+La funzione ripristina il contesto dello \itindex{stack} \textit{stack}
+salvato da una chiamata a \func{setjmp} nell'argomento \param{env}. Dopo
+l'esecuzione della funzione il programma prosegue nel codice successivo al
+ritorno della \func{setjmp} con cui si era salvato \param{env}, che restituirà
+il valore
+\param{val} invece di zero. Il valore di \param{val} specificato nella
+chiamata deve essere diverso da zero, se si è specificato 0 sarà comunque
+restituito 1 al suo posto.
+
+In sostanza un \func{longjmp} è analogo ad un \code{return}, solo che invece
+di ritornare alla riga successiva della funzione chiamante, il programma
+ritorna alla posizione della relativa \func{setjmp}, l'altra differenza è che
+il ritorno può essere effettuato anche attraverso diversi livelli di funzioni
+annidate.
+
+L'implementazione di queste funzioni comporta alcune restrizioni dato che esse
+interagiscono direttamente con la gestione dello \itindex{stack}
+\textit{stack} ed il funzionamento del compilatore stesso. In particolare
+\func{setjmp} è implementata con una macro, pertanto non si può cercare di
+ottenerne l'indirizzo, ed inoltre delle chiamate a questa funzione sono sicure
+solo in uno dei seguenti casi:
+\begin{itemize*}
+\item come espressione di controllo in un comando condizionale, di selezione
+ o di iterazione (come \code{if}, \code{switch} o \code{while});
+\item come operando per un operatore di uguaglianza o confronto in una
+ espressione di controllo di un comando condizionale, di selezione o di
+ iterazione;
+\item come operando per l'operatore di negazione (\code{!}) in una espressione
+ di controllo di un comando condizionale, di selezione o di iterazione;
+\item come espressione a sé stante.
+\end{itemize*}
+
+In generale, dato che l'unica differenza fra la chiamata diretta e quella
+ottenuta nell'uscita con un \func{longjmp} è costituita dal valore di ritorno
+di \func{setjmp}, quest'ultima usualmente viene chiamata all'interno di un
+comando \code{if}.
+
+Uno dei punti critici dei salti non-locali è quello del valore delle
+variabili, ed in particolare quello delle variabili automatiche della funzione
+a cui si ritorna. In generale le variabili globali e statiche mantengono i
+valori che avevano al momento della chiamata di \func{longjmp}, ma quelli
+delle variabili automatiche (o di quelle dichiarate
+\direct{register}\footnote{la direttiva \direct{register} del compilatore
+ chiede che la variabile dichiarata tale sia mantenuta, nei limiti del
+ possibile, all'interno di un registro del processore. Questa direttiva è
+ originaria dell'epoca dai primi compilatori, quando stava al programmatore
+ scrivere codice ottimizzato, riservando esplicitamente alle variabili più
+ usate l'uso dei registri del processore. Oggi questa direttiva è in disuso
+ dato che tutti i compilatori sono normalmente in grado di valutare con
+ maggior efficacia degli stessi programmatori quando sia il caso di eseguire
+ questa ottimizzazione.}) sono in genere indeterminati.
+
+Quello che succede infatti è che i valori delle variabili che sono tenute in
+memoria manterranno il valore avuto al momento della chiamata di
+\func{longjmp}, mentre quelli tenuti nei registri del processore (che nella
+chiamata ad un'altra funzione vengono salvati nel contesto nello
+\itindex{stack} \textit{stack}) torneranno al valore avuto al momento della
+chiamata di \func{setjmp}; per questo quando si vuole avere un comportamento
+coerente si può bloccare l'ottimizzazione che porta le variabili nei registri
+dichiarandole tutte come \direct{volatile}.\footnote{la direttiva
+ \direct{volatile} informa il compilatore che la variabile che è dichiarata
+ può essere modificata, durante l'esecuzione del nostro, da altri programmi.
+ Per questo motivo occorre dire al compilatore che non deve essere mai
+ utilizzata l'ottimizzazione per cui quanto opportuno essa viene mantenuta in
+ un registro, poiché in questo modo si perderebbero le eventuali modifiche
+ fatte dagli altri programmi (che avvengono solo in una copia posta in
+ memoria).}
+
+\index{salto~non-locale|)}
+
+
+\subsection{La \textit{endianess}}
+\label{sec:sock_endianess}
+
+\itindbeg{endianess}
+
+Uno dei problemi di programmazione che può dar luogo ad effetti imprevisti è
+quello relativo alla cosiddetta \textit{endianess}. Questa è una
+caratteristica generale dell'architettura hardware di un computer che dipende
+dal fatto che la rappresentazione di un numero binario può essere fatta in due
+modi, chiamati rispettivamente \textit{big endian} e \textit{little endian} a
+seconda di come i singoli bit vengono aggregati per formare le variabili
+intere (ed in genere in diretta corrispondenza a come sono poi in realtà
+cablati sui bus interni del computer).
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \centering \includegraphics[height=3cm]{img/endianess}
+ \caption{Schema della disposizione dei dati in memoria a seconda della
+ \textit{endianess}.}
+ \label{fig:sock_endianess}
+\end{figure}
+
+Per capire meglio il problema si consideri un intero a 32 bit scritto in una
+locazione di memoria posta ad un certo indirizzo. Come illustrato in
+fig.~\ref{fig:sock_endianess} i singoli bit possono essere disposti in memoria
+in due modi: a partire dal più significativo o a partire dal meno
+significativo. Così nel primo caso si troverà il byte che contiene i bit più
+significativi all'indirizzo menzionato e il byte con i bit meno significativi
+nell'indirizzo successivo; questo ordinamento è detto \textit{big endian},
+dato che si trova per prima la parte più grande. Il caso opposto, in cui si
+parte dal bit meno significativo è detto per lo stesso motivo \textit{little
+ endian}.
+
+Si può allora verificare quale tipo di \textit{endianess} usa il proprio
+computer con un programma elementare che si limita ad assegnare un valore ad
+una variabile per poi ristamparne il contenuto leggendolo un byte alla volta.
+Il codice di detto programma, \file{endtest.c}, è nei sorgenti allegati,
+allora se lo eseguiamo su un normale PC compatibile, che è \textit{little
+ endian} otterremo qualcosa del tipo:
+\begin{verbatim}
+[piccardi@gont sources]$ ./endtest
+Using value ABCDEF01
+val[0]= 1
+val[1]=EF
+val[2]=CD
+val[3]=AB
+\end{verbatim}%$
+mentre su un vecchio Macintosh con PowerPC, che è \textit{big endian} avremo
+qualcosa del tipo:
+\begin{verbatim}
+piccardi@anarres:~/gapil/sources$ ./endtest
+Using value ABCDEF01
+val[0]=AB
+val[1]=CD
+val[2]=EF
+val[3]= 1
+\end{verbatim}%$
+
+L'attenzione alla \textit{endianess} nella programmazione è importante, perché
+se si fanno assunzioni relative alla propria architettura non è detto che
+queste restino valide su un'altra architettura. Inoltre, come vedremo ad
+esempio in sez.~\ref{sec:sock_addr_func}, si possono avere problemi quando ci
+si trova a usare valori di un formato con una infrastruttura che ne usa
+un altro.
+
+La \textit{endianess} di un computer dipende essenzialmente dalla architettura
+hardware usata; Intel e Digital usano il \textit{little endian}, Motorola,
+IBM, Sun (sostanzialmente tutti gli altri) usano il \textit{big endian}. Il
+formato dei dati contenuti nelle intestazioni dei protocolli di rete (il
+cosiddetto \textit{network order} è anch'esso \textit{big endian}; altri
+esempi di uso di questi due diversi formati sono quello del bus PCI, che è
+\textit{little endian}, o quello del bus VME che è \textit{big endian}.
+
+Esistono poi anche dei processori che possono scegliere il tipo di formato
+all'avvio e alcuni che, come il PowerPC o l'Intel i860, possono pure passare
+da un tipo di ordinamento all'altro con una specifica istruzione. In ogni caso
+in Linux l'ordinamento è definito dall'architettura e dopo l'avvio del sistema
+in genere resta sempre lo stesso,\footnote{su architettura PowerPC è possibile
+ cambiarlo, si veda sez.~\ref{sec:process_prctl}.} anche quando il processore
+permetterebbe di eseguire questi cambiamenti.
+
+\begin{figure}[!htbp]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
+ \includecodesample{listati/endian.c}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{La funzione \func{endian}, usata per controllare il tipo di
+ architettura della macchina.}
+ \label{fig:sock_endian_code}
+\end{figure}
+
+Per controllare quale tipo di ordinamento si ha sul proprio computer si è
+scritta una piccola funzione di controllo, il cui codice è riportato
+fig.~\ref{fig:sock_endian_code}, che restituisce un valore nullo (falso) se
+l'architettura è \textit{big endian} ed uno non nullo (vero) se l'architettura
+è \textit{little endian}.
+
+Come si vede la funzione è molto semplice, e si limita, una volta assegnato
+(\texttt{\small 9}) un valore di test pari a \texttt{0xABCD} ad una variabile
+di tipo \ctyp{short} (cioè a 16 bit), a ricostruirne una copia byte a byte.
+Per questo prima (\texttt{\small 10}) si definisce il puntatore \var{ptr} per
+accedere al contenuto della prima variabile, ed infine calcola (\texttt{\small
+ 11}) il valore della seconda assumendo che il primo byte sia quello meno
+significativo (cioè, per quanto visto in fig.~\ref{fig:sock_endianess}, che sia
+\textit{little endian}). Infine la funzione restituisce (\texttt{\small 12})
+il valore del confronto delle due variabili.
+\itindend{endianess}
+
+
+
+% LocalWords: like exec kernel thread main ld linux static linker char envp Gb
+% LocalWords: sez POSIX exit system call cap abort shell diff errno stdlib int
+% LocalWords: SUCCESS FAILURE void atexit stream fclose unistd descriptor init
+% LocalWords: SIGCHLD wait function glibc SunOS arg argp execve fig high kb Mb
+% LocalWords: memory alpha swap table printf Unit MMU paging fault SIGSEGV BSS
+% LocalWords: multitasking text segment NULL Block Started Symbol fill black
+% LocalWords: heap stack calling convention size malloc calloc realloc nmemb
+% LocalWords: ENOMEM ptr uClib cfree error leak smartpointers hook Dmalloc brk
+% LocalWords: Gray Watson Electric Fence Bruce Perens sbrk longjmp SUSv BSD ap
+% LocalWords: ptrdiff increment locking lock copy write capabilities IPC mlock
+% LocalWords: capability MEMLOCK limits getpagesize RLIMIT munlock sys const
+% LocalWords: addr len EINVAL EPERM mlockall munlockall flags l'OR CURRENT IFS
+% LocalWords: argc argv parsing questofile txt getopt optstring switch optarg
+% LocalWords: optind opterr optopt ForkTest POSIXLY CORRECT long options NdA
+% LocalWords: option parameter list environ PATH HOME XPG tab LOGNAME LANG PWD
+% LocalWords: TERM PAGER TMPDIR getenv name SVr setenv unsetenv putenv opz gcc
+% LocalWords: clearenv libc value overwrite string reference result argument
+% LocalWords: socket variadic ellipsis header stdarg execl self promoting last
+% LocalWords: float double short register type dest src extern setjmp jmp buf
+% LocalWords: env return if while Di page cdecl rectangle node anchor west PS
+% LocalWords: environment rounded corners dashed south width height draw east
+% LocalWords: exithandler handler violation inline SOURCE SVID XOPEN mincore
+% LocalWords: length unsigned vec EFAULT EAGAIN dell'I memalign valloc posix
+% LocalWords: boundary memptr alignment sizeof overrun mcheck abortfn enum big
+% LocalWords: mprobe DISABLED HEAD TAIL touch right emacs OSTYPE endianess IBM
+% LocalWords: endian little endtest Macintosh PowerPC Intel Digital Motorola
+% LocalWords: Sun order VME