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12 \chapter{La gestione dei processi}
13 \label{cha:process_handling}
15 Come accennato nell'introduzione in un sistema Unix tutte le operazioni
16 vengono svolte tramite opportuni processi. In sostanza questi ultimi vengono
17 a costituire l'unità base per l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema.
19 Nel precedente capitolo abbiamo esaminato il funzionamento di un processo come
20 unità a se stante, in questo esamineremo il funzionamento dei processi
21 all'interno del sistema. Saranno cioè affrontati i dettagli della creazione e
22 della terminazione dei processi, della gestione dei loro attributi e
23 privilegi, e di tutte le funzioni a questo connesse. Infine nella sezione
24 finale introdurremo alcune problematiche generiche della programmazione in
25 ambiente multitasking.
28 \section{Introduzione}
31 Inizieremo con un'introduzione generale ai concetti che stanno alla base della
32 gestione dei processi in un sistema unix-like. Introdurremo in questa sezione
33 l'architettura della gestione dei processi e le sue principali
34 caratteristiche, dando una panoramica sull'uso delle principali funzioni di
38 \subsection{L'architettura della gestione dei processi}
39 \label{sec:proc_hierarchy}
41 A differenza di quanto avviene in altri sistemi (ad esempio nel VMS la
42 generazione di nuovi processi è un'operazione privilegiata) una delle
43 caratteristiche di Unix (che esamineremo in dettaglio più avanti) è che
44 qualunque processo può a sua volta generarne altri, detti processi figli
45 (\textit{child process}). Ogni processo è identificato presso il sistema da un
46 numero univoco, il cosiddetto \textit{process identifier} o, più brevemente,
47 \acr{pid}, assegnato in forma progressiva (vedi sez.~\ref{sec:proc_pid})
48 quando il processo viene creato.
50 Una seconda caratteristica di un sistema Unix è che la generazione di un
51 processo è un'operazione separata rispetto al lancio di un programma. In
52 genere la sequenza è sempre quella di creare un nuovo processo, il quale
53 eseguirà, in un passo successivo, il programma desiderato: questo è ad esempio
54 quello che fa la shell quando mette in esecuzione il programma che gli
55 indichiamo nella linea di comando.
57 Una terza caratteristica è che ogni processo è sempre stato generato da un
58 altro, che viene chiamato processo padre (\textit{parent process}). Questo
59 vale per tutti i processi, con una sola eccezione: dato che ci deve essere un
60 punto di partenza esiste un processo speciale (che normalmente è
61 \cmd{/sbin/init}), che viene lanciato dal kernel alla conclusione della fase
62 di avvio; essendo questo il primo processo lanciato dal sistema ha sempre il
63 \acr{pid} uguale a 1 e non è figlio di nessun altro processo.
65 Ovviamente \cmd{init} è un processo speciale che in genere si occupa di far
66 partire tutti gli altri processi necessari al funzionamento del sistema,
67 inoltre \cmd{init} è essenziale per svolgere una serie di compiti
68 amministrativi nelle operazioni ordinarie del sistema (torneremo su alcuni di
69 essi in sez.~\ref{sec:proc_termination}) e non può mai essere terminato. La
70 struttura del sistema comunque consente di lanciare al posto di \cmd{init}
71 qualunque altro programma, e in casi di emergenza (ad esempio se il file di
72 \cmd{init} si fosse corrotto) è ad esempio possibile lanciare una shell al suo
73 posto, passando la riga \cmd{init=/bin/sh} come parametro di avvio.
78 [piccardi@gont piccardi]$ pstree -n
95 |-bash---startx---xinit-+-XFree86
96 | `-WindowMaker-+-ssh-agent
104 | |-wterm---bash---pstree
105 | `-wterm---bash-+-emacs
111 \caption{L'albero dei processi, così come riportato dal comando
113 \label{fig:proc_tree}
116 Dato che tutti i processi attivi nel sistema sono comunque generati da
117 \cmd{init} o da uno dei suoi figli\footnote{in realtà questo non è del tutto
118 vero, in Linux ci sono alcuni processi speciali che pur comparendo come
119 figli di \cmd{init}, o con \acr{pid} successivi, sono in realtà generati
120 direttamente dal kernel, (come \cmd{keventd}, \cmd{kswapd}, ecc.).} si
121 possono classificare i processi con la relazione padre/figlio in
122 un'organizzazione gerarchica ad albero, in maniera analoga a come i file sono
123 organizzati in un albero di directory (si veda
124 sez.~\ref{sec:file_organization}); in fig.~\ref{fig:proc_tree} si è mostrato il
125 risultato del comando \cmd{pstree} che permette di visualizzare questa
126 struttura, alla cui base c'è \cmd{init} che è progenitore di tutti gli altri
129 Il kernel mantiene una tabella dei processi attivi, la cosiddetta
130 \itindex{process~table} \textit{process table}; per ciascun processo viene
131 mantenuta una voce, costituita da una struttura \struct{task\_struct}, nella
132 tabella dei processi che contiene tutte le informazioni rilevanti per quel
133 processo. Tutte le strutture usate a questo scopo sono dichiarate nell'header
134 file \file{linux/sched.h}, ed uno schema semplificato, che riporta la
135 struttura delle principali informazioni contenute nella \struct{task\_struct}
136 (che in seguito incontreremo a più riprese), è mostrato in
137 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}.
141 \includegraphics[width=12cm]{img/task_struct}
142 \caption{Schema semplificato dell'architettura delle strutture usate dal
143 kernel nella gestione dei processi.}
144 \label{fig:proc_task_struct}
147 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_unix_struct} è lo \itindex{scheduler}
148 \textit{scheduler} che decide quale processo mettere in esecuzione; esso viene
149 eseguito ad ogni system call ed ad ogni interrupt,\footnote{più in una serie
151 % TODO completare questa parte su quando viene chiamato lo scheduler.
152 (ma può essere anche attivato esplicitamente). Il timer di sistema provvede
153 comunque a che esso sia invocato periodicamente; generando un interrupt
154 periodico secondo la frequenza specificata dalla costante
155 \const{HZ},\footnote{fino al kernel 2.4 il valore usuale di questa costante
156 era 100, per tutte le architetture eccetto l'alpha, per la quale era 1000,
157 nel 2.6 è stato portato a 1000 su tutte le architetture; occorre fare
158 attenzione a non confondere questo valore con quello dei
159 \itindex{clock~tick} \textit{clock tick} (vedi
160 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}).} definita in \file{asm/param.h}, ed il cui
161 valore è espresso in Hertz.\footnote{a partire dal kernel 2.6.21 è stato
162 introdotto (a cura di Ingo Molnar) un meccanismo completamente diverso,
163 detto \textit{tickless}, in cui non c'è più una interruzione periodica con
164 frequenza prefissata, ma ad ogni chiamata del time viene programmata
165 l'interruzione successiva sulla base di una stima; in questo modo si evita
166 di dover eseguire un migliaio di interruzioni al secondo anche su macchine
167 che non stanno facendo nulla, con un forte risparmio nell'uso dell'energia
168 da parte del processore che può essere messo in stato di sospensione anche
169 per lunghi periodi di tempo.}
172 Ogni volta che viene eseguito, lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler}
173 effettua il calcolo delle priorità dei vari processi attivi (torneremo su
174 questo in sez.~\ref{sec:proc_priority}) e stabilisce quale di essi debba
175 essere posto in esecuzione fino alla successiva invocazione.
178 \subsection{Una panoramica sulle funzioni fondamentali}
179 \label{sec:proc_handling_intro}
181 In un sistema unix-like i processi vengono sempre creati da altri processi
182 tramite la funzione \func{fork}; il nuovo processo (che viene chiamato
183 \textsl{figlio}) creato dalla \func{fork} è una copia identica del processo
184 processo originale (detto \textsl{padre}), ma ha un nuovo \acr{pid} e viene
185 eseguito in maniera indipendente (le differenze fra padre e figlio sono
186 affrontate in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_fork}).
188 Se si vuole che il processo padre si fermi fino alla conclusione del processo
189 figlio questo deve essere specificato subito dopo la \func{fork} chiamando la
190 funzione \func{wait} o la funzione \func{waitpid} (si veda
191 sez.~\ref{sec:proc_wait}); queste funzioni restituiscono anche un'informazione
192 abbastanza limitata sulle cause della terminazione del processo figlio.
194 Quando un processo ha concluso il suo compito o ha incontrato un errore non
195 risolvibile esso può essere terminato con la funzione \func{exit} (si veda
196 quanto discusso in sez.~\ref{sec:proc_conclusion}). La vita del processo però
197 termina completamente solo quando la notifica della sua conclusione viene
198 ricevuta dal processo padre, a quel punto tutte le risorse allocate nel
199 sistema ad esso associate vengono rilasciate.
201 Avere due processi che eseguono esattamente lo stesso codice non è molto
202 utile, normalmente si genera un secondo processo per affidargli l'esecuzione
203 di un compito specifico (ad esempio gestire una connessione dopo che questa è
204 stata stabilita), o fargli eseguire (come fa la shell) un altro programma. Per
205 quest'ultimo caso si usa la seconda funzione fondamentale per programmazione
206 coi processi che è la \func{exec}.
208 Il programma che un processo sta eseguendo si chiama immagine del processo (o
209 \textit{process image}), le funzioni della famiglia \func{exec} permettono di
210 caricare un altro programma da disco sostituendo quest'ultimo all'immagine
211 corrente; questo fa sì che l'immagine precedente venga completamente
212 cancellata. Questo significa che quando il nuovo programma termina, anche il
213 processo termina, e non si può tornare alla precedente immagine.
215 Per questo motivo la \func{fork} e la \func{exec} sono funzioni molto
216 particolari con caratteristiche uniche rispetto a tutte le altre, infatti la
217 prima ritorna due volte (nel processo padre e nel figlio) mentre la seconda
218 non ritorna mai (in quanto con essa viene eseguito un altro programma).
221 \section{Le funzioni di base}% della gestione dei processi}
222 \label{sec:proc_handling}
224 In questa sezione tratteremo le problematiche della gestione dei processi
225 all'interno del sistema, illustrandone tutti i dettagli. Inizieremo con le
226 funzioni elementari che permettono di leggerne gli identificatori, per poi
227 passare alla spiegazione delle funzioni base che si usano per la creazione e
228 la terminazione dei processi, e per la messa in esecuzione degli altri
232 \subsection{Gli identificatori dei processi}
235 Come accennato nell'introduzione, ogni processo viene identificato dal sistema
236 da un numero identificativo univoco, il \textit{process ID} o \acr{pid};
237 quest'ultimo è un tipo di dato standard, il \type{pid\_t} che in genere è un
238 intero con segno (nel caso di Linux e delle \acr{glibc} il tipo usato è
241 Il \acr{pid} viene assegnato in forma progressiva\footnote{in genere viene
242 assegnato il numero successivo a quello usato per l'ultimo processo creato,
243 a meno che questo numero non sia già utilizzato per un altro \acr{pid},
244 \acr{pgid} o \acr{sid} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}).} ogni volta
245 che un nuovo processo viene creato, fino ad un limite che, essendo il
246 \acr{pid} un numero positivo memorizzato in un intero a 16 bit, arriva ad un
247 massimo di 32768. Oltre questo valore l'assegnazione riparte dal numero più
248 basso disponibile a partire da un minimo di 300,\footnote{questi valori, fino
249 al kernel 2.4.x, sono definiti dalla macro \const{PID\_MAX} in
250 \file{threads.h} e direttamente in \file{fork.c}, con il kernel 2.5.x e la
251 nuova interfaccia per i thread creata da Ingo Molnar anche il meccanismo di
252 allocazione dei \acr{pid} è stato modificato; il valore massimo è
253 impostabile attraverso il file \procfile{/proc/sys/kernel/pid\_max} e di
254 default vale 32768.} che serve a riservare i \acr{pid} più bassi ai processi
255 eseguiti direttamente dal kernel. Per questo motivo, come visto in
256 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, il processo di avvio (\cmd{init}) ha sempre il
257 \acr{pid} uguale a uno.
259 Tutti i processi inoltre memorizzano anche il \acr{pid} del genitore da cui
260 sono stati creati, questo viene chiamato in genere \acr{ppid} (da
261 \textit{parent process ID}). Questi due identificativi possono essere
262 ottenuti usando le due funzioni \funcd{getpid} e \funcd{getppid}, i cui
265 \headdecl{sys/types.h}
267 \funcdecl{pid\_t getpid(void)}
269 Restituisce il \acr{pid} del processo corrente.
271 \funcdecl{pid\_t getppid(void)}
273 Restituisce il \acr{pid} del padre del processo corrente.
275 \bodydesc{Entrambe le funzioni non riportano condizioni di errore.}
277 \noindent esempi dell'uso di queste funzioni sono riportati in
278 fig.~\ref{fig:proc_fork_code}, nel programma \file{ForkTest.c}.
280 Il fatto che il \acr{pid} sia un numero univoco per il sistema lo rende un
281 candidato per generare ulteriori indicatori associati al processo di cui
282 diventa possibile garantire l'unicità: ad esempio in alcune implementazioni la
283 funzione \func{tempnam} (si veda sez.~\ref{sec:file_temp_file}) usa il
284 \acr{pid} per generare un \itindex{pathname} \textit{pathname} univoco, che
285 non potrà essere replicato da un altro processo che usi la stessa funzione.
287 Tutti i processi figli dello stesso processo padre sono detti
288 \textit{sibling}, questa è una delle relazioni usate nel \textsl{controllo di
289 sessione}, in cui si raggruppano i processi creati su uno stesso terminale,
290 o relativi allo stesso login. Torneremo su questo argomento in dettaglio in
291 cap.~\ref{cha:session}, dove esamineremo gli altri identificativi associati ad
292 un processo e le varie relazioni fra processi utilizzate per definire una
295 Oltre al \acr{pid} e al \acr{ppid}, (e a quelli che vedremo in
296 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}, relativi al controllo di sessione), ad ogni
297 processo vengono associati degli altri identificatori che vengono usati per il
298 controllo di accesso. Questi servono per determinare se un processo può
299 eseguire o meno le operazioni richieste, a seconda dei privilegi e
300 dell'identità di chi lo ha posto in esecuzione; l'argomento è complesso e sarà
301 affrontato in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_perms}.
304 \subsection{La funzione \func{fork} e le funzioni di creazione dei processi}
305 \label{sec:proc_fork}
307 La funzione \funcd{fork} è la funzione fondamentale della gestione dei
308 processi: come si è detto l'unico modo di creare un nuovo processo è
309 attraverso l'uso di questa funzione, essa quindi riveste un ruolo centrale
310 tutte le volte che si devono scrivere programmi che usano il multitasking. Il
311 prototipo della funzione è:
313 \headdecl{sys/types.h}
315 \funcdecl{pid\_t fork(void)}
316 Crea un nuovo processo.
318 \bodydesc{In caso di successo restituisce il \acr{pid} del figlio al padre e
319 zero al figlio; ritorna -1 al padre (senza creare il figlio) in caso di
320 errore; \var{errno} può assumere i valori:
322 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono risorse sufficienti per creare un altro
323 processo (per allocare la tabella delle pagine e le strutture del task) o
324 si è esaurito il numero di processi disponibili.
325 \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare la memoria per le
326 strutture necessarie al kernel per creare il nuovo processo.
330 Dopo il successo dell'esecuzione di una \func{fork} sia il processo padre che
331 il processo figlio continuano ad essere eseguiti normalmente a partire
332 dall'istruzione successiva alla \func{fork}; il processo figlio è però una
333 copia del padre, e riceve una copia dei \index{segmento!testo} segmenti di
334 testo, \itindex{stack} stack e \index{segmento!dati} dati (vedi
335 sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}), ed esegue esattamente lo stesso codice del
336 padre. Si tenga presente però che la memoria è copiata, non condivisa,
337 pertanto padre e figlio vedono variabili diverse.
339 Per quanto riguarda la gestione della memoria, in generale il
340 \index{segmento!testo} segmento di testo, che è identico per i due processi, è
341 condiviso e tenuto in read-only per il padre e per i figli. Per gli altri
342 segmenti Linux utilizza la tecnica del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on
343 write}; questa tecnica comporta che una pagina di memoria viene
344 effettivamente copiata per il nuovo processo solo quando ci viene effettuata
345 sopra una scrittura (e si ha quindi una reale differenza fra padre e figlio).
346 In questo modo si rende molto più efficiente il meccanismo della creazione di
347 un nuovo processo, non essendo più necessaria la copia di tutto lo spazio
348 degli indirizzi virtuali del padre, ma solo delle pagine di memoria che sono
349 state modificate, e solo al momento della modifica stessa.
351 La differenza che si ha nei due processi è che nel processo padre il valore di
352 ritorno della funzione \func{fork} è il \acr{pid} del processo figlio, mentre
353 nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se viene
354 eseguito dal padre o dal figlio. Si noti come la funzione \func{fork} ritorni
355 \textbf{due} volte: una nel padre e una nel figlio.
357 La scelta di questi valori di ritorno non è casuale, un processo infatti può
358 avere più figli, ed il valore di ritorno di \func{fork} è l'unico modo che gli
359 permette di identificare quello appena creato; al contrario un figlio ha
360 sempre un solo padre (il cui \acr{pid} può sempre essere ottenuto con
361 \func{getppid}, vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) per cui si usa il valore nullo,
362 che non è il \acr{pid} di nessun processo.
365 \footnotesize \centering
366 \begin{minipage}[c]{15cm}
367 \includecodesample{listati/ForkTest.c}
370 \caption{Esempio di codice per la creazione di nuovi processi.}
371 \label{fig:proc_fork_code}
374 Normalmente la chiamata a \func{fork} può fallire solo per due ragioni, o ci
375 sono già troppi processi nel sistema (il che di solito è sintomo che
376 qualcos'altro non sta andando per il verso giusto) o si è ecceduto il limite
377 sul numero totale di processi permessi all'utente (vedi
378 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}, ed in particolare
379 tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values}).
381 L'uso di \func{fork} avviene secondo due modalità principali; la prima è
382 quella in cui all'interno di un programma si creano processi figli cui viene
383 affidata l'esecuzione di una certa sezione di codice, mentre il processo padre
384 ne esegue un'altra. È il caso tipico dei programmi server (il modello
385 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}) in cui il
386 padre riceve ed accetta le richieste da parte dei programmi client, per
387 ciascuna delle quali pone in esecuzione un figlio che è incaricato di fornire
390 La seconda modalità è quella in cui il processo vuole eseguire un altro
391 programma; questo è ad esempio il caso della shell. In questo caso il processo
392 crea un figlio la cui unica operazione è quella di fare una \func{exec} (di
393 cui parleremo in sez.~\ref{sec:proc_exec}) subito dopo la \func{fork}.
395 Alcuni sistemi operativi (il VMS ad esempio) combinano le operazioni di questa
396 seconda modalità (una \func{fork} seguita da una \func{exec}) in un'unica
397 operazione che viene chiamata \textit{spawn}. Nei sistemi unix-like è stato
398 scelto di mantenere questa separazione, dato che, come per la prima modalità
399 d'uso, esistono numerosi scenari in cui si può usare una \func{fork} senza
400 aver bisogno di eseguire una \func{exec}. Inoltre, anche nel caso della
401 seconda modalità d'uso, avere le due funzioni separate permette al figlio di
402 cambiare gli attributi del processo (maschera dei segnali, redirezione
403 dell'output, identificatori) prima della \func{exec}, rendendo così
404 relativamente facile intervenire sulle le modalità di esecuzione del nuovo
407 In fig.~\ref{fig:proc_fork_code} è riportato il corpo del codice del programma
408 di esempio \cmd{forktest}, che permette di illustrare molte caratteristiche
409 dell'uso della funzione \func{fork}. Il programma crea un numero di figli
410 specificato da linea di comando, e prende anche alcune opzioni per indicare
411 degli eventuali tempi di attesa in secondi (eseguiti tramite la funzione
412 \func{sleep}) per il padre ed il figlio (con \cmd{forktest -h} si ottiene la
413 descrizione delle opzioni); il codice completo, compresa la parte che gestisce
414 le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{ForkTest.c},
415 distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi su
416 \href{http://gapil.truelite.it/gapil_source.tgz}
417 {\textsf{http://gapil.truelite.it/gapil\_source.tgz}}.
419 Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
420 (\texttt{\small 24--40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
421 controllando il successo della chiamata a \func{fork} (\texttt{\small
422 25--29}); ciascun figlio (\texttt{\small 31--34}) si limita a stampare il
423 suo numero di successione, eventualmente attendere il numero di secondi
424 specificato e scrivere un messaggio prima di uscire. Il processo padre invece
425 (\texttt{\small 36--38}) stampa un messaggio di creazione, eventualmente
426 attende il numero di secondi specificato, e procede nell'esecuzione del ciclo;
427 alla conclusione del ciclo, prima di uscire, può essere specificato un altro
430 Se eseguiamo il comando\footnote{che è preceduto dall'istruzione \code{export
431 LD\_LIBRARY\_PATH=./} per permettere l'uso delle librerie dinamiche.}
432 senza specificare attese (come si può notare in (\texttt{\small 17--19}) i
433 valori predefiniti specificano di non attendere), otterremo come output sul
435 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
436 [piccardi@selidor sources]$ export LD_LIBRARY_PATH=./; ./forktest 3
437 Process 1963: forking 3 child
438 Spawned 1 child, pid 1964
439 Child 1 successfully executing
440 Child 1, parent 1963, exiting
442 Spawned 2 child, pid 1965
443 Child 2 successfully executing
444 Child 2, parent 1963, exiting
446 Child 3 successfully executing
447 Child 3, parent 1963, exiting
448 Spawned 3 child, pid 1966
453 Esaminiamo questo risultato: una prima conclusione che si può trarre è che non
454 si può dire quale processo fra il padre ed il figlio venga eseguito per primo
455 dopo la chiamata a \func{fork}; dall'esempio si può notare infatti come nei
456 primi due cicli sia stato eseguito per primo il padre (con la stampa del
457 \acr{pid} del nuovo processo) per poi passare all'esecuzione del figlio
458 (completata con i due avvisi di esecuzione ed uscita), e tornare
459 all'esecuzione del padre (con la stampa del passaggio al ciclo successivo),
460 mentre la terza volta è stato prima eseguito il figlio (fino alla conclusione)
463 In generale l'ordine di esecuzione dipenderà, oltre che dall'algoritmo di
464 \itindex{scheduler} scheduling usato dal kernel, dalla particolare situazione
465 in cui si trova la macchina al momento della chiamata, risultando del tutto
466 impredicibile. Eseguendo più volte il programma di prova e producendo un
467 numero diverso di figli, si sono ottenute situazioni completamente diverse,
468 compreso il caso in cui il processo padre ha eseguito più di una \func{fork}
469 prima che uno dei figli venisse messo in esecuzione.
471 Pertanto non si può fare nessuna assunzione sulla sequenza di esecuzione delle
472 istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
473 essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
474 occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
475 rischio di incorrere nelle cosiddette \itindex{race~condition} \textit{race
476 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
478 In realtà a partire dal kernel 2.5.2-pre10 il nuovo \itindex{scheduler}
479 \textit{scheduler} di Ingo Molnar esegue sempre per primo il
480 figlio;\footnote{i risultati precedenti sono stati ottenuti usando un kernel
481 della serie 2.4.} questa è una ottimizzazione che serve a evitare che il
482 padre, effettuando per primo una operazione di scrittura in memoria, attivi il
483 meccanismo del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write}. Questa
484 operazione infatti potrebbe risultare del tutto inutile qualora il figlio
485 fosse stato creato solo per eseguire una \func{exec}, in tal caso infatti si
486 invocherebbe un altro programma scartando completamente lo spazio degli
487 indirizzi, rendendo superflua la copia della memoria modificata dal padre.
489 Eseguendo sempre per primo il figlio la \func{exec} verrebbe effettuata subito
490 avendo così la certezza che il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write}
491 viene utilizzato solo quando necessario. Quanto detto in precedenza vale
492 allora soltanto per i kernel fino al 2.4; per mantenere la portabilità è però
493 opportuno non fare affidamento su questo comportamento, che non si riscontra
494 in altri Unix e nelle versioni del kernel precendenti a quella indicata.
496 Si noti inoltre che essendo i segmenti di memoria utilizzati dai singoli
497 processi completamente separati, le modifiche delle variabili nei processi
498 figli (come l'incremento di \var{i} in \texttt{\small 31}) sono visibili solo
499 a loro (ogni processo vede solo la propria copia della memoria), e non hanno
500 alcun effetto sul valore che le stesse variabili hanno nel processo padre (ed
501 in eventuali altri processi figli che eseguano lo stesso codice).
503 Un secondo aspetto molto importante nella creazione dei processi figli è
504 quello dell'interazione dei vari processi con i file; per illustrarlo meglio
505 proviamo a redirigere su un file l'output del nostro programma di test, quello
507 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
508 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest 3 > output
509 [piccardi@selidor sources]$ cat output
510 Process 1967: forking 3 child
511 Child 1 successfully executing
512 Child 1, parent 1967, exiting
513 Test for forking 3 child
514 Spawned 1 child, pid 1968
516 Child 2 successfully executing
517 Child 2, parent 1967, exiting
518 Test for forking 3 child
519 Spawned 1 child, pid 1968
521 Spawned 2 child, pid 1969
523 Child 3 successfully executing
524 Child 3, parent 1967, exiting
525 Test for forking 3 child
526 Spawned 1 child, pid 1968
528 Spawned 2 child, pid 1969
530 Spawned 3 child, pid 1970
533 che come si vede è completamente diverso da quanto ottenevamo sul terminale.
535 Il comportamento delle varie funzioni di interfaccia con i file è analizzato
536 in gran dettaglio in cap.~\ref{cha:file_unix_interface} e in
537 cap.~\ref{cha:files_std_interface}. Qui basta accennare che si sono usate le
538 funzioni standard della libreria del C che prevedono l'output bufferizzato; e
539 questa bufferizzazione (trattata in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_buffering})
540 varia a seconda che si tratti di un file su disco (in cui il buffer viene
541 scaricato su disco solo quando necessario) o di un terminale (nel qual caso il
542 buffer viene scaricato ad ogni carattere di a capo).
544 Nel primo esempio allora avevamo che ad ogni chiamata a \func{printf} il
545 buffer veniva scaricato, e le singole righe erano stampate a video subito dopo
546 l'esecuzione della \func{printf}. Ma con la redirezione su file la scrittura
547 non avviene più alla fine di ogni riga e l'output resta nel buffer. Dato che
548 ogni figlio riceve una copia della memoria del padre, esso riceverà anche
549 quanto c'è nel buffer delle funzioni di I/O, comprese le linee scritte dal
550 padre fino allora. Così quando il buffer viene scritto su disco all'uscita del
551 figlio, troveremo nel file anche tutto quello che il processo padre aveva
552 scritto prima della sua creazione. E alla fine del file (dato che in questo
553 caso il padre esce per ultimo) troveremo anche l'output completo del padre.
555 L'esempio ci mostra un altro aspetto fondamentale dell'interazione con i file,
556 valido anche per l'esempio precedente, ma meno evidente: il fatto cioè che non
557 solo processi diversi possono scrivere in contemporanea sullo stesso file
558 (l'argomento della condivisione dei file è trattato in dettaglio in
559 sez.~\ref{sec:file_sharing}), ma anche che, a differenza di quanto avviene per
560 le variabili, la posizione corrente sul file è condivisa fra il padre e tutti
563 Quello che succede è che quando lo standard output del padre viene rediretto
564 come si è fatto nell'esempio, lo stesso avviene anche per tutti i figli; la
565 funzione \func{fork} infatti ha la caratteristica di duplicare nei processi
566 figli tutti i file descriptor aperti nel processo padre (allo stesso modo in
567 cui lo fa la funzione \func{dup}, trattata in sez.~\ref{sec:file_dup}), il che
568 comporta che padre e figli condividono le stesse voci della
569 \itindex{file~table} \textit{file table} (per la spiegazione di questi termini
570 si veda sez.~\ref{sec:file_sharing}) fra cui c'è anche la posizione corrente
573 In questo modo se un processo scrive sul file aggiornerà la posizione corrente
574 sulla \itindex{file~table} \textit{file table}, e tutti gli altri processi,
575 che vedono la stessa \itindex{file~table} \textit{file table}, vedranno il
576 nuovo valore. In questo modo si evita, in casi come quello appena mostrato in
577 cui diversi processi scrivono sullo stesso file, che l'output successivo di un
578 processo vada a sovrapporsi a quello dei precedenti: l'output potrà risultare
579 mescolato, ma non ci saranno parti perdute per via di una sovrascrittura.
581 Questo tipo di comportamento è essenziale in tutti quei casi in cui il padre
582 crea un figlio e attende la sua conclusione per proseguire, ed entrambi
583 scrivono sullo stesso file; un caso tipico è la shell quando lancia un
584 programma, il cui output va sullo standard output. In questo modo, anche se
585 l'output viene rediretto, il padre potrà sempre continuare a scrivere in coda
586 a quanto scritto dal figlio in maniera automatica; se così non fosse ottenere
587 questo comportamento sarebbe estremamente complesso necessitando di una
588 qualche forma di comunicazione fra i due processi per far riprendere al padre
589 la scrittura al punto giusto.
591 In generale comunque non è buona norma far scrivere più processi sullo stesso
592 file senza una qualche forma di sincronizzazione in quanto, come visto anche
593 con il nostro esempio, le varie scritture risulteranno mescolate fra loro in
594 una sequenza impredicibile. Per questo le modalità con cui in genere si usano
595 i file dopo una \func{fork} sono sostanzialmente due:
597 \item Il processo padre aspetta la conclusione del figlio. In questo caso non
598 è necessaria nessuna azione riguardo ai file, in quanto la sincronizzazione
599 della posizione corrente dopo eventuali operazioni di lettura e scrittura
600 effettuate dal figlio è automatica.
601 \item L'esecuzione di padre e figlio procede indipendentemente. In questo caso
602 ciascuno dei due processi deve chiudere i file che non gli servono una volta
603 che la \func{fork} è stata eseguita, per evitare ogni forma di interferenza.
606 Oltre ai file aperti i processi figli ereditano dal padre una serie di altre
607 proprietà; la lista dettagliata delle proprietà che padre e figlio hanno in
608 comune dopo l'esecuzione di una \func{fork} è la seguente:
610 \item i file aperti e gli eventuali flag di \itindex{close-on-exec}
611 \textit{close-on-exec} impostati (vedi sez.~\ref{sec:proc_exec} e
612 sez.~\ref{sec:file_fcntl});
613 \item gli identificatori per il controllo di accesso: l'\textsl{user-ID
614 reale}, il \textsl{group-ID reale}, l'\textsl{user-ID effettivo}, il
615 \textsl{group-ID effettivo} ed i \textit{group-ID supplementari} (vedi
616 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
617 \item gli identificatori per il controllo di sessione: il
618 \itindex{process~group} \textit{process group-ID} e il \textit{session id}
619 ed il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group});
620 \item la directory di lavoro e la directory radice (vedi
621 sez.~\ref{sec:file_work_dir} e sez.~\ref{sec:file_chroot});
622 \item la maschera dei permessi di creazione (vedi
623 sez.~\ref{sec:file_perm_management});
624 \item la maschera dei segnali bloccati (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) e le
625 azioni installate (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha});
626 \item i segmenti di memoria condivisa agganciati al processo (vedi
627 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm});
628 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
629 \item le priorità real-time e le affinità di processore (vedi
630 sez.~\ref{sec:proc_real_time} e sez.\ref{sec:proc_sched_multiprocess});
631 \item le variabili di ambiente (vedi sez.~\ref{sec:proc_environ}).
633 Le differenze fra padre e figlio dopo la \func{fork} invece sono:
635 \item il valore di ritorno di \func{fork};
636 \item il \acr{pid} (\textit{process id});
637 \item il \acr{ppid} (\textit{parent process id}), quello del figlio viene
638 impostato al \acr{pid} del padre;
639 \item i valori dei tempi di esecuzione della struttura \struct{tms} (vedi
640 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) che nel figlio sono posti a zero;
641 \item i \textit{lock} sui file (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}), che non
642 vengono ereditati dal figlio;
643 \item gli allarmi ed i segnali pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che
644 per il figlio vengono cancellati.
648 Una seconda funzione storica usata per la creazione di un nuovo processo è
649 \func{vfork}, che è esattamente identica a \func{fork} ed ha la stessa
650 semantica e gli stessi errori; la sola differenza è che non viene creata la
651 tabella delle pagine né la struttura dei task per il nuovo processo. Il
652 processo padre è posto in attesa fintanto che il figlio non ha eseguito una
653 \func{execve} o non è uscito con una \func{\_exit}. Il figlio condivide la
654 memoria del padre (e modifiche possono avere effetti imprevedibili) e non deve
655 ritornare o uscire con \func{exit} ma usare esplicitamente \func{\_exit}.
657 Questa funzione è un rimasuglio dei vecchi tempi in cui eseguire una
658 \func{fork} comportava anche la copia completa del segmento dati del processo
659 padre, che costituiva un inutile appesantimento in tutti quei casi in cui la
660 \func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
661 venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
663 Dato che Linux supporta il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write} la
664 perdita di prestazioni è assolutamente trascurabile, e l'uso di questa
665 funzione (che resta un caso speciale della system call \func{\_\_clone}) è
666 deprecato; per questo eviteremo di trattarla ulteriormente.
669 \subsection{La conclusione di un processo}
670 \label{sec:proc_termination}
672 In sez.~\ref{sec:proc_conclusion} abbiamo già affrontato le modalità con cui
673 chiudere un programma, ma dall'interno del programma stesso; avendo a che fare
674 con un sistema multitasking resta da affrontare l'argomento dal punto di vista
675 di come il sistema gestisce la conclusione dei processi.
677 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:proc_conclusion} le tre modalità con cui un
678 programma viene terminato in maniera normale: la chiamata di \func{exit} (che
679 esegue le funzioni registrate per l'uscita e chiude gli stream), il ritorno
680 dalla funzione \func{main} (equivalente alla chiamata di \func{exit}), e la
681 chiamata ad \func{\_exit} (che passa direttamente alle operazioni di
682 terminazione del processo da parte del kernel).
684 Ma abbiamo accennato che oltre alla conclusione normale esistono anche delle
685 modalità di conclusione anomala; queste sono in sostanza due: il programma può
686 chiamare la funzione \func{abort} per invocare una chiusura anomala, o essere
687 terminato da un segnale (torneremo sui segnali in cap.~\ref{cha:signals}). In
688 realtà anche la prima modalità si riconduce alla seconda, dato che
689 \func{abort} si limita a generare il segnale \const{SIGABRT}.
691 Qualunque sia la modalità di conclusione di un processo, il kernel esegue
692 comunque una serie di operazioni: chiude tutti i file aperti, rilascia la
693 memoria che stava usando, e così via; l'elenco completo delle operazioni
694 eseguite alla chiusura di un processo è il seguente:
696 \item tutti i file descriptor sono chiusi;
697 \item viene memorizzato lo stato di terminazione del processo;
698 \item ad ogni processo figlio viene assegnato un nuovo padre (in genere
700 \item viene inviato il segnale \const{SIGCHLD} al processo padre (vedi
701 sez.~\ref{sec:sig_sigchld});
702 \item se il processo è un leader di sessione ed il suo terminale di controllo
703 è quello della sessione viene mandato un segnale di \const{SIGHUP} a tutti i
704 processi del gruppo di \textit{foreground} e il terminale di controllo viene
705 disconnesso (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
706 \item se la conclusione di un processo rende orfano un \textit{process
707 group} ciascun membro del gruppo viene bloccato, e poi gli vengono
708 inviati in successione i segnali \const{SIGHUP} e \const{SIGCONT}
709 (vedi ancora sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
712 Oltre queste operazioni è però necessario poter disporre di un meccanismo
713 ulteriore che consenta di sapere come la terminazione è avvenuta: dato che in
714 un sistema unix-like tutto viene gestito attraverso i processi, il meccanismo
715 scelto consiste nel riportare lo stato di terminazione (il cosiddetto
716 \textit{termination status}) al processo padre.
718 Nel caso di conclusione normale, abbiamo visto in
719 sez.~\ref{sec:proc_conclusion} che lo stato di uscita del processo viene
720 caratterizzato tramite il valore del cosiddetto \textit{exit status}, cioè il
721 valore passato alle funzioni \func{exit} o \func{\_exit} (o dal valore di
722 ritorno per \func{main}). Ma se il processo viene concluso in maniera anomala
723 il programma non può specificare nessun \textit{exit status}, ed è il kernel
724 che deve generare autonomamente il \textit{termination status} per indicare le
725 ragioni della conclusione anomala.
727 Si noti la distinzione fra \textit{exit status} e \textit{termination status}:
728 quello che contraddistingue lo stato di chiusura del processo e viene
729 riportato attraverso le funzioni \func{wait} o \func{waitpid} (vedi
730 sez.~\ref{sec:proc_wait}) è sempre quest'ultimo; in caso di conclusione normale
731 il kernel usa il primo (nel codice eseguito da \func{\_exit}) per produrre il
734 La scelta di riportare al padre lo stato di terminazione dei figli, pur
735 essendo l'unica possibile, comporta comunque alcune complicazioni: infatti se
736 alla sua creazione è scontato che ogni nuovo processo ha un padre, non è detto
737 che sia così alla sua conclusione, dato che il padre potrebbe essere già
738 terminato (si potrebbe avere cioè quello che si chiama un processo
741 % TODO verificare il reparenting
743 Questa complicazione viene superata facendo in modo che il processo orfano
744 venga \textsl{adottato} da \cmd{init}. Come già accennato quando un processo
745 termina, il kernel controlla se è il padre di altri processi in esecuzione: in
746 caso positivo allora il \acr{ppid} di tutti questi processi viene sostituito
747 con il \acr{pid} di \cmd{init} (e cioè con 1); in questo modo ogni processo
748 avrà sempre un padre (nel caso possiamo parlare di un padre \textsl{adottivo})
749 cui riportare il suo stato di terminazione. Come verifica di questo
750 comportamento possiamo eseguire il nostro programma \cmd{forktest} imponendo a
751 ciascun processo figlio due secondi di attesa prima di uscire, il risultato è:
752 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
753 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest -c2 3
754 Process 1972: forking 3 child
755 Spawned 1 child, pid 1973
756 Child 1 successfully executing
758 Spawned 2 child, pid 1974
759 Child 2 successfully executing
761 Child 3 successfully executing
762 Spawned 3 child, pid 1975
764 [piccardi@selidor sources]$ Child 3, parent 1, exiting
765 Child 2, parent 1, exiting
766 Child 1, parent 1, exiting
768 come si può notare in questo caso il processo padre si conclude prima dei
769 figli, tornando alla shell, che stampa il prompt sul terminale: circa due
770 secondi dopo viene stampato a video anche l'output dei tre figli che
771 terminano, e come si può notare in questo caso, al contrario di quanto visto
772 in precedenza, essi riportano 1 come \acr{ppid}.
774 Altrettanto rilevante è il caso in cui il figlio termina prima del padre,
775 perché non è detto che il padre possa ricevere immediatamente lo stato di
776 terminazione, quindi il kernel deve comunque conservare una certa quantità di
777 informazioni riguardo ai processi che sta terminando.
779 Questo viene fatto mantenendo attiva la voce nella tabella dei processi, e
780 memorizzando alcuni dati essenziali, come il \acr{pid}, i tempi di CPU usati
781 dal processo (vedi sez.~\ref{sec:sys_unix_time}) e lo stato di terminazione,
782 mentre la memoria in uso ed i file aperti vengono rilasciati immediatamente. I
783 processi che sono terminati, ma il cui stato di terminazione non è stato
784 ancora ricevuto dal padre sono chiamati \index{zombie} \textit{zombie}, essi
785 restano presenti nella tabella dei processi ed in genere possono essere
786 identificati dall'output di \cmd{ps} per la presenza di una \texttt{Z} nella
787 colonna che ne indica lo stato (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}). Quando
788 il padre effettuerà la lettura dello stato di uscita anche questa
789 informazione, non più necessaria, verrà scartata e la terminazione potrà dirsi
790 completamente conclusa.
792 Possiamo utilizzare il nostro programma di prova per analizzare anche questa
793 condizione: lanciamo il comando \cmd{forktest} in \textit{background} (vedi
794 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), indicando al processo padre di aspettare 10
795 secondi prima di uscire; in questo caso, usando \cmd{ps} sullo stesso
796 terminale (prima dello scadere dei 10 secondi) otterremo:
797 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
798 [piccardi@selidor sources]$ ps T
799 PID TTY STAT TIME COMMAND
800 419 pts/0 S 0:00 bash
801 568 pts/0 S 0:00 ./forktest -e10 3
802 569 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
803 570 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
804 571 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
805 572 pts/0 R 0:00 ps T
808 e come si vede, dato che non si è fatto nulla per riceverne lo
809 stato di terminazione, i tre processi figli sono ancora presenti pur essendosi
810 conclusi, con lo stato di \index{zombie} \textit{zombie} e l'indicazione che
811 sono stati terminati.
813 La possibilità di avere degli \index{zombie} \textit{zombie} deve essere
814 tenuta sempre presente quando si scrive un programma che deve essere mantenuto
815 in esecuzione a lungo e creare molti figli. In questo caso si deve sempre
816 avere cura di far leggere l'eventuale stato di uscita di tutti i figli (in
817 genere questo si fa attraverso un apposito \textit{signal handler}, che chiama
818 la funzione \func{wait}, vedi sez.~\ref{sec:sig_sigchld} e
819 sez.~\ref{sec:proc_wait}). Questa operazione è necessaria perché anche se gli
820 \index{zombie} \textit{zombie} non consumano risorse di memoria o processore,
821 occupano comunque una voce nella tabella dei processi, che a lungo andare
824 Si noti che quando un processo adottato da \cmd{init} termina, esso non
825 diviene uno \index{zombie} \textit{zombie}; questo perché una delle funzioni
826 di \cmd{init} è appunto quella di chiamare la funzione \func{wait} per i
827 processi cui fa da padre, completandone la terminazione. Questo è quanto
828 avviene anche quando, come nel caso del precedente esempio con \cmd{forktest},
829 il padre termina con dei figli in stato di \index{zombie} \textit{zombie}:
830 alla sua terminazione infatti tutti i suoi figli (compresi gli \index{zombie}
831 \textit{zombie}) verranno adottati da \cmd{init}, il quale provvederà a
832 completarne la terminazione.
834 Si tenga presente infine che siccome gli \index{zombie} \textit{zombie} sono
835 processi già usciti, non c'è modo di eliminarli con il comando \cmd{kill};
836 l'unica possibilità di cancellarli dalla tabella dei processi è quella di
837 terminare il processo che li ha generati, in modo che \cmd{init} possa
838 adottarli e provvedere a concluderne la terminazione.
841 \subsection{La funzione \func{waitpid} e le funzioni di ricezione degli stati
843 \label{sec:proc_wait}
845 Uno degli usi più comuni delle capacità multitasking di un sistema unix-like
846 consiste nella creazione di programmi di tipo server, in cui un processo
847 principale attende le richieste che vengono poi soddisfatte da una serie di
848 processi figli. Si è già sottolineato al paragrafo precedente come in questo
849 caso diventi necessario gestire esplicitamente la conclusione dei figli onde
850 evitare di riempire di \index{zombie} \textit{zombie} la tabella dei processi;
851 le funzioni deputate a questo compito sono principalmente due, \funcd{wait} e
852 \func{waitpid}. La prima, il cui prototipo è:
854 \headdecl{sys/types.h}
855 \headdecl{sys/wait.h}
856 \funcdecl{pid\_t wait(int *status)}
858 Sospende il processo corrente finché un figlio non è uscito, o finché un
859 segnale termina il processo o chiama una funzione di gestione.
861 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del figlio in caso di successo
862 e -1 in caso di errore; \var{errno} può assumere i valori:
864 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
868 è presente fin dalle prime versioni di Unix; la funzione ritorna non appena un
869 processo figlio termina. Se un figlio è già terminato la funzione ritorna
870 immediatamente, se più di un figlio è terminato occorre chiamare la funzione
871 più volte se si vuole recuperare lo stato di terminazione di tutti quanti.
873 Al ritorno della funzione lo stato di terminazione del figlio viene salvato
874 nella variabile puntata da \param{status} e tutte le risorse del kernel
875 relative al processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_termination}) vengono rilasciate.
876 Nel caso un processo abbia più figli il valore di ritorno (il \acr{pid} del
877 figlio) permette di identificare qual è quello che è uscito.
879 Questa funzione ha il difetto di essere poco flessibile, in quanto ritorna
880 all'uscita di un qualunque processo figlio. Nelle occasioni in cui è
881 necessario attendere la conclusione di un processo specifico occorrerebbe
882 predisporre un meccanismo che tenga conto dei processi già terminati, e
883 provvedere a ripetere la chiamata alla funzione nel caso il processo cercato
886 Per questo motivo lo standard POSIX.1 ha introdotto la funzione
887 \funcd{waitpid} che effettua lo stesso servizio, ma dispone di una serie di
888 funzionalità più ampie, legate anche al controllo di sessione (si veda
889 sez.~\ref{sec:sess_job_control}). Dato che è possibile ottenere lo stesso
890 comportamento di \func{wait}\footnote{in effetti il codice
891 \code{wait(\&status)} è del tutto equivalente a \code{waitpid(WAIT\_ANY,
892 \&status, 0)}.} si consiglia di utilizzare sempre questa funzione, il cui
895 \headdecl{sys/types.h}
896 \headdecl{sys/wait.h}
897 \funcdecl{pid\_t waitpid(pid\_t pid, int *status, int options)}
898 Attende la conclusione di un processo figlio.
900 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del processo che è uscito, 0 se
901 è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e il processo non è uscito e
902 -1 per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
904 \item[\errcode{EINTR}] non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
905 la funzione è stata interrotta da un segnale.
906 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
907 non è figlio del processo chiamante.
908 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
909 l'argomento \param{options}.
913 La prima differenza fra le due funzioni è che con \func{waitpid} si può
914 specificare in maniera flessibile quale processo attendere, sulla base del
915 valore fornito dall'argomento \param{pid}, questo può assumere diversi valori,
916 secondo lo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_waidpid_pid}, dove si
917 sono riportate anche le costanti definite per indicare alcuni di essi.
922 \begin{tabular}[c]{|c|c|p{8cm}|}
924 \textbf{Valore} & \textbf{Costante} &\textbf{Significato}\\
927 $<-1$& -- & Attende per un figlio il cui
928 \itindex{process~group} \textit{process group}
929 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è uguale
930 al valore assoluto di \param{pid}. \\
931 $-1$&\const{WAIT\_ANY} & Attende per un figlio qualsiasi, usata in
932 questa maniera senza specificare nessuna opzione
933 è equivalente a \func{wait}.\\
934 $ 0$&\const{WAIT\_MYPGRP}&Attende per un figlio il cui
935 \itindex{process~group} \textit{process group}
936 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è
937 uguale a quello del processo chiamante. \\
938 $>0$& -- & Attende per un figlio il cui \acr{pid} è uguale
939 al valore di \param{pid}.\\
942 \caption{Significato dei valori dell'argomento \param{pid} della funzione
944 \label{tab:proc_waidpid_pid}
947 Il comportamento di \func{waitpid} può inoltre essere modificato passando alla
948 funzione delle opportune opzioni tramite l'argomento \param{options}; questo
949 deve essere specificato come maschera binaria dei flag riportati in
950 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options},\footnote{oltre a queste in Linux sono
951 previste del altre opzioni non standard, relative al comportamento con i
952 thread, che riprenderemo in sez.~\ref{sec:thread_xxx}.} che possono essere
953 combinati fra loro con un OR aritmetico.
955 L'uso dell'opzione \const{WNOHANG} consente di prevenire il blocco della
956 funzione qualora nessun figlio sia uscito (o non si siano verificate le altre
957 condizioni per l'uscita della funzione); in tal caso la funzione ritornerà un
958 valore nullo anziché positivo.\footnote{anche in questo caso un valore
959 positivo indicherà il \acr{pid} del processo di cui si è ricevuto lo stato
960 ed un valore negativo un errore.}
965 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
967 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
970 \const{WNOHANG} & La funzione ritorna immediatamente anche se non è
971 terminato nessun processo figlio. \\
972 \const{WUNTRACED} & Ritorna anche se un processo figlio è stato fermato. \\
973 \const{WCONTINUED}& Ritorna anche quando un processo figlio che era stato
974 fermato ha ripreso l'esecuzione.\footnotemark \\
977 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
978 della funzione \func{waitpid}.}
979 \label{tab:proc_waitpid_options}
982 \footnotetext{disponibile solo a partire dal kernel 2.6.10.}
984 Le altre due opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} consentono
985 rispettivamente di tracciare non la terminazione di un processo, ma il fatto
986 che esso sia stato fermato, o fatto ripartire, e sono utilizzate per la
987 gestione del controllo di sessione (vedi sez.~\ref{sec:sess_job_control}).
989 Nel caso di \const{WUNTRACED} la funzione ritorna, restituendone il \acr{pid},
990 quando un processo figlio entra nello stato \textit{stopped}\footnote{in
991 realtà viene notificato soltanto il caso in cui il processo è stato fermato
992 da un segnale di stop (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}), e non quello in
993 cui lo stato \textit{stopped} è dovuto all'uso di \func{ptrace} (vedi
994 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).} (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}), mentre
995 con \const{WCONTINUED} la funzione ritorna quando un processo in stato
996 \textit{stopped} riprende l'esecuzione per la ricezione del segnale
997 \const{SIGCONT} (l'uso di questi segnali per il controllo di sessione è
998 dettagliato in sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
1000 La terminazione di un processo figlio (così come gli altri eventi osservabili
1001 con \func{waitpid}) è chiaramente un evento asincrono rispetto all'esecuzione
1002 di un programma e può avvenire in un qualunque momento. Per questo motivo,
1003 come accennato nella sezione precedente, una delle azioni prese dal kernel
1004 alla conclusione di un processo è quella di mandare un segnale di
1005 \const{SIGCHLD} al padre. L'azione predefinita (si veda
1006 sez.~\ref{sec:sig_base}) per questo segnale è di essere ignorato, ma la sua
1007 generazione costituisce il meccanismo di comunicazione asincrona con cui il
1008 kernel avverte il processo padre che uno dei suoi figli è terminato.
1010 Il comportamento delle funzioni è però cambiato nel passaggio dal kernel 2.4
1011 al kernel 2.6, quest'ultimo infatti si è adeguato alle prescrizioni dello
1012 standard POSIX.1-2001,\footnote{una revisione del 2001 dello standard POSIX.1
1013 che ha aggiunto dei requisiti e delle nuove funzioni, come \func{waitid}.}
1014 e come da esso richiesto se \const{SIGCHLD} viene ignorato, o se si imposta il
1015 flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} nella ricezione dello stesso (si veda
1016 sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) i processi figli che terminano non diventano
1017 \textit{zombie} e sia \func{wait} che \func{waitpid} si bloccano fintanto che
1018 tutti i processi figli non sono terminati, dopo di che falliscono con un
1019 errore di \errcode{ENOCHLD}.\footnote{questo è anche il motivo per cui le
1020 opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} sono utilizzabili soltanto
1021 qualora non si sia impostato il flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} per il segnale
1024 Con i kernel della serie 2.4 e tutti i kernel delle serie precedenti entrambe
1025 le funzioni di attesa ignorano questa prescrizione\footnote{lo standard POSIX.1
1026 originale infatti lascia indefinito il comportamento di queste funzioni
1027 quando \const{SIGCHLD} viene ignorato.} e si comportano sempre nello stesso
1028 modo, indipendentemente dal fatto \const{SIGCHLD} sia ignorato o meno:
1029 attendono la terminazione di un processo figlio e ritornano il relativo
1030 \acr{pid} e lo stato di terminazione nell'argomento \param{status}.
1032 In generale in un programma non si vuole essere forzati ad attendere la
1033 conclusione di un processo figlio per proseguire l'esecuzione, specie se tutto
1034 questo serve solo per leggerne lo stato di chiusura (ed evitare eventualmente
1035 la presenza di \index{zombie} \textit{zombie}). Per questo la modalità più
1036 comune di chiamare queste funzioni è quella di utilizzarle all'interno di un
1037 \textit{signal handler} (vedremo un esempio di come gestire \const{SIGCHLD}
1038 con i segnali in sez.~\ref{sec:sig_example}). In questo caso infatti, dato che
1039 il segnale è generato dalla terminazione di un figlio, avremo la certezza che
1040 la chiamata a \func{waitpid} non si bloccherà.
1042 Come accennato sia \func{wait} che \func{waitpid} restituiscono lo stato di
1043 terminazione del processo tramite il puntatore \param{status} (se non
1044 interessa memorizzare lo stato si può passare un puntatore nullo). Il valore
1045 restituito da entrambe le funzioni dipende dall'implementazione, ma
1046 tradizionalmente alcuni bit (in genere 8) sono riservati per memorizzare lo
1047 stato di uscita, e altri per indicare il segnale che ha causato la
1048 terminazione (in caso di conclusione anomala), uno per indicare se è stato
1049 generato un \itindex{core~dump} \textit{core dump}, ecc.\footnote{le
1050 definizioni esatte si possono trovare in \file{<bits/waitstatus.h>} ma
1051 questo file non deve mai essere usato direttamente, esso viene incluso
1052 attraverso \file{<sys/wait.h>}.}
1054 Lo standard POSIX.1 definisce una serie di macro di preprocessore da usare per
1055 analizzare lo stato di uscita. Esse sono definite sempre in
1056 \file{<sys/wait.h>} ed elencate in tab.~\ref{tab:proc_status_macro} (si tenga
1057 presente che queste macro prendono come parametro la variabile di tipo
1058 \ctyp{int} puntata da \param{status}).
1063 \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
1065 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1068 \macro{WIFEXITED(s)} & Condizione vera (valore non nullo) per un processo
1069 figlio che sia terminato normalmente. \\
1070 \macro{WEXITSTATUS(s)} & Restituisce gli otto bit meno significativi dello
1071 stato di uscita del processo (passato attraverso
1072 \func{\_exit}, \func{exit} o come valore di
1073 ritorno di \func{main}); può essere valutata solo
1074 se \val{WIFEXITED} ha restituito un valore non
1076 \macro{WIFSIGNALED(s)} & Condizione vera se il processo figlio è terminato
1077 in maniera anomala a causa di un segnale che non
1078 è stato catturato (vedi
1079 sez.~\ref{sec:sig_notification}).\\
1080 \macro{WTERMSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha causato
1081 la terminazione anomala del processo; può essere
1082 valutata solo se \val{WIFSIGNALED} ha restituito
1083 un valore non nullo.\\
1084 \macro{WCOREDUMP(s)} & Vera se il processo terminato ha generato un
1085 file di \itindex{core~dump} \textit{core
1086 dump}; può essere valutata solo se
1087 \val{WIFSIGNALED} ha restituito un valore non
1088 nullo.\footnotemark \\
1089 \macro{WIFSTOPPED(s)} & Vera se il processo che ha causato il ritorno di
1090 \func{waitpid} è bloccato; l'uso è possibile solo
1091 con \func{waitpid} avendo specificato l'opzione
1092 \const{WUNTRACED}.\\
1093 \macro{WSTOPSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha bloccato
1094 il processo; può essere valutata solo se
1095 \val{WIFSTOPPED} ha restituito un valore non
1097 \macro{WIFCONTINUED(s)}& Vera se il processo che ha causato il ritorno è
1098 stato riavviato da un
1099 \const{SIGCONT}.\footnotemark \\
1102 \caption{Descrizione delle varie macro di preprocessore utilizzabili per
1103 verificare lo stato di terminazione \var{s} di un processo.}
1104 \label{tab:proc_status_macro}
1107 \footnotetext[18]{questa macro non è definita dallo standard POSIX.1-2001, ma è
1108 presente come estensione sia in Linux che in altri Unix, deve essere
1109 pertanto utilizzata con attenzione (ad esempio è il caso di usarla in un
1110 blocco \texttt{\#ifdef WCOREDUMP ... \#endif}.}
1112 \footnotetext{è presente solo a partire dal kernel 2.6.10.}
1114 Si tenga conto che nel caso di conclusione anomala il valore restituito da
1115 \val{WTERMSIG} può essere confrontato con le costanti definite in
1116 \file{signal.h} ed elencate in tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, e stampato
1117 usando le apposite funzioni trattate in sez.~\ref{sec:sig_strsignal}.
1119 A partire dal kernel 2.6.9, sempre in conformità allo standard POSIX.1-2001, è
1120 stata introdotta una nuova funzione di attesa che consente di avere un
1121 controllo molto più preciso sui possibili cambiamenti di stato dei processi
1122 figli e più dettagli sullo stato di uscita; la funzione è \funcd{waitid} ed il
1125 \headdecl{sys/types.h}
1127 \headdecl{sys/wait.h}
1129 \funcdecl{int waitid(idtype\_t idtype, id\_t id, siginfo\_t *infop, int
1132 Attende la conclusione di un processo figlio.
1134 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 per un errore,
1135 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1137 \item[\errcode{EINTR}] se non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
1138 la funzione è stata interrotta da un segnale.
1139 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
1140 non è figlio del processo chiamante.
1141 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
1142 l'argomento \param{options}.
1146 La funzione prevede che si specifichi quali processi si intendono osservare
1147 usando i due argomenti \param{idtype} ed \param{id}; il primo indica se si
1148 vuole porsi in attesa su un singolo processo, un gruppo di processi o un
1149 processo qualsiasi, e deve essere specificato secondo uno dei valori di
1150 tab.~\ref{tab:proc_waitid_idtype}; il secondo indica, a seconda del valore del
1151 primo, quale processo o quale gruppo di processi selezionare.
1157 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1159 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1162 \const{P\_PID} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1163 il cui \acr{pid} corrisponda al valore dell'argomento
1165 \const{P\_PGID}& Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1166 appartenente al \textit{process group} (vedi
1167 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) il cui \acr{pgid}
1168 corrisponda al valore dell'argomento \param{id}.\\
1169 \const{P\_ALL} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1170 generico, il valore dell'argomento \param{id} viene
1174 \caption{Costanti per i valori dell'argomento \param{idtype} della funzione
1176 \label{tab:proc_waitid_idtype}
1179 Come per \func{waitpid} anche il comportamento di \func{waitid} viene
1180 controllato dall'argomento \param{options}, da specificare come maschera
1181 binaria dei valori riportati in tab.~\ref{tab:proc_waitid_options}. Benché
1182 alcuni di questi siano identici come significato ed effetto ai precedenti di
1183 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options}, ci sono delle differenze significative:
1184 in questo caso si dovrà specificare esplicitamente l'attesa della terminazione
1185 di un processo impostando l'opzione \const{WEXITED}, mentre il precedente
1186 \const{WUNTRACED} è sostituito da \const{WSTOPPED}. Infine è stata aggiunta
1187 l'opzione \const{WNOWAIT} che consente una lettura dello stato mantenendo il
1188 processo in attesa di ricezione, così che una successiva chiamata possa di
1189 nuovo riceverne lo stato.
1194 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1196 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1199 \const{WEXITED} & Ritorna quando un processo figlio è terminato.\\
1200 \const{WNOHANG} & Ritorna immediatamente anche se non c'è niente da
1202 \const{WSTOPPED} & Ritorna quando un processo figlio è stato fermato.\\
1203 \const{WCONTINUED}& Ritorna quando un processo figlio che era stato
1204 fermato ha ripreso l'esecuzione.\\
1205 \const{WNOWAIT} & Lascia il processo ancora in attesa di ricezione, così
1206 che una successiva chiamata possa di nuovo riceverne
1210 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
1211 della funzione \func{waitid}.}
1212 \label{tab:proc_waitid_options}
1215 La funzione \func{waitid} restituisce un valore nullo in caso di successo, e
1216 $-1$ in caso di errore; viene restituito un valore nullo anche se è stata
1217 specificata l'opzione \const{WNOHANG} e la funzione è ritornata immediatamente
1218 senza che nessun figlio sia terminato. Pertanto per verificare il motivo del
1219 ritorno della funzione occorre analizzare le informazioni che essa
1220 restituisce; queste, al contrario delle precedenti \func{wait} e
1221 \func{waitpid} che usavano un semplice valore numerico, sono ritornate in una
1222 struttura di tipo \struct{siginfo\_t} (vedi fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t})
1223 all'indirizzo puntato dall'argomento \param{infop}.
1225 Tratteremo nei dettagli la struttura \struct{siginfo\_t} ed il significato dei
1226 suoi vari campi in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}, per quanto ci interessa qui
1227 basta dire che al ritorno di \func{waitid} verranno avvalorati i seguenti
1229 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
1230 \item[\var{si\_pid}] con il \acr{pid} del figlio.
1231 \item[\var{si\_uid}] con l'user-ID reale (vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}) del
1233 \item[\var{si\_signo}] con \const{SIGCHLD}.
1234 \item[\var{si\_status}] con lo stato di uscita del figlio o con il segnale che
1235 lo ha terminato, fermato o riavviato.
1236 \item[\var{si\_code}] con uno fra \const{CLD\_EXITED}, \const{CLD\_KILLED},
1237 \const{CLD\_STOPPED}, \const{CLD\_CONTINUED} (vedi tab.~\ref{xxx_si_code}).
1240 %TODO mettere riferimento alla tabella giusta (vedere man credentials e man
1243 Infine Linux, seguendo un'estensione di BSD, supporta altre due funzioni per
1244 la lettura dello stato di terminazione di un processo, analoghe alle
1245 precedenti ma che prevedono un ulteriore argomento attraverso il quale il
1246 kernel può restituire al padre informazioni sulle risorse (vedi
1247 sez.~\ref{sec:sys_res_limits}) usate dal processo terminato e dai vari figli.
1248 Le due funzioni sono \funcd{wait3} e \funcd{wait4}, che diventano accessibili
1249 definendo la macro \macro{\_USE\_BSD}; i loro prototipi sono:
1251 \headdecl{sys/times.h} \headdecl{sys/types.h} \headdecl{sys/wait.h}
1252 \headdecl{sys/resource.h}
1254 \funcdecl{pid\_t wait4(pid\_t pid, int *status, int options, struct rusage
1256 È identica a \func{waitpid} sia per comportamento che per i valori degli
1257 argomenti, ma restituisce in \param{rusage} un sommario delle risorse usate
1260 \funcdecl{pid\_t wait3(int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1261 Prima versione, equivalente a \code{wait4(-1, \&status, opt, rusage)} è
1262 ormai deprecata in favore di \func{wait4}.
1265 la struttura \struct{rusage} è definita in \file{sys/resource.h}, e viene
1266 utilizzata anche dalla funzione \func{getrusage} (vedi
1267 sez.~\ref{sec:sys_resource_use}) per ottenere le risorse di sistema usate da un
1268 processo; la sua definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}.
1270 \subsection{La funzione \func{exec} e le funzioni di esecuzione dei programmi}
1271 \label{sec:proc_exec}
1273 Abbiamo già detto che una delle modalità principali con cui si utilizzano i
1274 processi in Unix è quella di usarli per lanciare nuovi programmi: questo viene
1275 fatto attraverso una delle funzioni della famiglia \func{exec}. Quando un
1276 processo chiama una di queste funzioni esso viene completamente sostituito dal
1277 nuovo programma; il \acr{pid} del processo non cambia, dato che non viene
1278 creato un nuovo processo, la funzione semplicemente rimpiazza lo
1279 \itindex{stack} \textit{stack}, lo \itindex{heap} \textit{heap}, i
1280 \index{segmento!dati} dati ed il \index{segmento!testo} testo del processo
1281 corrente con un nuovo programma letto da disco.
1283 Ci sono sei diverse versioni di \func{exec} (per questo la si è chiamata
1284 famiglia di funzioni) che possono essere usate per questo compito, in realtà
1285 (come mostrato in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}), sono tutte un front-end a
1286 \funcd{execve}. Il prototipo di quest'ultima è:
1287 \begin{prototype}{unistd.h}
1288 {int execve(const char *filename, char *const argv[], char *const envp[])}
1289 Esegue il programma contenuto nel file \param{filename}.
1291 \bodydesc{La funzione ritorna solo in caso di errore, restituendo -1; nel
1292 qual caso \var{errno} può assumere i valori:
1294 \item[\errcode{EACCES}] il file non è eseguibile, oppure il filesystem è
1295 montato in \cmd{noexec}, oppure non è un file regolare o un interprete.
1296 \item[\errcode{EPERM}] il file ha i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1297 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}, l'utente non è root, il processo viene
1298 tracciato, o il filesystem è montato con l'opzione \cmd{nosuid}.
1299 \item[\errcode{ENOEXEC}] il file è in un formato non eseguibile o non
1300 riconosciuto come tale, o compilato per un'altra architettura.
1301 \item[\errcode{ENOENT}] il file o una delle librerie dinamiche o l'interprete
1302 necessari per eseguirlo non esistono.
1303 \item[\errcode{ETXTBSY}] l'eseguibile è aperto in scrittura da uno o più
1305 \item[\errcode{EINVAL}] l'eseguibile ELF ha più di un segmento
1306 \const{PF\_INTERP}, cioè chiede di essere eseguito da più di un
1308 \item[\errcode{ELIBBAD}] un interprete ELF non è in un formato
1310 \item[\errcode{E2BIG}] la lista degli argomenti è troppo grande.
1312 ed inoltre anche \errval{EFAULT}, \errval{ENOMEM}, \errval{EIO},
1313 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ELOOP}, \errval{ENOTDIR}, \errval{ENFILE},
1317 La funzione \func{exec} esegue il file o lo script indicato da
1318 \param{filename}, passandogli la lista di argomenti indicata da \param{argv}
1319 e come ambiente la lista di stringhe indicata da \param{envp}; entrambe le
1320 liste devono essere terminate da un puntatore nullo. I vettori degli
1321 argomenti e dell'ambiente possono essere acceduti dal nuovo programma
1322 quando la sua funzione \func{main} è dichiarata nella forma
1323 \code{main(int argc, char *argv[], char *envp[])}.
1325 Le altre funzioni della famiglia servono per fornire all'utente una serie di
1326 possibili diverse interfacce per la creazione di un nuovo processo. I loro
1330 \funcdecl{int execl(const char *path, const char *arg, ...)}
1331 \funcdecl{int execv(const char *path, char *const argv[])}
1332 \funcdecl{int execle(const char *path, const char *arg, ..., char
1334 \funcdecl{int execlp(const char *file, const char *arg, ...)}
1335 \funcdecl{int execvp(const char *file, char *const argv[])}
1337 Sostituiscono l'immagine corrente del processo con quella indicata nel primo
1338 argomento. Gli argomenti successivi consentono di specificare gli argomenti a
1339 linea di comando e l'ambiente ricevuti dal nuovo processo.
1341 \bodydesc{Queste funzioni ritornano solo in caso di errore, restituendo -1;
1342 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori visti in precedenza per
1346 Per capire meglio le differenze fra le funzioni della famiglia si può fare
1347 riferimento allo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_exec_scheme}. La
1348 prima differenza riguarda le modalità di passaggio dei valori che poi andranno
1349 a costituire gli argomenti a linea di comando (cioè i valori di
1350 \param{argv} e \param{argc} visti dalla funzione \func{main} del programma
1353 Queste modalità sono due e sono riassunte dagli mnemonici \code{v} e \code{l}
1354 che stanno rispettivamente per \textit{vector} e \textit{list}. Nel primo caso
1355 gli argomenti sono passati tramite il vettore di puntatori \var{argv[]} a
1356 stringhe terminate con zero che costituiranno gli argomenti a riga di comando,
1357 questo vettore \emph{deve} essere terminato da un puntatore nullo.
1359 Nel secondo caso le stringhe degli argomenti sono passate alla funzione come
1360 lista di puntatori, nella forma:
1361 \includecodesnip{listati/char_list.c}
1362 che deve essere terminata da un puntatore nullo. In entrambi i casi vale la
1363 convenzione che il primo argomento (\var{arg0} o \var{argv[0]}) viene usato
1364 per indicare il nome del file che contiene il programma che verrà eseguito.
1369 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|c|c|}
1371 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Caratteristiche}} &
1372 \multicolumn{6}{|c|}{\textbf{Funzioni}} \\
1374 &\func{execl}\texttt{ }&\func{execlp}&\func{execle}
1375 &\func{execv}\texttt{ }& \func{execvp}& \func{execve} \\
1378 argomenti a lista &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$&&& \\
1379 argomenti a vettore &&&&$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$\\
1381 filename completo &$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$\\
1382 ricerca su \var{PATH} &&$\bullet$&&&$\bullet$& \\
1384 ambiente a vettore &&&$\bullet$&&&$\bullet$ \\
1385 uso di \var{environ} &$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$& \\
1388 \caption{Confronto delle caratteristiche delle varie funzioni della
1389 famiglia \func{exec}.}
1390 \label{tab:proc_exec_scheme}
1393 La seconda differenza fra le funzioni riguarda le modalità con cui si
1394 specifica il programma che si vuole eseguire. Con lo mnemonico \code{p} si
1395 indicano le due funzioni che replicano il comportamento della shell nello
1396 specificare il comando da eseguire; quando l'argomento \param{file} non
1397 contiene una ``\texttt{/}'' esso viene considerato come un nome di programma,
1398 e viene eseguita automaticamente una ricerca fra i file presenti nella lista
1399 di directory specificate dalla variabile di ambiente \var{PATH}. Il file che
1400 viene posto in esecuzione è il primo che viene trovato. Se si ha un errore
1401 relativo a permessi di accesso insufficienti (cioè l'esecuzione della
1402 sottostante \func{execve} ritorna un \errcode{EACCES}), la ricerca viene
1403 proseguita nelle eventuali ulteriori directory indicate in \var{PATH}; solo se
1404 non viene trovato nessun altro file viene finalmente restituito
1407 Le altre quattro funzioni si limitano invece a cercare di eseguire il file
1408 indicato dall'argomento \param{path}, che viene interpretato come il
1409 \itindex{pathname} \textit{pathname} del programma.
1413 \includegraphics[width=15cm]{img/exec_rel}
1414 \caption{La interrelazione fra le sei funzioni della famiglia \func{exec}.}
1415 \label{fig:proc_exec_relat}
1418 La terza differenza è come viene passata la lista delle variabili di ambiente.
1419 Con lo mnemonico \texttt{e} vengono indicate quelle funzioni che necessitano
1420 di un vettore di parametri \var{envp[]} analogo a quello usato per gli
1421 argomenti a riga di comando (terminato quindi da un \val{NULL}), le altre
1422 usano il valore della variabile \var{environ} (vedi
1423 sez.~\ref{sec:proc_environ}) del processo di partenza per costruire
1426 Oltre a mantenere lo stesso \acr{pid}, il nuovo programma fatto partire da
1427 \func{exec} assume anche una serie di altre proprietà del processo chiamante;
1428 la lista completa è la seguente:
1430 \item il \textit{process id} (\acr{pid}) ed il \textit{parent process id}
1432 \item l'\textsl{user-ID reale}, il \textit{group-ID reale} ed i
1433 \textsl{group-ID supplementari} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1434 \item il \textit{session ID} (\acr{sid}) ed il \itindex{process~group}
1435 \textit{process group ID} (\acr{pgid}), vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group};
1436 \item il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
1437 \item il tempo restante ad un allarme (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort});
1438 \item la directory radice e la directory di lavoro corrente (vedi
1439 sez.~\ref{sec:file_work_dir});
1440 \item la maschera di creazione dei file \itindex{umask} (\textit{umask}, vedi
1441 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) ed i \textit{lock} sui file (vedi
1442 sez.~\ref{sec:file_locking});
1443 \item i segnali sospesi (\textit{pending}) e la maschera dei segnali (si veda
1444 sez.~\ref{sec:sig_sigmask});
1445 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
1446 \item i valori delle variabili \var{tms\_utime}, \var{tms\_stime},
1447 \var{tms\_cutime}, \var{tms\_ustime} (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}).
1450 Inoltre i segnali che sono stati impostati per essere ignorati nel processo
1451 chiamante mantengono la stessa impostazione pure nel nuovo programma, tutti
1452 gli altri segnali vengono impostati alla loro azione predefinita. Un caso
1453 speciale è il segnale \const{SIGCHLD} che, quando impostato a
1454 \const{SIG\_IGN}, può anche non essere reimpostato a \const{SIG\_DFL} (si veda
1455 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}).
1457 La gestione dei file aperti dipende dal valore che ha il flag di
1458 \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec} (vedi anche
1459 sez.~\ref{sec:file_fcntl}) per ciascun file descriptor. I file per cui è
1460 impostato vengono chiusi, tutti gli altri file restano aperti. Questo
1461 significa che il comportamento predefinito è che i file restano aperti
1462 attraverso una \func{exec}, a meno di una chiamata esplicita a \func{fcntl}
1463 che imposti il suddetto flag. Per le directory, lo standard POSIX.1 richiede
1464 che esse vengano chiuse attraverso una \func{exec}, in genere questo è fatto
1465 dalla funzione \func{opendir} (vedi sez.~\ref{sec:file_dir_read}) che effettua
1466 da sola l'impostazione del flag di \itindex{close-on-exec}
1467 \textit{close-on-exec} sulle directory che apre, in maniera trasparente
1470 Abbiamo detto che l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID reale}
1471 restano gli stessi all'esecuzione di \func{exec}; normalmente vale lo stesso
1472 anche per l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} (il
1473 significato di questi identificatori è trattato in
1474 sez.~\ref{sec:proc_access_id}), tranne quando il file di cui viene chiesta
1475 l'esecuzione ha o il \itindex{suid~bit} \acr{suid} bit o lo \itindex{sgid~bit}
1476 \acr{sgid} bit impostato, in questo caso l'\textsl{user-ID effettivo} ed il
1477 \textsl{group-ID effettivo} vengono impostati rispettivamente all'utente o al
1478 gruppo cui il file appartiene (per i dettagli di questo comportamento si veda
1479 sez.~\ref{sec:proc_perms}).
1481 Se il file da eseguire è in formato \emph{a.out} e necessita di librerie
1482 condivise, viene lanciato il \textit{linker} dinamico \cmd{/lib/ld.so} prima
1483 del programma per caricare le librerie necessarie ed effettuare il link
1484 dell'eseguibile.\footnote{il formato è ormai in completo disuso, per cui è
1485 molto probabile che non il relativo supporto non sia disponibile.} Se il
1486 programma è in formato ELF per caricare le librerie dinamiche viene usato
1487 l'interprete indicato nel segmento \const{PT\_INTERP} previsto dal formato
1488 stesso, in genere questo è \sysfile{/lib/ld-linux.so.1} per programmi
1489 collegati con le \acr{libc5}, e \sysfile{/lib/ld-linux.so.2} per programmi
1490 collegati con le \acr{glibc}.
1492 Infine nel caso il file sia uno script esso deve iniziare con una linea nella
1493 forma \cmd{\#!/path/to/interpreter [argomenti]} dove l'interprete indicato
1494 deve essere un programma valido (binario, non un altro script) che verrà
1495 chiamato come se si fosse eseguito il comando \cmd{interpreter [argomenti]
1496 filename}.\footnote{si tenga presente che con Linux quanto viene scritto
1497 come \texttt{argomenti} viene passato all'interprete come un unico argomento
1498 con una unica stringa di lunghezza massima di 127 caratteri e se questa
1499 dimensione viene ecceduta la stringa viene troncata; altri Unix hanno
1500 dimensioni massime diverse, e diversi comportamenti, ad esempio FreeBSD
1501 esegue la scansione della riga e la divide nei vari argomenti e se è troppo
1502 lunga restituisce un errore di \const{ENAMETOOLONG}, una comparazione dei
1503 vari comportamenti si trova su
1504 \href{http://www.in-ulm.de/~mascheck/various/shebang/}
1505 {\textsf{http://www.in-ulm.de/\tild mascheck/various/shebang/}}.}
1507 Con la famiglia delle \func{exec} si chiude il novero delle funzioni su cui è
1508 basata la gestione dei processi in Unix: con \func{fork} si crea un nuovo
1509 processo, con \func{exec} si lancia un nuovo programma, con \func{exit} e
1510 \func{wait} si effettua e verifica la conclusione dei processi. Tutte le
1511 altre funzioni sono ausiliarie e servono per la lettura e l'impostazione dei
1512 vari parametri connessi ai processi.
1516 \section{Il controllo di accesso}
1517 \label{sec:proc_perms}
1519 In questa sezione esamineremo le problematiche relative al controllo di
1520 accesso dal punto di vista dei processi; vedremo quali sono gli identificatori
1521 usati, come questi possono essere modificati nella creazione e nel lancio di
1522 nuovi processi, le varie funzioni per la loro manipolazione diretta e tutte le
1523 problematiche connesse ad una gestione accorta dei privilegi.
1526 \subsection{Gli identificatori del controllo di accesso}
1527 \label{sec:proc_access_id}
1529 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_multiuser} il modello base\footnote{in
1530 realtà già esistono estensioni di questo modello base, che lo rendono più
1531 flessibile e controllabile, come le \itindex{capabilities}
1532 \textit{capabilities} illustrate in sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, le ACL
1533 per i file (vedi sez.~\ref{sec:file_ACL}) o il
1534 \itindex{Mandatory~Access~Control~(MAC)} \textit{Mandatory Access Control}
1535 di \index{SELinux} SELinux; inoltre basandosi sul lavoro effettuato con
1536 SELinux, a partire dal kernel 2.5.x, è iniziato lo sviluppo di una
1537 infrastruttura di sicurezza, i \itindex{Linux~Security~Modules}
1538 \textit{Linux Security Modules}, o LSM, in grado di fornire diversi agganci
1539 a livello del kernel per modularizzare tutti i possibili controlli di
1540 accesso.} di sicurezza di un sistema unix-like è fondato sui concetti di
1541 utente e gruppo, e sulla separazione fra l'amministratore (\textsl{root},
1542 detto spesso anche \textit{superuser}) che non è sottoposto a restrizioni, ed
1543 il resto degli utenti, per i quali invece vengono effettuati i vari controlli
1546 Abbiamo già accennato come il sistema associ ad ogni utente e gruppo due
1547 identificatori univoci, lo user-ID ed il group-ID; questi servono al kernel per
1548 identificare uno specifico utente o un gruppo di utenti, per poi poter
1549 controllare che essi siano autorizzati a compiere le operazioni richieste. Ad
1550 esempio in sez.~\ref{sec:file_access_control} vedremo come ad ogni file vengano
1551 associati un utente ed un gruppo (i suoi \textsl{proprietari}, indicati
1552 appunto tramite un \acr{uid} ed un \acr{gid}) che vengono controllati dal
1553 kernel nella gestione dei permessi di accesso.
1555 Dato che tutte le operazioni del sistema vengono compiute dai processi, è
1556 evidente che per poter implementare un controllo sulle operazioni occorre
1557 anche poter identificare chi è che ha lanciato un certo programma, e pertanto
1558 anche a ciascun processo dovrà essere associato un utente e un gruppo.
1560 Un semplice controllo di una corrispondenza fra identificativi non garantisce
1561 però sufficiente flessibilità per tutti quei casi in cui è necessario poter
1562 disporre di privilegi diversi, o dover impersonare un altro utente per un
1563 limitato insieme di operazioni. Per questo motivo in generale tutti gli Unix
1564 prevedono che i processi abbiano almeno due gruppi di identificatori, chiamati
1565 rispettivamente \textit{real} ed \textit{effective} (cioè \textsl{reali} ed
1566 \textsl{effettivi}). Nel caso di Linux si aggiungono poi altri due gruppi, il
1567 \textit{saved} (\textsl{salvati}) ed il \textit{filesystem} (\textsl{di
1568 filesystem}), secondo la situazione illustrata in
1569 tab.~\ref{tab:proc_uid_gid}.
1574 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|p{7.3cm}|}
1576 \textbf{Suffisso} & \textbf{Gruppo} & \textbf{Denominazione}
1577 & \textbf{Significato} \\
1580 \acr{uid} & \textit{real} & \textsl{user-ID reale}
1581 & Indica l'utente che ha lanciato il programma.\\
1582 \acr{gid} & '' &\textsl{group-ID reale}
1583 & Indica il gruppo principale dell'utente che ha lanciato
1586 \acr{euid} & \textit{effective} &\textsl{user-ID effettivo}
1587 & Indica l'utente usato nel controllo di accesso.\\
1588 \acr{egid} & '' & \textsl{group-ID effettivo}
1589 & Indica il gruppo usato nel controllo di accesso.\\
1590 -- & -- & \textsl{group-ID supplementari}
1591 & Indicano gli ulteriori gruppi cui l'utente appartiene.\\
1593 -- & \textit{saved} & \textsl{user-ID salvato}
1594 & È una copia dell'\acr{euid} iniziale.\\
1595 -- & '' & \textsl{group-ID salvato}
1596 & È una copia dell'\acr{egid} iniziale.\\
1598 \acr{fsuid} & \textit{filesystem} &\textsl{user-ID di filesystem}
1599 & Indica l'utente effettivo per l'accesso al filesystem. \\
1600 \acr{fsgid} & '' & \textsl{group-ID di filesystem}
1601 & Indica il gruppo effettivo per l'accesso al filesystem.\\
1604 \caption{Identificatori di utente e gruppo associati a ciascun processo con
1605 indicazione dei suffissi usati dalle varie funzioni di manipolazione.}
1606 \label{tab:proc_uid_gid}
1609 Al primo gruppo appartengono l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID
1610 reale}: questi vengono impostati al login ai valori corrispondenti
1611 all'utente con cui si accede al sistema (e relativo gruppo principale).
1612 Servono per l'identificazione dell'utente e normalmente non vengono mai
1613 cambiati. In realtà vedremo (in sez.~\ref{sec:proc_setuid}) che è possibile
1614 modificarli, ma solo ad un processo che abbia i privilegi di amministratore;
1615 questa possibilità è usata proprio dal programma \cmd{login} che, una volta
1616 completata la procedura di autenticazione, lancia una shell per la quale
1617 imposta questi identificatori ai valori corrispondenti all'utente che entra
1620 Al secondo gruppo appartengono lo \textsl{user-ID effettivo} ed il
1621 \textsl{group-ID effettivo} (a cui si aggiungono gli eventuali \textsl{group-ID
1622 supplementari} dei gruppi dei quali l'utente fa parte). Questi sono invece
1623 gli identificatori usati nelle verifiche dei permessi del processo e per il
1624 controllo di accesso ai file (argomento affrontato in dettaglio in
1625 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1627 Questi identificatori normalmente sono identici ai corrispondenti del gruppo
1628 \textit{real} tranne nel caso in cui, come accennato in
1629 sez.~\ref{sec:proc_exec}, il programma che si è posto in esecuzione abbia i
1630 bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati
1631 (il significato di questi bit è affrontato in dettaglio in
1632 sez.~\ref{sec:file_special_perm}). In questo caso essi saranno impostati
1633 all'utente e al gruppo proprietari del file. Questo consente, per programmi in
1634 cui ci sia necessità, di dare a qualunque utente normale privilegi o permessi
1635 di un altro (o dell'amministratore).
1637 Come nel caso del \acr{pid} e del \acr{ppid}, anche tutti questi
1638 identificatori possono essere letti attraverso le rispettive funzioni:
1639 \funcd{getuid}, \funcd{geteuid}, \funcd{getgid} e \funcd{getegid}, i loro
1643 \headdecl{sys/types.h}
1644 \funcdecl{uid\_t getuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID reale} del
1647 \funcdecl{uid\_t geteuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID effettivo} del
1650 \funcdecl{gid\_t getgid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID reale} del
1653 \funcdecl{gid\_t getegid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID effettivo}
1654 del processo corrente.
1656 \bodydesc{Queste funzioni non riportano condizioni di errore.}
1659 In generale l'uso di privilegi superiori deve essere limitato il più
1660 possibile, per evitare abusi e problemi di sicurezza, per questo occorre anche
1661 un meccanismo che consenta ad un programma di rilasciare gli eventuali
1662 maggiori privilegi necessari, una volta che si siano effettuate le operazioni
1663 per i quali erano richiesti, e a poterli eventualmente recuperare in caso
1666 Questo in Linux viene fatto usando altri due gruppi di identificatori, il
1667 \textit{saved} ed il \textit{filesystem}. Il primo gruppo è lo stesso usato in
1668 SVr4, e previsto dallo standard POSIX quando è definita la costante
1669 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS},\footnote{in caso si abbia a cuore la portabilità
1670 del programma su altri Unix è buona norma controllare sempre la
1671 disponibilità di queste funzioni controllando se questa costante è
1672 definita.} il secondo gruppo è specifico di Linux e viene usato per
1673 migliorare la sicurezza con NFS.
1675 L'\textsl{user-ID salvato} ed il \textsl{group-ID salvato} sono copie
1676 dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo} del processo
1677 padre, e vengono impostati dalla funzione \func{exec} all'avvio del processo,
1678 come copie dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo}
1679 dopo che questi sono stati impostati tenendo conto di eventuali
1680 \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}. Essi quindi
1681 consentono di tenere traccia di quale fossero utente e gruppo effettivi
1682 all'inizio dell'esecuzione di un nuovo programma.
1684 L'\textsl{user-ID di filesystem} e il \textsl{group-ID di filesystem} sono
1685 un'estensione introdotta in Linux per rendere più sicuro l'uso di NFS
1686 (torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:proc_setuid}). Essi sono una
1687 replica dei corrispondenti identificatori del gruppo \textit{effective}, ai
1688 quali si sostituiscono per tutte le operazioni di verifica dei permessi
1689 relativi ai file (trattate in sez.~\ref{sec:file_perm_overview}). Ogni
1690 cambiamento effettuato sugli identificatori effettivi viene automaticamente
1691 riportato su di essi, per cui in condizioni normali si può tranquillamente
1692 ignorarne l'esistenza, in quanto saranno del tutto equivalenti ai precedenti.
1695 \subsection{Le funzioni di gestione degli identificatori dei processi}
1696 \label{sec:proc_setuid}
1698 Le due funzioni più comuni che vengono usate per cambiare identità (cioè
1699 utente e gruppo di appartenenza) ad un processo sono rispettivamente
1700 \funcd{setuid} e \funcd{setgid}; come accennato in
1701 sez.~\ref{sec:proc_access_id} in Linux esse seguono la semantica POSIX che
1702 prevede l'esistenza dell'\textit{user-ID salvato} e del \textit{group-ID
1703 salvato}; i loro prototipi sono:
1706 \headdecl{sys/types.h}
1708 \funcdecl{int setuid(uid\_t uid)} Imposta l'\textsl{user-ID} del processo
1711 \funcdecl{int setgid(gid\_t gid)} Imposta il \textsl{group-ID} del processo
1714 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1715 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1718 Il funzionamento di queste due funzioni è analogo, per cui considereremo solo
1719 la prima; la seconda si comporta esattamente allo stesso modo facendo
1720 riferimento al \textsl{group-ID} invece che all'\textsl{user-ID}. Gli
1721 eventuali \textsl{group-ID supplementari} non vengono modificati.
1723 L'effetto della chiamata è diverso a seconda dei privilegi del processo; se
1724 l'\textsl{user-ID effettivo} è zero (cioè è quello dell'amministratore di
1725 sistema) allora tutti gli identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e
1726 \textit{saved}) vengono impostati al valore specificato da \param{uid},
1727 altrimenti viene impostato solo l'\textsl{user-ID effettivo}, e soltanto se il
1728 valore specificato corrisponde o all'\textsl{user-ID reale} o
1729 all'\textsl{user-ID salvato}. Negli altri casi viene segnalato un errore (con
1732 Come accennato l'uso principale di queste funzioni è quello di poter
1733 consentire ad un programma con i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1734 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati (vedi sez.~\ref{sec:file_special_perm})
1735 di riportare l'\textsl{user-ID effettivo} a quello dell'utente che ha lanciato
1736 il programma, effettuare il lavoro che non necessita di privilegi aggiuntivi,
1737 ed eventualmente tornare indietro.
1739 Come esempio per chiarire l'uso di queste funzioni prendiamo quello con cui
1740 viene gestito l'accesso al file \sysfile{/var/log/utmp}. In questo file viene
1741 registrato chi sta usando il sistema al momento corrente; chiaramente non può
1742 essere lasciato aperto in scrittura a qualunque utente, che potrebbe
1743 falsificare la registrazione. Per questo motivo questo file (e l'analogo
1744 \sysfile{/var/log/wtmp} su cui vengono registrati login e logout) appartengono
1745 ad un gruppo dedicato (\acr{utmp}) ed i programmi che devono accedervi (ad
1746 esempio tutti i programmi di terminale in X, o il programma \cmd{screen} che
1747 crea terminali multipli su una console) appartengono a questo gruppo ed hanno
1748 il bit \acr{sgid} impostato.
1750 Quando uno di questi programmi (ad esempio \cmd{xterm}) viene lanciato, la
1751 situazione degli identificatori è la seguente:
1754 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (del chiamante)} \\
1755 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1756 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp}}
1758 in questo modo, dato che il \textsl{group-ID effettivo} è quello giusto, il
1759 programma può accedere a \sysfile{/var/log/utmp} in scrittura ed aggiornarlo.
1760 A questo punto il programma può eseguire una \code{setgid(getgid())} per
1761 impostare il \textsl{group-ID effettivo} a quello dell'utente (e dato che il
1762 \textsl{group-ID reale} corrisponde la funzione avrà successo), in questo modo
1763 non sarà possibile lanciare dal terminale programmi che modificano detto file,
1764 in tal caso infatti la situazione degli identificatori sarebbe:
1767 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1768 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{gid}} \\
1769 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1771 e ogni processo lanciato dal terminale avrebbe comunque \acr{gid} come
1772 \textsl{group-ID effettivo}. All'uscita dal terminale, per poter di nuovo
1773 aggiornare lo stato di \sysfile{/var/log/utmp} il programma eseguirà una
1774 \code{setgid(utmp)} (dove \var{utmp} è il valore numerico associato al gruppo
1775 \acr{utmp}, ottenuto ad esempio con una precedente \func{getegid}), dato che
1776 in questo caso il valore richiesto corrisponde al \textsl{group-ID salvato} la
1777 funzione avrà successo e riporterà la situazione a:
1780 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1781 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1782 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1784 consentendo l'accesso a \sysfile{/var/log/utmp}.
1786 Occorre però tenere conto che tutto questo non è possibile con un processo con
1787 i privilegi di amministratore, in tal caso infatti l'esecuzione di una
1788 \func{setuid} comporta il cambiamento di tutti gli identificatori associati al
1789 processo, rendendo impossibile riguadagnare i privilegi di amministratore.
1790 Questo comportamento è corretto per l'uso che ne fa \cmd{login} una volta che
1791 crea una nuova shell per l'utente; ma quando si vuole cambiare soltanto
1792 l'\textsl{user-ID effettivo} del processo per cedere i privilegi occorre
1793 ricorrere ad altre funzioni.
1795 Le due funzioni \funcd{setreuid} e \funcd{setregid} derivano da BSD che, non
1796 supportando\footnote{almeno fino alla versione 4.3+BSD.} gli identificatori
1797 del gruppo \textit{saved}, le usa per poter scambiare fra di loro
1798 \textit{effective} e \textit{real}. I rispettivi prototipi sono:
1801 \headdecl{sys/types.h}
1803 \funcdecl{int setreuid(uid\_t ruid, uid\_t euid)} Imposta l'\textsl{user-ID
1804 reale} e l'\textsl{user-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1805 specificati da \param{ruid} e \param{euid}.
1807 \funcdecl{int setregid(gid\_t rgid, gid\_t egid)} Imposta il \textsl{group-ID
1808 reale} ed il \textsl{group-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1809 specificati da \param{rgid} e \param{egid}.
1811 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1812 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1815 La due funzioni sono analoghe ed il loro comportamento è identico; quanto
1816 detto per la prima riguardo l'user-ID, si applica immediatamente alla seconda
1817 per il group-ID. I processi non privilegiati possono impostare solo i valori
1818 del loro user-ID effettivo o reale; valori diversi comportano il fallimento
1819 della chiamata; l'amministratore invece può specificare un valore qualunque.
1820 Specificando un argomento di valore -1 l'identificatore corrispondente verrà
1821 lasciato inalterato.
1823 Con queste funzioni si possono scambiare fra loro gli user-ID reale e
1824 effettivo, e pertanto è possibile implementare un comportamento simile a
1825 quello visto in precedenza per \func{setgid}, cedendo i privilegi con un primo
1826 scambio, e recuperandoli, eseguito il lavoro non privilegiato, con un secondo
1829 In questo caso però occorre porre molta attenzione quando si creano nuovi
1830 processi nella fase intermedia in cui si sono scambiati gli identificatori, in
1831 questo caso infatti essi avranno un user-ID reale privilegiato, che dovrà
1832 essere esplicitamente eliminato prima di porre in esecuzione un nuovo
1833 programma (occorrerà cioè eseguire un'altra chiamata dopo la \func{fork} e
1834 prima della \func{exec} per uniformare l'user-ID reale a quello effettivo) in
1835 caso contrario il nuovo programma potrebbe a sua volta effettuare uno scambio
1836 e riottenere privilegi non previsti.
1838 Lo stesso problema di propagazione dei privilegi ad eventuali processi figli
1839 si pone per l'user-ID salvato: questa funzione deriva da un'implementazione che
1840 non ne prevede la presenza, e quindi non è possibile usarla per correggere la
1841 situazione come nel caso precedente. Per questo motivo in Linux tutte le volte
1842 che si imposta un qualunque valore diverso da quello dall'user-ID reale
1843 corrente, l'user-ID salvato viene automaticamente uniformato al valore
1844 dell'user-ID effettivo.
1846 Altre due funzioni, \funcd{seteuid} e \funcd{setegid}, sono un'estensione
1847 dello standard POSIX.1, ma sono comunque supportate dalla maggior parte degli
1848 Unix; esse vengono usate per cambiare gli identificatori del gruppo
1849 \textit{effective} ed i loro prototipi sono:
1852 \headdecl{sys/types.h}
1854 \funcdecl{int seteuid(uid\_t uid)} Imposta l'user-ID effettivo del processo
1855 corrente a \param{uid}.
1857 \funcdecl{int setegid(gid\_t gid)} Imposta il group-ID effettivo del processo
1858 corrente a \param{gid}.
1860 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1861 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1864 Come per le precedenti le due funzioni sono identiche, per cui tratteremo solo
1865 la prima. Gli utenti normali possono impostare l'user-ID effettivo solo al
1866 valore dell'user-ID reale o dell'user-ID salvato, l'amministratore può
1867 specificare qualunque valore. Queste funzioni sono usate per permettere
1868 all'amministratore di impostare solo l'user-ID effettivo, dato che l'uso
1869 normale di \func{setuid} comporta l'impostazione di tutti gli identificatori.
1872 Le due funzioni \funcd{setresuid} e \funcd{setresgid} sono invece
1873 un'estensione introdotta in Linux,\footnote{per essere precisi a partire dal
1874 kernel 2.1.44.} e permettono un completo controllo su tutti e tre i gruppi
1875 di identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}), i loro
1879 \headdecl{sys/types.h}
1881 \funcdecl{int setresuid(uid\_t ruid, uid\_t euid, uid\_t suid)} Imposta
1882 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente
1883 ai valori specificati rispettivamente da \param{ruid}, \param{euid} e
1886 \funcdecl{int setresgid(gid\_t rgid, gid\_t egid, gid\_t sgid)} Imposta il
1887 group-ID reale, il group-ID effettivo ed il group-ID salvato del processo
1888 corrente ai valori specificati rispettivamente da \param{rgid}, \param{egid} e
1891 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1892 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1895 Le due funzioni sono identiche, quanto detto per la prima riguardo gli user-ID
1896 si applica alla seconda per i group-ID. I processi non privilegiati possono
1897 cambiare uno qualunque degli user-ID solo ad un valore corrispondente o
1898 all'user-ID reale, o a quello effettivo o a quello salvato, l'amministratore
1899 può specificare i valori che vuole; un valore di -1 per un qualunque argomento
1900 lascia inalterato l'identificatore corrispondente.
1902 Per queste funzioni esistono anche due controparti che permettono di leggere
1903 in blocco i vari identificatori: \funcd{getresuid} e \funcd{getresgid}; i loro
1907 \headdecl{sys/types.h}
1909 \funcdecl{int getresuid(uid\_t *ruid, uid\_t *euid, uid\_t *suid)} Legge
1910 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente.
1912 \funcdecl{int getresgid(gid\_t *rgid, gid\_t *egid, gid\_t *sgid)} Legge il
1913 group-ID reale, il group-ID effettivo e il group-ID salvato del processo
1916 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
1917 fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EFAULT} se gli indirizzi delle
1918 variabili di ritorno non sono validi.}
1921 Anche queste funzioni sono un'estensione specifica di Linux, e non richiedono
1922 nessun privilegio. I valori sono restituiti negli argomenti, che vanno
1923 specificati come puntatori (è un altro esempio di
1924 \itindex{value~result~argument} \textit{value result argument}). Si noti che
1925 queste funzioni sono le uniche in grado di leggere gli identificatori del
1926 gruppo \textit{saved}.
1929 Infine le funzioni \func{setfsuid} e \func{setfsgid} servono per impostare gli
1930 identificatori del gruppo \textit{filesystem} che sono usati da Linux per il
1931 controllo dell'accesso ai file. Come già accennato in
1932 sez.~\ref{sec:proc_access_id} Linux definisce questo ulteriore gruppo di
1933 identificatori, che in circostanze normali sono assolutamente equivalenti a
1934 quelli del gruppo \textit{effective}, dato che ogni cambiamento di questi
1935 ultimi viene immediatamente riportato su di essi.
1937 C'è un solo caso in cui si ha necessità di introdurre una differenza fra gli
1938 identificatori dei gruppi \textit{effective} e \textit{filesystem}, ed è per
1939 ovviare ad un problema di sicurezza che si presenta quando si deve
1940 implementare un server NFS.
1942 Il server NFS infatti deve poter cambiare l'identificatore con cui accede ai
1943 file per assumere l'identità del singolo utente remoto, ma se questo viene
1944 fatto cambiando l'user-ID effettivo o l'user-ID reale il server si espone alla
1945 ricezione di eventuali segnali ostili da parte dell'utente di cui ha
1946 temporaneamente assunto l'identità. Cambiando solo l'user-ID di filesystem si
1947 ottengono i privilegi necessari per accedere ai file, mantenendo quelli
1948 originari per quanto riguarda tutti gli altri controlli di accesso, così che
1949 l'utente non possa inviare segnali al server NFS.
1951 Le due funzioni usate per cambiare questi identificatori sono \funcd{setfsuid}
1952 e \funcd{setfsgid}, ovviamente sono specifiche di Linux e non devono essere
1953 usate se si intendono scrivere programmi portabili; i loro prototipi sono:
1955 \headdecl{sys/fsuid.h}
1957 \funcdecl{int setfsuid(uid\_t fsuid)} Imposta l'user-ID di filesystem del
1958 processo corrente a \param{fsuid}.
1960 \funcdecl{int setfsgid(gid\_t fsgid)} Imposta il group-ID di filesystem del
1961 processo corrente a \param{fsgid}.
1963 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1964 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1966 \noindent queste funzioni hanno successo solo se il processo chiamante ha i
1967 privilegi di amministratore o, per gli altri utenti, se il valore specificato
1968 coincide con uno dei di quelli del gruppo \textit{real}, \textit{effective} o
1972 \subsection{Le funzioni per la gestione dei gruppi associati a un processo}
1973 \label{sec:proc_setgroups}
1975 Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui
1976 gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere
1977 almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di
1978 gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
1979 sez.~\ref{sec:sys_sysconf}), leggendo il parametro
1980 \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono
1981 ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni.
1983 La funzione che permette di leggere i gruppi supplementari associati ad un
1984 processo è \funcd{getgroups}; questa funzione è definita nello standard
1985 POSIX.1, ed il suo prototipo è:
1987 \headdecl{sys/types.h}
1990 \funcdecl{int getgroups(int size, gid\_t list[])}
1992 Legge gli identificatori dei gruppi supplementari.
1994 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di gruppi letti in caso di
1995 successo e -1 in caso di fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà
1998 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
1999 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è diverso da zero ma
2000 minore del numero di gruppi supplementari del processo.
2004 La funzione legge gli identificatori dei gruppi supplementari del processo sul
2005 vettore \param{list} di dimensione \param{size}. Non è specificato se la
2006 funzione inserisca o meno nella lista il group-ID effettivo del processo. Se si
2007 specifica un valore di \param{size} uguale a 0 \param{list} non viene
2008 modificato, ma si ottiene il numero di gruppi supplementari.
2010 Una seconda funzione, \funcd{getgrouplist}, può invece essere usata per
2011 ottenere tutti i gruppi a cui appartiene un certo utente; il suo prototipo è:
2013 \headdecl{sys/types.h}
2016 \funcdecl{int getgrouplist(const char *user, gid\_t group, gid\_t *groups,
2017 int *ngroups)} Legge i gruppi supplementari.
2019 \bodydesc{La funzione legge fino ad un massimo di \param{ngroups} valori,
2020 restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento.}
2023 La funzione legge i gruppi supplementari dell'utente specificato da
2024 \param{user}, eseguendo una scansione del database dei gruppi (si veda
2025 sez.~\ref{sec:sys_user_group}). Ritorna poi in \param{groups} la lista di
2026 quelli a cui l'utente appartiene. Si noti che \param{ngroups} è passato come
2027 puntatore perché, qualora il valore specificato sia troppo piccolo, la
2028 funzione ritorna -1, passando indietro il numero dei gruppi trovati.
2030 Per impostare i gruppi supplementari di un processo ci sono due funzioni, che
2031 possono essere usate solo se si hanno i privilegi di amministratore. La prima
2032 delle due è \funcd{setgroups}, ed il suo prototipo è:
2034 \headdecl{sys/types.h}
2037 \funcdecl{int setgroups(size\_t size, gid\_t *list)}
2039 Imposta i gruppi supplementari del processo.
2041 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2042 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2044 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2045 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
2046 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è maggiore del valore
2051 La funzione imposta i gruppi supplementari del processo corrente ai valori
2052 specificati nel vettore passato con l'argomento \param{list}, di dimensioni
2053 date dall'argomento \param{size}. Il numero massimo di gruppi supplementari è
2054 un parametro di sistema, che può essere ricavato con le modalità spiegate in
2055 sez.~\ref{sec:sys_characteristics}.
2057 Se invece si vogliono impostare i gruppi supplementari del processo a quelli di
2058 un utente specifico, si può usare \funcd{initgroups} il cui prototipo è:
2060 \headdecl{sys/types.h}
2063 \funcdecl{int initgroups(const char *user, gid\_t group)}
2065 Inizializza la lista dei gruppi supplementari.
2067 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2068 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà gli stessi valori di
2069 \func{setgroups} più \errval{ENOMEM} quando non c'è memoria sufficiente
2070 per allocare lo spazio per informazioni dei gruppi.}
2073 La funzione esegue la scansione del database dei gruppi (usualmente
2074 \conffile{/etc/group}) cercando i gruppi di cui è membro l'utente \param{user}
2075 con cui costruisce una lista di gruppi supplementari, a cui aggiunge anche
2076 \param{group}, infine imposta questa lista per il processo corrente usando
2077 \func{setgroups}. Si tenga presente che sia \func{setgroups} che
2078 \func{initgroups} non sono definite nello standard POSIX.1 e che pertanto non
2079 è possibile utilizzarle quando si definisce \macro{\_POSIX\_SOURCE} o si
2080 compila con il flag \cmd{-ansi}, è pertanto meglio evitarle se si vuole
2081 scrivere codice portabile.
2084 \subsection{La gestione delle \textit{capabilities}}
2085 \label{sec:proc_capabilities}
2087 \itindbeg{capabilities}
2089 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_access_id} l'architettura classica della
2090 gestione dei privilegi in un sistema unix-like ha il sostanziale problema di
2091 fornire all'amministratore dei poteri troppo ampi, questo comporta che anche
2092 quando si siano predisposte delle misure di protezione per in essere in grado
2093 di difendersi dagli effetti di una eventuale compromissione del
2094 sistema,\footnote{come montare un filesystem in sola lettura per impedirne
2095 modifiche, o marcare un file come immutabile.} una volta che questa sia
2096 stata effettuata e si siano ottenuti i privilegi di amministratore, queste
2097 potranno essere comunque rimosse.\footnote{nei casi elencati nella precedente
2098 nota si potrà sempre rimontare il sistema in lettura-scrittura, o togliere
2099 la marcatura di immutabilità.}
2101 Il problema consiste nel fatto che nell'architettura tradizionale di un
2102 sistema unix-like i controlli di accesso sono basati su un solo livello di
2103 separazione: per i processi normali essi sono posti in atto, mentre per i
2104 processi con i privilegi di amministratore essi non vengono neppure eseguiti;
2105 per questo motivo non era previsto alcun modo per evitare che un processo con
2106 diritti di amministratore non potesse eseguire certe operazioni, o per cedere
2107 definitivamente alcuni privilegi da un certo momento in poi.
2109 Per ovviare a tutto ciò, a partire dai kernel della serie 2.2, è stato
2110 introdotto un meccanismo, detto \textit{capabilities}, che consentisse di
2111 suddividere i vari privilegi tradizionalmente associati all'amministratore in
2112 un insieme di \textsl{capacità} distinte. L'idea era che queste capacità
2113 potessero essere abilitate e disabilitate in maniera indipendente per ciascun
2114 processo con privilegi di amministratore, permettendo così una granularità
2115 molto più fine nella distribuzione degli stessi che evitasse la originaria
2116 situazione di \textsl{tutto o nulla}.
2118 Il meccanismo completo delle \textit{capabilities}\footnote{l'implementazione
2119 di Linux si rifà ad una bozza per quello che dovrebbe divenire lo standard
2120 POSIX.1e, che prevede questa funzionalità.} prevederebbe anche la
2121 possibilità di associare le stesse \textit{capabilities} anche ai singoli file
2122 eseguibili,\footnote{una descrizione sommaria di questa funzionalità è
2123 riportata nella pagina di manuale che descrive l'implementazione delle
2124 \textit{capabilities} con Linux (accessibile con \texttt{man capabilities}),
2125 ma non essendo implementata non ne tratteremo qui.} in modo da poter
2126 stabilire quali capacità possono essere utilizzate quando viene messo in
2127 esecuzione uno specifico programma; attualmente però questa funzionalità non è
2128 implementata.\footnote{per attualmente si intende fino al kernel 2.6.23;
2129 benché l'infrastruttura per crearla sia presente (vedi anche
2130 sez.~\ref{sec:file_xattr}) finora non è disponibile nessuna realizzazione
2131 delle specifiche POSIX.1e, esistono però dei patch di sicurezza del kernel,
2132 come LIDS (vedi \href{http://www.lids.org}{\textsf{http://www.lids.org/})}
2133 che realizzano qualcosa di simile.}
2135 % TODO verificare per process capability bounding set, vedi:
2136 % http://git.kernel.org/git/?p=linux/kernel/git/torvalds/linux-2.6.git;a=commit;h=3b7391de67da515c91f48aa371de77cb6cc5c07e
2138 % TODO capire cosa cambia con i patch del 2.6.26, vedi
2139 % http://lwn.net/Articles/280279/
2141 \begin{table}[!h!bt]
2144 \begin{tabular}{|l|p{12cm}|}
2146 \textbf{Capacità}&\textbf{Descrizione}\\
2150 % POSIX-draft defined capabilities.
2152 \const{CAP\_CHOWN} & La capacità di cambiare proprietario e gruppo
2153 proprietario di un file (vedi
2154 sez.~\ref{sec:file_ownership_management}).\\
2155 \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE}& La capacità di evitare il controllo dei
2156 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione dei
2157 file, (vedi sez.~\ref{sec:file_access_control})
2158 caratteristici del modello classico del
2159 controllo di accesso chiamato
2160 \itindex{Discrectionary~Access~Control~(DAC)}
2161 \textit{Discrectionary Access Control} (da cui
2163 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}& La capacità di evitare il controllo dei
2164 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione per
2166 sez.~\ref{sec:file_access_control}).\\
2167 \const{CAP\_FOWNER} & La capacità di evitare il controllo che
2168 l'user-ID effettivo del processo (o meglio il
2169 \textit{filesystem user-ID}, vedi
2170 sez.~\ref{sec:proc_setuid}) coincida con
2171 quello del proprietario di un file per tutte
2172 le operazioni privilegiate non coperte dalle
2173 precedenti \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE} e
2174 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}. Queste
2175 comprendono i cambiamenti dei permessi e dei
2176 tempi del file (vedi
2177 sez.~\ref{sec:file_perm_management} e
2178 sez.~\ref{sec:file_file_times}), le impostazioni
2179 degli attributi estesi (con il comando
2180 \cmd{chattr}) e delle ACL, poter ignorare lo
2181 \itindex{sticky~bit} \textit{sticky bit} nella
2182 cancellazione dei file (vedi
2183 sez.~\ref{sec:file_special_perm}), la possibilità
2184 di impostare il flag di \const{O\_NOATIME} con
2185 \func{open} e \func{fcntl} (vedi
2186 sez.~\ref{sec:file_open} e
2187 sez.~\ref{sec:file_fcntl}).\\
2188 \const{CAP\_FSETID} & La capacità di evitare la cancellazione
2189 automatica dei bit \itindex{suid~bit} \acr{suid}
2190 e \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} quando un file
2191 per i quali sono impostati viene modificato da
2192 un processo senza questa capacità e la capacità
2193 di impostare il bit \acr{sgid} su un file anche
2194 quando questo è relativo ad un gruppo cui non si
2196 sez.~\ref{sec:file_perm_management}).\\
2197 \const{CAP\_KILL} & La capacità di mandare segnali a qualunque
2198 processo (vedi sez.~\ref{sec:sig_kill_raise}).\\
2199 \const{CAP\_SETGID} & La capacità di manipolare i group ID dei
2200 processi, sia il principale che i supplementari,
2201 (vedi sez.~\ref{sec:proc_setgroups} che quelli
2202 trasmessi tramite i socket \textit{unix domain}
2203 (vedi sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
2204 \const{CAP\_SETUID} & La capacità di manipolare gli user ID del
2205 processo (con \func{setuid}, \func{setreuid},
2206 \func{setresuid}, \func{setfsuid}) e di
2207 trasmettere un valore arbitrario
2208 dell'\textsl{uid} nel passaggio delle
2209 credenziali coi socket \textit{unix domain} (vedi
2210 sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
2212 % Linux specific capabilities
2215 \const{CAP\_SETPCAP} & La capacità di impostare o rimuovere una capacità
2216 (limitatamente a quelle che il processo
2217 chiamante ha nel suo insieme di capacità
2218 permesse) da qualunque processo.\\
2219 % TODO cambiata nel 2.4.24 rc1 ?
2220 \const{CAP\_LINUX\_IMMUTABLE}& La capacità di impostare gli attributi
2221 \textit{immutable} e \itindex{append~mode}
2222 \textit{append only} per i file su un
2223 filesystem che supporta questi
2225 \const{CAP\_NET\_BIND\_SERVICE}& La capacità di porre in ascolto server
2226 su porte riservate (vedi
2227 sez.~\ref{sec:TCP_func_bind}).\\
2228 \const{CAP\_NET\_BROADCAST}& La capacità di consentire l'uso di socket in
2229 \itindex{broadcast} \textit{broadcast} e
2230 \itindex{multicast} \textit{multicast}.\\
2231 \const{CAP\_NET\_ADMIN} & La capacità di eseguire alcune operazioni
2232 privilegiate sulla rete (impostare le opzioni
2233 privilegiate dei socket, abilitare il
2234 \itindex{multicast} \textit{multicasting},
2235 impostare interfacce di rete e
2236 tabella di instradamento).\\
2237 \const{CAP\_NET\_RAW} & La capacità di usare socket \texttt{RAW} e
2238 \texttt{PACKET} (quelli che permettono di creare
2239 pacchetti nei protocolli di basso livello).\\
2240 \const{CAP\_IPC\_LOCK} & La capacità di effettuare il \textit{memory
2241 locking} \itindex{memory~locking} con le
2242 funzioni \func{mlock}, \func{mlockall},
2243 \func{shmctl}, \func{mmap} (vedi
2244 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock} e
2245 sez.~\ref{sec:file_memory_map}). \\
2246 \const{CAP\_IPC\_OWNER} & La capacità di evitare il controllo dei permessi
2247 per le operazioni sugli oggetti di
2248 intercomunicazione fra processi (vedi
2249 sez.~\ref{sec:ipc_sysv}).\\
2250 \const{CAP\_SYS\_MODULE}& La capacità di caricare e rimuovere moduli del
2252 \const{CAP\_SYS\_RAWIO} & La capacità di eseguire operazioni sulle porte
2253 di I/O con \func{ioperm} e \func{iopl} (vedi
2254 sez.~\ref{sec:file_io_port}).\\
2255 \const{CAP\_SYS\_CHROOT}& La capacità di eseguire la funzione
2257 sez.~\ref{sec:file_chroot}).\\
2258 \const{CAP\_SYS\_PTRACE}& Consente di tracciare qualunque processo con
2260 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).\\
2261 \const{CAP\_SYS\_PACCT} & La capacità di usare le funzioni di
2262 \textit{accounting} dei processi (vedi
2263 sez.~\ref{sec:sys_bsd_accounting}).\\
2264 \const{CAP\_SYS\_ADMIN} & La capacità di eseguire una serie di compiti
2265 amministrativi (come impostare le quote,
2266 attivare e disattivare la swap, montare,
2267 rimontare e smontare filesystem, ecc.). \\
2268 \const{CAP\_SYS\_BOOT} & La capacità di fare eseguire un riavvio del
2270 \const{CAP\_SYS\_NICE} & La capacità di modificare le priorità dei
2271 processi (vedi sez.~\ref{sec:proc_priority}). \\
2272 \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}& La capacità di superare le limitazioni sulle
2273 risorse, aumentare le quote disco, usare lo
2274 spazio disco riservato all'amministratore.\\
2275 \const{CAP\_SYS\_TIME} & La capacità di modificare il tempo di sistema
2276 (vedi sez.~\ref{sec:sys_time}).\\
2277 \const{CAP\_SYS\_TTY\_CONFIG}& La capacità di simulare un \textit{hangup}
2278 della console, con la funzione
2280 \const{CAP\_MKNOD} & La capacità di creare file di dispositivo con la
2281 funzione \func{mknod} (vedi
2282 sez.~\ref{sec:file_mknod}).\footnotemark\\
2283 \const{CAP\_LEASE} & La capacità di creare dei \textit{file lease}
2284 \index{file!lease} su di un file (vedi
2285 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_lease})
2286 indipendentemente dalla proprietà dello
2287 stesso.\footnotemark\\
2288 \const{CAP\_SETFCAP} & La capacità di impostare le
2289 \textit{capabilities} di un file (non
2293 \caption{Le costanti che identificano le \textit{capabilities} presenti nel
2295 \label{tab:proc_capabilities}
2298 \footnotetext[21]{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel
2301 \footnotetext{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel della
2304 Per gestire questo nuovo meccanismo ciascun processo porta con sé tre distinti
2305 insiemi di \textit{capabilities}, che vengono denominati rispettivamente
2306 \textit{effective}, \textit{permitted} ed \textit{inherited}. Questi insiemi
2307 vengono mantenuti in forma di tre diverse maschere binarie,\footnote{il kernel
2308 li mantiene, come i vari identificatori di sez.~\ref{sec:proc_setuid},
2309 all'interno della \struct{task\_struct} di ciascun processo (vedi
2310 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}), nei tre campi \texttt{cap\_effective},
2311 \texttt{cap\_inheritable}, \texttt{cap\_permitted} del tipo
2312 \texttt{kernel\_cap\_t}; questo è attualmente definito come intero a 32 bit,
2313 il che comporta un massimo di 32 \textit{capabilities} distinte.} in cui
2314 ciascun bit corrisponde ad una capacità diversa; se ne è riportato
2315 l'elenco,\footnote{si tenga presente che l'elenco delle \textit{capabilities}
2316 presentato questa tabella, ripreso dalla relativa pagina di manuale
2317 (accessibile con \texttt{man capabilities}) e dalle definizioni in
2318 \texttt{sys/capabilities.h}, è quello aggiornato al kernel 2.6.6.} con una
2319 breve descrizione, ed il nome delle costanti che identificano i singoli bit,
2320 in tab.~\ref{tab:proc_capabilities}; la tabella è divisa in due parti, la
2321 prima riporta le \textit{capabilities} previste nella bozza dello standard
2322 POSIX1.e, la seconda quelle specifiche di Linux.
2324 L'utilizzo di tre distinti insiemi serve a fornire una interfaccia flessibile
2325 per l'uso delle \textit{capabilities}, con scopi analoghi a quelli per cui
2326 sono mantenuti i diversi insiemi di identificatori di
2327 sez.~\ref{sec:proc_setuid}; il loro significato è il seguente:
2328 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2329 \item[\textit{effective}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2330 ``\textsl{effettive}'', cioè di quelle che vengono effettivamente usate dal
2331 kernel quando deve eseguire il controllo di accesso per le varie operazioni
2332 compiute dal processo.
2333 \item[\textit{permitted}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2334 ``\textsl{permesse}'', cioè l'insieme di quelle capacità che un processo
2335 \textsl{può} impostare come \textsl{effettive}. Se un processo cancella una
2336 capacità da questo insieme non potrà più riassumerla (almeno che non esegua
2337 un programma che è \acr{suid} di root).
2338 \item[\textit{inherited}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2339 ``\textsl{ereditabili}'', cioè quelle che vengono trasmesse ad un nuovo
2340 programma eseguito attraverso una chiamata ad \func{exec} (con l'eccezione
2341 del caso che questo sia \acr{suid} di root).
2342 \label{sec:capabilities_set}
2345 Oltre a questi tre insiemi, che sono relativi al singolo processo, il kernel
2346 mantiene un insieme generale valido per tutto il sistema, chiamato
2347 \itindex{capabilities~bounding~set} \textit{capabilities bounding set}. Ogni
2348 volta che un programma viene posto in esecuzione con \func{exec} il contenuto
2349 degli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted} vengono mascherati con
2350 un \textsl{AND} binario del contenuto corrente del \textit{capabilities
2351 bounding set}, così che il nuovo processo potrà disporre soltanto delle
2352 capacità in esso elencate.
2354 Il \textit{capabilities bounding set} è un parametro di sistema, accessibile
2355 attraverso il contenuto del file \procfile{/proc/sys/kernel/cap-bound}, che per
2356 questa sua caratteristica consente di impostare un limite generale alle
2357 capacità che possono essere accordate ai vari processi. Questo valore può
2358 essere impostato ad un valore arbitrario esclusivamente dal primo processo
2359 eseguito nel sistema (di norma cioè da \texttt{/sbin/init}), ogni processo
2360 eseguito successivamente (cioè con \textsl{pid} diverso da 1) anche se
2361 eseguito con privilegi di amministratore potrà soltanto rimuovere uno dei bit
2362 già presenti dell'insieme: questo significa che una volta rimossa una
2363 \textit{capability} dal \textit{capabilities bounding set} essa non sarà più
2364 disponibile, neanche per l'amministratore, a meno di un riavvio.
2366 Quando un programma viene messo in esecuzione\footnote{cioè quando viene
2367 eseguita la \func{execve} con cui lo si lancia; in corrispondenza di una
2368 \func{fork} le \textit{capabilities} non vengono modificate.} esso eredita
2369 (nel senso che assume negli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted})
2370 le \textit{capabilities} mantenute nell'insieme \textit{inherited}, a meno che
2371 non sia eseguito un programma \acr{suid} di root o la \func{exec} sia stata
2372 eseguita da un programma con \textsl{uid} reale zero; in tal caso il programma
2373 ottiene tutte le \textit{capabilities} presenti nel \textit{capabilities
2374 bounding set}. In questo modo si può far si che ad un processo eseguito in
2375 un secondo tempo possano essere trasmesse solo un insieme limitato di
2376 capacità, impedendogli di recuperare quelle assenti nell'insieme
2377 \textit{inherited}. Si tenga presente invece che attraverso una \func{fork}
2378 vengono mantenute le stesse capacità del processo padre.
2380 Per la gestione delle \textit{capabilities} il kernel mette a disposizione due
2381 funzioni che permettono rispettivamente di leggere ed impostare i valori dei
2382 tre insiemi illustrati in precedenza. Queste due funzioni sono \funcd{capget}
2383 e \funcd{capset} e costituiscono l'interfaccia di gestione basso livello; i
2384 loro rispettivi prototipi sono:
2386 \headdecl{sys/capability.h}
2388 \funcdecl{int capget(cap\_user\_header\_t hdrp, cap\_user\_data\_t datap)}
2389 Legge le \textit{capabilities}.
2391 \funcdecl{int capset(cap\_user\_header\_t hdrp, const cap\_user\_data\_t
2393 Imposta le \textit{capabilities}.
2396 \bodydesc{Entrambe le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso
2397 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2399 \item[\errcode{ESRCH}] si è fatto riferimento ad un processo inesistente.
2400 \item[\errcode{EPERM}] si è tentato di aggiungere una capacità
2401 nell'insieme delle \textit{capabilities} permesse, o di impostare una
2402 capacità non presente nell'insieme di quelle permesse negli insieme
2403 delle effettive o ereditate, o si è cercato di impostare una
2404 \textit{capability} di un altro processo senza avare
2405 \const{CAP\_SETPCAP}.
2407 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
2412 Queste due funzioni prendono come argomenti due tipi di dati dedicati,
2413 definiti come puntatori a due strutture specifiche di Linux, illustrate in
2414 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}. Per poterle utilizzare occorre anche
2415 cancellare la macro \macro{\_POSIX\_SOURCE}.\footnote{per farlo occorre
2416 utilizzare la direttiva di preprocessore \direct{undef}; si dovrà cioè
2417 inserire una istruzione \texttt{\#undef \_POSIX\_SOURCE} prima di includere
2418 \texttt{sys/capability.h}.} Si tenga presente che le strutture di
2419 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}, come i prototipi delle due funzioni
2420 \func{capget} e \func{capset}, sono soggette ad essere modificate con il
2421 cambiamento del kernel (in particolare i tipi di dati delle strutture) ed
2422 anche se finora l'interfaccia è risultata stabile, non c'è nessuna
2423 assicurazione che questa venga mantenuta.\footnote{anzi, visto lo scarso
2424 utilizzo di questa funzionalità ci sono state varie discussioni fra gli
2425 sviluppatori del kernel relative all'eliminarla o al modificarla
2426 radicalmente.} Pertanto se si vogliono scrivere programmi portabili che
2427 possano essere eseguiti su qualunque versione del kernel è opportuno
2428 utilizzare le interfacce di alto livello.
2430 \begin{figure}[!htb]
2433 \begin{minipage}[c]{15cm}
2434 \includestruct{listati/cap_user_header_t.h}
2437 \caption{Definizione delle strutture a cui fanno riferimento i puntatori
2438 \structd{cap\_user\_header\_t} e \structd{cap\_user\_data\_t} usati per
2439 l'interfaccia di gestione di basso livello delle \textit{capabilities}.}
2440 \label{fig:cap_kernel_struct}
2443 La struttura a cui deve puntare l'argomento \param{hdrp} serve ad indicare,
2444 tramite il campo \var{pid}, il processo del quale si vogliono leggere o
2445 modificare le \textit{capabilities}. Il campo \var{version} deve essere
2446 impostato al valore della versione delle usata dal kernel (quello indicato
2447 dalla costante \const{\_LINUX\_CAPABILITY\_VERSION} di
2448 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}) altrimenti le funzioni ritorneranno con un
2449 errore di \errcode{EINVAL}, restituendo nel campo stesso il valore corretto
2450 della versione in uso. La struttura a cui deve puntare l'argomento
2451 \param{datap} invece conterrà i valori letti o da impostare per i tre insiemi
2452 delle capacità del processo.
2454 Dato che le precedenti funzioni, oltre ad essere specifiche di Linux, non
2455 garantiscono la stabilità nell'interfaccia, è sempre opportuno effettuare la
2456 gestione delle \textit{capabilities} utilizzando le funzioni di libreria a
2457 questo dedicate. Queste funzioni, che seguono quanto previsto nelle bozze
2458 dello standard POSIX.1e, non fanno parte delle \acr{glibc} e sono fornite in
2459 una libreria a parte,\footnote{la libreria è \texttt{libcap2}, nel caso di
2460 Debian può essere installata con il pacchetto omonimo.} pertanto se un
2461 programma le utilizza si dovrà indicare esplicitamente l'uso della suddetta
2462 libreria attraverso l'opzione \texttt{-lcap} del compilatore.
2464 Le funzioni dell'interfaccia delle bozze di POSIX.1e prevedono l'uso di uno
2465 tipo di dato opaco, \type{cap\_t}, come puntatore ai dati mantenuti nel
2466 cosiddetto \textit{capability state},\footnote{si tratta in sostanza di un
2467 puntatore ad una struttura interna utilizzata dalle librerie, i cui campi
2468 non devono mai essere acceduti direttamente.} in sono memorizzati tutti i
2469 dati delle \textit{capabilities}. In questo modo è possibile mascherare i
2470 dettagli della gestione di basso livello, che potranno essere modificati senza
2471 dover cambiare le funzioni dell'interfaccia, che faranno riferimento soltanto
2472 ad oggetti di questo tipo. L'interfaccia pertanto non soltanto fornisce le
2473 funzioni per modificare e leggere le \textit{capabilities}, ma anche quelle
2474 per gestire i dati attraverso \type{cap\_t}.
2476 La prima funzione dell'interfaccia è quella che permette di inizializzare un
2477 \textit{capability state}, allocando al contempo la memoria necessaria per i
2478 relativi dati. La funzione è \funcd{cap\_init} ed il suo prototipo è:
2480 \headdecl{sys/capability.h}
2482 \funcdecl{cap\_t cap\_init(void)}
2483 Crea ed inizializza un \textit{capability state}.
2485 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2486 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il
2487 valore \errval{ENOMEM}.
2491 La funzione restituisce il puntatore \type{cap\_t} ad uno stato inizializzato
2492 con tutte le \textit{capabilities} azzerate. In caso di errore (cioè quando
2493 non c'è memoria sufficiente ad allocare i dati) viene restituito \macro{NULL}
2494 ed \var{errno} viene impostata a \errval{ENOMEM}. La memoria necessaria a
2495 mantenere i dati viene automaticamente allocata da \func{cap\_init}, ma dovrà
2496 essere disallocata esplicitamente quando non è più necessaria utilizzando, per
2497 questo l'interfaccia fornisce una apposita funzione, \funcd{cap\_free}, il cui
2500 \headdecl{sys/capability.h}
2502 \funcdecl{int cap\_free(void *obj\_d)}
2503 Disalloca la memoria allocata per i dati delle \textit{capabilities}.
2505 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2506 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2510 La funzione permette di liberare la memoria allocata dalle altre funzioni
2511 della libreria sia per un \textit{capability state}, nel qual caso l'argomento
2512 dovrà essere un dato di tipo \type{cap\_t}, che per una descrizione testuale
2513 dello stesso,\footnote{cioè quanto ottenuto tramite la funzione
2514 \func{cap\_to\_text}.} nel qual caso l'argomento dovrà essere un dato di
2515 tipo \texttt{char *}. Per questo l'argomento \param{obj\_d} è dichiarato come
2516 \texttt{void *} e deve sempre corrispondere ad un puntatore ottenuto tramite
2517 le altre funzioni della libreria, altrimenti la funzione fallirà con un errore
2520 Infine si può creare una copia di un \textit{capability state} ottenuto in
2521 precedenza tramite la funzione \funcd{cap\_dup}, il cui prototipo è:
2523 \headdecl{sys/capability.h}
2525 \funcdecl{cap\_t cap\_dup(cap\_t cap\_p)}
2526 Duplica un \textit{capability state} restituendone una copia.
2528 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2529 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} potrà assumere i
2530 valori \errval{ENOMEM} o \errval{EINVAL}.
2534 La funzione crea una copia del \textit{capability state} posto all'indirizzo
2535 \param{cap\_p} che si è passato come argomento, restituendo il puntatore alla
2536 copia, che conterrà gli stessi valori delle \textit{capabilities} presenti
2537 nell'originale. La memoria necessaria viene allocata automaticamente dalla
2538 funzione. Una volta effettuata la copia i due \textit{capability state}
2539 potranno essere modificati in maniera completamente
2540 indipendente.\footnote{alla fine delle operazioni si ricordi però di
2541 disallocare anche la copia, oltre all'originale. }
2543 Una seconda classe di funzioni di servizio previste dall'interfaccia sono
2544 quelle per la gestione dei dati contenuti all'interno di un \textit{capability
2545 state}; la prima di queste è \funcd{cap\_clear}, il cui prototipo è:
2547 \headdecl{sys/capability.h}
2549 \funcdecl{int cap\_clear(cap\_t cap\_p)}
2550 Inizializza un \textit{capability state} cancellando tutte le
2551 \textit{capabilities}.
2553 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2554 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2558 La funzione si limita ad azzerare tutte le \textit{capabilities} presenti nel
2559 \textit{capability state} all'indirizzo \param{cap\_p} passato come argomento,
2560 restituendo uno stato \textsl{vuoto}, analogo a quello che si ottiene nella
2561 creazione con \func{cap\_init}.
2563 Per la gestione dei valori delle \textit{capabilities} presenti in un
2564 \textit{capability state} l'interfaccia prevede due funzioni,
2565 \funcd{cap\_get\_flag} e \funcd{cap\_set\_flag}, che permettono
2566 rispettivamente di leggere o impostare il valore di un flag delle
2567 \textit{capabilities}; i rispettivi prototipi sono:
2569 \headdecl{sys/capability.h}
2571 \funcdecl{int cap\_get\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_value\_t cap, cap\_flag\_t
2572 flag, cap\_flag\_value\_t *value\_p)}
2573 Legge il valore di una \textit{capability}.
2575 \funcdecl{int cap\_set\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_flag\_t flag, int ncap,
2576 cap\_value\_t *caps, cap\_flag\_value\_t value)}
2577 Imposta il valore di una \textit{capability}.
2579 \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2580 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2584 In entrambe le funzioni l'argomento \param{cap\_p} indica il puntatore al
2585 \textit{capability state} su cui operare, mentre l'argomento \param{flag}
2586 indica su quale dei tre insiemi illustrati a
2587 pag.~\pageref{sec:capabilities_set} si intende operare. Questi devono essere
2588 specificati con una variabile di tipo \type{cap\_flag\_t} che può assumere
2589 esclusivamente\footnote{si tratta in effetti di un tipo enumerato, come si può
2590 verificare dalla sua definizione che si trova in
2591 \texttt{/usr/include/sys/capability.h}.} uno dei valori illustrati in
2592 tab.~\ref{tab:cap_set_identifier}.
2597 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2599 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2602 \const{CAP\_EFFECTIVE} & Capacità dell'insieme \textsl{effettivo}.\\
2603 \const{CAP\_PERMITTED} & Capacità dell'insieme \textsl{permesso}.\\
2604 \const{CAP\_INHERITABLE}& Capacità dell'insieme \textsl{ereditabile}.\\
2607 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_t} che
2608 identifica gli insiemi delle \textit{capabilities}.}
2609 \label{tab:cap_set_identifier}
2612 La capacità che si intende controllare o impostare invece deve essere
2613 specificata attraverso una variabile di tipo \type{cap\_value\_t}, che può
2614 prendere come valore uno qualunque di quelli riportati in
2615 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}, in questo caso però non è possibile
2616 combinare diversi valori in una maschera binaria, una variabile di tipo
2617 \type{cap\_value\_t} deve indicare una sola capacità.\footnote{nel file di
2618 header citato nella nota precedente il tipo \type{cap\_value\_t} è definito
2619 come \ctyp{int}, ma i valori validi sono soltanto quelli di
2620 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}.}
2622 Infine lo stato di una capacità è descritto ad una variabile di tipo
2623 \type{cap\_flag\_value\_t}, che a sua volta può assumere soltanto
2624 uno\footnote{anche questo è un tipo enumerato.} dei valori di
2625 tab.~\ref{tab:cap_value_type}.
2630 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2632 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2635 \const{CAP\_CLEAR}& La capacità non è impostata.\\
2636 \const{CAP\_SET} & La capacità è impostata.\\
2639 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_value\_t} che
2640 indica lo stato di una capacità.}
2641 \label{tab:cap_value_type}
2644 La funzione \func{cap\_get\_flag} legge lo stato della capacità indicata
2645 dall'argomento \param{cap} all'interno dell'insieme indicato dall'argomento
2646 \param{flag} e ne restituisce il valore nella variabile posta all'indirizzo
2647 puntato dall'argomento \param{value\_p}; è possibile cioè leggere soltanto uno
2648 stato di una capacità alla volta.
2650 La funzione \func{cap\_set\_flag} può invece impostare in una sola chiamata
2651 più \textit{capabilities}, anche se solo all'interno dello stesso insieme. Per
2652 questo motivo essa prende un vettore di valori di tipo \type{cap\_value\_t}
2653 nell'argomento \param{caps}, la cui dimensione viene specificata dall'argomento
2654 \param{ncap}. Il tipo di impostazione da eseguire (cancellazione o
2655 impostazione) viene indicato dall'argomento \param{value}.
2657 Per la visualizzazione dello stato delle \textit{capabilities} l'interfaccia
2658 prevede una funzione apposita, \funcd{cap\_to\_text}, il cui prototipo è:
2660 \headdecl{sys/capability.h}
2662 \funcdecl{char * cap\_to\_text(cap\_t caps, ssize\_t * length\_p)}
2664 Genera una visualizzazione testuale delle \textit{capabilities}.
2666 \bodydesc{La funzione ritorna un puntatore alla stringa con la descrizione
2667 delle \textit{capabilities} in caso di successo e \val{NULL} in caso di
2668 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL} o
2673 La funzione ritorna l'indirizzo di una stringa contente la descrizione
2674 testuale del contenuto del \textit{capabilities state} \param{caps} passato
2675 come argomento, e, qualora l'argomento \param{length\_p} sia diverso da
2676 \val{NULL}, restituisce nella variabile intera da questo puntata la lunghezza
2677 della stringa. La stringa restituita viene allocata automaticamente dalla
2678 funzione e pertanto dovrà essere liberata con \func{cap\_free}.
2680 Fin quei abbiamo trattato solo le funzioni di servizio relative alla
2681 manipolazione dei \textit{capabilities state}; l'interfaccia di gestione
2682 prevede però anche le funzioni per la gestione delle \textit{capabilities}
2683 stesse. La prima di queste è \funcd{cap\_get\_proc} che consente la lettura
2684 delle \textit{capabilities} del processo corrente, il suo prototipo è:
2686 \headdecl{sys/capability.h}
2688 \funcdecl{cap\_t cap\_get\_proc(void)}
2689 Legge le \textit{capabilities} del processo corrente.
2691 \bodydesc{La funzione ritorna un valore diverso da \val{NULL} in caso di
2692 successo e \val{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può
2693 assumere i valori \errval{EINVAL}, \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}. }
2696 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} associate al processo
2697 da cui viene invocata, restituendo il risultato tramite il puntatore ad un
2698 \textit{capabilities state} contenente tutti i dati che provvede ad allocare
2699 autonomamente e che di nuovo occorrerà liberare con \func{cap\_free} quando
2700 non sarà più utilizzato.
2702 Se invece si vogliono leggere le \textit{capabilities} di un processo
2703 specifico occorre usare la funzione \funcd{capgetp}, il cui
2704 prototipo\footnote{su alcune pagine di manuale la funzione è descritta con un
2705 prototipo sbagliato, che prevede un valore di ritorno di tipo \type{cap\_t},
2706 ma il valore di ritorno è intero, come si può verificare anche dalla
2707 dichiarazione della stessa in \texttt{sys/capability.h}.} è:
2709 \headdecl{sys/capability.h}
2711 \funcdecl{int capgetp(pid\_t pid, cap\_t cap\_d)}
2712 Legge le \textit{capabilities} del processo indicato da \param{pid}.
2714 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2715 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2716 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2719 %TODO controllare e correggere i codici di errore!!!
2721 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo indicato
2722 con l'argomento \param{pid}, e restituisce il risultato nel
2723 \textit{capabilities state} posto all'indirizzo indicato con l'argomento
2724 \param{cap\_d}; a differenza della precedente in questo caso il
2725 \textit{capability state} deve essere stato creato in precedenza. Qualora il
2726 processo indicato non esista si avrà un errore di \errval{ESRCH}. Gli stessi
2727 valori possono essere letti direttamente nel filesystem \textit{proc}, nei
2728 file \texttt{/proc/<pid>/status}; ad esempio per \texttt{init} si otterrà
2732 CapInh: 0000000000000000
2733 CapPrm: 00000000fffffeff
2734 CapEff: 00000000fffffeff
2738 Infine per impostare le \textit{capabilities} del processo corrente (non
2739 esiste una funzione che permetta di cambiare le \textit{capabilities} di un
2740 altro processo) si deve usare la funzione \funcd{cap\_set\_proc}, il cui
2743 \headdecl{sys/capability.h}
2745 \funcdecl{int cap\_set\_proc(cap\_t cap\_p)}
2746 Imposta le \textit{capabilities} del processo corrente.
2748 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2749 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2750 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2754 La funzione modifica le \textit{capabilities} del processo corrente secondo
2755 quanto specificato con l'argomento \param{cap\_p}, posto che questo sia
2756 possibile nei termini spiegati in precedenza (non sarà ad esempio possibile
2757 impostare capacità non presenti nell'insieme di quelle permesse). In caso di
2758 successo i nuovi valori saranno effettivi al ritorno della funzione, in caso
2759 di fallimento invece lo stato delle capacità resterà invariato. Si tenga
2760 presente che \textsl{tutte} le capacità specificate tramite \param{cap\_p}
2761 devono essere permesse; se anche una sola non lo è la funzione fallirà, e per
2762 quanto appena detto, lo stato delle \textit{capabilities} non verrà modificato
2763 (neanche per le parti eventualmente permesse).
2765 Come esempio di utilizzo di queste funzioni nei sorgenti allegati alla guida
2766 si è distribuito il programma \texttt{getcap.c}, che consente di leggere le
2767 \textit{capabilities} del processo corrente\footnote{vale a dire di sé stesso,
2768 quando lo si lancia, il che può sembrare inutile, ma serve a mostrarci quali
2769 sono le \textit{capabilities} standard che ottiene un processo lanciato
2770 dalla riga di comando.} o tramite l'opzione \texttt{-p}, quelle di un
2771 processo qualunque il cui pid viene passato come parametro dell'opzione.
2774 \footnotesize \centering
2775 \begin{minipage}[c]{15cm}
2776 \includecodesample{listati/getcap.c}
2779 \caption{Corpo principale del programma \texttt{getcap.c}.}
2780 \label{fig:proc_getcap}
2783 La sezione principale del programma è riportata in fig.~\ref{fig:proc_getcap},
2784 e si basa su una condizione sulla variabile \var{pid} che se si è usato
2785 l'opzione \texttt{-p} è impostata (nella sezione di gestione delle opzioni,
2786 che si è tralasciata) al valore del \textsl{pid} del processo di cui si vuole
2787 leggere le \textit{capabilities} e nulla altrimenti. Nel primo caso
2788 (\texttt{\small 1--6}) si utilizza direttamente (\texttt{\small 2})
2789 \func{cap\_get\_proc} per ottenere lo stato delle capacità del processo, nel
2790 secondo (\texttt{\small 7--14}) prima si inizializza (\texttt{\small 8}) uno
2791 stato vuoto e poi (\texttt{\small 9}) si legge il valore delle capacità del
2794 Il passo successivo è utilizzare (\texttt{\small 16}) \func{cap\_to\_text} per
2795 tradurre in una stringa lo stato, e poi (\texttt{\small 17}) stamparlo; infine
2796 (\texttt{\small 19--20}) si libera la memoria allocata dalle precedenti
2797 funzioni con \func{cap\_free} per poi ritornare dal ciclo principale della
2800 \itindend{capabilities}
2802 % TODO vedi http://lwn.net/Articles/198557/ e
2803 % http://www.madore.org/~david/linux/newcaps/
2804 % TODO documentare prctl ...
2807 % TODO: rivedere alla luce degli aggiornamenti del 2.6 (man sched_setscheduler)
2809 \section{La gestione della priorità di esecuzione}
2810 \label{sec:proc_priority}
2812 In questa sezione tratteremo più approfonditamente i meccanismi con il quale
2813 lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler} assegna la CPU ai vari processi
2814 attivi. In particolare prenderemo in esame i vari meccanismi con cui viene
2815 gestita l'assegnazione del tempo di CPU, ed illustreremo le varie funzioni di
2819 \subsection{I meccanismi di \textit{scheduling}}
2820 \label{sec:proc_sched}
2822 \itindbeg{scheduler}
2824 La scelta di un meccanismo che sia in grado di distribuire in maniera efficace
2825 il tempo di CPU per l'esecuzione dei processi è sempre una questione delicata,
2826 ed oggetto di numerose ricerche; in generale essa dipende in maniera
2827 essenziale anche dal tipo di utilizzo che deve essere fatto del sistema, per
2828 cui non esiste un meccanismo che sia valido per tutti gli usi.
2830 La caratteristica specifica di un sistema multitasking come Linux è quella del
2831 cosiddetto \itindex{preemptive~multitasking} \textit{preemptive
2832 multitasking}: questo significa che al contrario di altri sistemi (che usano
2833 invece il cosiddetto \itindex{cooperative~multitasking} \textit{cooperative
2834 multitasking}) non sono i singoli processi, ma il kernel stesso a decidere
2835 quando la CPU deve essere passata ad un altro processo. Come accennato in
2836 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} questa scelta viene eseguita da una sezione
2837 apposita del kernel, lo \textit{scheduler}, il cui scopo è quello di
2838 distribuire al meglio il tempo di CPU fra i vari processi.
2840 La cosa è resa ancora più complicata dal fatto che con le architetture
2841 multi-processore si deve anche scegliere quale sia la CPU più opportuna da
2842 utilizzare.\footnote{nei processori moderni la presenza di ampie cache può
2843 rendere poco efficiente trasferire l'esecuzione di un processo da una CPU ad
2844 un'altra, per cui effettuare la migliore scelta fra le diverse CPU non è
2845 banale.} Tutto questo comunque appartiene alle sottigliezze
2846 dell'implementazione del kernel; dal punto di vista dei programmi che girano
2847 in user space, anche quando si hanno più processori (e dei processi che sono
2848 eseguiti davvero in contemporanea), le politiche di scheduling riguardano
2849 semplicemente l'allocazione della risorsa \textsl{tempo di esecuzione}, la cui
2850 assegnazione sarà governata dai meccanismi di scelta delle priorità che
2851 restano gli stessi indipendentemente dal numero di processori.
2853 Si tenga conto poi che i processi non devono solo eseguire del codice: ad
2854 esempio molto spesso saranno impegnati in operazioni di I/O, o potranno
2855 venire bloccati da un comando dal terminale, o sospesi per un certo periodo di
2856 tempo. In tutti questi casi la CPU diventa disponibile ed è compito dello
2857 kernel provvedere a mettere in esecuzione un altro processo.
2859 Tutte queste possibilità sono caratterizzate da un diverso \textsl{stato} del
2860 processo, in Linux un processo può trovarsi in uno degli stati riportati in
2861 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}; ma soltanto i processi che sono nello stato
2862 \textit{runnable} concorrono per l'esecuzione. Questo vuol dire che, qualunque
2863 sia la sua priorità, un processo non potrà mai essere messo in esecuzione
2864 fintanto che esso si trova in uno qualunque degli altri stati.
2869 \begin{tabular}[c]{|p{2.8cm}|c|p{10cm}|}
2871 \textbf{Stato} & \texttt{STAT} & \textbf{Descrizione} \\
2874 \textbf{Runnable}& \texttt{R} & Il processo è in esecuzione o è pronto ad
2875 essere eseguito (cioè è in attesa che gli
2876 venga assegnata la CPU). \\
2877 \textbf{Sleep} & \texttt{S} & Il processo è in attesa di un
2878 risposta dal sistema, ma può essere
2879 interrotto da un segnale. \\
2880 \textbf{Uninterrutible Sleep}& \texttt{D} & Il processo è in
2881 attesa di un risposta dal sistema (in
2882 genere per I/O), e non può essere
2883 interrotto in nessuna circostanza. \\
2884 \textbf{Stopped} & \texttt{T} & Il processo è stato fermato con un
2885 \const{SIGSTOP}, o è tracciato.\\
2886 \textbf{Zombie}\index{zombie} & \texttt{Z} & Il processo è terminato ma il
2887 suo stato di terminazione non è ancora
2888 stato letto dal padre. \\
2891 \caption{Elenco dei possibili stati di un processo in Linux, nella colonna
2892 \texttt{STAT} si è riportata la corrispondente lettera usata dal comando
2893 \cmd{ps} nell'omonimo campo.}
2894 \label{tab:proc_proc_states}
2897 % TODO nel 2.6.25 è stato aggiunto TASK_KILLABLE, da capire dova va messo.
2899 Si deve quindi tenere presente che l'utilizzo della CPU è soltanto una delle
2900 risorse che sono necessarie per l'esecuzione di un programma, e a seconda
2901 dello scopo del programma non è detto neanche che sia la più importante (molti
2902 programmi dipendono in maniera molto più critica dall'I/O). Per questo motivo
2903 non è affatto detto che dare ad un programma la massima priorità di esecuzione
2904 abbia risultati significativi in termini di prestazioni.
2906 Il meccanismo tradizionale di scheduling di Unix (che tratteremo in
2907 sez.~\ref{sec:proc_sched_stand}) è sempre stato basato su delle
2908 \textsl{priorità dinamiche}, in modo da assicurare che tutti i processi, anche
2909 i meno importanti, possano ricevere un po' di tempo di CPU. In sostanza quando
2910 un processo ottiene la CPU la sua priorità viene diminuita. In questo modo
2911 alla fine, anche un processo con priorità iniziale molto bassa, finisce per
2912 avere una priorità sufficiente per essere eseguito.
2914 Lo standard POSIX.1b però ha introdotto il concetto di \textsl{priorità
2915 assoluta}, (chiamata anche \textsl{priorità statica}, in contrapposizione
2916 alla normale priorità dinamica), per tenere conto dei sistemi
2917 real-time,\footnote{per sistema real-time si intende un sistema in grado di
2918 eseguire operazioni in un tempo ben determinato; in genere si tende a
2919 distinguere fra l'\textit{hard real-time} in cui è necessario che i tempi di
2920 esecuzione di un programma siano determinabili con certezza assoluta (come
2921 nel caso di meccanismi di controllo di macchine, dove uno sforamento dei
2922 tempi avrebbe conseguenze disastrose), e \textit{soft-real-time} in cui un
2923 occasionale sforamento è ritenuto accettabile.} in cui è vitale che i
2924 processi che devono essere eseguiti in un determinato momento non debbano
2925 aspettare la conclusione di altri che non hanno questa necessità.
2927 Il concetto di priorità assoluta dice che quando due processi si contendono
2928 l'esecuzione, vince sempre quello con la priorità assoluta più alta.
2929 Ovviamente questo avviene solo per i processi che sono pronti per essere
2930 eseguiti (cioè nello stato \textit{runnable}). La priorità assoluta viene in
2931 genere indicata con un numero intero, ed un valore più alto comporta una
2932 priorità maggiore. Su questa politica di scheduling torneremo in
2933 sez.~\ref{sec:proc_real_time}.
2935 In generale quello che succede in tutti gli Unix moderni è che ai processi
2936 normali viene sempre data una priorità assoluta pari a zero, e la decisione di
2937 assegnazione della CPU è fatta solo con il meccanismo tradizionale della
2938 priorità dinamica. In Linux tuttavia è possibile assegnare anche una priorità
2939 assoluta, nel qual caso un processo avrà la precedenza su tutti gli altri di
2940 priorità inferiore, che saranno eseguiti solo quando quest'ultimo non avrà
2944 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling} standard}
2945 \label{sec:proc_sched_stand}
2947 A meno che non si abbiano esigenze specifiche, l'unico meccanismo di
2948 scheduling con il quale si avrà a che fare è quello tradizionale, che prevede
2949 solo priorità dinamiche. È di questo che, di norma, ci si dovrà preoccupare
2950 nella programmazione.
2952 Come accennato in Linux tutti i processi ordinari hanno la stessa priorità
2953 assoluta. Quello che determina quale, fra tutti i processi in attesa di
2954 esecuzione, sarà eseguito per primo, è la priorità dinamica, che è chiamata
2955 così proprio perché varia nel corso dell'esecuzione di un processo. Oltre a
2956 questo la priorità dinamica determina quanto a lungo un processo continuerà ad
2957 essere eseguito, e quando un processo potrà subentrare ad un altro
2960 Il meccanismo usato da Linux è piuttosto semplice,\footnote{in realtà nella
2961 serie 2.6.x lo scheduler è stato riscritto da zero e può usare diversi
2962 algoritmi, selezionabili sia in fase di compilazione, che, nelle versioni
2963 più recenti, all'avvio (addirittura è stato ideato un sistema modulare che
2964 permette di cambiare lo scheduler al volo, che comunque non è incluso nel
2965 kernel ufficiale).} ad ogni processo è assegnata una \textit{time-slice},
2966 cioè un intervallo di tempo (letteralmente una fetta) per il quale esso deve
2967 essere eseguito. Il valore della \textit{time-slice} è controllato dalla
2968 cosiddetta \textit{nice} (o \textit{niceness}) del processo. Essa è contenuta
2969 nel campo \var{nice} di \struct{task\_struct}; tutti i processi vengono creati
2970 con lo stesso valore, ed essa specifica il valore della durata iniziale della
2971 \textit{time-slice} che viene assegnato ad un altro campo della struttura
2972 (\var{counter}) quando il processo viene eseguito per la prima volta e
2973 diminuito progressivamente ad ogni interruzione del timer.
2975 Durante la sua esecuzione lo scheduler scandisce la coda dei processi in stato
2976 \textit{runnable} associando, in base al valore di \var{counter}, un peso ad
2977 ogni processo in attesa di esecuzione,\footnote{il calcolo del peso in realtà
2978 è un po' più complicato, ad esempio nei sistemi multiprocessore viene
2979 favorito un processo eseguito sulla stessa CPU, e a parità del valore di
2980 \var{counter} viene favorito chi ha una priorità più elevata.} chi ha il
2981 peso più alto verrà posto in esecuzione, ed il precedente processo sarà
2982 spostato in fondo alla coda. Dato che ad ogni interruzione del timer il
2983 valore di \var{counter} del processo corrente viene diminuito, questo assicura
2984 che anche i processi con priorità più bassa verranno messi in esecuzione.
2986 La priorità di un processo è così controllata attraverso il valore di
2987 \var{nice}, che stabilisce la durata della \textit{time-slice}; per il
2988 meccanismo appena descritto infatti un valore più lungo assicura una maggiore
2989 attribuzione di CPU. L'origine del nome di questo parametro sta nel fatto che
2990 generalmente questo viene usato per diminuire la priorità di un processo, come
2991 misura di cortesia nei confronti degli altri. I processi infatti vengono
2992 creati dal sistema con lo stesso valore di \var{nice} (nullo) e nessuno è
2993 privilegiato rispetto agli altri; il valore può essere modificato solo
2994 attraverso la funzione \funcd{nice}, il cui prototipo è:
2995 \begin{prototype}{unistd.h}
2997 Aumenta il valore di \var{nice} per il processo corrente.
2999 \bodydesc{La funzione ritorna zero o il nuovo valore di \var{nice} in caso
3000 di successo e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere
3003 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
3004 specificato un valore di \param{inc} negativo.
3008 L'argomento \param{inc} indica l'incremento del valore di \var{nice}:
3009 quest'ultimo può assumere valori compresi fra \const{PRIO\_MIN} e
3010 \const{PRIO\_MAX} (che nel caso di Linux sono $-19$ e $20$), ma per
3011 \param{inc} si può specificare un valore qualunque, positivo o negativo, ed il
3012 sistema provvederà a troncare il risultato nell'intervallo consentito. Valori
3013 positivi comportano maggiore \textit{cortesia} e cioè una diminuzione della
3014 priorità, ogni utente può solo innalzare il valore di un suo processo. Solo
3015 l'amministratore può specificare valori negativi che permettono di aumentare
3016 la priorità di un processo.
3018 Gli standard SUSv2 e POSIX.1 prevedono che la funzione ritorni il nuovo valore
3019 di \var{nice} del processo; tuttavia la system call di Linux non segue questa
3020 convenzione e restituisce sempre 0 in caso di successo, questo perché $-1$ è
3021 un valore di \var{nice} legittimo e questo comporta una confusione con una
3022 eventuale condizione di errore.
3024 Fino alle \acr{glibc} 2.2.4 la funzione di libreria riportava direttamente il
3025 valore ottenuto dalla system call, violando lo standard, per cui per ottenere
3026 il nuovo valore occorreva una successiva chiamata alla funzione
3027 \func{getpriority}. A partire dalla \acr{glibc} 2.2.4 \func{nice} è stata
3028 reimplementata come funzione di libreria, e restituisce il valore di
3029 \var{nice} come richiesto dallo standard.\footnote{questo viene fatto
3030 chiamando al suo interno \func{getpriority}, ed è questo il motivo delle due
3031 possibilità per i valori di ritorno citati nella descrizione del prototipo.}
3032 In questo caso l'unico modo per rilevare in maniera affidabile una condizione
3033 di errore è quello di azzerare \var{errno} prima della chiamata della funzione
3034 e verificarne il valore quando \func{nice} restituisce $-1$.
3037 Per leggere il valore di nice di un processo occorre usare la funzione
3038 \funcd{getpriority}, derivata da BSD; il suo prototipo è:
3039 \begin{prototype}{sys/resource.h}
3040 {int getpriority(int which, int who)}
3042 Restituisce il valore di \var{nice} per l'insieme dei processi specificati.
3044 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
3045 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3047 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
3048 \param{which} e \param{who}.
3049 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
3052 \noindent nelle vecchie versioni può essere necessario includere anche
3053 \file{<sys/time.h>}, questo non è più necessario con versioni recenti delle
3054 librerie, ma è comunque utile per portabilità.
3056 La funzione permette, a seconda del valore di \param{which}, di leggere la
3057 priorità di un processo, di un gruppo di processi (vedi
3058 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o di un utente, specificando un corrispondente
3059 valore per \param{who} secondo la legenda di tab.~\ref{tab:proc_getpriority};
3060 un valore nullo di quest'ultimo indica il processo, il gruppo di processi o
3066 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
3068 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
3071 \const{PRIO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo \\
3072 \const{PRIO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
3073 \textit{process group} \\
3074 \const{PRIO\_USER} & \type{uid\_t} & utente \\
3077 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
3078 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{getpriority} e
3079 \func{setpriority} per le tre possibili scelte.}
3080 \label{tab:proc_getpriority}
3083 La funzione restituisce la priorità più alta (cioè il valore più basso) fra
3084 quelle dei processi specificati; di nuovo, dato che $-1$ è un valore
3085 possibile, per poter rilevare una condizione di errore è necessario cancellare
3086 sempre \var{errno} prima della chiamata alla funzione per verificare che essa
3087 resti uguale a zero.
3089 Analoga a \func{getpriority} è la funzione \funcd{setpriority} che permette di
3090 impostare la priorità di uno o più processi; il suo prototipo è:
3091 \begin{prototype}{sys/resource.h}
3092 {int setpriority(int which, int who, int prio)}
3093 Imposta la priorità per l'insieme dei processi specificati.
3095 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
3096 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3098 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
3099 \param{which} e \param{who}.
3100 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
3101 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
3102 specificato un valore di \param{inc} negativo.
3103 \item[\errcode{EACCES}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
3104 cercato di modificare la priorità di un processo di un altro utente.
3108 La funzione imposta la priorità al valore specificato da \param{prio} per
3109 tutti i processi indicati dagli argomenti \param{which} e \param{who}. La
3110 gestione dei permessi dipende dalle varie implementazioni; in Linux, secondo
3111 le specifiche dello standard SUSv3, e come avviene per tutti i sistemi che
3112 derivano da SysV, è richiesto che l'user-ID reale o effettivo del processo
3113 chiamante corrispondano al real user-ID (e solo quello) del processo di cui si
3114 vuole cambiare la priorità; per i sistemi derivati da BSD invece (SunOS,
3115 Ultrix, *BSD) la corrispondenza può essere anche con l'user-ID effettivo.
3119 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling real-time}}
3120 \label{sec:proc_real_time}
3122 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_sched} lo standard POSIX.1b ha introdotto
3123 le priorità assolute per permettere la gestione di processi real-time. In
3124 realtà nel caso di Linux non si tratta di un vero hard real-time, in quanto in
3125 presenza di eventuali interrupt il kernel interrompe l'esecuzione di un
3126 processo qualsiasi sia la sua priorità,\footnote{questo a meno che non si
3127 siano installate le patch di RTLinux, RTAI o Adeos, con i quali è possibile
3128 ottenere un sistema effettivamente hard real-time. In tal caso infatti gli
3129 interrupt vengono intercettati dall'interfaccia real-time (o nel caso di
3130 Adeos gestiti dalle code del nano-kernel), in modo da poterli controllare
3131 direttamente qualora ci sia la necessità di avere un processo con priorità
3132 più elevata di un \textit{interrupt handler}.} mentre con l'incorrere in un
3133 \itindex{page~fault} \textit{page fault} si possono avere ritardi non
3134 previsti. Se l'ultimo problema può essere aggirato attraverso l'uso delle
3135 funzioni di controllo della memoria virtuale (vedi
3136 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), il primo non è superabile e può comportare
3137 ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di esecuzione di qualunque processo.
3139 Occorre usare le priorità assolute con molta attenzione: se si dà ad un
3140 processo una priorità assoluta e questo finisce in un loop infinito, nessun
3141 altro processo potrà essere eseguito, ed esso sarà mantenuto in esecuzione
3142 permanentemente assorbendo tutta la CPU e senza nessuna possibilità di
3143 riottenere l'accesso al sistema. Per questo motivo è sempre opportuno, quando
3144 si lavora con processi che usano priorità assolute, tenere attiva una shell
3145 cui si sia assegnata la massima priorità assoluta, in modo da poter essere
3146 comunque in grado di rientrare nel sistema.
3148 Quando c'è un processo con priorità assoluta lo scheduler lo metterà in
3149 esecuzione prima di ogni processo normale. In caso di più processi sarà
3150 eseguito per primo quello con priorità assoluta più alta. Quando ci sono più
3151 processi con la stessa priorità assoluta questi vengono tenuti in una coda e
3152 tocca al kernel decidere quale deve essere eseguito. Il meccanismo con cui
3153 vengono gestiti questi processi dipende dalla politica di scheduling che si è
3154 scelta; lo standard ne prevede due:
3155 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3156 \item[\textsf{FIFO}] \textit{First In First Out}. Il processo viene eseguito
3157 fintanto che non cede volontariamente la CPU (con \func{sched\_yield}), si
3158 blocca, finisce o viene interrotto da un processo a priorità più alta. Se il
3159 processo viene interrotto da uno a priorità più alta esso resterà in cima
3160 alla lista e sarà il primo ad essere eseguito quando i processi a priorità
3161 più alta diverranno inattivi. Se invece lo si blocca volontariamente sarà
3162 posto in coda alla lista (ed altri processi con la stessa priorità potranno
3164 \item[\textsf{RR}] \textit{Round Robin}. Il comportamento è del tutto analogo
3165 a quello precedente, con la sola differenza che ciascun processo viene
3166 eseguito al massimo per un certo periodo di tempo (la cosiddetta
3167 \textit{time slice}) dopo di che viene automaticamente posto in fondo alla
3168 coda dei processi con la stessa priorità. In questo modo si ha comunque una
3169 esecuzione a turno di tutti i processi, da cui il nome della politica. Solo
3170 i processi con la stessa priorità ed in stato \textit{runnable} entrano nel
3174 La funzione per impostare le politiche di scheduling (sia real-time che
3175 ordinarie) ed i relativi parametri è \funcd{sched\_setscheduler}; il suo
3177 \begin{prototype}{sched.h}
3178 {int sched\_setscheduler(pid\_t pid, int policy, const struct sched\_param *p)}
3179 Imposta priorità e politica di scheduling.
3181 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso
3182 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3184 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3185 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non esiste o il
3186 relativo valore di \param{p} non è valido.
3187 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi per attivare la
3192 La funzione esegue l'impostazione per il processo specificato dall'argomento
3193 \param{pid}; un valore nullo esegue l'impostazione per il processo corrente.
3194 La politica di scheduling è specificata dall'argomento \param{policy} i cui
3195 possibili valori sono riportati in tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}; un valore
3196 negativo per \param{policy} mantiene la politica di scheduling corrente.
3197 Solo un processo con i privilegi di amministratore può impostare priorità
3198 assolute diverse da zero o politiche \const{SCHED\_FIFO} e \const{SCHED\_RR}.
3203 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
3205 \textbf{Policy} & \textbf{Significato} \\
3208 \const{SCHED\_FIFO} & Scheduling real-time con politica \textit{FIFO}. \\
3209 \const{SCHED\_RR} & Scheduling real-time con politica \textit{Round
3211 \const{SCHED\_OTHER}& Scheduling ordinario.\\
3212 \const{SCHED\_BATCH}& Scheduling ordinario con l'assunzione ulteriore di
3213 lavoro \textit{CPU intensive}.\footnotemark\\
3216 \caption{Valori dell'argomento \param{policy} per la funzione
3217 \func{sched\_setscheduler}.}
3218 \label{tab:proc_sched_policy}
3221 \footnotetext{introdotto con il kernel 2.6.16.}
3223 Il valore della priorità è passato attraverso la struttura
3224 \struct{sched\_param} (riportata in fig.~\ref{fig:sig_sched_param}), il cui
3225 solo campo attualmente definito è \var{sched\_priority}, che nel caso delle
3226 priorità assolute deve essere specificato nell'intervallo fra un valore
3227 massimo ed uno minimo, che nel caso sono rispettivamente 1 e 99; il valore
3228 nullo è legale, ma indica i processi normali.
3230 \begin{figure}[!bht]
3231 \footnotesize \centering
3232 \begin{minipage}[c]{15cm}
3233 \includestruct{listati/sched_param.c}
3236 \caption{La struttura \structd{sched\_param}.}
3237 \label{fig:sig_sched_param}
3240 Si tenga presente che quando si imposta una politica di scheduling real-time
3241 per un processo (o se ne cambia la priorità con \func{sched\_setparam}) questo
3242 viene messo in cima alla lista dei processi con la stessa priorità; questo
3243 comporta che verrà eseguito subito, interrompendo eventuali altri processi con
3244 la stessa priorità in quel momento in esecuzione.
3246 Lo standard POSIX.1b prevede comunque che i due valori della massima e minima
3247 priorità statica possano essere ottenuti, per ciascuna delle politiche di
3248 scheduling \textit{real-time}, tramite le due funzioni
3249 \funcd{sched\_get\_priority\_max} e \funcd{sched\_get\_priority\_min}, i cui
3254 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_max(int policy)} Legge il valore
3255 massimo della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
3258 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_min(int policy)} Legge il valore minimo
3259 della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
3261 \bodydesc{La funzioni ritornano il valore della priorità in caso di successo
3262 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3264 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non è valido.
3269 I processi con politica di scheduling \const{SCHED\_OTHER} devono specificare
3270 un valore nullo (altrimenti si avrà un errore \errcode{EINVAL}), questo valore
3271 infatti non ha niente a che vedere con la priorità dinamica determinata dal
3272 valore di \var{nice}, che deve essere impostato con le funzioni viste in
3275 Il kernel mantiene i processi con la stessa priorità assoluta in una lista, ed
3276 esegue sempre il primo della lista, mentre un nuovo processo che torna in
3277 stato \textit{runnable} viene sempre inserito in coda alla lista. Se la
3278 politica scelta è \const{SCHED\_FIFO} quando il processo viene eseguito viene
3279 automaticamente rimesso in coda alla lista, e la sua esecuzione continua
3280 fintanto che non viene bloccato da una richiesta di I/O, o non rilascia
3281 volontariamente la CPU (in tal caso, tornando nello stato \textit{runnable}
3282 sarà reinserito in coda alla lista); l'esecuzione viene ripresa subito solo
3283 nel caso che esso sia stato interrotto da un processo a priorità più alta.
3285 Se si intende operare solo sulla priorità assoluta di un processo si possono
3286 usare le funzioni \funcd{sched\_setparam} e \funcd{sched\_getparam}, i cui
3291 \funcdecl{int sched\_setparam(pid\_t pid, const struct sched\_param *p)}
3292 Imposta la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3294 \funcdecl{int sched\_getparam(pid\_t pid, struct sched\_param *p)}
3295 Legge la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3297 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo
3298 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3300 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3301 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{p} non ha senso per la
3303 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3304 eseguire l'operazione.
3308 L'uso di \func{sched\_setparam} che è del tutto equivalente a
3309 \func{sched\_setscheduler} con \param{priority} uguale a -1. Come per
3310 \func{sched\_setscheduler} specificando 0 come valore di \param{pid} si opera
3311 sul processo corrente. La disponibilità di entrambe le funzioni può essere
3312 verificata controllando la macro \macro{\_POSIX\_PRIORITY\_SCHEDULING} che è
3313 definita nell'header \file{sched.h}.
3315 Si tenga presente che per eseguire la funzione il processo chiamante deve
3316 avere un user-ID effettivo uguale all'user-ID reale o a quello effettivo del
3317 processo di cui vuole cambiare la priorità, oppure deve avere i privilegi di
3318 amministratore (con la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}).
3320 La priorità assoluta può essere riletta indietro dalla funzione
3321 \funcd{sched\_getscheduler}, il cui prototipo è:
3322 \begin{prototype}{sched.h}
3323 {int sched\_getscheduler(pid\_t pid)}
3324 Legge la politica di scheduling per il processo \param{pid}.
3326 \bodydesc{La funzione ritorna la politica di scheduling in caso di successo
3327 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3329 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3330 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{pid} è negativo.
3334 La funzione restituisce il valore (secondo quanto elencato in
3335 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}) della politica di scheduling per il processo
3336 specificato; se \param{pid} è nullo viene restituito quello del processo
3339 L'ultima funzione che permette di leggere le informazioni relative ai processi
3340 real-time è \funcd{sched\_rr\_get\_interval}, che permette di ottenere la
3341 lunghezza della \textit{time slice} usata dalla politica \textit{round robin};
3343 \begin{prototype}{sched.h}
3344 {int sched\_rr\_get\_interval(pid\_t pid, struct timespec *tp)} Legge in
3345 \param{tp} la durata della \textit{time slice} per il processo \param{pid}.
3347 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3348 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3350 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3351 \item[\errcode{ENOSYS}] la system call non è stata implementata.
3355 La funzione restituisce il valore dell'intervallo di tempo usato per la
3356 politica \textit{round robin} in una struttura \struct{timespec}, (la cui
3357 definizione si può trovare in fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}). In realtà
3358 dato che in Linux questo intervallo di tempo è prefissato e non modificabile,
3359 questa funzione ritorna sempre un valore di 150 millisecondi, e non importa
3360 specificare il PID di un processo reale.
3362 Come accennato ogni processo che usa lo scheduling real-time può rilasciare
3363 volontariamente la CPU; questo viene fatto attraverso la funzione
3364 \funcd{sched\_yield}, il cui prototipo è:
3365 \begin{prototype}{sched.h}
3366 {int sched\_yield(void)}
3368 Rilascia volontariamente l'esecuzione.
3370 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3371 nel qual caso \var{errno} viene impostata opportunamente.}
3374 La funzione fa sì che il processo rilasci la CPU, in modo da essere rimesso in
3375 coda alla lista dei processi da eseguire, e permettere l'esecuzione di un
3376 altro processo; se però il processo è l'unico ad essere presente sulla coda
3377 l'esecuzione non sarà interrotta. In genere usano questa funzione i processi
3378 in modalità \textit{fifo}, per permettere l'esecuzione degli altri processi
3379 con pari priorità quando la sezione più urgente è finita.
3381 % TODO: con il 2.6.23 il comportamento è stato leggermente modificato ed è
3382 % stato introdotto /proc/sys/kernel/sched_compat_yield da mettere a 1 per aver
3383 % la compatibilità con il precedente.
3385 \subsection{Il controllo dello \textit{scheduler} per i sistemi
3387 \label{sec:proc_sched_multiprocess}
3389 Infine con il supporto dei sistemi multiprocessore sono state introdotte delle
3390 funzioni che permettono di controllare in maniera più dettagliata la scelta di
3391 quale processore utilizzare per eseguire un certo programma. Uno dei problemi
3392 che si pongono nei sistemi multiprocessore è infatti quello del cosiddetto
3393 \index{effetto~ping-pong} \textsl{effetto ping-pong}. Può accadere cioè che lo
3394 scheduler, quando riavvia un processo precedentemente interrotto scegliendo il
3395 primo processore disponibile, lo faccia eseguire da un processore diverso
3396 rispetto a quello su cui era stato eseguito in precedenza. Se il processo
3397 passa da un processore all'altro in questo modo (cosa che avveniva abbastanza
3398 di frequente con i kernel della seria 2.4.x) si ha l'\textsl{effetto
3401 Questo tipo di comportamento può generare dei seri problemi di prestazioni;
3402 infatti tutti i processori moderni utilizzano una memoria interna (la
3403 \textit{cache}) contenente i dati più usati, che permette di evitare di
3404 eseguire un accesso (molto più lento) alla memoria principale sulla scheda
3405 madre. Chiaramente un processo sarà favorito se i suoi dati sono nella cache
3406 del processore, ma è ovvio che questo può essere vero solo per un processore
3407 alla volta, perché in presenza di più copie degli stessi dati su più
3408 processori, non si potrebbe determinare quale di questi ha la versione dei
3409 dati aggiornata rispetto alla memoria principale.
3411 Questo comporta che quando un processore inserisce un dato nella sua cache,
3412 tutti gli altri processori che hanno lo stesso dato devono invalidarlo, e
3413 questa operazione è molto costosa in termini di prestazioni. Il problema
3414 diventa serio quando si verifica l'\textsl{effetto ping-pong}, in tal caso
3415 infatti un processo \textsl{rimbalza} continuamente da un processore all'altro
3416 e si ha una continua invalidazione della cache, che non diventa mai
3419 \itindbeg{CPU~affinity}
3421 Per ovviare a questo tipo di problemi è nato il concetto di \textsl{affinità
3422 di processore} (o \textit{CPU affinity}); la possibilità cioè di far sì che
3423 un processo possa essere assegnato per l'esecuzione sempre allo stesso
3424 processore. Lo scheduler dei kernel della serie 2.4.x aveva una scarsa
3425 \textit{CPU affinity}, e \index{effetto~ping-pong} l'effetto ping-pong era
3426 comune; con il nuovo scheduler dei kernel della 2.6.x questo problema è stato
3427 risolto ed esso cerca di mantenere il più possibile ciascun processo sullo
3430 In certi casi però resta l'esigenza di poter essere sicuri che un processo sia
3431 sempre eseguito dallo stesso processore,\footnote{quella che viene detta
3432 \textit{hard CPU affinity}, in contrasto con quella fornita dallo scheduler,
3433 detta \textit{soft CPU affinity}, che di norma indica solo una preferenza,
3434 non un requisito assoluto.} e per poter risolvere questo tipo di
3435 problematiche nei nuovi kernel\footnote{le due system call per la gestione
3436 della \textit{CPU affinity} sono state introdotte nel kernel 2.5.8, e le
3437 funzioni di libreria nelle \textsl{glibc} 2.3.} è stata introdotta
3438 l'opportuna infrastruttura ed una nuova system call che permette di impostare
3439 su quali processori far eseguire un determinato processo attraverso una
3440 \textsl{maschera di affinità}. La corrispondente funzione di libreria è
3441 \funcd{sched\_setaffinity} ed il suo prototipo è:
3442 \begin{prototype}{sched.h}
3443 {int sched\_setaffinity (pid\_t pid, unsigned int cpusetsize, const
3444 cpu\_set\_t *cpuset)}
3445 Imposta la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3447 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3448 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3450 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3451 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{cpuset} contiene riferimenti a
3452 processori non esistenti nel sistema.
3453 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3454 eseguire l'operazione.
3456 ed inoltre anche \errval{EFAULT}.}
3460 Questa funzione e la corrispondente \func{sched\_setaffinity} hanno una storia
3461 abbastanza complessa, la system call prevede l'uso di due ulteriori argomenti
3462 di tipo \texttt{unsigned int len} e \texttt{unsigned long *mask}, che
3463 corrispondono al fatto che la implementazione effettiva usa una semplice
3464 maschera binaria. Quando le funzioni vennero incluse nelle \acr{glibc}
3465 assunsero invece il prototipo appena mostrato. A complicare la cosa si
3466 aggiunge il fatto che nella versione 2.3.3 delle \acr{glibc} l'argomento
3467 \param{cpusetsize} è stato eliminato, per poi essere ripristinato nella
3468 versione 2.3.4.\footnote{pertanto se la vostra pagina di manuale non è
3469 aggiornata, o usate quella particolare versione delle \acr{glibc}, potrete
3470 trovare indicazioni diverse, il prototipo illustrato è quello riportato
3471 nella versione corrente (maggio 2008) delle pagine di manuale e
3472 corrispondente alla definizione presente in \file{sched.h}.}
3474 La funzione imposta, con l'uso del valore contenuto all'indirizzo
3475 \param{cpuset}, l'insieme dei processori sui quali deve essere eseguito il
3476 processo identificato tramite il valore passato in \param{pid}. Come in
3477 precedenza il valore nullo di \param{pid} indica il processo corrente. Per
3478 poter utilizzare questa funzione sono richiesti i privilegi di amministratore
3479 (è necessaria la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}) altrimenti essa fallirà con
3480 un errore di \errcode{EPERM}. Una volta impostata una maschera di affinità,
3481 questa viene ereditata attraverso una \func{fork}, in questo modo diventa
3482 possibile legare automaticamente un gruppo di processi ad un singolo
3485 Nell'uso comune, almeno con i kernel della serie 2.6.x, l'uso di questa
3486 funzione non è necessario, in quanto è lo scheduler stesso che provvede a
3487 mantenere al meglio l'affinità di processore. Esistono però esigenze
3488 particolari, ad esempio quando un processo (o un gruppo di processi) è
3489 utilizzato per un compito importante (ad esempio per applicazioni real-time o
3490 la cui risposta è critica) e si vuole la massima velocità, con questa
3491 interfaccia diventa possibile selezionare gruppi di processori utilizzabili in
3492 maniera esclusiva. Lo stesso dicasi quando l'accesso a certe risorse (memoria
3493 o periferiche) può avere un costo diverso a seconda del processore (come
3494 avviene nelle architetture NUMA).
3496 Infine se un gruppo di processi accede alle stesse risorse condivise (ad
3497 esempio una applicazione con più thread) può avere senso usare lo stesso
3498 processore in modo da sfruttare meglio l'uso della sua cache; questo
3499 ovviamente riduce i benefici di un sistema multiprocessore nell'esecuzione
3500 contemporanea dei thread, ma in certi casi (quando i thread sono inerentemente
3501 serializzati nell'accesso ad una risorsa) possono esserci sufficienti vantaggi
3502 nell'evitare la perdita della cache da rendere conveniente l'uso dell'affinità
3505 Per facilitare l'uso dell'argomento \param{cpuset} le \acr{glibc} hanno
3506 introdotto un apposito dato di tipo, \ctyp{cpu\_set\_t},\footnote{questa è una
3507 estensione specifica delle \acr{glibc}, da attivare definendo la macro
3508 \macro{\_GNU\_SOURCE}, non esiste infatti una standardizzazione per
3509 questo tipo di interfaccia e POSIX al momento non prevede nulla al
3510 riguardo.} che permette di identificare un insieme di processori. Il dato è
3511 una maschera binaria: in generale è un intero a 32 bit in cui ogni bit
3512 corrisponde ad un processore, ma dato che per architetture particolari il
3513 numero di bit di un intero può non essere sufficiente, è stata creata questa
3514 che è una interfaccia generica che permette di usare a basso livello un tipo
3515 di dato qualunque rendendosi indipendenti dal numero di bit e dalla loro
3518 Questa interfaccia, oltre alla definizione del tipo di dato apposito, prevede
3519 anche una serie di macro di preprocessore per la manipolazione dello stesso,
3520 che consentono di svuotare un insieme, aggiungere o togliere un processore da
3521 esso o verificare se vi è già presente:
3524 \funcdecl{void \macro{CPU\_ZERO}(cpu\_set\_t *set)}
3525 Inizializza l'insieme (vuoto).
3527 \funcdecl{void \macro{CPU\_SET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3528 Inserisce il processore \param{cpu} nell'insieme.
3530 \funcdecl{void \macro{CPU\_CLR}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3531 Rimuove il processore \param{cpu} nell'insieme.
3533 \funcdecl{int \macro{CPU\_ISSET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3534 Controlla se il processore \param{cpu} è nell'insieme.
3537 Oltre a queste macro, simili alle analoghe usate per gli insiemi di file
3538 descriptor (vedi sez.~\ref{sec:file_select}) è definita la costante
3539 \const{CPU\_SETSIZE} che indica il numero massimo di processori che possono
3540 far parte dell'insieme, e che costituisce un limite massimo al valore
3541 dell'argomento \param{cpu}.
3543 In generale la maschera di affinità è preimpostata in modo che un processo
3544 possa essere eseguito su qualunque processore, se può comunque leggere il
3545 valore per un processo specifico usando la funzione
3546 \funcd{sched\_getaffinity}, il suo prototipo è:
3547 \begin{prototype}{sched.h}
3548 {int sched\_getaffinity (pid\_t pid, unsigned int cpusetsize,
3549 const cpu\_set\_t *cpuset)}
3550 Legge la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3552 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3553 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3555 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3556 \item[\errcode{EFAULT}] il valore di \param{cpuset} non è un indirizzo
3561 La funzione restituirà all'indirizzo specificato da \param{cpuset} il valore
3562 della maschera di affinità del processo, così da poterla riutilizzare per una
3563 successiva reimpostazione. In questo caso non sono necessari privilegi
3566 È chiaro che queste funzioni per la gestione dell'affinità hanno significato
3567 soltanto su un sistema multiprocessore, esse possono comunque essere
3568 utilizzate anche in un sistema con un processore singolo, nel qual caso però
3569 non avranno alcun risultato effettivo.
3571 \itindend{scheduler}
3572 \itindend{CPU~affinity}
3576 \section{Problematiche di programmazione multitasking}
3577 \label{sec:proc_multi_prog}
3579 Benché i processi siano strutturati in modo da apparire il più possibile come
3580 indipendenti l'uno dall'altro, nella programmazione in un sistema multitasking
3581 occorre tenere conto di una serie di problematiche che normalmente non
3582 esistono quando si ha a che fare con un sistema in cui viene eseguito un solo
3583 programma alla volta.
3585 Pur essendo questo argomento di carattere generale, ci è parso opportuno
3586 introdurre sinteticamente queste problematiche, che ritroveremo a più riprese
3587 in capitoli successivi, in questa sezione conclusiva del capitolo in cui
3588 abbiamo affrontato la gestione dei processi.
3591 \subsection{Le operazioni atomiche}
3592 \label{sec:proc_atom_oper}
3594 La nozione di \textsl{operazione atomica} deriva dal significato greco della
3595 parola atomo, cioè indivisibile; si dice infatti che un'operazione è atomica
3596 quando si ha la certezza che, qualora essa venga effettuata, tutti i passaggi
3597 che devono essere compiuti per realizzarla verranno eseguiti senza possibilità
3598 di interruzione in una fase intermedia.
3600 In un ambiente multitasking il concetto è essenziale, dato che un processo può
3601 essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in esecuzione un
3602 altro processo o dalla ricezione di un segnale; occorre pertanto essere
3603 accorti nei confronti delle possibili \itindex{race~condition} \textit{race
3604 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}) derivanti da operazioni
3605 interrotte in una fase in cui non erano ancora state completate.
3607 Nel caso dell'interazione fra processi la situazione è molto più semplice, ed
3608 occorre preoccuparsi della atomicità delle operazioni solo quando si ha a che
3609 fare con meccanismi di intercomunicazione (che esamineremo in dettaglio in
3610 cap.~\ref{cha:IPC}) o nelle operazioni con i file (vedremo alcuni esempi in
3611 sez.~\ref{sec:file_atomic}). In questi casi in genere l'uso delle appropriate
3612 funzioni di libreria per compiere le operazioni necessarie è garanzia
3613 sufficiente di atomicità in quanto le system call con cui esse sono realizzate
3614 non possono essere interrotte (o subire interferenze pericolose) da altri
3617 Nel caso dei segnali invece la situazione è molto più delicata, in quanto lo
3618 stesso processo, e pure alcune system call, possono essere interrotti in
3619 qualunque momento, e le operazioni di un eventuale \textit{signal handler}
3620 sono compiute nello stesso spazio di indirizzi del processo. Per questo, anche
3621 il solo accesso o l'assegnazione di una variabile possono non essere più
3622 operazioni atomiche (torneremo su questi aspetti in
3623 sez.~\ref{sec:sig_adv_control}).
3625 In questo caso il sistema provvede un tipo di dato, il \type{sig\_atomic\_t},
3626 il cui accesso è assicurato essere atomico. In pratica comunque si può
3627 assumere che, in ogni piattaforma su cui è implementato Linux, il tipo
3628 \ctyp{int}, gli altri interi di dimensione inferiore ed i puntatori sono
3629 atomici. Non è affatto detto che lo stesso valga per interi di dimensioni
3630 maggiori (in cui l'accesso può comportare più istruzioni in assembler) o per
3631 le strutture. In tutti questi casi è anche opportuno marcare come
3632 \direct{volatile} le variabili che possono essere interessate ad accesso
3633 condiviso, onde evitare problemi con le ottimizzazioni del codice.
3637 \subsection{Le \textit{race condition} ed i \textit{deadlock}}
3638 \label{sec:proc_race_cond}
3640 \itindbeg{race~condition}
3642 Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
3643 diversi operano su una risorsa comune, ed in cui il risultato viene a
3644 dipendere dall'ordine in cui essi effettuano le loro operazioni. Il caso
3645 tipico è quello di un'operazione che viene eseguita da un processo in più
3646 passi, e può essere compromessa dall'intervento di un altro processo che
3647 accede alla stessa risorsa quando ancora non tutti i passi sono stati
3650 Dato che in un sistema multitasking ogni processo può essere interrotto in
3651 qualunque momento per farne subentrare un altro in esecuzione, niente può
3652 assicurare un preciso ordine di esecuzione fra processi diversi o che una
3653 sezione di un programma possa essere eseguita senza interruzioni da parte di
3654 altri. Queste situazioni comportano pertanto errori estremamente subdoli e
3655 difficili da tracciare, in quanto nella maggior parte dei casi tutto
3656 funzionerà regolarmente, e solo occasionalmente si avranno degli errori.
3658 Per questo occorre essere ben consapevoli di queste problematiche, e del fatto
3659 che l'unico modo per evitarle è quello di riconoscerle come tali e prendere
3660 gli adeguati provvedimenti per far sì che non si verifichino. Casi tipici di
3661 \textit{race condition} si hanno quando diversi processi accedono allo stesso
3662 file, o nell'accesso a meccanismi di intercomunicazione come la memoria
3663 condivisa. In questi casi, se non si dispone della possibilità di eseguire
3664 atomicamente le operazioni necessarie, occorre che quelle parti di codice in
3665 cui si compiono le operazioni sulle risorse condivise (le cosiddette
3666 \index{sezione~critica} \textsl{sezioni critiche}) del programma, siano
3667 opportunamente protette da meccanismi di sincronizzazione (torneremo su queste
3668 problematiche di questo tipo in cap.~\ref{cha:IPC}).
3671 Un caso particolare di \textit{race condition} sono poi i cosiddetti
3672 \textit{deadlock}, particolarmente gravi in quanto comportano spesso il blocco
3673 completo di un servizio, e non il fallimento di una singola operazione. Per
3674 definizione un \textit{deadlock} è una situazione in cui due o più processi
3675 non sono più in grado di proseguire perché ciascuno aspetta il risultato di
3676 una operazione che dovrebbe essere eseguita dall'altro.
3679 L'esempio tipico di una situazione che può condurre ad un
3680 \textit{deadlock} è quello in cui un flag di
3681 ``\textsl{occupazione}'' viene rilasciato da un evento asincrono (come un
3682 segnale o un altro processo) fra il momento in cui lo si è controllato
3683 (trovandolo occupato) e la successiva operazione di attesa per lo sblocco. In
3684 questo caso, dato che l'evento di sblocco del flag è avvenuto senza che ce ne
3685 accorgessimo proprio fra il controllo e la messa in attesa, quest'ultima
3686 diventerà perpetua (da cui il nome di \textit{deadlock}).
3688 In tutti questi casi è di fondamentale importanza il concetto di atomicità
3689 visto in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper}; questi problemi infatti possono essere
3690 risolti soltanto assicurandosi, quando essa sia richiesta, che sia possibile
3691 eseguire in maniera atomica le operazioni necessarie.
3692 \itindend{race~condition}
3696 \subsection{Le funzioni rientranti}
3697 \label{sec:proc_reentrant}
3699 Si dice \textsl{rientrante} una funzione che può essere interrotta in
3700 qualunque punto della sua esecuzione ed essere chiamata una seconda volta da
3701 un altro thread di esecuzione senza che questo comporti nessun problema
3702 nell'esecuzione della stessa. La problematica è comune nella programmazione
3703 multi-thread, ma si hanno gli stessi problemi quando si vogliono chiamare
3704 delle funzioni all'interno dei gestori dei segnali.
3706 Fintanto che una funzione opera soltanto con le variabili locali è rientrante;
3707 queste infatti vengono allocate nello \itindex{stack} stack, ed un'altra
3708 invocazione non fa altro che allocarne un'altra copia. Una funzione può non
3709 essere rientrante quando opera su memoria che non è nello \itindex{stack}
3710 stack. Ad esempio una funzione non è mai rientrante se usa una variabile
3713 Nel caso invece la funzione operi su un oggetto allocato dinamicamente, la
3714 cosa viene a dipendere da come avvengono le operazioni: se l'oggetto è creato
3715 ogni volta e ritornato indietro la funzione può essere rientrante, se invece
3716 esso viene individuato dalla funzione stessa due chiamate alla stessa funzione
3717 potranno interferire quando entrambe faranno riferimento allo stesso oggetto.
3718 Allo stesso modo una funzione può non essere rientrante se usa e modifica un
3719 oggetto che le viene fornito dal chiamante: due chiamate possono interferire
3720 se viene passato lo stesso oggetto; in tutti questi casi occorre molta cura da
3721 parte del programmatore.
3723 In genere le funzioni di libreria non sono rientranti, molte di esse ad
3724 esempio utilizzano variabili statiche, le \acr{glibc} però mettono a
3725 disposizione due macro di compilatore, \macro{\_REENTRANT} e
3726 \macro{\_THREAD\_SAFE}, la cui definizione attiva le versioni rientranti di
3727 varie funzioni di libreria, che sono identificate aggiungendo il suffisso
3728 \code{\_r} al nome della versione normale.
3730 % LocalWords: multitasking like VMS child process identifier pid sez shell fig
3731 % LocalWords: parent kernel init pstree keventd kswapd table struct linux call
3732 % LocalWords: nell'header scheduler system interrupt timer HZ asm Hertz clock
3733 % LocalWords: l'alpha tick fork wait waitpid exit exec image glibc int pgid ps
3734 % LocalWords: sid threads thread Ingo Molnar ppid getpid getppid sys unistd LD
3735 % LocalWords: void ForkTest tempnam pathname sibling cap errno EAGAIN ENOMEM
3736 % LocalWords: stack read only copy write tab client spawn forktest sleep PATH
3737 % LocalWords: source LIBRARY scheduling race condition printf descriptor dup
3738 % LocalWords: close group session tms lock vfork execve BSD stream main abort
3739 % LocalWords: SIGABRT SIGCHLD SIGHUP foreground SIGCONT termination signal ANY
3740 % LocalWords: handler kill EINTR POSIX options WNOHANG ECHILD option WUNTRACED
3741 % LocalWords: dump bits rusage getrusage heap const filename argv envp EACCES
3742 % LocalWords: filesystem noexec EPERM suid sgid root nosuid ENOEXEC ENOENT ELF
3743 % LocalWords: ETXTBSY EINVAL ELIBBAD BIG EFAULT EIO ENAMETOOLONG ELOOP ENOTDIR
3744 % LocalWords: ENFILE EMFILE argc execl path execv execle execlp execvp vector
3745 % LocalWords: list environ NULL umask pending utime cutime ustime fcntl linker
3746 % LocalWords: opendir libc interpreter FreeBSD capabilities Mandatory Access
3747 % LocalWords: Control MAC SELinux Security Modules LSM superuser uid gid saved
3748 % LocalWords: effective euid egid dell' fsuid fsgid getuid geteuid getgid SVr
3749 % LocalWords: getegid IDS NFS setuid setgid all' logout utmp screen xterm TODO
3750 % LocalWords: setreuid setregid FIXME ruid rgid seteuid setegid setresuid size
3751 % LocalWords: setresgid getresuid getresgid value result argument setfsuid DAC
3752 % LocalWords: setfsgid NGROUPS sysconf getgroups getgrouplist groups ngroups
3753 % LocalWords: setgroups initgroups patch LIDS CHOWN OVERRIDE Discrectionary PF
3754 % LocalWords: SEARCH chattr sticky NOATIME socket domain immutable append mmap
3755 % LocalWords: broadcast multicast multicasting memory locking mlock mlockall
3756 % LocalWords: shmctl ioperm iopl chroot ptrace accounting swap reboot hangup
3757 % LocalWords: vhangup mknod lease permitted inherited inheritable bounding AND
3758 % LocalWords: capability capget capset header ESRCH undef version obj clear PT
3759 % LocalWords: pag ssize length proc capgetp preemptive cache runnable Stopped
3760 % LocalWords: Uninterrutible SIGSTOP soft slice nice niceness counter which SC
3761 % LocalWords: getpriority who setpriority RTLinux RTAI Adeos fault FIFO First
3762 % LocalWords: yield Robin setscheduler policy param OTHER priority setparam to
3763 % LocalWords: min getparam getscheduler interval robin ENOSYS fifo ping long
3764 % LocalWords: affinity setaffinity unsigned mask cpu NUMA CLR ISSET SETSIZE RR
3765 % LocalWords: getaffinity assembler deadlock REENTRANT SAFE tgz MYPGRP l'OR rr
3766 % LocalWords: WIFEXITED WEXITSTATUS WIFSIGNALED WTERMSIG WCOREDUMP WIFSTOPPED
3767 % LocalWords: WSTOPSIG opt char INTERP arg SIG IGN DFL mascheck grp FOWNER RAW
3768 % LocalWords: FSETID SETPCAP BIND SERVICE ADMIN PACKET IPC OWNER MODULE RAWIO
3769 % LocalWords: PACCT RESOURCE TTY CONFIG SETFCAP hdrp datap libcap lcap text tp
3770 % LocalWords: get ncap caps CapInh CapPrm fffffeff CapEff getcap STAT dall'I
3771 % LocalWords: inc PRIO SUSv PRGR prio SysV SunOS Ultrix sched timespec len sig
3772 % LocalWords: cpusetsize cpuset atomic tickless redirezione WCONTINUED stopped
3773 % LocalWords: waitid NOCLDSTOP ENOCHLD WIFCONTINUED ifdef endif idtype siginfo
3774 % LocalWords: infop ALL WEXITED WSTOPPED WNOWAIT signo CLD EXITED KILLED page
3775 % LocalWords: CONTINUED sources forking Spawned successfully executing exiting
3777 %%% Local Variables:
3779 %%% TeX-master: "gapil"
3781 % LocalWords: next cat for COMMAND pts bash defunct