocato dall'utente e la lunghezza deve
762 essere almeno \const{INET\_ADDRSTRLEN} in caso di indirizzi IPv4 e
763 \const{INET6\_ADDRSTRLEN} per indirizzi IPv6; la lunghezza del buffer deve
764 comunque venire specificata attraverso il parametro \param{len}.
766 Gli indirizzi vengono convertiti da/alle rispettive strutture di indirizzo
767 (una struttura \struct{in\_addr} per IPv4, e una struttura \struct{in6\_addr}
768 per IPv6), che devono essere precedentemente allocate e passate attraverso il
769 puntatore \param{addr\_ptr}; l'argomento \param{dest} di \func{inet\_ntop} non
770 può essere nullo e deve essere allocato precedentemente.
772 Il formato usato per gli indirizzi in formato di presentazione è la notazione
773 \textit{dotted decimal} per IPv4 e quello descritto in
774 \secref{sec:IP_ipv6_notation} per IPv6.
779 \section{Un esempio di applicazione}
780 \label{sec:sock_appplication}
782 Per evitare di rendere questa introduzione ai socket puramente teorica
783 iniziamo con il mostrare un esempio di un client TCP elementare. Prima di
784 passare agli esempi del client e del server, ritorniamo con maggiori dettagli
785 su una caratteristica delle funzioni di I/O che nel caso dei socket è
786 particolarmente rilevante, e che ci tornerà utile anche in seguito.
789 \subsection{Il comportamento delle funzioni di I/O}
790 \label{sec:sock_io_behav}
792 Una cosa di cui non sempre si è consapevoli quando si ha a che fare con i
793 socket è che le funzioni di input/output non sempre hanno lo stesso
794 comportamento che avrebbero con i normali files (in particolare questo accade
795 per i socket di tipo stream).
797 Infatti con i socket è comune che funzioni come \func{read} o \func{write}
798 possano restituire in input o scrivere in output un numero di byte minore di
799 quello richiesto. Come già accennato in \secref{sec:file_read} questo è un
800 comportamento normale per l'I/O su file; con i normali file di dati il
801 problema si avverte solo quando si incontra la fine del file, ma in generale
804 In questo caso tutto quello che il programma chiamante deve fare è di ripetere
805 la lettura (o scrittura) per la quantità di byte rimanenti (e le funzioni si
806 possono bloccare se i dati non sono disponibili): è lo stesso comportamento
807 che si può avere scrivendo più di \const{PIPE\_BUF} byte in una pipe (si
808 riveda quanto detto in \secref{sec:ipc_pipes}).
816 ssize_t SockRead(int fd, void *buf, size_t count)
822 while (nleft > 0) { /* repeat until no left */
823 if ( (nread = read(fd, buf, nleft)) < 0) {
824 if (errno == EINTR) { /* if interrupted by system call */
825 continue; /* repeat the loop */
827 return(nread); /* otherwise exit */
829 } else if (nread == 0) { /* EOF */
830 break; /* break loop here */
832 nleft -= nread; /* set left to read */
833 buf +=nread; /* set pointer */
835 return (count - nleft);
838 \caption{Funzione \func{SockRead}, legge \var{count} byte da un socket }
839 \label{fig:sock_SockRead_code}
842 Per questo motivo, seguendo l'esempio di W. R. Stevens in \cite{UNP1}, si sono
843 definite due funzioni \func{SockRead} e \func{SockWrite} che eseguono la
844 lettura da un socket tenendo conto di questa caratteristica, ed in grado di
845 ritornare dopo avere letto o scritto esattamente il numero di byte
846 specificato; il sorgente è riportato in \figref{fig:sock_SockRead_code} e
847 \figref{fig:sock_SockWrite_code} ed è disponibile fra i sorgenti allegati alla
848 guida nei files \file{SockRead.c} e \file{SockWrite.c}.
856 ssize_t SockWrite(int fd, const void *buf, size_t count)
862 while (nleft > 0) { /* repeat until no left */
863 if ( (nwritten = write(fd, buf, nleft)) < 0) {
864 if (errno == EINTR) { /* if interrupted by system call */
865 continue; /* repeat the loop */
867 return(nwritten); /* otherwise exit with error */
870 nleft -= nwritten; /* set left to write */
871 buf +=nwritten; /* set pointer */
876 \caption{Funzione \func{SockWrite}, scrive \var{count} byte su un socket.}
877 \label{fig:sock_SockWrite_code}
880 Come si può notare le funzioni ripetono la lettura/scrittura in un ciclo fino
881 all'esaurimento del numero di byte richiesti, in caso di errore viene
882 controllato se questo è \errcode{EINTR} (cioè un'interruzione della system call
883 dovuta ad un segnale), nel qual caso l'accesso viene ripetuto, altrimenti
884 l'errore viene ritornato interrompendo il ciclo.
886 Nel caso della lettura, se il numero di byte letti è zero, significa che si è
887 arrivati alla fine del file (per i socket questo significa in genere che
888 l'altro capo è stato chiuso, e non è quindi più possibile leggere niente) e
889 pertanto si ritorna senza aver concluso la lettura di tutti i byte richiesti.
893 \subsection{Un primo esempio di client}
894 \label{sec:net_cli_sample}
896 Lo scopo di questo esempio è fornire un primo approccio alla programmazione di
897 rete e vedere come si usano le funzioni descritte in precedenza, alcune delle
898 funzioni usate nell'esempio saranno trattate in dettaglio nel capitolo
899 successivo; qui ci limiteremo a introdurre la nomenclatura senza fornire
900 definizioni precise e dettagli di funzionamento che saranno trattati
901 estensivamente più avanti.
903 In \figref{fig:net_cli_code} è riportata la sezione principale del codice del
904 nostro client elementare per il servizio \textit{daytime}, un servizio
905 standard che restituisce l'ora locale della macchina a cui si effettua la
911 #include <sys/types.h> /* predefined types */
912 #include <unistd.h> /* include unix standard library */
913 #include <arpa/inet.h> /* IP addresses conversion utilities */
914 #include <sys/socket.h> /* socket library */
915 #include <stdio.h> /* include standard I/O library */
917 int main(int argc, char *argv[])
921 struct sockaddr_in serv_add;
922 char buffer[MAXLINE];
925 if ( (sock_fd = socket(AF_INET, SOCK_STREAM, 0)) < 0) {
926 perror("Socket creation error");
929 /* initialize address */
930 memset((void *) &serv_add, 0, sizeof(serv_add)); /* clear server address */
931 serv_add.sin_family = AF_INET; /* address type is INET */
932 serv_add.sin_port = htons(13); /* daytime post is 13 */
933 /* build address using inet_pton */
934 if ( (inet_pton(AF_INET, argv[optind], &serv_add.sin_addr)) <= 0) {
935 perror("Address creation error");
938 /* extablish connection */
939 if (connect(sock_fd, (struct sockaddr *)&serv_add, sizeof(serv_add)) < 0) {
940 perror("Connection error");
943 /* read daytime from server */
944 while ( (nread = read(sock_fd, buffer, MAXLINE)) > 0) {
946 if (fputs(buffer, stdout) == EOF) { /* write daytime */
947 perror("fputs error");
953 perror("Read error");
960 \caption{Esempio di codice di un client elementare per il servizio daytime.}
961 \label{fig:net_cli_code}
964 Il sorgente completo del programma (\file{ElemDaytimeTCPClient.c}, che
965 comprende il trattamento delle opzioni e una funzione per stampare un
966 messaggio di aiuto) è allegato alla guida nella sezione dei codici sorgente e
967 può essere compilato su una qualunque macchina Linux.
969 Il programma anzitutto include gli header necessari (\texttt{\small 1--5});
970 dopo la dichiarazione delle variabili (\texttt{\small 9--12}) si è omessa
971 tutta la parte relativa al trattamento degli argomenti passati dalla linea di
972 comando (effettuata con le apposite routine illustrate in
973 \capref{sec:proc_opt_handling}).
975 Il primo passo (\texttt{\small 14--18}) è creare un \textit{socket} IPv4
976 (\const{AF\_INET}), di tipo TCP \const{SOCK\_STREAM}. La funzione
977 \func{socket} ritorna il descrittore che viene usato per identificare il
978 socket in tutte le chiamate successive. Nel caso la chiamata fallisca si
979 stampa un errore con la relativa routine e si esce.
981 Il passo seguente (\texttt{\small 19--27}) è quello di costruire un'apposita
982 struttura \struct{sockaddr\_in} in cui sarà inserito l'indirizzo del server ed
983 il numero della porta del servizio. Il primo passo è inizializzare tutto a
984 zero, per poi inserire il tipo di protocollo e la porta (usando per
985 quest'ultima la funzione \func{htons} per convertire il formato dell'intero
986 usato dal computer a quello usato nella rete), infine si utilizza la funzione
987 \func{inet\_pton} per convertire l'indirizzo numerico passato dalla linea di
990 Usando la funzione \func{connect} sul socket creato in precedenza
991 (\texttt{\small 28--32}) si provvede poi a stabilire la connessione con il
992 server specificato dall'indirizzo immesso nella struttura passata come secondo
993 argomento, il terzo argomento è la dimensione di detta struttura. Dato che
994 esistono diversi tipi di socket, si è dovuto effettuare un cast della
995 struttura inizializzata in precedenza, che è specifica per i socket IPv4. Un
996 valore di ritorno negativo implica il fallimento della connessione.
998 Completata con successo la connessione il passo successivo (\texttt{\small
999 34--40}) è leggere la data dal socket; il server invierà sempre una stringa
1000 di 26 caratteri della forma \verb|Wed Apr 4 00:53:00 2001\r\n|, che viene
1001 letta dalla funzione \func{read} e scritta su \file{stdout}.
1003 Dato il funzionamento di TCP la risposta potrà tornare in un unico pacchetto
1004 di 26 byte (come avverrà senz'altro nel caso in questione) ma potrebbe anche
1005 arrivare in 26 pacchetti di un byte. Per questo nel caso generale non si può
1006 mai assumere che tutti i dati arrivino con una singola lettura, pertanto
1007 quest'ultima deve essere effettuata in un ciclo in cui si continui a leggere
1008 fintanto che la funzione \func{read} non ritorni uno zero (che significa che
1009 l'altro capo ha chiuso la connessione) o un numero minore di zero (che
1010 significa un errore nella connessione).
1012 Si noti come in questo caso la fine dei dati sia specificata dal server che
1013 chiude la connessione; questa è una delle tecniche possibili (è quella usata
1014 pure dal protocollo HTTP), ma ce ne possono essere altre, ad esempio FTP marca
1015 la conclusione di un blocco di dati con la sequenza ASCII \verb|\r\n|
1016 (carriage return e line feed), mentre il DNS mette la lunghezza in testa ad
1017 ogni blocco che trasmette. Il punto essenziale è che TCP non provvede nessuna
1018 indicazione che permetta di marcare dei blocchi di dati, per cui se questo è
1019 necessario deve provvedere il programma stesso.
1021 \subsection{Un primo esempio di server}
1022 \label{sec:net_serv_sample}
1024 Dopo aver illustrato il client daremo anche un esempio di un server
1025 elementare, in grado di rispondere al precedente client. Il listato è
1026 nuovamente mostrato in \figref{fig:net_serv_code}, il sorgente completo
1027 (\file{ElemDaytimeTCPServer.c}) è allegato insieme agli altri file nella
1028 directory \file{sources}.
1030 \begin{figure}[!htbp]
1032 \begin{lstlisting}{}
1033 #include <sys/types.h> /* predefined types */
1034 #include <unistd.h> /* include unix standard library */
1035 #include <arpa/inet.h> /* IP addresses conversion utilities */
1036 #include <sys/socket.h> /* socket library */
1037 #include <stdio.h> /* include standard I/O library */
1041 int main(int argc, char *argv[])
1044 * Variables definition
1046 int list_fd, conn_fd;
1048 struct sockaddr_in serv_add;
1049 char buffer[MAXLINE];
1053 if ( (list_fd = socket(AF_INET, SOCK_STREAM, 0)) < 0) {
1054 perror("Socket creation error");
1057 /* initialize address */
1058 memset((void *)&serv_add, 0, sizeof(serv_add)); /* clear server address */
1059 serv_add.sin_family = AF_INET; /* address type is INET */
1060 serv_add.sin_port = htons(13); /* daytime port is 13 */
1061 serv_add.sin_addr.s_addr = htonl(INADDR_ANY); /* connect from anywhere */
1063 if (bind(list_fd, (struct sockaddr *)&serv_add, sizeof(serv_add)) < 0) {
1064 perror("bind error");
1067 /* listen on socket */
1068 if (listen(list_fd, BACKLOG) < 0 ) {
1069 perror("listen error");
1072 /* write daytime to client */
1074 if ( (conn_fd = accept(list_fd, (struct sockaddr *) NULL, NULL)) <0 ) {
1075 perror("accept error");
1078 timeval = time(NULL);
1079 snprintf(buffer, sizeof(buffer), "%.24s\r\n", ctime(&timeval));
1080 if ( (write(conn_fd, buffer, strlen(buffer))) < 0 ) {
1081 perror("write error");
1090 \caption{Esempio di codice di un semplice server per il servizio daytime.}
1091 \label{fig:net_serv_code}
1094 Come per il client si includono gli header necessari a cui è aggiunto quello
1095 per trattare i tempi, e si definiscono alcune costanti e le variabili
1096 necessarie in seguito (\texttt{\small 1--18}), come nel caso precedente si
1097 sono omesse le parti relative al trattamento delle opzioni da riga di comando.
1099 La creazione del socket (\texttt{\small 22--26}) è analoga al caso precedente,
1100 come pure l'inizializzazione della struttura \struct{sockaddr\_in}, anche in
1101 questo caso si usa la porta standard del servizio daytime, ma come indirizzo
1102 IP si il valore predefinito \const{INET\_ANY} che corrisponde ad un indirizzo
1103 generico (\texttt{\small 27--31}).
1105 Si effettua poi (\texttt{\small 32--36}) la chiamata alla funzione
1106 \func{bind} che permette di associare la precedente struttura al socket, in
1107 modo che quest'ultimo possa essere usato per accettare connessioni su una
1108 qualunque delle interfacce di rete locali.
1110 Il passo successivo (\texttt{\small 37--41}) è mettere ``in ascolto'' il
1111 socket, questo viene effettuato con la funzione \func{listen} che dice al
1112 kernel di accettare connessioni per il socket specificato, la funzione indica
1113 inoltre, con il secondo parametro, il numero massimo di connessioni che il
1114 kernel accetterà di mettere in coda per il suddetto socket.
1116 Questa ultima chiamata completa la preparazione del socket per l'ascolto (che
1117 viene chiamato anche \textit{listening descriptor}) a questo punto il processo
1118 è mandato in sleep (\texttt{\small 44--47}) con la successiva chiamata alla
1119 funzione \func{accept}, fin quando non arriva e viene accettata una
1120 connessione da un client.
1122 Quando questo avviene \func{accept} ritorna un secondo descrittore di socket,
1123 che viene chiamato \textit{connected descriptor} che è quello che viene usato
1124 dalla successiva chiamata alla \func{write} per scrivere la risposta al
1125 client, una volta che si è opportunamente (\texttt{\small 48--49}) costruita
1126 la stringa con la data da trasmettere. Completata la trasmissione il nuovo
1127 socket viene chiuso (\texttt{\small 54}). Il tutto è inserito in un ciclo
1128 infinito (\texttt{\small 42--55}) in modo da poter ripetere l'invio della data
1129 ad una successiva connessione.
1131 È importante notare che questo server è estremamente elementare, infatti a
1132 parte il fatto di essere dipendente da IPv4, esso è in grado di servire solo
1133 un client alla volta, è cioè un \textsl{server iterativo}, inoltre esso è
1134 scritto per essere lanciato da linea di comando, se lo si volesse utilizzare
1135 come demone di sistema (che è in esecuzione anche quando non c'è nessuna shell
1136 attiva e il terminale da cui lo si è lanciato è stato sconnesso),
1137 occorrerebbero delle opportune modifiche.
1141 %%% Local Variables:
1143 %%% TeX-master: "gapil"