+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15.6cm}
+ \includecodesample{listati/ComputeValues.c}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Codice delle funzioni ausiliarie usate da \file{DirMonitor.c}.}
+ \label{fig:ipc_dirmonitor_sub}
+\end{figure}
+
+Completata l'inizializzazione e la creazione degli oggetti di
+intercomunicazione il programma entra nel ciclo principale (\texttt{\small
+ 40--49}) dove vengono eseguite indefinitamente le attività di monitoraggio.
+Il primo passo (\texttt{\small 41}) è eseguire \func{daemon} per proseguire
+con l'esecuzione in background come si conviene ad un programma demone; si
+noti che si è mantenuta, usando un valore non nullo del primo argomento, la
+directory di lavoro corrente. Una volta che il programma è andato in
+background l'esecuzione prosegue (\texttt{\small 42--48}) all'interno di un
+ciclo infinito: si inizia (\texttt{\small 43}) bloccando il mutex con
+\func{MutexLock} per poter accedere alla memoria condivisa (la funzione si
+bloccherà automaticamente se qualche client sta leggendo), poi (\texttt{\small
+ 44}) si cancellano i valori precedentemente immagazzinati nella memoria
+condivisa con \func{memset}, e si esegue (\texttt{\small 45}) un nuovo calcolo
+degli stessi utilizzando la funzione \func{DirScan}; infine (\texttt{\small
+ 46}) si sblocca il mutex con \func{MutexUnlock}, e si attende
+(\texttt{\small 47}) per il periodo di tempo specificato a riga di comando con
+l'opzione \code{-p} con una \func{sleep}.
+
+Si noti come per il calcolo dei valori da mantenere nella memoria condivisa si
+sia usata ancora una volta la funzione \func{DirScan}, già utilizzata (e
+descritta in dettaglio) in sez.~\ref{sec:file_dir_read}, che ci permette di
+effettuare la scansione delle voci della directory, chiamando per ciascuna di
+esse la funzione \func{ComputeValues}, che esegue tutti i calcoli necessari.
+
+Il codice di quest'ultima è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_sub}.
+Come si vede la funzione (\texttt{\small 2--16}) è molto semplice e si limita
+a chiamare (\texttt{\small 5}) la funzione \func{stat} sul file indicato da
+ciascuna voce, per ottenerne i dati, che poi utilizza per incrementare i vari
+contatori nella memoria condivisa, cui accede grazie alla variabile globale
+\var{shmptr}.
+
+Dato che la funzione è chiamata da \func{DirScan}, si è all'interno del ciclo
+principale del programma, con un mutex acquisito, perciò non è necessario
+effettuare nessun controllo e si può accedere direttamente alla memoria
+condivisa usando \var{shmptr} per riempire i campi della struttura
+\struct{DirProp}; così prima (\texttt{\small 6--7}) si sommano le dimensioni
+dei file ed il loro numero, poi, utilizzando le macro di
+tab.~\ref{tab:file_type_macro}, si contano (\texttt{\small 8--14}) quanti ce
+ne sono per ciascun tipo.
+
+In fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_sub} è riportato anche il codice
+(\texttt{\small 17--23}) del gestore dei segnali di terminazione, usato per
+chiudere il programma. Esso, oltre a provocare l'uscita del programma, si
+incarica anche di cancellare tutti gli oggetti di intercomunicazione non più
+necessari. Per questo anzitutto (\texttt{\small 19}) acquisisce il mutex con
+\func{MutexLock}, per evitare di operare mentre un client sta ancora leggendo
+i dati, dopo di che (\texttt{\small 20}) distacca e rimuove il segmento di
+memoria condivisa usando \func{ShmRemove}. Infine (\texttt{\small 21})
+rimuove il mutex con \func{MutexRemove} ed esce (\texttt{\small 22}).
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15.6 cm}
+ \includecodesample{listati/ReadMonitor.c}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Codice del programma client del monitor delle proprietà di una
+ directory, \file{ReadMonitor.c}.}
+ \label{fig:ipc_dirmonitor_client}
+\end{figure}
+
+Il codice del client usato per leggere le informazioni mantenute nella memoria
+condivisa è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_client}. Al solito si è
+omessa la sezione di gestione delle opzioni e la funzione che stampa a video
+le istruzioni; il codice completo è nei sorgenti allegati, nel file
+\file{ReadMonitor.c}.
+
+Una volta conclusa la gestione delle opzioni a riga di comando il programma
+rigenera (\texttt{\small 7}) con \func{ftok} la stessa chiave usata dal server
+per identificare il segmento di memoria condivisa ed il mutex, poi
+(\texttt{\small 8}) richiede con \func{ShmFind} l'indirizzo della memoria
+condivisa agganciando al contempo il segmento al processo, Infine
+(\texttt{\small 17--20}) con \func{MutexFind} si richiede l'identificatore del
+mutex. Completata l'inizializzazione ed ottenuti i riferimenti agli oggetti
+di intercomunicazione necessari viene eseguito il corpo principale del
+programma (\texttt{\small 21--33}); si comincia (\texttt{\small 22})
+acquisendo il mutex con \func{MutexLock}; qui avviene il blocco del processo
+se la memoria condivisa non è disponibile. Poi (\texttt{\small 23--31}) si
+stampano i vari valori mantenuti nella memoria condivisa attraverso l'uso di
+\var{shmptr}. Infine (\texttt{\small 41}) con \func{MutexUnlock} si rilascia
+il mutex, prima di uscire.
+
+Verifichiamo allora il funzionamento dei nostri programmi; al solito, usando
+le funzioni di libreria occorre definire opportunamente
+\code{LD\_LIBRARY\_PATH}; poi si potrà lanciare il server con:
+\begin{verbatim}
+[piccardi@gont sources]$ ./dirmonitor ./
+\end{verbatim}%$
+ed avendo usato \func{daemon} il comando ritornerà immediatamente. Una volta
+che il server è in esecuzione, possiamo passare ad invocare il client per
+verificarne i risultati, in tal caso otterremo:
+\begin{verbatim}
+[piccardi@gont sources]$ ./readmon
+Ci sono 68 file dati
+Ci sono 3 directory
+Ci sono 0 link
+Ci sono 0 fifo
+Ci sono 0 socket
+Ci sono 0 device a caratteri
+Ci sono 0 device a blocchi
+Totale 71 file, per 489831 byte
+\end{verbatim}%$
+ed un rapido calcolo (ad esempio con \code{ls -a | wc} per contare i file) ci
+permette di verificare che il totale dei file è giusto. Un controllo con
+\cmd{ipcs} ci permette inoltre di verificare la presenza di un segmento di
+memoria condivisa e di un semaforo:
+\begin{verbatim}
+[piccardi@gont sources]$ ipcs
+------ Shared Memory Segments --------
+key shmid owner perms bytes nattch status
+0xffffffff 54067205 piccardi 666 4096 1
+
+------ Semaphore Arrays --------
+key semid owner perms nsems
+0xffffffff 229376 piccardi 666 1
+
+------ Message Queues --------
+key msqid owner perms used-bytes messages
+\end{verbatim}%$
+
+Se a questo punto aggiungiamo un file, ad esempio con \code{touch prova},
+potremo verificare che, passati nel peggiore dei casi almeno 10 secondi (o
+l'eventuale altro intervallo impostato per la rilettura dei dati) avremo:
+\begin{verbatim}
+[piccardi@gont sources]$ ./readmon
+Ci sono 69 file dati
+Ci sono 3 directory
+Ci sono 0 link
+Ci sono 0 fifo
+Ci sono 0 socket
+Ci sono 0 device a caratteri
+Ci sono 0 device a blocchi
+Totale 72 file, per 489887 byte
+\end{verbatim}%$
+
+A questo punto possiamo far uscire il server inviandogli un segnale di
+\const{SIGTERM} con il comando \code{killall dirmonitor}, a questo punto
+ripetendo la lettura, otterremo un errore:
+\begin{verbatim}
+[piccardi@gont sources]$ ./readmon
+Cannot find shared memory: No such file or directory
+\end{verbatim}%$
+e inoltre potremo anche verificare che anche gli oggetti di intercomunicazione
+visti in precedenza sono stati regolarmente cancellati:
+\begin{verbatim}
+[piccardi@gont sources]$ ipcs
+------ Shared Memory Segments --------
+key shmid owner perms bytes nattch status
+
+------ Semaphore Arrays --------
+key semid owner perms nsems
+
+------ Message Queues --------
+key msqid owner perms used-bytes messages
+\end{verbatim}%$
+
+
+
+%% Per capire meglio il funzionamento delle funzioni facciamo ancora una volta
+%% riferimento alle strutture con cui il kernel implementa i segmenti di memoria
+%% condivisa; uno schema semplificato della struttura è illustrato in
+%% fig.~\ref{fig:ipc_shm_struct}.
+
+%% \begin{figure}[htb]
+%% \centering
+%% \includegraphics[width=10cm]{img/shmstruct}
+%% \caption{Schema dell'implementazione dei segmenti di memoria condivisa in
+%% Linux.}
+%% \label{fig:ipc_shm_struct}
+%% \end{figure}
+
+
+
+
+\section{Tecniche alternative}
+\label{sec:ipc_alternatives}
+
+Come abbiamo detto in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_generic}, e ripreso nella
+descrizione dei singoli oggetti che ne fan parte, il \textit{SysV IPC}
+presenta numerosi problemi; in \cite{APUE}\footnote{in particolare nel
+ capitolo 14.} Stevens ne effettua una accurata analisi (alcuni dei concetti
+sono già stati accennati in precedenza) ed elenca alcune possibili tecniche
+alternative, che vogliamo riprendere in questa sezione.
+
+
+\subsection{Alternative alle code di messaggi}
+\label{sec:ipc_mq_alternative}
+
+Le code di messaggi sono probabilmente il meno usato degli oggetti del
+\textit{SysV IPC}; esse infatti nacquero principalmente come meccanismo di
+comunicazione bidirezionale quando ancora le pipe erano unidirezionali; con la
+disponibilità di \func{socketpair} (vedi sez.~\ref{sec:ipc_socketpair}) o
+utilizzando una coppia di pipe, si può ottenere questo risultato senza
+incorrere nelle complicazioni introdotte dal \textit{SysV IPC}.
+
+In realtà, grazie alla presenza del campo \var{mtype}, le code di messaggi
+hanno delle caratteristiche ulteriori, consentendo una classificazione dei
+messaggi ed un accesso non rigidamente sequenziale; due caratteristiche che
+sono impossibili da ottenere con le pipe e i socket di \func{socketpair}. A
+queste esigenze però si può comunque ovviare in maniera diversa con un uso
+combinato della memoria condivisa e dei meccanismi di sincronizzazione, per
+cui alla fine l'uso delle code di messaggi classiche è relativamente poco
+diffuso.
+
+\subsection{I \textsl{file di lock}}
+\label{sec:ipc_file_lock}
+
+\index{file!di lock|(}
+Come illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem} i semafori del \textit{SysV IPC}
+presentano una interfaccia inutilmente complessa e con alcuni difetti
+strutturali, per questo quando si ha una semplice esigenza di sincronizzazione
+per la quale basterebbe un semaforo binario (quello che abbiamo definito come
+\textit{mutex}), per indicare la disponibilità o meno di una risorsa, senza la
+necessità di un contatore come i semafori, si possono utilizzare metodi
+alternativi.
+
+La prima possibilità, utilizzata fin dalle origini di Unix, è quella di usare
+dei \textsl{file di lock} (per i quali esiste anche una opportuna directory,
+\file{/var/lock}, nel filesystem standard). Per questo si usa la
+caratteristica della funzione \func{open} (illustrata in
+sez.~\ref{sec:file_open}) che prevede\footnote{questo è quanto dettato dallo
+ standard POSIX.1, ciò non toglie che in alcune implementazioni questa
+ tecnica possa non funzionare; in particolare per Linux, nel caso di NFS, si
+ è comunque soggetti alla possibilità di una \itindex{race~condition}
+ \textit{race condition}.} che essa ritorni un errore quando usata con i
+flag di \const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}. In tal modo la creazione di un
+\textsl{file di lock} può essere eseguita atomicamente, il processo che crea
+il file con successo si può considerare come titolare del lock (e della
+risorsa ad esso associata) mentre il rilascio si può eseguire con una chiamata
+ad \func{unlink}.
+
+Un esempio dell'uso di questa funzione è mostrato dalle funzioni
+\func{LockFile} ed \func{UnlockFile} riportate in fig.~\ref{fig:ipc_file_lock}
+(sono contenute in \file{LockFile.c}, un altro dei sorgenti allegati alla
+guida) che permettono rispettivamente di creare e rimuovere un \textsl{file di
+ lock}. Come si può notare entrambe le funzioni sono elementari; la prima
+(\texttt{\small 4--10}) si limita ad aprire il file di lock (\texttt{\small
+ 9}) nella modalità descritta, mentre la seconda (\texttt{\small 11--17}) lo
+cancella con \func{unlink}.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15.6cm}
+ \includecodesample{listati/LockFile.c}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Il codice delle funzioni \func{LockFile} e \func{UnlockFile} che
+ permettono di creare e rimuovere un \textsl{file di lock}.}
+ \label{fig:ipc_file_lock}
+\end{figure}
+
+Uno dei limiti di questa tecnica è che, come abbiamo già accennato in
+sez.~\ref{sec:file_open}, questo comportamento di \func{open} può non
+funzionare (la funzione viene eseguita, ma non è garantita l'atomicità
+dell'operazione) se il filesystem su cui si va ad operare è su NFS; in tal
+caso si può adottare una tecnica alternativa che prevede l'uso della
+\func{link} per creare come \textsl{file di lock} un hard link ad un file
+esistente; se il link esiste già e la funzione fallisce, significa che la
+risorsa è bloccata e potrà essere sbloccata solo con un \func{unlink},
+altrimenti il link è creato ed il lock acquisito; il controllo e l'eventuale
+acquisizione sono atomici; la soluzione funziona anche su NFS, ma ha un altro
+difetto è che è quello di poterla usare solo se si opera all'interno di uno
+stesso filesystem.
+
+Un generale comunque l'uso di un \textsl{file di lock} presenta parecchi
+problemi, che non lo rendono una alternativa praticabile per la
+sincronizzazione: anzitutto in caso di terminazione imprevista del processo,
+si lascia allocata la risorsa (il \textsl{file di lock}) e questa deve essere
+sempre cancellata esplicitamente. Inoltre il controllo della disponibilità
+può essere eseguito solo con una tecnica di \textit{polling}\itindex{polling},
+ed è quindi molto inefficiente.
+
+La tecnica dei file di lock ha comunque una sua utilità, e può essere usata
+con successo quando l'esigenza è solo quella di segnalare l'occupazione di una
+risorsa, senza necessità di attendere che questa si liberi; ad esempio la si
+usa spesso per evitare interferenze sull'uso delle porte seriali da parte di
+più programmi: qualora si trovi un file di lock il programma che cerca di
+accedere alla seriale si limita a segnalare che la risorsa non è
+disponibile.\index{file!di lock|)}
+
+
+\subsection{La sincronizzazione con il \textit{file locking}}
+\label{sec:ipc_lock_file}
+
+Dato che i file di lock\index{file!di lock} presentano gli inconvenienti
+illustrati in precedenza, la tecnica alternativa di sincronizzazione più
+comune è quella di fare ricorso al \textit{file locking}\index{file!locking}
+(trattato in sez.~\ref{sec:file_locking}) usando \func{fcntl} su un file
+creato per l'occasione per ottenere un write lock. In questo modo potremo
+usare il lock come un \textit{mutex}: per bloccare la risorsa basterà
+acquisire il lock, per sbloccarla basterà rilasciare il lock. Una richiesta
+fatta con un write lock metterà automaticamente il processo in stato di
+attesa, senza necessità di ricorrere al \textit{polling}\itindex{polling} per
+determinare la disponibilità della risorsa, e al rilascio della stessa da
+parte del processo che la occupava si otterrà il nuovo lock atomicamente.
+
+Questo approccio presenta il notevole vantaggio che alla terminazione di un
+processo tutti i lock acquisiti vengono rilasciati automaticamente (alla
+chiusura dei relativi file) e non ci si deve preoccupare di niente; inoltre
+non consuma risorse permanentemente allocate nel sistema. Lo svantaggio è che,
+dovendo fare ricorso a delle operazioni sul filesystem, esso è in genere
+leggermente più lento.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15.6cm}
+ \includecodesample{listati/MutexLocking.c}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Il codice delle funzioni che permettono per la gestione dei
+ \textit{mutex} con il \index{file!locking} \textit{file locking}.}
+ \label{fig:ipc_flock_mutex}
+\end{figure}
+
+Il codice delle varie funzioni usate per implementare un mutex utilizzando il
+\textit{file locking} \index{file!locking} è riportato in
+fig.~\ref{fig:ipc_flock_mutex}; si è mantenuta volutamente una struttura
+analoga alle precedenti funzioni che usano i semafori, anche se le due
+interfacce non possono essere completamente equivalenti, specie per quanto
+riguarda la rimozione del mutex.
+
+La prima funzione (\texttt{\small 1--5}) è \func{CreateMutex}, e serve a
+creare il mutex; la funzione è estremamente semplice, e si limita
+(\texttt{\small 4}) a creare, con una opportuna chiamata ad \func{open}, il
+file che sarà usato per il successivo \textit{file locking}, assicurandosi che
+non esista già (nel qual caso segnala un errore); poi restituisce il file
+descriptor che sarà usato dalle altre funzioni per acquisire e rilasciare il
+mutex.
+
+La seconda funzione (\texttt{\small 6--10}) è \func{FindMutex}, che, come la
+precedente, è stata definita per mantenere una analogia con la corrispondente
+funzione basata sui semafori. Anch'essa si limita (\texttt{\small 9}) ad
+aprire il file da usare per il \index{file!locking} \textit{file locking},
+solo che in questo caso le opzioni di \func{open} sono tali che il file in
+questione deve esistere di già.
+
+La terza funzione (\texttt{\small 11--22}) è \func{LockMutex} e serve per
+acquisire il mutex. La funzione definisce (\texttt{\small 14}) e inizializza
+(\texttt{\small 16--19}) la struttura \var{lock} da usare per acquisire un
+write lock sul file, che poi (\texttt{\small 21}) viene richiesto con
+\func{fcntl}, restituendo il valore di ritorno di quest'ultima. Se il file è
+libero il lock viene acquisito e la funzione ritorna immediatamente;
+altrimenti \func{fcntl} si bloccherà (si noti che la si è chiamata con
+\const{F\_SETLKW}) fino al rilascio del lock.
+
+La quarta funzione (\texttt{\small 24--34}) è \func{UnlockMutex} e serve a
+rilasciare il mutex. La funzione è analoga alla precedente, solo che in questo
+caso si inizializza (\texttt{\small 28--31}) la struttura \var{lock} per il
+rilascio del lock, che viene effettuato (\texttt{\small 33}) con la opportuna
+chiamata a \func{fcntl}. Avendo usato il \index{file!locking} \textit{file
+ locking} in semantica POSIX (si riveda quanto detto
+sez.~\ref{sec:file_posix_lock}) solo il processo che ha precedentemente
+eseguito il lock può sbloccare il mutex.
+
+La quinta funzione (\texttt{\small 36--39}) è \func{RemoveMutex} e serve a
+cancellare il mutex. Anche questa funzione è stata definita per mantenere una
+analogia con le funzioni basate sui semafori, e si limita a cancellare
+(\texttt{\small 38}) il file con una chiamata ad \func{unlink}. Si noti che in
+questo caso la funzione non ha effetto sui mutex già ottenuti con precedenti
+chiamate a \func{FindMutex} o \func{CreateMutex}, che continueranno ad essere
+disponibili fintanto che i relativi file descriptor restano aperti. Pertanto
+per rilasciare un mutex occorrerà prima chiamare \func{UnlockMutex} oppure
+chiudere il file usato per il lock.
+
+La sesta funzione (\texttt{\small 41--55}) è \func{ReadMutex} e serve a
+leggere lo stato del mutex. In questo caso si prepara (\texttt{\small 46--49})
+la solita struttura \var{lock} come l'acquisizione del lock, ma si effettua
+(\texttt{\small 51}) la chiamata a \func{fcntl} usando il comando
+\const{F\_GETLK} per ottenere lo stato del lock, e si restituisce
+(\texttt{\small 52}) il valore di ritorno in caso di errore, ed il valore del
+campo \var{l\_type} (che descrive lo stato del lock) altrimenti
+(\texttt{\small 54}). Per questo motivo la funzione restituirà -1 in caso di
+errore e uno dei due valori \const{F\_UNLCK} o \const{F\_WRLCK}\footnote{non
+ si dovrebbe mai avere il terzo valore possibile, \const{F\_RDLCK}, dato che
+ la nostra interfaccia usa solo i write lock. Però è sempre possibile che
+ siano richiesti altri lock sul file al di fuori dell'interfaccia, nel qual
+ caso si potranno avere, ovviamente, interferenze indesiderate.} in caso di
+successo, ad indicare che il mutex è, rispettivamente, libero o occupato.
+
+Basandosi sulla semantica dei file lock POSIX valgono tutte le considerazioni
+relative al comportamento di questi ultimi fatte in
+sez.~\ref{sec:file_posix_lock}; questo significa ad esempio che, al contrario
+di quanto avveniva con l'interfaccia basata sui semafori, chiamate multiple a
+\func{UnlockMutex} o \func{LockMutex} non si cumulano e non danno perciò
+nessun inconveniente.
+
+
+\subsection{Il \textit{memory mapping} anonimo}
+\label{sec:ipc_mmap_anonymous}
+
+\itindbeg{memory~mapping}
+Abbiamo già visto che quando i processi sono \textsl{correlati}\footnote{se
+ cioè hanno almeno un progenitore comune.} l'uso delle pipe può costituire
+una valida alternativa alle code di messaggi; nella stessa situazione si può
+evitare l'uso di una memoria condivisa facendo ricorso al cosiddetto
+\textit{memory mapping} anonimo.
+
+In sez.~\ref{sec:file_memory_map} abbiamo visto come sia possibile mappare il
+contenuto di un file nella memoria di un processo, e che, quando viene usato
+il flag \const{MAP\_SHARED}, le modifiche effettuate al contenuto del file
+vengono viste da tutti i processi che lo hanno mappato. Utilizzare questa
+tecnica per creare una memoria condivisa fra processi diversi è estremamente
+inefficiente, in quanto occorre passare attraverso il disco. Però abbiamo
+visto anche che se si esegue la mappatura con il flag \const{MAP\_ANONYMOUS}
+la regione mappata non viene associata a nessun file, anche se quanto scritto
+rimane in memoria e può essere riletto; allora, dato che un processo figlio
+mantiene nel suo spazio degli indirizzi anche le regioni mappate, esso sarà
+anche in grado di accedere a quanto in esse è contenuto.
+
+In questo modo diventa possibile creare una memoria condivisa fra processi
+diversi, purché questi abbiano almeno un progenitore comune che ha effettuato
+il \textit{memory mapping} anonimo.\footnote{nei sistemi derivati da SysV una
+ funzionalità simile a questa viene implementata mappando il file speciale
+ \file{/dev/zero}. In tal caso i valori scritti nella regione mappata non
+ vengono ignorati (come accade qualora si scriva direttamente sul file), ma
+ restano in memoria e possono essere riletti secondo le stesse modalità usate
+ nel \textit{memory mapping} anonimo.} Vedremo come utilizzare questa tecnica
+più avanti, quando realizzeremo una nuova versione del monitor visto in
+sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm} che possa restituisca i risultati via rete.
+\itindend{memory~mapping}
+
+
+\section{Il sistema di comunicazione fra processi di POSIX}
+\label{sec:ipc_posix}
+
+Per superare i numerosi problemi del \textit{SysV IPC}, evidenziati per i suoi
+aspetti generali in coda a sez.~\ref{sec:ipc_sysv_generic} e per i singoli
+oggetti nei paragrafi successivi, lo standard POSIX.1b ha introdotto dei nuovi
+meccanismi di comunicazione, che vanno sotto il nome di POSIX IPC, definendo
+una interfaccia completamente nuova, che tratteremo in questa sezione.