-La funzione copia direttamente \param{count} byte dal file descriptor
-\param{in\_fd} al file descriptor \param{out\_fd}; in caso di successo
-funzione ritorna il numero di byte effettivamente copiati da \param{in\_fd} a
-\param{out\_fd} o $-1$ in caso di errore, come le ordinarie \func{read} e
-\func{write} questo valore può essere inferiore a quanto richiesto con
-\param{count}.
-
-Se il puntatore \param{offset} è nullo la funzione legge i dati a partire
-dalla posizione corrente su \param{in\_fd}, altrimenti verrà usata la
-posizione indicata dal valore puntato da \param{offset}; in questo caso detto
-valore sarà aggiornato, come \textit{value result argument}, per indicare la
-posizione del byte successivo all'ultimo che è stato letto, mentre la
-posizione corrente sul file non sarà modificata. Se invece \param{offset} è
-nullo la posizione corrente sul file sarà aggiornata tenendo conto dei byte
-letti da \param{in\_fd}.
-
-Fino ai kernel della serie 2.4 la funzione è utilizzabile su un qualunque file
-descriptor, e permette di sostituire la invocazione successiva di una
-\func{read} e una \func{write} (e l'allocazione del relativo buffer) con una
-sola chiamata a \funcd{sendfile}. In questo modo si può diminuire il numero di
-chiamate al sistema e risparmiare in trasferimenti di dati da kernel space a
-user space e viceversa. La massima utilità della funzione si ha comunque per
-il trasferimento di dati da un file su disco ad un socket di
-rete,\footnote{questo è il caso classico del lavoro eseguito da un server web,
- ed infatti Apache ha una opzione per il supporto esplicito di questa
- funzione.} dato che in questo caso diventa possibile effettuare il
-trasferimento diretto via DMA dal controller del disco alla scheda di rete,
-senza neanche allocare un buffer nel kernel,\footnote{il meccanismo è detto
- \textit{zerocopy} in quanto i dati non vengono mai copiati dal kernel, che
- si limita a programmare solo le operazioni di lettura e scrittura via DMA.}
-ottenendo la massima efficienza possibile senza pesare neanche sul processore.
-
-In seguito però ci si è accorti che, fatta eccezione per il trasferimento
-diretto da file a socket, non sempre \func{sendfile} comportava miglioramenti
-significativi delle prestazioni rispetto all'uso in sequenza di \func{read} e
-\func{write},\footnote{nel caso generico infatti il kernel deve comunque
- allocare un buffer ed effettuare la copia dei dati, e in tal caso spesso il
- guadagno ottenibile nel ridurre il numero di chiamate al sistema non
- compensa le ottimizzazioni che possono essere fatte da una applicazione in
- user space che ha una conoscenza diretta su come questi sono strutturati.} e
-che anzi in certi casi si potevano avere anche dei peggioramenti. Questo ha
-portato, per i kernel della serie 2.6,\footnote{per alcune motivazioni di
- questa scelta si può fare riferimento a quanto illustrato da Linus Torvalds
- in \href{http://www.cs.helsinki.fi/linux/linux-kernel/2001-03/0200.html}
- {\texttt{http://www.cs.helsinki.fi/linux/linux-kernel/2001-03/0200.html}}.}
-alla decisione di consentire l'uso della funzione soltanto quando il file da
-cui si legge supporta le operazioni di \textit{memory mapping} (vale a dire
-non è un socket) e quello su cui si scrive è un socket; in tutti gli altri
-casi l'uso di \func{sendfile} darà luogo ad un errore di \errcode{EINVAL}.
-
-Nonostante ci possano essere casi in cui \func{sendfile} non migliora le
-prestazioni, le motivazioni addotte non convincono del tutto e resta il dubbio
-se la scelta di disabilitarla sempre per il trasferimento di dati fra file di
-dati sia davvero corretta. Se ci sono peggioramenti di prestazioni infatti si
-può sempre fare ricorso all'uso successivo di, ma lasciare a disposizione la
-funzione consentirebbe se non altro, anche in assenza di guadagni di
-prestazioni, di semplificare la gestione della copia dei dati fra file,
-evitando di dover gestire l'allocazione di un buffer temporaneo per il loro
-trasferimento; inoltre si avrebbe comunque il vantaggio di evitare inutili
-trasferimenti di dati da kernel space a user space e viceversa.
-
-Questo dubbio si può comunque ritenere superato con l'introduzione, avvenuto a
-partire dal kernel 2.6.17, della nuova system call \func{splice}. Lo scopo di
-questa funzione è quello di fornire un meccanismo generico per il
-trasferimento di dati da o verso un file utilizzando un buffer gestito
-internamente dal kernel. Descritta in questi termini \func{splice} sembra
-semplicemente un ``\textsl{dimezzamento}'' di \func{sendfile}.\footnote{nel
- senso che un trasferimento di dati fra due file con \func{sendfile} non
- sarebbe altro che la lettura degli stessi su un buffer seguita dalla
- relativa scrittura, cosa che in questo caso si dovrebbe eseguire con due
- chiamate a \func{splice}.} In realtà le due system call sono profondamente
-diverse nel loro meccanismo di funzionamento; \func{sendfile} infatti, come
-accennato, non necessita affatto di avere a disposizione un buffer interno,
-perché esegue un trasferimento diretto di dati; questo la rende in generale
-molto più efficiente, ma anche limitata nelle sue applicazioni, dato che
-questo tipo di trasferimento è possibile solo in casi specifici.\footnote{e
- nel caso di Linux questi sono anche solo quelli in cui essa può essere
- effettivamente utilizzata.}
-
-Il concetto che sta dietro a \func{splice} invece è diverso,\footnote{in
- realtà la proposta originale di Larry Mc Voy non differisce poi tanto negli
- scopi da \func{sendfile}, quello che rende \func{splice} davvero diversa è
- stata la reinterpretazione che ne è stata fatta nell'implementazione su
- Linux realizzata da Jens Anxboe, concetti che sono esposti sinteticamente
- dallo stesso Linus Torvalds in \href{http://kerneltrap.org/node/6505}
- {\texttt{http://kerneltrap.org/node/6505}}.} si tratta semplicemente di una
-funzione che consente di fare in maniera del tutto generica delle operazioni
-di trasferimento di dati fra un file e un buffer gestito interamente in kernel
-space. In questo caso il cuore della funzione (e delle affini \func{vmsplice}
-e \func{tee}, che tratteremo più avanti) è appunto l'uso di un buffer in
-kernel space, e questo è anche quello che ne ha semplificato l'adozione,
-perché l'infrastruttura per la gestione di un tale buffer è presente fin dagli
-albori di Unix per la realizzazione delle \textit{pipe} (vedi
-sez.~\ref{sec:ipc_unix}). Dal punto di vista concettuale allora \func{splice}
-non è altro che una diversa interfaccia (rispetto alle \textit{pipe}) con cui
-utilizzare in user space l'oggetto ``\textsl{buffer in kernel space}''.
-
-Così se per una \textit{pipe} o una \textit{fifo} il buffer viene utilizzato
-come area di memoria (vedi fig.~\ref{fig:ipc_pipe_singular}) dove appoggiare i
-dati che vengono trasferiti da un capo all'altro della stessa per creare un
-meccanismo di comunicazione fra processi, nel caso di \func{splice} il buffer
-viene usato o come fonte dei dati che saranno scritti su un file, o come
-destinazione dei dati che vengono letti da un file. La funzione \funcd{splice}
-fornisce quindi una interfaccia generica che consente di trasferire dati da un
-buffer ad un file o viceversa; il suo prototipo, accessibile solo dopo aver
-definito la macro \macro{\_GNU\_SOURCE},\footnote{si ricordi che questa
- funzione non è contemplata da nessuno standard, è presente solo su Linux, e
- pertanto deve essere evitata se si vogliono scrivere programmi portabili.}
-è il seguente:
-\begin{functions}
- \headdecl{fcntl.h}
-
- \funcdecl{long splice(int fd\_in, off\_t *off\_in, int fd\_out, off\_t
- *off\_out, size\_t len, unsigned int flags)}