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12 \chapter{La gestione dei processi}
13 \label{cha:process_handling}
15 Come accennato nell'introduzione in un sistema Unix tutte le operazioni
16 vengono svolte tramite opportuni processi. In sostanza questi ultimi vengono
17 a costituire l'unità base per l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema.
19 Nel precedente capitolo abbiamo esaminato il funzionamento di un processo come
20 unità a se stante, in questo esamineremo il funzionamento dei processi
21 all'interno del sistema. Saranno cioè affrontati i dettagli della creazione e
22 della terminazione dei processi, della gestione dei loro attributi e
23 privilegi, e di tutte le funzioni a questo connesse. Infine nella sezione
24 finale introdurremo alcune problematiche generiche della programmazione in
25 ambiente multitasking.
28 \section{Introduzione}
31 Inizieremo con un'introduzione generale ai concetti che stanno alla base della
32 gestione dei processi in un sistema unix-like. Introdurremo in questa sezione
33 l'architettura della gestione dei processi e le sue principali
34 caratteristiche, dando una panoramica sull'uso delle principali funzioni di
38 \subsection{L'architettura della gestione dei processi}
39 \label{sec:proc_hierarchy}
41 A differenza di quanto avviene in altri sistemi (ad esempio nel VMS la
42 generazione di nuovi processi è un'operazione privilegiata) una delle
43 caratteristiche di Unix (che esamineremo in dettaglio più avanti) è che
44 qualunque processo può a sua volta generarne altri, detti processi figli
45 (\textit{child process}). Ogni processo è identificato presso il sistema da un
46 numero univoco, il cosiddetto \textit{process identifier} o, più brevemente,
47 \acr{pid}, assegnato in forma progressiva (vedi sez.~\ref{sec:proc_pid})
48 quando il processo viene creato.
50 Una seconda caratteristica di un sistema Unix è che la generazione di un
51 processo è un'operazione separata rispetto al lancio di un programma. In
52 genere la sequenza è sempre quella di creare un nuovo processo, il quale
53 eseguirà, in un passo successivo, il programma desiderato: questo è ad esempio
54 quello che fa la shell quando mette in esecuzione il programma che gli
55 indichiamo nella linea di comando.
57 Una terza caratteristica è che ogni processo è sempre stato generato da un
58 altro, che viene chiamato processo padre (\textit{parent process}). Questo
59 vale per tutti i processi, con una sola eccezione: dato che ci deve essere un
60 punto di partenza esiste un processo speciale (che normalmente è
61 \cmd{/sbin/init}), che viene lanciato dal kernel alla conclusione della fase
62 di avvio; essendo questo il primo processo lanciato dal sistema ha sempre il
63 \acr{pid} uguale a 1 e non è figlio di nessun altro processo.
65 Ovviamente \cmd{init} è un processo speciale che in genere si occupa di far
66 partire tutti gli altri processi necessari al funzionamento del sistema,
67 inoltre \cmd{init} è essenziale per svolgere una serie di compiti
68 amministrativi nelle operazioni ordinarie del sistema (torneremo su alcuni di
69 essi in sez.~\ref{sec:proc_termination}) e non può mai essere terminato. La
70 struttura del sistema comunque consente di lanciare al posto di \cmd{init}
71 qualunque altro programma, e in casi di emergenza (ad esempio se il file di
72 \cmd{init} si fosse corrotto) è ad esempio possibile lanciare una shell al suo
73 posto, passando la riga \cmd{init=/bin/sh} come parametro di avvio.
78 [piccardi@gont piccardi]$ pstree -n
95 |-bash---startx---xinit-+-XFree86
96 | `-WindowMaker-+-ssh-agent
104 | |-wterm---bash---pstree
105 | `-wterm---bash-+-emacs
111 \caption{L'albero dei processi, così come riportato dal comando
113 \label{fig:proc_tree}
116 Dato che tutti i processi attivi nel sistema sono comunque generati da
117 \cmd{init} o da uno dei suoi figli\footnote{in realtà questo non è del tutto
118 vero, in Linux ci sono alcuni processi speciali che pur comparendo come
119 figli di \cmd{init}, o con \acr{pid} successivi, sono in realtà generati
120 direttamente dal kernel, (come \cmd{keventd}, \cmd{kswapd}, ecc.).} si
121 possono classificare i processi con la relazione padre/figlio in
122 un'organizzazione gerarchica ad albero, in maniera analoga a come i file sono
123 organizzati in un albero di directory (si veda
124 sez.~\ref{sec:file_organization}); in fig.~\ref{fig:proc_tree} si è mostrato il
125 risultato del comando \cmd{pstree} che permette di visualizzare questa
126 struttura, alla cui base c'è \cmd{init} che è progenitore di tutti gli altri
129 Il kernel mantiene una tabella dei processi attivi, la cosiddetta
130 \itindex{process~table} \textit{process table}; per ciascun processo viene
131 mantenuta una voce, costituita da una struttura \struct{task\_struct}, nella
132 tabella dei processi che contiene tutte le informazioni rilevanti per quel
133 processo. Tutte le strutture usate a questo scopo sono dichiarate nell'header
134 file \file{linux/sched.h}, ed uno schema semplificato, che riporta la
135 struttura delle principali informazioni contenute nella \struct{task\_struct}
136 (che in seguito incontreremo a più riprese), è mostrato in
137 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}.
141 \includegraphics[width=11cm]{img/task_struct}
142 \caption{Schema semplificato dell'architettura delle strutture usate dal
143 kernel nella gestione dei processi.}
144 \label{fig:proc_task_struct}
147 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_unix_struct} è lo \itindex{scheduler}
148 \textit{scheduler} che decide quale processo mettere in esecuzione; esso viene
149 eseguito ad ogni system call ed ad ogni interrupt,\footnote{più in una serie
151 % TODO completare questa parte su quando viene chiamato lo scheduler.
152 (ma può essere anche attivato esplicitamente). Il timer di sistema provvede
153 comunque a che esso sia invocato periodicamente; generando un interrupt
154 periodico secondo la frequenza specificata dalla costante
155 \const{HZ},\footnote{fino al kernel 2.4 il valore usuale di questa costante
156 era 100, per tutte le architetture eccetto l'alpha, per la quale era 1000,
157 nel 2.6 è stato portato a 1000 su tutte le architetture; occorre fare
158 attenzione a non confondere questo valore con quello dei
159 \itindex{clock~tick} \textit{clock tick} (vedi
160 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}).} definita in \file{asm/param.h}, ed il cui
161 valore è espresso in Hertz.\footnote{a partire dal kernel 2.6.21 è stato
162 introdotto (a cura di Ingo Molnar) un meccanismo completamente diverso,
163 detto \textit{tickless}, in cui non c'è più una interruzione periodica con
164 frequenza prefissata, ma ad ogni chiamata del time viene programmata
165 l'interruzione successiva sulla base di una stima; in questo modo si evita
166 di dover eseguire un migliaio di interruzioni al secondo anche su macchine
167 che non stanno facendo nulla, con un forte risparmio nell'uso dell'energia
168 da parte del processore che può essere messo in stato di sospensione anche
169 per lunghi periodi di tempo.}
172 Ogni volta che viene eseguito, lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler}
173 effettua il calcolo delle priorità dei vari processi attivi (torneremo su
174 questo in sez.~\ref{sec:proc_priority}) e stabilisce quale di essi debba
175 essere posto in esecuzione fino alla successiva invocazione.
178 \subsection{Una panoramica sulle funzioni fondamentali}
179 \label{sec:proc_handling_intro}
181 In un sistema unix-like i processi vengono sempre creati da altri processi
182 tramite la funzione \func{fork}; il nuovo processo (che viene chiamato
183 \textsl{figlio}) creato dalla \func{fork} è una copia identica del processo
184 processo originale (detto \textsl{padre}), ma ha un nuovo \acr{pid} e viene
185 eseguito in maniera indipendente (le differenze fra padre e figlio sono
186 affrontate in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_fork}).
188 Se si vuole che il processo padre si fermi fino alla conclusione del processo
189 figlio questo deve essere specificato subito dopo la \func{fork} chiamando la
190 funzione \func{wait} o la funzione \func{waitpid} (si veda
191 sez.~\ref{sec:proc_wait}); queste funzioni restituiscono anche un'informazione
192 abbastanza limitata sulle cause della terminazione del processo figlio.
194 Quando un processo ha concluso il suo compito o ha incontrato un errore non
195 risolvibile esso può essere terminato con la funzione \func{exit} (si veda
196 quanto discusso in sez.~\ref{sec:proc_conclusion}). La vita del processo però
197 termina solo quando la notifica della sua conclusione viene ricevuta dal
198 processo padre, a quel punto tutte le risorse allocate nel sistema ad esso
199 associate vengono rilasciate.
201 Avere due processi che eseguono esattamente lo stesso codice non è molto
202 utile, normalmente si genera un secondo processo per affidargli l'esecuzione
203 di un compito specifico (ad esempio gestire una connessione dopo che questa è
204 stata stabilita), o fargli eseguire (come fa la shell) un altro programma. Per
205 quest'ultimo caso si usa la seconda funzione fondamentale per programmazione
206 coi processi che è la \func{exec}.
208 Il programma che un processo sta eseguendo si chiama immagine del processo (o
209 \textit{process image}), le funzioni della famiglia \func{exec} permettono di
210 caricare un altro programma da disco sostituendo quest'ultimo all'immagine
211 corrente; questo fa sì che l'immagine precedente venga completamente
212 cancellata. Questo significa che quando il nuovo programma termina, anche il
213 processo termina, e non si può tornare alla precedente immagine.
215 Per questo motivo la \func{fork} e la \func{exec} sono funzioni molto
216 particolari con caratteristiche uniche rispetto a tutte le altre, infatti la
217 prima ritorna due volte (nel processo padre e nel figlio) mentre la seconda
218 non ritorna mai (in quanto con essa viene eseguito un altro programma).
222 \section{Le funzioni di base}% della gestione dei processi}
223 \label{sec:proc_handling}
225 In questa sezione tratteremo le problematiche della gestione dei processi
226 all'interno del sistema, illustrandone tutti i dettagli. Inizieremo con le
227 funzioni elementari che permettono di leggerne gli identificatori, per poi
228 passare alla spiegazione delle funzioni base che si usano per la creazione e
229 la terminazione dei processi, e per la messa in esecuzione degli altri
233 \subsection{Gli identificatori dei processi}
236 Come accennato nell'introduzione, ogni processo viene identificato dal sistema
237 da un numero identificativo univoco, il \textit{process ID} o \acr{pid};
238 quest'ultimo è un tipo di dato standard, il \type{pid\_t} che in genere è un
239 intero con segno (nel caso di Linux e delle \acr{glibc} il tipo usato è
242 Il \acr{pid} viene assegnato in forma progressiva\footnote{in genere viene
243 assegnato il numero successivo a quello usato per l'ultimo processo creato,
244 a meno che questo numero non sia già utilizzato per un altro \acr{pid},
245 \acr{pgid} o \acr{sid} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}).} ogni volta
246 che un nuovo processo viene creato, fino ad un limite che, essendo il
247 \acr{pid} un numero positivo memorizzato in un intero a 16 bit, arriva ad un
248 massimo di 32768. Oltre questo valore l'assegnazione riparte dal numero più
249 basso disponibile a partire da un minimo di 300,\footnote{questi valori, fino
250 al kernel 2.4.x, sono definiti dalla macro \const{PID\_MAX} in
251 \file{threads.h} e direttamente in \file{fork.c}, con il kernel 2.5.x e la
252 nuova interfaccia per i thread creata da Ingo Molnar anche il meccanismo di
253 allocazione dei \acr{pid} è stato modificato.} che serve a riservare i
254 \acr{pid} più bassi ai processi eseguiti direttamente dal kernel. Per questo
255 motivo, come visto in sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, il processo di avvio
256 (\cmd{init}) ha sempre il \acr{pid} uguale a uno.
258 Tutti i processi inoltre memorizzano anche il \acr{pid} del genitore da cui
259 sono stati creati, questo viene chiamato in genere \acr{ppid} (da
260 \textit{parent process ID}). Questi due identificativi possono essere
261 ottenuti usando le due funzioni \funcd{getpid} e \funcd{getppid}, i cui
264 \headdecl{sys/types.h}
266 \funcdecl{pid\_t getpid(void)}
268 Restituisce il \acr{pid} del processo corrente.
270 \funcdecl{pid\_t getppid(void)}
272 Restituisce il \acr{pid} del padre del processo corrente.
274 \bodydesc{Entrambe le funzioni non riportano condizioni di errore.}
276 \noindent esempi dell'uso di queste funzioni sono riportati in
277 fig.~\ref{fig:proc_fork_code}, nel programma \file{ForkTest.c}.
279 Il fatto che il \acr{pid} sia un numero univoco per il sistema lo rende un
280 candidato per generare ulteriori indicatori associati al processo di cui
281 diventa possibile garantire l'unicità: ad esempio in alcune implementazioni la
282 funzione \func{tempnam} (si veda sez.~\ref{sec:file_temp_file}) usa il
283 \acr{pid} per generare un \itindex{pathname} \textit{pathname} univoco, che
284 non potrà essere replicato da un altro processo che usi la stessa funzione.
286 Tutti i processi figli dello stesso processo padre sono detti
287 \textit{sibling}, questa è una delle relazioni usate nel \textsl{controllo di
288 sessione}, in cui si raggruppano i processi creati su uno stesso terminale,
289 o relativi allo stesso login. Torneremo su questo argomento in dettaglio in
290 cap.~\ref{cha:session}, dove esamineremo gli altri identificativi associati ad
291 un processo e le varie relazioni fra processi utilizzate per definire una
294 Oltre al \acr{pid} e al \acr{ppid}, (e a quelli che vedremo in
295 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}, relativi al controllo di sessione), ad ogni
296 processo vengono associati degli altri identificatori che vengono usati per il
297 controllo di accesso. Questi servono per determinare se un processo può
298 eseguire o meno le operazioni richieste, a seconda dei privilegi e
299 dell'identità di chi lo ha posto in esecuzione; l'argomento è complesso e sarà
300 affrontato in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_perms}.
303 \subsection{La funzione \func{fork} e le funzioni di creazione dei processi}
304 \label{sec:proc_fork}
306 La funzione \funcd{fork} è la funzione fondamentale della gestione dei
307 processi: come si è detto l'unico modo di creare un nuovo processo è
308 attraverso l'uso di questa funzione, essa quindi riveste un ruolo centrale
309 tutte le volte che si devono scrivere programmi che usano il multitasking. Il
310 prototipo della funzione è:
312 \headdecl{sys/types.h}
314 \funcdecl{pid\_t fork(void)}
315 Crea un nuovo processo.
317 \bodydesc{In caso di successo restituisce il \acr{pid} del figlio al padre e
318 zero al figlio; ritorna -1 al padre (senza creare il figlio) in caso di
319 errore; \var{errno} può assumere i valori:
321 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono risorse sufficienti per creare un altro
322 processo (per allocare la tabella delle pagine e le strutture del task) o
323 si è esaurito il numero di processi disponibili.
324 \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare la memoria per le
325 strutture necessarie al kernel per creare il nuovo processo.
329 Dopo il successo dell'esecuzione di una \func{fork} sia il processo padre che
330 il processo figlio continuano ad essere eseguiti normalmente a partire
331 dall'istruzione successiva alla \func{fork}; il processo figlio è però una
332 copia del padre, e riceve una copia dei \index{segmento!testo} segmenti di
333 testo, \itindex{stack} stack e \index{segmento!dati} dati (vedi
334 sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}), ed esegue esattamente lo stesso codice del
335 padre. Si tenga presente però che la memoria è copiata, non condivisa,
336 pertanto padre e figlio vedono variabili diverse.
338 Per quanto riguarda la gestione della memoria, in generale il
339 \index{segmento!testo} segmento di testo, che è identico per i due processi, è
340 condiviso e tenuto in read-only per il padre e per i figli. Per gli altri
341 segmenti Linux utilizza la tecnica del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on
342 write}; questa tecnica comporta che una pagina di memoria viene
343 effettivamente copiata per il nuovo processo solo quando ci viene effettuata
344 sopra una scrittura (e si ha quindi una reale differenza fra padre e figlio).
345 In questo modo si rende molto più efficiente il meccanismo della creazione di
346 un nuovo processo, non essendo più necessaria la copia di tutto lo spazio
347 degli indirizzi virtuali del padre, ma solo delle pagine di memoria che sono
348 state modificate, e solo al momento della modifica stessa.
350 La differenza che si ha nei due processi è che nel processo padre il valore di
351 ritorno della funzione \func{fork} è il \acr{pid} del processo figlio, mentre
352 nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se viene
353 eseguito dal padre o dal figlio. Si noti come la funzione \func{fork} ritorni
354 \textbf{due} volte: una nel padre e una nel figlio.
356 La scelta di questi valori di ritorno non è casuale, un processo infatti può
357 avere più figli, ed il valore di ritorno di \func{fork} è l'unico modo che gli
358 permette di identificare quello appena creato; al contrario un figlio ha
359 sempre un solo padre (il cui \acr{pid} può sempre essere ottenuto con
360 \func{getppid}, vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) per cui si usa il valore nullo,
361 che non è il \acr{pid} di nessun processo.
364 \footnotesize \centering
365 \begin{minipage}[c]{15cm}
366 \includecodesample{listati/ForkTest.c}
369 \caption{Esempio di codice per la creazione di nuovi processi.}
370 \label{fig:proc_fork_code}
373 Normalmente la chiamata a \func{fork} può fallire solo per due ragioni, o ci
374 sono già troppi processi nel sistema (il che di solito è sintomo che
375 qualcos'altro non sta andando per il verso giusto) o si è ecceduto il limite
376 sul numero totale di processi permessi all'utente (vedi
377 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}, ed in particolare
378 tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values}).
380 L'uso di \func{fork} avviene secondo due modalità principali; la prima è
381 quella in cui all'interno di un programma si creano processi figli cui viene
382 affidata l'esecuzione di una certa sezione di codice, mentre il processo padre
383 ne esegue un'altra. È il caso tipico dei programmi server (il modello
384 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}) in cui il
385 padre riceve ed accetta le richieste da parte dei programmi client, per
386 ciascuna delle quali pone in esecuzione un figlio che è incaricato di fornire
389 La seconda modalità è quella in cui il processo vuole eseguire un altro
390 programma; questo è ad esempio il caso della shell. In questo caso il processo
391 crea un figlio la cui unica operazione è quella di fare una \func{exec} (di
392 cui parleremo in sez.~\ref{sec:proc_exec}) subito dopo la \func{fork}.
394 Alcuni sistemi operativi (il VMS ad esempio) combinano le operazioni di questa
395 seconda modalità (una \func{fork} seguita da una \func{exec}) in un'unica
396 operazione che viene chiamata \textit{spawn}. Nei sistemi unix-like è stato
397 scelto di mantenere questa separazione, dato che, come per la prima modalità
398 d'uso, esistono numerosi scenari in cui si può usare una \func{fork} senza
399 aver bisogno di eseguire una \func{exec}. Inoltre, anche nel caso della
400 seconda modalità d'uso, avere le due funzioni separate permette al figlio di
401 cambiare gli attributi del processo (maschera dei segnali, redirezione
402 dell'output, identificatori) prima della \func{exec}, rendendo così
403 relativamente facile intervenire sulle le modalità di esecuzione del nuovo
406 In fig.~\ref{fig:proc_fork_code} è riportato il corpo del codice del programma
407 di esempio \cmd{forktest}, che permette di illustrare molte caratteristiche
408 dell'uso della funzione \func{fork}. Il programma crea un numero di figli
409 specificato da linea di comando, e prende anche alcune opzioni per indicare
410 degli eventuali tempi di attesa in secondi (eseguiti tramite la funzione
411 \func{sleep}) per il padre ed il figlio (con \cmd{forktest -h} si ottiene la
412 descrizione delle opzioni); il codice completo, compresa la parte che gestisce
413 le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{ForkTest.c},
414 distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi su
415 \href{http://gapil.truelite.it/gapil_source.tgz}
416 {\textsf{http://gapil.truelite.it/gapil\_source.tgz}}.
418 Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
419 (\texttt{\small 24--40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
420 controllando il successo della chiamata a \func{fork} (\texttt{\small
421 25--29}); ciascun figlio (\texttt{\small 31--34}) si limita a stampare il
422 suo numero di successione, eventualmente attendere il numero di secondi
423 specificato e scrivere un messaggio prima di uscire. Il processo padre invece
424 (\texttt{\small 36--38}) stampa un messaggio di creazione, eventualmente
425 attende il numero di secondi specificato, e procede nell'esecuzione del ciclo;
426 alla conclusione del ciclo, prima di uscire, può essere specificato un altro
429 Se eseguiamo il comando\footnote{che è preceduto dall'istruzione \code{export
430 LD\_LIBRARY\_PATH=./} per permettere l'uso delle librerie dinamiche.}
431 senza specificare attese (come si può notare in (\texttt{\small 17--19}) i
432 valori predefiniti specificano di non attendere), otterremo come output sul
437 [piccardi@selidor sources]$ export LD_LIBRARY_PATH=./; ./forktest 3
438 Process 1963: forking 3 child
439 Spawned 1 child, pid 1964
440 Child 1 successfully executing
441 Child 1, parent 1963, exiting
443 Spawned 2 child, pid 1965
444 Child 2 successfully executing
445 Child 2, parent 1963, exiting
447 Child 3 successfully executing
448 Child 3, parent 1963, exiting
449 Spawned 3 child, pid 1966
454 Esaminiamo questo risultato: una prima conclusione che si può trarre è che non
455 si può dire quale processo fra il padre ed il figlio venga eseguito per
456 primo\footnote{a partire dal kernel 2.5.2-pre10 è stato introdotto il nuovo
457 \itindex{scheduler} \textit{scheduler} di Ingo Molnar che esegue sempre per
458 primo il figlio; per mantenere la portabilità è opportuno non fare comunque
459 affidamento su questo comportamento.} dopo la chiamata a \func{fork};
460 dall'esempio si può notare infatti come nei primi due cicli sia stato eseguito
461 per primo il padre (con la stampa del \acr{pid} del nuovo processo) per poi
462 passare all'esecuzione del figlio (completata con i due avvisi di esecuzione
463 ed uscita), e tornare all'esecuzione del padre (con la stampa del passaggio al
464 ciclo successivo), mentre la terza volta è stato prima eseguito il figlio
465 (fino alla conclusione) e poi il padre.
467 In generale l'ordine di esecuzione dipenderà, oltre che dall'algoritmo di
468 \itindex{scheduler} scheduling usato dal kernel, dalla particolare situazione
469 in cui si trova la macchina al momento della chiamata, risultando del tutto
470 impredicibile. Eseguendo più volte il programma di prova e producendo un
471 numero diverso di figli, si sono ottenute situazioni completamente diverse,
472 compreso il caso in cui il processo padre ha eseguito più di una \func{fork}
473 prima che uno dei figli venisse messo in esecuzione.
475 Pertanto non si può fare nessuna assunzione sulla sequenza di esecuzione delle
476 istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
477 essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
478 occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
479 rischio di incorrere nelle cosiddette \itindex{race~condition} \textit{race
480 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
482 Si noti inoltre che essendo i segmenti di memoria utilizzati dai singoli
483 processi completamente separati, le modifiche delle variabili nei processi
484 figli (come l'incremento di \var{i} in \texttt{\small 31}) sono visibili solo
485 a loro (ogni processo vede solo la propria copia della memoria), e non hanno
486 alcun effetto sul valore che le stesse variabili hanno nel processo padre (ed
487 in eventuali altri processi figli che eseguano lo stesso codice).
489 Un secondo aspetto molto importante nella creazione dei processi figli è
490 quello dell'interazione dei vari processi con i file; per illustrarlo meglio
491 proviamo a redirigere su un file l'output del nostro programma di test, quello
496 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest 3 > output
497 [piccardi@selidor sources]$ cat output
498 Process 1967: forking 3 child
499 Child 1 successfully executing
500 Child 1, parent 1967, exiting
501 Test for forking 3 child
502 Spawned 1 child, pid 1968
504 Child 2 successfully executing
505 Child 2, parent 1967, exiting
506 Test for forking 3 child
507 Spawned 1 child, pid 1968
509 Spawned 2 child, pid 1969
511 Child 3 successfully executing
512 Child 3, parent 1967, exiting
513 Test for forking 3 child
514 Spawned 1 child, pid 1968
516 Spawned 2 child, pid 1969
518 Spawned 3 child, pid 1970
522 che come si vede è completamente diverso da quanto ottenevamo sul terminale.
524 Il comportamento delle varie funzioni di interfaccia con i file è analizzato
525 in gran dettaglio in cap.~\ref{cha:file_unix_interface} e in
526 cap.~\ref{cha:files_std_interface}. Qui basta accennare che si sono usate le
527 funzioni standard della libreria del C che prevedono l'output bufferizzato; e
528 questa bufferizzazione (trattata in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_buffering})
529 varia a seconda che si tratti di un file su disco (in cui il buffer viene
530 scaricato su disco solo quando necessario) o di un terminale (nel qual caso il
531 buffer viene scaricato ad ogni carattere di a capo).
533 Nel primo esempio allora avevamo che ad ogni chiamata a \func{printf} il
534 buffer veniva scaricato, e le singole righe erano stampate a video subito dopo
535 l'esecuzione della \func{printf}. Ma con la redirezione su file la scrittura
536 non avviene più alla fine di ogni riga e l'output resta nel buffer. Dato che
537 ogni figlio riceve una copia della memoria del padre, esso riceverà anche
538 quanto c'è nel buffer delle funzioni di I/O, comprese le linee scritte dal
539 padre fino allora. Così quando il buffer viene scritto su disco all'uscita del
540 figlio, troveremo nel file anche tutto quello che il processo padre aveva
541 scritto prima della sua creazione. E alla fine del file (dato che in questo
542 caso il padre esce per ultimo) troveremo anche l'output completo del padre.
544 L'esempio ci mostra un altro aspetto fondamentale dell'interazione con i file,
545 valido anche per l'esempio precedente, ma meno evidente: il fatto cioè che non
546 solo processi diversi possono scrivere in contemporanea sullo stesso file
547 (l'argomento della condivisione dei file è trattato in dettaglio in
548 sez.~\ref{sec:file_sharing}), ma anche che, a differenza di quanto avviene per
549 le variabili, la posizione corrente sul file è condivisa fra il padre e tutti
552 Quello che succede è che quando lo standard output del padre viene rediretto,
553 lo stesso avviene anche per tutti i figli; la funzione \func{fork} infatti ha
554 la caratteristica di duplicare nei figli tutti i file descriptor aperti nel
555 padre (allo stesso modo in cui lo fa la funzione \func{dup}, trattata in
556 sez.~\ref{sec:file_dup}), il che comporta che padre e figli condividono le
557 stesse voci della \itindex{file~table} \textit{file table} (per la spiegazione
558 di questi termini si veda sez.~\ref{sec:file_sharing}) fra cui c'è anche la
559 posizione corrente nel file.
561 In questo modo se un processo scrive sul file aggiornerà la posizione corrente
562 sulla \itindex{file~table} \textit{file table}, e tutti gli altri processi,
563 che vedono la stessa \itindex{file~table} \textit{file table}, vedranno il
564 nuovo valore. In questo modo si evita, in casi come quello appena mostrato in
565 cui diversi processi scrivono sullo stesso file, che l'output successivo di un
566 processo vada a sovrapporsi a quello dei precedenti: l'output potrà risultare
567 mescolato, ma non ci saranno parti perdute per via di una sovrascrittura.
569 Questo tipo di comportamento è essenziale in tutti quei casi in cui il padre
570 crea un figlio e attende la sua conclusione per proseguire, ed entrambi
571 scrivono sullo stesso file (un caso tipico è la shell quando lancia un
572 programma, il cui output va sullo standard output).
574 In questo modo, anche se l'output viene rediretto, il padre potrà sempre
575 continuare a scrivere in coda a quanto scritto dal figlio in maniera
576 automatica; se così non fosse ottenere questo comportamento sarebbe
577 estremamente complesso necessitando di una qualche forma di comunicazione fra
578 i due processi per far riprendere al padre la scrittura al punto giusto.
580 In generale comunque non è buona norma far scrivere più processi sullo stesso
581 file senza una qualche forma di sincronizzazione in quanto, come visto anche
582 con il nostro esempio, le varie scritture risulteranno mescolate fra loro in
583 una sequenza impredicibile. Per questo le modalità con cui in genere si usano
584 i file dopo una \func{fork} sono sostanzialmente due:
586 \item Il processo padre aspetta la conclusione del figlio. In questo caso non
587 è necessaria nessuna azione riguardo ai file, in quanto la sincronizzazione
588 della posizione corrente dopo eventuali operazioni di lettura e scrittura
589 effettuate dal figlio è automatica.
590 \item L'esecuzione di padre e figlio procede indipendentemente. In questo caso
591 ciascuno dei due processi deve chiudere i file che non gli servono una volta
592 che la \func{fork} è stata eseguita, per evitare ogni forma di interferenza.
595 Oltre ai file aperti i processi figli ereditano dal padre una serie di altre
596 proprietà; la lista dettagliata delle proprietà che padre e figlio hanno in
597 comune dopo l'esecuzione di una \func{fork} è la seguente:
599 \item i file aperti e gli eventuali flag di \itindex{close-on-exec}
600 \textit{close-on-exec} impostati (vedi sez.~\ref{sec:proc_exec} e
601 sez.~\ref{sec:file_fcntl});
602 \item gli identificatori per il controllo di accesso: l'\textsl{user-ID
603 reale}, il \textsl{group-ID reale}, l'\textsl{user-ID effettivo}, il
604 \textsl{group-ID effettivo} ed i \textit{group-ID supplementari} (vedi
605 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
606 \item gli identificatori per il controllo di sessione: il
607 \itindex{process~group} \textit{process group-ID} e il \textit{session id}
608 ed il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group});
609 \item la directory di lavoro e la directory radice (vedi
610 sez.~\ref{sec:file_work_dir} e sez.~\ref{sec:file_chroot});
611 \item la maschera dei permessi di creazione (vedi
612 sez.~\ref{sec:file_perm_management});
613 \item la maschera dei segnali bloccati (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) e le
614 azioni installate (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha});
615 \item i segmenti di memoria condivisa agganciati al processo (vedi
616 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm});
617 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
618 \item le priorità real-time e le affinità di processore (vedi
619 sez.~\ref{sec:proc_real_time} e sez.\ref{sec:proc_sched_multiprocess});
620 \item le variabili di ambiente (vedi sez.~\ref{sec:proc_environ}).
622 Le differenze fra padre e figlio dopo la \func{fork} invece sono:
624 \item il valore di ritorno di \func{fork};
625 \item il \acr{pid} (\textit{process id});
626 \item il \acr{ppid} (\textit{parent process id}), quello del figlio viene
627 impostato al \acr{pid} del padre;
628 \item i valori dei tempi di esecuzione della struttura \struct{tms} (vedi
629 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) che nel figlio sono posti a zero;
630 \item i \textit{lock} sui file (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}), che non
631 vengono ereditati dal figlio;
632 \item gli allarmi ed i segnali pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che
633 per il figlio vengono cancellati.
637 Una seconda funzione storica usata per la creazione di un nuovo processo è
638 \func{vfork}, che è esattamente identica a \func{fork} ed ha la stessa
639 semantica e gli stessi errori; la sola differenza è che non viene creata la
640 tabella delle pagine né la struttura dei task per il nuovo processo. Il
641 processo padre è posto in attesa fintanto che il figlio non ha eseguito una
642 \func{execve} o non è uscito con una \func{\_exit}. Il figlio condivide la
643 memoria del padre (e modifiche possono avere effetti imprevedibili) e non deve
644 ritornare o uscire con \func{exit} ma usare esplicitamente \func{\_exit}.
646 Questa funzione è un rimasuglio dei vecchi tempi in cui eseguire una
647 \func{fork} comportava anche la copia completa del segmento dati del processo
648 padre, che costituiva un inutile appesantimento in tutti quei casi in cui la
649 \func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
650 venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
652 Dato che Linux supporta il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write} la
653 perdita di prestazioni è assolutamente trascurabile, e l'uso di questa
654 funzione (che resta un caso speciale della system call \func{\_\_clone}) è
655 deprecato; per questo eviteremo di trattarla ulteriormente.
658 \subsection{La conclusione di un processo}
659 \label{sec:proc_termination}
661 In sez.~\ref{sec:proc_conclusion} abbiamo già affrontato le modalità con cui
662 chiudere un programma, ma dall'interno del programma stesso; avendo a che fare
663 con un sistema multitasking resta da affrontare l'argomento dal punto di vista
664 di come il sistema gestisce la conclusione dei processi.
666 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:proc_conclusion} le tre modalità con cui un
667 programma viene terminato in maniera normale: la chiamata di \func{exit} (che
668 esegue le funzioni registrate per l'uscita e chiude gli stream), il ritorno
669 dalla funzione \func{main} (equivalente alla chiamata di \func{exit}), e la
670 chiamata ad \func{\_exit} (che passa direttamente alle operazioni di
671 terminazione del processo da parte del kernel).
673 Ma abbiamo accennato che oltre alla conclusione normale esistono anche delle
674 modalità di conclusione anomala; queste sono in sostanza due: il programma può
675 chiamare la funzione \func{abort} per invocare una chiusura anomala, o essere
676 terminato da un segnale (torneremo sui segnali in cap.~\ref{cha:signals}). In
677 realtà anche la prima modalità si riconduce alla seconda, dato che
678 \func{abort} si limita a generare il segnale \const{SIGABRT}.
680 Qualunque sia la modalità di conclusione di un processo, il kernel esegue
681 comunque una serie di operazioni: chiude tutti i file aperti, rilascia la
682 memoria che stava usando, e così via; l'elenco completo delle operazioni
683 eseguite alla chiusura di un processo è il seguente:
685 \item tutti i file descriptor sono chiusi;
686 \item viene memorizzato lo stato di terminazione del processo;
687 \item ad ogni processo figlio viene assegnato un nuovo padre (in genere
689 \item viene inviato il segnale \const{SIGCHLD} al processo padre (vedi
690 sez.~\ref{sec:sig_sigchld});
691 \item se il processo è un leader di sessione ed il suo terminale di controllo
692 è quello della sessione viene mandato un segnale di \const{SIGHUP} a tutti i
693 processi del gruppo di \textit{foreground} e il terminale di controllo viene
694 disconnesso (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
695 \item se la conclusione di un processo rende orfano un \textit{process
696 group} ciascun membro del gruppo viene bloccato, e poi gli vengono
697 inviati in successione i segnali \const{SIGHUP} e \const{SIGCONT}
698 (vedi ancora sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
701 Oltre queste operazioni è però necessario poter disporre di un meccanismo
702 ulteriore che consenta di sapere come la terminazione è avvenuta: dato che in
703 un sistema unix-like tutto viene gestito attraverso i processi, il meccanismo
704 scelto consiste nel riportare lo stato di terminazione (il cosiddetto
705 \textit{termination status}) al processo padre.
707 Nel caso di conclusione normale, abbiamo visto in
708 sez.~\ref{sec:proc_conclusion} che lo stato di uscita del processo viene
709 caratterizzato tramite il valore del cosiddetto \textit{exit status}, cioè il
710 valore passato alle funzioni \func{exit} o \func{\_exit} (o dal valore di
711 ritorno per \func{main}). Ma se il processo viene concluso in maniera anomala
712 il programma non può specificare nessun \textit{exit status}, ed è il kernel
713 che deve generare autonomamente il \textit{termination status} per indicare le
714 ragioni della conclusione anomala.
716 Si noti la distinzione fra \textit{exit status} e \textit{termination status}:
717 quello che contraddistingue lo stato di chiusura del processo e viene
718 riportato attraverso le funzioni \func{wait} o \func{waitpid} (vedi
719 sez.~\ref{sec:proc_wait}) è sempre quest'ultimo; in caso di conclusione normale
720 il kernel usa il primo (nel codice eseguito da \func{\_exit}) per produrre il
723 La scelta di riportare al padre lo stato di terminazione dei figli, pur
724 essendo l'unica possibile, comporta comunque alcune complicazioni: infatti se
725 alla sua creazione è scontato che ogni nuovo processo ha un padre, non è detto
726 che sia così alla sua conclusione, dato che il padre potrebbe essere già
727 terminato (si potrebbe avere cioè quello che si chiama un processo
730 Questa complicazione viene superata facendo in modo che il processo orfano
731 venga \textsl{adottato} da \cmd{init}. Come già accennato quando un processo
732 termina, il kernel controlla se è il padre di altri processi in esecuzione: in
733 caso positivo allora il \acr{ppid} di tutti questi processi viene sostituito
734 con il \acr{pid} di \cmd{init} (e cioè con 1); in questo modo ogni processo
735 avrà sempre un padre (nel caso possiamo parlare di un padre \textsl{adottivo})
736 cui riportare il suo stato di terminazione. Come verifica di questo
737 comportamento possiamo eseguire il nostro programma \cmd{forktest} imponendo a
738 ciascun processo figlio due secondi di attesa prima di uscire, il risultato è:
742 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest -c2 3
743 Process 1972: forking 3 child
744 Spawned 1 child, pid 1973
745 Child 1 successfully executing
747 Spawned 2 child, pid 1974
748 Child 2 successfully executing
750 Child 3 successfully executing
751 Spawned 3 child, pid 1975
753 [piccardi@selidor sources]$ Child 3, parent 1, exiting
754 Child 2, parent 1, exiting
755 Child 1, parent 1, exiting
758 come si può notare in questo caso il processo padre si conclude prima dei
759 figli, tornando alla shell, che stampa il prompt sul terminale: circa due
760 secondi dopo viene stampato a video anche l'output dei tre figli che
761 terminano, e come si può notare in questo caso, al contrario di quanto visto
762 in precedenza, essi riportano 1 come \acr{ppid}.
764 Altrettanto rilevante è il caso in cui il figlio termina prima del padre,
765 perché non è detto che il padre possa ricevere immediatamente lo stato di
766 terminazione, quindi il kernel deve comunque conservare una certa quantità di
767 informazioni riguardo ai processi che sta terminando.
769 Questo viene fatto mantenendo attiva la voce nella tabella dei processi, e
770 memorizzando alcuni dati essenziali, come il \acr{pid}, i tempi di CPU usati
771 dal processo (vedi sez.~\ref{sec:sys_unix_time}) e lo stato di terminazione,
772 mentre la memoria in uso ed i file aperti vengono rilasciati immediatamente. I
773 processi che sono terminati, ma il cui stato di terminazione non è stato
774 ancora ricevuto dal padre sono chiamati \index{zombie} \textit{zombie}, essi
775 restano presenti nella tabella dei processi ed in genere possono essere
776 identificati dall'output di \cmd{ps} per la presenza di una \texttt{Z} nella
777 colonna che ne indica lo stato (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}). Quando
778 il padre effettuerà la lettura dello stato di uscita anche questa
779 informazione, non più necessaria, verrà scartata e la terminazione potrà dirsi
780 completamente conclusa.
782 Possiamo utilizzare il nostro programma di prova per analizzare anche questa
783 condizione: lanciamo il comando \cmd{forktest} in \textit{background} (vedi
784 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), indicando al processo padre di aspettare 10
785 secondi prima di uscire; in questo caso, usando \cmd{ps} sullo stesso
786 terminale (prima dello scadere dei 10 secondi) otterremo:
790 [piccardi@selidor sources]$ ps T
791 PID TTY STAT TIME COMMAND
792 419 pts/0 S 0:00 bash
793 568 pts/0 S 0:00 ./forktest -e10 3
794 569 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
795 570 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
796 571 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
797 572 pts/0 R 0:00 ps T
799 \normalsize e come si vede, dato che non si è fatto nulla per riceverne lo
800 stato di terminazione, i tre processi figli sono ancora presenti pur essendosi
801 conclusi, con lo stato di \index{zombie} \textit{zombie} e l'indicazione che
802 sono stati terminati.
804 La possibilità di avere degli \index{zombie} \textit{zombie} deve essere
805 tenuta sempre presente quando si scrive un programma che deve essere mantenuto
806 in esecuzione a lungo e creare molti figli. In questo caso si deve sempre
807 avere cura di far leggere l'eventuale stato di uscita di tutti i figli (in
808 genere questo si fa attraverso un apposito \textit{signal handler}, che chiama
809 la funzione \func{wait}, vedi sez.~\ref{sec:sig_sigchld} e
810 sez.~\ref{sec:proc_wait}). Questa operazione è necessaria perché anche se gli
811 \index{zombie} \textit{zombie} non consumano risorse di memoria o processore,
812 occupano comunque una voce nella tabella dei processi, che a lungo andare
815 Si noti che quando un processo adottato da \cmd{init} termina, esso non
816 diviene uno \index{zombie} \textit{zombie}; questo perché una delle funzioni
817 di \cmd{init} è appunto quella di chiamare la funzione \func{wait} per i
818 processi cui fa da padre, completandone la terminazione. Questo è quanto
819 avviene anche quando, come nel caso del precedente esempio con \cmd{forktest},
820 il padre termina con dei figli in stato di \index{zombie} \textit{zombie}:
821 alla sua terminazione infatti tutti i suoi figli (compresi gli \index{zombie}
822 \textit{zombie}) verranno adottati da \cmd{init}, il quale provvederà a
823 completarne la terminazione.
825 Si tenga presente infine che siccome gli \index{zombie} \textit{zombie} sono
826 processi già usciti, non c'è modo di eliminarli con il comando \cmd{kill};
827 l'unica possibilità di cancellarli dalla tabella dei processi è quella di
828 terminare il processo che li ha generati, in modo che \cmd{init} possa
829 adottarli e provvedere a concluderne la terminazione.
832 \subsection{La funzione \func{waitpid} e le funzioni di ricezione degli stati
834 \label{sec:proc_wait}
836 Uno degli usi più comuni delle capacità multitasking di un sistema unix-like
837 consiste nella creazione di programmi di tipo server, in cui un processo
838 principale attende le richieste che vengono poi soddisfatte da una serie di
839 processi figli. Si è già sottolineato al paragrafo precedente come in questo
840 caso diventi necessario gestire esplicitamente la conclusione dei figli onde
841 evitare di riempire di \index{zombie} \textit{zombie} la tabella dei processi;
842 le funzioni deputate a questo compito sono principalmente due, \funcd{wait} e
843 \func{waitpid}. La prima, il cui prototipo è:
845 \headdecl{sys/types.h}
846 \headdecl{sys/wait.h}
847 \funcdecl{pid\_t wait(int *status)}
849 Sospende il processo corrente finché un figlio non è uscito, o finché un
850 segnale termina il processo o chiama una funzione di gestione.
852 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del figlio in caso di successo
853 e -1 in caso di errore; \var{errno} può assumere i valori:
855 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
859 è presente fin dalle prime versioni di Unix; la funzione ritorna non appena un
860 processo figlio termina. Se un figlio è già terminato la funzione ritorna
861 immediatamente, se più di un figlio è terminato occorre chiamare la funzione
862 più volte se si vuole recuperare lo stato di terminazione di tutti quanti.
864 Al ritorno della funzione lo stato di terminazione del figlio viene salvato
865 nella variabile puntata da \param{status} e tutte le risorse del kernel
866 relative al processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_termination}) vengono rilasciate.
867 Nel caso un processo abbia più figli il valore di ritorno (il \acr{pid} del
868 figlio) permette di identificare qual è quello che è uscito.
870 Questa funzione ha il difetto di essere poco flessibile, in quanto ritorna
871 all'uscita di un qualunque processo figlio. Nelle occasioni in cui è
872 necessario attendere la conclusione di un processo specifico occorrerebbe
873 predisporre un meccanismo che tenga conto dei processi già terminati, e
874 provvedere a ripetere la chiamata alla funzione nel caso il processo cercato
877 Per questo motivo lo standard POSIX.1 ha introdotto la funzione
878 \funcd{waitpid} che effettua lo stesso servizio, ma dispone di una serie di
879 funzionalità più ampie, legate anche al controllo di sessione (si veda
880 sez.~\ref{sec:sess_job_control}). Dato che è possibile ottenere lo stesso
881 comportamento di \func{wait}\footnote{in effetti il codice
882 \code{wait(\&status)} è del tutto equivalente a \code{waitpid(WAIT\_ANY,
883 \&status, 0)}.} si consiglia di utilizzare sempre questa funzione, il cui
886 \headdecl{sys/types.h}
887 \headdecl{sys/wait.h}
888 \funcdecl{pid\_t waitpid(pid\_t pid, int *status, int options)}
889 Attende la conclusione di un processo figlio.
891 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del processo che è uscito, 0 se
892 è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e il processo non è uscito e
893 -1 per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
895 \item[\errcode{EINTR}] non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
896 la funzione è stata interrotta da un segnale.
897 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
898 non è figlio del processo chiamante.
899 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
900 l'argomento \param{options}.
904 La prima differenza fra le due funzioni è che con \func{waitpid} si può
905 specificare in maniera flessibile quale processo attendere, sulla base del
906 valore fornito dall'argomento \param{pid}, questo può assumere diversi valori,
907 secondo lo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_waidpid_pid}, dove si
908 sono riportate anche le costanti definite per indicare alcuni di essi.
913 \begin{tabular}[c]{|c|c|p{8cm}|}
915 \textbf{Valore} & \textbf{Costante} &\textbf{Significato}\\
918 $<-1$& -- & Attende per un figlio il cui
919 \itindex{process~group} \textit{process group}
920 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è uguale
921 al valore assoluto di \param{pid}. \\
922 $-1$&\const{WAIT\_ANY} & Attende per un figlio qualsiasi, usata in
923 questa maniera senza specificare nessuna opzione
924 è equivalente a \func{wait}.\\
925 $ 0$&\const{WAIT\_MYPGRP}&Attende per un figlio il cui
926 \itindex{process~group} \textit{process group}
927 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è
928 uguale a quello del processo chiamante. \\
929 $>0$& -- & Attende per un figlio il cui \acr{pid} è uguale
930 al valore di \param{pid}.\\
933 \caption{Significato dei valori dell'argomento \param{pid} della funzione
935 \label{tab:proc_waidpid_pid}
938 Il comportamento di \func{waitpid} può inoltre essere modificato passando alla
939 funzione delle opportune opzioni tramite l'argomento \param{options}; questo
940 deve essere specificato come maschera binaria dei flag riportati in
941 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options},\footnote{oltre a queste in Linux sono
942 previste del altre opzioni non standard, relative al comportamento con i
943 thread, che riprenderemo in sez.~\ref{sec:thread_xxx}.} che possono essere
944 combinati fra loro con un OR aritmetico.
946 L'uso dell'opzione \const{WNOHANG} consente di prevenire il blocco della
947 funzione qualora nessun figlio sia uscito (o non si siano verificate le altre
948 condizioni per l'uscita della funzione); in tal caso la funzione ritornerà un
949 valore nullo anziché positivo.\footnote{anche in questo caso un valore
950 positivo indicherà il \acr{pid} del processo di cui si è ricevuto lo stato
951 ed un valore negativo un errore.}
956 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
958 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
961 \const{WNOHANG} & La funzione ritorna immediatamente anche se non è
962 terminato nessun processo figlio. \\
963 \const{WUNTRACED} & Ritorna anche se un processo figlio è stato fermato. \\
964 \const{WCONTINUED}& Ritorna anche quando un processo figlio che era stato
965 fermato ha ripreso l'esecuzione.\footnotemark \\
968 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
969 della funzione \func{waitpid}.}
970 \label{tab:proc_waitpid_options}
973 \footnotetext{disponibile solo a partire dal kernel 2.6.10.}
975 Le altre due opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} consentono
976 rispettivamente di tracciare non la terminazione di un processo, ma il fatto
977 che esso sia stato fermato, o fatto ripartire, e sono utilizzate per la
978 gestione del controllo di sessione (vedi sez.~\ref{sec:sess_job_control}).
980 Nel caso di \const{WUNTRACED} la funzione ritorna, restituendone il \acr{pid},
981 quando un processo figlio entra nello stato \textit{stopped}\footnote{in
982 realtà viene notificato soltanto il caso in cui il processo è stato fermato
983 da un segnale di stop (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}), e non quello in
984 cui lo stato \textit{stopped} è dovuto all'uso di \func{ptrace} (vedi
985 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).} (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}), mentre
986 con \const{WCONTINUED} la funzione ritorna quando un processo in stato
987 \textit{stopped} riprende l'esecuzione per la ricezione del segnale
988 \const{SIGCONT} (l'uso di questi segnali per il controllo di sessione è
989 dettagliato in sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
991 La terminazione di un processo figlio (così come gli altri eventi osservabili
992 con \func{waitpid}) è chiaramente un evento asincrono rispetto all'esecuzione
993 di un programma e può avvenire in un qualunque momento. Per questo motivo,
994 come accennato nella sezione precedente, una delle azioni prese dal kernel
995 alla conclusione di un processo è quella di mandare un segnale di
996 \const{SIGCHLD} al padre. L'azione predefinita (si veda
997 sez.~\ref{sec:sig_base}) per questo segnale è di essere ignorato, ma la sua
998 generazione costituisce il meccanismo di comunicazione asincrona con cui il
999 kernel avverte il processo padre che uno dei suoi figli è terminato.
1001 Il comportamento delle funzioni è però cambiato nel passaggio dal kernel 2.4
1002 al kernel 2.6, quest'ultimo infatti si è adeguato alle prescrizioni dello
1003 standard POSIX.1-2001,\footnote{una revisione del 2001 dello standard POSIX.1
1004 che ha aggiunto dei requisiti e delle nuove funzioni, come \func{waitid}.}
1005 e come da esso richiesto se \const{SIGCHLD} viene ignorato, o se si imposta il
1006 flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} nella ricezione dello stesso (si veda
1007 sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) i processi figli che terminano non diventano
1008 \textit{zombie} e sia \func{wait} che \func{waitpid} si bloccano fintanto che
1009 tutti i processi figli non sono terminati, dopo di che falliscono con un
1010 errore di \errcode{ENOCHLD}.\footnote{questo è anche il motivo per cui le
1011 opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} sono utilizzabili soltanto
1012 qualora non si sia impostato il flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} per il segnale
1015 Con i kernel della serie 2.4 e tutti i kernel delle serie precedenti entrambe
1016 le funzioni di attesa ignorano questa prescrizione\footnote{lo standard POSIX.1
1017 originale infatti lascia indefinito il comportamento di queste funzioni
1018 quando \const{SIGCHLD} viene ignorato.} e si comportano sempre nello stesso
1019 modo, indipendentemente dal fatto \const{SIGCHLD} sia ignorato o meno:
1020 attendono la terminazione di un processo figlio e ritornano il relativo
1021 \acr{pid} e lo stato di terminazione nell'argomento \param{status}.
1023 In generale in un programma non si vuole essere forzati ad attendere la
1024 conclusione di un processo figlio per proseguire l'esecuzione, specie se tutto
1025 questo serve solo per leggerne lo stato di chiusura (ed evitare eventualmente
1026 la presenza di \index{zombie} \textit{zombie}). Per questo la modalità più
1027 comune di chiamare queste funzioni è quella di utilizzarle all'interno di un
1028 \textit{signal handler} (vedremo un esempio di come gestire \const{SIGCHLD}
1029 con i segnali in sez.~\ref{sec:sig_example}). In questo caso infatti, dato che
1030 il segnale è generato dalla terminazione di un figlio, avremo la certezza che
1031 la chiamata a \func{waitpid} non si bloccherà.
1033 Come accennato sia \func{wait} che \func{waitpid} restituiscono lo stato di
1034 terminazione del processo tramite il puntatore \param{status} (se non
1035 interessa memorizzare lo stato si può passare un puntatore nullo). Il valore
1036 restituito da entrambe le funzioni dipende dall'implementazione, ma
1037 tradizionalmente alcuni bit (in genere 8) sono riservati per memorizzare lo
1038 stato di uscita, e altri per indicare il segnale che ha causato la
1039 terminazione (in caso di conclusione anomala), uno per indicare se è stato
1040 generato un \itindex{core~dump} \textit{core dump}, ecc.\footnote{le
1041 definizioni esatte si possono trovare in \file{<bits/waitstatus.h>} ma
1042 questo file non deve mai essere usato direttamente, esso viene incluso
1043 attraverso \file{<sys/wait.h>}.}
1045 Lo standard POSIX.1 definisce una serie di macro di preprocessore da usare per
1046 analizzare lo stato di uscita. Esse sono definite sempre in
1047 \file{<sys/wait.h>} ed elencate in tab.~\ref{tab:proc_status_macro} (si tenga
1048 presente che queste macro prendono come parametro la variabile di tipo
1049 \ctyp{int} puntata da \param{status}).
1054 \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
1056 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1059 \macro{WIFEXITED(s)} & Condizione vera (valore non nullo) per un processo
1060 figlio che sia terminato normalmente. \\
1061 \macro{WEXITSTATUS(s)} & Restituisce gli otto bit meno significativi dello
1062 stato di uscita del processo (passato attraverso
1063 \func{\_exit}, \func{exit} o come valore di
1064 ritorno di \func{main}); può essere valutata solo
1065 se \val{WIFEXITED} ha restituito un valore non
1067 \macro{WIFSIGNALED(s)} & Condizione vera se il processo figlio è terminato
1068 in maniera anomala a causa di un segnale che non
1069 è stato catturato (vedi
1070 sez.~\ref{sec:sig_notification}).\\
1071 \macro{WTERMSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha causato
1072 la terminazione anomala del processo; può essere
1073 valutata solo se \val{WIFSIGNALED} ha restituito
1074 un valore non nullo.\\
1075 \macro{WCOREDUMP(s)} & Vera se il processo terminato ha generato un
1076 file di \itindex{core~dump} \textit{core
1077 dump}; può essere valutata solo se
1078 \val{WIFSIGNALED} ha restituito un valore non
1079 nullo.\footnotemark \\
1080 \macro{WIFSTOPPED(s)} & Vera se il processo che ha causato il ritorno di
1081 \func{waitpid} è bloccato; l'uso è possibile solo
1082 con \func{waitpid} avendo specificato l'opzione
1083 \const{WUNTRACED}.\\
1084 \macro{WSTOPSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha bloccato
1085 il processo; può essere valutata solo se
1086 \val{WIFSTOPPED} ha restituito un valore non
1088 \macro{WIFCONTINUED(s)}& Vera se il processo che ha causato il ritorno è
1089 stato riavviato da un
1090 \const{SIGCONT}.\footnotemark \\
1093 \caption{Descrizione delle varie macro di preprocessore utilizzabili per
1094 verificare lo stato di terminazione \var{s} di un processo.}
1095 \label{tab:proc_status_macro}
1098 \footnotetext[18]{questa macro non è definita dallo standard POSIX.1-2001, ma è
1099 presente come estensione sia in Linux che in altri Unix, deve essere
1100 pertanto utilizzata con attenzione (ad esempio è il caso di usarla in un
1101 blocco \texttt{\#ifdef WCOREDUMP ... \#endif}.}
1103 \footnotetext{è presente solo a partire dal kernel 2.6.10.}
1105 Si tenga conto che nel caso di conclusione anomala il valore restituito da
1106 \val{WTERMSIG} può essere confrontato con le costanti definite in
1107 \file{signal.h} ed elencate in tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, e stampato
1108 usando le apposite funzioni trattate in sez.~\ref{sec:sig_strsignal}.
1110 A partire dal kernel 2.6.9, sempre in conformità allo standard POSIX.1-2001, è
1111 stata introdotta una nuova funzione di attesa che consente di avere un
1112 controllo molto più preciso sui possibili cambiamenti di stato dei processi
1113 figli e più dettagli sullo stato di uscita; la funzione è \funcd{waitid} ed il
1116 \headdecl{sys/types.h}
1118 \headdecl{sys/wait.h}
1120 \funcdecl{int waitid(idtype\_t idtype, id\_t id, siginfo\_t *infop, int
1123 Attende la conclusione di un processo figlio.
1125 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 per un errore,
1126 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1128 \item[\errcode{EINTR}] se non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
1129 la funzione è stata interrotta da un segnale.
1130 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
1131 non è figlio del processo chiamante.
1132 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
1133 l'argomento \param{options}.
1137 La funzione prevede che si specifichi quali processi si intendono osservare
1138 usando i due argomenti \param{idtype} ed \param{id}; il primo indica se si
1139 vuole porsi in attesa su un singolo processo, un gruppo di processi o un
1140 processo qualsiasi, e deve essere specificato secondo uno dei valori di
1141 tab.~\ref{tab:proc_waitid_idtype}; il secondo indica, a seconda del valore del
1142 primo, quale processo o quale gruppo di processi selezionare.
1148 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1150 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1153 \const{P\_PID} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1154 il cui \acr{pid} corrisponda al valore dell'argomento
1156 \const{P\_PGID}& Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1157 appartenente al \textit{process group} (vedi
1158 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) il cui \acr{pgid}
1159 corrisponda al valore dell'argomento \param{id}.\\
1160 \const{P\_ALL} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1161 generico, il valore dell'argomento \param{id} viene
1165 \caption{Costanti per i valori dell'argomento \param{idtype} della funzione
1167 \label{tab:proc_waitid_idtype}
1170 Come per \func{waitpid} anche il comportamento di \func{waitid} viene
1171 controllato dall'argomento \param{options}, da specificare come maschera
1172 binaria dei valori riportati in tab.~\ref{tab:proc_waitid_options}. Benché
1173 alcuni di questi siano identici come significato ed effetto ai precedenti di
1174 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options}, ci sono delle differenze significative:
1175 in questo caso si dovrà specificare esplicitamente l'attesa della terminazione
1176 di un processo impostando l'opzione \const{WEXITED}, mentre il precedente
1177 \const{WUNTRACED} è sostituito da \const{WSTOPPED}. Infine è stata aggiunta
1178 l'opzione \const{WNOWAIT} che consente una lettura dello stato mantenendo il
1179 processo in attesa di ricezione, così che una successiva chiamata possa di
1180 nuovo riceverne lo stato.
1185 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1187 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1190 \const{WEXITED} & Ritorna quando un processo figlio è terminato.\\
1191 \const{WNOHANG} & Ritorna immediatamente anche se non c'è niente da
1193 \const{WSTOPPED} & Ritorna quando un processo figlio è stato fermato.\\
1194 \const{WCONTINUED}& Ritorna quando un processo figlio che era stato
1195 fermato ha ripreso l'esecuzione.\\
1196 \const{WNOWAIT} & Lascia il processo ancora in attesa di ricezione, così
1197 che una successiva chiamata possa di nuovo riceverne
1201 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
1202 della funzione \func{waitid}.}
1203 \label{tab:proc_waitid_options}
1206 La funzione \func{waitid} restituisce un valore nullo in caso di successo, e
1207 $-1$ in caso di errore; viene restituito un valore nullo anche se è stata
1208 specificata l'opzione \const{WNOHANG} e la funzione è ritornata immediatamente
1209 senza che nessun figlio sia terminato. Pertanto per verificare il motivo del
1210 ritorno della funzione occorre analizzare le informazioni che essa
1211 restituisce; queste, al contrario delle precedenti \func{wait} e
1212 \func{waitpid}, sono ritornate nella struttura di tipo \struct{siginfo\_t}
1213 (vedi fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t}) all'indirizzo puntato dall'argomento
1216 Tratteremo nei dettagli questa struttura ed il significato dei suoi vari campi
1217 in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}, per quanto ci interessa qui basta dire che al
1218 ritorno di \func{waitid} verranno avvalorati i seguenti campi:
1219 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
1220 \item[\var{si\_pid}] con il \acr{pid} del figlio.
1221 \item[\var{si\_uid}] con l'user-ID reale (vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}) del
1223 \item[\var{si\_signo}] con \const{SIGCHLD}.
1224 \item[\var{si\_status}] con lo stato di uscita del figlio o con il segnale che
1225 lo ha terminato, fermato o riavviato.
1226 \item[\var{si\_code}] con uno fra \const{CLD\_EXITED}, \const{CLD\_KILLED},
1227 \const{CLD\_STOPPED}, \const{CLD\_CONTINUED} (vedi tab.~\ref{xxx_si_code}).
1230 %TODO mettere riferimento alla tabella giusta
1232 Infine Linux, seguendo un'estensione di BSD, supporta altre due funzioni per
1233 la lettura dello stato di terminazione di un processo, analoghe alle
1234 precedenti ma che prevedono un ulteriore argomento attraverso il quale il
1235 kernel può restituire al padre informazioni sulle risorse usate dal processo
1236 terminato e dai vari figli. Le due funzioni sono \funcd{wait3} e
1237 \funcd{wait4}, che diventano accessibili definendo la macro
1238 \macro{\_USE\_BSD}; i loro prototipi sono:
1240 \headdecl{sys/times.h} \headdecl{sys/types.h} \headdecl{sys/wait.h}
1241 \headdecl{sys/resource.h}
1243 \funcdecl{pid\_t wait4(pid\_t pid, int *status, int options, struct rusage
1245 È identica a \func{waitpid} sia per comportamento che per i valori degli
1246 argomenti, ma restituisce in \param{rusage} un sommario delle risorse usate
1249 \funcdecl{pid\_t wait3(int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1250 Prima versione, equivalente a \code{wait4(-1, \&status, opt, rusage)} è
1251 ormai deprecata in favore di \func{wait4}.
1254 la struttura \struct{rusage} è definita in \file{sys/resource.h}, e viene
1255 utilizzata anche dalla funzione \func{getrusage} (vedi
1256 sez.~\ref{sec:sys_resource_use}) per ottenere le risorse di sistema usate da un
1257 processo; la sua definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}.
1259 \subsection{Le funzioni \func{exec}}
1260 \label{sec:proc_exec}
1262 Abbiamo già detto che una delle modalità principali con cui si utilizzano i
1263 processi in Unix è quella di usarli per lanciare nuovi programmi: questo viene
1264 fatto attraverso una delle funzioni della famiglia \func{exec}. Quando un
1265 processo chiama una di queste funzioni esso viene completamente sostituito dal
1266 nuovo programma; il \acr{pid} del processo non cambia, dato che non viene
1267 creato un nuovo processo, la funzione semplicemente rimpiazza lo
1268 \itindex{stack} \textit{stack}, lo \itindex{heap} \textit{heap}, i
1269 \index{segmento!dati} dati ed il \index{segmento!testo} testo del processo
1270 corrente con un nuovo programma letto da disco.
1272 Ci sono sei diverse versioni di \func{exec} (per questo la si è chiamata
1273 famiglia di funzioni) che possono essere usate per questo compito, in realtà
1274 (come mostrato in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}), sono tutte un front-end a
1275 \funcd{execve}. Il prototipo di quest'ultima è:
1276 \begin{prototype}{unistd.h}
1277 {int execve(const char *filename, char *const argv[], char *const envp[])}
1278 Esegue il programma contenuto nel file \param{filename}.
1280 \bodydesc{La funzione ritorna solo in caso di errore, restituendo -1; nel
1281 qual caso \var{errno} può assumere i valori:
1283 \item[\errcode{EACCES}] il file non è eseguibile, oppure il filesystem è
1284 montato in \cmd{noexec}, oppure non è un file regolare o un interprete.
1285 \item[\errcode{EPERM}] il file ha i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1286 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}, l'utente non è root, il processo viene
1287 tracciato, o il filesystem è montato con l'opzione \cmd{nosuid}.
1288 \item[\errcode{ENOEXEC}] il file è in un formato non eseguibile o non
1289 riconosciuto come tale, o compilato per un'altra architettura.
1290 \item[\errcode{ENOENT}] il file o una delle librerie dinamiche o l'interprete
1291 necessari per eseguirlo non esistono.
1292 \item[\errcode{ETXTBSY}] l'eseguibile è aperto in scrittura da uno o più
1294 \item[\errcode{EINVAL}] l'eseguibile ELF ha più di un segmento
1295 \const{PF\_INTERP}, cioè chiede di essere eseguito da più di un
1297 \item[\errcode{ELIBBAD}] un interprete ELF non è in un formato
1299 \item[\errcode{E2BIG}] la lista degli argomenti è troppo grande.
1301 ed inoltre anche \errval{EFAULT}, \errval{ENOMEM}, \errval{EIO},
1302 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ELOOP}, \errval{ENOTDIR}, \errval{ENFILE},
1306 La funzione \func{exec} esegue il file o lo script indicato da
1307 \param{filename}, passandogli la lista di argomenti indicata da \param{argv}
1308 e come ambiente la lista di stringhe indicata da \param{envp}; entrambe le
1309 liste devono essere terminate da un puntatore nullo. I vettori degli
1310 argomenti e dell'ambiente possono essere acceduti dal nuovo programma
1311 quando la sua funzione \func{main} è dichiarata nella forma
1312 \code{main(int argc, char *argv[], char *envp[])}.
1314 Le altre funzioni della famiglia servono per fornire all'utente una serie di
1315 possibili diverse interfacce per la creazione di un nuovo processo. I loro
1319 \funcdecl{int execl(const char *path, const char *arg, ...)}
1320 \funcdecl{int execv(const char *path, char *const argv[])}
1321 \funcdecl{int execle(const char *path, const char *arg, ..., char
1323 \funcdecl{int execlp(const char *file, const char *arg, ...)}
1324 \funcdecl{int execvp(const char *file, char *const argv[])}
1326 Sostituiscono l'immagine corrente del processo con quella indicata nel primo
1327 argomento. Gli argomenti successivi consentono di specificare gli argomenti a
1328 linea di comando e l'ambiente ricevuti dal nuovo processo.
1330 \bodydesc{Queste funzioni ritornano solo in caso di errore, restituendo -1;
1331 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori visti in precedenza per
1335 Per capire meglio le differenze fra le funzioni della famiglia si può fare
1336 riferimento allo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_exec_scheme}. La
1337 prima differenza riguarda le modalità di passaggio dei valori che poi andranno
1338 a costituire gli argomenti a linea di comando (cioè i valori di
1339 \param{argv} e \param{argc} visti dalla funzione \func{main} del programma
1342 Queste modalità sono due e sono riassunte dagli mnemonici \code{v} e \code{l}
1343 che stanno rispettivamente per \textit{vector} e \textit{list}. Nel primo caso
1344 gli argomenti sono passati tramite il vettore di puntatori \var{argv[]} a
1345 stringhe terminate con zero che costituiranno gli argomenti a riga di comando,
1346 questo vettore \emph{deve} essere terminato da un puntatore nullo.
1348 Nel secondo caso le stringhe degli argomenti sono passate alla funzione come
1349 lista di puntatori, nella forma:
1350 \includecodesnip{listati/char_list.c}
1351 che deve essere terminata da un puntatore nullo. In entrambi i casi vale la
1352 convenzione che il primo argomento (\var{arg0} o \var{argv[0]}) viene usato
1353 per indicare il nome del file che contiene il programma che verrà eseguito.
1358 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|c|c|}
1360 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Caratteristiche}} &
1361 \multicolumn{6}{|c|}{\textbf{Funzioni}} \\
1363 &\func{execl}\texttt{ }&\func{execlp}&\func{execle}
1364 &\func{execv}\texttt{ }& \func{execvp}& \func{execve} \\
1367 argomenti a lista &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$&&& \\
1368 argomenti a vettore &&&&$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$\\
1370 filename completo &$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$\\
1371 ricerca su \var{PATH} &&$\bullet$&&&$\bullet$& \\
1373 ambiente a vettore &&&$\bullet$&&&$\bullet$ \\
1374 uso di \var{environ} &$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$& \\
1377 \caption{Confronto delle caratteristiche delle varie funzioni della
1378 famiglia \func{exec}.}
1379 \label{tab:proc_exec_scheme}
1382 La seconda differenza fra le funzioni riguarda le modalità con cui si
1383 specifica il programma che si vuole eseguire. Con lo mnemonico \code{p} si
1384 indicano le due funzioni che replicano il comportamento della shell nello
1385 specificare il comando da eseguire; quando l'argomento \param{file} non
1386 contiene una ``\texttt{/}'' esso viene considerato come un nome di programma,
1387 e viene eseguita automaticamente una ricerca fra i file presenti nella lista
1388 di directory specificate dalla variabile di ambiente \var{PATH}. Il file che
1389 viene posto in esecuzione è il primo che viene trovato. Se si ha un errore
1390 relativo a permessi di accesso insufficienti (cioè l'esecuzione della
1391 sottostante \func{execve} ritorna un \errcode{EACCES}), la ricerca viene
1392 proseguita nelle eventuali ulteriori directory indicate in \var{PATH}; solo se
1393 non viene trovato nessun altro file viene finalmente restituito
1396 Le altre quattro funzioni si limitano invece a cercare di eseguire il file
1397 indicato dall'argomento \param{path}, che viene interpretato come il
1398 \itindex{pathname} \textit{pathname} del programma.
1402 \includegraphics[width=15cm]{img/exec_rel}
1403 \caption{La interrelazione fra le sei funzioni della famiglia \func{exec}.}
1404 \label{fig:proc_exec_relat}
1407 La terza differenza è come viene passata la lista delle variabili di ambiente.
1408 Con lo mnemonico \texttt{e} vengono indicate quelle funzioni che necessitano
1409 di un vettore di parametri \var{envp[]} analogo a quello usato per gli
1410 argomenti a riga di comando (terminato quindi da un \val{NULL}), le altre
1411 usano il valore della variabile \var{environ} (vedi
1412 sez.~\ref{sec:proc_environ}) del processo di partenza per costruire
1415 Oltre a mantenere lo stesso \acr{pid}, il nuovo programma fatto partire da
1416 \func{exec} assume anche una serie di altre proprietà del processo chiamante;
1417 la lista completa è la seguente:
1419 \item il \textit{process id} (\acr{pid}) ed il \textit{parent process id}
1421 \item l'\textsl{user-ID reale}, il \textit{group-ID reale} ed i
1422 \textsl{group-ID supplementari} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1423 \item il \textit{session ID} (\acr{sid}) ed il \itindex{process~group}
1424 \textit{process group ID} (\acr{pgid}), vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group};
1425 \item il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
1426 \item il tempo restante ad un allarme (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort});
1427 \item la directory radice e la directory di lavoro corrente (vedi
1428 sez.~\ref{sec:file_work_dir});
1429 \item la maschera di creazione dei file (\var{umask}, vedi
1430 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) ed i \textit{lock} sui file (vedi
1431 sez.~\ref{sec:file_locking});
1432 \item i segnali sospesi (\textit{pending}) e la maschera dei segnali (si veda
1433 sez.~\ref{sec:sig_sigmask});
1434 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
1435 \item i valori delle variabili \var{tms\_utime}, \var{tms\_stime},
1436 \var{tms\_cutime}, \var{tms\_ustime} (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}).
1439 Inoltre i segnali che sono stati impostati per essere ignorati nel processo
1440 chiamante mantengono la stessa impostazione pure nel nuovo programma, tutti
1441 gli altri segnali vengono impostati alla loro azione predefinita. Un caso
1442 speciale è il segnale \const{SIGCHLD} che, quando impostato a
1443 \const{SIG\_IGN}, può anche non essere reimpostato a \const{SIG\_DFL} (si veda
1444 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}).
1446 La gestione dei file aperti dipende dal valore che ha il flag di
1447 \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec} (vedi anche
1448 sez.~\ref{sec:file_fcntl}) per ciascun file descriptor. I file per cui è
1449 impostato vengono chiusi, tutti gli altri file restano aperti. Questo
1450 significa che il comportamento predefinito è che i file restano aperti
1451 attraverso una \func{exec}, a meno di una chiamata esplicita a \func{fcntl}
1452 che imposti il suddetto flag.
1454 Per le directory, lo standard POSIX.1 richiede che esse vengano chiuse
1455 attraverso una \func{exec}, in genere questo è fatto dalla funzione
1456 \func{opendir} (vedi sez.~\ref{sec:file_dir_read}) che effettua da sola
1457 l'impostazione del flag di \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec}
1458 sulle directory che apre, in maniera trasparente all'utente.
1460 Abbiamo detto che l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID reale}
1461 restano gli stessi all'esecuzione di \func{exec}; lo stesso vale per
1462 l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} (il significato
1463 di questi identificatori è trattato in sez.~\ref{sec:proc_access_id}), tranne
1464 quando il file che si va ad eseguire abbia o il \itindex{suid~bit} \acr{suid}
1465 bit o lo \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} bit impostato, in questo caso
1466 l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} vengono
1467 impostati rispettivamente all'utente o al gruppo cui il file appartiene (per i
1468 dettagli vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}).
1470 Se il file da eseguire è in formato \emph{a.out} e necessita di librerie
1471 condivise, viene lanciato il \textit{linker} dinamico \cmd{/lib/ld.so} prima
1472 del programma per caricare le librerie necessarie ed effettuare il link
1473 dell'eseguibile. Se il programma è in formato ELF per caricare le librerie
1474 dinamiche viene usato l'interprete indicato nel segmento \const{PT\_INTERP},
1475 in genere questo è \sysfile{/lib/ld-linux.so.1} per programmi collegati con le
1476 \acr{libc5}, e \sysfile{/lib/ld-linux.so.2} per programmi collegati con le
1479 Infine nel caso il file sia uno script esso deve iniziare con una linea nella
1480 forma \cmd{\#!/path/to/interpreter [argomenti]} dove l'interprete indicato
1481 deve essere un programma valido (binario, non un altro script) che verrà
1482 chiamato come se si fosse eseguito il comando \cmd{interpreter [argomenti]
1483 filename}.\footnote{si tenga presente che con Linux quanto viene scritto
1484 come \texttt{argomenti} viene passato all'interprete come un unico argomento
1485 con una unica stringa di lunghezza massima di 127 caratteri e se questa
1486 dimensione viene ecceduta la stringa viene troncata; altri Unix hanno
1487 dimensioni massime diverse, e diversi comportamenti, ad esempio FreeBSD
1488 esegue la scansione della riga e la divide nei vari argomenti e se è troppo
1489 lunga restituisce un errore di \const{ENAMETOOLONG}, una comparazione dei
1490 vari comportamenti si trova su
1491 \href{http://www.in-ulm.de/~mascheck/various/shebang/}
1492 {\texttt{http://www.in-ulm.de/\tild mascheck/various/shebang/}}.}
1494 Con la famiglia delle \func{exec} si chiude il novero delle funzioni su cui è
1495 basata la gestione dei processi in Unix: con \func{fork} si crea un nuovo
1496 processo, con \func{exec} si lancia un nuovo programma, con \func{exit} e
1497 \func{wait} si effettua e verifica la conclusione dei processi. Tutte le
1498 altre funzioni sono ausiliarie e servono per la lettura e l'impostazione dei
1499 vari parametri connessi ai processi.
1503 \section{Il controllo di accesso}
1504 \label{sec:proc_perms}
1506 In questa sezione esamineremo le problematiche relative al controllo di
1507 accesso dal punto di vista dei processi; vedremo quali sono gli identificatori
1508 usati, come questi possono essere modificati nella creazione e nel lancio di
1509 nuovi processi, le varie funzioni per la loro manipolazione diretta e tutte le
1510 problematiche connesse ad una gestione accorta dei privilegi.
1513 \subsection{Gli identificatori del controllo di accesso}
1514 \label{sec:proc_access_id}
1516 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_multiuser} il modello base\footnote{in
1517 realtà già esistono estensioni di questo modello base, che lo rendono più
1518 flessibile e controllabile, come le \itindex{capabilities}
1519 \textit{capabilities} illustrate in sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, le ACL
1520 per i file (vedi sez.~\ref{sec:file_ACL}) o il
1521 \itindex{Mandatory~Access~Control~(MAC)} \textit{Mandatory Access Control}
1522 di \index{SELinux} SELinux; inoltre basandosi sul lavoro effettuato con
1523 SELinux, a partire dal kernel 2.5.x, è iniziato lo sviluppo di una
1524 infrastruttura di sicurezza, i \itindex{Linux~Security~Modules}
1525 \textit{Linux Security Modules}, o LSM, in grado di fornire diversi agganci
1526 a livello del kernel per modularizzare tutti i possibili controlli di
1527 accesso.} di sicurezza di un sistema unix-like è fondato sui concetti di
1528 utente e gruppo, e sulla separazione fra l'amministratore (\textsl{root},
1529 detto spesso anche \textit{superuser}) che non è sottoposto a restrizioni, ed
1530 il resto degli utenti, per i quali invece vengono effettuati i vari controlli
1533 Abbiamo già accennato come il sistema associ ad ogni utente e gruppo due
1534 identificatori univoci, lo user-ID ed il group-ID; questi servono al kernel per
1535 identificare uno specifico utente o un gruppo di utenti, per poi poter
1536 controllare che essi siano autorizzati a compiere le operazioni richieste. Ad
1537 esempio in sez.~\ref{sec:file_access_control} vedremo come ad ogni file vengano
1538 associati un utente ed un gruppo (i suoi \textsl{proprietari}, indicati
1539 appunto tramite un \acr{uid} ed un \acr{gid}) che vengono controllati dal
1540 kernel nella gestione dei permessi di accesso.
1542 Dato che tutte le operazioni del sistema vengono compiute dai processi, è
1543 evidente che per poter implementare un controllo sulle operazioni occorre
1544 anche poter identificare chi è che ha lanciato un certo programma, e pertanto
1545 anche a ciascun processo dovrà essere associato un utente e un gruppo.
1547 Un semplice controllo di una corrispondenza fra identificativi non garantisce
1548 però sufficiente flessibilità per tutti quei casi in cui è necessario poter
1549 disporre di privilegi diversi, o dover impersonare un altro utente per un
1550 limitato insieme di operazioni. Per questo motivo in generale tutti gli Unix
1551 prevedono che i processi abbiano almeno due gruppi di identificatori, chiamati
1552 rispettivamente \textit{real} ed \textit{effective} (cioè \textsl{reali} ed
1553 \textsl{effettivi}). Nel caso di Linux si aggiungono poi altri due gruppi, il
1554 \textit{saved} (\textsl{salvati}) ed il \textit{filesystem} (\textsl{di
1555 filesystem}), secondo la situazione illustrata in
1556 tab.~\ref{tab:proc_uid_gid}.
1561 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|p{7.3cm}|}
1563 \textbf{Suffisso} & \textbf{Gruppo} & \textbf{Denominazione}
1564 & \textbf{Significato} \\
1567 \acr{uid} & \textit{real} & \textsl{user-ID reale}
1568 & Indica l'utente che ha lanciato il programma.\\
1569 \acr{gid} & '' &\textsl{group-ID reale}
1570 & Indica il gruppo principale dell'utente che ha lanciato
1573 \acr{euid} & \textit{effective} &\textsl{user-ID effettivo}
1574 & Indica l'utente usato nel controllo di accesso.\\
1575 \acr{egid} & '' & \textsl{group-ID effettivo}
1576 & Indica il gruppo usato nel controllo di accesso.\\
1577 -- & -- & \textsl{group-ID supplementari}
1578 & Indicano gli ulteriori gruppi cui l'utente appartiene.\\
1580 -- & \textit{saved} & \textsl{user-ID salvato}
1581 & È una copia dell'\acr{euid} iniziale.\\
1582 -- & '' & \textsl{group-ID salvato}
1583 & È una copia dell'\acr{egid} iniziale.\\
1585 \acr{fsuid} & \textit{filesystem} &\textsl{user-ID di filesystem}
1586 & Indica l'utente effettivo per l'accesso al filesystem. \\
1587 \acr{fsgid} & '' & \textsl{group-ID di filesystem}
1588 & Indica il gruppo effettivo per l'accesso al filesystem.\\
1591 \caption{Identificatori di utente e gruppo associati a ciascun processo con
1592 indicazione dei suffissi usati dalle varie funzioni di manipolazione.}
1593 \label{tab:proc_uid_gid}
1596 Al primo gruppo appartengono l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID
1597 reale}: questi vengono impostati al login ai valori corrispondenti
1598 all'utente con cui si accede al sistema (e relativo gruppo principale).
1599 Servono per l'identificazione dell'utente e normalmente non vengono mai
1600 cambiati. In realtà vedremo (in sez.~\ref{sec:proc_setuid}) che è possibile
1601 modificarli, ma solo ad un processo che abbia i privilegi di amministratore;
1602 questa possibilità è usata proprio dal programma \cmd{login} che, una volta
1603 completata la procedura di autenticazione, lancia una shell per la quale
1604 imposta questi identificatori ai valori corrispondenti all'utente che entra
1607 Al secondo gruppo appartengono lo \textsl{user-ID effettivo} ed il
1608 \textsl{group-ID effettivo} (a cui si aggiungono gli eventuali \textsl{group-ID
1609 supplementari} dei gruppi dei quali l'utente fa parte). Questi sono invece
1610 gli identificatori usati nelle verifiche dei permessi del processo e per il
1611 controllo di accesso ai file (argomento affrontato in dettaglio in
1612 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1614 Questi identificatori normalmente sono identici ai corrispondenti del gruppo
1615 \textit{real} tranne nel caso in cui, come accennato in
1616 sez.~\ref{sec:proc_exec}, il programma che si è posto in esecuzione abbia i
1617 bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati
1618 (il significato di questi bit è affrontato in dettaglio in
1619 sez.~\ref{sec:file_special_perm}). In questo caso essi saranno impostati
1620 all'utente e al gruppo proprietari del file. Questo consente, per programmi in
1621 cui ci sia necessità, di dare a qualunque utente normale privilegi o permessi
1622 di un altro (o dell'amministratore).
1624 Come nel caso del \acr{pid} e del \acr{ppid}, anche tutti questi
1625 identificatori possono essere letti attraverso le rispettive funzioni:
1626 \funcd{getuid}, \funcd{geteuid}, \funcd{getgid} e \funcd{getegid}, i loro
1630 \headdecl{sys/types.h}
1631 \funcdecl{uid\_t getuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID reale} del
1634 \funcdecl{uid\_t geteuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID effettivo} del
1637 \funcdecl{gid\_t getgid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID reale} del
1640 \funcdecl{gid\_t getegid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID effettivo}
1641 del processo corrente.
1643 \bodydesc{Queste funzioni non riportano condizioni di errore.}
1646 In generale l'uso di privilegi superiori deve essere limitato il più
1647 possibile, per evitare abusi e problemi di sicurezza, per questo occorre anche
1648 un meccanismo che consenta ad un programma di rilasciare gli eventuali
1649 maggiori privilegi necessari, una volta che si siano effettuate le operazioni
1650 per i quali erano richiesti, e a poterli eventualmente recuperare in caso
1653 Questo in Linux viene fatto usando altri due gruppi di identificatori, il
1654 \textit{saved} ed il \textit{filesystem}. Il primo gruppo è lo stesso usato in
1655 SVr4, e previsto dallo standard POSIX quando è definita la costante
1656 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS},\footnote{in caso si abbia a cuore la portabilità
1657 del programma su altri Unix è buona norma controllare sempre la
1658 disponibilità di queste funzioni controllando se questa costante è
1659 definita.} il secondo gruppo è specifico di Linux e viene usato per
1660 migliorare la sicurezza con NFS.
1662 L'\textsl{user-ID salvato} ed il \textsl{group-ID salvato} sono copie
1663 dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo} del processo
1664 padre, e vengono impostati dalla funzione \func{exec} all'avvio del processo,
1665 come copie dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo}
1666 dopo che questi sono stati impostati tenendo conto di eventuali
1667 \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}. Essi quindi
1668 consentono di tenere traccia di quale fossero utente e gruppo effettivi
1669 all'inizio dell'esecuzione di un nuovo programma.
1671 L'\textsl{user-ID di filesystem} e il \textsl{group-ID di filesystem} sono
1672 un'estensione introdotta in Linux per rendere più sicuro l'uso di NFS
1673 (torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:proc_setuid}). Essi sono una
1674 replica dei corrispondenti identificatori del gruppo \textit{effective}, ai
1675 quali si sostituiscono per tutte le operazioni di verifica dei permessi
1676 relativi ai file (trattate in sez.~\ref{sec:file_perm_overview}). Ogni
1677 cambiamento effettuato sugli identificatori effettivi viene automaticamente
1678 riportato su di essi, per cui in condizioni normali si può tranquillamente
1679 ignorarne l'esistenza, in quanto saranno del tutto equivalenti ai precedenti.
1682 \subsection{Le funzioni di gestione degli identificatori dei processi}
1683 \label{sec:proc_setuid}
1685 Le due funzioni più comuni che vengono usate per cambiare identità (cioè
1686 utente e gruppo di appartenenza) ad un processo sono rispettivamente
1687 \funcd{setuid} e \funcd{setgid}; come accennato in
1688 sez.~\ref{sec:proc_access_id} in Linux esse seguono la semantica POSIX che
1689 prevede l'esistenza dell'\textit{user-ID salvato} e del \textit{group-ID
1690 salvato}; i loro prototipi sono:
1693 \headdecl{sys/types.h}
1695 \funcdecl{int setuid(uid\_t uid)} Imposta l'\textsl{user-ID} del processo
1698 \funcdecl{int setgid(gid\_t gid)} Imposta il \textsl{group-ID} del processo
1701 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1702 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1705 Il funzionamento di queste due funzioni è analogo, per cui considereremo solo
1706 la prima; la seconda si comporta esattamente allo stesso modo facendo
1707 riferimento al \textsl{group-ID} invece che all'\textsl{user-ID}. Gli
1708 eventuali \textsl{group-ID supplementari} non vengono modificati.
1710 L'effetto della chiamata è diverso a seconda dei privilegi del processo; se
1711 l'\textsl{user-ID effettivo} è zero (cioè è quello dell'amministratore di
1712 sistema) allora tutti gli identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e
1713 \textit{saved}) vengono impostati al valore specificato da \param{uid},
1714 altrimenti viene impostato solo l'\textsl{user-ID effettivo}, e soltanto se il
1715 valore specificato corrisponde o all'\textsl{user-ID reale} o
1716 all'\textsl{user-ID salvato}. Negli altri casi viene segnalato un errore (con
1719 Come accennato l'uso principale di queste funzioni è quello di poter
1720 consentire ad un programma con i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1721 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati (vedi sez.~\ref{sec:file_special_perm})
1722 di riportare l'\textsl{user-ID effettivo} a quello dell'utente che ha lanciato
1723 il programma, effettuare il lavoro che non necessita di privilegi aggiuntivi,
1724 ed eventualmente tornare indietro.
1726 Come esempio per chiarire l'uso di queste funzioni prendiamo quello con cui
1727 viene gestito l'accesso al file \sysfile{/var/log/utmp}. In questo file viene
1728 registrato chi sta usando il sistema al momento corrente; chiaramente non può
1729 essere lasciato aperto in scrittura a qualunque utente, che potrebbe
1730 falsificare la registrazione. Per questo motivo questo file (e l'analogo
1731 \sysfile{/var/log/wtmp} su cui vengono registrati login e logout) appartengono
1732 ad un gruppo dedicato (\acr{utmp}) ed i programmi che devono accedervi (ad
1733 esempio tutti i programmi di terminale in X, o il programma \cmd{screen} che
1734 crea terminali multipli su una console) appartengono a questo gruppo ed hanno
1735 il bit \acr{sgid} impostato.
1737 Quando uno di questi programmi (ad esempio \cmd{xterm}) viene lanciato, la
1738 situazione degli identificatori è la seguente:
1741 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (del chiamante)} \\
1742 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1743 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp}}
1745 in questo modo, dato che il \textsl{group-ID effettivo} è quello giusto, il
1746 programma può accedere a \sysfile{/var/log/utmp} in scrittura ed aggiornarlo.
1747 A questo punto il programma può eseguire una \code{setgid(getgid())} per
1748 impostare il \textsl{group-ID effettivo} a quello dell'utente (e dato che il
1749 \textsl{group-ID reale} corrisponde la funzione avrà successo), in questo modo
1750 non sarà possibile lanciare dal terminale programmi che modificano detto file,
1751 in tal caso infatti la situazione degli identificatori sarebbe:
1754 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1755 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{gid}} \\
1756 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1758 e ogni processo lanciato dal terminale avrebbe comunque \acr{gid} come
1759 \textsl{group-ID effettivo}. All'uscita dal terminale, per poter di nuovo
1760 aggiornare lo stato di \sysfile{/var/log/utmp} il programma eseguirà una
1761 \code{setgid(utmp)} (dove \var{utmp} è il valore numerico associato al gruppo
1762 \acr{utmp}, ottenuto ad esempio con una precedente \func{getegid}), dato che
1763 in questo caso il valore richiesto corrisponde al \textsl{group-ID salvato} la
1764 funzione avrà successo e riporterà la situazione a:
1767 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1768 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1769 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1771 consentendo l'accesso a \sysfile{/var/log/utmp}.
1773 Occorre però tenere conto che tutto questo non è possibile con un processo con
1774 i privilegi di amministratore, in tal caso infatti l'esecuzione di una
1775 \func{setuid} comporta il cambiamento di tutti gli identificatori associati al
1776 processo, rendendo impossibile riguadagnare i privilegi di amministratore.
1777 Questo comportamento è corretto per l'uso che ne fa \cmd{login} una volta che
1778 crea una nuova shell per l'utente; ma quando si vuole cambiare soltanto
1779 l'\textsl{user-ID effettivo} del processo per cedere i privilegi occorre
1780 ricorrere ad altre funzioni.
1782 Le due funzioni \funcd{setreuid} e \funcd{setregid} derivano da BSD che, non
1783 supportando\footnote{almeno fino alla versione 4.3+BSD.} gli identificatori
1784 del gruppo \textit{saved}, le usa per poter scambiare fra di loro
1785 \textit{effective} e \textit{real}. I rispettivi prototipi sono:
1788 \headdecl{sys/types.h}
1790 \funcdecl{int setreuid(uid\_t ruid, uid\_t euid)} Imposta l'\textsl{user-ID
1791 reale} e l'\textsl{user-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1792 specificati da \param{ruid} e \param{euid}.
1794 \funcdecl{int setregid(gid\_t rgid, gid\_t egid)} Imposta il \textsl{group-ID
1795 reale} ed il \textsl{group-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1796 specificati da \param{rgid} e \param{egid}.
1798 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1799 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1802 La due funzioni sono analoghe ed il loro comportamento è identico; quanto
1803 detto per la prima riguardo l'user-ID, si applica immediatamente alla seconda
1804 per il group-ID. I processi non privilegiati possono impostare solo i valori
1805 del loro user-ID effettivo o reale; valori diversi comportano il fallimento
1806 della chiamata; l'amministratore invece può specificare un valore qualunque.
1807 Specificando un argomento di valore -1 l'identificatore corrispondente verrà
1808 lasciato inalterato.
1810 Con queste funzioni si possono scambiare fra loro gli user-ID reale e
1811 effettivo, e pertanto è possibile implementare un comportamento simile a
1812 quello visto in precedenza per \func{setgid}, cedendo i privilegi con un primo
1813 scambio, e recuperandoli, eseguito il lavoro non privilegiato, con un secondo
1816 In questo caso però occorre porre molta attenzione quando si creano nuovi
1817 processi nella fase intermedia in cui si sono scambiati gli identificatori, in
1818 questo caso infatti essi avranno un user-ID reale privilegiato, che dovrà
1819 essere esplicitamente eliminato prima di porre in esecuzione un nuovo
1820 programma (occorrerà cioè eseguire un'altra chiamata dopo la \func{fork} e
1821 prima della \func{exec} per uniformare l'user-ID reale a quello effettivo) in
1822 caso contrario il nuovo programma potrebbe a sua volta effettuare uno scambio
1823 e riottenere privilegi non previsti.
1825 Lo stesso problema di propagazione dei privilegi ad eventuali processi figli
1826 si pone per l'user-ID salvato: questa funzione deriva da un'implementazione che
1827 non ne prevede la presenza, e quindi non è possibile usarla per correggere la
1828 situazione come nel caso precedente. Per questo motivo in Linux tutte le volte
1829 che si imposta un qualunque valore diverso da quello dall'user-ID reale
1830 corrente, l'user-ID salvato viene automaticamente uniformato al valore
1831 dell'user-ID effettivo.
1833 Altre due funzioni, \funcd{seteuid} e \funcd{setegid}, sono un'estensione
1834 dello standard POSIX.1, ma sono comunque supportate dalla maggior parte degli
1835 Unix; esse vengono usate per cambiare gli identificatori del gruppo
1836 \textit{effective} ed i loro prototipi sono:
1839 \headdecl{sys/types.h}
1841 \funcdecl{int seteuid(uid\_t uid)} Imposta l'user-ID effettivo del processo
1842 corrente a \param{uid}.
1844 \funcdecl{int setegid(gid\_t gid)} Imposta il group-ID effettivo del processo
1845 corrente a \param{gid}.
1847 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1848 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1851 Come per le precedenti le due funzioni sono identiche, per cui tratteremo solo
1852 la prima. Gli utenti normali possono impostare l'user-ID effettivo solo al
1853 valore dell'user-ID reale o dell'user-ID salvato, l'amministratore può
1854 specificare qualunque valore. Queste funzioni sono usate per permettere
1855 all'amministratore di impostare solo l'user-ID effettivo, dato che l'uso
1856 normale di \func{setuid} comporta l'impostazione di tutti gli identificatori.
1859 Le due funzioni \funcd{setresuid} e \funcd{setresgid} sono invece
1860 un'estensione introdotta in Linux,\footnote{per essere precisi a partire dal
1861 kernel 2.1.44.} e permettono un completo controllo su tutti e tre i gruppi
1862 di identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}), i loro
1866 \headdecl{sys/types.h}
1868 \funcdecl{int setresuid(uid\_t ruid, uid\_t euid, uid\_t suid)} Imposta
1869 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente
1870 ai valori specificati rispettivamente da \param{ruid}, \param{euid} e
1873 \funcdecl{int setresgid(gid\_t rgid, gid\_t egid, gid\_t sgid)} Imposta il
1874 group-ID reale, il group-ID effettivo ed il group-ID salvato del processo
1875 corrente ai valori specificati rispettivamente da \param{rgid}, \param{egid} e
1878 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1879 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1882 Le due funzioni sono identiche, quanto detto per la prima riguardo gli user-ID
1883 si applica alla seconda per i group-ID. I processi non privilegiati possono
1884 cambiare uno qualunque degli user-ID solo ad un valore corrispondente o
1885 all'user-ID reale, o a quello effettivo o a quello salvato, l'amministratore
1886 può specificare i valori che vuole; un valore di -1 per un qualunque argomento
1887 lascia inalterato l'identificatore corrispondente.
1889 Per queste funzioni esistono anche due controparti che permettono di leggere
1890 in blocco i vari identificatori: \funcd{getresuid} e \funcd{getresgid}; i loro
1894 \headdecl{sys/types.h}
1896 \funcdecl{int getresuid(uid\_t *ruid, uid\_t *euid, uid\_t *suid)} Legge
1897 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente.
1899 \funcdecl{int getresgid(gid\_t *rgid, gid\_t *egid, gid\_t *sgid)} Legge il
1900 group-ID reale, il group-ID effettivo e il group-ID salvato del processo
1903 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
1904 fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EFAULT} se gli indirizzi delle
1905 variabili di ritorno non sono validi.}
1908 Anche queste funzioni sono un'estensione specifica di Linux, e non richiedono
1909 nessun privilegio. I valori sono restituiti negli argomenti, che vanno
1910 specificati come puntatori (è un altro esempio di
1911 \itindex{value~result~argument} \textit{value result argument}). Si noti che
1912 queste funzioni sono le uniche in grado di leggere gli identificatori del
1913 gruppo \textit{saved}.
1916 Infine le funzioni \func{setfsuid} e \func{setfsgid} servono per impostare gli
1917 identificatori del gruppo \textit{filesystem} che sono usati da Linux per il
1918 controllo dell'accesso ai file. Come già accennato in
1919 sez.~\ref{sec:proc_access_id} Linux definisce questo ulteriore gruppo di
1920 identificatori, che in circostanze normali sono assolutamente equivalenti a
1921 quelli del gruppo \textit{effective}, dato che ogni cambiamento di questi
1922 ultimi viene immediatamente riportato su di essi.
1924 C'è un solo caso in cui si ha necessità di introdurre una differenza fra gli
1925 identificatori dei gruppi \textit{effective} e \textit{filesystem}, ed è per
1926 ovviare ad un problema di sicurezza che si presenta quando si deve
1927 implementare un server NFS.
1929 Il server NFS infatti deve poter cambiare l'identificatore con cui accede ai
1930 file per assumere l'identità del singolo utente remoto, ma se questo viene
1931 fatto cambiando l'user-ID effettivo o l'user-ID reale il server si espone alla
1932 ricezione di eventuali segnali ostili da parte dell'utente di cui ha
1933 temporaneamente assunto l'identità. Cambiando solo l'user-ID di filesystem si
1934 ottengono i privilegi necessari per accedere ai file, mantenendo quelli
1935 originari per quanto riguarda tutti gli altri controlli di accesso, così che
1936 l'utente non possa inviare segnali al server NFS.
1938 Le due funzioni usate per cambiare questi identificatori sono \funcd{setfsuid}
1939 e \funcd{setfsgid}, ovviamente sono specifiche di Linux e non devono essere
1940 usate se si intendono scrivere programmi portabili; i loro prototipi sono:
1942 \headdecl{sys/fsuid.h}
1944 \funcdecl{int setfsuid(uid\_t fsuid)} Imposta l'user-ID di filesystem del
1945 processo corrente a \param{fsuid}.
1947 \funcdecl{int setfsgid(gid\_t fsgid)} Imposta il group-ID di filesystem del
1948 processo corrente a \param{fsgid}.
1950 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1951 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1953 \noindent queste funzioni hanno successo solo se il processo chiamante ha i
1954 privilegi di amministratore o, per gli altri utenti, se il valore specificato
1955 coincide con uno dei di quelli del gruppo \textit{real}, \textit{effective} o
1959 \subsection{Le funzioni per la gestione dei gruppi associati a un processo}
1960 \label{sec:proc_setgroups}
1962 Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui
1963 gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere
1964 almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di
1965 gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
1966 sez.~\ref{sec:sys_sysconf}), leggendo il parametro
1967 \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono
1968 ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni.
1970 La funzione che permette di leggere i gruppi supplementari associati ad un
1971 processo è \funcd{getgroups}; questa funzione è definita nello standard
1972 POSIX.1, ed il suo prototipo è:
1974 \headdecl{sys/types.h}
1977 \funcdecl{int getgroups(int size, gid\_t list[])}
1979 Legge gli identificatori dei gruppi supplementari.
1981 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di gruppi letti in caso di
1982 successo e -1 in caso di fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà
1985 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
1986 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è diverso da zero ma
1987 minore del numero di gruppi supplementari del processo.
1991 La funzione legge gli identificatori dei gruppi supplementari del processo sul
1992 vettore \param{list} di dimensione \param{size}. Non è specificato se la
1993 funzione inserisca o meno nella lista il group-ID effettivo del processo. Se si
1994 specifica un valore di \param{size} uguale a 0 \param{list} non viene
1995 modificato, ma si ottiene il numero di gruppi supplementari.
1997 Una seconda funzione, \funcd{getgrouplist}, può invece essere usata per
1998 ottenere tutti i gruppi a cui appartiene un certo utente; il suo prototipo è:
2000 \headdecl{sys/types.h}
2003 \funcdecl{int getgrouplist(const char *user, gid\_t group, gid\_t *groups,
2004 int *ngroups)} Legge i gruppi supplementari.
2006 \bodydesc{La funzione legge fino ad un massimo di \param{ngroups} valori,
2007 restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento.}
2010 La funzione legge i gruppi supplementari dell'utente specificato da
2011 \param{user}, eseguendo una scansione del database dei gruppi (si veda
2012 sez.~\ref{sec:sys_user_group}). Ritorna poi in \param{groups} la lista di
2013 quelli a cui l'utente appartiene. Si noti che \param{ngroups} è passato come
2014 puntatore perché, qualora il valore specificato sia troppo piccolo, la
2015 funzione ritorna -1, passando indietro il numero dei gruppi trovati.
2017 Per impostare i gruppi supplementari di un processo ci sono due funzioni, che
2018 possono essere usate solo se si hanno i privilegi di amministratore. La prima
2019 delle due è \funcd{setgroups}, ed il suo prototipo è:
2021 \headdecl{sys/types.h}
2024 \funcdecl{int setgroups(size\_t size, gid\_t *list)}
2026 Imposta i gruppi supplementari del processo.
2028 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2029 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2031 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2032 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
2033 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è maggiore del valore
2038 La funzione imposta i gruppi supplementari del processo corrente ai valori
2039 specificati nel vettore passato con l'argomento \param{list}, di dimensioni
2040 date dall'argomento \param{size}. Il numero massimo di gruppi supplementari è
2041 un parametro di sistema, che può essere ricavato con le modalità spiegate in
2042 sez.~\ref{sec:sys_characteristics}.
2044 Se invece si vogliono impostare i gruppi supplementari del processo a quelli di
2045 un utente specifico, si può usare \funcd{initgroups} il cui prototipo è:
2047 \headdecl{sys/types.h}
2050 \funcdecl{int initgroups(const char *user, gid\_t group)}
2052 Inizializza la lista dei gruppi supplementari.
2054 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2055 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà gli stessi valori di
2056 \func{setgroups} più \errval{ENOMEM} quando non c'è memoria sufficiente
2057 per allocare lo spazio per informazioni dei gruppi.}
2060 La funzione esegue la scansione del database dei gruppi (usualmente
2061 \conffile{/etc/group}) cercando i gruppi di cui è membro l'utente \param{user}
2062 con cui costruisce una lista di gruppi supplementari, a cui aggiunge anche
2063 \param{group}, infine imposta questa lista per il processo corrente usando
2064 \func{setgroups}. Si tenga presente che sia \func{setgroups} che
2065 \func{initgroups} non sono definite nello standard POSIX.1 e che pertanto non
2066 è possibile utilizzarle quando si definisce \macro{\_POSIX\_SOURCE} o si
2067 compila con il flag \cmd{-ansi}, è pertanto meglio evitarle se si vuole
2068 scrivere codice portabile.
2071 \subsection{La gestione delle \textit{capabilities}}
2072 \label{sec:proc_capabilities}
2074 \itindbeg{capabilities}
2076 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_access_id} l'architettura classica della
2077 gestione dei privilegi in un sistema unix-like ha il sostanziale problema di
2078 fornire all'amministratore dei poteri troppo ampi, questo comporta che anche
2079 quando si siano predisposte delle misure di protezione per in essere in grado
2080 di difendersi dagli effetti di una eventuale compromissione del
2081 sistema,\footnote{come montare un filesystem in sola lettura per impedirne
2082 modifiche, o marcare un file come immutabile.} una volta che questa sia
2083 stata effettuata e si siano ottenuti i privilegi di amministratore, queste
2084 potranno essere comunque rimosse.\footnote{nei casi elencati nella precedente
2085 nota si potrà sempre rimontare il sistema in lettura-scrittura, o togliere
2086 la marcatura di immutabilità.}
2088 Il problema consiste nel fatto che nell'architettura tradizionale di un
2089 sistema unix-like i controlli di accesso sono basati su un solo livello di
2090 separazione: per i processi normali essi sono posti in atto, mentre per i
2091 processi con i privilegi di amministratore essi non vengono neppure eseguiti;
2092 per questo motivo non era previsto alcun modo per evitare che un processo con
2093 diritti di amministratore non potesse eseguire certe operazioni, o per cedere
2094 definitivamente alcuni privilegi da un certo momento in poi.
2096 Per ovviare a tutto ciò, a partire dai kernel della serie 2.2, è stato
2097 introdotto un meccanismo, detto \textit{capabilities}, che consentisse di
2098 suddividere i vari privilegi tradizionalmente associati all'amministratore in
2099 un insieme di \textsl{capacità} distinte. L'idea era che queste capacità
2100 potessero essere abilitate e disabilitate in maniera indipendente per ciascun
2101 processo con privilegi di amministratore, permettendo così una granularità
2102 molto più fine nella distribuzione degli stessi che evitasse la originaria
2103 situazione di \textsl{tutto o nulla}.
2105 Il meccanismo completo delle \textit{capabilities}\footnote{l'implementazione
2106 di Linux si rifà ad una bozza per quello che dovrebbe divenire lo standard
2107 POSIX.1e, che prevede questa funzionalità.} prevederebbe anche la
2108 possibilità di associare le stesse \textit{capabilities} anche ai singoli file
2109 eseguibili,\footnote{una descrizione sommaria di questa funzionalità è
2110 riportata nella pagina di manuale che descrive l'implementazione delle
2111 \textit{capabilities} con Linux (accessibile con \texttt{man capabilities}),
2112 ma non essendo implementata non ne tratteremo qui.} in modo da poter
2113 stabilire quali capacità possono essere utilizzate quando viene messo in
2114 esecuzione uno specifico programma; attualmente però questa funzionalità non è
2115 implementata.\footnote{per attualmente si intende fino al kernel 2.6.23;
2116 benché l'infrastruttura per crearla sia presente (vedi anche
2117 sez.~\ref{sec:file_xattr}) finora non è disponibile nessuna realizzazione
2118 delle specifiche POSIX.1e, esistono però dei patch di sicurezza del kernel,
2119 come LIDS (vedi \href{http://www.lids.org}{\texttt{http://www.lids.org/})}
2120 che realizzano qualcosa di simile.}
2123 \begin{table}[!h!bt]
2126 \begin{tabular}{|l|p{12cm}|}
2128 \textbf{Capacità}&\textbf{Descrizione}\\
2132 % POSIX-draft defined capabilities.
2134 \const{CAP\_CHOWN} & La capacità di cambiare proprietario e gruppo
2135 proprietario di un file (vedi
2136 sez.~\ref{sec:file_ownership_management}).\\
2137 \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE}& La capacità di evitare il controllo dei
2138 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione dei
2139 file, (vedi sez.~\ref{sec:file_access_control})
2140 caratteristici del modello classico del
2141 controllo di accesso chiamato
2142 \itindex{Discrectionary~Access~Control~(DAC)}
2143 \textit{Discrectionary Access Control} (da cui
2145 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}& La capacità di evitare il controllo dei
2146 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione per
2148 sez.~\ref{sec:file_access_control}).\\
2149 \const{CAP\_FOWNER} & La capacità di evitare il controllo che
2150 l'user-ID effettivo del processo (o meglio il
2151 \textit{filesystem user-ID}, vedi
2152 sez.~\ref{sec:proc_setuid}) coincida con
2153 quello del proprietario di un file per tutte
2154 le operazioni privilegiate non coperte dalle
2155 precedenti \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE} e
2156 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}. Queste
2157 comprendono i cambiamenti dei permessi e dei
2158 tempi del file (vedi
2159 sez.~\ref{sec:file_perm_management} e
2160 sez.~\ref{sec:file_file_times}), le impostazioni
2161 degli attributi estesi (con il comando
2162 \cmd{chattr}) e delle ACL, poter ignorare lo
2163 \itindex{sticky~bit} \textit{sticky bit} nella
2164 cancellazione dei file (vedi
2165 sez.~\ref{sec:file_special_perm}), la possibilità
2166 di impostare il flag di \const{O\_NOATIME} con
2167 \func{open} e \func{fcntl} (vedi
2168 sez.~\ref{sec:file_open} e
2169 sez.~\ref{sec:file_fcntl}).\\
2170 \const{CAP\_FSETID} & La capacità di evitare la cancellazione
2171 automatica dei bit \itindex{suid~bit} \acr{suid}
2172 e \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} quando un file
2173 per i quali sono impostati viene modificato da
2174 un processo senza questa capacità e la capacità
2175 di impostare il bit \acr{sgid} su un file anche
2176 quando questo è relativo ad un gruppo cui non si
2178 sez.~\ref{sec:file_perm_management}).\\
2179 \const{CAP\_KILL} & La capacità di mandare segnali a qualunque
2180 processo (vedi sez.~\ref{sec:sig_kill_raise}).\\
2181 \const{CAP\_SETGID} & La capacità di manipolare i group ID dei
2182 processi, sia il principale che i supplementari,
2183 (vedi sez.~\ref{sec:proc_setgroups} che quelli
2184 trasmessi tramite i socket \textit{unix domain}
2185 (vedi sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
2186 \const{CAP\_SETUID} & La capacità di manipolare gli user ID del
2187 processo (con \func{setuid}, \func{setreuid},
2188 \func{setresuid}, \func{setfsuid}) e di
2189 trasmettere un valore arbitrario
2190 dell'\textsl{uid} nel passaggio delle
2191 credenziali coi socket \textit{unix domain} (vedi
2192 sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
2194 % Linux specific capabilities
2197 \const{CAP\_SETPCAP} & La capacità di impostare o rimuovere una capacità
2198 (limitatamente a quelle che il processo
2199 chiamante ha nel suo insieme di capacità
2200 permesse) da qualunque processo.\\
2201 % TODO cambiata nel 2.4.24 rc1 ?
2202 \const{CAP\_LINUX\_IMMUTABLE}& La capacità di impostare gli attributi
2203 \textit{immutable} e \itindex{append~mode}
2204 \textit{append only} per i file su un
2205 filesystem che supporta questi
2207 \const{CAP\_NET\_BIND\_SERVICE}& La capacità di porre in ascolto server
2208 su porte riservate (vedi
2209 sez.~\ref{sec:TCP_func_bind}).\\
2210 \const{CAP\_NET\_BROADCAST}& La capacità di consentire l'uso di socket in
2211 \itindex{broadcast} \textit{broadcast} e
2212 \itindex{multicast} \textit{multicast}.\\
2213 \const{CAP\_NET\_ADMIN} & La capacità di eseguire alcune operazioni
2214 privilegiate sulla rete (impostare le opzioni
2215 privilegiate dei socket, abilitare il
2216 \itindex{multicast} \textit{multicasting},
2217 impostare interfacce di rete e
2218 tabella di instradamento).\\
2219 \const{CAP\_NET\_RAW} & La capacità di usare socket \texttt{RAW} e
2220 \texttt{PACKET} (quelli che permettono di creare
2221 pacchetti nei protocolli di basso livello).\\
2222 \const{CAP\_IPC\_LOCK} & La capacità di effettuare il \textit{memory
2223 locking} \itindex{memory~locking} con le
2224 funzioni \func{mlock}, \func{mlockall},
2225 \func{shmctl}, \func{mmap} (vedi
2226 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock} e
2227 sez.~\ref{sec:file_memory_map}). \\
2228 \const{CAP\_IPC\_OWNER} & La capacità di evitare il controllo dei permessi
2229 per le operazioni sugli oggetti di
2230 intercomunicazione fra processi (vedi
2231 sez.~\ref{sec:ipc_sysv}).\\
2232 \const{CAP\_SYS\_MODULE}& La capacità di caricare e rimuovere moduli del
2234 \const{CAP\_SYS\_RAWIO} & La capacità di eseguire operazioni sulle porte
2235 di I/O con \func{ioperm} e \func{iopl} (vedi
2236 sez.~\ref{sec:file_io_port}).\\
2237 \const{CAP\_SYS\_CHROOT}& La capacità di eseguire la funzione
2239 sez.~\ref{sec:file_chroot}).\\
2240 \const{CAP\_SYS\_PTRACE}& Consente di tracciare qualunque processo con
2242 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).\\
2243 \const{CAP\_SYS\_PACCT} & La capacità di usare le funzioni di
2244 \textit{accounting} dei processi (vedi
2245 sez.~\ref{sec:sys_bsd_accounting}).\\
2246 \const{CAP\_SYS\_ADMIN} & La capacità di eseguire una serie di compiti
2247 amministrativi (come impostare le quote,
2248 attivare e disattivare la swap, montare,
2249 rimontare e smontare filesystem, ecc.). \\
2250 \const{CAP\_SYS\_BOOT} & La capacità di fare eseguire un riavvio del
2252 \const{CAP\_SYS\_NICE} & La capacità di modificare le priorità dei
2253 processi (vedi sez.~\ref{sec:proc_priority}). \\
2254 \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}& La capacità di superare le limitazioni sulle
2255 risorse, aumentare le quote disco, usare lo
2256 spazio disco riservato all'amministratore.\\
2257 \const{CAP\_SYS\_TIME} & La capacità di modificare il tempo di sistema
2258 (vedi sez.~\ref{sec:sys_time}).\\
2259 \const{CAP\_SYS\_TTY\_CONFIG}& La capacità di simulare un \textit{hangup}
2260 della console, con la funzione
2262 \const{CAP\_MKNOD} & La capacità di creare file di dispositivo con la
2263 funzione \func{mknod} (vedi
2264 sez.~\ref{sec:file_mknod}).\footnotemark\\
2265 \const{CAP\_LEASE} & La capacità di creare dei \textit{file lease}
2266 \index{file!lease} su di un file (vedi
2267 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_lease})
2268 indipendentemente dalla proprietà dello
2269 stesso.\footnotemark\\
2270 \const{CAP\_SETFCAP} & La capacità di impostare le
2271 \textit{capabilities} di un file (non
2275 \caption{Le costanti che identificano le \textit{capabilities} presenti nel
2277 \label{tab:proc_capabilities}
2280 \footnotetext[21]{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel
2283 \footnotetext{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel della
2286 Per gestire questo nuovo meccanismo ciascun processo porta con sé tre distinti
2287 insiemi di \textit{capabilities}, che vengono denominati rispettivamente
2288 \textit{effective}, \textit{permitted} ed \textit{inherited}. Questi insiemi
2289 vengono mantenuti in forma di tre diverse maschere binarie,\footnote{il kernel
2290 li mantiene, come i vari identificatori di sez.~\ref{sec:proc_setuid},
2291 all'interno della \struct{task\_struct} di ciascun processo (vedi
2292 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}), nei tre campi \texttt{cap\_effective},
2293 \texttt{cap\_inheritable}, \texttt{cap\_permitted} del tipo
2294 \texttt{kernel\_cap\_t}; questo è attualmente definito come intero a 32 bit,
2295 il che comporta un massimo di 32 \textit{capabilities} distinte.} in cui
2296 ciascun bit corrisponde ad una capacità diversa; se ne è riportato
2297 l'elenco,\footnote{si tenga presente che l'elenco delle \textit{capabilities}
2298 presentato questa tabella, ripreso dalla relativa pagina di manuale
2299 (accessibile con \texttt{man capabilities}) e dalle definizioni in
2300 \texttt{sys/capabilities.h}, è quello aggiornato al kernel 2.6.6.} con una
2301 breve descrizione, ed il nome delle costanti che identificano i singoli bit,
2302 in tab.~\ref{tab:proc_capabilities}; la tabella è divisa in due parti, la
2303 prima riporta le \textit{capabilities} previste nella bozza dello standard
2304 POSIX1.e, la seconda quelle specifiche di Linux.
2306 L'utilizzo di tre distinti insiemi serve a fornire una interfaccia flessibile
2307 per l'uso delle \textit{capabilities}, con scopi analoghi a quelli per cui
2308 sono mantenuti i diversi insiemi di identificatori di
2309 sez.~\ref{sec:proc_setuid}; il loro significato è il seguente:
2310 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2311 \item[\textit{effective}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2312 ``\textsl{effettive}'', cioè di quelle che vengono effettivamente usate dal
2313 kernel quando deve eseguire il controllo di accesso per le varie operazioni
2314 compiute dal processo.
2315 \item[\textit{permitted}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2316 ``\textsl{permesse}'', cioè l'insieme di quelle capacità che un processo
2317 \textsl{può} impostare come \textsl{effettive}. Se un processo cancella una
2318 capacità da questo insieme non potrà più riassumerla (almeno che non esegua
2319 un programma che è \acr{suid} di root).
2320 \item[\textit{inherited}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2321 ``\textsl{ereditabili}'', cioè quelle che vengono trasmesse ad un nuovo
2322 programma eseguito attraverso una chiamata ad \func{exec} (con l'eccezione
2323 del caso che questo sia \acr{suid} di root).
2324 \label{sec:capabilities_set}
2327 Oltre a questi tre insiemi, che sono relativi al singolo processo, il kernel
2328 mantiene un insieme generale valido per tutto il sistema, chiamato
2329 \itindex{capabilities~bounding~set} \textit{capabilities bounding set}. Ogni
2330 volta che un programma viene posto in esecuzione con \func{exec} il contenuto
2331 degli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted} vengono mascherati con
2332 un \textsl{AND} binario del contenuto corrente del \textit{capabilities
2333 bounding set}, così che il nuovo processo potrà disporre soltanto delle
2334 capacità in esso elencate.
2336 Il \textit{capabilities bounding set} è un parametro di sistema, accessibile
2337 attraverso il contenuto del file \procfile{/proc/sys/kernel/cap-bound}, che per
2338 questa sua caratteristica consente di impostare un limite generale alle
2339 capacità che possono essere accordate ai vari processi. Questo valore può
2340 essere impostato ad un valore arbitrario esclusivamente dal primo processo
2341 eseguito nel sistema (di norma cioè da \texttt{/sbin/init}), ogni processo
2342 eseguito successivamente (cioè con \textsl{pid} diverso da 1) anche se
2343 eseguito con privilegi di amministratore potrà soltanto rimuovere uno dei bit
2344 già presenti dell'insieme: questo significa che una volta rimossa una
2345 \textit{capability} dal \textit{capabilities bounding set} essa non sarà più
2346 disponibile, neanche per l'amministratore, a meno di un riavvio.
2348 Quando un programma viene messo in esecuzione\footnote{cioè quando viene
2349 eseguita la \func{execve} con cui lo si lancia; in corrispondenza di una
2350 \func{fork} le \textit{capabilities} non vengono modificate.} esso eredita
2351 (nel senso che assume negli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted})
2352 le \textit{capabilities} mantenute nell'insieme \textit{inherited}, a meno che
2353 non sia eseguito un programma \acr{suid} di root o la \func{exec} sia stata
2354 eseguita da un programma con \textsl{uid} reale zero; in tal caso il programma
2355 ottiene tutte le \textit{capabilities} presenti nel \textit{capabilities
2356 bounding set}. In questo modo si può far si che ad un processo eseguito in
2357 un secondo tempo possano essere trasmesse solo un insieme limitato di
2358 capacità, impedendogli di recuperare quelle assenti nell'insieme
2359 \textit{inherited}. Si tenga presente invece che attraverso una \func{fork}
2360 vengono mantenute le stesse capacità del processo padre.
2362 Per la gestione delle \textit{capabilities} il kernel mette a disposizione due
2363 funzioni che permettono rispettivamente di leggere ed impostare i valori dei
2364 tre insiemi illustrati in precedenza. Queste due funzioni sono \funcd{capget}
2365 e \funcd{capset} e costituiscono l'interfaccia di gestione basso livello; i
2366 loro rispettivi prototipi sono:
2368 \headdecl{sys/capability.h}
2370 \funcdecl{int capget(cap\_user\_header\_t hdrp, cap\_user\_data\_t datap)}
2371 Legge le \textit{capabilities}.
2373 \funcdecl{int capset(cap\_user\_header\_t hdrp, const cap\_user\_data\_t
2375 Imposta le \textit{capabilities}.
2378 \bodydesc{Entrambe le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso
2379 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2381 \item[\errcode{ESRCH}] si è fatto riferimento ad un processo inesistente.
2382 \item[\errcode{EPERM}] si è tentato di aggiungere una capacità
2383 nell'insieme delle \textit{capabilities} permesse, o di impostare una
2384 capacità non presente nell'insieme di quelle permesse negli insieme
2385 delle effettive o ereditate, o si è cercato di impostare una
2386 \textit{capability} di un altro processo senza avare
2387 \const{CAP\_SETPCAP}.
2389 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
2394 Queste due funzioni prendono come argomenti due tipi di dati dedicati,
2395 definiti come puntatori a due strutture specifiche di Linux, illustrate in
2396 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}. Per poterle utilizzare occorre anche
2397 cancellare la macro \macro{\_POSIX\_SOURCE}.\footnote{per farlo occorre
2398 utilizzare la direttiva di preprocessore \direct{undef}; si dovrà cioè
2399 inserire una istruzione \texttt{\#undef \_POSIX\_SOURCE} prima di includere
2400 \texttt{sys/capability.h}.} Si tenga presente che le strutture di
2401 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}, come i prototipi delle due funzioni
2402 \func{capget} e \func{capset}, sono soggette ad essere modificate con il
2403 cambiamento del kernel (in particolare i tipi di dati delle strutture) ed
2404 anche se finora l'interfaccia è risultata stabile, non c'è nessuna
2405 assicurazione che questa venga mantenuta. Pertanto se si vogliono scrivere
2406 programmi portabili che possano essere eseguiti su qualunque versione del
2407 kernel è opportuno utilizzare le interfacce di alto livello.
2409 \begin{figure}[!htb]
2412 \begin{minipage}[c]{15cm}
2413 \includestruct{listati/cap_user_header_t.h}
2416 \caption{Definizione delle strutture a cui fanno riferimento i puntatori
2417 \structd{cap\_user\_header\_t} e \structd{cap\_user\_data\_t} usati per
2418 l'interfaccia di gestione di basso livello delle \textit{capabilities}.}
2419 \label{fig:cap_kernel_struct}
2422 La struttura a cui deve puntare l'argomento \param{hdrp} serve ad indicare,
2423 tramite il campo \var{pid}, il processo del quale si vogliono leggere o
2424 modificare le \textit{capabilities}. Il campo \var{version} deve essere
2425 impostato al valore della versione delle usata dal kernel (quello indicato
2426 dalla costante \const{\_LINUX\_CAPABILITY\_VERSION} di
2427 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}) altrimenti le funzioni ritorneranno con un
2428 errore di \errcode{EINVAL}, restituendo nel campo stesso il valore corretto
2429 della versione in uso. La struttura a cui deve puntare l'argomento
2430 \param{datap} invece conterrà i valori letti o da impostare per i tre insiemi
2431 delle capacità del processo.
2433 Dato che le precedenti funzioni, oltre ad essere specifiche di Linux, non
2434 garantiscono la stabilità nell'interfaccia, è sempre opportuno effettuare la
2435 gestione delle \textit{capabilities} utilizzando le funzioni di libreria a
2436 questo dedicate. Queste funzioni, che seguono quanto previsto nelle bozze
2437 dello standard POSIX.1e, non fanno parte delle \acr{glibc} e sono fornite in
2438 una libreria a parte,\footnote{la libreria è \texttt{libcap2}, nel caso di
2439 Debian può essere installata con il pacchetto omonimo.} pertanto se un
2440 programma le utilizza si dovrà indicare esplicitamente l'uso della suddetta
2441 libreria attraverso l'opzione \texttt{-lcap} del compilatore.
2443 Le funzioni dell'interfaccia delle bozze di POSIX.1e prevedono l'uso di uno
2444 tipo di dato opaco, \type{cap\_t}, come puntatore ai dati mantenuti nel
2445 cosiddetto \textit{capability state},\footnote{si tratta in sostanza di un
2446 puntatore ad una struttura interna utilizzata dalle librerie, i cui campi
2447 non devono mai essere acceduti direttamente.} in sono memorizzati tutti i
2448 dati delle \textit{capabilities}. In questo modo è possibile mascherare i
2449 dettagli della gestione di basso livello, che potranno essere modificati senza
2450 dover cambiare le funzioni dell'interfaccia, che faranno riferimento soltanto
2451 ad oggetti di questo tipo. L'interfaccia pertanto non soltanto fornisce le
2452 funzioni per modificare e leggere le \textit{capabilities}, ma anche quelle
2453 per gestire i dati attraverso \type{cap\_t}.
2455 La prima funzione dell'interfaccia è quella che permette di inizializzare un
2456 \textit{capability state}, allocando al contempo la memoria necessaria per i
2457 relativi dati. La funzione è \funcd{cap\_init} ed il suo prototipo è:
2459 \headdecl{sys/capability.h}
2461 \funcdecl{cap\_t cap\_init(void)}
2462 Crea ed inizializza un \textit{capability state}.
2464 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2465 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il
2466 valore \errval{ENOMEM}.
2470 La funzione restituisce il puntatore \type{cap\_t} ad uno stato inizializzato
2471 con tutte le \textit{capabilities} azzerate. In caso di errore (cioè quando
2472 non c'è memoria sufficiente ad allocare i dati) viene restituito \macro{NULL}
2473 ed \var{errno} viene impostata a \errval{ENOMEM}. La memoria necessaria a
2474 mantenere i dati viene automaticamente allocata da \func{cap\_init}, ma dovrà
2475 essere disallocata esplicitamente quando non più necessaria utilizzando la
2476 funzione \funcd{cap\_free}, il cui prototipo è:
2478 \headdecl{sys/capability.h}
2480 \funcdecl{int cap\_free(void *obj\_d)}
2481 Disalloca la memoria allocata per i dati delle \textit{capabilities}.
2483 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2484 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2488 La funzione permette di liberare la memoria allocata dalle altre funzioni
2489 della libreria sia per un \textit{capability state}, nel qual caso l'argomento
2490 dovrà essere un dato di tipo \type{cap\_t}, che per una descrizione testuale
2491 dello stesso,\footnote{cioè quanto ottenuto tramite la funzione
2492 \func{cap\_to\_text}.} nel qual caso l'argomento dovrà essere di tipo
2493 \texttt{char *}. L'argomento \param{obj\_d} deve corrispondere ad un oggetto
2494 ottenuto tramite altre funzioni della libreria, altrimenti la funzione fallirà
2495 con un errore di \errval{EINVAL}.
2497 Infine si può creare una copia di un \textit{capability state} ottenuto in
2498 precedenza tramite la funzione \funcd{cap\_dup}, il cui prototipo è:
2500 \headdecl{sys/capability.h}
2502 \funcdecl{cap\_t cap\_dup(cap\_t cap\_p)}
2503 Duplica un \textit{capability state} restituendone una copia.
2505 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2506 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} potrà assumere i
2507 valori \errval{ENOMEM} o \errval{EINVAL}.
2511 La funzione crea una copia del \textit{capability state} posto all'indirizzo
2512 \param{cap\_p} che si è passato come argomento, restituendo il puntatore alla
2513 copia, che conterrà gli stessi valori delle \textit{capabilities} presenti
2514 nell'originale. La memoria necessaria viene allocata automaticamente dalla
2515 funzione. Una volta effettuata la copia i due \textit{capability state}
2516 potranno essere modificati in maniera completamente indipendente.
2518 Una seconda classe di funzioni di servizio sono quelle per la gestione dei
2519 dati contenuti all'interno di un \textit{capability state}; la prima di esse è
2520 \funcd{cap\_clear}, il cui prototipo è:
2522 \headdecl{sys/capability.h}
2524 \funcdecl{int cap\_clear(cap\_t cap\_p)}
2525 Inizializza un \textit{capability state} cancellando tutte le
2526 \textit{capabilities}.
2528 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2529 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2533 La funzione si limita ad azzerare tutte le \textit{capabilities} presenti nel
2534 \textit{capability state} all'indirizzo \param{cap\_p} passato come argomento,
2535 restituendo uno stato \textsl{vuoto}, analogo a quello che si ottiene nella
2536 creazione con \func{cap\_init}.
2538 Per la gestione dei valori delle \textit{capabilities} presenti in un
2539 \textit{capability state} l'interfaccia prevede due funzioni,
2540 \funcd{cap\_get\_flag} e \funcd{cap\_set\_flag}, che permettono
2541 rispettivamente di leggere o impostare il valore di un flag delle
2542 \textit{capabilities}; i rispettivi prototipi sono:
2544 \headdecl{sys/capability.h}
2546 \funcdecl{int cap\_get\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_value\_t cap, cap\_flag\_t
2547 flag, cap\_flag\_value\_t *value\_p)}
2548 Legge il valore di una \textit{capability}.
2550 \funcdecl{int cap\_set\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_flag\_t flag, int ncap,
2551 cap\_value\_t *caps, cap\_flag\_value\_t value)}
2552 Imposta il valore di una \textit{capability}.
2554 \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2555 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2559 In entrambe le funzioni l'argomento \param{cap\_p} indica il puntatore al
2560 \textit{capability state} su cui operare, mentre l'argomento \param{flag}
2561 indica su quale dei tre insiemi illustrati a
2562 pag.~\pageref{sec:capabilities_set} si intende operare. Questi devono essere
2563 specificati con una variabile di tipo \type{cap\_flag\_t} che può assumere
2564 esclusivamente\footnote{si tratta in effetti di un tipo enumerato, come si può
2565 verificare dalla sua definizione che si trova in
2566 \texttt{/usr/include/sys/capability.h}.} uno dei valori illustrati in
2567 tab.~\ref{tab:cap_set_identifier}.
2572 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2574 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2577 \const{CAP\_EFFECTIVE} & Capacità dell'insieme \textsl{effettivo}.\\
2578 \const{CAP\_PERMITTED} & Capacità dell'insieme \textsl{permesso}.\\
2579 \const{CAP\_INHERITABLE}& Capacità dell'insieme \textsl{ereditabile}.\\
2582 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_t} che
2583 identifica gli insiemi delle \textit{capabilities}.}
2584 \label{tab:cap_set_identifier}
2587 La capacità che si intende controllare o impostare invece deve essere
2588 specificata attraverso una variabile di tipo \type{cap\_value\_t}, che può
2589 prendere come valore uno qualunque di quelli riportati in
2590 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}, in questo caso però non è possibile
2591 combinare diversi valori in una maschera binaria, una variabile di tipo
2592 \type{cap\_value\_t} deve indicare una sola capacità.\footnote{nel file di
2593 header citato nella nota precedente il tipo \type{cap\_value\_t} è definito
2594 come \ctyp{int}, ma i valori validi sono soltanto quelli di
2595 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}.} Infine lo stato di una capacità è
2596 descritto ad una variabile di tipo \type{cap\_flag\_value\_t}, che a sua volta
2597 può assumere soltanto uno\footnote{anche questo è un tipo enumerato.} dei
2598 valori di tab.~\ref{tab:cap_value_type}.
2603 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2605 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2608 \const{CAP\_CLEAR}& La capacità non è impostata.\\
2609 \const{CAP\_SET} & La capacità è impostata.\\
2612 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_value\_t} che
2613 indica lo stato di una capacità.}
2614 \label{tab:cap_value_type}
2617 La funzione \func{cap\_get\_flag} legge lo stato della capacità indicata
2618 dall'argomento \param{cap} all'interno dell'insieme indicato dall'argomento
2619 \param{flag} e ne restituisce il valore nella variabile posta all'indirizzo
2620 puntato dall'argomento \param{value\_p}; è possibile cioè leggere soltanto uno
2621 stato di una capacità alla volta.
2623 La funzione \func{cap\_set\_flag} può invece impostare in una sola chiamata
2624 più capacità, anche se solo all'interno dello stesso insieme; per questo essa
2625 prende un vettore di valori di tipo \type{cap\_value\_t} nell'argomento
2626 \param{caps}, la cui dimensione è specificata dall'argomento \param{ncap}. Il
2627 tipo di impostazione da eseguire (cancellazione o impostazione) viene indicato
2628 dall'argomento \param{value}.
2630 Per la visualizzazione dello stato delle \textit{capabilities} l'interfaccia
2631 prevede una funzione apposita, \funcd{cap\_to\_text}, il cui prototipo è:
2633 \headdecl{sys/capability.h}
2635 \funcdecl{char * cap\_to\_text(cap\_t caps, ssize\_t * length\_p)}
2637 Genera una visualizzazione testuale delle \textit{capabilities}.
2639 \bodydesc{La funzione ritorna un puntatore alla stringa con la descrizione
2640 delle \textit{capabilities} in caso di successo e \val{NULL} in caso di
2641 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL} o
2646 La funzione ritorna l'indirizzo di una stringa contente la descrizione
2647 testuale del contenuto del \textit{capabilities state} \param{caps} passato
2648 come argomento, e, qualora l'argomento \param{length\_p} sia diverso da
2649 \val{NULL}, restituisce nella variabile intera da questo puntata la lunghezza
2650 della stringa. La stringa restituita viene allocata automaticamente dalla
2651 funzione e deve essere liberata con \func{cap\_free}.
2653 Fin quei abbiamo trattato delle funzioni di manipolazione dei
2654 \textit{capabilities state}; quando si vuole eseguire la lettura delle
2655 \textit{capabilities} del processo corrente si deve usare la funzione
2656 \funcd{cap\_get\_proc}, il cui prototipo è:
2658 \headdecl{sys/capability.h}
2660 \funcdecl{cap\_t cap\_get\_proc(void)}
2661 Legge le \textit{capabilities} del processo corrente.
2663 \bodydesc{La funzione ritorna un valore diverso da \val{NULL} in caso di
2664 successo e \val{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può
2665 assumere i valori \errval{EINVAL}, \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}. }
2668 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo corrente
2669 e restituisce il puntatore ad un \textit{capabilities state} contenente il
2670 risultato, che provvede ad allocare autonomamente, e che occorrerà liberare
2671 con \func{cap\_free} quando non sarà più utilizzato.
2673 Se invece si vogliono leggere le \textit{capabilities} di un processo
2674 specifico occorre usare la funzione \funcd{capgetp}, il cui
2675 prototipo\footnote{su alcune pagine di manuale la funzione è descritta con un
2676 prototipo sbagliato, che prevede un valore di ritorno di tipo \type{cap\_t},
2677 ma il valore di ritorno è intero, come si può verificare anche dalla
2678 dichiarazione della stessa in \texttt{sys/capability.h}.} è:
2680 \headdecl{sys/capability.h}
2682 \funcdecl{int capgetp(pid\_t pid, cap\_t cap\_d)}
2683 Legge le \textit{capabilities} del processo indicato da \param{pid}.
2685 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2686 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2687 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2691 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo indicato
2692 con l'argomento \param{pid}, salvando il risultato nel \textit{capabilities
2693 state} all'indirizzo \param{cap\_d} che deve essere stato creato in
2694 precedenza. Qualora il processo non esista si avrà un errore di
2695 \errval{ESRCH}. Gli stessi valori possono essere letti direttamente nel
2696 filesystem \textit{proc}, nei file \texttt{/proc/<pid>/status}; ad esempio per
2697 \texttt{init} si otterrà qualcosa del tipo:
2700 CapInh: 0000000000000000
2701 CapPrm: 00000000fffffeff
2702 CapEff: 00000000fffffeff
2705 Infine per impostare le \textit{capabilities} del processo corrente (non
2706 esiste una funzione che permetta di cambiare le \textit{capabilities} di un
2707 altro processo) si deve usare la funzione \funcd{cap\_set\_proc}, il cui
2710 \headdecl{sys/capability.h}
2712 \funcdecl{int cap\_set\_proc(cap\_t cap\_p)}
2713 Imposta le \textit{capabilities} del processo corrente.
2715 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2716 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2717 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2721 La funzione modifica le \textit{capabilities} del processo corrente secondo
2722 quanto specificato con l'argomento \param{cap\_p}, posto che questo sia
2723 possibile nei termini spiegati in precedenza (non sarà ad esempio possibile
2724 impostare capacità non presenti nell'insieme di quelle permesse). In caso di
2725 successo i nuovi valori saranno effettivi al ritorno della funzione, in caso
2726 di fallimento invece lo stato delle capacità resterà invariato. Si tenga
2727 presente che \textsl{tutte} le capacità specificate tramite \param{cap\_p}
2728 devono essere permesse; se anche una sola non lo è la funzione fallirà, e per
2729 quanto appena detto, lo stato delle \textit{capabilities} non verrà modificato
2730 (neanche per le parti eventualmente permesse).
2732 Come esempio di utilizzo di queste funzioni nei sorgenti allegati alla guida
2733 si è distribuito il programma \texttt{getcap.c}, che consente di leggere le
2734 \textit{capabilities} del processo corrente\footnote{vale a dire di sé stesso,
2735 quando lo si lancia, il che può sembrare inutile, ma serve a mostrarci quali
2736 sono le \textit{capabilities} standard che ottiene un processo lanciato
2737 dalla riga di comando.} o tramite l'opzione \texttt{-p}, quelle di un
2738 processo qualunque il cui pid viene passato come parametro dell'opzione.
2741 \footnotesize \centering
2742 \begin{minipage}[c]{15cm}
2743 \includecodesample{listati/getcap.c}
2746 \caption{Corpo principale del programma \texttt{getcap.c}.}
2747 \label{fig:proc_getcap}
2750 La sezione principale del programma è riportata in fig.~\ref{fig:proc_getcap},
2751 e si basa su una condizione sulla variabile \var{pid} che se si è usato
2752 l'opzione \texttt{-p} è impostata (nella sezione di gestione delle opzioni,
2753 che si è tralasciata) al valore del \textsl{pid} del processo di cui si vuole
2754 leggere le \textit{capabilities} e nulla altrimenti. Nel primo caso
2755 (\texttt{\small 1--6}) si utilizza direttamente (\texttt{\small 2})
2756 \func{cap\_get\_proc} per ottenere lo stato delle capacità del processo, nel
2757 secondo (\texttt{\small 7--14}) prima si inizializza (\texttt{\small 8}) uno
2758 stato vuoto e poi (\texttt{\small 9}) si legge il valore delle capacità del
2761 Il passo successivo è utilizzare (\texttt{\small 16}) \func{cap\_to\_text} per
2762 tradurre in una stringa lo stato, e poi (\texttt{\small 17}) stamparlo; infine
2763 (\texttt{\small 19--20}) si libera la memoria allocata dalle precedenti
2764 funzioni con \func{cap\_free} per poi ritornare dal ciclo principale della
2767 \itindend{capabilities}
2769 % TODO vedi http://lwn.net/Articles/198557/ e
2770 % http://www.madore.org/~david/linux/newcaps/
2771 % TODO documentare prctl ...
2774 \section{La gestione della priorità di esecuzione}
2775 \label{sec:proc_priority}
2777 In questa sezione tratteremo più approfonditamente i meccanismi con il quale
2778 lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler} assegna la CPU ai vari processi
2779 attivi. In particolare prenderemo in esame i vari meccanismi con cui viene
2780 gestita l'assegnazione del tempo di CPU, ed illustreremo le varie funzioni di
2784 \subsection{I meccanismi di \textit{scheduling}}
2785 \label{sec:proc_sched}
2787 \itindbeg{scheduler}
2789 La scelta di un meccanismo che sia in grado di distribuire in maniera efficace
2790 il tempo di CPU per l'esecuzione dei processi è sempre una questione delicata,
2791 ed oggetto di numerose ricerche; in generale essa dipende in maniera
2792 essenziale anche dal tipo di utilizzo che deve essere fatto del sistema, per
2793 cui non esiste un meccanismo che sia valido per tutti gli usi.
2795 La caratteristica specifica di un sistema multitasking come Linux è quella del
2796 cosiddetto \itindex{prehemptive~multitasking} \textit{prehemptive
2797 multitasking}: questo significa che al contrario di altri sistemi (che usano
2798 invece il cosiddetto \itindex{cooperative~multitasking} \textit{cooperative
2799 multitasking}) non sono i singoli processi, ma il kernel stesso a decidere
2800 quando la CPU deve essere passata ad un altro processo. Come accennato in
2801 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} questa scelta viene eseguita da una sezione
2802 apposita del kernel, lo \textit{scheduler}, il cui scopo è quello di
2803 distribuire al meglio il tempo di CPU fra i vari processi.
2805 La cosa è resa ancora più complicata dal fatto che con le architetture
2806 multi-processore si deve anche scegliere quale sia la CPU più opportuna da
2807 utilizzare.\footnote{nei processori moderni la presenza di ampie cache può
2808 rendere poco efficiente trasferire l'esecuzione di un processo da una CPU ad
2809 un'altra, per cui effettuare la migliore scelta fra le diverse CPU non è
2810 banale.} Tutto questo comunque appartiene alle sottigliezze
2811 dell'implementazione del kernel; dal punto di vista dei programmi che girano
2812 in user space, anche quando si hanno più processori (e dei processi che sono
2813 eseguiti davvero in contemporanea), le politiche di scheduling riguardano
2814 semplicemente l'allocazione della risorsa \textsl{tempo di esecuzione}, la cui
2815 assegnazione sarà governata dai meccanismi di scelta delle priorità che
2816 restano gli stessi indipendentemente dal numero di processori.
2818 Si tenga conto poi che i processi non devono solo eseguire del codice: ad
2819 esempio molto spesso saranno impegnati in operazioni di I/O, o potranno
2820 venire bloccati da un comando dal terminale, o sospesi per un certo periodo di
2821 tempo. In tutti questi casi la CPU diventa disponibile ed è compito dello
2822 kernel provvedere a mettere in esecuzione un altro processo.
2824 Tutte queste possibilità sono caratterizzate da un diverso \textsl{stato} del
2825 processo, in Linux un processo può trovarsi in uno degli stati riportati in
2826 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}; ma soltanto i processi che sono nello stato
2827 \textit{runnable} concorrono per l'esecuzione. Questo vuol dire che, qualunque
2828 sia la sua priorità, un processo non potrà mai essere messo in esecuzione
2829 fintanto che esso si trova in uno qualunque degli altri stati.
2834 \begin{tabular}[c]{|p{2.8cm}|c|p{10cm}|}
2836 \textbf{Stato} & \texttt{STAT} & \textbf{Descrizione} \\
2839 \textbf{Runnable}& \texttt{R} & Il processo è in esecuzione o è pronto ad
2840 essere eseguito (cioè è in attesa che gli
2841 venga assegnata la CPU). \\
2842 \textbf{Sleep} & \texttt{S} & Il processo è in attesa di un
2843 risposta dal sistema, ma può essere
2844 interrotto da un segnale. \\
2845 \textbf{Uninterrutible Sleep}& \texttt{D} & Il processo è in
2846 attesa di un risposta dal sistema (in
2847 genere per I/O), e non può essere
2848 interrotto in nessuna circostanza. \\
2849 \textbf{Stopped} & \texttt{T} & Il processo è stato fermato con un
2850 \const{SIGSTOP}, o è tracciato.\\
2851 \textbf{Zombie}\index{zombie} & \texttt{Z} & Il processo è terminato ma il
2852 suo stato di terminazione non è ancora
2853 stato letto dal padre. \\
2856 \caption{Elenco dei possibili stati di un processo in Linux, nella colonna
2857 \texttt{STAT} si è riportata la corrispondente lettera usata dal comando
2858 \cmd{ps} nell'omonimo campo.}
2859 \label{tab:proc_proc_states}
2862 Si deve quindi tenere presente che l'utilizzo della CPU è soltanto una delle
2863 risorse che sono necessarie per l'esecuzione di un programma, e a seconda
2864 dello scopo del programma non è detto neanche che sia la più importante (molti
2865 programmi dipendono in maniera molto più critica dall'I/O). Per questo motivo
2866 non è affatto detto che dare ad un programma la massima priorità di esecuzione
2867 abbia risultati significativi in termini di prestazioni.
2869 Il meccanismo tradizionale di scheduling di Unix (che tratteremo in
2870 sez.~\ref{sec:proc_sched_stand}) è sempre stato basato su delle
2871 \textsl{priorità dinamiche}, in modo da assicurare che tutti i processi, anche
2872 i meno importanti, possano ricevere un po' di tempo di CPU. In sostanza quando
2873 un processo ottiene la CPU la sua priorità viene diminuita. In questo modo
2874 alla fine, anche un processo con priorità iniziale molto bassa, finisce per
2875 avere una priorità sufficiente per essere eseguito.
2877 Lo standard POSIX.1b però ha introdotto il concetto di \textsl{priorità
2878 assoluta}, (chiamata anche \textsl{priorità statica}, in contrapposizione
2879 alla normale priorità dinamica), per tenere conto dei sistemi
2880 real-time,\footnote{per sistema real-time si intende un sistema in grado di
2881 eseguire operazioni in un tempo ben determinato; in genere si tende a
2882 distinguere fra l'\textit{hard real-time} in cui è necessario che i tempi di
2883 esecuzione di un programma siano determinabili con certezza assoluta (come
2884 nel caso di meccanismi di controllo di macchine, dove uno sforamento dei
2885 tempi avrebbe conseguenze disastrose), e \textit{soft-real-time} in cui un
2886 occasionale sforamento è ritenuto accettabile.} in cui è vitale che i
2887 processi che devono essere eseguiti in un determinato momento non debbano
2888 aspettare la conclusione di altri che non hanno questa necessità.
2890 Il concetto di priorità assoluta dice che quando due processi si contendono
2891 l'esecuzione, vince sempre quello con la priorità assoluta più alta.
2892 Ovviamente questo avviene solo per i processi che sono pronti per essere
2893 eseguiti (cioè nello stato \textit{runnable}). La priorità assoluta viene in
2894 genere indicata con un numero intero, ed un valore più alto comporta una
2895 priorità maggiore. Su questa politica di scheduling torneremo in
2896 sez.~\ref{sec:proc_real_time}.
2898 In generale quello che succede in tutti gli Unix moderni è che ai processi
2899 normali viene sempre data una priorità assoluta pari a zero, e la decisione di
2900 assegnazione della CPU è fatta solo con il meccanismo tradizionale della
2901 priorità dinamica. In Linux tuttavia è possibile assegnare anche una priorità
2902 assoluta, nel qual caso un processo avrà la precedenza su tutti gli altri di
2903 priorità inferiore, che saranno eseguiti solo quando quest'ultimo non avrà
2907 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling} standard}
2908 \label{sec:proc_sched_stand}
2910 A meno che non si abbiano esigenze specifiche, l'unico meccanismo di
2911 scheduling con il quale si avrà a che fare è quello tradizionale, che prevede
2912 solo priorità dinamiche. È di questo che, di norma, ci si dovrà preoccupare
2913 nella programmazione.
2915 Come accennato in Linux tutti i processi ordinari hanno la stessa priorità
2916 assoluta. Quello che determina quale, fra tutti i processi in attesa di
2917 esecuzione, sarà eseguito per primo, è la priorità dinamica, che è chiamata
2918 così proprio perché varia nel corso dell'esecuzione di un processo. Oltre a
2919 questo la priorità dinamica determina quanto a lungo un processo continuerà ad
2920 essere eseguito, e quando un processo potrà subentrare ad un altro
2923 Il meccanismo usato da Linux è piuttosto semplice,\footnote{in realtà nella
2924 serie 2.6.x lo scheduler è stato riscritto da zero e può usare diversi
2925 algoritmi, selezionabili sia in fase di compilazione, che, nelle versioni
2926 più recenti, all'avvio (addirittura è stato ideato un sistema modulare che
2927 permette di cambiare lo scheduler al volo, che comunque non è incluso nel
2928 kernel ufficiale).} ad ogni processo è assegnata una \textit{time-slice},
2929 cioè un intervallo di tempo (letteralmente una fetta) per il quale esso deve
2930 essere eseguito. Il valore della \textit{time-slice} è controllato dalla
2931 cosiddetta \textit{nice} (o \textit{niceness}) del processo. Essa è contenuta
2932 nel campo \var{nice} di \struct{task\_struct}; tutti i processi vengono creati
2933 con lo stesso valore, ed essa specifica il valore della durata iniziale della
2934 \textit{time-slice} che viene assegnato ad un altro campo della struttura
2935 (\var{counter}) quando il processo viene eseguito per la prima volta e
2936 diminuito progressivamente ad ogni interruzione del timer.
2938 Durante la sua esecuzione lo scheduler scandisce la coda dei processi in stato
2939 \textit{runnable} associando, in base al valore di \var{counter}, un peso ad
2940 ogni processo in attesa di esecuzione,\footnote{il calcolo del peso in realtà
2941 è un po' più complicato, ad esempio nei sistemi multiprocessore viene
2942 favorito un processo eseguito sulla stessa CPU, e a parità del valore di
2943 \var{counter} viene favorito chi ha una priorità più elevata.} chi ha il
2944 peso più alto verrà posto in esecuzione, ed il precedente processo sarà
2945 spostato in fondo alla coda. Dato che ad ogni interruzione del timer il
2946 valore di \var{counter} del processo corrente viene diminuito, questo assicura
2947 che anche i processi con priorità più bassa verranno messi in esecuzione.
2949 La priorità di un processo è così controllata attraverso il valore di
2950 \var{nice}, che stabilisce la durata della \textit{time-slice}; per il
2951 meccanismo appena descritto infatti un valore più lungo assicura una maggiore
2952 attribuzione di CPU. L'origine del nome di questo parametro sta nel fatto che
2953 generalmente questo viene usato per diminuire la priorità di un processo, come
2954 misura di cortesia nei confronti degli altri. I processi infatti vengono
2955 creati dal sistema con lo stesso valore di \var{nice} (nullo) e nessuno è
2956 privilegiato rispetto agli altri; il valore può essere modificato solo
2957 attraverso la funzione \funcd{nice}, il cui prototipo è:
2958 \begin{prototype}{unistd.h}
2960 Aumenta il valore di \var{nice} per il processo corrente.
2962 \bodydesc{La funzione ritorna zero in caso di successo e -1 in caso di
2963 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2965 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2966 specificato un valore di \param{inc} negativo.
2970 L'argomento \param{inc} indica l'incremento del valore di \var{nice}:
2971 quest'ultimo può assumere valori compresi fra \const{PRIO\_MIN} e
2972 \const{PRIO\_MAX} (che nel caso di Linux sono $-19$ e $20$), ma per
2973 \param{inc} si può specificare un valore qualunque, positivo o negativo, ed il
2974 sistema provvederà a troncare il risultato nell'intervallo consentito. Valori
2975 positivi comportano maggiore \textit{cortesia} e cioè una diminuzione della
2976 priorità, ogni utente può solo innalzare il valore di un suo processo. Solo
2977 l'amministratore può specificare valori negativi che permettono di aumentare
2978 la priorità di un processo.
2980 In SUSv2 la funzione ritorna il nuovo valore di \var{nice}; Linux non segue
2981 questa convenzione, e per leggere il nuovo valore occorre invece usare la
2982 funzione \funcd{getpriority}, derivata da BSD, il cui prototipo è:
2983 \begin{prototype}{sys/resource.h}
2984 {int getpriority(int which, int who)}
2986 Restituisce il valore di \var{nice} per l'insieme dei processi specificati.
2988 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
2989 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2991 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2992 \param{which} e \param{who}.
2993 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
2996 \noindent nelle vecchie versioni può essere necessario includere anche
2997 \file{<sys/time.h>}, questo non è più necessario con versioni recenti delle
2998 librerie, ma è comunque utile per portabilità.
3000 La funzione permette, a seconda del valore di \param{which}, di leggere la
3001 priorità di un processo, di un gruppo di processi (vedi
3002 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o di un utente, specificando un corrispondente
3003 valore per \param{who} secondo la legenda di tab.~\ref{tab:proc_getpriority};
3004 un valore nullo di quest'ultimo indica il processo, il gruppo di processi o
3010 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
3012 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
3015 \const{PRIO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo \\
3016 \const{PRIO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
3017 \textit{process group} \\
3018 \const{PRIO\_USER} & \type{uid\_t} & utente \\
3021 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
3022 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{getpriority} e
3023 \func{setpriority} per le tre possibili scelte.}
3024 \label{tab:proc_getpriority}
3027 La funzione restituisce la priorità più alta (cioè il valore più basso) fra
3028 quelle dei processi specificati; dato che -1 è un valore possibile, per poter
3029 rilevare una condizione di errore è necessario cancellare sempre \var{errno}
3030 prima della chiamata alla funzione, per verificare che essa resti uguale a
3033 Analoga a \func{getpriority} la funzione \funcd{setpriority} permette di
3034 impostare la priorità di uno o più processi; il suo prototipo è:
3035 \begin{prototype}{sys/resource.h}
3036 {int setpriority(int which, int who, int prio)}
3037 Imposta la priorità per l'insieme dei processi specificati.
3039 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
3040 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3042 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
3043 \param{which} e \param{who}.
3044 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
3045 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
3046 specificato un valore di \param{inc} negativo.
3047 \item[\errcode{EACCES}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
3048 cercato di modificare la priorità di un processo di un altro utente.
3052 La funzione imposta la priorità al valore specificato da \param{prio} per
3053 tutti i processi indicati dagli argomenti \param{which} e \param{who}. La
3054 gestione dei permessi dipende dalle varie implementazioni; in Linux, secondo
3055 le specifiche dello standard SUSv3, e come avviene per tutti i sistemi che
3056 derivano da SysV, è richiesto che l'user-ID reale o effettivo del processo
3057 chiamante corrispondano al real user-ID (e solo quello) del processo di cui si
3058 vuole cambiare la priorità; per i sistemi derivati da BSD invece (SunOS,
3059 Ultrix, *BSD) la corrispondenza può essere anche con l'user-ID effettivo.
3063 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling real-time}}
3064 \label{sec:proc_real_time}
3066 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_sched} lo standard POSIX.1b ha introdotto
3067 le priorità assolute per permettere la gestione di processi real-time. In
3068 realtà nel caso di Linux non si tratta di un vero hard real-time, in quanto in
3069 presenza di eventuali interrupt il kernel interrompe l'esecuzione di un
3070 processo qualsiasi sia la sua priorità,\footnote{questo a meno che non si
3071 siano installate le patch di RTLinux, RTAI o Adeos, con i quali è possibile
3072 ottenere un sistema effettivamente hard real-time. In tal caso infatti gli
3073 interrupt vengono intercettati dall'interfaccia real-time (o nel caso di
3074 Adeos gestiti dalle code del nano-kernel), in modo da poterli controllare
3075 direttamente qualora ci sia la necessità di avere un processo con priorità
3076 più elevata di un \textit{interrupt handler}.} mentre con l'incorrere in un
3077 \itindex{page~fault} \textit{page fault} si possono avere ritardi non
3078 previsti. Se l'ultimo problema può essere aggirato attraverso l'uso delle
3079 funzioni di controllo della memoria virtuale (vedi
3080 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), il primo non è superabile e può comportare
3081 ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di esecuzione di qualunque processo.
3083 Occorre usare le priorità assolute con molta attenzione: se si dà ad un
3084 processo una priorità assoluta e questo finisce in un loop infinito, nessun
3085 altro processo potrà essere eseguito, ed esso sarà mantenuto in esecuzione
3086 permanentemente assorbendo tutta la CPU e senza nessuna possibilità di
3087 riottenere l'accesso al sistema. Per questo motivo è sempre opportuno, quando
3088 si lavora con processi che usano priorità assolute, tenere attiva una shell
3089 cui si sia assegnata la massima priorità assoluta, in modo da poter essere
3090 comunque in grado di rientrare nel sistema.
3092 Quando c'è un processo con priorità assoluta lo scheduler lo metterà in
3093 esecuzione prima di ogni processo normale. In caso di più processi sarà
3094 eseguito per primo quello con priorità assoluta più alta. Quando ci sono più
3095 processi con la stessa priorità assoluta questi vengono tenuti in una coda e
3096 tocca al kernel decidere quale deve essere eseguito. Il meccanismo con cui
3097 vengono gestiti questi processi dipende dalla politica di scheduling che si è
3098 scelta; lo standard ne prevede due:
3099 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3100 \item[\textit{FIFO}] \textit{First In First Out}. Il processo viene eseguito
3101 fintanto che non cede volontariamente la CPU (con \func{sched\_yield}), si
3102 blocca, finisce o viene interrotto da un processo a priorità più alta. Se il
3103 processo viene interrotto da uno a priorità più alta esso resterà in cima
3104 alla lista e sarà il primo ad essere eseguito quando i processi a priorità
3105 più alta diverranno inattivi. Se invece lo si blocca volontariamente sarà
3106 posto in coda alla lista (ed altri processi con la stessa priorità potranno
3108 \item[\textit{RR}] \textit{Round Robin}. Il comportamento è del tutto analogo
3109 a quello precedente, con la sola differenza che ciascun processo viene
3110 eseguito al massimo per un certo periodo di tempo (la cosiddetta
3111 \textit{time slice}) dopo di che viene automaticamente posto in fondo alla
3112 coda dei processi con la stessa priorità. In questo modo si ha comunque una
3113 esecuzione a turno di tutti i processi, da cui il nome della politica. Solo
3114 i processi con la stessa priorità ed in stato \textit{runnable} entrano nel
3118 La funzione per impostare le politiche di scheduling (sia real-time che
3119 ordinarie) ed i relativi parametri è \funcd{sched\_setscheduler}; il suo
3121 \begin{prototype}{sched.h}
3122 {int sched\_setscheduler(pid\_t pid, int policy, const struct sched\_param *p)}
3123 Imposta priorità e politica di scheduling.
3125 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso
3126 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3128 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3129 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non esiste o il
3130 relativo valore di \param{p} non è valido.
3131 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi per attivare la
3136 La funzione esegue l'impostazione per il processo specificato dall'argomento
3137 \param{pid}; un valore nullo esegue l'impostazione per il processo corrente.
3138 La politica di scheduling è specificata dall'argomento \param{policy} i cui
3139 possibili valori sono riportati in tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}; un valore
3140 negativo per \param{policy} mantiene la politica di scheduling corrente.
3141 Solo un processo con i privilegi di amministratore può impostare priorità
3142 assolute diverse da zero o politiche \const{SCHED\_FIFO} e \const{SCHED\_RR}.
3147 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
3149 \textbf{Policy} & \textbf{Significato} \\
3152 \const{SCHED\_FIFO} & Scheduling real-time con politica \textit{FIFO}. \\
3153 \const{SCHED\_RR} & Scheduling real-time con politica \textit{Round
3155 \const{SCHED\_OTHER}& Scheduling ordinario.\\
3158 \caption{Valori dell'argomento \param{policy} per la funzione
3159 \func{sched\_setscheduler}.}
3160 \label{tab:proc_sched_policy}
3163 Il valore della priorità è passato attraverso la struttura
3164 \struct{sched\_param} (riportata in fig.~\ref{fig:sig_sched_param}), il cui
3165 solo campo attualmente definito è \var{sched\_priority}, che nel caso delle
3166 priorità assolute deve essere specificato nell'intervallo fra un valore
3167 massimo ed uno minimo, che nel caso sono rispettivamente 1 e 99; il valore
3168 nullo è legale, ma indica i processi normali.
3170 \begin{figure}[!bht]
3171 \footnotesize \centering
3172 \begin{minipage}[c]{15cm}
3173 \includestruct{listati/sched_param.c}
3176 \caption{La struttura \structd{sched\_param}.}
3177 \label{fig:sig_sched_param}
3180 Si tenga presente che quando si imposta una politica di scheduling real-time
3181 per un processo (o se ne cambia la priorità con \func{sched\_setparam}) questo
3182 viene messo in cima alla lista dei processi con la stessa priorità; questo
3183 comporta che verrà eseguito subito, interrompendo eventuali altri processi con
3184 la stessa priorità in quel momento in esecuzione.
3186 Lo standard POSIX.1b prevede comunque che i due valori della massima e minima
3187 priorità statica possano essere ottenuti, per ciascuna delle politiche di
3188 scheduling \textit{real-time}, tramite le due funzioni
3189 \funcd{sched\_get\_priority\_max} e \funcd{sched\_get\_priority\_min}, i cui
3194 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_max(int policy)} Legge il valore
3195 massimo della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
3198 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_min(int policy)} Legge il valore minimo
3199 della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
3201 \bodydesc{La funzioni ritornano il valore della priorità in caso di successo
3202 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3204 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non è valido.
3209 I processi con politica di scheduling \const{SCHED\_OTHER} devono specificare
3210 un valore nullo (altrimenti si avrà un errore \errcode{EINVAL}), questo valore
3211 infatti non ha niente a che vedere con la priorità dinamica determinata dal
3212 valore di \var{nice}, che deve essere impostato con le funzioni viste in
3215 Il kernel mantiene i processi con la stessa priorità assoluta in una lista, ed
3216 esegue sempre il primo della lista, mentre un nuovo processo che torna in
3217 stato \textit{runnable} viene sempre inserito in coda alla lista. Se la
3218 politica scelta è \const{SCHED\_FIFO} quando il processo viene eseguito viene
3219 automaticamente rimesso in coda alla lista, e la sua esecuzione continua
3220 fintanto che non viene bloccato da una richiesta di I/O, o non rilascia
3221 volontariamente la CPU (in tal caso, tornando nello stato \textit{runnable}
3222 sarà reinserito in coda alla lista); l'esecuzione viene ripresa subito solo
3223 nel caso che esso sia stato interrotto da un processo a priorità più alta.
3225 Se si intende operare solo sulla priorità assoluta di un processo si possono
3226 usare le funzioni \funcd{sched\_setparam} e \funcd{sched\_getparam}, i cui
3231 \funcdecl{int sched\_setparam(pid\_t pid, const struct sched\_param *p)}
3232 Imposta la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3234 \funcdecl{int sched\_getparam(pid\_t pid, struct sched\_param *p)}
3235 Legge la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3237 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo
3238 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3240 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3241 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{p} non ha senso per la
3243 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3244 eseguire l'operazione.
3248 L'uso di \func{sched\_setparam} che è del tutto equivalente a
3249 \func{sched\_setscheduler} con \param{priority} uguale a -1. Come per
3250 \func{sched\_setscheduler} specificando 0 come valore di \param{pid} si opera
3251 sul processo corrente. La disponibilità di entrambe le funzioni può essere
3252 verificata controllando la macro \macro{\_POSIX\_PRIORITY\_SCHEDULING} che è
3253 definita nell'header \file{sched.h}.
3255 Si tenga presente che per eseguire la funzione il processo chiamante deve
3256 avere un user-ID effettivo uguale all'user-ID reale o a quello effettivo del
3257 processo di cui vuole cambiare la priorità, oppure deve avere i privilegi di
3258 amministratore (con la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}).
3260 La priorità assoluta può essere riletta indietro dalla funzione
3261 \funcd{sched\_getscheduler}, il cui prototipo è:
3262 \begin{prototype}{sched.h}
3263 {int sched\_getscheduler(pid\_t pid)}
3264 Legge la politica di scheduling per il processo \param{pid}.
3266 \bodydesc{La funzione ritorna la politica di scheduling in caso di successo
3267 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3269 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3270 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{pid} è negativo.
3274 La funzione restituisce il valore (secondo quanto elencato in
3275 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}) della politica di scheduling per il processo
3276 specificato; se \param{pid} è nullo viene restituito quello del processo
3279 L'ultima funzione che permette di leggere le informazioni relative ai processi
3280 real-time è \funcd{sched\_rr\_get\_interval}, che permette di ottenere la
3281 lunghezza della \textit{time slice} usata dalla politica \textit{round robin};
3283 \begin{prototype}{sched.h}
3284 {int sched\_rr\_get\_interval(pid\_t pid, struct timespec *tp)} Legge in
3285 \param{tp} la durata della \textit{time slice} per il processo \param{pid}.
3287 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3288 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3290 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3291 \item[\errcode{ENOSYS}] la system call non è stata implementata.
3295 La funzione restituisce il valore dell'intervallo di tempo usato per la
3296 politica \textit{round robin} in una struttura \struct{timespec}, (la cui
3297 definizione si può trovare in fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}). In realtà
3298 dato che in Linux questo intervallo di tempo è prefissato e non modificabile,
3299 questa funzione ritorna sempre un valore di 150 millisecondi, e non importa
3300 specificare il PID di un processo reale.
3302 Come accennato ogni processo che usa lo scheduling real-time può rilasciare
3303 volontariamente la CPU; questo viene fatto attraverso la funzione
3304 \funcd{sched\_yield}, il cui prototipo è:
3305 \begin{prototype}{sched.h}
3306 {int sched\_yield(void)}
3308 Rilascia volontariamente l'esecuzione.
3310 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3311 nel qual caso \var{errno} viene impostata opportunamente.}
3314 La funzione fa sì che il processo rilasci la CPU, in modo da essere rimesso in
3315 coda alla lista dei processi da eseguire, e permettere l'esecuzione di un
3316 altro processo; se però il processo è l'unico ad essere presente sulla coda
3317 l'esecuzione non sarà interrotta. In genere usano questa funzione i processi
3318 in modalità \textit{fifo}, per permettere l'esecuzione degli altri processi
3319 con pari priorità quando la sezione più urgente è finita.
3321 % TODO: con il 2.6.23 il comportamento è stato leggermente modificato ed è
3322 % stato introdotto /proc/sys/kernel/sched_compat_yield da mettere a 1 per aver
3323 % la compatibilità con il precedente.
3325 \subsection{Il controllo dello \textit{scheduler} per i sistemi
3327 \label{sec:proc_sched_multiprocess}
3329 Infine con il supporto dei sistemi multiprocessore sono state introdotte delle
3330 funzioni che permettono di controllare in maniera più dettagliata la scelta di
3331 quale processore utilizzare per eseguire un certo programma. Uno dei problemi
3332 che si pongono nei sistemi multiprocessore è infatti quello del cosiddetto
3333 \index{effetto~ping-pong} \textsl{effetto ping-pong}. Può accadere cioè che lo
3334 scheduler, quando riavvia un processo precedentemente interrotto scegliendo il
3335 primo processore disponibile, lo faccia eseguire da un processore diverso
3336 rispetto a quello su cui era stato eseguito in precedenza. Se il processo
3337 passa da un processore all'altro in questo modo (cosa che avveniva abbastanza
3338 di frequente con i kernel della seria 2.4.x) si ha l'\textsl{effetto
3341 Questo tipo di comportamento può generare dei seri problemi di prestazioni;
3342 infatti tutti i processori moderni utilizzano una memoria interna (la
3343 \textit{cache}) contenente i dati più usati, che permette di evitare di
3344 eseguire un accesso (molto più lento) alla memoria principale sulla scheda
3345 madre. Chiaramente un processo sarà favorito se i suoi dati sono nella cache
3346 del processore, ma è ovvio che questo può essere vero solo per un processore
3347 alla volta, perché in presenza di più copie degli stessi dati su più
3348 processori, non si potrebbe determinare quale di questi ha la versione dei
3349 dati aggiornata rispetto alla memoria principale.
3351 Questo comporta che quando un processore inserisce un dato nella sua cache,
3352 tutti gli altri processori che hanno lo stesso dato devono invalidarlo, e
3353 questa operazione è molto costosa in termini di prestazioni. Il problema
3354 diventa serio quando si verifica l'\textsl{effetto ping-pong}, in tal caso
3355 infatti un processo \textsl{rimbalza} continuamente da un processore all'altro
3356 e si ha una continua invalidazione della cache, che non diventa mai
3359 \itindbeg{CPU~affinity}
3361 Per ovviare a questo tipo di problemi è nato il concetto di \textsl{affinità
3362 di processore} (o \textit{CPU affinity}); la possibilità cioè di far sì che
3363 un processo possa essere assegnato per l'esecuzione sempre allo stesso
3364 processore. Lo scheduler dei kernel della serie 2.4.x aveva una scarsa
3365 \textit{CPU affinity}, e \index{effetto~ping-pong} l'effetto ping-pong era
3366 comune; con il nuovo scheduler dei kernel della 2.6.x questo problema è stato
3367 risolto ed esso cerca di mantenere il più possibile ciascun processo sullo
3370 In certi casi però resta l'esigenza di poter essere sicuri che un processo sia
3371 sempre eseguito dallo stesso processore,\footnote{quella che viene detta
3372 \textit{hard CPU affinity}, in contrasto con quella fornita dallo scheduler,
3373 detta \textit{soft CPU affinity}, che di norma indica solo una preferenza,
3374 non un requisito assoluto.} e per poter risolvere questo tipo di
3375 problematiche nei nuovi kernel\footnote{le due system call per la gestione
3376 della \textit{CPU affinity} sono state introdotte nel kernel 2.5.8, e le
3377 funzioni di libreria nelle \textsl{glibc} 2.3.} è stata introdotta
3378 l'opportuna infrastruttura ed una nuova system call che permette di impostare
3379 su quali processori far eseguire un determinato processo attraverso una
3380 \textsl{maschera di affinità}. La corrispondente funzione di libreria è
3381 \funcd{sched\_setaffinity} ed il suo prototipo\footnote{di questa funzione (e
3382 della corrispondente \func{sched\_setaffinity}) esistono versioni diverse
3383 per gli argomenti successivi a \param{pid}: la prima (quella riportata nella
3384 pagina di manuale) prevedeva due ulteriori argomenti di tipo
3385 \texttt{unsigned int len} e \texttt{unsigned long *mask}, poi l'argomento
3386 \texttt{len} è stato eliminato, successivamente si è introdotta la versione
3387 riportata con però un secondo argomento di tipo \texttt{size\_t cpusetsize}
3388 (anche questa citata nella pagina di manuale); la versione citata è quella
3389 riportata nel manuale delle \textsl{glibc} e corrispondente alla definizione
3390 presente in \file{sched.h}.} è:
3391 \begin{prototype}{sched.h}
3392 {int sched\_setaffinity (pid\_t pid, const cpu\_set\_t *cpuset)}
3393 Imposta la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3395 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3396 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3398 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3399 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{cpuset} contiene riferimenti a
3400 processori non esistenti nel sistema.
3401 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3402 eseguire l'operazione.
3404 ed inoltre anche \errval{EFAULT}.}
3407 La funzione imposta, con l'uso del valore contenuto all'indirizzo
3408 \param{cpuset}, l'insieme dei processori sui quali deve essere eseguito il
3409 processo identificato tramite il valore passato in \param{pid}. Come in
3410 precedenza il valore nullo di \param{pid} indica il processo corrente. Per
3411 poter utilizzare questa funzione sono richiesti i privilegi di amministratore
3412 (è necessaria la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}) altrimenti essa fallirà con
3413 un errore di \errcode{EPERM}. Una volta impostata una maschera di affinità,
3414 questa viene ereditata attraverso una \func{fork}, in questo modo diventa
3415 possibile legare automaticamente un gruppo di processi ad un singolo
3418 Nell'uso comune, almeno con i kernel della serie 2.6.x, l'uso di questa
3419 funzione non è necessario, in quanto è lo scheduler stesso che provvede a
3420 mantenere al meglio l'affinità di processore. Esistono però esigenze
3421 particolari, ad esempio quando un processo (o un gruppo di processi) è
3422 utilizzato per un compito importante (ad esempio per applicazioni real-time o
3423 la cui risposta è critica) e si vuole la massima velocità, con questa
3424 interfaccia diventa possibile selezionare gruppi di processori utilizzabili in
3425 maniera esclusiva. Lo stesso dicasi quando l'accesso a certe risorse (memoria
3426 o periferiche) può avere un costo diverso a seconda del processore (come
3427 avviene nelle architetture NUMA).
3429 Infine se un gruppo di processi accede alle stesse risorse condivise (ad
3430 esempio una applicazione con più thread) può avere senso usare lo stesso
3431 processore in modo da sfruttare meglio l'uso della sua cache; questo
3432 ovviamente riduce i benefici di un sistema multiprocessore nell'esecuzione
3433 contemporanea dei thread, ma in certi casi (quando i thread sono inerentemente
3434 serializzati nell'accesso ad una risorsa) possono esserci sufficienti vantaggi
3435 nell'evitare la perdita della cache da rendere conveniente l'uso dell'affinità
3438 Per facilitare l'uso dell'argomento \param{cpuset} le \acr{glibc} hanno
3439 introdotto un apposito dato di tipo, \ctyp{cpu\_set\_t},\footnote{questa è una
3440 estensione specifica delle \acr{glibc}, da attivare definendo la macro
3441 \macro{\_GNU\_SOURCE}, non esiste infatti una standardizzazione per
3442 questo tipo di interfaccia e POSIX al momento non prevede nulla al
3443 riguardo.} che permette di identificare un insieme di processori. Il dato è
3444 una maschera binaria: in generale è un intero a 32 bit in cui ogni bit
3445 corrisponde ad un processore, ma dato che per architetture particolari il
3446 numero di bit di un intero può non essere sufficiente, è stata creata questa
3447 che è una interfaccia generica che permette di usare a basso livello un tipo
3448 di dato qualunque rendendosi indipendenti dal numero di bit e dalla loro
3451 Questa interfaccia, oltre alla definizione del tipo di dato apposito, prevede
3452 anche una serie di macro di preprocessore per la manipolazione dello stesso,
3453 che consentono di svuotare un insieme, aggiungere o togliere un processore da
3454 esso o verificare se vi è già presente:
3457 \funcdecl{void \macro{CPU\_ZERO}(cpu\_set\_t *set)}
3458 Inizializza l'insieme (vuoto).
3460 \funcdecl{void \macro{CPU\_SET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3461 Inserisce il processore \param{cpu} nell'insieme.
3463 \funcdecl{void \macro{CPU\_CLR}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3464 Rimuove il processore \param{cpu} nell'insieme.
3466 \funcdecl{int \macro{CPU\_ISSET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3467 Controlla se il processore \param{cpu} è nell'insieme.
3470 Oltre a queste macro, simili alle analoghe usate per gli insiemi di file
3471 descriptor (vedi sez.~\ref{sec:file_select}) è definita la costante
3472 \const{CPU\_SETSIZE} che indica il numero massimo di processori che possono
3473 far parte dell'insieme, e che costituisce un limite massimo al valore
3474 dell'argomento \param{cpu}.
3476 In generale la maschera di affinità è preimpostata in modo che un processo
3477 possa essere eseguito su qualunque processore, se può comunque leggere il
3478 valore per un processo specifico usando la funzione
3479 \funcd{sched\_getaffinity}, il suo prototipo è:
3480 \begin{prototype}{sched.h}
3481 {int sched\_getaffinity (pid\_t pid, const cpu\_set\_t *cpuset)}
3482 Legge la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3484 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3485 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3487 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3488 \item[\errcode{EFAULT}] il valore di \param{cpuset} non è un indirizzo
3493 La funzione restituirà all'indirizzo specificato da \param{cpuset} il valore
3494 della maschera di affinità del processo, così da poterla riutilizzare per una
3495 successiva reimpostazione. In questo caso non sono necessari privilegi
3498 È chiaro che queste funzioni per la gestione dell'affinità hanno significato
3499 soltanto su un sistema multiprocessore, esse possono comunque essere
3500 utilizzate anche in un sistema con un processore singolo, nel qual caso però
3501 non avranno alcun risultato effettivo.
3503 \itindend{scheduler}
3504 \itindend{CPU~affinity}
3508 \section{Problematiche di programmazione multitasking}
3509 \label{sec:proc_multi_prog}
3511 Benché i processi siano strutturati in modo da apparire il più possibile come
3512 indipendenti l'uno dall'altro, nella programmazione in un sistema multitasking
3513 occorre tenere conto di una serie di problematiche che normalmente non
3514 esistono quando si ha a che fare con un sistema in cui viene eseguito un solo
3515 programma alla volta.
3517 Pur essendo questo argomento di carattere generale, ci è parso opportuno
3518 introdurre sinteticamente queste problematiche, che ritroveremo a più riprese
3519 in capitoli successivi, in questa sezione conclusiva del capitolo in cui
3520 abbiamo affrontato la gestione dei processi.
3523 \subsection{Le operazioni atomiche}
3524 \label{sec:proc_atom_oper}
3526 La nozione di \textsl{operazione atomica} deriva dal significato greco della
3527 parola atomo, cioè indivisibile; si dice infatti che un'operazione è atomica
3528 quando si ha la certezza che, qualora essa venga effettuata, tutti i passaggi
3529 che devono essere compiuti per realizzarla verranno eseguiti senza possibilità
3530 di interruzione in una fase intermedia.
3532 In un ambiente multitasking il concetto è essenziale, dato che un processo può
3533 essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in esecuzione un
3534 altro processo o dalla ricezione di un segnale; occorre pertanto essere
3535 accorti nei confronti delle possibili \itindex{race~condition} \textit{race
3536 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}) derivanti da operazioni
3537 interrotte in una fase in cui non erano ancora state completate.
3539 Nel caso dell'interazione fra processi la situazione è molto più semplice, ed
3540 occorre preoccuparsi della atomicità delle operazioni solo quando si ha a che
3541 fare con meccanismi di intercomunicazione (che esamineremo in dettaglio in
3542 cap.~\ref{cha:IPC}) o nelle operazioni con i file (vedremo alcuni esempi in
3543 sez.~\ref{sec:file_atomic}). In questi casi in genere l'uso delle appropriate
3544 funzioni di libreria per compiere le operazioni necessarie è garanzia
3545 sufficiente di atomicità in quanto le system call con cui esse sono realizzate
3546 non possono essere interrotte (o subire interferenze pericolose) da altri
3549 Nel caso dei segnali invece la situazione è molto più delicata, in quanto lo
3550 stesso processo, e pure alcune system call, possono essere interrotti in
3551 qualunque momento, e le operazioni di un eventuale \textit{signal handler}
3552 sono compiute nello stesso spazio di indirizzi del processo. Per questo, anche
3553 il solo accesso o l'assegnazione di una variabile possono non essere più
3554 operazioni atomiche (torneremo su questi aspetti in
3555 sez.~\ref{sec:sig_adv_control}).
3557 In questo caso il sistema provvede un tipo di dato, il \type{sig\_atomic\_t},
3558 il cui accesso è assicurato essere atomico. In pratica comunque si può
3559 assumere che, in ogni piattaforma su cui è implementato Linux, il tipo
3560 \ctyp{int}, gli altri interi di dimensione inferiore ed i puntatori sono
3561 atomici. Non è affatto detto che lo stesso valga per interi di dimensioni
3562 maggiori (in cui l'accesso può comportare più istruzioni in assembler) o per
3563 le strutture. In tutti questi casi è anche opportuno marcare come
3564 \direct{volatile} le variabili che possono essere interessate ad accesso
3565 condiviso, onde evitare problemi con le ottimizzazioni del codice.
3569 \subsection{Le \textit{race condition} ed i \textit{deadlock}}
3570 \label{sec:proc_race_cond}
3572 \itindbeg{race~condition}
3574 Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
3575 diversi operano su una risorsa comune, ed in cui il risultato viene a
3576 dipendere dall'ordine in cui essi effettuano le loro operazioni. Il caso
3577 tipico è quello di un'operazione che viene eseguita da un processo in più
3578 passi, e può essere compromessa dall'intervento di un altro processo che
3579 accede alla stessa risorsa quando ancora non tutti i passi sono stati
3582 Dato che in un sistema multitasking ogni processo può essere interrotto in
3583 qualunque momento per farne subentrare un altro in esecuzione, niente può
3584 assicurare un preciso ordine di esecuzione fra processi diversi o che una
3585 sezione di un programma possa essere eseguita senza interruzioni da parte di
3586 altri. Queste situazioni comportano pertanto errori estremamente subdoli e
3587 difficili da tracciare, in quanto nella maggior parte dei casi tutto
3588 funzionerà regolarmente, e solo occasionalmente si avranno degli errori.
3590 Per questo occorre essere ben consapevoli di queste problematiche, e del fatto
3591 che l'unico modo per evitarle è quello di riconoscerle come tali e prendere
3592 gli adeguati provvedimenti per far sì che non si verifichino. Casi tipici di
3593 \textit{race condition} si hanno quando diversi processi accedono allo stesso
3594 file, o nell'accesso a meccanismi di intercomunicazione come la memoria
3595 condivisa. In questi casi, se non si dispone della possibilità di eseguire
3596 atomicamente le operazioni necessarie, occorre che quelle parti di codice in
3597 cui si compiono le operazioni sulle risorse condivise (le cosiddette
3598 \index{sezione~critica} \textsl{sezioni critiche}) del programma, siano
3599 opportunamente protette da meccanismi di sincronizzazione (torneremo su queste
3600 problematiche di questo tipo in cap.~\ref{cha:IPC}).
3603 Un caso particolare di \textit{race condition} sono poi i cosiddetti
3604 \textit{deadlock}, particolarmente gravi in quanto comportano spesso il blocco
3605 completo di un servizio, e non il fallimento di una singola operazione. Per
3606 definizione un \textit{deadlock} è una situazione in cui due o più processi
3607 non sono più in grado di proseguire perché ciascuno aspetta il risultato di
3608 una operazione che dovrebbe essere eseguita dall'altro.
3611 L'esempio tipico di una situazione che può condurre ad un
3612 \textit{deadlock} è quello in cui un flag di
3613 ``\textsl{occupazione}'' viene rilasciato da un evento asincrono (come un
3614 segnale o un altro processo) fra il momento in cui lo si è controllato
3615 (trovandolo occupato) e la successiva operazione di attesa per lo sblocco. In
3616 questo caso, dato che l'evento di sblocco del flag è avvenuto senza che ce ne
3617 accorgessimo proprio fra il controllo e la messa in attesa, quest'ultima
3618 diventerà perpetua (da cui il nome di \textit{deadlock}).
3620 In tutti questi casi è di fondamentale importanza il concetto di atomicità
3621 visto in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper}; questi problemi infatti possono essere
3622 risolti soltanto assicurandosi, quando essa sia richiesta, che sia possibile
3623 eseguire in maniera atomica le operazioni necessarie.
3624 \itindend{race~condition}
3628 \subsection{Le funzioni rientranti}
3629 \label{sec:proc_reentrant}
3631 Si dice \textsl{rientrante} una funzione che può essere interrotta in
3632 qualunque punto della sua esecuzione ed essere chiamata una seconda volta da
3633 un altro thread di esecuzione senza che questo comporti nessun problema
3634 nell'esecuzione della stessa. La problematica è comune nella programmazione
3635 multi-thread, ma si hanno gli stessi problemi quando si vogliono chiamare
3636 delle funzioni all'interno dei gestori dei segnali.
3638 Fintanto che una funzione opera soltanto con le variabili locali è rientrante;
3639 queste infatti vengono allocate nello \itindex{stack} stack, ed un'altra
3640 invocazione non fa altro che allocarne un'altra copia. Una funzione può non
3641 essere rientrante quando opera su memoria che non è nello \itindex{stack}
3642 stack. Ad esempio una funzione non è mai rientrante se usa una variabile
3645 Nel caso invece la funzione operi su un oggetto allocato dinamicamente, la
3646 cosa viene a dipendere da come avvengono le operazioni: se l'oggetto è creato
3647 ogni volta e ritornato indietro la funzione può essere rientrante, se invece
3648 esso viene individuato dalla funzione stessa due chiamate alla stessa funzione
3649 potranno interferire quando entrambe faranno riferimento allo stesso oggetto.
3650 Allo stesso modo una funzione può non essere rientrante se usa e modifica un
3651 oggetto che le viene fornito dal chiamante: due chiamate possono interferire
3652 se viene passato lo stesso oggetto; in tutti questi casi occorre molta cura da
3653 parte del programmatore.
3655 In genere le funzioni di libreria non sono rientranti, molte di esse ad
3656 esempio utilizzano variabili statiche, le \acr{glibc} però mettono a
3657 disposizione due macro di compilatore, \macro{\_REENTRANT} e
3658 \macro{\_THREAD\_SAFE}, la cui definizione attiva le versioni rientranti di
3659 varie funzioni di libreria, che sono identificate aggiungendo il suffisso
3660 \code{\_r} al nome della versione normale.
3662 % LocalWords: multitasking like VMS child process identifier pid sez shell fig
3663 % LocalWords: parent kernel init pstree keventd kswapd table struct linux call
3664 % LocalWords: nell'header scheduler system interrupt timer HZ asm Hertz clock
3665 % LocalWords: l'alpha tick fork wait waitpid exit exec image glibc int pgid ps
3666 % LocalWords: sid threads thread Ingo Molnar ppid getpid getppid sys unistd LD
3667 % LocalWords: void ForkTest tempnam pathname sibling cap errno EAGAIN ENOMEM
3668 % LocalWords: stack read only copy write tab client spawn forktest sleep PATH
3669 % LocalWords: source LIBRARY scheduling race condition printf descriptor dup
3670 % LocalWords: close group session tms lock vfork execve BSD stream main abort
3671 % LocalWords: SIGABRT SIGCHLD SIGHUP foreground SIGCONT termination signal ANY
3672 % LocalWords: handler kill EINTR POSIX options WNOHANG ECHILD option WUNTRACED
3673 % LocalWords: dump bits rusage getrusage heap const filename argv envp EACCES
3674 % LocalWords: filesystem noexec EPERM suid sgid root nosuid ENOEXEC ENOENT ELF
3675 % LocalWords: ETXTBSY EINVAL ELIBBAD BIG EFAULT EIO ENAMETOOLONG ELOOP ENOTDIR
3676 % LocalWords: ENFILE EMFILE argc execl path execv execle execlp execvp vector
3677 % LocalWords: list environ NULL umask pending utime cutime ustime fcntl linker
3678 % LocalWords: opendir libc interpreter FreeBSD capabilities Mandatory Access
3679 % LocalWords: Control MAC SELinux Security Modules LSM superuser uid gid saved
3680 % LocalWords: effective euid egid dell' fsuid fsgid getuid geteuid getgid SVr
3681 % LocalWords: getegid IDS NFS setuid setgid all' logout utmp screen xterm TODO
3682 % LocalWords: setreuid setregid FIXME ruid rgid seteuid setegid setresuid size
3683 % LocalWords: setresgid getresuid getresgid value result argument setfsuid DAC
3684 % LocalWords: setfsgid NGROUPS sysconf getgroups getgrouplist groups ngroups
3685 % LocalWords: setgroups initgroups patch LIDS CHOWN OVERRIDE Discrectionary PF
3686 % LocalWords: SEARCH chattr sticky NOATIME socket domain immutable append mmap
3687 % LocalWords: broadcast multicast multicasting memory locking mlock mlockall
3688 % LocalWords: shmctl ioperm iopl chroot ptrace accounting swap reboot hangup
3689 % LocalWords: vhangup mknod lease permitted inherited inheritable bounding AND
3690 % LocalWords: capability capget capset header ESRCH undef version obj clear PT
3691 % LocalWords: pag ssize length proc capgetp prehemptive cache runnable Stopped
3692 % LocalWords: Uninterrutible SIGSTOP soft slice nice niceness counter which SC
3693 % LocalWords: getpriority who setpriority RTLinux RTAI Adeos fault FIFO First
3694 % LocalWords: yield Robin setscheduler policy param OTHER priority setparam to
3695 % LocalWords: min getparam getscheduler interval robin ENOSYS fifo ping long
3696 % LocalWords: affinity setaffinity unsigned mask cpu NUMA CLR ISSET SETSIZE RR
3697 % LocalWords: getaffinity assembler deadlock REENTRANT SAFE tgz MYPGRP l'OR rr
3698 % LocalWords: WIFEXITED WEXITSTATUS WIFSIGNALED WTERMSIG WCOREDUMP WIFSTOPPED
3699 % LocalWords: WSTOPSIG opt char INTERP arg SIG IGN DFL mascheck grp FOWNER RAW
3700 % LocalWords: FSETID SETPCAP BIND SERVICE ADMIN PACKET IPC OWNER MODULE RAWIO
3701 % LocalWords: PACCT RESOURCE TTY CONFIG SETFCAP hdrp datap libcap lcap text tp
3702 % LocalWords: get ncap caps CapInh CapPrm fffffeff CapEff getcap STAT dall'I
3703 % LocalWords: inc PRIO SUSv PRGR prio SysV SunOS Ultrix sched timespec len sig
3704 % LocalWords: cpusetsize cpuset atomic tickless redirezione WCONTINUED stopped
3705 % LocalWords: waitid NOCLDSTOP ENOCHLD WIFCONTINUED ifdef endif idtype siginfo
3706 % LocalWords: infop ALL WEXITED WSTOPPED WNOWAIT signo CLD EXITED KILLED page
3707 % LocalWords: CONTINUED
3709 %%% Local Variables:
3711 %%% TeX-master: "gapil"