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12 \chapter{L'intercomunicazione fra processi}
16 Uno degli aspetti fondamentali della programmazione in un sistema unix-like è
17 la comunicazione fra processi. In questo capitolo affronteremo solo i
18 meccanismi più elementari che permettono di mettere in comunicazione processi
19 diversi, come quelli tradizionali che coinvolgono \textit{pipe} e
20 \textit{fifo} e i meccanismi di intercomunicazione di System V e quelli POSIX.
22 Tralasceremo invece tutte le problematiche relative alla comunicazione
23 attraverso la rete (e le relative interfacce) che saranno affrontate in
24 dettaglio in un secondo tempo. Non affronteremo neanche meccanismi più
25 complessi ed evoluti come le RPC (\textit{Remote Procedure Calls}) e CORBA
26 (\textit{Common Object Request Brocker Architecture}) che in genere sono
27 implementati con un ulteriore livello sopra i meccanismi elementari.
30 \section{L'intercomunicazione fra processi tradizionale}
33 Il primo meccanismo di comunicazione fra processi introdotto nei sistemi Unix,
34 è quello delle cosiddette \textit{pipe}; esse costituiscono una delle
35 caratteristiche peculiari del sistema, in particolar modo dell'interfaccia a
36 linea di comando. In questa sezione descriveremo le sue basi, le funzioni che
37 ne gestiscono l'uso e le varie forme in cui si è evoluto.
40 \subsection{Le \textit{pipe} standard}
43 Le \textit{pipe} nascono sostanzialmente con Unix, e sono il primo, e tuttora
44 uno dei più usati, meccanismi di comunicazione fra processi. Si tratta in
45 sostanza di una coppia di file descriptor\footnote{si tenga presente che
46 le pipe sono oggetti creati dal kernel e non risiedono su disco.} connessi
47 fra di loro in modo che se quanto scrive su di uno si può rileggere
48 dall'altro. Si viene così a costituire un canale di comunicazione tramite i
49 due file descriptor, nella forma di un \textsl{tubo} (da cui il nome)
50 attraverso cui fluiscono i dati.
52 La funzione che permette di creare questa speciale coppia di file descriptor
53 associati ad una \textit{pipe} è appunto \funcd{pipe}, ed il suo prototipo è:
54 \begin{prototype}{unistd.h}
55 {int pipe(int filedes[2])}
57 Crea una coppia di file descriptor associati ad una \textit{pipe}.
59 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
60 errore, nel qual caso \var{errno} potrà assumere i valori \errval{EMFILE},
61 \errval{ENFILE} e \errval{EFAULT}.}
64 La funzione restituisce la coppia di file descriptor nel vettore
65 \param{filedes}; il primo è aperto in lettura ed il secondo in scrittura. Come
66 accennato concetto di funzionamento di una pipe è semplice: quello che si
67 scrive nel file descriptor aperto in scrittura viene ripresentato tale e quale
68 nel file descriptor aperto in lettura. I file descriptor infatti non sono
69 connessi a nessun file reale, ma, come accennato in
70 sez.~\ref{sec:file_sendfile_splice}, ad un buffer nel kernel, la cui
71 dimensione è specificata dal parametro di sistema \const{PIPE\_BUF}, (vedi
72 sez.~\ref{sec:sys_file_limits}). Lo schema di funzionamento di una pipe è
73 illustrato in fig.~\ref{fig:ipc_pipe_singular}, in cui sono illustrati i due
74 capi della pipe, associati a ciascun file descriptor, con le frecce che
75 indicano la direzione del flusso dei dati.
79 \includegraphics[height=5cm]{img/pipe}
80 \caption{Schema della struttura di una pipe.}
81 \label{fig:ipc_pipe_singular}
84 Chiaramente creare una pipe all'interno di un singolo processo non serve a
85 niente; se però ricordiamo quanto esposto in sez.~\ref{sec:file_shared_access}
86 riguardo al comportamento dei file descriptor nei processi figli, è immediato
87 capire come una pipe possa diventare un meccanismo di intercomunicazione. Un
88 processo figlio infatti condivide gli stessi file descriptor del padre,
89 compresi quelli associati ad una pipe (secondo la situazione illustrata in
90 fig.~\ref{fig:ipc_pipe_fork}). In questo modo se uno dei processi scrive su un
91 capo della pipe, l'altro può leggere.
95 \includegraphics[height=5cm]{img/pipefork}
96 \caption{Schema dei collegamenti ad una pipe, condivisi fra processo padre e
97 figlio dopo l'esecuzione \func{fork}.}
98 \label{fig:ipc_pipe_fork}
101 Tutto ciò ci mostra come sia immediato realizzare un meccanismo di
102 comunicazione fra processi attraverso una pipe, utilizzando le proprietà
103 ordinarie dei file, ma ci mostra anche qual è il principale\footnote{Stevens
104 in \cite{APUE} riporta come limite anche il fatto che la comunicazione è
105 unidirezionale, ma in realtà questo è un limite facilmente superabile usando
106 una coppia di pipe.} limite nell'uso delle pipe. È necessario infatti che i
107 processi possano condividere i file descriptor della pipe, e per questo essi
108 devono comunque essere \textsl{parenti} (dall'inglese \textit{siblings}), cioè
109 o derivare da uno stesso processo padre in cui è avvenuta la creazione della
110 pipe, o, più comunemente, essere nella relazione padre/figlio.
112 A differenza di quanto avviene con i file normali, la lettura da una pipe può
113 essere bloccante (qualora non siano presenti dati), inoltre se si legge da una
114 pipe il cui capo in scrittura è stato chiuso, si avrà la ricezione di un EOF
115 (vale a dire che la funzione \func{read} ritornerà restituendo 0). Se invece
116 si esegue una scrittura su una pipe il cui capo in lettura non è aperto il
117 processo riceverà il segnale \signal{SIGPIPE}, e la funzione di scrittura
118 restituirà un errore di \errcode{EPIPE} (al ritorno del gestore, o qualora il
119 segnale sia ignorato o bloccato).
121 La dimensione del buffer della pipe (\const{PIPE\_BUF}) ci dà inoltre un'altra
122 importante informazione riguardo il comportamento delle operazioni di lettura
123 e scrittura su di una pipe; esse infatti sono atomiche fintanto che la
124 quantità di dati da scrivere non supera questa dimensione. Qualora ad esempio
125 si effettui una scrittura di una quantità di dati superiore l'operazione verrà
126 effettuata in più riprese, consentendo l'intromissione di scritture effettuate
130 \subsection{Un esempio dell'uso delle pipe}
131 \label{sec:ipc_pipe_use}
133 Per capire meglio il funzionamento delle pipe faremo un esempio di quello che
134 è il loro uso più comune, analogo a quello effettuato della shell, e che
135 consiste nell'inviare l'output di un processo (lo standard output) sull'input
136 di un altro. Realizzeremo il programma di esempio nella forma di un
137 \textit{CGI}\footnote{un CGI (\textit{Common Gateway Interface}) è un
138 programma che permette la creazione dinamica di un oggetto da inserire
139 all'interno di una pagina HTML.} per Apache, che genera una immagine JPEG
140 di un codice a barre, specificato come argomento in ingresso.
142 Un programma che deve essere eseguito come \textit{CGI} deve rispondere a
143 delle caratteristiche specifiche, esso infatti non viene lanciato da una
144 shell, ma dallo stesso web server, alla richiesta di una specifica URL, che di
147 http://www.sito.it/cgi-bin/programma?argomento
149 ed il risultato dell'elaborazione deve essere presentato (con una intestazione
150 che ne descrive il mime-type) sullo standard output, in modo che il web-server
151 possa reinviarlo al browser che ha effettuato la richiesta, che in questo modo
152 è in grado di visualizzarlo opportunamente.
154 Per realizzare quanto voluto useremo in sequenza i programmi \cmd{barcode} e
155 \cmd{gs}, il primo infatti è in grado di generare immagini PostScript di
156 codici a barre corrispondenti ad una qualunque stringa, mentre il secondo
157 serve per poter effettuare la conversione della stessa immagine in formato
158 JPEG. Usando una pipe potremo inviare l'output del primo sull'input del
159 secondo, secondo lo schema mostrato in fig.~\ref{fig:ipc_pipe_use}, in cui la
160 direzione del flusso dei dati è data dalle frecce continue.
164 \includegraphics[height=5cm]{img/pipeuse}
165 \caption{Schema dell'uso di una pipe come mezzo di comunicazione fra
166 due processi attraverso l'esecuzione una \func{fork} e la chiusura dei
167 capi non utilizzati.}
168 \label{fig:ipc_pipe_use}
171 Si potrebbe obiettare che sarebbe molto più semplice salvare il risultato
172 intermedio su un file temporaneo. Questo però non tiene conto del fatto che un
173 \textit{CGI} deve poter gestire più richieste in concorrenza, e si avrebbe una
174 evidente \itindex{race~condition} \textit{race condition} in caso di accesso
175 simultaneo a detto file.\footnote{il problema potrebbe essere superato
176 determinando in anticipo un nome appropriato per il file temporaneo, che
177 verrebbe utilizzato dai vari sotto-processi, e cancellato alla fine della
178 loro esecuzione; ma a questo punto le cose non sarebbero più tanto
179 semplici.} L'uso di una pipe invece permette di risolvere il problema in
180 maniera semplice ed elegante, oltre ad essere molto più efficiente, dato che
181 non si deve scrivere su disco.
183 Il programma ci servirà anche come esempio dell'uso delle funzioni di
184 duplicazione dei file descriptor che abbiamo trattato in
185 sez.~\ref{sec:file_dup}, in particolare di \func{dup2}. È attraverso queste
186 funzioni infatti che è possibile dirottare gli stream standard dei processi
187 (che abbiamo visto in tab.~\ref{tab:file_std_files} e
188 sez.~\ref{sec:file_stream}) sulla pipe. In fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code}
189 abbiamo riportato il corpo del programma, il cui codice completo è disponibile
190 nel file \file{BarCodePage.c} che si trova nella directory dei sorgenti.
192 \begin{figure}[!htbp]
193 \footnotesize \centering
194 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
195 \includecodesample{listati/BarCodePage.c}
198 \caption{Sezione principale del codice del \textit{CGI}
199 \file{BarCodePage.c}.}
200 \label{fig:ipc_barcodepage_code}
203 La prima operazione del programma (\texttt{\small 4--12}) è quella di creare
204 le due pipe che serviranno per la comunicazione fra i due comandi utilizzati
205 per produrre il codice a barre; si ha cura di controllare la riuscita della
206 chiamata, inviando in caso di errore un messaggio invece dell'immagine
207 richiesta.\footnote{la funzione \func{WriteMess} non è riportata in
208 fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code}; essa si incarica semplicemente di
209 formattare l'uscita alla maniera dei CGI, aggiungendo l'opportuno
210 \textit{mime type}, e formattando il messaggio in HTML, in modo che
211 quest'ultimo possa essere visualizzato correttamente da un browser.}
213 Una volta create le pipe, il programma può creare (\texttt{\small 13-17}) il
214 primo processo figlio, che si incaricherà (\texttt{\small 19--25}) di eseguire
215 \cmd{barcode}. Quest'ultimo legge dallo standard input una stringa di
216 caratteri, la converte nell'immagine PostScript del codice a barre ad essa
217 corrispondente, e poi scrive il risultato direttamente sullo standard output.
219 Per poter utilizzare queste caratteristiche prima di eseguire \cmd{barcode} si
220 chiude (\texttt{\small 20}) il capo aperto in scrittura della prima pipe, e se
221 ne collega (\texttt{\small 21}) il capo in lettura allo standard input, usando
222 \func{dup2}. Si ricordi che invocando \func{dup2} il secondo file, qualora
223 risulti aperto, viene, come nel caso corrente, chiuso prima di effettuare la
224 duplicazione. Allo stesso modo, dato che \cmd{barcode} scrive l'immagine
225 PostScript del codice a barre sullo standard output, per poter effettuare una
226 ulteriore redirezione il capo in lettura della seconda pipe viene chiuso
227 (\texttt{\small 22}) mentre il capo in scrittura viene collegato allo standard
228 output (\texttt{\small 23}).
230 In questo modo all'esecuzione (\texttt{\small 25}) di \cmd{barcode} (cui si
231 passa in \var{size} la dimensione della pagina per l'immagine) quest'ultimo
232 leggerà dalla prima pipe la stringa da codificare che gli sarà inviata dal
233 padre, e scriverà l'immagine PostScript del codice a barre sulla seconda.
235 Al contempo una volta lanciato il primo figlio, il processo padre prima chiude
236 (\texttt{\small 26}) il capo inutilizzato della prima pipe (quello in input) e
237 poi scrive (\texttt{\small 27}) la stringa da convertire sul capo in output,
238 così che \cmd{barcode} possa riceverla dallo standard input. A questo punto
239 l'uso della prima pipe da parte del padre è finito ed essa può essere
240 definitivamente chiusa (\texttt{\small 28}), si attende poi (\texttt{\small
241 29}) che l'esecuzione di \cmd{barcode} sia completata.
243 Alla conclusione della sua esecuzione \cmd{barcode} avrà inviato l'immagine
244 PostScript del codice a barre sul capo in scrittura della seconda pipe; a
245 questo punto si può eseguire la seconda conversione, da PS a JPEG, usando il
246 programma \cmd{gs}. Per questo si crea (\texttt{\small 30--34}) un secondo
247 processo figlio, che poi (\texttt{\small 35--42}) eseguirà questo programma
248 leggendo l'immagine PostScript creata da \cmd{barcode} dallo standard input,
249 per convertirla in JPEG.
251 Per fare tutto ciò anzitutto si chiude (\texttt{\small 37}) il capo in
252 scrittura della seconda pipe, e se ne collega (\texttt{\small 38}) il capo in
253 lettura allo standard input. Per poter formattare l'output del programma in
254 maniera utilizzabile da un browser, si provvede anche \texttt{\small 40}) alla
255 scrittura dell'apposita stringa di identificazione del mime-type in testa allo
256 standard output. A questo punto si può invocare \texttt{\small 41}) \cmd{gs},
257 provvedendo gli appositi switch che consentono di leggere il file da
258 convertire dallo standard input e di inviare la conversione sullo standard
261 Per completare le operazioni il processo padre chiude (\texttt{\small 44}) il
262 capo in scrittura della seconda pipe, e attende la conclusione del figlio
263 (\texttt{\small 45}); a questo punto può (\texttt{\small 46}) uscire. Si tenga
264 conto che l'operazione di chiudere il capo in scrittura della seconda pipe è
265 necessaria, infatti, se non venisse chiusa, \cmd{gs}, che legge il suo
266 standard input da detta pipe, resterebbe bloccato in attesa di ulteriori dati
267 in ingresso (l'unico modo che un programma ha per sapere che l'input è
268 terminato è rilevare che lo standard input è stato chiuso), e la \func{wait}
272 \subsection{Le funzioni \func{popen} e \func{pclose}}
273 \label{sec:ipc_popen}
275 Come si è visto la modalità più comune di utilizzo di una pipe è quella di
276 utilizzarla per fare da tramite fra output ed input di due programmi invocati
277 in sequenza; per questo motivo lo standard POSIX.2 ha introdotto due funzioni
278 che permettono di sintetizzare queste operazioni. La prima di esse si chiama
279 \funcd{popen} ed il suo prototipo è:
280 \begin{prototype}{stdio.h}
281 {FILE *popen(const char *command, const char *type)}
283 Esegue il programma \param{command}, di cui, a seconda di \param{type},
284 restituisce, lo standard input o lo standard output nella pipe collegata allo
285 stream restituito come valore di ritorno.
287 \bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo dello stream associato alla pipe
288 in caso di successo e \val{NULL} per un errore, nel qual caso \var{errno}
289 potrà assumere i valori relativi alle sottostanti invocazioni di \func{pipe}
290 e \func{fork} o \errcode{EINVAL} se \param{type} non è valido.}
293 La funzione crea una pipe, esegue una \func{fork}, ed invoca il programma
294 \param{command} attraverso la shell (in sostanza esegue \file{/bin/sh} con il
295 flag \code{-c}); l'argomento \param{type} deve essere una delle due stringhe
296 \verb|"w"| o \verb|"r"|, per indicare se la pipe sarà collegata allo standard
297 input o allo standard output del comando invocato.
299 La funzione restituisce il puntatore allo stream associato alla pipe creata,
300 che sarà aperto in sola lettura (e quindi associato allo standard output del
301 programma indicato) in caso si sia indicato \code{"r"}, o in sola scrittura (e
302 quindi associato allo standard input) in caso di \code{"w"}.
304 Lo \textit{stream} restituito da \func{popen} è identico a tutti gli effetti
305 ai \textit{file stream} visti in sez.~\ref{sec:files_std_interface}, anche se
306 è collegato ad una pipe e non ad un file, e viene sempre aperto in modalità
307 \textit{fully-buffered} (vedi sez.~\ref{sec:file_buffering}); l'unica
308 differenza con gli usuali stream è che dovrà essere chiuso dalla seconda delle
309 due nuove funzioni, \funcd{pclose}, il cui prototipo è:
310 \begin{prototype}{stdio.h}
311 {int pclose(FILE *stream)}
313 Chiude il file \param{stream}, restituito da una precedente \func{popen}
314 attendendo la terminazione del processo ad essa associato.
316 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
317 errore; nel quel caso il valore di \var{errno} deriva dalle sottostanti
320 \noindent che oltre alla chiusura dello stream si incarica anche di attendere
321 (tramite \func{wait4}) la conclusione del processo creato dalla precedente
324 Per illustrare l'uso di queste due funzioni riprendiamo il problema
325 precedente: il programma mostrato in fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code} per
326 quanto funzionante, è (volutamente) codificato in maniera piuttosto complessa,
327 inoltre nella pratica sconta un problema di \cmd{gs} che non è in
328 grado\footnote{nella versione GNU Ghostscript 6.53 (2002-02-13).} di
329 riconoscere correttamente l'Encapsulated PostScript, per cui deve essere usato
330 il PostScript e tutte le volte viene generata una pagina intera, invece che
331 una immagine delle dimensioni corrispondenti al codice a barre.
333 Se si vuole generare una immagine di dimensioni appropriate si deve usare un
334 approccio diverso. Una possibilità sarebbe quella di ricorrere ad ulteriore
335 programma, \cmd{epstopsf}, per convertire in PDF un file EPS (che può essere
336 generato da \cmd{barcode} utilizzando lo switch \cmd{-E}). Utilizzando un PDF
337 al posto di un EPS \cmd{gs} esegue la conversione rispettando le dimensioni
338 originarie del codice a barre e produce un JPEG di dimensioni corrette.
340 Questo approccio però non funziona, per via di una delle caratteristiche
341 principali delle pipe. Per poter effettuare la conversione di un PDF infatti è
342 necessario, per la struttura del formato, potersi spostare (con \func{lseek})
343 all'interno del file da convertire; se si esegue la conversione con \cmd{gs}
344 su un file regolare non ci sono problemi, una pipe però è rigidamente
345 sequenziale, e l'uso di \func{lseek} su di essa fallisce sempre con un errore
346 di \errcode{ESPIPE}, rendendo impossibile la conversione. Questo ci dice che
347 in generale la concatenazione di vari programmi funzionerà soltanto quando
348 tutti prevedono una lettura sequenziale del loro input.
350 Per questo motivo si è dovuto utilizzare un procedimento diverso, eseguendo
351 prima la conversione (sempre con \cmd{gs}) del PS in un altro formato
352 intermedio, il PPM,\footnote{il \textit{Portable PixMap file format} è un
353 formato usato spesso come formato intermedio per effettuare conversioni, è
354 infatti molto facile da manipolare, dato che usa caratteri ASCII per
355 memorizzare le immagini, anche se per questo è estremamente inefficiente.}
356 dal quale poi si può ottenere un'immagine di dimensioni corrette attraverso
357 vari programmi di manipolazione (\cmd{pnmcrop}, \cmd{pnmmargin}) che può
358 essere infine trasformata in PNG (con \cmd{pnm2png}).
360 In questo caso però occorre eseguire in sequenza ben quattro comandi diversi,
361 inviando l'output di ciascuno all'input del successivo, per poi ottenere il
362 risultato finale sullo standard output: un caso classico di utilizzazione
363 delle pipe, in cui l'uso di \func{popen} e \func{pclose} permette di
364 semplificare notevolmente la stesura del codice.
366 Nel nostro caso, dato che ciascun processo deve scrivere il suo output sullo
367 standard input del successivo, occorrerà usare \func{popen} aprendo la pipe in
368 scrittura. Il codice del nuovo programma è riportato in
369 fig.~\ref{fig:ipc_barcode_code}. Come si può notare l'ordine di invocazione
370 dei programmi è l'inverso di quello in cui ci si aspetta che vengano
371 effettivamente eseguiti. Questo non comporta nessun problema dato che la
372 lettura su una pipe è bloccante, per cui ciascun processo, per quanto lanciato
373 per primo, si bloccherà in attesa di ricevere sullo standard input il
374 risultato dell'elaborazione del precedente, benché quest'ultimo venga invocato
377 \begin{figure}[!htbp]
378 \footnotesize \centering
379 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
380 \includecodesample{listati/BarCode.c}
383 \caption{Codice completo del \textit{CGI} \file{BarCode.c}.}
384 \label{fig:ipc_barcode_code}
387 Nel nostro caso il primo passo (\texttt{\small 14}) è scrivere il mime-type
388 sullo standard output; a questo punto il processo padre non necessita più di
389 eseguire ulteriori operazioni sullo standard output e può tranquillamente
390 provvedere alla redirezione.
392 Dato che i vari programmi devono essere lanciati in successione, si è
393 approntato un ciclo (\texttt{\small 15--19}) che esegue le operazioni in
394 sequenza: prima crea una pipe (\texttt{\small 17}) per la scrittura eseguendo
395 il programma con \func{popen}, in modo che essa sia collegata allo standard
396 input, e poi redirige (\texttt{\small 18}) lo standard output su detta pipe.
398 In questo modo il primo processo ad essere invocato (che è l'ultimo della
399 catena) scriverà ancora sullo standard output del processo padre, ma i
400 successivi, a causa di questa redirezione, scriveranno sulla pipe associata
401 allo standard input del processo invocato nel ciclo precedente.
403 Alla fine tutto quello che resta da fare è lanciare (\texttt{\small 21}) il
404 primo processo della catena, che nel caso è \cmd{barcode}, e scrivere
405 (\texttt{\small 23}) la stringa del codice a barre sulla pipe, che è collegata
406 al suo standard input, infine si può eseguire (\texttt{\small 24--27}) un
407 ciclo che chiuda, nell'ordine inverso rispetto a quello in cui le si sono
408 create, tutte le pipe create con \func{pclose}.
411 \subsection{Le \textit{pipe} con nome, o \textit{fifo}}
412 \label{sec:ipc_named_pipe}
414 Come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_pipes} il problema delle \textit{pipe} è
415 che esse possono essere utilizzate solo da processi con un progenitore comune
416 o nella relazione padre/figlio; per superare questo problema lo standard
417 POSIX.1 ha definito dei nuovi oggetti, le \textit{fifo}, che hanno le stesse
418 caratteristiche delle pipe, ma che invece di essere strutture interne del
419 kernel, visibili solo attraverso un file descriptor, sono accessibili
420 attraverso un \itindex{inode} inode che risiede sul filesystem, così che i
421 processi le possono usare senza dovere per forza essere in una relazione di
424 Utilizzando una \textit{fifo} tutti i dati passeranno, come per le pipe,
425 attraverso un apposito buffer nel kernel, senza transitare dal filesystem;
426 \itindex{inode} l'inode allocato sul filesystem serve infatti solo a fornire un
427 punto di riferimento per i processi, che permetta loro di accedere alla stessa
428 fifo; il comportamento delle funzioni di lettura e scrittura è identico a
429 quello illustrato per le pipe in sez.~\ref{sec:ipc_pipes}.
431 Abbiamo già visto in sez.~\ref{sec:file_mknod} le funzioni \func{mknod} e
432 \func{mkfifo} che permettono di creare una fifo; per utilizzarne una un
433 processo non avrà che da aprire il relativo \index{file!speciali} file
434 speciale o in lettura o scrittura; nel primo caso sarà collegato al capo di
435 uscita della fifo, e dovrà leggere, nel secondo al capo di ingresso, e dovrà
438 Il kernel crea una singola pipe per ciascuna fifo che sia stata aperta, che può
439 essere acceduta contemporaneamente da più processi, sia in lettura che in
440 scrittura. Dato che per funzionare deve essere aperta in entrambe le
441 direzioni, per una fifo di norma la funzione \func{open} si blocca se viene
442 eseguita quando l'altro capo non è aperto.
444 Le fifo però possono essere anche aperte in modalità \textsl{non-bloccante},
445 nel qual caso l'apertura del capo in lettura avrà successo solo quando anche
446 l'altro capo è aperto, mentre l'apertura del capo in scrittura restituirà
447 l'errore di \errcode{ENXIO} fintanto che non verrà aperto il capo in lettura.
449 In Linux è possibile aprire le fifo anche in lettura/scrittura,\footnote{lo
450 standard POSIX lascia indefinito il comportamento in questo caso.}
451 operazione che avrà sempre successo immediato qualunque sia la modalità di
452 apertura (bloccante e non bloccante); questo può essere utilizzato per aprire
453 comunque una fifo in scrittura anche se non ci sono ancora processi il
454 lettura; è possibile anche usare la fifo all'interno di un solo processo, nel
455 qual caso però occorre stare molto attenti alla possibili situazioni di
456 stallo.\footnote{se si cerca di leggere da una fifo che non contiene dati si
457 avrà un \itindex{deadlock} deadlock immediato, dato che il processo si
458 blocca e non potrà quindi mai eseguire le funzioni di scrittura.}
460 Per la loro caratteristica di essere accessibili attraverso il filesystem, è
461 piuttosto frequente l'utilizzo di una fifo come canale di comunicazione nelle
462 situazioni un processo deve ricevere informazioni da altri. In questo caso è
463 fondamentale che le operazioni di scrittura siano atomiche; per questo si deve
464 sempre tenere presente che questo è vero soltanto fintanto che non si supera
465 il limite delle dimensioni di \const{PIPE\_BUF} (si ricordi quanto detto in
466 sez.~\ref{sec:ipc_pipes}).
468 A parte il caso precedente, che resta probabilmente il più comune, Stevens
469 riporta in \cite{APUE} altre due casistiche principali per l'uso delle fifo:
471 \item Da parte dei comandi di shell, per evitare la creazione di file
472 temporanei quando si devono inviare i dati di uscita di un processo
473 sull'input di parecchi altri (attraverso l'uso del comando \cmd{tee}).
475 \item Come canale di comunicazione fra client ed server (il modello
476 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}).
479 Nel primo caso quello che si fa è creare tante fifo, da usare come standard
480 input, quanti sono i processi a cui i vogliono inviare i dati, questi ultimi
481 saranno stati posti in esecuzione ridirigendo lo standard input dalle fifo, si
482 potrà poi eseguire il processo che fornisce l'output replicando quest'ultimo,
483 con il comando \cmd{tee}, sulle varie fifo.
485 Il secondo caso è relativamente semplice qualora si debba comunicare con un
486 processo alla volta (nel qual caso basta usare due fifo, una per leggere ed
487 una per scrivere), le cose diventano invece molto più complesse quando si
488 vuole effettuare una comunicazione fra il server ed un numero imprecisato di
489 client; se il primo infatti può ricevere le richieste attraverso una fifo
490 ``\textsl{nota}'', per le risposte non si può fare altrettanto, dato che, per
491 la struttura sequenziale delle fifo, i client dovrebbero sapere, prima di
492 leggerli, quando i dati inviati sono destinati a loro.
494 Per risolvere questo problema, si può usare un'architettura come quella
495 illustrata in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server_arch} in cui i client inviano le
496 richieste al server su una fifo nota mentre le risposte vengono reinviate dal
497 server a ciascuno di essi su una fifo temporanea creata per l'occasione.
501 \includegraphics[height=9cm]{img/fifoserver}
502 \caption{Schema dell'utilizzo delle fifo nella realizzazione di una
503 architettura di comunicazione client/server.}
504 \label{fig:ipc_fifo_server_arch}
507 Come esempio di uso questa architettura e dell'uso delle fifo, abbiamo scritto
508 un server di \textit{fortunes}, che restituisce, alle richieste di un client,
509 un detto a caso estratto da un insieme di frasi; sia il numero delle frasi
510 dell'insieme, che i file da cui esse vengono lette all'avvio, sono importabili
511 da riga di comando. Il corpo principale del server è riportato in
512 fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server}, dove si è tralasciata la parte che tratta la
513 gestione delle opzioni a riga di comando, che effettua il settaggio delle
514 variabili \var{fortunefilename}, che indica il file da cui leggere le frasi,
515 ed \var{n}, che indica il numero di frasi tenute in memoria, ad un valore
516 diverso da quelli preimpostati. Il codice completo è nel file
517 \file{FortuneServer.c}.
519 \begin{figure}[!htbp]
520 \footnotesize \centering
521 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
522 \includecodesample{listati/FortuneServer.c}
525 \caption{Sezione principale del codice del server di \textit{fortunes}
527 \label{fig:ipc_fifo_server}
530 Il server richiede (\texttt{\small 12}) che sia stata impostata una dimensione
531 dell'insieme delle frasi non nulla, dato che l'inizializzazione del vettore
532 \var{fortune} avviene solo quando questa dimensione viene specificata, la
533 presenza di un valore nullo provoca l'uscita dal programma attraverso la
534 funzione (non riportata) che ne stampa le modalità d'uso. Dopo di che
535 installa (\texttt{\small 13--15}) la funzione che gestisce i segnali di
536 interruzione (anche questa non è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server})
537 che si limita a rimuovere dal filesystem la fifo usata dal server per
540 Terminata l'inizializzazione (\texttt{\small 16}) si effettua la chiamata alla
541 funzione \code{FortuneParse} che legge dal file specificato in
542 \var{fortunefilename} le prime \var{n} frasi e le memorizza (allocando
543 dinamicamente la memoria necessaria) nel vettore di puntatori \var{fortune}.
544 Anche il codice della funzione non è riportato, in quanto non direttamente
545 attinente allo scopo dell'esempio.
547 Il passo successivo (\texttt{\small 17--22}) è quello di creare con
548 \func{mkfifo} la fifo nota sulla quale il server ascolterà le richieste,
549 qualora si riscontri un errore il server uscirà (escludendo ovviamente il caso
550 in cui la funzione \func{mkfifo} fallisce per la precedente esistenza della
553 Una volta che si è certi che la fifo di ascolto esiste la procedura di
554 inizializzazione è completata. A questo punto si può chiamare (\texttt{\small
555 23}) la funzione \func{daemon} per far proseguire l'esecuzione del programma
556 in background come demone. Si può quindi procedere (\texttt{\small 24--33})
557 alla apertura della fifo: si noti che questo viene fatto due volte, prima in
558 lettura e poi in scrittura, per evitare di dover gestire all'interno del ciclo
559 principale il caso in cui il server è in ascolto ma non ci sono client che
560 effettuano richieste. Si ricordi infatti che quando una fifo è aperta solo
561 dal capo in lettura, l'esecuzione di \func{read} ritorna con zero byte (si ha
562 cioè una condizione di end-of-file).
564 Nel nostro caso la prima apertura si bloccherà fintanto che un qualunque
565 client non apre a sua volta la fifo nota in scrittura per effettuare la sua
566 richiesta. Pertanto all'inizio non ci sono problemi, il client però, una volta
567 ricevuta la risposta, uscirà, chiudendo tutti i file aperti, compresa la fifo.
568 A questo punto il server resta (se non ci sono altri client che stanno
569 effettuando richieste) con la fifo chiusa sul lato in lettura, ed in questo
570 stato la funzione \func{read} non si bloccherà in attesa di input, ma
571 ritornerà in continuazione, restituendo un end-of-file.\footnote{si è usata
572 questa tecnica per compatibilità, Linux infatti supporta l'apertura delle
573 fifo in lettura/scrittura, per cui si sarebbe potuto effettuare una singola
574 apertura con \const{O\_RDWR}, la doppia apertura comunque ha il vantaggio
575 che non si può scrivere per errore sul capo aperto in sola lettura.}
577 Per questo motivo, dopo aver eseguito l'apertura in lettura (\texttt{\small
578 24--28}),\footnote{di solito si effettua l'apertura del capo in lettura di
579 una fifo in modalità non bloccante, per evitare il rischio di uno stallo: se
580 infatti nessuno apre la fifo in scrittura il processo non ritornerà mai
581 dalla \func{open}. Nel nostro caso questo rischio non esiste, mentre è
582 necessario potersi bloccare in lettura in attesa di una richiesta.} si
583 esegue una seconda apertura in scrittura (\texttt{\small 29--32}), scartando
584 il relativo file descriptor, che non sarà mai usato, in questo modo però la
585 fifo resta comunque aperta anche in scrittura, cosicché le successive chiamate
586 a \func{read} possono bloccarsi.
588 A questo punto si può entrare nel ciclo principale del programma che fornisce
589 le risposte ai client (\texttt{\small 34--50}); questo viene eseguito
590 indefinitamente (l'uscita del server viene effettuata inviando un segnale, in
591 modo da passare attraverso la funzione di chiusura che cancella la fifo).
593 Il server è progettato per accettare come richieste dai client delle stringhe
594 che contengono il nome della fifo sulla quale deve essere inviata la risposta.
595 Per cui prima (\texttt{\small 35--39}) si esegue la lettura dalla stringa di
596 richiesta dalla fifo nota (che a questo punto si bloccherà tutte le volte che
597 non ci sono richieste). Dopo di che, una volta terminata la stringa
598 (\texttt{\small 40}) e selezionato (\texttt{\small 41}) un numero casuale per
599 ricavare la frase da inviare, si procederà (\texttt{\small 42--46})
600 all'apertura della fifo per la risposta, che poi \texttt{\small 47--48}) vi
601 sarà scritta. Infine (\texttt{\small 49}) si chiude la fifo di risposta che
604 Il codice del client è invece riportato in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_client},
605 anche in questo caso si è omessa la gestione delle opzioni e la funzione che
606 stampa a video le informazioni di utilizzo ed esce, riportando solo la sezione
607 principale del programma e le definizioni delle variabili. Il codice completo
608 è nel file \file{FortuneClient.c} dei sorgenti allegati.
610 \begin{figure}[!htbp]
611 \footnotesize \centering
612 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
613 \includecodesample{listati/FortuneClient.c}
616 \caption{Sezione principale del codice del client di \textit{fortunes}
618 \label{fig:ipc_fifo_client}
621 La prima istruzione (\texttt{\small 12}) compone il nome della fifo che dovrà
622 essere utilizzata per ricevere la risposta dal server. Si usa il \ids{PID}
623 del processo per essere sicuri di avere un nome univoco; dopo di che
624 (\texttt{\small 13-18}) si procede alla creazione del relativo file, uscendo
625 in caso di errore (a meno che il file non sia già presente sul filesystem).
627 A questo punto il client può effettuare l'interrogazione del server, per
628 questo prima si apre la fifo nota (\texttt{\small 19--23}), e poi ci si scrive
629 (\texttt{\small 24}) la stringa composta in precedenza, che contiene il nome
630 della fifo da utilizzare per la risposta. Infine si richiude la fifo del
631 server che a questo punto non serve più (\texttt{\small 25}).
633 Inoltrata la richiesta si può passare alla lettura della risposta; anzitutto
634 si apre (\texttt{\small 26--30}) la fifo appena creata, da cui si deve
635 riceverla, dopo di che si effettua una lettura (\texttt{\small 31})
636 nell'apposito buffer; si è supposto, come è ragionevole, che le frasi inviate
637 dal server siano sempre di dimensioni inferiori a \const{PIPE\_BUF},
638 tralasciamo la gestione del caso in cui questo non è vero. Infine si stampa
639 (\texttt{\small 32}) a video la risposta, si chiude (\texttt{\small 33}) la
640 fifo e si cancella (\texttt{\small 34}) il relativo file.
641 Si noti come la fifo per la risposta sia stata aperta solo dopo aver inviato
642 la richiesta, se non si fosse fatto così si avrebbe avuto uno stallo, in
643 quanto senza la richiesta, il server non avrebbe potuto aprirne il capo in
644 scrittura e l'apertura si sarebbe bloccata indefinitamente.
646 Verifichiamo allora il comportamento dei nostri programmi, in questo, come in
647 altri esempi precedenti, si fa uso delle varie funzioni di servizio, che sono
648 state raccolte nella libreria \file{libgapil.so}, per poter usare quest'ultima
649 occorrerà definire la variabile di ambiente \envvar{LD\_LIBRARY\_PATH} in modo
650 che il linker dinamico possa accedervi.
652 In generale questa variabile indica il \textit{pathname} della directory
653 contenente la libreria. Nell'ipotesi (che daremo sempre per verificata) che si
654 facciano le prove direttamente nella directory dei sorgenti (dove di norma
655 vengono creati sia i programmi che la libreria), il comando da dare sarà
656 \code{export LD\_LIBRARY\_PATH=./}; a questo punto potremo lanciare il server,
657 facendogli leggere una decina di frasi, con:
659 [piccardi@gont sources]$ ./fortuned -n10
663 Avendo usato \func{daemon} per eseguire il server in background il comando
664 ritornerà immediatamente, ma potremo verificare con \cmd{ps} che in effetti il
665 programma resta un esecuzione in background, e senza avere associato un
666 terminale di controllo (si ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:sess_daemon}):
668 [piccardi@gont sources]$ ps aux
670 piccardi 27489 0.0 0.0 1204 356 ? S 01:06 0:00 ./fortuned -n10
671 piccardi 27492 3.0 0.1 2492 764 pts/2 R 01:08 0:00 ps aux
674 e si potrà verificare anche che in \file{/tmp} è stata creata la fifo di
675 ascolto \file{fortune.fifo}. A questo punto potremo interrogare il server con
676 il programma client; otterremo così:
678 [piccardi@gont sources]$ ./fortune
679 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
680 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
681 [piccardi@gont sources]$ ./fortune
682 Let's call it an accidental feature.
684 [piccardi@gont sources]$ ./fortune
685 ......... Escape the 'Gates' of Hell
688 ::: .:: .:.::. .:: .:: `::. :'
689 ::: :: :: :: :: :: :::.
690 ::: .::. .:: ::. `::::. .:' ::.
691 ...:::.....................::' .::::..
692 -- William E. Roadcap
693 [piccardi@gont sources]$ ./fortune
694 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
695 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
698 e ripetendo varie volte il comando otterremo, in ordine casuale, le dieci
699 frasi tenute in memoria dal server.
701 Infine per chiudere il server basterà inviare un segnale di terminazione con
702 \code{killall fortuned} e potremo verificare che il gestore del segnale ha
703 anche correttamente cancellato la fifo di ascolto da \file{/tmp}.
705 Benché il nostro sistema client-server funzioni, la sua struttura è piuttosto
706 complessa e continua ad avere vari inconvenienti\footnote{lo stesso Stevens,
707 che esamina questa architettura in \cite{APUE}, nota come sia impossibile
708 per il server sapere se un client è andato in crash, con la possibilità di
709 far restare le fifo temporanee sul filesystem, di come sia necessario
710 intercettare \signal{SIGPIPE} dato che un client può terminare dopo aver
711 fatto una richiesta, ma prima che la risposta sia inviata (cosa che nel
712 nostro esempio non è stata fatta).}; in generale infatti l'interfaccia delle
713 fifo non è adatta a risolvere questo tipo di problemi, che possono essere
714 affrontati in maniera più semplice ed efficace o usando i socket (che
715 tratteremo in dettaglio a partire da cap.~\ref{cha:socket_intro}) o ricorrendo
716 a meccanismi di comunicazione diversi, come quelli che esamineremo in seguito.
720 \subsection{La funzione \func{socketpair}}
721 \label{sec:ipc_socketpair}
723 Un meccanismo di comunicazione molto simile alle pipe, ma che non presenta il
724 problema della unidirezionalità del flusso dei dati, è quello dei cosiddetti
725 \textsl{socket locali} (o \textit{Unix domain socket}). Tratteremo l'argomento
726 dei socket in cap.~\ref{cha:socket_intro},\footnote{si tratta comunque di
727 oggetti di comunicazione che, come le pipe, sono utilizzati attraverso dei
728 file descriptor.} nell'ambito dell'interfaccia generale che essi forniscono
729 per la programmazione di rete; e vedremo anche
730 (in~sez.~\ref{sec:sock_sa_local}) come si possono definire dei
731 \index{file!speciali} file speciali (di tipo socket, analoghi a quello
732 associati alle fifo) cui si accede però attraverso quella medesima
733 interfaccia; vale però la pena esaminare qui una modalità di uso dei socket
734 locali\footnote{la funzione \func{socketpair} è stata introdotta in BSD4.4, ma
735 è supportata in genere da qualunque sistema che fornisca l'interfaccia dei
736 socket.} che li rende sostanzialmente identici ad una pipe bidirezionale.
738 La funzione \funcd{socketpair} infatti consente di creare una coppia di file
739 descriptor connessi fra di loro (tramite un socket, appunto), senza dover
740 ricorrere ad un \index{file!speciali} file speciale sul filesystem, i
741 descrittori sono del tutto analoghi a quelli che si avrebbero con una chiamata
742 a \func{pipe}, con la sola differenza è che in questo caso il flusso dei dati
743 può essere effettuato in entrambe le direzioni. Il prototipo della funzione è:
745 \headdecl{sys/types.h}
746 \headdecl{sys/socket.h}
748 \funcdecl{int socketpair(int domain, int type, int protocol, int sv[2])}
750 Crea una coppia di socket connessi fra loro.
752 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
753 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
755 \item[\errcode{EAFNOSUPPORT}] i socket locali non sono supportati.
756 \item[\errcode{EPROTONOSUPPORT}] il protocollo specificato non è supportato.
757 \item[\errcode{EOPNOTSUPP}] il protocollo specificato non supporta la
758 creazione di coppie di socket.
760 ed inoltre \errval{EMFILE}, \errval{EFAULT}.
764 La funzione restituisce in \param{sv} la coppia di descrittori connessi fra di
765 loro: quello che si scrive su uno di essi sarà ripresentato in input
766 sull'altro e viceversa. Gli argomenti \param{domain}, \param{type} e
767 \param{protocol} derivano dall'interfaccia dei socket (vedi
768 sez.~\ref{sec:sock_creation}) che è quella che fornisce il substrato per
769 connettere i due descrittori, ma in questo caso i soli valori validi che
770 possono essere specificati sono rispettivamente \const{AF\_UNIX},
771 \const{SOCK\_STREAM} e \val{0}.
773 L'utilità di chiamare questa funzione per evitare due chiamate a \func{pipe}
774 può sembrare limitata; in realtà l'utilizzo di questa funzione (e dei socket
775 locali in generale) permette di trasmettere attraverso le linea non solo dei
776 dati, ma anche dei file descriptor: si può cioè passare da un processo ad un
777 altro un file descriptor, con una sorta di duplicazione dello stesso non
778 all'interno di uno stesso processo, ma fra processi distinti (torneremo su
779 questa funzionalità in sez.~\ref{sec:sock_fd_passing}).
782 \section{L'intercomunicazione fra processi di System V}
785 Benché le pipe e le fifo siano ancora ampiamente usate, esse scontano il
786 limite fondamentale che il meccanismo di comunicazione che forniscono è
787 rigidamente sequenziale: una situazione in cui un processo scrive qualcosa che
788 molti altri devono poter leggere non può essere implementata con una pipe.
790 Per questo nello sviluppo di System V vennero introdotti una serie di nuovi
791 oggetti per la comunicazione fra processi ed una nuova interfaccia di
792 programmazione, che fossero in grado di garantire una maggiore flessibilità.
793 In questa sezione esamineremo come Linux supporta quello che viene chiamato il
794 \textsl{Sistema di comunicazione fra processi} di System V, cui da qui in
795 avanti faremo riferimento come \textit{SysV IPC} (dove IPC è la sigla di
796 \textit{Inter-Process Comunication}).
800 \subsection{Considerazioni generali}
801 \label{sec:ipc_sysv_generic}
803 La principale caratteristica del \textit{SysV IPC} è quella di essere basato
804 su oggetti permanenti che risiedono nel kernel. Questi, a differenza di quanto
805 avviene per i file descriptor, non mantengono un contatore dei riferimenti, e
806 non vengono cancellati dal sistema una volta che non sono più in uso.
808 Questo comporta due problemi: il primo è che, al contrario di quanto avviene
809 per pipe e fifo, la memoria allocata per questi oggetti non viene rilasciata
810 automaticamente quando non c'è più nessuno che li utilizzi, ed essi devono
811 essere cancellati esplicitamente, se non si vuole che restino attivi fino al
812 riavvio del sistema. Il secondo problema è che, dato che non c'è, come per i
813 file, un contatore del numero di riferimenti che ne indichi l'essere in uso,
814 essi possono essere cancellati anche se ci sono dei processi che li stanno
815 utilizzando, con tutte le conseguenze (negative) del caso.
817 Un'ulteriore caratteristica negativa è che gli oggetti usati nel \textit{SysV
818 IPC} vengono creati direttamente dal kernel, e sono accessibili solo
819 specificando il relativo \textsl{identificatore}. Questo è un numero
820 progressivo (un po' come il \ids{PID} dei processi) che il kernel assegna a
821 ciascuno di essi quanto vengono creati (sul procedimento di assegnazione
822 torneremo in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_id_use}). L'identificatore viene restituito
823 dalle funzioni che creano l'oggetto, ed è quindi locale al processo che le ha
824 eseguite. Dato che l'identificatore viene assegnato dinamicamente dal kernel
825 non è possibile prevedere quale sarà, né utilizzare un qualche valore statico,
826 si pone perciò il problema di come processi diversi possono accedere allo
829 Per risolvere il problema nella struttura \struct{ipc\_perm} che il kernel
830 associa a ciascun oggetto, viene mantenuto anche un campo apposito che
831 contiene anche una \textsl{chiave}, identificata da una variabile del tipo
832 primitivo \type{key\_t}, da specificare in fase di creazione dell'oggetto, e
833 tramite la quale è possibile ricavare l'identificatore.\footnote{in sostanza
834 si sposta il problema dell'accesso dalla classificazione in base
835 all'identificatore alla classificazione in base alla chiave, una delle tante
836 complicazioni inutili presenti nel \textit{SysV IPC}.} Oltre la chiave, la
837 struttura, la cui definizione è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_ipc_perm},
838 mantiene varie proprietà ed informazioni associate all'oggetto.
841 \footnotesize \centering
842 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
843 \includestruct{listati/ipc_perm.h}
846 \caption{La struttura \structd{ipc\_perm}, come definita in
847 \headfile{sys/ipc.h}.}
848 \label{fig:ipc_ipc_perm}
851 Usando la stessa chiave due processi diversi possono ricavare l'identificatore
852 associato ad un oggetto ed accedervi. Il problema che sorge a questo punto è
853 come devono fare per accordarsi sull'uso di una stessa chiave. Se i processi
854 sono \textsl{imparentati} la soluzione è relativamente semplice, in tal caso
855 infatti si può usare il valore speciale \texttt{IPC\_PRIVATE} per creare un
856 nuovo oggetto nel processo padre, l'identificatore così ottenuto sarà
857 disponibile in tutti i figli, e potrà essere passato come argomento attraverso
860 Però quando i processi non sono \textsl{imparentati} (come capita tutte le
861 volte che si ha a che fare con un sistema client-server) tutto questo non è
862 possibile; si potrebbe comunque salvare l'identificatore su un file noto, ma
863 questo ovviamente comporta lo svantaggio di doverselo andare a rileggere. Una
864 alternativa più efficace è quella che i programmi usino un valore comune per
865 la chiave (che ad esempio può essere dichiarato in un header comune), ma c'è
866 sempre il rischio che questa chiave possa essere stata già utilizzata da
867 qualcun altro. Dato che non esiste una convenzione su come assegnare queste
868 chiavi in maniera univoca l'interfaccia mette a disposizione una funzione
869 apposita, \funcd{ftok}, che permette di ottenere una chiave specificando il
870 nome di un file ed un numero di versione; il suo prototipo è:
872 \headdecl{sys/types.h}
875 \funcdecl{key\_t ftok(const char *pathname, int proj\_id)}
877 Restituisce una chiave per identificare un oggetto del \textit{SysV IPC}.
879 \bodydesc{La funzione restituisce la chiave in caso di successo e -1
880 altrimenti, nel qual caso \var{errno} sarà uno dei possibili codici di
881 errore di \func{stat}.}
884 La funzione determina un valore della chiave sulla base di \param{pathname},
885 che deve specificare il \textit{pathname} di un file effettivamente esistente
886 e di un numero di progetto \param{proj\_id)}, che di norma viene specificato
887 come carattere, dato che ne vengono utilizzati solo gli 8 bit meno
888 significativi.\footnote{nelle libc4 e libc5, come avviene in SunOS,
889 l'argomento \param{proj\_id} è dichiarato tipo \ctyp{char}, la \acr{glibc}
890 usa il prototipo specificato da XPG4, ma vengono lo stesso utilizzati gli 8
891 bit meno significativi.}
893 Il problema è che anche così non c'è la sicurezza che il valore della chiave
894 sia univoco, infatti esso è costruito combinando il byte di \param{proj\_id)}
895 con i 16 bit meno significativi \itindex{inode} dell'inode del file
896 \param{pathname} (che vengono ottenuti attraverso \func{stat}, da cui derivano
897 i possibili errori), e gli 8 bit meno significativi del numero del dispositivo
898 su cui è il file. Diventa perciò relativamente facile ottenere delle
899 collisioni, specie se i file sono su dispositivi con lo stesso
900 \itindex{minor~number} \textit{minor number}, come \file{/dev/hda1} e
903 In genere quello che si fa è utilizzare un file comune usato dai programmi che
904 devono comunicare (ad esempio un header comune, o uno dei programmi che devono
905 usare l'oggetto in questione), utilizzando il numero di progetto per ottenere
906 le chiavi che interessano. In ogni caso occorre sempre controllare, prima di
907 creare un oggetto, che la chiave non sia già stata utilizzata. Se questo va
908 bene in fase di creazione, le cose possono complicarsi per i programmi che
909 devono solo accedere, in quanto, a parte gli eventuali controlli sugli altri
910 attributi di \struct{ipc\_perm}, non esiste una modalità semplice per essere
911 sicuri che l'oggetto associato ad una certa chiave sia stato effettivamente
912 creato da chi ci si aspetta.
914 Questo è, insieme al fatto che gli oggetti sono permanenti e non mantengono un
915 contatore di riferimenti per la cancellazione automatica, il principale
916 problema del \textit{SysV IPC}. Non esiste infatti una modalità chiara per
917 identificare un oggetto, come sarebbe stato se lo si fosse associato ad in
918 file, e tutta l'interfaccia è inutilmente complessa. Per questo ne è stata
919 effettuata una revisione completa nello standard POSIX.1b, che tratteremo in
920 sez.~\ref{sec:ipc_posix}.
923 \subsection{Il controllo di accesso}
924 \label{sec:ipc_sysv_access_control}
926 Oltre alle chiavi, abbiamo visto che ad ogni oggetto sono associate in
927 \struct{ipc\_perm} ulteriori informazioni, come gli identificatori del creatore
928 (nei campi \var{cuid} e \var{cgid}) e del proprietario (nei campi \var{uid} e
929 \var{gid}) dello stesso, e un insieme di permessi (nel campo \var{mode}). In
930 questo modo è possibile definire un controllo di accesso sugli oggetti di IPC,
931 simile a quello che si ha per i file (vedi sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
933 Benché questo controllo di accesso sia molto simile a quello dei file, restano
934 delle importanti differenze. La prima è che il permesso di esecuzione non
935 esiste (e se specificato viene ignorato), per cui si può parlare solo di
936 permessi di lettura e scrittura (nel caso dei semafori poi quest'ultimo è più
937 propriamente un permesso di modifica). I valori di \var{mode} sono gli stessi
938 ed hanno lo stesso significato di quelli riportati in
939 tab.~\ref{tab:file_mode_flags}\footnote{se però si vogliono usare le costanti
940 simboliche ivi definite occorrerà includere il file \headfile{sys/stat.h},
941 alcuni sistemi definiscono le costanti \const{MSG\_R} (\texttt{0400}) e
942 \const{MSG\_W} (\texttt{0200}) per indicare i permessi base di lettura e
943 scrittura per il proprietario, da utilizzare, con gli opportuni shift, pure
944 per il gruppo e gli altri, in Linux, visto la loro scarsa utilità, queste
945 costanti non sono definite.} e come per i file definiscono gli accessi per
946 il proprietario, il suo gruppo e tutti gli altri.
948 Quando l'oggetto viene creato i campi \var{cuid} e \var{uid} di
949 \struct{ipc\_perm} ed i campi \var{cgid} e \var{gid} vengono impostati
950 rispettivamente al valore dell'\ids{UID} e del \ids{GID} effettivo del processo
951 che ha chiamato la funzione, ma, mentre i campi \var{uid} e \var{gid} possono
952 essere cambiati, i campi \var{cuid} e \var{cgid} restano sempre gli stessi.
954 Il controllo di accesso è effettuato a due livelli. Il primo livello è nelle
955 funzioni che richiedono l'identificatore di un oggetto data la chiave. Queste
956 specificano tutte un argomento \param{flag}, in tal caso quando viene
957 effettuata la ricerca di una chiave, qualora \param{flag} specifichi dei
958 permessi, questi vengono controllati e l'identificatore viene restituito solo
959 se corrispondono a quelli dell'oggetto. Se ci sono dei permessi non presenti
960 in \var{mode} l'accesso sarà negato. Questo controllo però è di utilità
961 indicativa, dato che è sempre possibile specificare per \param{flag} un valore
962 nullo, nel qual caso l'identificatore sarà restituito comunque.
964 Il secondo livello di controllo è quello delle varie funzioni che accedono
965 direttamente (in lettura o scrittura) all'oggetto. In tal caso lo schema dei
966 controlli è simile a quello dei file, ed avviene secondo questa sequenza:
968 \item se il processo ha i privilegi di amministratore l'accesso è sempre
970 \item se l'\ids{UID} effettivo del processo corrisponde o al valore del campo
971 \var{cuid} o a quello del campo \var{uid} ed il permesso per il proprietario
972 in \var{mode} è appropriato\footnote{per appropriato si intende che è
973 impostato il permesso di scrittura per le operazioni di scrittura e quello
974 di lettura per le operazioni di lettura.} l'accesso è consentito.
975 \item se il \ids{GID} effettivo del processo corrisponde o al
976 valore del campo \var{cgid} o a quello del campo \var{gid} ed il permesso
977 per il gruppo in \var{mode} è appropriato l'accesso è consentito.
978 \item se il permesso per gli altri è appropriato l'accesso è consentito.
980 solo se tutti i controlli elencati falliscono l'accesso è negato. Si noti che
981 a differenza di quanto avviene per i permessi dei file, fallire in uno dei
982 passi elencati non comporta il fallimento dell'accesso. Un'ulteriore
983 differenza rispetto a quanto avviene per i file è che per gli oggetti di IPC
984 il valore di \itindex{umask} \textit{umask} (si ricordi quanto esposto in
985 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) non ha alcun significato.
988 \subsection{Gli identificatori ed il loro utilizzo}
989 \label{sec:ipc_sysv_id_use}
991 L'unico campo di \struct{ipc\_perm} del quale non abbiamo ancora parlato è
992 \var{seq}, che in fig.~\ref{fig:ipc_ipc_perm} è qualificato con un criptico
993 ``\textsl{numero di sequenza}'', ne parliamo adesso dato che esso è
994 strettamente attinente alle modalità con cui il kernel assegna gli
995 identificatori degli oggetti del sistema di IPC.
997 Quando il sistema si avvia, alla creazione di ogni nuovo oggetto di IPC viene
998 assegnato un numero progressivo, pari al numero di oggetti di quel tipo
999 esistenti. Se il comportamento fosse sempre questo sarebbe identico a quello
1000 usato nell'assegnazione dei file descriptor nei processi, ed i valori degli
1001 identificatori tenderebbero ad essere riutilizzati spesso e restare di piccole
1002 dimensioni (inferiori al numero massimo di oggetti disponibili).
1004 Questo va benissimo nel caso dei file descriptor, che sono locali ad un
1005 processo, ma qui il comportamento varrebbe per tutto il sistema, e per
1006 processi del tutto scorrelati fra loro. Così si potrebbero avere situazioni
1007 come quella in cui un server esce e cancella le sue code di messaggi, ed il
1008 relativo identificatore viene immediatamente assegnato a quelle di un altro
1009 server partito subito dopo, con la possibilità che i client del primo non
1010 facciano in tempo ad accorgersi dell'avvenuto, e finiscano con l'interagire
1011 con gli oggetti del secondo, con conseguenze imprevedibili.
1013 Proprio per evitare questo tipo di situazioni il sistema usa il valore di
1014 \var{seq} per provvedere un meccanismo che porti gli identificatori ad
1015 assumere tutti i valori possibili, rendendo molto più lungo il periodo in cui
1016 un identificatore può venire riutilizzato.
1018 Il sistema dispone sempre di un numero fisso di oggetti di IPC,\footnote{fino
1019 al kernel 2.2.x questi valori, definiti dalle costanti \const{MSGMNI},
1020 \const{SEMMNI} e \const{SHMMNI}, potevano essere cambiati (come tutti gli
1021 altri limiti relativi al \textit{SysV IPC}) solo con una ricompilazione del
1022 kernel, andando a modificarne la definizione nei relativi header file. A
1023 partire dal kernel 2.4.x è possibile cambiare questi valori a sistema attivo
1024 scrivendo sui file \sysctlrelfile{kernel}{shmmni},
1025 \sysctlrelfile{kernel}{msgmni} e \sysctlrelfile{kernel}{sem}
1026 di \file{/proc/sys/kernel} o con l'uso di \func{sysctl}.} e per ciascuno di
1027 essi viene mantenuto in \var{seq} un numero di sequenza progressivo che viene
1028 incrementato di uno ogni volta che l'oggetto viene cancellato. Quando
1029 l'oggetto viene creato usando uno spazio che era già stato utilizzato in
1030 precedenza per restituire l'identificatore al numero di oggetti presenti viene
1031 sommato il valore di \var{seq} moltiplicato per il numero massimo di oggetti
1032 di quel tipo,\footnote{questo vale fino ai kernel della serie 2.2.x, dalla
1033 serie 2.4.x viene usato lo stesso fattore per tutti gli oggetti, esso è dato
1034 dalla costante \const{IPCMNI}, definita in \file{include/linux/ipc.h}, che
1035 indica il limite massimo per il numero di tutti oggetti di IPC, ed il cui
1036 valore è 32768.} si evita così il riutilizzo degli stessi numeri, e si fa
1037 sì che l'identificatore assuma tutti i valori possibili.
1039 \begin{figure}[!htbp]
1040 \footnotesize \centering
1041 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1042 \includecodesample{listati/IPCTestId.c}
1045 \caption{Sezione principale del programma di test per l'assegnazione degli
1046 identificatori degli oggetti di IPC \file{IPCTestId.c}.}
1047 \label{fig:ipc_sysv_idtest}
1050 In fig.~\ref{fig:ipc_sysv_idtest} è riportato il codice di un semplice
1051 programma di test che si limita a creare un oggetto (specificato a riga di
1052 comando), stamparne il numero di identificatore e cancellarlo per un numero
1053 specificato di volte. Al solito non si è riportato il codice della gestione
1054 delle opzioni a riga di comando, che permette di specificare quante volte
1055 effettuare il ciclo \var{n}, e su quale tipo di oggetto eseguirlo.
1057 La figura non riporta il codice di selezione delle opzioni, che permette di
1058 inizializzare i valori delle variabili \var{type} al tipo di oggetto voluto, e
1059 \var{n} al numero di volte che si vuole effettuare il ciclo di creazione,
1060 stampa, cancellazione. I valori di default sono per l'uso delle code di
1061 messaggi e un ciclo di 5 volte. Se si lancia il comando si otterrà qualcosa
1064 piccardi@gont sources]$ ./ipctestid
1066 Identifier Value 32768
1067 Identifier Value 65536
1068 Identifier Value 98304
1069 Identifier Value 131072
1072 il che ci mostra che abbiamo un kernel della serie 2.4.x nel quale non avevamo
1073 ancora usato nessuna coda di messaggi. Se ripetiamo il comando otterremo
1076 [piccardi@gont sources]$ ./ipctestid
1077 Identifier Value 163840
1078 Identifier Value 196608
1079 Identifier Value 229376
1080 Identifier Value 262144
1081 Identifier Value 294912
1084 che ci mostra come il valore di \var{seq} sia in effetti una quantità
1085 mantenuta staticamente all'interno del sistema.
1088 \subsection{Code di messaggi}
1089 \label{sec:ipc_sysv_mq}
1091 Il primo oggetto introdotto dal \textit{SysV IPC} è quello delle code di
1092 messaggi. Le code di messaggi sono oggetti analoghi alle pipe o alle fifo,
1093 anche se la loro struttura è diversa, ed il loro scopo principale è appunto
1094 quello di permettere a processi diversi di scambiarsi dei dati.
1096 La funzione che permette di richiedere al sistema l'identificatore di una coda
1097 di messaggi esistente (o di crearne una se questa non esiste) è
1098 \funcd{msgget}; il suo prototipo è:
1100 \headdecl{sys/types.h}
1101 \headdecl{sys/ipc.h}
1102 \headdecl{sys/msg.h}
1104 \funcdecl{int msgget(key\_t key, int flag)}
1106 Restituisce l'identificatore di una coda di messaggi.
1108 \bodydesc{La funzione restituisce l'identificatore (un intero positivo) o -1
1109 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1111 \item[\errcode{EACCES}] il processo chiamante non ha i privilegi per accedere
1112 alla coda richiesta.
1113 \item[\errcode{EEXIST}] si è richiesta la creazione di una coda che già
1114 esiste, ma erano specificati sia \const{IPC\_CREAT} che \const{IPC\_EXCL}.
1115 \item[\errcode{EIDRM}] la coda richiesta è marcata per essere cancellata.
1116 \item[\errcode{ENOENT}] si è cercato di ottenere l'identificatore di una coda
1117 di messaggi specificando una chiave che non esiste e \const{IPC\_CREAT}
1118 non era specificato.
1119 \item[\errcode{ENOSPC}] si è cercato di creare una coda di messaggi quando è
1120 stato superato il limite massimo di code (\const{MSGMNI}).
1122 ed inoltre \errval{ENOMEM}.
1126 Le funzione (come le analoghe che si usano per gli altri oggetti) serve sia a
1127 ottenere l'identificatore di una coda di messaggi esistente, che a crearne una
1128 nuova. L'argomento \param{key} specifica la chiave che è associata
1129 all'oggetto, eccetto il caso in cui si specifichi il valore
1130 \const{IPC\_PRIVATE}, nel qual caso la coda è creata ex-novo e non vi è
1131 associata alcuna chiave, il processo (ed i suoi eventuali figli) potranno
1132 farvi riferimento solo attraverso l'identificatore.
1134 Se invece si specifica un valore diverso da \const{IPC\_PRIVATE}\footnote{in
1135 Linux questo significa un valore diverso da zero.} l'effetto della funzione
1136 dipende dal valore di \param{flag}, se questo è nullo la funzione si limita ad
1137 effettuare una ricerca sugli oggetti esistenti, restituendo l'identificatore
1138 se trova una corrispondenza, o fallendo con un errore di \errcode{ENOENT} se
1139 non esiste o di \errcode{EACCES} se si sono specificati dei permessi non
1142 Se invece si vuole creare una nuova coda di messaggi \param{flag} non può
1143 essere nullo e deve essere fornito come maschera binaria, impostando il bit
1144 corrispondente al valore \const{IPC\_CREAT}. In questo caso i nove bit meno
1145 significativi di \param{flag} saranno usati come permessi per il nuovo
1146 oggetto, secondo quanto illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}.
1147 Se si imposta anche il bit corrispondente a \const{IPC\_EXCL} la funzione avrà
1148 successo solo se l'oggetto non esiste già, fallendo con un errore di
1149 \errcode{EEXIST} altrimenti.
1151 Si tenga conto che l'uso di \const{IPC\_PRIVATE} non impedisce ad altri
1152 processi di accedere alla coda (se hanno privilegi sufficienti) una volta che
1153 questi possano indovinare o ricavare (ad esempio per tentativi)
1154 l'identificatore ad essa associato. Per come sono implementati gli oggetti di
1155 IPC infatti non esiste una maniera che garantisca l'accesso esclusivo ad una
1156 coda di messaggi. Usare \const{IPC\_PRIVATE} o const{IPC\_CREAT} e
1157 \const{IPC\_EXCL} per \param{flag} comporta solo la creazione di una nuova
1163 \begin{tabular}[c]{|c|r|l|l|}
1165 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{File in \texttt{proc}}
1166 & \textbf{Significato} \\
1169 \const{MSGMNI}& 16& \file{msgmni} & Numero massimo di code di
1171 \const{MSGMAX}& 8192& \file{msgmax} & Dimensione massima di un singolo
1173 \const{MSGMNB}&16384& \file{msgmnb} & Dimensione massima del contenuto di
1177 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti delle code di messaggi.}
1178 \label{tab:ipc_msg_limits}
1181 Le code di messaggi sono caratterizzate da tre limiti fondamentali, definiti
1182 negli header e corrispondenti alle prime tre costanti riportate in
1183 tab.~\ref{tab:ipc_msg_limits}, come accennato però in Linux è possibile
1184 modificare questi limiti attraverso l'uso di \func{sysctl} o scrivendo nei
1185 file \sysctlrelfile{kernel}{msgmax},
1186 \sysctlrelfile{kernel}{msgmnb} e
1187 \sysctlrelfile{kernel}{msgmni} di \file{/proc/sys/kernel/}.
1189 \begin{figure}[!htb]
1190 \centering \includegraphics[width=13cm]{img/mqstruct}
1191 \caption{Schema della struttura di una coda messaggi.}
1192 \label{fig:ipc_mq_schema}
1196 Una coda di messaggi è costituita da una \itindex{linked~list} \textit{linked
1197 list};\footnote{una \itindex{linked~list} \textit{linked list} è una tipica
1198 struttura di dati, organizzati in una lista in cui ciascun elemento contiene
1199 un puntatore al successivo. In questo modo la struttura è veloce
1200 nell'estrazione ed immissione dei dati dalle estremità dalla lista (basta
1201 aggiungere un elemento in testa o in coda ed aggiornare un puntatore), e
1202 relativamente veloce da attraversare in ordine sequenziale (seguendo i
1203 puntatori), è invece relativamente lenta nell'accesso casuale e nella
1204 ricerca.} i nuovi messaggi vengono inseriti in coda alla lista e vengono
1205 letti dalla cima, in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} si è riportato lo schema con
1206 cui queste strutture vengono mantenute dal kernel.\footnote{lo schema
1207 illustrato in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} è in realtà una semplificazione
1208 di quello usato effettivamente fino ai kernel della serie 2.2.x, nei kernel
1209 della serie 2.4.x la gestione delle code di messaggi è stata modificata ed è
1210 effettuata in maniera diversa; abbiamo mantenuto lo schema precedente in
1211 quanto illustra comunque in maniera più che adeguata i principi di
1212 funzionamento delle code di messaggi.}
1214 \begin{figure}[!htb]
1215 \footnotesize \centering
1216 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
1217 \includestruct{listati/msqid_ds.h}
1220 \caption{La struttura \structd{msqid\_ds}, associata a ciascuna coda di
1222 \label{fig:ipc_msqid_ds}
1225 A ciascuna coda è associata una struttura \struct{msqid\_ds}, la cui
1226 definizione, è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_msqid_ds}. In questa struttura
1227 il kernel mantiene le principali informazioni riguardo lo stato corrente della
1228 coda.\footnote{come accennato questo vale fino ai kernel della serie 2.2.x,
1229 essa viene usata nei kernel della serie 2.4.x solo per compatibilità in
1230 quanto è quella restituita dalle funzioni dell'interfaccia. Si noti come ci
1231 sia una differenza con i campi mostrati nello schema di
1232 fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} che sono presi dalla definizione di
1233 \file{include/linux/msg.h}, e fanno riferimento alla definizione della
1234 omonima struttura usata nel kernel.} In fig.~\ref{fig:ipc_msqid_ds} sono
1235 elencati i campi significativi definiti in \headfile{sys/msg.h}, a cui si sono
1236 aggiunti gli ultimi tre campi che sono previsti dalla implementazione
1237 originale di System V, ma non dallo standard Unix98.
1239 Quando si crea una nuova coda con \func{msgget} questa struttura viene
1240 inizializzata, in particolare il campo \var{msg\_perm} viene inizializzato
1241 come illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}, per quanto riguarda
1242 gli altri campi invece:
1244 \item il campo \var{msg\_qnum}, che esprime il numero di messaggi presenti
1245 sulla coda, viene inizializzato a 0.
1246 \item i campi \var{msg\_lspid} e \var{msg\_lrpid}, che esprimono
1247 rispettivamente il \ids{PID} dell'ultimo processo che ha inviato o ricevuto
1248 un messaggio sulla coda, sono inizializzati a 0.
1249 \item i campi \var{msg\_stime} e \var{msg\_rtime}, che esprimono
1250 rispettivamente il tempo in cui è stato inviato o ricevuto l'ultimo
1251 messaggio sulla coda, sono inizializzati a 0.
1252 \item il campo \var{msg\_ctime}, che esprime il tempo di creazione della coda,
1253 viene inizializzato al tempo corrente.
1254 \item il campo \var{msg\_qbytes} che esprime la dimensione massima del
1255 contenuto della coda (in byte) viene inizializzato al valore preimpostato
1256 del sistema (\const{MSGMNB}).
1257 \item i campi \var{msg\_first} e \var{msg\_last} che esprimono l'indirizzo del
1258 primo e ultimo messaggio sono inizializzati a \val{NULL} e
1259 \var{msg\_cbytes}, che esprime la dimensione in byte dei messaggi presenti è
1260 inizializzato a zero. Questi campi sono ad uso interno dell'implementazione
1261 e non devono essere utilizzati da programmi in user space).
1264 Una volta creata una coda di messaggi le operazioni di controllo vengono
1265 effettuate con la funzione \funcd{msgctl}, che (come le analoghe \func{semctl}
1266 e \func{shmctl}) fa le veci di quello che \func{ioctl} è per i file; il suo
1269 \headdecl{sys/types.h}
1270 \headdecl{sys/ipc.h}
1271 \headdecl{sys/msg.h}
1273 \funcdecl{int msgctl(int msqid, int cmd, struct msqid\_ds *buf)}
1275 Esegue l'operazione specificata da \param{cmd} sulla coda \param{msqid}.
1277 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo o $-1$ in caso di
1278 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1280 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto \const{IPC\_STAT} ma processo
1281 chiamante non ha i privilegi di lettura sulla coda.
1282 \item[\errcode{EIDRM}] la coda richiesta è stata cancellata.
1283 \item[\errcode{EPERM}] si è richiesto \const{IPC\_SET} o \const{IPC\_RMID} ma
1284 il processo non ha i privilegi, o si è richiesto di aumentare il valore di
1285 \var{msg\_qbytes} oltre il limite \const{MSGMNB} senza essere
1288 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
1292 La funzione permette di accedere ai valori della struttura \struct{msqid\_ds},
1293 mantenuta all'indirizzo \param{buf}, per la coda specificata
1294 dall'identificatore \param{msqid}. Il comportamento della funzione dipende dal
1295 valore dell'argomento \param{cmd}, che specifica il tipo di azione da
1296 eseguire; i valori possibili sono:
1297 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
1298 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge le informazioni riguardo la coda nella
1299 struttura indicata da \param{buf}. Occorre avere il permesso di lettura
1301 \item[\const{IPC\_RMID}] Rimuove la coda, cancellando tutti i dati, con
1302 effetto immediato. Tutti i processi che cercheranno di accedere alla coda
1303 riceveranno un errore di \errcode{EIDRM}, e tutti processi in attesa su
1304 funzioni di lettura o di scrittura sulla coda saranno svegliati ricevendo
1305 il medesimo errore. Questo comando può essere eseguito solo da un processo
1306 con \ids{UID} effettivo corrispondente al creatore o al proprietario della
1307 coda, o all'amministratore.
1308 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
1309 della coda, ed il limite massimo sulle dimensioni del totale dei messaggi in
1310 essa contenuti (\var{msg\_qbytes}). I valori devono essere passati in una
1311 struttura \struct{msqid\_ds} puntata da \param{buf}. Per modificare i valori
1312 di \var{msg\_perm.mode}, \var{msg\_perm.uid} e \var{msg\_perm.gid} occorre
1313 essere il proprietario o il creatore della coda, oppure l'amministratore; lo
1314 stesso vale per \var{msg\_qbytes}, ma l'amministratore ha la facoltà di
1315 incrementarne il valore a limiti superiori a \const{MSGMNB}.
1319 Una volta che si abbia a disposizione l'identificatore, per inviare un
1320 messaggio su una coda si utilizza la funzione \funcd{msgsnd}; il suo prototipo
1323 \headdecl{sys/types.h}
1324 \headdecl{sys/ipc.h}
1325 \headdecl{sys/msg.h}
1327 \funcdecl{int msgsnd(int msqid, struct msgbuf *msgp, size\_t msgsz, int
1330 Invia un messaggio sulla coda \param{msqid}.
1332 \bodydesc{La funzione restituisce 0, e $-1$ in caso di errore, nel qual caso
1333 \var{errno} assumerà uno dei valori:
1335 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i privilegi di accesso sulla coda.
1336 \item[\errcode{EIDRM}] la coda è stata cancellata.
1337 \item[\errcode{EAGAIN}] il messaggio non può essere inviato perché si è
1338 superato il limite \var{msg\_qbytes} sul numero massimo di byte presenti
1339 sulla coda, e si è richiesto \const{IPC\_NOWAIT} in \param{flag}.
1340 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un \param{msgid} invalido, o un
1341 valore non positivo per \param{mtype}, o un valore di \param{msgsz}
1342 maggiore di \const{MSGMAX}.
1344 ed inoltre \errval{EFAULT}, \errval{EINTR} ed \errval{ENOMEM}. }
1347 La funzione inserisce il messaggio sulla coda specificata da \param{msqid}; il
1348 messaggio ha lunghezza specificata da \param{msgsz} ed è passato attraverso il
1349 l'argomento \param{msgp}. Quest'ultimo deve venire passato sempre come
1350 puntatore ad una struttura \struct{msgbuf} analoga a quella riportata in
1351 fig.~\ref{fig:ipc_msbuf} che è quella che deve contenere effettivamente il
1352 messaggio. La dimensione massima per il testo di un messaggio non può
1353 comunque superare il limite \const{MSGMAX}.
1355 La struttura di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf} è comunque solo un modello, tanto che
1356 la definizione contenuta in \headfile{sys/msg.h} usa esplicitamente per il
1357 secondo campo il valore \code{mtext[1]}, che non è di nessuna utilità ai fini
1358 pratici. La sola cosa che conta è che la struttura abbia come primo membro un
1359 campo \var{mtype} come nell'esempio; esso infatti serve ad identificare il
1360 tipo di messaggio e deve essere sempre specificato come intero positivo di
1361 tipo \ctyp{long}. Il campo \var{mtext} invece può essere di qualsiasi tipo e
1362 dimensione, e serve a contenere il testo del messaggio.
1364 In generale pertanto per inviare un messaggio con \func{msgsnd} si usa
1365 ridefinire una struttura simile a quella di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}, adattando
1366 alle proprie esigenze il campo \var{mtype}, (o ridefinendo come si vuole il
1367 corpo del messaggio, anche con più campi o con strutture più complesse) avendo
1368 però la cura di mantenere nel primo campo un valore di tipo \ctyp{long} che ne
1371 Si tenga presente che la lunghezza che deve essere indicata in questo
1372 argomento è solo quella del messaggio, non quella di tutta la struttura, se
1373 cioè \var{message} è una propria struttura che si passa alla funzione,
1374 \param{msgsz} dovrà essere uguale a \code{sizeof(message)-sizeof(long)}, (se
1375 consideriamo il caso dell'esempio in fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}, \param{msgsz}
1376 dovrà essere pari a \const{LENGTH}).
1378 \begin{figure}[!htb]
1379 \footnotesize \centering
1380 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
1381 \includestruct{listati/msgbuf.h}
1384 \caption{Schema della struttura \structd{msgbuf}, da utilizzare come
1385 argomento per inviare/ricevere messaggi.}
1386 \label{fig:ipc_msbuf}
1389 Per capire meglio il funzionamento della funzione riprendiamo in
1390 considerazione la struttura della coda illustrata in
1391 fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema}. Alla chiamata di \func{msgsnd} il nuovo messaggio
1392 sarà aggiunto in fondo alla lista inserendo una nuova struttura \struct{msg},
1393 il puntatore \var{msg\_last} di \struct{msqid\_ds} verrà aggiornato, come pure
1394 il puntatore al messaggio successivo per quello che era il precedente ultimo
1395 messaggio; il valore di \var{mtype} verrà mantenuto in \var{msg\_type} ed il
1396 valore di \param{msgsz} in \var{msg\_ts}; il testo del messaggio sarà copiato
1397 all'indirizzo specificato da \var{msg\_spot}.
1399 Il valore dell'argomento \param{flag} permette di specificare il comportamento
1400 della funzione. Di norma, quando si specifica un valore nullo, la funzione
1401 ritorna immediatamente a meno che si sia ecceduto il valore di
1402 \var{msg\_qbytes}, o il limite di sistema sul numero di messaggi, nel qual
1403 caso si blocca mandando il processo in stato di \textit{sleep}. Se si
1404 specifica per \param{flag} il valore \const{IPC\_NOWAIT} la funzione opera in
1405 modalità non bloccante, ed in questi casi ritorna immediatamente con un errore
1406 di \errcode{EAGAIN}.
1408 Se non si specifica \const{IPC\_NOWAIT} la funzione resterà bloccata fintanto
1409 che non si liberano risorse sufficienti per poter inserire nella coda il
1410 messaggio, nel qual caso ritornerà normalmente. La funzione può ritornare, con
1411 una condizione di errore anche in due altri casi: quando la coda viene rimossa
1412 (nel qual caso si ha un errore di \errcode{EIDRM}) o quando la funzione viene
1413 interrotta da un segnale (nel qual caso si ha un errore di \errcode{EINTR}).
1415 Una volta completato con successo l'invio del messaggio sulla coda, la
1416 funzione aggiorna i dati mantenuti in \struct{msqid\_ds}, in particolare
1419 \item Il valore di \var{msg\_lspid}, che viene impostato al \ids{PID} del
1421 \item Il valore di \var{msg\_qnum}, che viene incrementato di uno.
1422 \item Il valore \var{msg\_stime}, che viene impostato al tempo corrente.
1425 La funzione che viene utilizzata per estrarre un messaggio da una coda è
1426 \funcd{msgrcv}; il suo prototipo è:
1428 \headdecl{sys/types.h}
1429 \headdecl{sys/ipc.h}
1430 \headdecl{sys/msg.h}
1432 \funcdecl{ssize\_t msgrcv(int msqid, struct msgbuf *msgp, size\_t msgsz,
1433 long msgtyp, int msgflg)}
1435 Legge un messaggio dalla coda \param{msqid}.
1437 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di byte letti in caso di
1438 successo, e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno
1441 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i privilegi di accesso sulla coda.
1442 \item[\errcode{EIDRM}] la coda è stata cancellata.
1443 \item[\errcode{E2BIG}] il testo del messaggio è più lungo di \param{msgsz} e
1444 non si è specificato \const{MSG\_NOERROR} in \param{msgflg}.
1445 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale mentre
1446 era in attesa di ricevere un messaggio.
1447 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un \param{msgid} invalido o un
1448 valore di \param{msgsz} negativo.
1450 ed inoltre \errval{EFAULT}.
1454 La funzione legge un messaggio dalla coda specificata, scrivendolo sulla
1455 struttura puntata da \param{msgp}, che dovrà avere un formato analogo a quello
1456 di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}. Una volta estratto, il messaggio sarà rimosso
1457 dalla coda. L'argomento \param{msgsz} indica la lunghezza massima del testo
1458 del messaggio (equivalente al valore del parametro \const{LENGTH} nell'esempio
1459 di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}).
1461 Se il testo del messaggio ha lunghezza inferiore a \param{msgsz} esso viene
1462 rimosso dalla coda; in caso contrario, se \param{msgflg} è impostato a
1463 \const{MSG\_NOERROR}, il messaggio viene troncato e la parte in eccesso viene
1464 perduta, altrimenti il messaggio non viene estratto e la funzione ritorna con
1465 un errore di \errcode{E2BIG}.
1467 L'argomento \param{msgtyp} permette di restringere la ricerca ad un
1468 sottoinsieme dei messaggi presenti sulla coda; la ricerca infatti è fatta con
1469 una scansione della struttura mostrata in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema},
1470 restituendo il primo messaggio incontrato che corrisponde ai criteri
1471 specificati (che quindi, visto come i messaggi vengono sempre inseriti dalla
1472 coda, è quello meno recente); in particolare:
1474 \item se \param{msgtyp} è 0 viene estratto il messaggio in cima alla coda, cioè
1475 quello fra i presenti che è stato inserito per primo.
1476 \item se \param{msgtyp} è positivo viene estratto il primo messaggio il cui
1477 tipo (il valore del campo \var{mtype}) corrisponde al valore di
1479 \item se \param{msgtyp} è negativo viene estratto il primo fra i messaggi con
1480 il valore più basso del tipo, fra tutti quelli il cui tipo ha un valore
1481 inferiore al valore assoluto di \param{msgtyp}.
1484 Il valore di \param{msgflg} permette di controllare il comportamento della
1485 funzione, esso può essere nullo o una maschera binaria composta da uno o più
1486 valori. Oltre al precedente \const{MSG\_NOERROR}, sono possibili altri due
1487 valori: \const{MSG\_EXCEPT}, che permette, quando \param{msgtyp} è positivo,
1488 di leggere il primo messaggio nella coda con tipo diverso da \param{msgtyp}, e
1489 \const{IPC\_NOWAIT} che causa il ritorno immediato della funzione quando non
1490 ci sono messaggi sulla coda.
1492 Il comportamento usuale della funzione infatti, se non ci sono messaggi
1493 disponibili per la lettura, è di bloccare il processo in stato di
1494 \textit{sleep}. Nel caso però si sia specificato \const{IPC\_NOWAIT} la
1495 funzione ritorna immediatamente con un errore \errcode{ENOMSG}. Altrimenti la
1496 funzione ritorna normalmente non appena viene inserito un messaggio del tipo
1497 desiderato, oppure ritorna con errore qualora la coda sia rimossa (con
1498 \var{errno} impostata a \errcode{EIDRM}) o se il processo viene interrotto da
1499 un segnale (con \var{errno} impostata a \errcode{EINTR}).
1501 Una volta completata con successo l'estrazione del messaggio dalla coda, la
1502 funzione aggiorna i dati mantenuti in \struct{msqid\_ds}, in particolare
1505 \item Il valore di \var{msg\_lrpid}, che viene impostato al \ids{PID} del
1507 \item Il valore di \var{msg\_qnum}, che viene decrementato di uno.
1508 \item Il valore \var{msg\_rtime}, che viene impostato al tempo corrente.
1511 Le code di messaggi presentano il solito problema di tutti gli oggetti del
1512 SysV IPC; essendo questi permanenti restano nel sistema occupando risorse
1513 anche quando un processo è terminato, al contrario delle pipe per le quali
1514 tutte le risorse occupate vengono rilasciate quanto l'ultimo processo che le
1515 utilizzava termina. Questo comporta che in caso di errori si può saturare il
1516 sistema, e che devono comunque essere esplicitamente previste delle funzioni
1517 di rimozione in caso di interruzioni o uscite dal programma (come vedremo in
1518 fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server}).
1520 L'altro problema è non facendo uso di file descriptor le tecniche di
1521 \textit{I/O multiplexing} descritte in sez.~\ref{sec:file_multiplexing} non
1522 possono essere utilizzate, e non si ha a disposizione niente di analogo alle
1523 funzioni \func{select} e \func{poll}. Questo rende molto scomodo usare più di
1524 una di queste strutture alla volta; ad esempio non si può scrivere un server
1525 che aspetti un messaggio su più di una coda senza fare ricorso ad una tecnica
1526 di \itindex{polling} \textit{polling} che esegua un ciclo di attesa su
1529 Come esempio dell'uso delle code di messaggi possiamo riscrivere il nostro
1530 server di \textit{fortunes} usando queste al posto delle fifo. In questo caso
1531 useremo una sola coda di messaggi, usando il tipo di messaggio per comunicare
1532 in maniera indipendente con client diversi.
1534 \begin{figure}[!htbp]
1535 \footnotesize \centering
1536 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1537 \includecodesample{listati/MQFortuneServer.c}
1540 \caption{Sezione principale del codice del server di \textit{fortunes}
1541 basato sulle \textit{message queue}.}
1542 \label{fig:ipc_mq_fortune_server}
1545 In fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server} si è riportato un estratto delle parti
1546 principali del codice del nuovo server (il codice completo è nel file
1547 \file{MQFortuneServer.c} nei sorgenti allegati). Il programma è basato su un
1548 uso accorto della caratteristica di poter associate un ``tipo'' ai messaggi
1549 per permettere una comunicazione indipendente fra il server ed i vari client,
1550 usando il \ids{PID} di questi ultimi come identificativo. Questo è possibile
1551 in quanto, al contrario di una fifo, la lettura di una coda di messaggi può
1552 non essere sequenziale, proprio grazie alla classificazione dei messaggi sulla
1555 Il programma, oltre alle solite variabili per il nome del file da cui leggere
1556 le \textit{fortunes} e per il vettore di stringhe che contiene le frasi,
1557 definisce due strutture appositamente per la comunicazione; con
1558 \var{msgbuf\_read} (\texttt{\small 8--11}) vengono passate le richieste mentre
1559 con \var{msgbuf\_write} (\texttt{\small 12--15}) vengono restituite le frasi.
1561 La gestione delle opzioni si è al solito omessa, essa si curerà di impostare
1562 in \var{n} il numero di frasi da leggere specificato a linea di comando ed in
1563 \var{fortunefilename} il file da cui leggerle; dopo aver installato
1564 (\texttt{\small 19--21}) i gestori dei segnali per trattare l'uscita dal
1565 server, viene prima controllato (\texttt{\small 22}) il numero di frasi
1566 richieste abbia senso (cioè sia maggiore di zero), le quali poi
1567 (\texttt{\small 23}) vengono lette nel vettore in memoria con la stessa
1568 funzione \code{FortuneParse} usata anche per il server basato sulle fifo.
1570 Una volta inizializzato il vettore di stringhe coi messaggi presi dal file
1571 delle \textit{fortune} si procede (\texttt{\small 25}) con la generazione di
1572 una chiave per identificare la coda di messaggi (si usa il nome del file dei
1573 sorgenti del server) con la quale poi si esegue (\texttt{\small 26}) la
1574 creazione della stessa (si noti come si sia chiamata \func{msgget} con un
1575 valore opportuno per l'argomento \param{flag}), avendo cura di abortire il
1576 programma (\texttt{\small 27--29}) in caso di errore.
1578 Finita la fase di inizializzazione il server prima (\texttt{\small 32}) chiama
1579 la funzione \func{daemon} per andare in background e poi esegue in permanenza
1580 il ciclo principale (\texttt{\small 33--40}). Questo inizia (\texttt{\small
1581 34}) con il porsi in attesa di un messaggio di richiesta da parte di un
1582 client; si noti infatti come \func{msgrcv} richieda un messaggio con
1583 \var{mtype} uguale a 1: questo è il valore usato per le richieste dato che
1584 corrisponde al \ids{PID} di \cmd{init}, che non può essere un client. L'uso
1585 del flag \const{MSG\_NOERROR} è solo per sicurezza, dato che i messaggi di
1586 richiesta sono di dimensione fissa (e contengono solo il \ids{PID} del
1589 Se non sono presenti messaggi di richiesta \func{msgrcv} si bloccherà,
1590 ritornando soltanto in corrispondenza dell'arrivo sulla coda di un messaggio
1591 di richiesta da parte di un client, in tal caso il ciclo prosegue
1592 (\texttt{\small 35}) selezionando una frase a caso, copiandola (\texttt{\small
1593 36}) nella struttura \var{msgbuf\_write} usata per la risposta e
1594 calcolandone (\texttt{\small 37}) la dimensione.
1596 Per poter permettere a ciascun client di ricevere solo la risposta indirizzata
1597 a lui il tipo del messaggio in uscita viene inizializzato (\texttt{\small 38})
1598 al valore del \ids{PID} del client ricevuto nel messaggio di richiesta.
1599 L'ultimo passo del ciclo (\texttt{\small 39}) è inviare sulla coda il
1600 messaggio di risposta. Si tenga conto che se la coda è piena anche questa
1601 funzione potrà bloccarsi fintanto che non venga liberato dello spazio.
1603 Si noti che il programma può terminare solo grazie ad una interruzione da
1604 parte di un segnale; in tal caso verrà eseguito (\texttt{\small 45--48}) il
1605 gestore \code{HandSIGTERM}, che semplicemente si limita a cancellare la coda
1606 (\texttt{\small 46}) ed ad uscire (\texttt{\small 47}).
1608 \begin{figure}[!htbp]
1609 \footnotesize \centering
1610 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1611 \includecodesample{listati/MQFortuneClient.c}
1614 \caption{Sezione principale del codice del client di \textit{fortunes}
1615 basato sulle \textit{message queue}.}
1616 \label{fig:ipc_mq_fortune_client}
1619 In fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_client} si è riportato un estratto il codice
1620 del programma client. Al solito il codice completo è con i sorgenti allegati,
1621 nel file \file{MQFortuneClient.c}. Come sempre si sono rimosse le parti
1622 relative alla gestione delle opzioni, ed in questo caso, anche la
1623 dichiarazione delle variabili, che, per la parte relative alle strutture usate
1624 per la comunicazione tramite le code, sono le stesse viste in
1625 fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server}.
1627 Il client in questo caso è molto semplice; la prima parte del programma
1628 (\texttt{\small 4--9}) si occupa di accedere alla coda di messaggi, ed è
1629 identica a quanto visto per il server, solo che in questo caso \func{msgget}
1630 non viene chiamata con il flag di creazione in quanto la coda deve essere
1631 preesistente. In caso di errore (ad esempio se il server non è stato avviato)
1632 il programma termina immediatamente.
1634 Una volta acquisito l'identificatore della coda il client compone il
1635 messaggio di richiesta (\texttt{\small 12--13}) in \var{msg\_read}, usando 1
1636 per il tipo ed inserendo il proprio \ids{PID} come dato da passare al server.
1637 Calcolata (\texttt{\small 14}) la dimensione, provvede (\texttt{\small 15}) ad
1638 immettere la richiesta sulla coda.
1640 A questo punto non resta che (\texttt{\small 16}) rileggere dalla coda la
1641 risposta del server richiedendo a \func{msgrcv} di selezionare i messaggi di
1642 tipo corrispondente al valore del \ids{PID} inviato nella richiesta. L'ultimo
1643 passo (\texttt{\small 17}) prima di uscire è quello di stampare a video il
1646 Proviamo allora il nostro nuovo sistema, al solito occorre definire
1647 \code{LD\_LIBRARY\_PATH} per accedere alla libreria \file{libgapil.so}, dopo di
1648 che, in maniera del tutto analoga a quanto fatto con il programma che usa le
1649 fifo, potremo far partire il server con:
1651 [piccardi@gont sources]$ ./mqfortuned -n10
1653 come nel caso precedente, avendo eseguito il server in background, il comando
1654 ritornerà immediatamente; potremo però verificare con \cmd{ps} che il
1655 programma è effettivamente in esecuzione, e che ha creato una coda di
1658 [piccardi@gont sources]$ ipcs
1660 ------ Shared Memory Segments --------
1661 key shmid owner perms bytes nattch status
1663 ------ Semaphore Arrays --------
1664 key semid owner perms nsems
1666 ------ Message Queues --------
1667 key msqid owner perms used-bytes messages
1668 0x0102dc6a 0 piccardi 666 0 0
1670 a questo punto potremo usare il client per ottenere le nostre frasi:
1672 [piccardi@gont sources]$ ./mqfortune
1673 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
1674 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
1675 [piccardi@gont sources]$ ./mqfortune
1676 Let's call it an accidental feature.
1679 con un risultato del tutto equivalente al precedente. Infine potremo chiudere
1680 il server inviando il segnale di terminazione con il comando \code{killall
1681 mqfortuned} verificando che effettivamente la coda di messaggi viene rimossa.
1683 Benché funzionante questa architettura risente dello stesso inconveniente
1684 visto anche nel caso del precedente server basato sulle fifo; se il client
1685 viene interrotto dopo l'invio del messaggio di richiesta e prima della lettura
1686 della risposta, quest'ultima resta nella coda (così come per le fifo si aveva
1687 il problema delle fifo che restavano nel filesystem). In questo caso però il
1688 problemi sono maggiori, sia perché è molto più facile esaurire la memoria
1689 dedicata ad una coda di messaggi che gli \itindex{inode} inode di un filesystem,
1690 sia perché, con il riutilizzo dei \ids{PID} da parte dei processi, un client
1691 eseguito in un momento successivo potrebbe ricevere un messaggio non
1696 \subsection{Semafori}
1697 \label{sec:ipc_sysv_sem}
1699 I semafori non sono meccanismi di intercomunicazione diretta come quelli
1700 (pipe, fifo e code di messaggi) visti finora, e non consentono di scambiare
1701 dati fra processi, ma servono piuttosto come meccanismi di sincronizzazione o
1702 di protezione per le \index{sezione~critica} \textsl{sezioni critiche} del
1703 codice (si ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
1705 Un semaforo è uno speciale contatore, mantenuto nel kernel, che permette, a
1706 seconda del suo valore, di consentire o meno la prosecuzione dell'esecuzione
1707 di un programma. In questo modo l'accesso ad una risorsa condivisa da più
1708 processi può essere controllato, associando ad essa un semaforo che consente
1709 di assicurare che non più di un processo alla volta possa usarla.
1711 Il concetto di semaforo è uno dei concetti base nella programmazione ed è
1712 assolutamente generico, così come del tutto generali sono modalità con cui lo
1713 si utilizza. Un processo che deve accedere ad una risorsa eseguirà un
1714 controllo del semaforo: se questo è positivo il suo valore sarà decrementato,
1715 indicando che si è consumato una unità della risorsa, ed il processo potrà
1716 proseguire nell'utilizzo di quest'ultima, provvedendo a rilasciarla, una volta
1717 completate le operazioni volute, reincrementando il semaforo.
1719 Se al momento del controllo il valore del semaforo è nullo, siamo invece in
1720 una situazione in cui la risorsa non è disponibile, ed il processo si
1721 bloccherà in stato di \textit{sleep} fin quando chi la sta utilizzando non la
1722 rilascerà, incrementando il valore del semaforo. Non appena il semaforo torna
1723 positivo, indicando che la risorsa è disponibile, il processo sarà svegliato,
1724 e si potrà operare come nel caso precedente (decremento del semaforo, accesso
1725 alla risorsa, incremento del semaforo).
1727 Per poter implementare questo tipo di logica le operazioni di controllo e
1728 decremento del contatore associato al semaforo devono essere atomiche,
1729 pertanto una realizzazione di un oggetto di questo tipo è necessariamente
1730 demandata al kernel. La forma più semplice di semaforo è quella del
1731 \textsl{semaforo binario}, o \textit{mutex}, in cui un valore diverso da zero
1732 (normalmente 1) indica la libertà di accesso, e un valore nullo l'occupazione
1733 della risorsa. In generale però si possono usare semafori con valori interi,
1734 utilizzando il valore del contatore come indicatore del ``numero di risorse''
1737 Il sistema di comunicazione inter-processo di \textit{SysV IPC} prevede anche i
1738 semafori, ma gli oggetti utilizzati non sono semafori singoli, ma gruppi di
1739 semafori detti \textsl{insiemi} (o \textit{semaphore set}); la funzione che
1740 permette di creare o ottenere l'identificatore di un insieme di semafori è
1741 \funcd{semget}, ed il suo prototipo è:
1743 \headdecl{sys/types.h}
1744 \headdecl{sys/ipc.h}
1745 \headdecl{sys/sem.h}
1747 \funcdecl{int semget(key\_t key, int nsems, int flag)}
1749 Restituisce l'identificatore di un insieme di semafori.
1751 \bodydesc{La funzione restituisce l'identificatore (un intero positivo) o -1
1752 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1754 \item[\errcode{ENOSPC}] si è cercato di creare una insieme di semafori
1755 quando è stato superato o il limite per il numero totale di semafori
1756 (\const{SEMMNS}) o quello per il numero totale degli insiemi
1757 (\const{SEMMNI}) nel sistema.
1758 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{nsems} è minore di zero o
1759 maggiore del limite sul numero di semafori per ciascun insieme
1760 (\const{SEMMSL}), o se l'insieme già esiste, maggiore del numero di
1761 semafori che contiene.
1762 \item[\errcode{ENOMEM}] il sistema non ha abbastanza memoria per poter
1763 contenere le strutture per un nuovo insieme di semafori.
1765 ed inoltre \errval{EACCES}, \errval{ENOENT}, \errval{EEXIST},
1766 \errval{EIDRM}, con lo stesso significato che hanno per \func{msgget}.}
1769 La funzione è del tutto analoga a \func{msgget}, solo che in questo caso
1770 restituisce l'identificatore di un insieme di semafori, in particolare è
1771 identico l'uso degli argomenti \param{key} e \param{flag}, per cui non
1772 ripeteremo quanto detto al proposito in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq}. L'argomento
1773 \param{nsems} permette di specificare quanti semafori deve contenere l'insieme
1774 quando se ne richieda la creazione, e deve essere nullo quando si effettua una
1775 richiesta dell'identificatore di un insieme già esistente.
1777 Purtroppo questa implementazione complica inutilmente lo schema elementare che
1778 abbiamo descritto, dato che non è possibile definire un singolo semaforo, ma
1779 se ne deve creare per forza un insieme. Ma questa in definitiva è solo una
1780 complicazione inutile, il problema è che i semafori del \textit{SysV IPC}
1781 soffrono di altri due, ben più gravi, difetti.
1783 Il primo difetto è che non esiste una funzione che permetta di creare ed
1784 inizializzare un semaforo in un'unica chiamata; occorre prima creare l'insieme
1785 dei semafori con \func{semget} e poi inizializzarlo con \func{semctl}, si
1786 perde così ogni possibilità di eseguire l'operazione atomicamente.
1788 Il secondo difetto deriva dalla caratteristica generale degli oggetti del
1789 \textit{SysV IPC} di essere risorse globali di sistema, che non vengono
1790 cancellate quando nessuno le usa più; ci si così a trova a dover affrontare
1791 esplicitamente il caso in cui un processo termina per un qualche errore,
1792 lasciando un semaforo occupato, che resterà tale fino al successivo riavvio
1793 del sistema. Come vedremo esistono delle modalità per evitare tutto ciò, ma
1794 diventa necessario indicare esplicitamente che si vuole il ripristino del
1795 semaforo all'uscita del processo.
1797 \begin{figure}[!htb]
1798 \footnotesize \centering
1799 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
1800 \includestruct{listati/semid_ds.h}
1803 \caption{La struttura \structd{semid\_ds}, associata a ciascun insieme di
1805 \label{fig:ipc_semid_ds}
1808 A ciascun insieme di semafori è associata una struttura \struct{semid\_ds},
1809 riportata in fig.~\ref{fig:ipc_semid_ds}.\footnote{non si sono riportati i
1810 campi ad uso interno del kernel, che vedremo in
1811 fig.~\ref{fig:ipc_sem_schema}, che dipendono dall'implementazione.} Come nel
1812 caso delle code di messaggi quando si crea un nuovo insieme di semafori con
1813 \func{semget} questa struttura viene inizializzata, in particolare il campo
1814 \var{sem\_perm} viene inizializzato come illustrato in
1815 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control} (si ricordi che in questo caso il
1816 permesso di scrittura è in realtà permesso di alterare il semaforo), per
1817 quanto riguarda gli altri campi invece:
1819 \item il campo \var{sem\_nsems}, che esprime il numero di semafori
1820 nell'insieme, viene inizializzato al valore di \param{nsems}.
1821 \item il campo \var{sem\_ctime}, che esprime il tempo di creazione
1822 dell'insieme, viene inizializzato al tempo corrente.
1823 \item il campo \var{sem\_otime}, che esprime il tempo dell'ultima operazione
1824 effettuata, viene inizializzato a zero.
1827 Ciascun semaforo dell'insieme è realizzato come una struttura di tipo
1828 \struct{sem} che ne contiene i dati essenziali, la sua definizione\footnote{si
1829 è riportata la definizione originaria del kernel 1.0, che contiene la prima
1830 realizzazione del \textit{SysV IPC} in Linux. In realtà questa struttura
1831 ormai è ridotta ai soli due primi membri, e gli altri vengono calcolati
1832 dinamicamente. La si è utilizzata a scopo di esempio, perché indica tutti i
1833 valori associati ad un semaforo, restituiti dalle funzioni di controllo, e
1834 citati dalle pagine di manuale.} è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_sem}.
1835 Questa struttura, non è accessibile in user space, ma i valori in essa
1836 specificati possono essere letti in maniera indiretta, attraverso l'uso delle
1837 funzioni di controllo.
1839 \begin{figure}[!htb]
1840 \footnotesize \centering
1841 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
1842 \includestruct{listati/sem.h}
1845 \caption{La struttura \structd{sem}, che contiene i dati di un singolo
1850 I dati mantenuti nella struttura, ed elencati in fig.~\ref{fig:ipc_sem},
1851 indicano rispettivamente:
1852 \begin{description*}
1853 \item[\var{semval}] il valore numerico del semaforo.
1854 \item[\var{sempid}] il \ids{PID} dell'ultimo processo che ha eseguito una
1855 operazione sul semaforo.
1856 \item[\var{semncnt}] il numero di processi in attesa che esso venga
1858 \item[\var{semzcnt}] il numero di processi in attesa che esso si annulli.
1864 \begin{tabular}[c]{|c|r|p{8cm}|}
1866 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
1869 \const{SEMMNI}& 128 & Numero massimo di insiemi di semafori.\\
1870 \const{SEMMSL}& 250 & Numero massimo di semafori per insieme.\\
1871 \const{SEMMNS}&\const{SEMMNI}*\const{SEMMSL}& Numero massimo di semafori
1873 \const{SEMVMX}& 32767 & Massimo valore per un semaforo.\\
1874 \const{SEMOPM}& 32 & Massimo numero di operazioni per chiamata a
1876 \const{SEMMNU}&\const{SEMMNS}& Massimo numero di strutture di ripristino.\\
1877 \const{SEMUME}&\const{SEMOPM}& Massimo numero di voci di ripristino.\\
1878 \const{SEMAEM}&\const{SEMVMX}& Valore massimo per l'aggiustamento
1882 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti degli insiemi di
1883 semafori, definite in \file{linux/sem.h}.}
1884 \label{tab:ipc_sem_limits}
1887 Come per le code di messaggi anche per gli insiemi di semafori esistono una
1888 serie di limiti, i cui valori sono associati ad altrettante costanti, che si
1889 sono riportate in tab.~\ref{tab:ipc_sem_limits}. Alcuni di questi limiti sono
1890 al solito accessibili e modificabili attraverso \func{sysctl} o scrivendo
1891 direttamente nel file \sysctlfile{kernel/sem}.
1893 La funzione che permette di effettuare le varie operazioni di controllo sui
1894 semafori (fra le quali, come accennato, è impropriamente compresa anche la
1895 loro inizializzazione) è \funcd{semctl}; il suo prototipo è:
1897 \headdecl{sys/types.h}
1898 \headdecl{sys/ipc.h}
1899 \headdecl{sys/sem.h}
1901 \funcdecl{int semctl(int semid, int semnum, int cmd)}
1902 \funcdecl{int semctl(int semid, int semnum, int cmd, union semun arg)}
1904 Esegue le operazioni di controllo su un semaforo o un insieme di semafori.
1906 \bodydesc{La funzione restituisce in caso di successo un valore positivo
1907 quanto usata con tre argomenti ed un valore nullo quando usata con
1908 quattro. In caso di errore restituisce -1, ed \var{errno} assumerà uno dei
1911 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per eseguire
1912 l'operazione richiesta.
1913 \item[\errcode{EIDRM}] l'insieme di semafori è stato cancellato.
1914 \item[\errcode{EPERM}] si è richiesto \const{IPC\_SET} o \const{IPC\_RMID}
1915 ma il processo non ha privilegi sufficienti ad eseguire l'operazione.
1916 \item[\errcode{ERANGE}] si è richiesto \const{SETALL} \const{SETVAL} ma il
1917 valore a cui si vuole impostare il semaforo è minore di zero o maggiore
1920 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
1924 La funzione può avere tre o quattro argomenti, a seconda dell'operazione
1925 specificata con \param{cmd}, ed opera o sull'intero insieme specificato da
1926 \param{semid} o sul singolo semaforo di un insieme, specificato da
1929 \begin{figure}[!htb]
1930 \footnotesize \centering
1931 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
1932 \includestruct{listati/semun.h}
1935 \caption{La definizione dei possibili valori di una \direct{union}
1936 \structd{semun}, usata come quarto argomento della funzione
1938 \label{fig:ipc_semun}
1941 Qualora la funzione operi con quattro argomenti \param{arg} è un argomento
1942 generico, che conterrà un dato diverso a seconda dell'azione richiesta; per
1943 unificare l'argomento esso deve essere passato come una \struct{semun}, la cui
1944 definizione, con i possibili valori che può assumere, è riportata in
1945 fig.~\ref{fig:ipc_semun}.
1947 Come già accennato sia il comportamento della funzione che il numero di
1948 argomenti con cui deve essere invocata dipendono dal valore dell'argomento
1949 \param{cmd}, che specifica l'azione da intraprendere; i valori validi (che
1950 cioè non causano un errore di \errcode{EINVAL}) per questo argomento sono i
1952 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
1953 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge i dati dell'insieme di semafori, copiando il
1954 contenuto della relativa struttura \struct{semid\_ds} all'indirizzo
1955 specificato con \var{arg.buf}. Occorre avere il permesso di lettura.
1956 L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
1957 \item[\const{IPC\_RMID}] Rimuove l'insieme di semafori e le relative strutture
1958 dati, con effetto immediato. Tutti i processi che erano stato di
1959 \textit{sleep} vengono svegliati, ritornando con un errore di
1960 \errcode{EIDRM}. L'\ids{UID} effettivo del processo deve corrispondere o al
1961 creatore o al proprietario dell'insieme, o all'amministratore. L'argomento
1962 \param{semnum} viene ignorato.
1963 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
1964 dell'insieme. I valori devono essere passati in una struttura
1965 \struct{semid\_ds} puntata da \param{arg.buf} di cui saranno usati soltanto i
1966 campi \var{sem\_perm.uid}, \var{sem\_perm.gid} e i nove bit meno
1967 significativi di \var{sem\_perm.mode}. L'\ids{UID} effettivo del processo deve
1968 corrispondere o al creatore o al proprietario dell'insieme, o
1969 all'amministratore. L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
1970 \item[\const{GETALL}] Restituisce il valore corrente di ciascun semaforo
1971 dell'insieme (corrispondente al campo \var{semval} di \struct{sem}) nel
1972 vettore indicato da \param{arg.array}. Occorre avere il permesso di lettura.
1973 L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
1974 \item[\const{GETNCNT}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
1975 numero di processi in attesa che il semaforo \param{semnum} dell'insieme
1976 \param{semid} venga incrementato (corrispondente al campo \var{semncnt} di
1977 \struct{sem}); va invocata con tre argomenti. Occorre avere il permesso di
1979 \item[\const{GETPID}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
1980 \ids{PID} dell'ultimo processo che ha compiuto una operazione sul semaforo
1981 \param{semnum} dell'insieme \param{semid} (corrispondente al campo
1982 \var{sempid} di \struct{sem}); va invocata con tre argomenti. Occorre avere
1983 il permesso di lettura.
1984 \item[\const{GETVAL}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il il
1985 valore corrente del semaforo \param{semnum} dell'insieme \param{semid}
1986 (corrispondente al campo \var{semval} di \struct{sem}); va invocata con tre
1987 argomenti. Occorre avere il permesso di lettura.
1988 \item[\const{GETZCNT}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
1989 numero di processi in attesa che il valore del semaforo \param{semnum}
1990 dell'insieme \param{semid} diventi nullo (corrispondente al campo
1991 \var{semncnt} di \struct{sem}); va invocata con tre argomenti. Occorre avere
1992 il permesso di lettura.
1993 \item[\const{SETALL}] Inizializza il valore di tutti i semafori dell'insieme,
1994 aggiornando il campo \var{sem\_ctime} di \struct{semid\_ds}. I valori devono
1995 essere passati nel vettore indicato da \param{arg.array}. Si devono avere i
1996 privilegi di scrittura sul semaforo. L'argomento \param{semnum} viene
1998 \item[\const{SETVAL}] Inizializza il semaforo \param{semnum} al valore passato
1999 dall'argomento \param{arg.val}, aggiornando il campo \var{sem\_ctime} di
2000 \struct{semid\_ds}. Si devono avere i privilegi di scrittura sul semaforo.
2003 Quando si imposta il valore di un semaforo (sia che lo si faccia per tutto
2004 l'insieme con \const{SETALL}, che per un solo semaforo con \const{SETVAL}), i
2005 processi in attesa su di esso reagiscono di conseguenza al cambiamento di
2006 valore. Inoltre la coda delle operazioni di ripristino viene cancellata per
2007 tutti i semafori il cui valore viene modificato.
2012 \begin{tabular}[c]{|c|l|}
2014 \textbf{Operazione} & \textbf{Valore restituito} \\
2017 \const{GETNCNT}& Valore di \var{semncnt}.\\
2018 \const{GETPID} & Valore di \var{sempid}.\\
2019 \const{GETVAL} & Valore di \var{semval}.\\
2020 \const{GETZCNT}& Valore di \var{semzcnt}.\\
2023 \caption{Valori di ritorno della funzione \func{semctl}.}
2024 \label{tab:ipc_semctl_returns}
2027 Il valore di ritorno della funzione in caso di successo dipende
2028 dall'operazione richiesta; per tutte le operazioni che richiedono quattro
2029 argomenti esso è sempre nullo, per le altre operazioni, elencate in
2030 tab.~\ref{tab:ipc_semctl_returns} viene invece restituito il valore richiesto,
2031 corrispondente al campo della struttura \struct{sem} indicato nella seconda
2032 colonna della tabella.
2034 Le operazioni ordinarie sui semafori, come l'acquisizione o il rilascio degli
2035 stessi (in sostanza tutte quelle non comprese nell'uso di \func{semctl})
2036 vengono effettuate con la funzione \funcd{semop}, il cui prototipo è:
2038 \headdecl{sys/types.h}
2039 \headdecl{sys/ipc.h}
2040 \headdecl{sys/sem.h}
2042 \funcdecl{int semop(int semid, struct sembuf *sops, unsigned nsops)}
2044 Esegue le operazioni ordinarie su un semaforo o un insieme di semafori.
2046 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2047 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2049 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per eseguire
2050 l'operazione richiesta.
2051 \item[\errcode{EIDRM}] l'insieme di semafori è stato cancellato.
2052 \item[\errcode{ENOMEM}] si è richiesto un \const{SEM\_UNDO} ma il sistema
2053 non ha le risorse per allocare la struttura di ripristino.
2054 \item[\errcode{EAGAIN}] un'operazione comporterebbe il blocco del processo,
2055 ma si è specificato \const{IPC\_NOWAIT} in \var{sem\_flg}.
2056 \item[\errcode{EINTR}] la funzione, bloccata in attesa dell'esecuzione
2057 dell'operazione, viene interrotta da un segnale.
2058 \item[\errcode{E2BIG}] l'argomento \param{nsops} è maggiore del numero
2059 massimo di operazioni \const{SEMOPM}.
2060 \item[\errcode{ERANGE}] per alcune operazioni il valore risultante del
2061 semaforo viene a superare il limite massimo \const{SEMVMX}.
2063 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
2067 La funzione permette di eseguire operazioni multiple sui singoli semafori di
2068 un insieme. La funzione richiede come primo argomento l'identificatore
2069 \param{semid} dell'insieme su cui si vuole operare. Il numero di operazioni da
2070 effettuare viene specificato con l'argomento \param{nsop}, mentre il loro
2071 contenuto viene passato con un puntatore ad un vettore di strutture
2072 \struct{sembuf} nell'argomento \param{sops}. Le operazioni richieste vengono
2073 effettivamente eseguite se e soltanto se è possibile effettuarle tutte quante.
2075 \begin{figure}[!htb]
2076 \footnotesize \centering
2077 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
2078 \includestruct{listati/sembuf.h}
2081 \caption{La struttura \structd{sembuf}, usata per le operazioni sui
2083 \label{fig:ipc_sembuf}
2086 Il contenuto di ciascuna operazione deve essere specificato attraverso una
2087 opportuna struttura \struct{sembuf} (la cui definizione è riportata in
2088 fig.~\ref{fig:ipc_sembuf}) che il programma chiamante deve avere cura di
2089 allocare in un opportuno vettore. La struttura permette di indicare il
2090 semaforo su cui operare, il tipo di operazione, ed un flag di controllo.
2091 Il campo \var{sem\_num} serve per indicare a quale semaforo dell'insieme fa
2092 riferimento l'operazione; si ricordi che i semafori sono numerati come in un
2093 vettore, per cui il primo semaforo corrisponde ad un valore nullo di
2096 Il campo \var{sem\_flg} è un flag, mantenuto come maschera binaria, per il
2097 quale possono essere impostati i due valori \const{IPC\_NOWAIT} e
2098 \const{SEM\_UNDO}. Impostando \const{IPC\_NOWAIT} si fa si che, invece di
2099 bloccarsi (in tutti quei casi in cui l'esecuzione di una operazione richiede
2100 che il processo vada in stato di \textit{sleep}), \func{semop} ritorni
2101 immediatamente con un errore di \errcode{EAGAIN}. Impostando \const{SEM\_UNDO}
2102 si richiede invece che l'operazione venga registrata in modo che il valore del
2103 semaforo possa essere ripristinato all'uscita del processo.
2105 Infine \var{sem\_op} è il campo che controlla l'operazione che viene eseguita
2106 e determina il comportamento della chiamata a \func{semop}; tre sono i casi
2108 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
2109 \item[\var{sem\_op}$>0$] In questo caso il valore di \var{sem\_op} viene
2110 aggiunto al valore corrente di \var{semval}. La funzione ritorna
2111 immediatamente (con un errore di \errcode{ERANGE} qualora si sia superato il
2112 limite \const{SEMVMX}) ed il processo non viene bloccato in nessun caso.
2113 Specificando \const{SEM\_UNDO} si aggiorna il contatore per il ripristino
2114 del valore del semaforo. Al processo chiamante è richiesto il privilegio di
2115 alterazione (scrittura) sull'insieme di semafori.
2117 \item[\var{sem\_op}$=0$] Nel caso \var{semval} sia zero l'esecuzione procede
2118 immediatamente. Se \var{semval} è diverso da zero il comportamento è
2119 controllato da \var{sem\_flg}, se è stato impostato \const{IPC\_NOWAIT} la
2120 funzione ritorna con un errore di \errcode{EAGAIN}, altrimenti viene
2121 incrementato \var{semzcnt} di uno ed il processo resta in stato di
2122 \textit{sleep} fintanto che non si ha una delle condizioni seguenti:
2124 \item \var{semval} diventa zero, nel qual caso \var{semzcnt} viene
2125 decrementato di uno.
2126 \item l'insieme di semafori viene rimosso, nel qual caso \func{semop} ritorna
2127 un errore di \errcode{EIDRM}.
2128 \item il processo chiamante riceve un segnale, nel qual caso \var{semzcnt}
2129 viene decrementato di uno e \func{semop} ritorna un errore di
2132 Al processo chiamante è richiesto il privilegio di lettura dell'insieme dei
2135 \item[\var{sem\_op}$<0$] Nel caso in cui \var{semval} è maggiore o uguale del
2136 valore assoluto di \var{sem\_op} (se cioè la somma dei due valori resta
2137 positiva o nulla) i valori vengono sommati e la funzione ritorna
2138 immediatamente; qualora si sia impostato \const{SEM\_UNDO} viene anche
2139 aggiornato il contatore per il ripristino del valore del semaforo. In caso
2140 contrario (quando cioè la somma darebbe luogo ad un valore di \var{semval}
2141 negativo) se si è impostato \const{IPC\_NOWAIT} la funzione ritorna con un
2142 errore di \errcode{EAGAIN}, altrimenti viene incrementato di uno
2143 \var{semncnt} ed il processo resta in stato di \textit{sleep} fintanto che
2144 non si ha una delle condizioni seguenti:
2146 \item \var{semval} diventa maggiore o uguale del valore assoluto di
2147 \var{sem\_op}, nel qual caso \var{semncnt} viene decrementato di uno, il
2148 valore di \var{sem\_op} viene sommato a \var{semval}, e se era stato
2149 impostato \const{SEM\_UNDO} viene aggiornato il contatore per il
2150 ripristino del valore del semaforo.
2151 \item l'insieme di semafori viene rimosso, nel qual caso \func{semop}
2152 ritorna un errore di \errcode{EIDRM}.
2153 \item il processo chiamante riceve un segnale, nel qual caso \var{semncnt}
2154 viene decrementato di uno e \func{semop} ritorna un errore di
2157 Al processo chiamante è richiesto il privilegio di alterazione (scrittura)
2158 sull'insieme di semafori.
2161 In caso di successo della funzione viene aggiornato il campo \var{sempid} per
2162 ogni semaforo modificato al valore del \ids{PID} del processo chiamante;
2163 inoltre vengono pure aggiornati al tempo corrente i campi \var{sem\_otime} e
2166 Dato che, come già accennato in precedenza, in caso di uscita inaspettata i
2167 semafori possono restare occupati, abbiamo visto come \func{semop} permetta di
2168 attivare un meccanismo di ripristino attraverso l'uso del flag
2169 \const{SEM\_UNDO}. Il meccanismo è implementato tramite una apposita struttura
2170 \kstruct{sem\_undo}, associata ad ogni processo per ciascun semaforo che esso
2171 ha modificato; all'uscita i semafori modificati vengono ripristinati, e le
2172 strutture disallocate. Per mantenere coerente il comportamento queste
2173 strutture non vengono ereditate attraverso una \func{fork} (altrimenti si
2174 avrebbe un doppio ripristino), mentre passano inalterate nell'esecuzione di
2175 una \func{exec} (altrimenti non si avrebbe ripristino).
2177 Tutto questo però ha un problema di fondo. Per capire di cosa si tratta
2178 occorre fare riferimento all'implementazione usata in Linux, che è riportata
2179 in maniera semplificata nello schema di fig.~\ref{fig:ipc_sem_schema}. Si è
2180 presa come riferimento l'architettura usata fino al kernel 2.2.x che è più
2181 semplice (ed illustrata in dettaglio in \cite{tlk}); nel kernel 2.4.x la
2182 struttura del \textit{SysV IPC} è stata modificata, ma le definizioni relative
2183 a queste strutture restano per compatibilità.\footnote{in particolare con le
2184 vecchie versioni delle librerie del C, come le libc5.}
2186 \begin{figure}[!htb]
2187 \centering \includegraphics[width=13cm]{img/semtruct}
2188 \caption{Schema della struttura di un insieme di semafori.}
2189 \label{fig:ipc_sem_schema}
2192 Alla creazione di un nuovo insieme viene allocata una nuova strutture
2193 \struct{semid\_ds} ed il relativo vettore di strutture \struct{sem}. Quando si
2194 richiede una operazione viene anzitutto verificato che tutte le operazioni
2195 possono avere successo; se una di esse comporta il blocco del processo il
2196 kernel crea una struttura \kstruct{sem\_queue} che viene aggiunta in fondo alla
2197 coda di attesa associata a ciascun insieme di semafori\footnote{che viene
2198 referenziata tramite i campi \var{sem\_pending} e \var{sem\_pending\_last}
2199 di \struct{semid\_ds}.}.
2201 Nella struttura viene memorizzato il riferimento alle operazioni richieste
2202 (nel campo \var{sops}, che è un puntatore ad una struttura \struct{sembuf}) e
2203 al processo corrente (nel campo \var{sleeper}) poi quest'ultimo viene messo
2204 stato di attesa e viene invocato lo \itindex{scheduler} scheduler per passare
2205 all'esecuzione di un altro processo.
2207 Se invece tutte le operazioni possono avere successo queste vengono eseguite
2208 immediatamente, dopo di che il kernel esegue una scansione della coda di
2209 attesa (a partire da \var{sem\_pending}) per verificare se qualcuna delle
2210 operazioni sospese in precedenza può essere eseguita, nel qual caso la
2211 struttura \kstruct{sem\_queue} viene rimossa e lo stato del processo associato
2212 all'operazione (\var{sleeper}) viene riportato a \textit{running}; il tutto
2213 viene ripetuto fin quando non ci sono più operazioni eseguibili o si è
2214 svuotata la coda. Per gestire il meccanismo del ripristino tutte le volte che
2215 per un'operazione si è specificato il flag \const{SEM\_UNDO} viene mantenuta
2216 per ciascun insieme di semafori una apposita struttura \kstruct{sem\_undo} che
2217 contiene (nel vettore puntato dal campo \var{semadj}) un valore di
2218 aggiustamento per ogni semaforo cui viene sommato l'opposto del valore usato
2221 %TODO verificare queste strutture \kstruct{sem\_queue} e \kstruct{sem\_undo}
2223 Queste strutture sono mantenute in due liste,\footnote{rispettivamente
2224 attraverso i due campi \var{id\_next} e \var{proc\_next}.} una associata
2225 all'insieme di cui fa parte il semaforo, che viene usata per invalidare le
2226 strutture se questo viene cancellato o per azzerarle se si è eseguita una
2227 operazione con \func{semctl}; l'altra associata al processo che ha eseguito
2228 l'operazione;\footnote{attraverso il campo \var{semundo} di
2229 \kstruct{task\_struct}, come mostrato in \ref{fig:ipc_sem_schema}.} quando un
2230 processo termina, la lista ad esso associata viene scandita e le operazioni
2231 applicate al semaforo. Siccome un processo può accumulare delle richieste di
2232 ripristino per semafori differenti chiamate attraverso diverse chiamate a
2233 \func{semop}, si pone il problema di come eseguire il ripristino dei semafori
2234 all'uscita del processo, ed in particolare se questo può essere fatto
2237 Il punto è cosa succede quando una delle operazioni previste per il ripristino
2238 non può essere eseguita immediatamente perché ad esempio il semaforo è
2239 occupato; in tal caso infatti, se si pone il processo in stato di
2240 \textit{sleep} aspettando la disponibilità del semaforo (come faceva
2241 l'implementazione originaria) si perde l'atomicità dell'operazione. La scelta
2242 fatta dal kernel è pertanto quella di effettuare subito le operazioni che non
2243 prevedono un blocco del processo e di ignorare silenziosamente le altre;
2244 questo però comporta il fatto che il ripristino non è comunque garantito in
2247 Come esempio di uso dell'interfaccia dei semafori vediamo come implementare
2248 con essa dei semplici \textit{mutex} (cioè semafori binari), tutto il codice
2249 in questione, contenuto nel file \file{Mutex.c} allegato ai sorgenti, è
2250 riportato in fig.~\ref{fig:ipc_mutex_create}. Utilizzeremo l'interfaccia per
2251 creare un insieme contenente un singolo semaforo, per il quale poi useremo un
2252 valore unitario per segnalare la disponibilità della risorsa, ed un valore
2253 nullo per segnalarne l'indisponibilità.
2255 \begin{figure}[!htbp]
2256 \footnotesize \centering
2257 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2258 \includecodesample{listati/Mutex.c}
2261 \caption{Il codice delle funzioni che permettono di creare o recuperare
2262 l'identificatore di un semaforo da utilizzare come \textit{mutex}.}
2263 \label{fig:ipc_mutex_create}
2266 La prima funzione (\texttt{\small 2--15}) è \func{MutexCreate} che data una
2267 chiave crea il semaforo usato per il mutex e lo inizializza, restituendone
2268 l'identificatore. Il primo passo (\texttt{\small 6}) è chiamare \func{semget}
2269 con \const{IPC\_CREATE} per creare il semaforo qualora non esista,
2270 assegnandogli i privilegi di lettura e scrittura per tutti. In caso di errore
2271 (\texttt{\small 7--9}) si ritorna subito il risultato di \func{semget},
2272 altrimenti (\texttt{\small 10}) si inizializza il semaforo chiamando
2273 \func{semctl} con il comando \const{SETVAL}, utilizzando l'unione
2274 \struct{semunion} dichiarata ed avvalorata in precedenza (\texttt{\small 4})
2275 ad 1 per significare che risorsa è libera. In caso di errore (\texttt{\small
2276 11--13}) si restituisce il valore di ritorno di \func{semctl}, altrimenti
2277 (\texttt{\small 14}) si ritorna l'identificatore del semaforo.
2279 La seconda funzione (\texttt{\small 17--20}) è \func{MutexFind}, che, data una
2280 chiave, restituisce l'identificatore del semaforo ad essa associato. La
2281 comprensione del suo funzionamento è immediata in quanto essa è soltanto un
2282 \textit{wrapper}\footnote{si chiama così una funzione usata per fare da
2283 \textsl{involucro} alla chiamata di un altra, usata in genere per
2284 semplificare un'interfaccia (come in questo caso) o per utilizzare con la
2285 stessa funzione diversi substrati (librerie, ecc.) che possono fornire le
2286 stesse funzionalità.} di una chiamata a \func{semget} per cercare
2287 l'identificatore associato alla chiave, il valore di ritorno di quest'ultima
2288 viene passato all'indietro al chiamante.
2290 La terza funzione (\texttt{\small 22--25}) è \func{MutexRead} che, dato un
2291 identificatore, restituisce il valore del semaforo associato al mutex. Anche
2292 in questo caso la funzione è un \textit{wrapper} per una chiamata a
2293 \func{semctl} con il comando \const{GETVAL}, che permette di restituire il
2294 valore del semaforo.
2296 La quarta e la quinta funzione (\texttt{\small 36--44}) sono \func{MutexLock},
2297 e \func{MutexUnlock}, che permettono rispettivamente di bloccare e sbloccare
2298 il mutex. Entrambe fanno da wrapper per \func{semop}, utilizzando le due
2299 strutture \var{sem\_lock} e \var{sem\_unlock} definite in precedenza
2300 (\texttt{\small 27--34}). Si noti come per queste ultime si sia fatto uso
2301 dell'opzione \const{SEM\_UNDO} per evitare che il semaforo resti bloccato in
2302 caso di terminazione imprevista del processo.
2304 L'ultima funzione (\texttt{\small 46--49}) della serie, è \func{MutexRemove},
2305 che rimuove il mutex. Anche in questo caso si ha un wrapper per una chiamata a
2306 \func{semctl} con il comando \const{IPC\_RMID}, che permette di cancellare il
2307 semaforo; il valore di ritorno di quest'ultima viene passato all'indietro.
2309 Chiamare \func{MutexLock} decrementa il valore del semaforo: se questo è
2310 libero (ha già valore 1) sarà bloccato (valore nullo), se è bloccato la
2311 chiamata a \func{semop} si bloccherà fintanto che la risorsa non venga
2312 rilasciata. Chiamando \func{MutexUnlock} il valore del semaforo sarà
2313 incrementato di uno, sbloccandolo qualora fosse bloccato.
2315 Si noti che occorre eseguire sempre prima \func{MutexLock} e poi
2316 \func{MutexUnlock}, perché se per un qualche errore si esegue più volte
2317 quest'ultima il valore del semaforo crescerebbe oltre 1, e \func{MutexLock}
2318 non avrebbe più l'effetto aspettato (bloccare la risorsa quando questa è
2319 considerata libera). Infine si tenga presente che usare \func{MutexRead} per
2320 controllare il valore dei mutex prima di proseguire in una operazione di
2321 sblocco non servirebbe comunque, dato che l'operazione non sarebbe atomica.
2322 Vedremo in sez.~\ref{sec:ipc_lock_file} come sia possibile ottenere
2323 un'interfaccia analoga a quella appena illustrata, senza incorrere in questi
2324 problemi, usando il \itindex{file~locking} \textit{file locking}.
2327 \subsection{Memoria condivisa}
2328 \label{sec:ipc_sysv_shm}
2330 Il terzo oggetto introdotto dal \textit{SysV IPC} è quello dei segmenti di
2331 memoria condivisa. La funzione che permette di ottenerne uno è \funcd{shmget},
2332 ed il suo prototipo è:
2334 \headdecl{sys/types.h}
2335 \headdecl{sys/ipc.h}
2336 \headdecl{sys/shm.h}
2338 \funcdecl{int shmget(key\_t key, int size, int flag)}
2340 Restituisce l'identificatore di una memoria condivisa.
2342 \bodydesc{La funzione restituisce l'identificatore (un intero positivo) o -1
2343 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2345 \item[\errcode{ENOSPC}] si è superato il limite (\const{SHMMNI}) sul numero
2346 di segmenti di memoria nel sistema, o cercato di allocare un segmento le
2347 cui dimensioni fanno superare il limite di sistema (\const{SHMALL}) per
2348 la memoria ad essi riservata.
2349 \item[\errcode{EINVAL}] si è richiesta una dimensione per un nuovo segmento
2350 maggiore di \const{SHMMAX} o minore di \const{SHMMIN}, o se il segmento
2351 già esiste \param{size} è maggiore delle sue dimensioni.
2352 \item[\errcode{ENOMEM}] il sistema non ha abbastanza memoria per poter
2353 contenere le strutture per un nuovo segmento di memoria condivisa.
2355 ed inoltre \errval{EACCES}, \errval{ENOENT}, \errval{EEXIST},
2356 \errval{EIDRM}, con lo stesso significato che hanno per \func{msgget}.}
2359 La funzione, come \func{semget}, è del tutto analoga a \func{msgget}, ed
2360 identico è l'uso degli argomenti \param{key} e \param{flag} per cui non
2361 ripeteremo quanto detto al proposito in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq}. L'argomento
2362 \param{size} specifica invece la dimensione, in byte, del segmento, che viene
2363 comunque arrotondata al multiplo superiore di \const{PAGE\_SIZE}.
2365 La memoria condivisa è la forma più veloce di comunicazione fra due processi,
2366 in quanto permette agli stessi di vedere nel loro spazio di indirizzi una
2367 stessa sezione di memoria. Pertanto non è necessaria nessuna operazione di
2368 copia per trasmettere i dati da un processo all'altro, in quanto ciascuno può
2369 accedervi direttamente con le normali operazioni di lettura e scrittura dei
2372 Ovviamente tutto questo ha un prezzo, ed il problema fondamentale della
2373 memoria condivisa è la sincronizzazione degli accessi. È evidente infatti che
2374 se un processo deve scambiare dei dati con un altro, si deve essere sicuri che
2375 quest'ultimo non acceda al segmento di memoria condivisa prima che il primo
2376 non abbia completato le operazioni di scrittura, inoltre nel corso di una
2377 lettura si deve essere sicuri che i dati restano coerenti e non vengono
2378 sovrascritti da un accesso in scrittura sullo stesso segmento da parte di un
2379 altro processo. Per questo in genere la memoria condivisa viene sempre
2380 utilizzata in abbinamento ad un meccanismo di sincronizzazione, il che, di
2381 norma, significa insieme a dei semafori.
2383 \begin{figure}[!htb]
2384 \footnotesize \centering
2385 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
2386 \includestruct{listati/shmid_ds.h}
2389 \caption{La struttura \structd{shmid\_ds}, associata a ciascun segmento di
2391 \label{fig:ipc_shmid_ds}
2394 A ciascun segmento di memoria condivisa è associata una struttura
2395 \struct{shmid\_ds}, riportata in fig.~\ref{fig:ipc_shmid_ds}. Come nel caso
2396 delle code di messaggi quando si crea un nuovo segmento di memoria condivisa
2397 con \func{shmget} questa struttura viene inizializzata, in particolare il
2398 campo \var{shm\_perm} viene inizializzato come illustrato in
2399 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}, e valgono le considerazioni ivi fatte
2400 relativamente ai permessi di accesso; per quanto riguarda gli altri campi
2403 \item il campo \var{shm\_segsz}, che esprime la dimensione del segmento, viene
2404 inizializzato al valore di \param{size}.
2405 \item il campo \var{shm\_ctime}, che esprime il tempo di creazione del
2406 segmento, viene inizializzato al tempo corrente.
2407 \item i campi \var{shm\_atime} e \var{shm\_dtime}, che esprimono
2408 rispettivamente il tempo dell'ultima volta che il segmento è stato
2409 agganciato o sganciato da un processo, vengono inizializzati a zero.
2410 \item il campo \var{shm\_lpid}, che esprime il \ids{PID} del processo che ha
2411 eseguito l'ultima operazione, viene inizializzato a zero.
2412 \item il campo \var{shm\_cpid}, che esprime il \ids{PID} del processo che ha
2413 creato il segmento, viene inizializzato al \ids{PID} del processo chiamante.
2414 \item il campo \var{shm\_nattac}, che esprime il numero di processi agganciati
2415 al segmento viene inizializzato a zero.
2418 Come per le code di messaggi e gli insiemi di semafori, anche per i segmenti
2419 di memoria condivisa esistono una serie di limiti imposti dal sistema. Alcuni
2420 di questi limiti sono al solito accessibili e modificabili attraverso
2421 \func{sysctl} o scrivendo direttamente nei rispettivi file di
2422 \file{/proc/sys/kernel/}.
2424 In tab.~\ref{tab:ipc_shm_limits} si sono riportate le
2425 costanti simboliche associate a ciascuno di essi, il loro significato, i
2426 valori preimpostati, e, quando presente, il file in \file{/proc/sys/kernel/}
2427 che permettono di cambiarne il valore.
2433 \begin{tabular}[c]{|c|r|c|p{7cm}|}
2435 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{File in \texttt{proc}}
2436 & \textbf{Significato} \\
2439 \const{SHMALL}& 0x200000&\sysctlrelfile{kernel}{shmall}
2440 & Numero massimo di pagine che
2441 possono essere usate per i segmenti di
2442 memoria condivisa.\\
2443 \const{SHMMAX}&0x2000000&\sysctlrelfile{kernel}{shmmax}
2444 & Dimensione massima di un segmento di memoria
2446 \const{SHMMNI}& 4096&\sysctlrelfile{kernel}{msgmni}
2447 & Numero massimo di segmenti di memoria condivisa
2448 presenti nel kernel.\\
2449 \const{SHMMIN}& 1& --- & Dimensione minima di un segmento di
2450 memoria condivisa.\\
2451 \const{SHMLBA}&\const{PAGE\_SIZE}&--- & Limite inferiore per le dimensioni
2452 minime di un segmento (deve essere
2453 allineato alle dimensioni di una
2454 pagina di memoria).\\
2455 \const{SHMSEG}& --- & --- & Numero massimo di segmenti di
2456 memoria condivisa per ciascun
2462 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti dei segmenti di memoria
2463 condivisa, insieme al relativo file in \file{/proc/sys/kernel/} ed al
2464 valore preimpostato presente nel sistema.}
2465 \label{tab:ipc_shm_limits}
2468 Al solito la funzione che permette di effettuare le operazioni di controllo su
2469 un segmento di memoria condivisa è \funcd{shmctl}; il suo prototipo è:
2471 \headdecl{sys/ipc.h}
2472 \headdecl{sys/shm.h}
2474 \funcdecl{int shmctl(int shmid, int cmd, struct shmid\_ds *buf)}
2476 Esegue le operazioni di controllo su un segmento di memoria condivisa.
2478 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2479 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2481 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto \const{IPC\_STAT} ma i permessi non
2482 consentono l'accesso in lettura al segmento.
2483 \item[\errcode{EINVAL}] o \param{shmid} non è un identificatore valido o
2484 \param{cmd} non è un comando valido.
2485 \item[\errcode{EIDRM}] l'argomento \param{shmid} fa riferimento ad un
2486 segmento che è stato cancellato.
2487 \item[\errcode{EPERM}] si è specificato un comando con \const{IPC\_SET} o
2488 \const{IPC\_RMID} senza i permessi necessari.
2489 \item[\errcode{EOVERFLOW}] si è tentato il comando \const{IPC\_STAT} ma il
2490 valore del \ids{GID} o dell'\ids{UID} è troppo grande per essere
2491 memorizzato nella struttura puntata da \param{buf}.
2492 \item[\errcode{EFAULT}] l'indirizzo specificato con \param{buf} non è
2498 Il comando specificato attraverso l'argomento \param{cmd} determina i diversi
2499 effetti della funzione; i possibili valori che esso può assumere, ed il
2500 corrispondente comportamento della funzione, sono i seguenti:
2502 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2503 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge le informazioni riguardo il segmento di memoria
2504 condivisa nella struttura \struct{shmid\_ds} puntata da \param{buf}. Occorre
2505 che il processo chiamante abbia il permesso di lettura sulla segmento.
2506 \item[\const{IPC\_RMID}] Marca il segmento di memoria condivisa per la
2507 rimozione, questo verrà cancellato effettivamente solo quando l'ultimo
2508 processo ad esso agganciato si sarà staccato. Questo comando può essere
2509 eseguito solo da un processo con \ids{UID} effettivo corrispondente o al
2510 creatore del segmento, o al proprietario del segmento, o all'amministratore.
2511 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
2512 del segmento. Per modificare i valori di \var{shm\_perm.mode},
2513 \var{shm\_perm.uid} e \var{shm\_perm.gid} occorre essere il proprietario o
2514 il creatore del segmento, oppure l'amministratore. Compiuta l'operazione
2515 aggiorna anche il valore del campo \var{shm\_ctime}.
2516 \item[\const{SHM\_LOCK}] Abilita il \itindex{memory~locking} \textit{memory
2517 locking}\footnote{impedisce cioè che la memoria usata per il segmento
2518 venga salvata su disco dal meccanismo della \index{memoria~virtuale}
2519 memoria virtuale; si ricordi quanto trattato in
2520 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}.} sul segmento di memoria condivisa. Solo
2521 l'amministratore può utilizzare questo comando.
2522 \item[\const{SHM\_UNLOCK}] Disabilita il \itindex{memory~locking}
2523 \textit{memory locking} sul segmento di memoria condivisa. Solo
2524 l'amministratore può utilizzare questo comando.
2526 i primi tre comandi sono gli stessi già visti anche per le code di messaggi e
2527 gli insiemi di semafori, gli ultimi due sono delle estensioni specifiche
2528 previste da Linux, che permettono di abilitare e disabilitare il meccanismo
2529 della \index{memoria~virtuale} memoria virtuale per il segmento.
2531 L'argomento \param{buf} viene utilizzato solo con i comandi \const{IPC\_STAT}
2532 e \const{IPC\_SET} nel qual caso esso dovrà puntare ad una struttura
2533 \struct{shmid\_ds} precedentemente allocata, in cui nel primo caso saranno
2534 scritti i dati del segmento di memoria restituiti dalla funzione e da cui, nel
2535 secondo caso, verranno letti i dati da impostare sul segmento.
2537 Una volta che lo si è creato, per utilizzare un segmento di memoria condivisa
2538 l'interfaccia prevede due funzioni, \funcd{shmat} e \func{shmdt}. La prima di
2539 queste serve ad agganciare un segmento al processo chiamante, in modo che
2540 quest'ultimo possa inserirlo nel suo spazio di indirizzi per potervi accedere;
2543 \headdecl{sys/types.h}
2544 \headdecl{sys/shm.h}
2546 \funcdecl{void *shmat(int shmid, const void *shmaddr, int shmflg)}
2547 Aggancia al processo un segmento di memoria condivisa.
2549 \bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo del segmento in caso di
2550 successo, e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i
2553 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per accedere al
2554 segmento nella modalità richiesta.
2555 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un identificatore invalido per
2556 \param{shmid}, o un indirizzo non allineato sul confine di una pagina
2557 per \param{shmaddr}.
2559 ed inoltre \errval{ENOMEM}.}
2562 La funzione inserisce un segmento di memoria condivisa all'interno dello
2563 spazio di indirizzi del processo, in modo che questo possa accedervi
2564 direttamente, la situazione dopo l'esecuzione di \func{shmat} è illustrata in
2565 fig.~\ref{fig:ipc_shmem_layout} (per la comprensione del resto dello schema si
2566 ricordi quanto illustrato al proposito in sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}). In
2567 particolare l'indirizzo finale del segmento dati (quello impostato da
2568 \func{brk}, vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_alloc}) non viene influenzato.
2569 Si tenga presente infine che la funzione ha successo anche se il segmento è
2570 stato marcato per la cancellazione.
2572 \begin{figure}[!htb]
2573 \centering \includegraphics[height=10cm]{img/sh_memory_layout}
2574 \caption{Disposizione dei segmenti di memoria di un processo quando si è
2575 agganciato un segmento di memoria condivisa.}
2576 \label{fig:ipc_shmem_layout}
2579 L'argomento \param{shmaddr} specifica a quale indirizzo\footnote{lo standard
2580 SVID prevede che l'argomento \param{shmaddr} sia di tipo \ctyp{char *}, così
2581 come il valore di ritorno della funzione; in Linux è stato così con le
2582 \acr{libc4} e le \acr{libc5}, con il passaggio alla \acr{glibc} il tipo di
2583 \param{shmaddr} è divenuto un \ctyp{const void *} e quello del valore di
2584 ritorno un \ctyp{void *}.} deve essere associato il segmento, se il valore
2585 specificato è \val{NULL} è il sistema a scegliere opportunamente un'area di
2586 memoria libera (questo è il modo più portabile e sicuro di usare la funzione).
2587 Altrimenti il kernel aggancia il segmento all'indirizzo specificato da
2588 \param{shmaddr}; questo però può avvenire solo se l'indirizzo coincide con il
2589 limite di una pagina, cioè se è un multiplo esatto del parametro di sistema
2590 \const{SHMLBA}, che in Linux è sempre uguale \const{PAGE\_SIZE}.
2592 Si tenga presente però che quando si usa \val{NULL} come valore di
2593 \param{shmaddr}, l'indirizzo restituito da \func{shmat} può cambiare da
2594 processo a processo; pertanto se nell'area di memoria condivisa si salvano
2595 anche degli indirizzi, si deve avere cura di usare valori relativi (in genere
2596 riferiti all'indirizzo di partenza del segmento).
2598 L'argomento \param{shmflg} permette di cambiare il comportamento della
2599 funzione; esso va specificato come maschera binaria, i bit utilizzati sono
2600 solo due e sono identificati dalle costanti \const{SHM\_RND} e
2601 \const{SHM\_RDONLY}, che vanno combinate con un OR aritmetico. Specificando
2602 \const{SHM\_RND} si evita che \func{shmat} ritorni un errore quando
2603 \param{shmaddr} non è allineato ai confini di una pagina. Si può quindi usare
2604 un valore qualunque per \param{shmaddr}, e il segmento verrà comunque
2605 agganciato, ma al più vicino multiplo di \const{SHMLBA} (il nome della
2606 costante sta infatti per \textit{rounded}, e serve per specificare un
2607 indirizzo come arrotondamento, in Linux è equivalente a \const{PAGE\_SIZE}).
2609 L'uso di \const{SHM\_RDONLY} permette di agganciare il segmento in sola
2610 lettura (si ricordi che anche le pagine di memoria hanno dei permessi), in tal
2611 caso un tentativo di scrivere sul segmento comporterà una
2612 \itindex{segment~violation} violazione di accesso con l'emissione di un
2613 segnale di \signal{SIGSEGV}. Il comportamento usuale di \func{shmat} è quello
2614 di agganciare il segmento con l'accesso in lettura e scrittura (ed il processo
2615 deve aver questi permessi in \var{shm\_perm}), non è prevista la possibilità
2616 di agganciare un segmento in sola scrittura.
2618 In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di
2621 \item il tempo \var{shm\_atime} dell'ultima operazione di aggancio viene
2622 impostato al tempo corrente.
2623 \item il \ids{PID} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
2624 segmento viene impostato a quello del processo corrente.
2625 \item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
2629 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_fork} un segmento di memoria condivisa
2630 agganciato ad un processo viene ereditato da un figlio attraverso una
2631 \func{fork}, dato che quest'ultimo riceve una copia dello spazio degli
2632 indirizzi del padre. Invece, dato che attraverso una \func{exec} viene
2633 eseguito un diverso programma con uno spazio di indirizzi completamente
2634 diverso, tutti i segmenti agganciati al processo originario vengono
2635 automaticamente sganciati. Lo stesso avviene all'uscita del processo
2636 attraverso una \func{exit}.
2638 Una volta che un segmento di memoria condivisa non serve più, si può
2639 sganciarlo esplicitamente dal processo usando l'altra funzione
2640 dell'interfaccia, \funcd{shmdt}, il cui prototipo è:
2642 \headdecl{sys/types.h}
2643 \headdecl{sys/shm.h}
2645 \funcdecl{int shmdt(const void *shmaddr)}
2646 Sgancia dal processo un segmento di memoria condivisa.
2648 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo, e -1 in caso di
2649 errore, la funzione fallisce solo quando non c'è un segmento agganciato
2650 all'indirizzo \param{shmaddr}, con \var{errno} che assume il valore
2654 La funzione sgancia dallo spazio degli indirizzi del processo un segmento di
2655 memoria condivisa; questo viene identificato con l'indirizzo \param{shmaddr}
2656 restituito dalla precedente chiamata a \func{shmat} con il quale era stato
2657 agganciato al processo.
2659 In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di
2662 \item il tempo \var{shm\_dtime} dell'ultima operazione di sganciamento viene
2663 impostato al tempo corrente.
2664 \item il \ids{PID} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
2665 segmento viene impostato a quello del processo corrente.
2666 \item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
2667 decrementato di uno.
2669 inoltre la regione di indirizzi usata per il segmento di memoria condivisa
2670 viene tolta dallo spazio di indirizzi del processo.
2672 \begin{figure}[!htbp]
2673 \footnotesize \centering
2674 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2675 \includecodesample{listati/SharedMem.c}
2678 \caption{Il codice delle funzioni che permettono di creare, trovare e
2679 rimuovere un segmento di memoria condivisa.}
2680 \label{fig:ipc_sysv_shm_func}
2683 Come esempio di uso di queste funzioni vediamo come implementare una serie di
2684 funzioni di libreria che ne semplifichino l'uso, automatizzando le operazioni
2685 più comuni; il codice, contenuto nel file \file{SharedMem.c}, è riportato in
2686 fig.~\ref{fig:ipc_sysv_shm_func}.
2688 La prima funzione (\texttt{\small 3--16}) è \func{ShmCreate} che, data una
2689 chiave, crea il segmento di memoria condivisa restituendo il puntatore allo
2690 stesso. La funzione comincia (\texttt{\small 6}) con il chiamare
2691 \func{shmget}, usando il flag \const{IPC\_CREATE} per creare il segmento
2692 qualora non esista, ed assegnandogli i privilegi specificati dall'argomento
2693 \var{perm} e la dimensione specificata dall'argomento \var{shm\_size}. In
2694 caso di errore (\texttt{\small 7--9}) si ritorna immediatamente un puntatore
2695 nullo, altrimenti (\texttt{\small 10}) si prosegue agganciando il segmento di
2696 memoria condivisa al processo con \func{shmat}. In caso di errore
2697 (\texttt{\small 11--13}) si restituisce di nuovo un puntatore nullo, infine
2698 (\texttt{\small 14}) si inizializza con \func{memset} il contenuto del
2699 segmento al valore costante specificato dall'argomento \var{fill}, e poi si
2700 ritorna il puntatore al segmento stesso.
2702 La seconda funzione (\texttt{\small 17--31}) è \func{ShmFind}, che, data una
2703 chiave, restituisce l'indirizzo del segmento ad essa associato. Anzitutto
2704 (\texttt{\small 22}) si richiede l'identificatore del segmento con
2705 \func{shmget}, ritornando (\texttt{\small 23--25}) un puntatore nullo in caso
2706 di errore. Poi si prosegue (\texttt{\small 26}) agganciando il segmento al
2707 processo con \func{shmat}, restituendo (\texttt{\small 27--29}) di nuovo un
2708 puntatore nullo in caso di errore, se invece non ci sono errori si restituisce
2709 il puntatore ottenuto da \func{shmat}.
2711 La terza funzione (\texttt{\small 32--51}) è \func{ShmRemove} che, data la
2712 chiave ed il puntatore associati al segmento di memoria condivisa, prima lo
2713 sgancia dal processo e poi lo rimuove. Il primo passo (\texttt{\small 37}) è
2714 la chiamata a \func{shmdt} per sganciare il segmento, restituendo
2715 (\texttt{\small 38--39}) un valore -1 in caso di errore. Il passo successivo
2716 (\texttt{\small 41}) è utilizzare \func{shmget} per ottenere l'identificatore
2717 associato al segmento data la chiave \var{key}. Al solito si restituisce un
2718 valore di -1 (\texttt{\small 42--45}) in caso di errore, mentre se tutto va
2719 bene si conclude restituendo un valore nullo.
2721 Benché la memoria condivisa costituisca il meccanismo di intercomunicazione
2722 fra processi più veloce, essa non è sempre il più appropriato, dato che, come
2723 abbiamo visto, si avrà comunque la necessità di una sincronizzazione degli
2724 accessi. Per questo motivo, quando la comunicazione fra processi è
2725 sequenziale, altri meccanismi come le pipe, le fifo o i socket, che non
2726 necessitano di sincronizzazione esplicita, sono da preferire. Essa diventa
2727 l'unico meccanismo possibile quando la comunicazione non è
2728 sequenziale\footnote{come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq} per la
2729 comunicazione non sequenziale si possono usare le code di messaggi,
2730 attraverso l'uso del campo \var{mtype}, ma solo se quest'ultima può essere
2731 effettuata in forma di messaggio.} o quando non può avvenire secondo una
2732 modalità predefinita.
2734 Un esempio classico di uso della memoria condivisa è quello del
2735 ``\textit{monitor}'', in cui viene per scambiare informazioni fra un processo
2736 server, che vi scrive dei dati di interesse generale che ha ottenuto, e i
2737 processi client interessati agli stessi dati che così possono leggerli in
2738 maniera completamente asincrona. Con questo schema di funzionamento da una
2739 parte si evita che ciascun processo client debba compiere l'operazione,
2740 potenzialmente onerosa, di ricavare e trattare i dati, e dall'altra si evita
2741 al processo server di dover gestire l'invio a tutti i client di tutti i dati
2742 (non potendo il server sapere quali di essi servono effettivamente al singolo
2745 Nel nostro caso implementeremo un ``\textsl{monitor}'' di una directory: un
2746 processo si incaricherà di tenere sotto controllo alcuni parametri relativi ad
2747 una directory (il numero dei file contenuti, la dimensione totale, quante
2748 directory, link simbolici, file normali, ecc.) che saranno salvati in un
2749 segmento di memoria condivisa cui altri processi potranno accedere per
2750 ricavare la parte di informazione che interessa.
2752 In fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_main} si è riportata la sezione principale del
2753 corpo del programma server, insieme alle definizioni delle altre funzioni
2754 usate nel programma e delle \index{variabili!globali} variabili globali,
2755 omettendo tutto quello che riguarda la gestione delle opzioni e la stampa
2756 delle istruzioni di uso a video; al solito il codice completo si trova con i
2757 sorgenti allegati nel file \file{DirMonitor.c}.
2759 \begin{figure}[!htbp]
2760 \footnotesize \centering
2761 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2762 \includecodesample{listati/DirMonitor.c}
2765 \caption{Codice della funzione principale del programma \file{DirMonitor.c}.}
2766 \label{fig:ipc_dirmonitor_main}
2769 Il programma usa delle \index{variabili!globali} variabili globali
2770 (\texttt{\small 2--14}) per mantenere i valori relativi agli oggetti usati per
2771 la comunicazione inter-processo; si è definita inoltre una apposita struttura
2772 \struct{DirProp} che contiene i dati relativi alle proprietà che si vogliono
2773 mantenere nella memoria condivisa, per l'accesso da parte dei client.
2775 Il programma, dopo la sezione, omessa, relativa alla gestione delle opzioni da
2776 riga di comando (che si limitano alla eventuale stampa di un messaggio di
2777 aiuto a video ed all'impostazione della durata dell'intervallo con cui viene
2778 ripetuto il calcolo delle proprietà della directory) controlla (\texttt{\small
2779 20--23}) che sia stato specificato l'argomento necessario contenente il nome
2780 della directory da tenere sotto controllo, senza il quale esce immediatamente
2781 con un messaggio di errore.
2783 Poi, per verificare che l'argomento specifichi effettivamente una directory,
2784 si esegue (\texttt{\small 24--26}) su di esso una \func{chdir}, uscendo
2785 immediatamente in caso di errore. Questa funzione serve anche per impostare
2786 la \index{directory~di~lavoro} directory di lavoro del programma nella
2787 directory da tenere sotto controllo, in vista del successivo uso della
2788 funzione \func{daemon}.\footnote{si noti come si è potuta fare questa scelta,
2789 nonostante le indicazioni illustrate in sez.~\ref{sec:sess_daemon}, per il
2790 particolare scopo del programma, che necessita comunque di restare
2791 all'interno di una directory.} Infine (\texttt{\small 27--29}) si installano
2792 i gestori per i vari segnali di terminazione che, avendo a che fare con un
2793 programma che deve essere eseguito come server, sono il solo strumento
2794 disponibile per concluderne l'esecuzione.
2796 Il passo successivo (\texttt{\small 30--39}) è quello di creare gli oggetti di
2797 intercomunicazione necessari. Si inizia costruendo (\texttt{\small 30}) la
2798 chiave da usare come riferimento con il nome del programma,\footnote{si è
2799 usato un riferimento relativo alla home dell'utente, supposto che i sorgenti
2800 di GaPiL siano stati installati direttamente in essa. Qualora si effettui
2801 una installazione diversa si dovrà correggere il programma.} dopo di che si
2802 richiede (\texttt{\small 31}) la creazione di un segmento di memoria condivisa
2803 con usando la funzione \func{ShmCreate} illustrata in precedenza (una pagina
2804 di memoria è sufficiente per i dati che useremo), uscendo (\texttt{\small
2805 32--35}) qualora la creazione ed il successivo agganciamento al processo non
2806 abbia successo. Con l'indirizzo \var{shmptr} così ottenuto potremo poi
2807 accedere alla memoria condivisa, che, per come abbiamo lo abbiamo definito,
2808 sarà vista nella forma data da \struct{DirProp}. Infine (\texttt{\small
2809 36--39}) utilizzando sempre la stessa chiave, si crea, tramite le funzioni
2810 di interfaccia già descritte in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}, anche un mutex,
2811 che utilizzeremo per regolare l'accesso alla memoria condivisa.
2813 \begin{figure}[!htbp]
2814 \footnotesize \centering
2815 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2816 \includecodesample{listati/ComputeValues.c}
2819 \caption{Codice delle funzioni ausiliarie usate da \file{DirMonitor.c}.}
2820 \label{fig:ipc_dirmonitor_sub}
2823 Completata l'inizializzazione e la creazione degli oggetti di
2824 intercomunicazione il programma entra nel ciclo principale (\texttt{\small
2825 40--49}) dove vengono eseguite indefinitamente le attività di monitoraggio.
2826 Il primo passo (\texttt{\small 41}) è eseguire \func{daemon} per proseguire
2827 con l'esecuzione in background come si conviene ad un programma demone; si
2828 noti che si è mantenuta, usando un valore non nullo del primo argomento, la
2829 \index{directory~di~lavoro} directory di lavoro corrente. Una volta che il
2830 programma è andato in background l'esecuzione prosegue (\texttt{\small
2831 42--48}) all'interno di un ciclo infinito: si inizia (\texttt{\small 43})
2832 bloccando il mutex con \func{MutexLock} per poter accedere alla memoria
2833 condivisa (la funzione si bloccherà automaticamente se qualche client sta
2834 leggendo), poi (\texttt{\small 44}) si cancellano i valori precedentemente
2835 immagazzinati nella memoria condivisa con \func{memset}, e si esegue
2836 (\texttt{\small 45}) un nuovo calcolo degli stessi utilizzando la funzione
2837 \myfunc{dir\_scan}; infine (\texttt{\small 46}) si sblocca il mutex con
2838 \func{MutexUnlock}, e si attende (\texttt{\small 47}) per il periodo di tempo
2839 specificato a riga di comando con l'opzione \code{-p} con una \func{sleep}.
2841 Si noti come per il calcolo dei valori da mantenere nella memoria condivisa si
2842 sia usata ancora una volta la funzione \myfunc{dir\_scan}, già utilizzata (e
2843 descritta in dettaglio) in sez.~\ref{sec:file_dir_read}, che ci permette di
2844 effettuare la scansione delle voci della directory, chiamando per ciascuna di
2845 esse la funzione \func{ComputeValues}, che esegue tutti i calcoli necessari.
2847 Il codice di quest'ultima è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_sub}.
2848 Come si vede la funzione (\texttt{\small 2--16}) è molto semplice e si limita
2849 a chiamare (\texttt{\small 5}) la funzione \func{stat} sul file indicato da
2850 ciascuna voce, per ottenerne i dati, che poi utilizza per incrementare i vari
2851 contatori nella memoria condivisa, cui accede grazie alla
2852 \index{variabili!globali} variabile globale \var{shmptr}.
2854 Dato che la funzione è chiamata da \myfunc{dir\_scan}, si è all'interno del
2855 ciclo principale del programma, con un mutex acquisito, perciò non è
2856 necessario effettuare nessun controllo e si può accedere direttamente alla
2857 memoria condivisa usando \var{shmptr} per riempire i campi della struttura
2858 \struct{DirProp}; così prima (\texttt{\small 6--7}) si sommano le dimensioni
2859 dei file ed il loro numero, poi, utilizzando le macro di
2860 tab.~\ref{tab:file_type_macro}, si contano (\texttt{\small 8--14}) quanti ce
2861 ne sono per ciascun tipo.
2863 In fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_sub} è riportato anche il codice
2864 (\texttt{\small 17--23}) del gestore dei segnali di terminazione, usato per
2865 chiudere il programma. Esso, oltre a provocare l'uscita del programma, si
2866 incarica anche di cancellare tutti gli oggetti di intercomunicazione non più
2867 necessari. Per questo anzitutto (\texttt{\small 19}) acquisisce il mutex con
2868 \func{MutexLock}, per evitare di operare mentre un client sta ancora leggendo
2869 i dati, dopo di che (\texttt{\small 20}) distacca e rimuove il segmento di
2870 memoria condivisa usando \func{ShmRemove}. Infine (\texttt{\small 21})
2871 rimuove il mutex con \func{MutexRemove} ed esce (\texttt{\small 22}).
2873 \begin{figure}[!htbp]
2874 \footnotesize \centering
2875 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2876 \includecodesample{listati/ReadMonitor.c}
2879 \caption{Codice del programma client del monitor delle proprietà di una
2880 directory, \file{ReadMonitor.c}.}
2881 \label{fig:ipc_dirmonitor_client}
2884 Il codice del client usato per leggere le informazioni mantenute nella memoria
2885 condivisa è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_client}. Al solito si è
2886 omessa la sezione di gestione delle opzioni e la funzione che stampa a video
2887 le istruzioni; il codice completo è nei sorgenti allegati, nel file
2888 \file{ReadMonitor.c}.
2890 Una volta conclusa la gestione delle opzioni a riga di comando il programma
2891 rigenera (\texttt{\small 7}) con \func{ftok} la stessa chiave usata dal server
2892 per identificare il segmento di memoria condivisa ed il mutex, poi
2893 (\texttt{\small 8}) richiede con \func{ShmFind} l'indirizzo della memoria
2894 condivisa agganciando al contempo il segmento al processo, Infine
2895 (\texttt{\small 17--20}) con \func{MutexFind} si richiede l'identificatore del
2896 mutex. Completata l'inizializzazione ed ottenuti i riferimenti agli oggetti
2897 di intercomunicazione necessari viene eseguito il corpo principale del
2898 programma (\texttt{\small 21--33}); si comincia (\texttt{\small 22})
2899 acquisendo il mutex con \func{MutexLock}; qui avviene il blocco del processo
2900 se la memoria condivisa non è disponibile. Poi (\texttt{\small 23--31}) si
2901 stampano i vari valori mantenuti nella memoria condivisa attraverso l'uso di
2902 \var{shmptr}. Infine (\texttt{\small 41}) con \func{MutexUnlock} si rilascia
2903 il mutex, prima di uscire.
2905 Verifichiamo allora il funzionamento dei nostri programmi; al solito, usando
2906 le funzioni di libreria occorre definire opportunamente
2907 \code{LD\_LIBRARY\_PATH}; poi si potrà lanciare il server con:
2909 [piccardi@gont sources]$ ./dirmonitor ./
2912 ed avendo usato \func{daemon} il comando ritornerà immediatamente. Una volta
2913 che il server è in esecuzione, possiamo passare ad invocare il client per
2914 verificarne i risultati, in tal caso otterremo:
2916 [piccardi@gont sources]$ ./readmon
2917 Ci sono 68 file dati
2922 Ci sono 0 device a caratteri
2923 Ci sono 0 device a blocchi
2924 Totale 71 file, per 489831 byte
2927 ed un rapido calcolo (ad esempio con \code{ls -a | wc} per contare i file) ci
2928 permette di verificare che il totale dei file è giusto. Un controllo con
2929 \cmd{ipcs} ci permette inoltre di verificare la presenza di un segmento di
2930 memoria condivisa e di un semaforo:
2932 [piccardi@gont sources]$ ipcs
2933 ------ Shared Memory Segments --------
2934 key shmid owner perms bytes nattch status
2935 0xffffffff 54067205 piccardi 666 4096 1
2937 ------ Semaphore Arrays --------
2938 key semid owner perms nsems
2939 0xffffffff 229376 piccardi 666 1
2941 ------ Message Queues --------
2942 key msqid owner perms used-bytes messages
2946 Se a questo punto aggiungiamo un file, ad esempio con \code{touch prova},
2947 potremo verificare che, passati nel peggiore dei casi almeno 10 secondi (o
2948 l'eventuale altro intervallo impostato per la rilettura dei dati) avremo:
2950 [piccardi@gont sources]$ ./readmon
2951 Ci sono 69 file dati
2956 Ci sono 0 device a caratteri
2957 Ci sono 0 device a blocchi
2958 Totale 72 file, per 489887 byte
2962 A questo punto possiamo far uscire il server inviandogli un segnale di
2963 \signal{SIGTERM} con il comando \code{killall dirmonitor}, a questo punto
2964 ripetendo la lettura, otterremo un errore:
2966 [piccardi@gont sources]$ ./readmon
2967 Cannot find shared memory: No such file or directory
2970 e inoltre potremo anche verificare che anche gli oggetti di intercomunicazione
2971 visti in precedenza sono stati regolarmente cancellati:
2973 [piccardi@gont sources]$ ipcs
2974 ------ Shared Memory Segments --------
2975 key shmid owner perms bytes nattch status
2977 ------ Semaphore Arrays --------
2978 key semid owner perms nsems
2980 ------ Message Queues --------
2981 key msqid owner perms used-bytes messages
2986 %% Per capire meglio il funzionamento delle funzioni facciamo ancora una volta
2987 %% riferimento alle strutture con cui il kernel implementa i segmenti di memoria
2988 %% condivisa; uno schema semplificato della struttura è illustrato in
2989 %% fig.~\ref{fig:ipc_shm_struct}.
2991 %% \begin{figure}[!htb]
2993 %% \includegraphics[width=10cm]{img/shmstruct}
2994 %% \caption{Schema dell'implementazione dei segmenti di memoria condivisa in
2996 %% \label{fig:ipc_shm_struct}
3002 \section{Tecniche alternative}
3003 \label{sec:ipc_alternatives}
3005 Come abbiamo detto in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_generic}, e ripreso nella
3006 descrizione dei singoli oggetti che ne fan parte, il \textit{SysV IPC}
3007 presenta numerosi problemi; in \cite{APUE}\footnote{in particolare nel
3008 capitolo 14.} Stevens ne effettua una accurata analisi (alcuni dei concetti
3009 sono già stati accennati in precedenza) ed elenca alcune possibili tecniche
3010 alternative, che vogliamo riprendere in questa sezione.
3013 \subsection{Alternative alle code di messaggi}
3014 \label{sec:ipc_mq_alternative}
3016 Le code di messaggi sono probabilmente il meno usato degli oggetti del
3017 \textit{SysV IPC}; esse infatti nacquero principalmente come meccanismo di
3018 comunicazione bidirezionale quando ancora le pipe erano unidirezionali; con la
3019 disponibilità di \func{socketpair} (vedi sez.~\ref{sec:ipc_socketpair}) o
3020 utilizzando una coppia di pipe, si può ottenere questo risultato senza
3021 incorrere nelle complicazioni introdotte dal \textit{SysV IPC}.
3023 In realtà, grazie alla presenza del campo \var{mtype}, le code di messaggi
3024 hanno delle caratteristiche ulteriori, consentendo una classificazione dei
3025 messaggi ed un accesso non rigidamente sequenziale; due caratteristiche che
3026 sono impossibili da ottenere con le pipe e i socket di \func{socketpair}. A
3027 queste esigenze però si può comunque ovviare in maniera diversa con un uso
3028 combinato della memoria condivisa e dei meccanismi di sincronizzazione, per
3029 cui alla fine l'uso delle code di messaggi classiche è relativamente poco
3032 % TODO: trattare qui, se non ssis trova posto migliore, copy_from_process e
3033 % copy_to_process, introdotte con il kernel 3.2. Vedi
3034 % http://lwn.net/Articles/405346/ e
3035 % http://ozlabs.org/~cyeoh/cma/process_vm_readv.txt
3038 \subsection{I \textsl{file di lock}}
3039 \label{sec:ipc_file_lock}
3041 \index{file!di lock|(}
3043 Come illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem} i semafori del \textit{SysV IPC}
3044 presentano una interfaccia inutilmente complessa e con alcuni difetti
3045 strutturali, per questo quando si ha una semplice esigenza di sincronizzazione
3046 per la quale basterebbe un semaforo binario (quello che abbiamo definito come
3047 \textit{mutex}), per indicare la disponibilità o meno di una risorsa, senza la
3048 necessità di un contatore come i semafori, si possono utilizzare metodi
3051 La prima possibilità, utilizzata fin dalle origini di Unix, è quella di usare
3052 dei \textsl{file di lock} (per i quali esiste anche una opportuna directory,
3053 \file{/var/lock}, nel filesystem standard). Per questo si usa la
3054 caratteristica della funzione \func{open} (illustrata in
3055 sez.~\ref{sec:file_open_close}) che prevede\footnote{questo è quanto dettato dallo
3056 standard POSIX.1, ciò non toglie che in alcune implementazioni questa
3057 tecnica possa non funzionare; in particolare per Linux, nel caso di NFS, si
3058 è comunque soggetti alla possibilità di una \itindex{race~condition}
3059 \textit{race condition}.} che essa ritorni un errore quando usata con i
3060 flag di \const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}. In tal modo la creazione di un
3061 \textsl{file di lock} può essere eseguita atomicamente, il processo che crea
3062 il file con successo si può considerare come titolare del lock (e della
3063 risorsa ad esso associata) mentre il rilascio si può eseguire con una chiamata
3066 Un esempio dell'uso di questa funzione è mostrato dalle funzioni
3067 \func{LockFile} ed \func{UnlockFile} riportate in fig.~\ref{fig:ipc_file_lock}
3068 (sono contenute in \file{LockFile.c}, un altro dei sorgenti allegati alla
3069 guida) che permettono rispettivamente di creare e rimuovere un \textsl{file di
3070 lock}. Come si può notare entrambe le funzioni sono elementari; la prima
3071 (\texttt{\small 4--10}) si limita ad aprire il file di lock (\texttt{\small
3072 9}) nella modalità descritta, mentre la seconda (\texttt{\small 11--17}) lo
3073 cancella con \func{unlink}.
3075 \begin{figure}[!htbp]
3076 \footnotesize \centering
3077 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3078 \includecodesample{listati/LockFile.c}
3081 \caption{Il codice delle funzioni \func{LockFile} e \func{UnlockFile} che
3082 permettono di creare e rimuovere un \textsl{file di lock}.}
3083 \label{fig:ipc_file_lock}
3086 Uno dei limiti di questa tecnica è che, come abbiamo già accennato in
3087 sez.~\ref{sec:file_open_close}, questo comportamento di \func{open} può non
3088 funzionare (la funzione viene eseguita, ma non è garantita l'atomicità
3089 dell'operazione) se il filesystem su cui si va ad operare è su NFS; in tal
3090 caso si può adottare una tecnica alternativa che prevede l'uso della
3091 \func{link} per creare come \textsl{file di lock} un hard link ad un file
3092 esistente; se il link esiste già e la funzione fallisce, significa che la
3093 risorsa è bloccata e potrà essere sbloccata solo con un \func{unlink},
3094 altrimenti il link è creato ed il lock acquisito; il controllo e l'eventuale
3095 acquisizione sono atomici; la soluzione funziona anche su NFS, ma ha un altro
3096 difetto è che è quello di poterla usare solo se si opera all'interno di uno
3099 In generale comunque l'uso di un \textsl{file di lock} presenta parecchi
3100 problemi che non lo rendono una alternativa praticabile per la
3101 sincronizzazione: anzitutto in caso di terminazione imprevista del processo,
3102 si lascia allocata la risorsa (il \textsl{file di lock}) e questa deve essere
3103 sempre cancellata esplicitamente. Inoltre il controllo della disponibilità
3104 può essere eseguito solo con una tecnica di \itindex{polling}
3105 \textit{polling}, ed è quindi molto inefficiente.
3107 La tecnica dei file di lock ha comunque una sua utilità, e può essere usata
3108 con successo quando l'esigenza è solo quella di segnalare l'occupazione di una
3109 risorsa, senza necessità di attendere che questa si liberi; ad esempio la si
3110 usa spesso per evitare interferenze sull'uso delle porte seriali da parte di
3111 più programmi: qualora si trovi un file di lock il programma che cerca di
3112 accedere alla seriale si limita a segnalare che la risorsa non è disponibile.
3114 \index{file!di lock|)}
3117 \subsection{La sincronizzazione con il \textit{file locking}}
3118 \label{sec:ipc_lock_file}
3120 Dato che i \index{file!di lock} file di lock presentano gli inconvenienti
3121 illustrati in precedenza, la tecnica alternativa di sincronizzazione più
3122 comune è quella di fare ricorso al \itindex{file~locking} \textit{file
3123 locking} (trattato in sez.~\ref{sec:file_locking}) usando \func{fcntl} su un
3124 file creato per l'occasione per ottenere un write lock. In questo modo potremo
3125 usare il lock come un \textit{mutex}: per bloccare la risorsa basterà
3126 acquisire il lock, per sbloccarla basterà rilasciare il lock. Una richiesta
3127 fatta con un write lock metterà automaticamente il processo in stato di
3128 attesa, senza necessità di ricorrere al \itindex{polling} \textit{polling} per
3129 determinare la disponibilità della risorsa, e al rilascio della stessa da
3130 parte del processo che la occupava si otterrà il nuovo lock atomicamente.
3132 Questo approccio presenta il notevole vantaggio che alla terminazione di un
3133 processo tutti i lock acquisiti vengono rilasciati automaticamente (alla
3134 chiusura dei relativi file) e non ci si deve preoccupare di niente; inoltre
3135 non consuma risorse permanentemente allocate nel sistema. Lo svantaggio è che,
3136 dovendo fare ricorso a delle operazioni sul filesystem, esso è in genere
3137 leggermente più lento.
3139 \begin{figure}[!htbp]
3140 \footnotesize \centering
3141 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3142 \includecodesample{listati/MutexLocking.c}
3145 \caption{Il codice delle funzioni che permettono per la gestione dei
3146 \textit{mutex} con il \itindex{file~locking} \textit{file locking}.}
3147 \label{fig:ipc_flock_mutex}
3150 Il codice delle varie funzioni usate per implementare un mutex utilizzando il
3151 \textit{file locking} \itindex{file~locking} è riportato in
3152 fig.~\ref{fig:ipc_flock_mutex}; si è mantenuta volutamente una struttura
3153 analoga alle precedenti funzioni che usano i semafori, anche se le due
3154 interfacce non possono essere completamente equivalenti, specie per quanto
3155 riguarda la rimozione del mutex.
3157 La prima funzione (\texttt{\small 1--5}) è \func{CreateMutex}, e serve a
3158 creare il mutex; la funzione è estremamente semplice, e si limita
3159 (\texttt{\small 4}) a creare, con una opportuna chiamata ad \func{open}, il
3160 file che sarà usato per il successivo \textit{file locking}, assicurandosi che
3161 non esista già (nel qual caso segnala un errore); poi restituisce il file
3162 descriptor che sarà usato dalle altre funzioni per acquisire e rilasciare il
3165 La seconda funzione (\texttt{\small 6--10}) è \func{FindMutex}, che, come la
3166 precedente, è stata definita per mantenere una analogia con la corrispondente
3167 funzione basata sui semafori. Anch'essa si limita (\texttt{\small 9}) ad
3168 aprire il file da usare per il \itindex{file~locking} \textit{file locking},
3169 solo che in questo caso le opzioni di \func{open} sono tali che il file in
3170 questione deve esistere di già.
3172 La terza funzione (\texttt{\small 11--22}) è \func{LockMutex} e serve per
3173 acquisire il mutex. La funzione definisce (\texttt{\small 14}) e inizializza
3174 (\texttt{\small 16--19}) la struttura \var{lock} da usare per acquisire un
3175 write lock sul file, che poi (\texttt{\small 21}) viene richiesto con
3176 \func{fcntl}, restituendo il valore di ritorno di quest'ultima. Se il file è
3177 libero il lock viene acquisito e la funzione ritorna immediatamente;
3178 altrimenti \func{fcntl} si bloccherà (si noti che la si è chiamata con
3179 \const{F\_SETLKW}) fino al rilascio del lock.
3181 La quarta funzione (\texttt{\small 24--34}) è \func{UnlockMutex} e serve a
3182 rilasciare il mutex. La funzione è analoga alla precedente, solo che in questo
3183 caso si inizializza (\texttt{\small 28--31}) la struttura \var{lock} per il
3184 rilascio del lock, che viene effettuato (\texttt{\small 33}) con la opportuna
3185 chiamata a \func{fcntl}. Avendo usato il \itindex{file~locking} \textit{file
3186 locking} in semantica POSIX (si riveda quanto detto
3187 sez.~\ref{sec:file_posix_lock}) solo il processo che ha precedentemente
3188 eseguito il lock può sbloccare il mutex.
3190 La quinta funzione (\texttt{\small 36--39}) è \func{RemoveMutex} e serve a
3191 cancellare il mutex. Anche questa funzione è stata definita per mantenere una
3192 analogia con le funzioni basate sui semafori, e si limita a cancellare
3193 (\texttt{\small 38}) il file con una chiamata ad \func{unlink}. Si noti che in
3194 questo caso la funzione non ha effetto sui mutex già ottenuti con precedenti
3195 chiamate a \func{FindMutex} o \func{CreateMutex}, che continueranno ad essere
3196 disponibili fintanto che i relativi file descriptor restano aperti. Pertanto
3197 per rilasciare un mutex occorrerà prima chiamare \func{UnlockMutex} oppure
3198 chiudere il file usato per il lock.
3200 La sesta funzione (\texttt{\small 41--55}) è \func{ReadMutex} e serve a
3201 leggere lo stato del mutex. In questo caso si prepara (\texttt{\small 46--49})
3202 la solita struttura \var{lock} come l'acquisizione del lock, ma si effettua
3203 (\texttt{\small 51}) la chiamata a \func{fcntl} usando il comando
3204 \const{F\_GETLK} per ottenere lo stato del lock, e si restituisce
3205 (\texttt{\small 52}) il valore di ritorno in caso di errore, ed il valore del
3206 campo \var{l\_type} (che descrive lo stato del lock) altrimenti
3207 (\texttt{\small 54}). Per questo motivo la funzione restituirà -1 in caso di
3208 errore e uno dei due valori \const{F\_UNLCK} o \const{F\_WRLCK}\footnote{non
3209 si dovrebbe mai avere il terzo valore possibile, \const{F\_RDLCK}, dato che
3210 la nostra interfaccia usa solo i write lock. Però è sempre possibile che
3211 siano richiesti altri lock sul file al di fuori dell'interfaccia, nel qual
3212 caso si potranno avere, ovviamente, interferenze indesiderate.} in caso di
3213 successo, ad indicare che il mutex è, rispettivamente, libero o occupato.
3215 Basandosi sulla semantica dei file lock POSIX valgono tutte le considerazioni
3216 relative al comportamento di questi ultimi fatte in
3217 sez.~\ref{sec:file_posix_lock}; questo significa ad esempio che, al contrario
3218 di quanto avveniva con l'interfaccia basata sui semafori, chiamate multiple a
3219 \func{UnlockMutex} o \func{LockMutex} non si cumulano e non danno perciò
3220 nessun inconveniente.
3223 \subsection{Il \textit{memory mapping} anonimo}
3224 \label{sec:ipc_mmap_anonymous}
3226 \itindbeg{memory~mapping}
3227 Abbiamo già visto che quando i processi sono \textsl{correlati}\footnote{se
3228 cioè hanno almeno un progenitore comune.} l'uso delle pipe può costituire
3229 una valida alternativa alle code di messaggi; nella stessa situazione si può
3230 evitare l'uso di una memoria condivisa facendo ricorso al cosiddetto
3231 \textit{memory mapping} anonimo.
3233 In sez.~\ref{sec:file_memory_map} abbiamo visto come sia possibile mappare il
3234 contenuto di un file nella memoria di un processo, e che, quando viene usato
3235 il flag \const{MAP\_SHARED}, le modifiche effettuate al contenuto del file
3236 vengono viste da tutti i processi che lo hanno mappato. Utilizzare questa
3237 tecnica per creare una memoria condivisa fra processi diversi è estremamente
3238 inefficiente, in quanto occorre passare attraverso il disco. Però abbiamo
3239 visto anche che se si esegue la mappatura con il flag \const{MAP\_ANONYMOUS}
3240 la regione mappata non viene associata a nessun file, anche se quanto scritto
3241 rimane in memoria e può essere riletto; allora, dato che un processo figlio
3242 mantiene nel suo spazio degli indirizzi anche le regioni mappate, esso sarà
3243 anche in grado di accedere a quanto in esse è contenuto.
3245 In questo modo diventa possibile creare una memoria condivisa fra processi
3246 diversi, purché questi abbiano almeno un progenitore comune che ha effettuato
3247 il \textit{memory mapping} anonimo.\footnote{nei sistemi derivati da SysV una
3248 funzionalità simile a questa viene implementata mappando il file speciale
3249 \file{/dev/zero}. In tal caso i valori scritti nella regione mappata non
3250 vengono ignorati (come accade qualora si scriva direttamente sul file), ma
3251 restano in memoria e possono essere riletti secondo le stesse modalità usate
3252 nel \textit{memory mapping} anonimo.} Vedremo come utilizzare questa tecnica
3253 più avanti, quando realizzeremo una nuova versione del monitor visto in
3254 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm} che possa restituisca i risultati via rete.
3255 \itindend{memory~mapping}
3257 % TODO: fare esempio di mmap anonima
3259 % TODO: con il kernel 3.2 è stata introdotta un nuovo meccanismo di
3260 % intercomunicazione veloce chiamato Cross Memory Attach, da capire se e come
3261 % trattarlo qui, vedi http://lwn.net/Articles/405346/
3262 % https://git.kernel.org/?p=linux/kernel/git/torvalds/linux-2.6.git;a=commitdiff;h=fcf634098c00dd9cd247447368495f0b79be12d1
3264 \section{L'intercomunicazione fra processi di POSIX}
3265 \label{sec:ipc_posix}
3267 Per superare i numerosi problemi del \textit{SysV IPC}, evidenziati per i suoi
3268 aspetti generali in coda a sez.~\ref{sec:ipc_sysv_generic} e per i singoli
3269 oggetti nei paragrafi successivi, lo standard POSIX.1b ha introdotto dei nuovi
3270 meccanismi di comunicazione, che vanno sotto il nome di POSIX IPC, definendo
3271 una interfaccia completamente nuova, che tratteremo in questa sezione.
3274 \subsection{Considerazioni generali}
3275 \label{sec:ipc_posix_generic}
3277 Oggi Linux supporta tutti gli oggetti definito nello standard POSIX per l'IPC,
3278 ma a lungo non è stato così; la memoria condivisa è presente a partire dal
3279 kernel 2.4.x, i semafori sono forniti dalla \acr{glibc} nella sezione che
3280 implementa i \itindex{thread} \textit{thread} POSIX di nuova generazione che
3281 richiedono il kernel 2.6, le code di messaggi sono supportate a partire dal
3284 La caratteristica fondamentale dell'interfaccia POSIX è l'abbandono dell'uso
3285 degli identificatori e delle chiavi visti nel SysV IPC, per passare ai
3286 \itindex{POSIX~IPC~names} \textit{POSIX IPC names}, che sono sostanzialmente
3287 equivalenti ai nomi dei file. Tutte le funzioni che creano un oggetto di IPC
3288 POSIX prendono come primo argomento una stringa che indica uno di questi nomi;
3289 lo standard è molto generico riguardo l'implementazione, ed i nomi stessi
3290 possono avere o meno una corrispondenza sul filesystem; tutto quello che è
3293 \item i nomi devono essere conformi alle regole che caratterizzano i
3294 \textit{pathname}, in particolare non essere più lunghi di \const{PATH\_MAX}
3295 byte e terminati da un carattere nullo.
3296 \item se il nome inizia per una \texttt{/} chiamate differenti allo stesso
3297 nome fanno riferimento allo stesso oggetto, altrimenti l'interpretazione del
3298 nome dipende dall'implementazione.
3299 \item l'interpretazione di ulteriori \texttt{/} presenti nel nome dipende
3300 dall'implementazione.
3303 Data la assoluta genericità delle specifiche, il comportamento delle funzioni
3304 è subordinato in maniera quasi completa alla relativa
3305 implementazione.\footnote{tanto che Stevens in \cite{UNP2} cita questo caso
3306 come un esempio della maniera standard usata dallo standard POSIX per
3307 consentire implementazioni non standardizzabili.} Nel caso di Linux, sia per
3308 quanto riguarda la memoria condivisa ed i semafori, che per quanto riguarda le
3309 code di messaggi, tutto viene creato usando come radici delle opportune
3310 directory (rispettivamente \file{/dev/shm} e \file{/dev/mqueue}, per i
3311 dettagli si faccia riferimento a sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm},
3312 sez.~\ref{sec:ipc_posix_sem} e sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq}) ed i nomi
3313 specificati nelle relative funzioni sono considerati come un
3314 \itindsub{pathname}{assoluto} \textit{pathname} assoluto (comprendente
3315 eventuali sottodirectory) rispetto a queste radici.
3317 Il vantaggio degli oggetti di IPC POSIX è comunque che essi vengono inseriti
3318 nell'albero dei file, e possono essere maneggiati con le usuali funzioni e
3319 comandi di accesso ai file,\footnote{questo è vero nel caso di Linux, che usa
3320 una implementazione che lo consente, non è detto che altrettanto valga per
3321 altri kernel; in particolare, come si può facilmente verificare con uno
3322 \cmd{strace}, sia per la memoria condivisa che per le code di messaggi le
3323 system call utilizzate da Linux sono le stesse di quelle dei file, essendo
3324 detti oggetti realizzati come tali in appositi filesystem.} che funzionano
3325 come su dei file normali.
3327 In particolare i permessi associati agli oggetti di IPC POSIX sono identici ai
3328 permessi dei file, ed il controllo di accesso segue esattamente la stessa
3329 semantica (quella illustrata in sez.~\ref{sec:file_access_control}), e non
3330 quella particolare (si ricordi quanto visto in
3331 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}) che viene usata per gli oggetti del
3332 SysV IPC. Per quanto riguarda l'attribuzione dell'utente e del gruppo
3333 proprietari dell'oggetto alla creazione di quest'ultimo essa viene effettuata
3334 secondo la semantica SysV: corrispondono cioè a \ids{UID} e \ids{GID} effettivi
3335 del processo che esegue la creazione.
3338 \subsection{Code di messaggi}
3339 \label{sec:ipc_posix_mq}
3341 Le code di messaggi POSIX sono supportate da Linux a partire dalla versione
3342 2.6.6-rc1 del kernel,\footnote{l'implementazione è dovuta a Michal Wronski e
3343 Krzysztof Benedyczak, e le relative informazioni si possono trovare su
3344 \url{http://www.geocities.com/wronski12/posix_ipc/index.html}.} In
3345 generale, come le corrispettive del SysV IPC, le code di messaggi sono poco
3346 usate, dato che i socket, nei casi in cui sono sufficienti, sono più comodi, e
3347 che in casi più complessi la comunicazione può essere gestita direttamente con
3348 mutex (o semafori) e memoria condivisa con tutta la flessibilità che occorre.
3350 Per poter utilizzare le code di messaggi, oltre ad utilizzare un kernel
3351 superiore al 2.6.6 (o precedente, se sono stati opportunamente applicati i
3352 relativi patch) occorre utilizzare la libreria \file{libmqueue}\footnote{i
3353 programmi che usano le code di messaggi cioè devono essere compilati
3354 aggiungendo l'opzione \code{-lmqueue} al comando \cmd{gcc}; in
3355 corrispondenza all'inclusione del supporto nel kernel ufficiale anche
3356 \file{libmqueue} è stata inserita nella \acr{glibc}, a partire dalla
3357 versione 2.3.4 delle medesime.} che contiene le funzioni dell'interfaccia
3358 POSIX.\footnote{in realtà l'implementazione è realizzata tramite delle
3359 opportune chiamate ad \func{ioctl} sui file del filesystem speciale su cui
3360 vengono mantenuti questi oggetti di IPC.}
3362 La libreria inoltre richiede la presenza dell'apposito filesystem di tipo
3363 \texttt{mqueue} montato su \file{/dev/mqueue}; questo può essere fatto
3364 aggiungendo ad \conffile{/etc/fstab} una riga come:
3366 mqueue /dev/mqueue mqueue defaults 0 0
3368 ed esso sarà utilizzato come radice sulla quale vengono risolti i nomi delle
3369 code di messaggi che iniziano con una ``\texttt{/}''. Le opzioni di mount
3370 accettate sono \texttt{uid}, \texttt{gid} e \texttt{mode} che permettono
3371 rispettivamente di impostare l'utente, il gruppo ed i permessi associati al
3375 La funzione che permette di aprire (e crearla se non esiste ancora) una coda
3376 di messaggi POSIX è \funcd{mq\_open}, ed il suo prototipo è:
3380 \funcdecl{mqd\_t mq\_open(const char *name, int oflag)}
3382 \funcdecl{mqd\_t mq\_open(const char *name, int oflag, unsigned long mode,
3383 struct mq\_attr *attr)}
3385 Apre una coda di messaggi POSIX impostandone le caratteristiche.
3387 \bodydesc{La funzione restituisce il descrittore associato alla coda in caso
3388 di successo e -1 per un errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i
3391 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per accedere al
3392 alla memoria secondo quanto specificato da \param{oflag}.
3393 \item[\errcode{EEXIST}] si è specificato \const{O\_CREAT} e
3394 \const{O\_EXCL} ma la coda già esiste.
3395 \item[\errcode{EINVAL}] il file non supporta la funzione, o si è
3396 specificato \const{O\_CREAT} con una valore non nullo di \param{attr} e
3397 valori non validi di \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize}.
3398 \item[\errcode{ENOENT}] non si è specificato \const{O\_CREAT} ma la coda
3401 ed inoltre \errval{ENOMEM}, \errval{ENOSPC}, \errval{EFAULT},
3402 \errval{EMFILE}, \errval{EINTR} ed \errval{ENFILE}.
3406 La funzione apre la coda di messaggi identificata dall'argomento \param{name}
3407 restituendo il descrittore ad essa associato, del tutto analogo ad un file
3408 descriptor, con l'unica differenza che lo standard prevede un apposito tipo
3409 \type{mqd\_t}.\footnote{nel caso di Linux si tratta in effetti proprio di un
3410 normale file descriptor; pertanto, anche se questo comportamento non è
3411 portabile, lo si può tenere sotto osservazione con le funzioni dell'I/O
3412 multiplexing (vedi sez.~\ref{sec:file_multiplexing}) come possibile
3413 alternativa all'uso dell'interfaccia di notifica di \func{mq\_notify} (che
3414 vedremo a breve).} Se la coda esiste già il descrittore farà riferimento
3415 allo stesso oggetto, consentendo così la comunicazione fra due processi
3418 La funzione è del tutto analoga ad \func{open} ed analoghi sono i valori che
3419 possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
3420 maschera binaria; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
3421 sez.~\ref{sec:file_open_close} dei quali però \func{mq\_open} riconosce solo i
3423 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3424 \item[\const{O\_RDONLY}] Apre la coda solo per la ricezione di messaggi. Il
3425 processo potrà usare il descrittore con \func{mq\_receive} ma non con
3427 \item[\const{O\_WRONLY}] Apre la coda solo per la trasmissione di messaggi. Il
3428 processo potrà usare il descrittore con \func{mq\_send} ma non con
3430 \item[\const{O\_RDWR}] Apre la coda solo sia per la trasmissione che per la
3432 \item[\const{O\_CREAT}] Necessario qualora si debba creare la coda; la
3433 presenza di questo bit richiede la presenza degli ulteriori argomenti
3434 \param{mode} e \param{attr}.
3435 \item[\const{O\_EXCL}] Se usato insieme a \const{O\_CREAT} fa fallire la
3436 chiamata se la coda esiste già, altrimenti esegue la creazione atomicamente.
3437 \item[\const{O\_NONBLOCK}] Imposta la coda in modalità non bloccante, le
3438 funzioni di ricezione e trasmissione non si bloccano quando non ci sono le
3439 risorse richieste, ma ritornano immediatamente con un errore di
3443 I primi tre bit specificano la modalità di apertura della coda, e sono fra
3444 loro esclusivi. Ma qualunque sia la modalità in cui si è aperta una coda,
3445 questa potrà essere riaperta più volte in una modalità diversa, e vi si potrà
3446 sempre accedere attraverso descrittori diversi, esattamente come si può fare
3449 Se la coda non esiste e la si vuole creare si deve specificare
3450 \const{O\_CREAT}, in tal caso occorre anche specificare i permessi di
3451 creazione con l'argomento \param{mode};\footnote{fino al 2.6.14 per un bug i
3452 valori della \textit{umask} del processo non venivano applicati a questi
3453 permessi.} i valori di quest'ultimo sono identici a quelli usati per
3454 \func{open}, anche se per le code di messaggi han senso solo i permessi di
3455 lettura e scrittura. Oltre ai permessi di creazione possono essere specificati
3456 anche gli attributi specifici della coda tramite l'argomento \param{attr};
3457 quest'ultimo è un puntatore ad una apposita struttura \struct{mq\_attr}, la
3458 cui definizione è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_mq_attr}.
3460 \begin{figure}[!htb]
3461 \footnotesize \centering
3462 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
3463 \includestruct{listati/mq_attr.h}
3466 \caption{La struttura \structd{mq\_attr}, contenente gli attributi di una
3467 coda di messaggi POSIX.}
3468 \label{fig:ipc_mq_attr}
3471 Per la creazione della coda i campi della struttura che devono essere
3472 specificati sono \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize}, che indicano
3473 rispettivamente il numero massimo di messaggi che può contenere e la
3474 dimensione massima di un messaggio. Il valore dovrà essere positivo e minore
3475 dei rispettivi limiti di sistema \const{MQ\_MAXMSG} e \const{MQ\_MSGSIZE},
3476 altrimenti la funzione fallirà con un errore di \errcode{EINVAL}.
3477 Se \param{attr} è un puntatore nullo gli attributi della coda saranno
3478 impostati ai valori predefiniti.
3480 Quando l'accesso alla coda non è più necessario si può chiudere il relativo
3481 descrittore con la funzione \funcd{mq\_close}, il cui prototipo è:
3482 \begin{prototype}{mqueue.h}
3483 {int mq\_close(mqd\_t mqdes)}
3485 Chiude la coda \param{mqdes}.
3487 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 per un errore;
3488 nel quel caso \var{errno} assumerà i valori \errval{EBADF} o
3492 La funzione è analoga a \func{close},\footnote{in Linux, dove le code sono
3493 implementate come file su un filesystem dedicato, è esattamente la stessa
3494 funzione.} dopo la sua esecuzione il processo non sarà più in grado di usare
3495 il descrittore della coda, ma quest'ultima continuerà ad esistere nel sistema
3496 e potrà essere acceduta con un'altra chiamata a \func{mq\_open}. All'uscita di
3497 un processo tutte le code aperte, così come i file, vengono chiuse
3498 automaticamente. Inoltre se il processo aveva agganciato una richiesta di
3499 notifica sul descrittore che viene chiuso, questa sarà rilasciata e potrà
3500 essere richiesta da qualche altro processo.
3503 Quando si vuole effettivamente rimuovere una coda dal sistema occorre usare la
3504 funzione \funcd{mq\_unlink}, il cui prototipo è:
3505 \begin{prototype}{mqueue.h}
3506 {int mq\_unlink(const char *name)}
3508 Rimuove una coda di messaggi.
3510 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
3511 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori riportati da
3515 Anche in questo caso il comportamento della funzione è analogo a quello di
3516 \func{unlink} per i file,\footnote{di nuovo l'implementazione di Linux usa
3517 direttamente \func{unlink}.} la funzione rimuove la coda \param{name}, così
3518 che una successiva chiamata a \func{mq\_open} fallisce o crea una coda
3521 Come per i file ogni coda di messaggi ha un contatore di riferimenti, per cui
3522 la coda non viene effettivamente rimossa dal sistema fin quando questo non si
3523 annulla. Pertanto anche dopo aver eseguito con successo \func{mq\_unlink} la
3524 coda resterà accessibile a tutti i processi che hanno un descrittore aperto su
3525 di essa. Allo stesso modo una coda ed i suoi contenuti resteranno disponibili
3526 all'interno del sistema anche quando quest'ultima non è aperta da nessun
3527 processo (questa è una delle differenze più rilevanti nei confronti di pipe e
3528 fifo). La sola differenza fra code di messaggi POSIX e file normali è che,
3529 essendo il filesystem delle code di messaggi virtuale e basato su oggetti
3530 interni al kernel, il suo contenuto viene perduto con il riavvio del sistema.
3532 Come accennato ad ogni coda di messaggi è associata una struttura
3533 \struct{mq\_attr}, che può essere letta e modificata attraverso le due
3534 funzioni \funcd{mq\_getattr} e \funcd{mq\_setattr}, i cui prototipi sono:
3538 \funcdecl{int mq\_getattr(mqd\_t mqdes, struct mq\_attr *mqstat)}
3539 Legge gli attributi di una coda di messaggi POSIX.
3541 \funcdecl{int mq\_setattr(mqd\_t mqdes, const struct mq\_attr *mqstat,
3542 struct mq\_attr *omqstat)}
3543 Modifica gli attributi di una coda di messaggi POSIX.
3545 \bodydesc{Entrambe le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in
3546 caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori \errval{EBADF}
3550 La funzione \func{mq\_getattr} legge i valori correnti degli attributi della
3551 coda nella struttura puntata da \param{mqstat}; di questi l'unico relativo
3552 allo stato corrente della coda è \var{mq\_curmsgs} che indica il numero di
3553 messaggi da essa contenuti, gli altri indicano le caratteristiche generali
3556 La funzione \func{mq\_setattr} permette di modificare gli attributi di una
3557 coda tramite i valori contenuti nella struttura puntata da \param{mqstat}, ma
3558 può essere modificato solo il campo \var{mq\_flags}, gli altri campi vengono
3559 ignorati. In particolare i valori di \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize}
3560 possono essere specificati solo in fase ci creazione della coda. Inoltre i
3561 soli valori possibili per \var{mq\_flags} sono 0 e \const{O\_NONBLOCK}, per
3562 cui alla fine la funzione può essere utilizzata solo per abilitare o
3563 disabilitare la modalità non bloccante. L'argomento \param{omqstat} viene
3564 usato, quando diverso da \val{NULL}, per specificare l'indirizzo di una
3565 struttura su cui salvare i valori degli attributi precedenti alla chiamata
3568 Per inserire messaggi su di una coda sono previste due funzioni,
3569 \funcd{mq\_send} e \funcd{mq\_timedsend}, i cui prototipi sono:
3573 \funcdecl{int mq\_send(mqd\_t mqdes, const char *msg\_ptr, size\_t msg\_len,
3574 unsigned int msg\_prio)}
3575 Esegue l'inserimento di un messaggio su una coda.
3577 \funcdecl{int mq\_timedsend(mqd\_t mqdes, const char *msg\_ptr, size\_t
3578 msg\_len, unsigned msg\_prio, const struct timespec *abs\_timeout)}
3579 Esegue l'inserimento di un messaggio su una coda entro il tempo
3580 \param{abs\_timeout}.
3583 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e $-1$ per un
3584 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
3586 \item[\errcode{EAGAIN}] si è aperta la coda con \const{O\_NONBLOCK}, e la
3588 \item[\errcode{EMSGSIZE}] la lunghezza del messaggio \param{msg\_len}
3589 eccede il limite impostato per la coda.
3590 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore nullo per
3591 \param{msg\_len}, o un valore di \param{msg\_prio} fuori dai limiti, o
3592 un valore non valido per \param{abs\_timeout}.
3593 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] l'inserimento del messaggio non è stato
3594 effettuato entro il tempo stabilito.
3596 ed inoltre \errval{EBADF}, \errval{ENOMEM} ed \errval{EINTR}.}
3599 Entrambe le funzioni richiedono un puntatore al testo del messaggio
3600 nell'argomento \param{msg\_ptr} e la relativa lunghezza in \param{msg\_len}.
3601 Se quest'ultima eccede la dimensione massima specificata da \var{mq\_msgsize}
3602 le funzioni ritornano immediatamente con un errore di \errcode{EMSGSIZE}.
3604 L'argomento \param{msg\_prio} indica la priorità dell'argomento; i messaggi di
3605 priorità maggiore vengono inseriti davanti a quelli di priorità inferiore (e
3606 quindi saranno riletti per primi). A parità del valore della priorità il
3607 messaggio sarà inserito in coda a tutti quelli con la stessa priorità. Il
3608 valore della priorità non può eccedere il limite di sistema
3609 \const{MQ\_PRIO\_MAX}, che nel caso è pari a 32768.
3611 Qualora la coda sia piena, entrambe le funzioni si bloccano, a meno che non
3612 sia stata selezionata in fase di apertura la modalità non
3613 bloccante,\footnote{o si sia impostato il flag \const{O\_NONBLOCK} sul file
3614 descriptor della coda.} nel qual caso entrambe ritornano \errcode{EAGAIN}.
3615 La sola differenza fra le due funzioni è che la seconda, passato il tempo
3616 massimo impostato con l'argomento \param{abs\_timeout},\footnote{deve essere
3617 specificato un tempo assoluto tramite una struttura \struct{timespec} (vedi
3618 fig.~\ref{fig:sys_timespec_struct}) indicato in numero di secondi e
3619 nanosecondi a partire dal 1 gennaio 1970.} ritorna comunque con un errore di
3620 \errcode{ETIMEDOUT}, se invece il tempo è già scaduto al momento della
3621 chiamata e la coda è vuota la funzione ritorna immediatamente.
3623 Come per l'inserimento, anche per l'estrazione dei messaggi da una coda sono
3624 previste due funzioni, \funcd{mq\_receive} e \funcd{mq\_timedreceive}, i cui
3629 \funcdecl{ssize\_t mq\_receive(mqd\_t mqdes, char *msg\_ptr, size\_t
3630 msg\_len, unsigned int *msg\_prio)}
3631 Effettua la ricezione di un messaggio da una coda.
3633 \funcdecl{ssize\_t mq\_timedreceive(mqd\_t mqdes, char *msg\_ptr, size\_t
3634 msg\_len, unsigned int *msg\_prio, const struct timespec *abs\_timeout)}
3635 Effettua la ricezione di un messaggio da una coda entro il tempo
3636 \param{abs\_timeout}.
3638 \bodydesc{Le funzioni restituiscono il numero di byte del messaggio in caso
3639 di successo e -1 in caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i
3642 \item[\errcode{EAGAIN}] si è aperta la coda con \const{O\_NONBLOCK}, e la
3644 \item[\errcode{EMSGSIZE}] la lunghezza del messaggio sulla coda eccede il
3645 valore \param{msg\_len} specificato per la ricezione.
3646 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore nullo per
3647 \param{msg\_ptr}, o un valore non valido per \param{abs\_timeout}.
3648 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] la ricezione del messaggio non è stata
3649 effettuata entro il tempo stabilito.
3651 ed inoltre \errval{EBADF}, \errval{EINTR}, \errval{ENOMEM}, o
3655 La funzione estrae dalla coda il messaggio a priorità più alta, o il più
3656 vecchio fra quelli della stessa priorità. Una volta ricevuto il messaggio
3657 viene tolto dalla coda e la sua dimensione viene restituita come valore di
3658 ritorno.\footnote{si tenga presente che 0 è una dimensione valida e che la
3659 condizione di errore è restituita dal valore -1; Stevens in \cite{UNP2} fa
3660 notare che questo è uno dei casi in cui vale ciò che lo standard
3661 \textsl{non} dice, una dimensione nulla infatti, pur non essendo citata, non
3664 Se la dimensione specificata da \param{msg\_len} non è sufficiente a contenere
3665 il messaggio, entrambe le funzioni, al contrario di quanto avveniva nelle code
3666 di messaggi di SysV, ritornano un errore di \errcode{EMSGSIZE} senza estrarre
3667 il messaggio. È pertanto opportuno eseguire sempre una chiamata a
3668 \func{mq\_getattr} prima di eseguire una ricezione, in modo da ottenere la
3669 dimensione massima dei messaggi sulla coda, per poter essere in grado di
3670 allocare dei buffer sufficientemente ampi per la lettura.
3672 Se si specifica un puntatore per l'argomento \param{msg\_prio} il valore della
3673 priorità del messaggio viene memorizzato all'indirizzo da esso indicato.
3674 Qualora non interessi usare la priorità dei messaggi si può specificare
3675 \var{NULL}, ed usare un valore nullo della priorità nelle chiamate a
3678 Si noti che con le code di messaggi POSIX non si ha la possibilità di
3679 selezionare quale messaggio estrarre con delle condizioni sulla priorità, a
3680 differenza di quanto avveniva con le code di messaggi di SysV che permettono
3681 invece la selezione in base al valore del campo \var{mtype}.
3683 % TODO inserire i dati di /proc/sys/fs/mqueue
3685 Qualora la coda sia vuota entrambe le funzioni si bloccano, a meno che non si
3686 sia selezionata la modalità non bloccante; in tal caso entrambe ritornano
3687 immediatamente con l'errore \errcode{EAGAIN}. Anche in questo caso la sola
3688 differenza fra le due funzioni è che la seconda non attende indefinitamente e
3689 passato il tempo massimo \param{abs\_timeout} ritorna comunque con un errore
3690 di \errcode{ETIMEDOUT}.
3692 Uno dei problemi sottolineati da Stevens in \cite{UNP2}, comuni ad entrambe le
3693 tipologie di code messaggi, è che non è possibile per chi riceve identificare
3694 chi è che ha inviato il messaggio, in particolare non è possibile sapere da
3695 quale utente esso provenga. Infatti, in mancanza di un meccanismo interno al
3696 kernel, anche se si possono inserire delle informazioni nel messaggio, queste
3697 non possono essere credute, essendo completamente dipendenti da chi lo invia.
3698 Vedremo però come, attraverso l'uso del meccanismo di notifica, sia possibile
3699 superare in parte questo problema.
3701 Una caratteristica specifica delle code di messaggi POSIX è la possibilità di
3702 usufruire di un meccanismo di notifica asincrono; questo può essere attivato
3703 usando la funzione \funcd{mq\_notify}, il cui prototipo è:
3704 \begin{prototype}{mqueue.h}
3705 {int mq\_notify(mqd\_t mqdes, const struct sigevent *notification)}
3707 Attiva il meccanismo di notifica per la coda \param{mqdes}.
3709 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
3710 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
3712 \item[\errcode{EBUSY}] c'è già un processo registrato per la notifica.
3713 \item[\errcode{EBADF}] il descrittore non fa riferimento ad una coda di
3718 Il meccanismo di notifica permette di segnalare in maniera asincrona ad un
3719 processo la presenza di dati sulla coda, in modo da evitare la necessità di
3720 bloccarsi nell'attesa. Per far questo un processo deve registrarsi con la
3721 funzione \func{mq\_notify}, ed il meccanismo è disponibile per un solo
3722 processo alla volta per ciascuna coda.
3724 Il comportamento di \func{mq\_notify} dipende dal valore dell'argomento
3725 \param{notification}, che è un puntatore ad una apposita struttura
3726 \struct{sigevent}, (definita in fig.~\ref{fig:struct_sigevent}) introdotta
3727 dallo standard POSIX.1b per gestire la notifica di eventi; per altri dettagli
3728 si può vedere quanto detto in sez.~\ref{sec:sig_timer_adv} a proposito
3729 dell'uso della stessa struttura per la notifica delle scadenze dei
3732 Attraverso questa struttura si possono impostare le modalità con cui viene
3733 effettuata la notifica nel campo \var{sigev\_notify}, che può assumere i
3734 valori di tab.~\ref{tab:sigevent_sigev_notify}.\footnote{la pagina di manuale
3735 riporta soltanto i primi tre (inizialmente era possibile solo
3736 \const{SIGEV\_SIGNAL}).} Il metodo consigliato è quello di usare
3737 \const{SIGEV\_SIGNAL} usando il campo \var{sigev\_signo} per indicare il quale
3738 segnale deve essere inviato al processo. Inoltre il campo \var{sigev\_value} è
3739 un puntatore ad una struttura \struct{sigval} (definita in
3740 fig.~\ref{fig:sig_sigval}) che permette di restituire al gestore del segnale
3741 un valore numerico o un indirizzo,\footnote{per il suo uso si riveda la
3742 trattazione fatta in sez.~\ref{sec:sig_real_time} a proposito dei segnali
3743 \textit{real-time}.} posto che questo sia installato nella forma estesa
3744 vista in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}.
3746 La funzione registra il processo chiamante per la notifica se
3747 \param{notification} punta ad una struttura \struct{sigevent} opportunamente
3748 inizializzata, o cancella una precedente registrazione se è \val{NULL}. Dato
3749 che un solo processo alla volta può essere registrato, la funzione fallisce
3750 con \errcode{EBUSY} se c'è un altro processo già registrato.\footnote{questo
3751 significa anche che se si registra una notifica con \const{SIGEV\_NONE} il
3752 processo non la riceverà, ma impedirà anche che altri possano registrarsi
3753 per poterlo fare.} Si tenga presente inoltre che alla chiusura del
3754 descrittore associato alla coda (e quindi anche all'uscita del processo) ogni
3755 eventuale registrazione di notifica presente viene cancellata.
3757 La notifica del segnale avviene all'arrivo di un messaggio in una coda vuota
3758 (cioè solo se sulla coda non ci sono messaggi) e se non c'è nessun processo
3759 bloccato in una chiamata a \func{mq\_receive}, in questo caso infatti il
3760 processo bloccato ha la precedenza ed il messaggio gli viene immediatamente
3761 inviato, mentre per il meccanismo di notifica tutto funziona come se la coda
3762 fosse rimasta vuota.
3764 Quando un messaggio arriva su una coda vuota al processo che si era registrato
3765 viene inviato il segnale specificato da \code{notification->sigev\_signo}, e
3766 la coda diventa disponibile per una ulteriore registrazione. Questo comporta
3767 che se si vuole mantenere il meccanismo di notifica occorre ripetere la
3768 registrazione chiamando nuovamente \func{mq\_notify} all'interno del gestore
3769 del segnale di notifica. A differenza della situazione simile che si aveva con
3770 i segnali non affidabili,\footnote{l'argomento è stato affrontato in
3771 \ref{sec:sig_semantics}.} questa caratteristica non configura una
3772 \itindex{race~condition} \textit{race condition} perché l'invio di un segnale
3773 avviene solo se la coda è vuota; pertanto se si vuole evitare di correre il
3774 rischio di perdere eventuali ulteriori segnali inviati nel lasso di tempo che
3775 occorre per ripetere la richiesta di notifica basta avere cura di eseguire
3776 questa operazione prima di estrarre i messaggi presenti dalla coda.
3778 L'invio del segnale di notifica avvalora alcuni campi di informazione
3779 restituiti al gestore attraverso la struttura \struct{siginfo\_t} (definita in
3780 fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t}). In particolare \var{si\_pid} viene impostato al
3781 valore del \ids{PID} del processo che ha emesso il segnale, \var{si\_uid}
3782 all'userid effettivo, \var{si\_code} a \const{SI\_MESGQ}, e \var{si\_errno} a
3783 0. Questo ci dice che, se si effettua la ricezione dei messaggi usando
3784 esclusivamente il meccanismo di notifica, è possibile ottenere le informazioni
3785 sul processo che ha inserito un messaggio usando un gestore per il segnale in
3786 forma estesa.\footnote{di nuovo si faccia riferimento a quanto detto al
3787 proposito in sez.~\ref{sec:sig_sigaction} e sez.~\ref{sec:sig_real_time}.}
3791 \subsection{Memoria condivisa}
3792 \label{sec:ipc_posix_shm}
3794 La memoria condivisa è stato il primo degli oggetti di IPC POSIX inserito nel
3795 kernel ufficiale; il supporto a questo tipo di oggetti è realizzato attraverso
3796 il filesystem \texttt{tmpfs}, uno speciale filesystem che mantiene tutti i
3797 suoi contenuti in memoria, che viene attivato abilitando l'opzione
3798 \texttt{CONFIG\_TMPFS} in fase di compilazione del kernel.
3800 Per potere utilizzare l'interfaccia POSIX per la memoria condivisa la
3801 \acr{glibc}\footnote{le funzioni sono state introdotte con la versione 2.2.}
3802 richiede di compilare i programmi con l'opzione \code{-lrt}; inoltre è
3803 necessario che in \file{/dev/shm} sia montato un filesystem \texttt{tmpfs};
3804 questo di norma viene fatto aggiungendo una riga del tipo di:
3806 tmpfs /dev/shm tmpfs defaults 0 0
3808 ad \conffile{/etc/fstab}. In realtà si può montare un filesystem \texttt{tmpfs}
3809 dove si vuole, per usarlo come RAM disk, con un comando del tipo:
3811 mount -t tmpfs -o size=128M,nr_inodes=10k,mode=700 tmpfs /mytmpfs
3814 Il filesystem riconosce, oltre quelle mostrate, le opzioni \texttt{uid} e
3815 \texttt{gid} che identificano rispettivamente utente e gruppo cui assegnarne
3816 la titolarità, e \texttt{nr\_blocks} che permette di specificarne la
3817 dimensione in blocchi, cioè in multipli di \const{PAGECACHE\_SIZE} che in
3818 questo caso è l'unità di allocazione elementare.
3820 La funzione che permette di aprire un segmento di memoria condivisa POSIX, ed
3821 eventualmente di crearlo se non esiste ancora, è \funcd{shm\_open}; il suo
3824 \headdecl{sys/mman.h}
3825 \headdecl{sys/stat.h}
3828 \funcdecl{int shm\_open(const char *name, int oflag, mode\_t mode)}
3830 Apre un segmento di memoria condivisa.
3832 \bodydesc{La funzione restituisce un file descriptor positivo in caso di
3833 successo e -1 in caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli
3834 stessi valori riportati da \func{open}.}
3837 La funzione apre un segmento di memoria condivisa identificato dal nome
3838 \param{name}. Come già spiegato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_generic} questo
3839 nome può essere specificato in forma standard solo facendolo iniziare per
3840 ``\file{/}'' e senza ulteriori ``\file{/}''. Linux supporta comunque nomi
3841 generici, che verranno interpretati prendendo come radice
3842 \file{/dev/shm}.\footnote{occorre pertanto evitare di specificare qualcosa del
3843 tipo \file{/dev/shm/nome} all'interno di \param{name}, perché questo
3844 comporta, da parte delle funzioni di libreria, il tentativo di accedere a
3845 \file{/dev/shm/dev/shm/nome}.}
3847 La funzione è del tutto analoga ad \func{open} ed analoghi sono i valori che
3848 possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
3849 maschera binaria comprendente almeno uno dei due valori \const{O\_RDONLY} e
3850 \const{O\_RDWR}; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
3851 sez.~\ref{sec:file_open_close} dei quali però \func{shm\_open} riconosce solo
3853 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3854 \item[\const{O\_RDONLY}] Apre il file descriptor associato al segmento di
3855 memoria condivisa per l'accesso in sola lettura.
3856 \item[\const{O\_RDWR}] Apre il file descriptor associato al segmento di
3857 memoria condivisa per l'accesso in lettura e scrittura.
3858 \item[\const{O\_CREAT}] Necessario qualora si debba creare il segmento di
3859 memoria condivisa se esso non esiste; in questo caso viene usato il valore
3860 di \param{mode} per impostare i permessi, che devono essere compatibili con
3861 le modalità con cui si è aperto il file.
3862 \item[\const{O\_EXCL}] Se usato insieme a \const{O\_CREAT} fa fallire la
3863 chiamata a \func{shm\_open} se il segmento esiste già, altrimenti esegue la
3864 creazione atomicamente.
3865 \item[\const{O\_TRUNC}] Se il segmento di memoria condivisa esiste già, ne
3866 tronca le dimensioni a 0 byte.
3869 In caso di successo la funzione restituisce un file descriptor associato al
3870 segmento di memoria condiviso con le stesse modalità di
3871 \func{open}\footnote{in realtà, come accennato, \func{shm\_open} è un semplice
3872 wrapper per \func{open}, usare direttamente quest'ultima avrebbe lo stesso
3873 effetto.} viste in sez.~\ref{sec:file_open_close}; in particolare viene impostato
3874 il flag \const{FD\_CLOEXEC}. Chiamate effettuate da diversi processi usando
3875 lo stesso nome, restituiranno file descriptor associati allo stesso segmento
3876 (così come, nel caso di file di dati, essi sono associati allo stesso
3877 \itindex{inode} inode). In questo modo è possibile effettuare una chiamata ad
3878 \func{mmap} sul file descriptor restituito da \func{shm\_open} ed i processi
3879 vedranno lo stesso segmento di memoria condivisa.
3881 Quando il nome non esiste il segmento può essere creato specificando
3882 \const{O\_CREAT}; in tal caso il segmento avrà (così come i nuovi file)
3883 lunghezza nulla. Dato che un segmento di lunghezza nulla è di scarsa utilità,
3884 per impostarne la dimensione si deve usare \func{ftruncate} (vedi
3885 sez.~\ref{sec:file_file_size}), prima di mapparlo in memoria con \func{mmap}.
3886 Si tenga presente che una volta chiamata \func{mmap} si può chiudere il file
3887 descriptor (con \func{close}), senza che la mappatura ne risenta.
3889 Come per i file, quando si vuole effettivamente rimuovere segmento di memoria
3890 condivisa, occorre usare la funzione \funcd{shm\_unlink}, il cui prototipo è:
3891 \begin{prototype}{sys/mman.h}
3892 {int shm\_unlink(const char *name)}
3894 Rimuove un segmento di memoria condivisa.
3896 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
3897 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori riportati da
3901 La funzione è del tutto analoga ad \func{unlink}, e si limita a cancellare il
3902 nome del segmento da \file{/dev/shm}, senza nessun effetto né sui file
3903 descriptor precedentemente aperti con \func{shm\_open}, né sui segmenti già
3904 mappati in memoria; questi verranno cancellati automaticamente dal sistema
3905 solo con le rispettive chiamate a \func{close} e \func{munmap}. Una volta
3906 eseguita questa funzione però, qualora si richieda l'apertura di un segmento
3907 con lo stesso nome, la chiamata a \func{shm\_open} fallirà, a meno di non aver
3908 usato \const{O\_CREAT}, in quest'ultimo caso comunque si otterrà un file
3909 descriptor che fa riferimento ad un segmento distinto da eventuali precedenti.
3911 \begin{figure}[!htbp]
3912 \footnotesize \centering
3913 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3914 \includecodesample{listati/MemShared.c}
3917 \caption{Il codice delle funzioni di gestione dei segmenti di memoria
3919 \label{fig:ipc_posix_shmmem}
3922 Come esempio per l'uso di queste funzioni vediamo come è possibile riscrivere
3923 una interfaccia semplificata analoga a quella vista in
3924 fig.~\ref{fig:ipc_sysv_shm_func} per la memoria condivisa in stile SysV. Il
3925 codice, riportato in fig.~\ref{fig:ipc_posix_shmmem}, è sempre contenuto nel
3926 file \file{SharedMem.c} dei sorgenti allegati.
3928 La prima funzione (\texttt{\small 1--24}) è \func{CreateShm} che, dato un nome
3929 nell'argomento \var{name} crea un nuovo segmento di memoria condivisa,
3930 accessibile in lettura e scrittura, e ne restituisce l'indirizzo. Anzitutto si
3931 definiscono (\texttt{\small 8}) i flag per la successiva (\texttt{\small 9})
3932 chiamata a \func{shm\_open}, che apre il segmento in lettura e scrittura
3933 (creandolo se non esiste, ed uscendo in caso contrario) assegnandogli sul
3934 filesystem i permessi specificati dall'argomento \var{perm}. In caso di errore
3935 (\texttt{\small 10--12}) si restituisce un puntatore nullo, altrimenti si
3936 prosegue impostando (\texttt{\small 14}) la dimensione del segmento con
3937 \func{ftruncate}. Di nuovo (\texttt{\small 15--16}) si esce immediatamente
3938 restituendo un puntatore nullo in caso di errore. Poi si passa (\texttt{\small
3939 18}) a mappare in memoria il segmento con \func{mmap} specificando dei
3940 diritti di accesso corrispondenti alla modalità di apertura. Di nuovo si
3941 restituisce (\texttt{\small 19--21}) un puntatore nullo in caso di errore,
3942 altrimenti si inizializza (\texttt{\small 22}) il contenuto del segmento al
3943 valore specificato dall'argomento \var{fill} con \func{memset}, e se ne
3944 restituisce (\texttt{\small 23}) l'indirizzo.
3946 La seconda funzione (\texttt{\small 25--40}) è \func{FindShm} che trova un
3947 segmento di memoria condiviso già esistente, restituendone l'indirizzo. In
3948 questo caso si apre (\texttt{\small 31}) il segmento con \func{shm\_open}
3949 richiedendo che il segmento sia già esistente, in caso di errore
3950 (\texttt{\small 31--33}) si ritorna immediatamente un puntatore nullo.
3951 Ottenuto il file descriptor del segmento lo si mappa (\texttt{\small 35}) in
3952 memoria con \func{mmap}, restituendo (\texttt{\small 36--38}) un puntatore
3953 nullo in caso di errore, o l'indirizzo (\texttt{\small 39}) dello stesso in
3956 La terza funzione (\texttt{\small 40--45}) è \func{RemoveShm}, e serve a
3957 cancellare un segmento di memoria condivisa. Dato che al contrario di quanto
3958 avveniva con i segmenti del SysV IPC gli oggetti allocati nel kernel vengono
3959 rilasciati automaticamente quando nessuna li usa più, tutto quello che c'è da
3960 fare (\texttt{\small 44}) in questo caso è chiamare \func{shm\_unlink},
3961 restituendo al chiamante il valore di ritorno.
3966 \subsection{Semafori}
3967 \label{sec:ipc_posix_sem}
3969 Fino alla serie 2.4.x del kernel esisteva solo una implementazione parziale
3970 dei semafori POSIX che li realizzava solo a livello di \itindex{thread}
3971 \textit{thread} e non di processi,\footnote{questo significava che i semafori
3972 erano visibili solo all'interno dei \itindex{thread} \textit{thread} creati
3973 da un singolo processo, e non potevano essere usati come meccanismo di
3974 sincronizzazione fra processi diversi.} fornita attraverso la sezione delle
3975 estensioni \textit{real-time} della \acr{glibc}.\footnote{quelle che si
3976 accedono collegandosi alla libreria \texttt{librt}.} Esisteva inoltre una
3977 libreria che realizzava (parzialmente) l'interfaccia POSIX usando le funzioni
3978 dei semafori di SysV IPC (mantenendo così tutti i problemi sottolineati in
3979 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}).
3981 A partire dal kernel 2.5.7 è stato introdotto un meccanismo di
3982 sincronizzazione completamente nuovo, basato sui cosiddetti
3983 \textit{futex},\footnote{la sigla sta per \textit{fast user mode mutex}.} con
3984 il quale è stato possibile implementare una versione nativa dei semafori
3985 POSIX. Grazie a questo con i kernel della serie 2.6 e le nuove versioni della
3986 \acr{glibc} che usano questa nuova infrastruttura per quella che viene quella
3987 che viene chiamata \textit{New Posix Thread Library}, sono state implementate
3988 anche tutte le funzioni dell'interfaccia dei semafori POSIX.
3990 Anche in questo caso è necessario appoggiarsi alla libreria per le estensioni
3991 \textit{real-time} \texttt{librt}, questo significa che se si vuole utilizzare
3992 questa interfaccia, oltre ad utilizzare gli opportuni file di definizione,
3993 occorrerà compilare i programmi con l'opzione \texttt{-lrt}.
3995 La funzione che permette di creare un nuovo semaforo POSIX, creando il
3996 relativo file, o di accedere ad uno esistente, è \funcd{sem\_open}, questa
3997 prevede due forme diverse a seconda che sia utilizzata per aprire un semaforo
3998 esistente o per crearne uno nuovi, i relativi prototipi sono:
4000 \headdecl{semaphore.h}
4002 \funcdecl{sem\_t *sem\_open(const char *name, int oflag)}
4004 \funcdecl{sem\_t *sem\_open(const char *name, int oflag, mode\_t mode,
4005 unsigned int value)}
4007 Crea un semaforo o ne apre uno esistente.
4009 \bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo del semaforo in caso di
4010 successo e \const{SEM\_FAILED} in caso di errore; nel quel caso
4011 \var{errno} assumerà i valori:
4013 \item[\errcode{EACCES}] il semaforo esiste ma non si hanno permessi
4014 sufficienti per accedervi.
4015 \item[\errcode{EEXIST}] si sono specificati \const{O\_CREAT} e
4016 \const{O\_EXCL} ma il semaforo esiste.
4017 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
4018 \const{SEM\_VALUE\_MAX}.
4019 \item[\errcode{ENAMETOOLONG}] si è utilizzato un nome troppo lungo.
4020 \item[\errcode{ENOENT}] non si è usato \const{O\_CREAT} ed il nome
4021 specificato non esiste.
4023 ed inoltre \errval{ENFILE} ed \errval{ENOMEM}.}
4026 L'argomento \param{name} definisce il nome del semaforo che si vuole
4027 utilizzare, ed è quello che permette a processi diversi di accedere allo
4028 stesso semaforo. Questo deve essere specificato con un \textit{pathname} nella
4029 forma \texttt{/qualchenome}, che non ha una corrispondenza diretta con un
4030 \textit{pathname} reale; con Linux infatti i file associati ai semafori sono
4031 mantenuti nel filesystem virtuale \texttt{/dev/shm}, e gli viene assegnato
4032 automaticamente un nome nella forma \texttt{sem.qualchenome}.\footnote{si ha
4033 cioè una corrispondenza per cui \texttt{/qualchenome} viene rimappato, nella
4034 creazione tramite \func{sem\_open}, su \texttt{/dev/shm/sem.qualchenome}.}
4036 L'argomento \param{oflag} è quello che controlla le modalità con cui opera la
4037 funzione, ed è passato come maschera binaria; i bit corrispondono a quelli
4038 utilizzati per l'analogo argomento di \func{open}, anche se dei possibili
4039 valori visti in sez.~\ref{sec:file_open_close} sono utilizzati soltanto
4040 \const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}.
4042 Se si usa \const{O\_CREAT} si richiede la creazione del semaforo qualora
4043 questo non esista, ed in tal caso occorre utilizzare la seconda forma della
4044 funzione, in cui si devono specificare sia un valore iniziale con l'argomento
4045 \param{value},\footnote{e si noti come così diventa possibile, differenza di
4046 quanto avviene per i semafori del \textit{SysV IPC}, effettuare in maniera
4047 atomica creazione ed inizializzazione di un semaforo usando una unica
4048 funzione.} che una maschera dei permessi con l'argomento
4049 \param{mode};\footnote{anche questo argomento prende gli stessi valori
4050 utilizzati per l'analogo di \func{open}, che si sono illustrati in dettaglio
4051 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}.} questi verranno assegnati al semaforo
4052 appena creato. Se il semaforo esiste già i suddetti valori saranno invece
4053 ignorati. Usando il flag \const{O\_EXCL} si richiede invece la verifica che il
4054 semaforo non esiste, usandolo insieme ad \const{O\_CREAT} la funzione fallisce
4055 qualora un semaforo con lo stesso nome sia già presente.
4057 La funzione restituisce in caso di successo un puntatore all'indirizzo del
4058 semaforo con un valore di tipo \ctyp{sem\_t *}, è questo valore che dovrà
4059 essere passato alle altre funzioni per operare sul semaforo stesso. Si tenga
4060 presente che, come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_generic}, i semafori
4061 usano la semantica standard dei file per quanto riguarda i controlli di
4064 Questo significa che un nuovo semaforo viene sempre creato con l'\ids{UID} ed
4065 il \ids{GID} effettivo del processo chiamante, e che i permessi indicati con
4066 \param{mode} vengono filtrati dal valore della \itindex{umask} \textit{umask}
4067 del processo. Inoltre per poter aprire un semaforo è necessario avere su di
4068 esso sia il permesso di lettura che quello di scrittura.
4070 Una volta che si sia ottenuto l'indirizzo di un semaforo, sarà possibile
4071 utilizzarlo; se si ricorda quanto detto all'inizio di
4072 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}, dove si sono introdotti i concetti generali
4073 relativi ai semafori, le operazioni principali sono due, quella che richiede
4074 l'uso di una risorsa bloccando il semaforo e quella che rilascia la risorsa
4075 liberando il semaforo. La prima operazione è effettuata dalla funzione
4076 \funcd{sem\_wait}, il cui prototipo è:
4078 \headdecl{semaphore.h}
4080 \funcdecl{int sem\_wait(sem\_t *sem)}
4082 Blocca il semaforo \param{sem}.
4084 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4085 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4087 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
4088 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4093 La funzione cerca di decrementare il valore del semaforo indicato dal
4094 puntatore \param{sem}, se questo ha un valore positivo, cosa che significa che
4095 la risorsa è disponibile, la funzione ha successo, il valore del semaforo
4096 viene diminuito di 1 ed essa ritorna immediatamente; se il valore è nullo la
4097 funzione si blocca fintanto che il valore del semaforo non torni
4098 positivo\footnote{ovviamente per opera di altro processo che lo rilascia
4099 chiamando \func{sem\_post}.} così che poi essa possa decrementarlo con
4100 successo e proseguire.
4102 Si tenga presente che la funzione può sempre essere interrotta da un segnale
4103 (nel qual caso si avrà un errore di \const{EINTR}) e che questo avverrà
4104 comunque, anche se si è richiesta la semantica BSD installando il relativo
4105 gestore con \const{SA\_RESTART} (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) per
4106 riavviare le system call interrotte.
4108 Della funzione \func{sem\_wait} esistono due varianti che consentono di
4109 gestire diversamente le modalità di attesa in caso di risorsa occupata, la
4110 prima di queste è \funcd{sem\_trywait}, che serve ad effettuare un tentativo
4111 di acquisizione senza bloccarsi; il suo prototipo è:
4113 \headdecl{semaphore.h}
4115 \funcdecl{int sem\_trywait(sem\_t *sem)}
4117 Tenta di bloccare il semaforo \param{sem}.
4119 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4120 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori:
4122 \item[\errcode{EAGAIN}] il semaforo non può essere acquisito senza
4124 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4129 La funzione è identica a \func{sem\_wait} ed se la risorsa è libera ha lo
4130 stesso effetto, vale a dire che in caso di semaforo diverso da zero la
4131 funzione lo decrementa e ritorna immediatamente; la differenza è che nel caso
4132 in cui il semaforo è occupato essa non si blocca e di nuovo ritorna
4133 immediatamente, restituendo però un errore di \errval{EAGAIN}, così che il
4134 programma possa proseguire.
4136 La seconda variante di \func{sem\_wait} è una estensione specifica che può
4137 essere utilizzata soltanto se viene definita la macro \macro{\_XOPEN\_SOURCE}
4138 ad un valore di 600 prima di includere \headfile{semaphore.h}, la funzione è
4139 \funcd{sem\_timedwait}, ed il suo prototipo è:
4141 \headdecl{semaphore.h}
4143 \funcdecl{int sem\_timedwait(sem\_t *sem, const struct timespec
4146 Blocca il semaforo \param{sem}.
4148 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4149 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori:
4151 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] è scaduto il tempo massimo di attesa.
4152 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4153 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
4158 Anche in questo caso il comportamento della funzione è identico a quello di
4159 \func{sem\_wait}, la sola differenza consiste nel fatto che con questa
4160 funzione è possibile impostare tramite l'argomento \param{abs\_timeout} un
4161 tempo limite per l'attesa, scaduto il quale la funzione ritorna comunque,
4162 anche se non è possibile acquisire il semaforo. In tal caso la funzione
4163 fallirà, riportando un errore di \errval{ETIMEDOUT}.
4165 La seconda funzione principale utilizzata per l'uso dei semafori è
4166 \funcd{sem\_post}, che viene usata per rilasciare un semaforo occupato o, in
4167 generale, per aumentare di una unità il valore dello stesso anche qualora non
4168 fosse occupato;\footnote{si ricordi che in generale un semaforo viene usato
4169 come indicatore di un numero di risorse disponibili.} il suo prototipo è:
4171 \headdecl{semaphore.h}
4173 \funcdecl{int sem\_post(sem\_t *sem)}
4175 Rilascia il semaforo \param{sem}.
4177 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4178 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4180 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4185 La funzione incrementa di uno il valore corrente del semaforo indicato
4186 dall'argomento \param{sem}, se questo era nullo la relativa risorsa risulterà
4187 sbloccata, cosicché un altro processo (o \itindex{thread} \textit{thread})
4188 eventualmente bloccato in una \func{sem\_wait} sul semaforo potrà essere
4189 svegliato e rimesso in esecuzione. Si tenga presente che la funzione è sicura
4190 \index{funzioni!sicure} per l'uso all'interno di un gestore di segnali (si
4191 ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:sig_signal_handler}).
4193 Se invece di operare su un semaforo se ne vuole solamente leggere il valore,
4194 si può usare la funzione \funcd{sem\_getvalue}, il cui prototipo è:
4196 \headdecl{semaphore.h}
4198 \funcdecl{int sem\_getvalue(sem\_t *sem, int *sval)}
4200 Richiede il valore del semaforo \param{sem}.
4202 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4203 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4205 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4210 La funzione legge il valore del semaforo indicato dall'argomento \param{sem} e
4211 lo restituisce nella variabile intera puntata dall'argomento
4212 \param{sval}. Qualora ci siano uno o più processi bloccati in attesa sul
4213 semaforo lo standard prevede che la funzione possa restituire un valore nullo
4214 oppure il numero di processi bloccati in una \func{sem\_wait} sul suddetto
4215 semaforo; nel caso di Linux vale la prima opzione.
4217 Questa funzione può essere utilizzata per avere un suggerimento sullo stato di
4218 un semaforo, ovviamente non si può prendere il risultato riportato in
4219 \param{sval} che come indicazione, il valore del semaforo infatti potrebbe
4220 essere già stato modificato al ritorno della funzione.
4222 % TODO verificare comportamento sem_getvalue
4224 Una volta che non ci sia più la necessità di operare su un semaforo se ne può
4225 terminare l'uso con la funzione \funcd{sem\_close}, il cui prototipo è:
4227 \headdecl{semaphore.h}
4229 \funcdecl{int sem\_close(sem\_t *sem)}
4231 Chiude il semaforo \param{sem}.
4233 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4234 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4236 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4241 La funzione chiude il semaforo indicato dall'argomento \param{sem}; questo
4242 comporta che tutte le risorse che il sistema può avere assegnato al processo
4243 nell'uso dello stesso vengono rilasciate. Questo significa che un altro
4244 processo bloccato sul semaforo a causa della acquisizione da parte del
4245 processo che chiama \func{sem\_close} potrà essere riavviato.
4247 Si tenga presente poi che come per i file all'uscita di un processo tutti i
4248 semafori che questo aveva aperto vengono automaticamente chiusi; questo
4249 comportamento risolve il problema che si aveva con i semafori del \textit{SysV
4250 IPC} (di cui si è parlato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}) per i quali le
4251 risorse possono restare bloccate. Si tenga poi presente che, a differenza di
4252 quanto avviene per i file, in caso di una chiamata ad \func{execve} tutti i
4253 semafori vengono chiusi automaticamente.
4255 Come per i semafori del \textit{SysV IPC} anche quelli POSIX hanno una
4256 persistenza di sistema; questo significa che una volta che si è creato un
4257 semaforo con \func{sem\_open} questo continuerà ad esistere fintanto che il
4258 kernel resta attivo (vale a dire fino ad un successivo riavvio) a meno che non
4259 lo si cancelli esplicitamente. Per far questo si può utilizzare la funzione
4260 \funcd{sem\_unlink}, il cui prototipo è:
4262 \headdecl{semaphore.h}
4264 \funcdecl{int sem\_unlink(const char *name)}
4266 Rimuove il semaforo \param{name}.
4268 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4269 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4271 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i permessi necessari a cancellare il
4273 \item[\errcode{ENAMETOOLONG}] il nome indicato è troppo lungo.
4274 \item[\errcode{ENOENT}] il semaforo \param{name} non esiste.
4279 La funzione rimuove il semaforo indicato dall'argomento \param{name}, che
4280 prende un valore identico a quello usato per creare il semaforo stesso con
4281 \func{sem\_open}. Il semaforo viene rimosso dal filesystem immediatamente; ma
4282 il semaforo viene effettivamente cancellato dal sistema soltanto quando tutti
4283 i processi che lo avevano aperto lo chiudono. Si segue cioè la stessa
4284 semantica usata con \func{unlink} per i file, trattata in dettaglio in
4285 sez.~\ref{sec:link_symlink_rename}.
4287 Una delle caratteristiche peculiari dei semafori POSIX è che questi possono
4288 anche essere utilizzati anche in forma anonima, senza necessità di fare
4289 ricorso ad un nome sul filesystem o ad altri indicativi. In questo caso si
4290 dovrà porre la variabile che contiene l'indirizzo del semaforo in un tratto di
4291 memoria che sia accessibile a tutti i processi in gioco. La funzione che
4292 consente di inizializzare un semaforo anonimo è \funcd{sem\_init}, il cui
4295 \headdecl{semaphore.h}
4297 \funcdecl{int sem\_init(sem\_t *sem, int pshared, unsigned int value)}
4299 Inizializza il semaforo anonimo \param{sem}.
4301 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4302 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4304 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
4305 \const{SEM\_VALUE\_MAX}.
4306 \item[\errcode{ENOSYS}] il valore di \param{pshared} non è nullo ed il
4307 sistema non supporta i semafori per i processi.
4312 La funzione inizializza un semaforo all'indirizzo puntato dall'argomento
4313 \param{sem}, e come per \func{sem\_open} consente di impostare un valore
4314 iniziale con \param{value}. L'argomento \param{pshared} serve ad indicare se
4315 il semaforo deve essere utilizzato dai \itindex{thread} \textit{thread} di uno
4316 stesso processo (con un valore nullo) o condiviso fra processi diversi (con un
4319 Qualora il semaforo debba essere condiviso dai \itindex{thread}
4320 \textit{thread} di uno stesso processo (nel qual caso si parla di
4321 \textit{thread-shared semaphore}), occorrerà che \param{sem} sia l'indirizzo
4322 di una variabile visibile da tutti i \itindex{thread} \textit{thread}, si
4323 dovrà usare cioè una \index{variabili!globali} variabile globale o una
4324 variabile allocata dinamicamente nello \itindex{heap} \textit{heap}.
4326 Qualora il semaforo debba essere condiviso fra più processi (nel qual caso si
4327 parla di \textit{process-shared semaphore}) la sola scelta possibile per
4328 renderlo visibile a tutti è di porlo in un tratto di memoria condivisa. Questo
4329 potrà essere ottenuto direttamente sia con \func{shmget} (vedi
4330 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm}) che con \func{shm\_open} (vedi
4331 sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm}), oppure, nel caso che tutti i processi in gioco
4332 abbiano un genitore comune, con una mappatura anonima con \func{mmap} (vedi
4333 sez.~\ref{sec:file_memory_map}),\footnote{si ricordi che i tratti di memoria
4334 condivisa vengono mantenuti nei processi figli attraverso la funzione
4335 \func{fork}.} a cui essi poi potranno accedere.
4337 Una volta inizializzato il semaforo anonimo con \func{sem\_init} lo si potrà
4338 utilizzare nello stesso modo dei semafori normali con \func{sem\_wait} e
4339 \func{sem\_post}. Si tenga presente però che inizializzare due volte lo stesso
4340 semaforo può dar luogo ad un comportamento indefinito.
4342 Una volta che non si intenda più utilizzare un semaforo anonimo questo può
4343 essere eliminato dal sistema; per far questo di deve utilizzare una apposita
4344 funzione, \funcd{sem\_destroy}, il cui prototipo è:
4346 \headdecl{semaphore.h}
4348 \funcdecl{int sem\_destroy(sem\_t *sem)}
4350 Elimina il semaforo anonimo \param{sem}.
4352 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4353 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4355 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
4356 \const{SEM\_VALUE\_MAX}.
4361 La funzione prende come unico argomento l'indirizzo di un semaforo che deve
4362 essere stato inizializzato con \func{sem\_init}; non deve quindi essere
4363 applicata a semafori creati con \func{sem\_open}. Inoltre si deve essere
4364 sicuri che il semaforo sia effettivamente inutilizzato, la distruzione di un
4365 semaforo su cui sono presenti processi (o \itindex{thread} \textit{thread}) in
4366 attesa (cioè bloccati in una \func{sem\_wait}) provoca un comportamento
4369 Si tenga presente infine che utilizzare un semaforo che è stato distrutto con
4370 \func{sem\_destroy} di nuovo può dare esito a comportamenti indefiniti. Nel
4371 caso ci si trovi in una tale evenienza occorre reinizializzare il semaforo una
4372 seconda volta con \func{sem\_init}.
4374 Come esempio di uso sia della memoria condivisa che dei semafori POSIX si sono
4375 scritti due semplici programmi con i quali è possibile rispettivamente
4376 monitorare il contenuto di un segmento di memoria condivisa e modificarne il
4379 \begin{figure}[!htbp]
4380 \footnotesize \centering
4381 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4382 \includecodesample{listati/message_getter.c}
4385 \caption{Sezione principale del codice del programma
4386 \file{message\_getter.c}.}
4387 \label{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server}
4390 Il corpo principale del primo dei due, il cui codice completo è nel file
4391 \file{message\_getter.c} dei sorgenti allegati, è riportato in
4392 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server}; si è tralasciata la parte che
4393 tratta la gestione delle opzioni a riga di comando (che consentono di
4394 impostare un nome diverso per il semaforo e il segmento di memoria condivisa)
4395 ed il controllo che al programma venga fornito almeno un argomento, contenente
4396 la stringa iniziale da inserire nel segmento di memoria condivisa.
4398 Lo scopo del programma è quello di creare un segmento di memoria condivisa su
4399 cui registrare una stringa, e tenerlo sotto osservazione stampando la stessa
4400 una volta al secondo. Si utilizzerà un semaforo per proteggere l'accesso in
4401 lettura alla stringa, in modo che questa non possa essere modificata
4402 dall'altro programma prima di averla finita di stampare.
4404 La parte iniziale del programma contiene le definizioni (\texttt{\small 1--8})
4405 del gestore del segnale usato per liberare le risorse utilizzate, delle
4406 \index{variabili!globali} variabili globali contenenti i nomi di default del
4407 segmento di memoria condivisa e del semaforo (il default scelto è
4408 \texttt{messages}), e delle altre variabili utilizzate dal programma.
4410 Come prima istruzione (\texttt{\small 10}) si è provveduto ad installare un
4411 gestore di segnale che consentirà di effettuare le operazioni di pulizia
4412 (usando la funzione \func{Signal} illustrata in
4413 fig.~\ref{fig:sig_Signal_code}), dopo di che (\texttt{\small 10--16}) si è
4414 creato il segmento di memoria condivisa con la funzione \func{CreateShm} che
4415 abbiamo appena trattato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm}, uscendo con un
4416 messaggio in caso di errore.
4418 Si tenga presente che la funzione \func{CreateShm} richiede che il segmento
4419 non sia già presente e fallirà qualora un'altra istanza, o un altro programma
4420 abbia già allocato un segmento con quello stesso nome. Per semplicità di
4421 gestione si è usata una dimensione fissa pari a 256 byte, definita tramite la
4422 costante \texttt{MSGMAXSIZE}.
4424 Il passo successivo (\texttt{\small 17--21}) è quello della creazione del
4425 semaforo che regola l'accesso al segmento di memoria condivisa con
4426 \func{sem\_open}; anche in questo caso si gestisce l'uscita con stampa di un
4427 messaggio in caso di errore. Anche per il semaforo, avendo specificato la
4428 combinazione di flag \code{O\_CREAT|O\_EXCL} come secondo argomento, si esce
4429 qualora fosse già esistente; altrimenti esso verrà creato con gli opportuni
4430 permessi specificati dal terzo argomento, (indicante lettura e scrittura in
4431 notazione ottale). Infine il semaforo verrà inizializzato ad un valore nullo
4432 (il quarto argomento), corrispondete allo stato in cui risulta bloccato.
4434 A questo punto (\texttt{\small 23}) si potrà inizializzare il messaggio posto
4435 nel segmento di memoria condivisa usando la stringa passata come argomento al
4436 programma. Essendo il semaforo stato creato già bloccato non ci si dovrà
4437 preoccupare di eventuali \itindex{race~condition} \textit{race condition}
4438 qualora il programma di modifica del messaggio venisse lanciato proprio in
4439 questo momento. Una volta inizializzato il messaggio occorrerà però
4440 rilasciare il semaforo (\texttt{\small 25--28}) per consentirne l'uso; in
4441 tutte queste operazioni si provvederà ad uscire dal programma con un opportuno
4442 messaggio in caso di errore.
4444 Una volta completate le inizializzazioni il ciclo principale del programma
4445 (\texttt{\small 29--47}) viene ripetuto indefinitamente (\texttt{\small 29})
4446 per stampare sia il contenuto del messaggio che una serie di informazioni di
4447 controllo. Il primo passo (\texttt{\small 30--34}) è quello di acquisire (con
4448 \func{sem\_getvalue}, con uscita in caso di errore) e stampare il valore del
4449 semaforo ad inizio del ciclo; seguito (\texttt{\small 35--36}) dal tempo
4452 \begin{figure}[!htbp]
4453 \footnotesize \centering
4454 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4455 \includecodesample{listati/HandSigInt.c}
4458 \caption{Codice del gestore di segnale del programma
4459 \file{message\_getter.c}.}
4460 \label{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server_handler}
4463 Prima della stampa del messaggio invece si deve acquisire il semaforo
4464 (\texttt{\small 31--34}) per evitare accessi concorrenti alla stringa da parte
4465 del programma di modifica. Una volta eseguita la stampa (\texttt{\small 41})
4466 il semaforo dovrà essere rilasciato (\texttt{\small 42--45}). Il passo finale
4467 (\texttt{\small 46}) è attendere per un secondo prima di eseguire da capo il
4470 Per uscire in maniera corretta dal programma sarà necessario interromperlo con
4471 il break da tastiera (\texttt{C-c}), che corrisponde all'invio del segnale
4472 \signal{SIGINT}, per il quale si è installato (\texttt{\small 10}) una
4473 opportuna funzione di gestione, riportata in
4474 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server_handler}. La funzione è molto
4475 semplice e richiama le funzioni di rimozione sia per il segmento di memoria
4476 condivisa che per il semaforo, garantendo così che possa essere riaperto
4477 ex-novo senza errori in un futuro riutilizzo del comando.
4479 \begin{figure}[!htbp]
4480 \footnotesize \centering
4481 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4482 \includecodesample{listati/message_setter.c}
4485 \caption{Sezione principale del codice del programma
4486 \file{message\_setter.c}.}
4487 \label{fig:ipc_posix_sem_shm_message_setter}
4490 Il secondo programma di esempio è \file{message\_setter.c}, di cui si è
4491 riportato il corpo principale in
4492 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_setter},\footnote{al solito il codice
4493 completo è nel file dei sorgenti allegati.} dove si è tralasciata, non
4494 essendo significativa per quanto si sta trattando, la parte relativa alla
4495 gestione delle opzioni a riga di comando e degli argomenti, che sono identici
4496 a quelli usati da \file{message\_getter}, con l'unica aggiunta di un'opzione
4497 ``\texttt{-t}'' che consente di indicare un tempo di attesa (in secondi) in
4498 cui il programma si ferma tenendo bloccato il semaforo.
4500 Una volta completata la gestione delle opzioni e degli argomenti (ne deve
4501 essere presente uno solo, contenente la nuova stringa da usare come
4502 messaggio), il programma procede (\texttt{\small 10--14}) con l'acquisizione
4503 del segmento di memoria condivisa usando la funzione \func{FindShm} (trattata
4504 in sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm}) che stavolta deve già esistere. Il passo
4505 successivo (\texttt{\small 16--19}) è quello di aprire il semaforo, e a
4506 differenza di \file{message\_getter}, in questo caso si richiede a
4507 \func{sem\_open} che questo esista, passando uno zero come secondo ed unico
4510 Una volta completate con successo le precedenti inizializzazioni, il passo
4511 seguente (\texttt{\small 21--24}) è quello di acquisire il semaforo, dopo di
4512 che sarà possibile eseguire la sostituzione del messaggio (\texttt{\small 25})
4513 senza incorrere in possibili \itindex{race~condition} \textit{race condition}
4514 con la stampa dello stesso da parte di \file{message\_getter}.
4516 Una volta effettuata la modifica viene stampato (\texttt{\small 26}) il tempo
4517 di attesa impostato con l'opzione ``\texttt{-t}'' dopo di che (\texttt{\small
4518 27}) viene eseguita la stessa, senza rilasciare il semaforo che resterà
4519 quindi bloccato (causando a questo punto una interruzione delle stampe
4520 eseguite da \file{message\_getter}). Terminato il tempo di attesa si rilascerà
4521 (\texttt{\small 29--32}) il semaforo per poi uscire.
4523 Per verificare il funzionamento dei programmi occorrerà lanciare per primo
4524 \file{message\_getter}\footnote{lanciare per primo \file{message\_setter} darà
4525 luogo ad un errore, non essendo stati creati il semaforo ed il segmento di
4526 memoria condivisa.} che inizierà a stampare una volta al secondo il
4527 contenuto del messaggio ed i suoi dati, con qualcosa del tipo:
4529 piccardi@hain:~/gapil/sources$ ./message_getter messaggio
4530 sem=1, Fri Dec 31 14:12:41 2010
4532 sem=1, Fri Dec 31 14:12:42 2010
4537 proseguendo indefinitamente fintanto che non si prema \texttt{C-c} per farlo
4538 uscire. Si noti come il valore del semaforo risulti sempre pari ad 1 (in
4539 quanto al momento esso sarà sempre libero).
4541 A questo punto si potrà lanciare \file{message\_setter} per cambiare il
4542 messaggio, nel nostro caso per rendere evidente il funzionamento del blocco
4543 richiederemo anche una attesa di 3 secondi, ed otterremo qualcosa del tipo:
4545 piccardi@hain:~/gapil/sources$ ./message_setter -t 3 ciao
4546 Sleeping for 3 seconds
4549 dove il programma si fermerà per 3 secondi prima di rilasciare il semaforo e
4552 L'effetto di questo programma si potrà però apprezzare meglio nell'uscita di
4553 \file{message\_getter}, che verrà interrotta per questo stesso tempo, prima di
4554 ricominciare con il nuovo testo:
4557 sem=1, Fri Dec 31 14:16:27 2010
4559 sem=1, Fri Dec 31 14:16:28 2010
4561 sem=0, Fri Dec 31 14:16:29 2010
4563 sem=1, Fri Dec 31 14:16:32 2010
4565 sem=1, Fri Dec 31 14:16:33 2010
4571 E si noterà come nel momento in cui si è lanciato \file{message\_setter} le
4572 stampe di \file{message\_getter} si bloccheranno, come corretto, dopo aver
4573 registrato un valore nullo per il semaforo. Il programma infatti resterà
4574 bloccato nella \func{sem\_wait} (quella di riga (\texttt{\small 37}) in
4575 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server}) fino alla scadenza
4576 dell'attesa di \file{message\_setter} (con l'esecuzione della \func{sem\_post}
4577 della riga (\texttt{\small 29}) di
4578 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_setter}), e riprenderanno con il nuovo
4579 testo alla terminazione di quest'ultimo.
4582 % LocalWords: like fifo System POSIX RPC Calls Common Object Request Brocker
4583 % LocalWords: Architecture descriptor kernel unistd int filedes errno EMFILE
4584 % LocalWords: ENFILE EFAULT BUF sez fig fork Stevens siblings EOF read SIGPIPE
4585 % LocalWords: EPIPE shell CGI Gateway Interface HTML JPEG URL mime type gs dup
4586 % LocalWords: barcode PostScript race condition stream BarCodePage WriteMess
4587 % LocalWords: size PS switch wait popen pclose stdio const char command NULL
4588 % LocalWords: EINVAL cap fully buffered Ghostscript l'Encapsulated epstopsf of
4589 % LocalWords: PDF EPS lseek ESPIPE PPM Portable PixMap format pnmcrop PNG pnm
4590 % LocalWords: pnmmargin png BarCode inode filesystem l'inode mknod mkfifo RDWR
4591 % LocalWords: ENXIO deadlock client reinviate fortunes fortunefilename daemon
4592 % LocalWords: FortuneServer FortuneParse FortuneClient pid libgapil LD librt
4593 % LocalWords: PATH linker pathname ps tmp killall fortuned crash socket domain
4594 % LocalWords: socketpair BSD sys protocol sv EAFNOSUPPORT EPROTONOSUPPORT AF
4595 % LocalWords: EOPNOTSUPP SOCK SysV IPC Process Comunication ipc perm key exec
4596 % LocalWords: header ftok proj stat libc SunOS glibc XPG dell'inode number uid
4597 % LocalWords: cuid cgid gid tab MSG shift group umask seq MSGMNI SEMMNI SHMMNI
4598 % LocalWords: shmmni msgmni sem sysctl IPCMNI IPCTestId msgget EACCES EEXIST
4599 % LocalWords: CREAT EXCL EIDRM ENOENT ENOSPC ENOMEM novo proc MSGMAX msgmax ds
4600 % LocalWords: MSGMNB msgmnb linked list msqid msgid linux msg qnum lspid lrpid
4601 % LocalWords: rtime ctime qbytes first last cbytes msgctl semctl shmctl ioctl
4602 % LocalWords: cmd struct buf EPERM RMID msgsnd msgbuf msgp msgsz msgflg EAGAIN
4603 % LocalWords: NOWAIT EINTR mtype mtext long message sizeof LENGTH ts sleep BIG
4604 % LocalWords: msgrcv ssize msgtyp NOERROR EXCEPT ENOMSG multiplexing select ls
4605 % LocalWords: poll polling queue MQFortuneServer write init HandSIGTERM l'IPC
4606 % LocalWords: MQFortuneClient mqfortuned mutex risorse' inter semaphore semget
4607 % LocalWords: nsems SEMMNS SEMMSL semid otime semval sempid semncnt semzcnt nr
4608 % LocalWords: SEMVMX SEMOPM semop SEMMNU SEMUME SEMAEM semnum union semun arg
4609 % LocalWords: ERANGE SETALL SETVAL GETALL array GETNCNT GETPID GETVAL GETZCNT
4610 % LocalWords: sembuf sops unsigned nsops UNDO flg nsop num undo pending semadj
4611 % LocalWords: sleeper scheduler running next semundo MutexCreate semunion lock
4612 % LocalWords: MutexFind wrapper MutexRead MutexLock MutexUnlock unlock locking
4613 % LocalWords: MutexRemove shmget SHMALL SHMMAX SHMMIN shmid shm segsz atime FD
4614 % LocalWords: dtime lpid cpid nattac shmall shmmax SHMLBA SHMSEG EOVERFLOW brk
4615 % LocalWords: memory shmat shmdt void shmaddr shmflg SVID RND RDONLY rounded
4616 % LocalWords: SIGSEGV nattch exit SharedMem ShmCreate memset fill ShmFind home
4617 % LocalWords: ShmRemove DirMonitor DirProp chdir GaPiL shmptr ipcs NFS
4618 % LocalWords: ComputeValues ReadMonitor touch SIGTERM dirmonitor unlink fcntl
4619 % LocalWords: LockFile UnlockFile CreateMutex FindMutex LockMutex SETLKW GETLK
4620 % LocalWords: UnlockMutex RemoveMutex ReadMutex UNLCK WRLCK RDLCK mapping MAP
4621 % LocalWords: SHARED ANONYMOUS thread patch names strace system call userid Di
4622 % LocalWords: groupid Michal Wronski Krzysztof Benedyczak wrona posix mqueue
4623 % LocalWords: lmqueue gcc mount mqd name oflag attr maxmsg msgsize receive ptr
4624 % LocalWords: send WRONLY NONBLOCK close mqdes EBADF getattr setattr mqstat to
4625 % LocalWords: omqstat curmsgs flags timedsend len prio timespec abs EMSGSIZE
4626 % LocalWords: ETIMEDOUT timedreceive getaddr notify sigevent notification l'I
4627 % LocalWords: EBUSY sigev SIGNAL signo value sigval siginfo all'userid MESGQ
4628 % LocalWords: Konstantin Knizhnik futex tmpfs ramfs cache shared swap CONFIG
4629 % LocalWords: lrt blocks PAGECACHE TRUNC CLOEXEC mmap ftruncate munmap FindShm
4630 % LocalWords: CreateShm RemoveShm LIBRARY Library libmqueue FAILED has
4631 % LocalWords: ENAMETOOLONG qualchenome RESTART trywait XOPEN SOURCE timedwait
4632 % LocalWords: process getvalue sval execve pshared ENOSYS heap PAGE destroy it
4633 % LocalWords: xffffffff Arrays owner perms Queues used bytes messages device
4634 % LocalWords: Cannot find such Segments getter Signal MSGMAXSIZE been stable
4635 % LocalWords: for now it's break Berlin sources Let's an accidental feature
4636 % LocalWords: Larry Wall Escape the Hell William ipctestid Identifier segment
4637 % LocalWords: violation dell'I SIGINT setter Fri Dec Sleeping seconds
4640 %%% Local Variables:
4642 %%% TeX-master: "gapil"