\chapter{Introduzione alla programmazione di rete}
\label{cha:network}
-In questo capitolo sarà fatta un'introduzione ai contetti generali che servono
-come prerequisiti per capire la programmazione di rete, partiremo con due
-semplici esempi per poi passare ad un esame a grandi linee dei protocolli di
-rete e di come questi sono organizzati e interagiscono.
+In questo capitolo sarà fatta un'introduzione ai concetti generali che servono
+come prerequisiti per capire la programmazione di rete, per evitare un
+capitolo puramente teorico partiremo con due semplici esempi per poi passare
+ad un esame a grandi linee dei protocolli di rete e di come questi sono
+organizzati e interagiscono.
In particolare, avendo assunto l'ottica di un'introduzione mirata alla
-programmazione, ci concentreremo sul protocollo più diffuso, TCP/IP, che è
-quello che sta alla base di internet, ed in particolare prenderemo in esame in
-questa introduzione i concetti più importanti da conoscere ai fini della
-programmazione.
+programmazione, ci concentreremo sul protocollo più diffuso, il TCP/IP, che è
+quello che sta alla base di internet, con un'ottica improntata a sottolineare
+i concetti più importanti da conoscere ai fini della programmazione.
\section{Il modello client-server}
\label{sec:net_cliserv}
come il sistema a finestre.
Normalmente si dividono i server in due categorie principali, e vengono detti
-\textit{concorrenti} o \textit{iterativi}, sulla base del loro comportamento.
+\textsl{concorrenti} o \textsl{iterativi}, sulla base del loro comportamento.
-Un server iterativo risponde alla richiesta inviando i dati e resta occupato
-(non rispondendo ad ulteriori richieste) fintanto che non ha concluso la
-richiesta. Una volta completata la richiesta il server diventa di nuovo
+Un \textsl{server iterativo} risponde alla richiesta inviando i dati e resta
+occupato (non rispondendo ad ulteriori richieste) fintanto che non ha concluso
+la richiesta. Una volta completata la richiesta il server diventa di nuovo
disponibile.
-Un server concorrente al momento di trattare la richiesta crea un processo
-figlio incaricato di fornire i servizi richiesti, per poi porsi in attesa di
-ulteriori richieste. In questo modo più richieste possono essere soddisfatte
-contemporaneamente; una volta che il processo figlio ha concluso il suo lavoro
-viene terminato, mentre il server originale resta sempre attivo.
+Un \textsl{server concorrente} al momento di trattare la richiesta crea un
+processo figlio incaricato di fornire i servizi richiesti, per poi porsi in
+attesa di ulteriori richieste. In questo modo più richieste possono essere
+soddisfatte contemporaneamente; una volta che il processo figlio ha concluso
+il suo lavoro viene terminato, mentre il server originale resta sempre attivo.
\subsection{Un primo esempio di client}
In \nfig\ è riportata la sezione principale del codice del nostro client
elementare per il servizio \textit{daytime}, un servizio standard che
-restituisce l'ora locale della macchina a cui si effettua la richesta.
+restituisce l'ora locale della macchina a cui si effettua la richiesta.
\begin{figure}[!htb]
Il sorgente completo del programma (\texttt{SimpleDaytimeTCPClient.c}, che
comprende il trattamento delle opzioni e una funzione per stampare un
messaggio di aiuto) è allegato alla guida nella sezione dei codici sorgente e
-può essere compilato su una qualunque macchina linux.
+può essere compilato su una qualunque macchina Linux.
Il programma anzitutto include gli header necessari (\texttt{\small 1--5});
dopo la dichiarazione delle variabili (\texttt{\small 9--12}) si è omessa
tutta la parte relativa al trattamento degli argomenti passati dalla linea di
comando (effettuata con le apposite routines illustrate in
-\ref{cha:parameter_options}).
+\capref{cha:parameter_options}).
Il primo passo (\texttt{\small 14--18}) è creare un \textit{socket} IPv4
(\texttt{AF\_INET}), di tipo TCP \texttt{SOCK\_STREAM} (in sostanza un canale
Usando la funzione \texttt{connect} sul socket creato in precedenza
(\texttt{\small 28--32}) si provvede poi a stabilire la connessione con il
-server specificato dall'indirizzo immesso nella struttura possata come secondo
+server specificato dall'indirizzo immesso nella struttura passata come secondo
argomento, il terzo argomento è la dimensione di detta struttura. Dato che
esistono diversi tipi di socket, si è dovuto effettuare un cast della
struttura inizializzata in precedenza, che è specifica per i socket IPv4. Un
Il tutto è inserito in un loop infinito (\texttt{\small 42--55}) in modo da
poter ripetere l'invio della data ad una successiva connessione.
-È impostante notare che questo server è estremamente elementare, infatti a
+È importante notare che questo server è estremamente elementare, infatti a
parte il fatto di essere dipendente da IPv4, esso è in grado di servire solo
un client alla volta, è cioè un \textsl{server iterativo}, inoltre esso è
scritto per essere lanciato da linea di comando, se lo si volesse utilizzare
\begin{figure}[!htbp]
\centering
- \caption{Struttura a livelli dei protocolli OSi e TCP/IP, con la
- relative corrispondeze e la divisione fra kernel e user space.}
+ \caption{Struttura a livelli dei protocolli OSI e TCP/IP, con la
+ relative corrispondenze e la divisione fra kernel e user space.}
\label{fig:net_osi_tcpip_comp}
\end{figure}
anche la corrispondenza fra i rispettivi livelli (che comunque è
approssimativa) e su come essi vanno ad inserirsi all'interno del sistema
operativo rispetto alla divisione fra user space e kernel space spiegata in
-\ref{sec:intro_unix_struct}.
+\secref{sec:intro_unix_struct}.
\begin{table}[htb]
\centering
device driver \& scheda di interfaccia \\
\hline
\end{tabular}
-\caption{I quattro livelli del protocollo TPC/IP.}
+\caption{I quattro livelli del protocollo TCP/IP.}
\label{tab:net_layers}
\end{table}
\begin{description}
\item \textbf{Applicazione} É relativo ai programmi di interfaccia utente, in
- genere questi vengono realizzati secondo il modello Client-Server (vedi
- \ref{sec:net_cliserv}.
+ genere questi vengono realizzati secondo il modello client-server (vedi
+ \secref{sec:net_cliserv}.
\item \textbf{Trasporto} Fornisce la comunicazione tra le due stazioni
terminali su cui girano gli applicativi, regola il flusso delle
informazioni, e può fornire un trasporto affidabile, cioè con recupero
quali li spezzerà in pacchetti di dimensione opportuna e li incapsulerà
all'interno del suo protocollo di trasporto aggiungendo ad ogni pacchetto le
informazioni necessarie alla gestione di quest'ultimo. Questo processo viene
-svolto dirattamente nel kernel ad esempio dallo stack TCP nel caso il
+svolto direttamente nel kernel ad esempio dallo stack TCP nel caso il
protocollo di trasporto sia questo.
Una volta composto il pacchetto nel formato adatto al protocollo di trasporto
rientra in quanto trattato qui.
In questa sezione daremo una breve descrizione dei vari protocolli di TCP/IP,
-concentrandoci per le ragioni esposte sul livello di trasposto. All'interno di
+concentrandoci per le ragioni esposte sul livello di trasporto. All'interno di
questo privilegeremo poi il protocollo TCP, per il ruolo centrale che svolge
nella maggior parte delle applicazioni.
Benché si parli di TCP/IP questa famiglia di protocolli è composta anche da
altri membri. In \nfig\ si è riportato uno schema che mostra un panorama sui
-vari prottocolli della famiglia, e delle loro relazioni reciproche e con
+vari protocolli della famiglia, e delle loro relazioni reciproche e con
alcune dalle principali applicazioni che li usano.
\begin{figure}[!htbp]
\begin{list}{}{}
\item \textsl{IPv4} \textit{Internet Protocol version 4}. È quello che
comunemente si chiama IP. Ha origine negli anni '80 e da allora è la base su
- cui è cotriuta internet. Usa indirizzi a 32 bit e provvede la trasmissione
+ cui è costruita internet. Usa indirizzi a 32 bit e provvede la trasmissione
dei pacchetti TCP, UDP, ICMP e IGMP.
\item \textsl{IPv6} \textit{Internet Protocol version 6}. È stato progettato a
metà degli anni '90 per rimpiazzare IPv4. Ha indirizzi a 128 bit e effettua
da ICMPv6.
\item \textsl{ICMP} \textit{Internet Group Management Protocol}. É un
protocollo usato per il \textit{multicasting} (vedi
- \ref{sec:xxx_multicast}), che è opzionale in IPv4.
+ \secref{sec:xxx_multicast}), che è opzionale in IPv4.
\item \textsl{ARP} \textit{Address Resolution Protocol}. È il protocollo che
mappa un indirizzo IP in un indirizzo hardware (come un indirizzo
internet). È usato in reti di tipo broadcast come ethernet, token ring o
\item la semplificazione del formato della testata, eliminando o rendendo
opzionali alcuni dei campi di IPv4, per eliminare la necessità di
riprocessamento della stessa da parte dei router e contenere l'aumento di
- dimensione dovuto all'ampiamento degli indirizzi
+ dimensione dovuto all'ampliamento degli indirizzi
\item un supporto per le opzioni migliorato, per garantire una trasmissione
più efficiente del traffico normale, limiti meno stringenti sulle dimensioni
delle opzioni, e la flessibilità necessaria per introdurne di nuove in
\end{itemize}
Maggiori dettagli riguardo a caratteristiche, notazioni e funzionamento del
-protocollo IP sono forniti nell'appendice \ref{cha:ip_protocol}.
+protocollo IP sono forniti nell'appendice \capref{cha:ip_protocol}.
\subsection{UDP: User Datagram Protocol)}
\label{sec:net_udp}
-UDP è un protocollo di trasporto molto semplice, la sua descizione completa è
-contenuta dell'RFC~768, ma in sostanza esso è una semplice interfaccia a IP dal
-livello di trasporto. Quando un'applicazione usa UDP essa scrive un pacchetto
-di dati (il cosiddetto \textit{datagram} che da il nome al protocollo) su un
-socket, al pacchetto viene aggiunto un header molto semplice (per una
-descrizione più accurata vedi \ref{sec:appA_udp}), e poi viene passato al
-livello superiore (IPv4 o IPv6 che sia) che lo spedisce verso la destinazione.
-Dato che né IPv4 né IPv6 garantiscono l'affidabilità niente assicura che il
-pacchetto arrivi a destinazione, né che più pacchetti arrivino nello stesso
-ordine in cui sono stati spediti.
+UDP è un protocollo di trasporto molto semplice, la sua descrizione completa è
+contenuta dell'RFC~768, ma in sostanza esso è una semplice interfaccia a IP
+dal livello di trasporto. Quando un'applicazione usa UDP essa scrive un
+pacchetto di dati (il cosiddetto \textit{datagram} che da il nome al
+protocollo) su un socket, al pacchetto viene aggiunto un header molto semplice
+(per una descrizione più accurata vedi \secref{sec:appA_udp}), e poi viene
+passato al livello superiore (IPv4 o IPv6 che sia) che lo spedisce verso la
+destinazione. Dato che né IPv4 né IPv6 garantiscono l'affidabilità niente
+assicura che il pacchetto arrivi a destinazione, né che più pacchetti arrivino
+nello stesso ordine in cui sono stati spediti.
Pertanto il problema principale che si affronta quando si usa UDP è la
mancanza di affidabilità, se si vuole essere sicuri che i pacchetti arrivino a
(\textit{connectionless}) in quanto non è necessario stabilire nessun tipo di
relazione tra origine e destinazione dei pacchetti. Si hanno così situazioni
in cui un client può scrivere su uno stesso socket pacchetti destinati a
-server diversi, o un server ricevere su un socket paccetti provenienti da
+server diversi, o un server ricevere su un socket pacchetti provenienti da
client diversi. Il modo più semplice di immaginarsi il funzionamento di UDP è
quello della radio, in cui si può ``trasmettere a'' e ``ricevere da'' più
stazioni usando la stessa frequenza.
velocità, ma la ricerca della massima affidabilità possibile nella
trasmissione dei dati.
-La prima differenza con UDP è che TCP provvede sempre una conessione diretta
+La prima differenza con UDP è che TCP provvede sempre una connessione diretta
fra un client e un server, attraverso la quale essi possono comunicare; per
questo il paragone più appropriato per questo protocollo è quello del
collegamento telefonico, in quanto prima viene stabilita una connessione fra
cioè specifica sempre all'altro capo della trasmissione quanti dati può
ricevere tramite una \textit{advertised window} (letteralmente finestra
annunciata), che indica lo spazio disponibile nel buffer di ricezione,
-cosicchè nella trasmissione non vengano inviati più dati di quelli che possono
+cosicché nella trasmissione non vengano inviati più dati di quelli che possono
essere ricevuti.
Questa finestra cambia dinamicamente diminuendo con la ricezione dei dati dal
effettuato per entrambe le direzioni di comunicazione.
Una descrizione più accurata del protocollo è fornita in appendice
-\ref{cha:tcp_protocol}.
+\capref{cha:tcp_protocol}.
\subsection{Limiti e dimensioni riguardanti la trasmissione dei dati}
\label{sec:net_lim_dim}
\item La dimensione massima di un pacchetti IP è di 65535 bytes, compreso
l'header. Questo è dovuto al fatto che la dimensione è indicata da un campo
apposito nell'header di IP che è lungo 16 bit (vedi
- \ref{sec:appA_ipv4head}).
+ \secref{sec:appA_ipv4head}).
\item La dimensione massima di un pacchetto normale di IPv6 è di 65575 bytes,
il campo apposito nell'header infatti è sempre a 16 bit, ma la dimensione
dell'header è fissa e di 40 byte e non è compresa nel valore indicato dal
suddetto campo. Inoltre IPv6 ha la possibilità di estendere la dimensione di
un pacchetto usando la \textit{jumbo payload option}.
-\item Molte reti fisiche hanno un MTU (\textit{maximum tranfer unit}) che è
- imposta dalle modalità di funzionamento dall'hardware. Il più comune è
- quello dell'ethernet che è pari a 1500 bytes. La MTU più piccola fra due
- stazioni viene in genere chiamata \textit{path MTU}, e al giorno d'oggi è
- normalmente data da ethernet; si tenga conto che non è affatto detto che sia
- la stessa in entrambe le direzioni, anche perchè l'instradamento può essere
- diverso.
+\item Molte reti fisiche hanno un MTU (\textit{maximum tranfer unit}) che
+ dipende dal protocollo specifico usato al livello di link. Il più comune è
+ quello dell'ethernet che è pari a 1500 bytes, una serie di valori possibili
+ sono riportati in \ntab.
\end{itemize}
+\begin{table}[!htb]
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|l|c|}
+ \hline
+ \textbf{Rete} & \textbf{MTU} \\
+ \hline
+ Hyperlink & 65535 \\
+ Token Ring IBM (16 Mbit/sec) & 17914 \\
+ Token Ring IEEE 802.5 (4 Mbit/sec) & 4464 \\
+ FDDI & 4532 \\
+ Ethernet & 1500 \\
+ X.25 & 576 \\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Valori della MTU (\textit{maximum tranfer unit}) per una serie di
+ reti diverse.}
+ \label{tab:net_mtu_values}
+\end{table}
+
Quando un pacchetto IP viene inviato su una interfaccia di rete e le sue
dimensioni eccedono la MTU viene eseguita la cosiddetta
-\textit{frammentazione} (sia da IPv4 che da IPv6, anche se i pacchetti
-frammentati sono gestiti con modalità diverse\footnote{il primo usa un flag
- nell'header, il secondo una opportuna opzione, si veda
- \ref{cha:ip_protcol}}), i pacchetti cioè vengono spezzati in blocchi più
-piccoli che possono essere trasmessi attraverso l'interfaccia.
+\textit{frammentazione}, i pacchetti cioè vengono spezzati (sia da IPv4 che da
+IPv6, anche se i pacchetti frammentati sono gestiti con modalità
+diverse\footnote{il primo usa un flag nell'header, il secondo una opportuna
+ opzione, si veda \secref{cha:ip_protcol}}), in blocchi più piccoli che
+possono essere trasmessi attraverso l'interfaccia.
+
+La MTU più piccola fra due stazioni viene in genere chiamata \textit{path
+ MTU}, che dice qual'è la lunghezza massima oltre la quale un pacchetto
+inviato da una stazione ad un'altra verrebbe senz'altro frammentato. Si tenga
+conto che non è affatto detto che la \textit{path MTU} sia la stessa in
+entrambe le direzioni, perché l'instradamento può essere diverso nei due
+sensi, con diverse tipologie di rete coinvolte.
Una delle differenze fra IPv4 e IPv6 é che per IPv6 la frammentazione può
essere eseguita solo alla sorgente, questo vuol dire che i router IPv6 non
destinazione.
Nell'header di IPv4 è previsto il flag \texttt{DF} che specifica che il
-pacchetto non deve essere frammentato; un router che riceva uno di questi
-pacchetti le cui dimensioni eccedono quelle dell'MTU della rete di
-destinazione genererà un messaggio di errore ICMPv4 di tipo
-\textit{destination unreachable, fragentation needed but DF bit set}.
+pacchetto non deve essere frammentato; un router che riceva un pacchetto le
+cui dimensioni eccedano quelle dell'MTU della rete di destinazione genererà un
+messaggio di errore ICMPv4 di tipo \textit{destination unreachable,
+ fragentation needed but DF bit set}.
Dato che i router IPv6 non possono effettuare la frammentazione la ricezione
di un pacchetto di dimensione eccessiva per la ritrasmissione genererà sempre
-un messaggio di errore ICMPv6 di tipo \textit{paket too big}.
+un messaggio di errore ICMPv6 di tipo \textit{packet too big}.
Dato che il meccanismo di frammentazione e riassemblaggio comporta
-inefficienza è opportuno che la trasmissione di grosse quantità di dati sia
-gestita in maniera oculata, TCP provvede un meccanismo automatico di
-
-In genere il flag DF di IPv4 (e il comportamento normale di IPv6) vengono
-utilizzati per il processo della \textit{path MTU discover} (vedi RFC1191 per
-IPv4 e RFC1981 per IPv6) in cui inviando delle opportune serie di pacchetti si
-trova il \textit{path MTU}; TCP usa questo meccanismo che è opzionale per
-IPv4, ma necessario (dato che i pacchetti verrebbero bloccati) per IPv6.
+inefficienza normalmente viene utilizzato il procedimento della \textit{path
+ MTU discover} (vedi RFC~1191 per IPv4 e RFC~1981 per IPv6) che permette di
+trovare il \textit{path MTU} fra due stazioni; per la realizzazione del
+procedimento si usa il flag DF di IPv4 e il comportamento normale di IPv6
+inviando delle opportune serie di pacchetti (per i dettagli vedere l'RFC~1191
+per IPv4 e l'RFC~1981 per IPv6) fintanto che non si hanno più errori.
+
+Il TCP usa sempre questo meccanismo, che per le implementazioni di IPv4 è
+opzionale, mentre diventa obbligatorio per IPv6. Per IPv6 infatti, non
+potendo i router frammentare i pacchetti, è necessario, per poter comunicare,
+conoscere il \textit{path MTU}.
+
Infine TCP definisce una \textit{maximum segment size} MSS che annuncia
all'altro capo la dimensione massima del segmento di dati