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12 \chapter{La comunicazione fra processi}
16 Uno degli aspetti fondamentali della programmazione in un sistema unix-like è
17 la comunicazione fra processi. In questo capitolo affronteremo solo i
18 meccanismi più elementari che permettono di mettere in comunicazione processi
19 diversi, come quelli tradizionali che coinvolgono \textit{pipe} e
20 \textit{fifo} e i meccanismi di intercomunicazione di System V e quelli POSIX.
22 Tralasceremo invece tutte le problematiche relative alla comunicazione
23 attraverso la rete (e le relative interfacce) che saranno affrontate in
24 dettaglio in un secondo tempo. Non affronteremo neanche meccanismi più
25 complessi ed evoluti come le RPC (\textit{Remote Procedure Calls}) e CORBA
26 (\textit{Common Object Request Brocker Architecture}) che in genere sono
27 implementati con un ulteriore livello sopra i meccanismi elementari.
30 \section{La comunicazione fra processi tradizionale}
33 Il primo meccanismo di comunicazione fra processi introdotto nei sistemi Unix,
34 è quello delle cosiddette \textit{pipe}; esse costituiscono una delle
35 caratteristiche peculiari del sistema, in particolar modo dell'interfaccia a
36 linea di comando. In questa sezione descriveremo le sue basi, le funzioni che
37 ne gestiscono l'uso e le varie forme in cui si è evoluto.
40 \subsection{Le \textit{pipe} standard}
43 Le \textit{pipe} nascono sostanzialmente con Unix, e sono il primo, e tuttora
44 uno dei più usati, meccanismi di comunicazione fra processi. Si tratta in
45 sostanza di una coppia di file descriptor\footnote{si tenga presente che
46 le pipe sono oggetti creati dal kernel e non risiedono su disco.} connessi
47 fra di loro in modo che se quanto scrive su di uno si può rileggere
48 dall'altro. Si viene così a costituire un canale di comunicazione tramite i
49 due file descriptor, nella forma di un \textsl{tubo} (da cui il nome)
50 attraverso cui fluiscono i dati.
52 La funzione che permette di creare questa speciale coppia di file descriptor
53 associati ad una \textit{pipe} è appunto \funcd{pipe}, ed il suo prototipo è:
54 \begin{prototype}{unistd.h}
55 {int pipe(int filedes[2])}
57 Crea una coppia di file descriptor associati ad una \textit{pipe}.
59 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
60 errore, nel qual caso \var{errno} potrà assumere i valori \errval{EMFILE},
61 \errval{ENFILE} e \errval{EFAULT}.}
64 La funzione restituisce la coppia di file descriptor nel vettore
65 \param{filedes}; il primo è aperto in lettura ed il secondo in scrittura. Come
66 accennato concetto di funzionamento di una pipe è semplice: quello che si
67 scrive nel file descriptor aperto in scrittura viene ripresentato tale e quale
68 nel file descriptor aperto in lettura. I file descriptor infatti non sono
69 connessi a nessun file reale, ma, come accennato in
70 sez.~\ref{sec:file_sendfile_splice}, ad un buffer nel kernel, la cui
71 dimensione è specificata dal parametro di sistema \const{PIPE\_BUF}, (vedi
72 sez.~\ref{sec:sys_file_limits}). Lo schema di funzionamento di una pipe è
73 illustrato in fig.~\ref{fig:ipc_pipe_singular}, in cui sono illustrati i due
74 capi della pipe, associati a ciascun file descriptor, con le frecce che
75 indicano la direzione del flusso dei dati.
79 \includegraphics[height=5cm]{img/pipe}
80 \caption{Schema della struttura di una pipe.}
81 \label{fig:ipc_pipe_singular}
84 Chiaramente creare una pipe all'interno di un singolo processo non serve a
85 niente; se però ricordiamo quanto esposto in sez.~\ref{sec:file_sharing}
86 riguardo al comportamento dei file descriptor nei processi figli, è immediato
87 capire come una pipe possa diventare un meccanismo di intercomunicazione. Un
88 processo figlio infatti condivide gli stessi file descriptor del padre,
89 compresi quelli associati ad una pipe (secondo la situazione illustrata in
90 fig.~\ref{fig:ipc_pipe_fork}). In questo modo se uno dei processi scrive su un
91 capo della pipe, l'altro può leggere.
95 \includegraphics[height=5cm]{img/pipefork}
96 \caption{Schema dei collegamenti ad una pipe, condivisi fra processo padre e
97 figlio dopo l'esecuzione \func{fork}.}
98 \label{fig:ipc_pipe_fork}
101 Tutto ciò ci mostra come sia immediato realizzare un meccanismo di
102 comunicazione fra processi attraverso una pipe, utilizzando le proprietà
103 ordinarie dei file, ma ci mostra anche qual è il principale\footnote{Stevens
104 in \cite{APUE} riporta come limite anche il fatto che la comunicazione è
105 unidirezionale, ma in realtà questo è un limite facilmente superabile usando
106 una coppia di pipe.} limite nell'uso delle pipe. È necessario infatti che i
107 processi possano condividere i file descriptor della pipe, e per questo essi
108 devono comunque essere \textsl{parenti} (dall'inglese \textit{siblings}), cioè
109 o derivare da uno stesso processo padre in cui è avvenuta la creazione della
110 pipe, o, più comunemente, essere nella relazione padre/figlio.
112 A differenza di quanto avviene con i file normali, la lettura da una pipe può
113 essere bloccante (qualora non siano presenti dati), inoltre se si legge da una
114 pipe il cui capo in scrittura è stato chiuso, si avrà la ricezione di un EOF
115 (vale a dire che la funzione \func{read} ritornerà restituendo 0). Se invece
116 si esegue una scrittura su una pipe il cui capo in lettura non è aperto il
117 processo riceverà il segnale \const{SIGPIPE}, e la funzione di scrittura
118 restituirà un errore di \errcode{EPIPE} (al ritorno del gestore, o qualora il
119 segnale sia ignorato o bloccato).
121 La dimensione del buffer della pipe (\const{PIPE\_BUF}) ci dà inoltre un'altra
122 importante informazione riguardo il comportamento delle operazioni di lettura
123 e scrittura su di una pipe; esse infatti sono atomiche fintanto che la
124 quantità di dati da scrivere non supera questa dimensione. Qualora ad esempio
125 si effettui una scrittura di una quantità di dati superiore l'operazione verrà
126 effettuata in più riprese, consentendo l'intromissione di scritture effettuate
130 \subsection{Un esempio dell'uso delle pipe}
131 \label{sec:ipc_pipe_use}
133 Per capire meglio il funzionamento delle pipe faremo un esempio di quello che
134 è il loro uso più comune, analogo a quello effettuato della shell, e che
135 consiste nell'inviare l'output di un processo (lo standard output) sull'input
136 di un altro. Realizzeremo il programma di esempio nella forma di un
137 \textit{CGI}\footnote{un CGI (\textit{Common Gateway Interface}) è un
138 programma che permette la creazione dinamica di un oggetto da inserire
139 all'interno di una pagina HTML.} per Apache, che genera una immagine JPEG
140 di un codice a barre, specificato come argomento in ingresso.
142 Un programma che deve essere eseguito come \textit{CGI} deve rispondere a
143 delle caratteristiche specifiche, esso infatti non viene lanciato da una
144 shell, ma dallo stesso web server, alla richiesta di una specifica URL, che di
147 http://www.sito.it/cgi-bin/programma?argomento
149 ed il risultato dell'elaborazione deve essere presentato (con una intestazione
150 che ne descrive il mime-type) sullo standard output, in modo che il web-server
151 possa reinviarlo al browser che ha effettuato la richiesta, che in questo modo
152 è in grado di visualizzarlo opportunamente.
154 Per realizzare quanto voluto useremo in sequenza i programmi \cmd{barcode} e
155 \cmd{gs}, il primo infatti è in grado di generare immagini PostScript di
156 codici a barre corrispondenti ad una qualunque stringa, mentre il secondo
157 serve per poter effettuare la conversione della stessa immagine in formato
158 JPEG. Usando una pipe potremo inviare l'output del primo sull'input del
159 secondo, secondo lo schema mostrato in fig.~\ref{fig:ipc_pipe_use}, in cui la
160 direzione del flusso dei dati è data dalle frecce continue.
164 \includegraphics[height=5cm]{img/pipeuse}
165 \caption{Schema dell'uso di una pipe come mezzo di comunicazione fra
166 due processi attraverso l'esecuzione una \func{fork} e la chiusura dei
167 capi non utilizzati.}
168 \label{fig:ipc_pipe_use}
171 Si potrebbe obiettare che sarebbe molto più semplice salvare il risultato
172 intermedio su un file temporaneo. Questo però non tiene conto del fatto che un
173 \textit{CGI} deve poter gestire più richieste in concorrenza, e si avrebbe una
174 evidente \itindex{race~condition} \textit{race condition} in caso di accesso
175 simultaneo a detto file.\footnote{il problema potrebbe essere superato
176 determinando in anticipo un nome appropriato per il file temporaneo, che
177 verrebbe utilizzato dai vari sotto-processi, e cancellato alla fine della
178 loro esecuzione; ma a questo punto le cose non sarebbero più tanto
179 semplici.} L'uso di una pipe invece permette di risolvere il problema in
180 maniera semplice ed elegante, oltre ad essere molto più efficiente, dato che
181 non si deve scrivere su disco.
183 Il programma ci servirà anche come esempio dell'uso delle funzioni di
184 duplicazione dei file descriptor che abbiamo trattato in
185 sez.~\ref{sec:file_dup}, in particolare di \func{dup2}. È attraverso queste
186 funzioni infatti che è possibile dirottare gli stream standard dei processi
187 (che abbiamo visto in sez.~\ref{sec:file_std_descr} e
188 sez.~\ref{sec:file_std_stream}) sulla pipe. In
189 fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code} abbiamo riportato il corpo del programma,
190 il cui codice completo è disponibile nel file \file{BarCodePage.c} che si
191 trova nella directory dei sorgenti.
195 \footnotesize \centering
196 \begin{minipage}[c]{15cm}
197 \includecodesample{listati/BarCodePage.c}
200 \caption{Sezione principale del codice del \textit{CGI}
201 \file{BarCodePage.c}.}
202 \label{fig:ipc_barcodepage_code}
205 La prima operazione del programma (\texttt{\small 4--12}) è quella di creare
206 le due pipe che serviranno per la comunicazione fra i due comandi utilizzati
207 per produrre il codice a barre; si ha cura di controllare la riuscita della
208 chiamata, inviando in caso di errore un messaggio invece dell'immagine
209 richiesta.\footnote{la funzione \func{WriteMess} non è riportata in
210 fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code}; essa si incarica semplicemente di
211 formattare l'uscita alla maniera dei CGI, aggiungendo l'opportuno
212 \textit{mime type}, e formattando il messaggio in HTML, in modo che
213 quest'ultimo possa essere visualizzato correttamente da un browser.}
215 Una volta create le pipe, il programma può creare (\texttt{\small 13-17}) il
216 primo processo figlio, che si incaricherà (\texttt{\small 19--25}) di eseguire
217 \cmd{barcode}. Quest'ultimo legge dallo standard input una stringa di
218 caratteri, la converte nell'immagine PostScript del codice a barre ad essa
219 corrispondente, e poi scrive il risultato direttamente sullo standard output.
221 Per poter utilizzare queste caratteristiche prima di eseguire \cmd{barcode} si
222 chiude (\texttt{\small 20}) il capo aperto in scrittura della prima pipe, e se
223 ne collega (\texttt{\small 21}) il capo in lettura allo standard input, usando
224 \func{dup2}. Si ricordi che invocando \func{dup2} il secondo file, qualora
225 risulti aperto, viene, come nel caso corrente, chiuso prima di effettuare la
226 duplicazione. Allo stesso modo, dato che \cmd{barcode} scrive l'immagine
227 PostScript del codice a barre sullo standard output, per poter effettuare una
228 ulteriore redirezione il capo in lettura della seconda pipe viene chiuso
229 (\texttt{\small 22}) mentre il capo in scrittura viene collegato allo standard
230 output (\texttt{\small 23}).
232 In questo modo all'esecuzione (\texttt{\small 25}) di \cmd{barcode} (cui si
233 passa in \var{size} la dimensione della pagina per l'immagine) quest'ultimo
234 leggerà dalla prima pipe la stringa da codificare che gli sarà inviata dal
235 padre, e scriverà l'immagine PostScript del codice a barre sulla seconda.
237 Al contempo una volta lanciato il primo figlio, il processo padre prima chiude
238 (\texttt{\small 26}) il capo inutilizzato della prima pipe (quello in input) e
239 poi scrive (\texttt{\small 27}) la stringa da convertire sul capo in output,
240 così che \cmd{barcode} possa riceverla dallo standard input. A questo punto
241 l'uso della prima pipe da parte del padre è finito ed essa può essere
242 definitivamente chiusa (\texttt{\small 28}), si attende poi (\texttt{\small
243 29}) che l'esecuzione di \cmd{barcode} sia completata.
245 Alla conclusione della sua esecuzione \cmd{barcode} avrà inviato l'immagine
246 PostScript del codice a barre sul capo in scrittura della seconda pipe; a
247 questo punto si può eseguire la seconda conversione, da PS a JPEG, usando il
248 programma \cmd{gs}. Per questo si crea (\texttt{\small 30--34}) un secondo
249 processo figlio, che poi (\texttt{\small 35--42}) eseguirà questo programma
250 leggendo l'immagine PostScript creata da \cmd{barcode} dallo standard input,
251 per convertirla in JPEG.
253 Per fare tutto ciò anzitutto si chiude (\texttt{\small 37}) il capo in
254 scrittura della seconda pipe, e se ne collega (\texttt{\small 38}) il capo in
255 lettura allo standard input. Per poter formattare l'output del programma in
256 maniera utilizzabile da un browser, si provvede anche \texttt{\small 40}) alla
257 scrittura dell'apposita stringa di identificazione del mime-type in testa allo
258 standard output. A questo punto si può invocare \texttt{\small 41}) \cmd{gs},
259 provvedendo gli appositi switch che consentono di leggere il file da
260 convertire dallo standard input e di inviare la conversione sullo standard
263 Per completare le operazioni il processo padre chiude (\texttt{\small 44}) il
264 capo in scrittura della seconda pipe, e attende la conclusione del figlio
265 (\texttt{\small 45}); a questo punto può (\texttt{\small 46}) uscire. Si tenga
266 conto che l'operazione di chiudere il capo in scrittura della seconda pipe è
267 necessaria, infatti, se non venisse chiusa, \cmd{gs}, che legge il suo
268 standard input da detta pipe, resterebbe bloccato in attesa di ulteriori dati
269 in ingresso (l'unico modo che un programma ha per sapere che l'input è
270 terminato è rilevare che lo standard input è stato chiuso), e la \func{wait}
274 \subsection{Le funzioni \func{popen} e \func{pclose}}
275 \label{sec:ipc_popen}
277 Come si è visto la modalità più comune di utilizzo di una pipe è quella di
278 utilizzarla per fare da tramite fra output ed input di due programmi invocati
279 in sequenza; per questo motivo lo standard POSIX.2 ha introdotto due funzioni
280 che permettono di sintetizzare queste operazioni. La prima di esse si chiama
281 \funcd{popen} ed il suo prototipo è:
282 \begin{prototype}{stdio.h}
283 {FILE *popen(const char *command, const char *type)}
285 Esegue il programma \param{command}, di cui, a seconda di \param{type},
286 restituisce, lo standard input o lo standard output nella pipe collegata allo
287 stream restituito come valore di ritorno.
289 \bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo dello stream associato alla pipe
290 in caso di successo e \val{NULL} per un errore, nel qual caso \var{errno}
291 potrà assumere i valori relativi alle sottostanti invocazioni di \func{pipe}
292 e \func{fork} o \errcode{EINVAL} se \param{type} non è valido.}
295 La funzione crea una pipe, esegue una \func{fork}, ed invoca il programma
296 \param{command} attraverso la shell (in sostanza esegue \file{/bin/sh} con il
297 flag \code{-c}); l'argomento \param{type} deve essere una delle due stringhe
298 \verb|"w"| o \verb|"r"|, per indicare se la pipe sarà collegata allo standard
299 input o allo standard output del comando invocato.
301 La funzione restituisce il puntatore allo stream associato alla pipe creata,
302 che sarà aperto in sola lettura (e quindi associato allo standard output del
303 programma indicato) in caso si sia indicato \code{"r"}, o in sola scrittura (e
304 quindi associato allo standard input) in caso di \code{"w"}.
306 Lo stream restituito da \func{popen} è identico a tutti gli effetti ai file
307 stream visti in cap.~\ref{cha:files_std_interface}, anche se è collegato ad
308 una pipe e non ad un file, e viene sempre aperto in modalità
309 \textit{fully-buffered} (vedi sez.~\ref{sec:file_buffering}); l'unica
310 differenza con gli usuali stream è che dovrà essere chiuso dalla seconda delle
311 due nuove funzioni, \funcd{pclose}, il cui prototipo è:
312 \begin{prototype}{stdio.h}
313 {int pclose(FILE *stream)}
315 Chiude il file \param{stream}, restituito da una precedente \func{popen}
316 attendendo la terminazione del processo ad essa associato.
318 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
319 errore; nel quel caso il valore di \var{errno} deriva dalle sottostanti
322 \noindent che oltre alla chiusura dello stream si incarica anche di attendere
323 (tramite \func{wait4}) la conclusione del processo creato dalla precedente
326 Per illustrare l'uso di queste due funzioni riprendiamo il problema
327 precedente: il programma mostrato in fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code} per
328 quanto funzionante, è (volutamente) codificato in maniera piuttosto complessa,
329 inoltre nella pratica sconta un problema di \cmd{gs} che non è in
330 grado\footnote{nella versione GNU Ghostscript 6.53 (2002-02-13).} di
331 riconoscere correttamente l'Encapsulated PostScript, per cui deve essere usato
332 il PostScript e tutte le volte viene generata una pagina intera, invece che
333 una immagine delle dimensioni corrispondenti al codice a barre.
335 Se si vuole generare una immagine di dimensioni appropriate si deve usare un
336 approccio diverso. Una possibilità sarebbe quella di ricorrere ad ulteriore
337 programma, \cmd{epstopsf}, per convertire in PDF un file EPS (che può essere
338 generato da \cmd{barcode} utilizzando lo switch \cmd{-E}). Utilizzando un PDF
339 al posto di un EPS \cmd{gs} esegue la conversione rispettando le dimensioni
340 originarie del codice a barre e produce un JPEG di dimensioni corrette.
342 Questo approccio però non funziona, per via di una delle caratteristiche
343 principali delle pipe. Per poter effettuare la conversione di un PDF infatti è
344 necessario, per la struttura del formato, potersi spostare (con \func{lseek})
345 all'interno del file da convertire; se si esegue la conversione con \cmd{gs}
346 su un file regolare non ci sono problemi, una pipe però è rigidamente
347 sequenziale, e l'uso di \func{lseek} su di essa fallisce sempre con un errore
348 di \errcode{ESPIPE}, rendendo impossibile la conversione. Questo ci dice che
349 in generale la concatenazione di vari programmi funzionerà soltanto quando
350 tutti prevedono una lettura sequenziale del loro input.
352 Per questo motivo si è dovuto utilizzare un procedimento diverso, eseguendo
353 prima la conversione (sempre con \cmd{gs}) del PS in un altro formato
354 intermedio, il PPM,\footnote{il \textit{Portable PixMap file format} è un
355 formato usato spesso come formato intermedio per effettuare conversioni, è
356 infatti molto facile da manipolare, dato che usa caratteri ASCII per
357 memorizzare le immagini, anche se per questo è estremamente inefficiente.}
358 dal quale poi si può ottenere un'immagine di dimensioni corrette attraverso
359 vari programmi di manipolazione (\cmd{pnmcrop}, \cmd{pnmmargin}) che può
360 essere infine trasformata in PNG (con \cmd{pnm2png}).
362 In questo caso però occorre eseguire in sequenza ben quattro comandi diversi,
363 inviando l'output di ciascuno all'input del successivo, per poi ottenere il
364 risultato finale sullo standard output: un caso classico di utilizzazione
365 delle pipe, in cui l'uso di \func{popen} e \func{pclose} permette di
366 semplificare notevolmente la stesura del codice.
368 Nel nostro caso, dato che ciascun processo deve scrivere il suo output sullo
369 standard input del successivo, occorrerà usare \func{popen} aprendo la pipe in
370 scrittura. Il codice del nuovo programma è riportato in
371 fig.~\ref{fig:ipc_barcode_code}. Come si può notare l'ordine di invocazione
372 dei programmi è l'inverso di quello in cui ci si aspetta che vengano
373 effettivamente eseguiti. Questo non comporta nessun problema dato che la
374 lettura su una pipe è bloccante, per cui ciascun processo, per quanto lanciato
375 per primo, si bloccherà in attesa di ricevere sullo standard input il
376 risultato dell'elaborazione del precedente, benché quest'ultimo venga invocato
380 \footnotesize \centering
381 \begin{minipage}[c]{15cm}
382 \includecodesample{listati/BarCode.c}
385 \caption{Codice completo del \textit{CGI} \file{BarCode.c}.}
386 \label{fig:ipc_barcode_code}
389 Nel nostro caso il primo passo (\texttt{\small 14}) è scrivere il mime-type
390 sullo standard output; a questo punto il processo padre non necessita più di
391 eseguire ulteriori operazioni sullo standard output e può tranquillamente
392 provvedere alla redirezione.
394 Dato che i vari programmi devono essere lanciati in successione, si è
395 approntato un ciclo (\texttt{\small 15--19}) che esegue le operazioni in
396 sequenza: prima crea una pipe (\texttt{\small 17}) per la scrittura eseguendo
397 il programma con \func{popen}, in modo che essa sia collegata allo standard
398 input, e poi redirige (\texttt{\small 18}) lo standard output su detta pipe.
400 In questo modo il primo processo ad essere invocato (che è l'ultimo della
401 catena) scriverà ancora sullo standard output del processo padre, ma i
402 successivi, a causa di questa redirezione, scriveranno sulla pipe associata
403 allo standard input del processo invocato nel ciclo precedente.
405 Alla fine tutto quello che resta da fare è lanciare (\texttt{\small 21}) il
406 primo processo della catena, che nel caso è \cmd{barcode}, e scrivere
407 (\texttt{\small 23}) la stringa del codice a barre sulla pipe, che è collegata
408 al suo standard input, infine si può eseguire (\texttt{\small 24--27}) un
409 ciclo che chiuda, nell'ordine inverso rispetto a quello in cui le si sono
410 create, tutte le pipe create con \func{pclose}.
413 \subsection{Le \textit{pipe} con nome, o \textit{fifo}}
414 \label{sec:ipc_named_pipe}
416 Come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_pipes} il problema delle \textit{pipe} è
417 che esse possono essere utilizzate solo da processi con un progenitore comune
418 o nella relazione padre/figlio; per superare questo problema lo standard
419 POSIX.1 ha definito dei nuovi oggetti, le \textit{fifo}, che hanno le stesse
420 caratteristiche delle pipe, ma che invece di essere strutture interne del
421 kernel, visibili solo attraverso un file descriptor, sono accessibili
422 attraverso un \index{inode} inode che risiede sul filesystem, così che i
423 processi le possono usare senza dovere per forza essere in una relazione di
426 Utilizzando una \textit{fifo} tutti i dati passeranno, come per le pipe,
427 attraverso un apposito buffer nel kernel, senza transitare dal filesystem;
428 \index{inode} l'inode allocato sul filesystem serve infatti solo a fornire un
429 punto di riferimento per i processi, che permetta loro di accedere alla stessa
430 fifo; il comportamento delle funzioni di lettura e scrittura è identico a
431 quello illustrato per le pipe in sez.~\ref{sec:ipc_pipes}.
433 Abbiamo già visto in sez.~\ref{sec:file_mknod} le funzioni \func{mknod} e
434 \func{mkfifo} che permettono di creare una fifo; per utilizzarne una un
435 processo non avrà che da aprire il relativo file speciale o in lettura o
436 scrittura; nel primo caso sarà collegato al capo di uscita della fifo, e dovrà
437 leggere, nel secondo al capo di ingresso, e dovrà scrivere.
439 Il kernel crea una singola pipe per ciascuna fifo che sia stata aperta, che può
440 essere acceduta contemporaneamente da più processi, sia in lettura che in
441 scrittura. Dato che per funzionare deve essere aperta in entrambe le
442 direzioni, per una fifo di norma la funzione \func{open} si blocca se viene
443 eseguita quando l'altro capo non è aperto.
445 Le fifo però possono essere anche aperte in modalità \textsl{non-bloccante},
446 nel qual caso l'apertura del capo in lettura avrà successo solo quando anche
447 l'altro capo è aperto, mentre l'apertura del capo in scrittura restituirà
448 l'errore di \errcode{ENXIO} fintanto che non verrà aperto il capo in lettura.
450 In Linux è possibile aprire le fifo anche in lettura/scrittura,\footnote{lo
451 standard POSIX lascia indefinito il comportamento in questo caso.}
452 operazione che avrà sempre successo immediato qualunque sia la modalità di
453 apertura (bloccante e non bloccante); questo può essere utilizzato per aprire
454 comunque una fifo in scrittura anche se non ci sono ancora processi il
455 lettura; è possibile anche usare la fifo all'interno di un solo processo, nel
456 qual caso però occorre stare molto attenti alla possibili situazioni di
457 stallo.\footnote{se si cerca di leggere da una fifo che non contiene dati si
458 avrà un \itindex{deadlock} deadlock immediato, dato che il processo si
459 blocca e non potrà quindi mai eseguire le funzioni di scrittura.}
461 Per la loro caratteristica di essere accessibili attraverso il filesystem, è
462 piuttosto frequente l'utilizzo di una fifo come canale di comunicazione nelle
463 situazioni un processo deve ricevere informazioni da altri. In questo caso è
464 fondamentale che le operazioni di scrittura siano atomiche; per questo si deve
465 sempre tenere presente che questo è vero soltanto fintanto che non si supera
466 il limite delle dimensioni di \const{PIPE\_BUF} (si ricordi quanto detto in
467 sez.~\ref{sec:ipc_pipes}).
469 A parte il caso precedente, che resta probabilmente il più comune, Stevens
470 riporta in \cite{APUE} altre due casistiche principali per l'uso delle fifo:
472 \item Da parte dei comandi di shell, per evitare la creazione di file
473 temporanei quando si devono inviare i dati di uscita di un processo
474 sull'input di parecchi altri (attraverso l'uso del comando \cmd{tee}).
476 \item Come canale di comunicazione fra client ed server (il modello
477 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}).
480 Nel primo caso quello che si fa è creare tante fifo, da usare come standard
481 input, quanti sono i processi a cui i vogliono inviare i dati, questi ultimi
482 saranno stati posti in esecuzione ridirigendo lo standard input dalle fifo, si
483 potrà poi eseguire il processo che fornisce l'output replicando quest'ultimo,
484 con il comando \cmd{tee}, sulle varie fifo.
486 Il secondo caso è relativamente semplice qualora si debba comunicare con un
487 processo alla volta (nel qual caso basta usare due fifo, una per leggere ed
488 una per scrivere), le cose diventano invece molto più complesse quando si
489 vuole effettuare una comunicazione fra il server ed un numero imprecisato di
490 client; se il primo infatti può ricevere le richieste attraverso una fifo
491 ``\textsl{nota}'', per le risposte non si può fare altrettanto, dato che, per
492 la struttura sequenziale delle fifo, i client dovrebbero sapere, prima di
493 leggerli, quando i dati inviati sono destinati a loro.
495 Per risolvere questo problema, si può usare un'architettura come quella
496 illustrata in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server_arch} in cui i client inviano le
497 richieste al server su una fifo nota mentre le risposte vengono reinviate dal
498 server a ciascuno di essi su una fifo temporanea creata per l'occasione.
502 \includegraphics[height=9cm]{img/fifoserver}
503 \caption{Schema dell'utilizzo delle fifo nella realizzazione di una
504 architettura di comunicazione client/server.}
505 \label{fig:ipc_fifo_server_arch}
508 Come esempio di uso questa architettura e dell'uso delle fifo, abbiamo scritto
509 un server di \textit{fortunes}, che restituisce, alle richieste di un client,
510 un detto a caso estratto da un insieme di frasi; sia il numero delle frasi
511 dell'insieme, che i file da cui esse vengono lette all'avvio, sono importabili
512 da riga di comando. Il corpo principale del server è riportato in
513 fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server}, dove si è tralasciata la parte che tratta la
514 gestione delle opzioni a riga di comando, che effettua il settaggio delle
515 variabili \var{fortunefilename}, che indica il file da cui leggere le frasi,
516 ed \var{n}, che indica il numero di frasi tenute in memoria, ad un valore
517 diverso da quelli preimpostati. Il codice completo è nel file
518 \file{FortuneServer.c}.
521 \footnotesize \centering
522 \begin{minipage}[c]{15cm}
523 \includecodesample{listati/FortuneServer.c}
526 \caption{Sezione principale del codice del server di \textit{fortunes}
528 \label{fig:ipc_fifo_server}
531 Il server richiede (\texttt{\small 12}) che sia stata impostata una dimensione
532 dell'insieme delle frasi non nulla, dato che l'inizializzazione del vettore
533 \var{fortune} avviene solo quando questa dimensione viene specificata, la
534 presenza di un valore nullo provoca l'uscita dal programma attraverso la
535 funzione (non riportata) che ne stampa le modalità d'uso. Dopo di che
536 installa (\texttt{\small 13--15}) la funzione che gestisce i segnali di
537 interruzione (anche questa non è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server})
538 che si limita a rimuovere dal filesystem la fifo usata dal server per
541 Terminata l'inizializzazione (\texttt{\small 16}) si effettua la chiamata alla
542 funzione \code{FortuneParse} che legge dal file specificato in
543 \var{fortunefilename} le prime \var{n} frasi e le memorizza (allocando
544 dinamicamente la memoria necessaria) nel vettore di puntatori \var{fortune}.
545 Anche il codice della funzione non è riportato, in quanto non direttamente
546 attinente allo scopo dell'esempio.
548 Il passo successivo (\texttt{\small 17--22}) è quello di creare con
549 \func{mkfifo} la fifo nota sulla quale il server ascolterà le richieste,
550 qualora si riscontri un errore il server uscirà (escludendo ovviamente il caso
551 in cui la funzione \func{mkfifo} fallisce per la precedente esistenza della
554 Una volta che si è certi che la fifo di ascolto esiste la procedura di
555 inizializzazione è completata. A questo punto si può chiamare (\texttt{\small
556 23}) la funzione \func{daemon} per far proseguire l'esecuzione del programma
557 in background come demone. Si può quindi procedere (\texttt{\small 24--33})
558 alla apertura della fifo: si noti che questo viene fatto due volte, prima in
559 lettura e poi in scrittura, per evitare di dover gestire all'interno del ciclo
560 principale il caso in cui il server è in ascolto ma non ci sono client che
561 effettuano richieste. Si ricordi infatti che quando una fifo è aperta solo
562 dal capo in lettura, l'esecuzione di \func{read} ritorna con zero byte (si ha
563 cioè una condizione di end-of-file).
565 Nel nostro caso la prima apertura si bloccherà fintanto che un qualunque
566 client non apre a sua volta la fifo nota in scrittura per effettuare la sua
567 richiesta. Pertanto all'inizio non ci sono problemi, il client però, una volta
568 ricevuta la risposta, uscirà, chiudendo tutti i file aperti, compresa la fifo.
569 A questo punto il server resta (se non ci sono altri client che stanno
570 effettuando richieste) con la fifo chiusa sul lato in lettura, ed in questo
571 stato la funzione \func{read} non si bloccherà in attesa di input, ma
572 ritornerà in continuazione, restituendo un end-of-file.\footnote{si è usata
573 questa tecnica per compatibilità, Linux infatti supporta l'apertura delle
574 fifo in lettura/scrittura, per cui si sarebbe potuto effettuare una singola
575 apertura con \const{O\_RDWR}, la doppia apertura comunque ha il vantaggio
576 che non si può scrivere per errore sul capo aperto in sola lettura.}
578 Per questo motivo, dopo aver eseguito l'apertura in lettura (\texttt{\small
579 24--28}),\footnote{di solito si effettua l'apertura del capo in lettura di
580 una fifo in modalità non bloccante, per evitare il rischio di uno stallo: se
581 infatti nessuno apre la fifo in scrittura il processo non ritornerà mai
582 dalla \func{open}. Nel nostro caso questo rischio non esiste, mentre è
583 necessario potersi bloccare in lettura in attesa di una richiesta.} si
584 esegue una seconda apertura in scrittura (\texttt{\small 29--32}), scartando
585 il relativo file descriptor, che non sarà mai usato, in questo modo però la
586 fifo resta comunque aperta anche in scrittura, cosicché le successive chiamate
587 a \func{read} possono bloccarsi.
589 A questo punto si può entrare nel ciclo principale del programma che fornisce
590 le risposte ai client (\texttt{\small 34--50}); questo viene eseguito
591 indefinitamente (l'uscita del server viene effettuata inviando un segnale, in
592 modo da passare attraverso la funzione di chiusura che cancella la fifo).
594 Il server è progettato per accettare come richieste dai client delle stringhe
595 che contengono il nome della fifo sulla quale deve essere inviata la risposta.
596 Per cui prima (\texttt{\small 35--39}) si esegue la lettura dalla stringa di
597 richiesta dalla fifo nota (che a questo punto si bloccherà tutte le volte che
598 non ci sono richieste). Dopo di che, una volta terminata la stringa
599 (\texttt{\small 40}) e selezionato (\texttt{\small 41}) un numero casuale per
600 ricavare la frase da inviare, si procederà (\texttt{\small 42--46})
601 all'apertura della fifo per la risposta, che poi \texttt{\small 47--48}) vi
602 sarà scritta. Infine (\texttt{\small 49}) si chiude la fifo di risposta che
605 Il codice del client è invece riportato in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_client},
606 anche in questo caso si è omessa la gestione delle opzioni e la funzione che
607 stampa a video le informazioni di utilizzo ed esce, riportando solo la sezione
608 principale del programma e le definizioni delle variabili. Il codice completo
609 è nel file \file{FortuneClient.c} dei sorgenti allegati.
612 \footnotesize \centering
613 \begin{minipage}[c]{15cm}
614 \includecodesample{listati/FortuneClient.c}
617 \caption{Sezione principale del codice del client di \textit{fortunes}
619 \label{fig:ipc_fifo_client}
622 La prima istruzione (\texttt{\small 12}) compone il nome della fifo che dovrà
623 essere utilizzata per ricevere la risposta dal server. Si usa il \acr{pid}
624 del processo per essere sicuri di avere un nome univoco; dopo di che
625 (\texttt{\small 13-18}) si procede alla creazione del relativo file, uscendo
626 in caso di errore (a meno che il file non sia già presente sul filesystem).
628 A questo punto il client può effettuare l'interrogazione del server, per
629 questo prima si apre la fifo nota (\texttt{\small 19--23}), e poi ci si scrive
630 (\texttt{\small 24}) la stringa composta in precedenza, che contiene il nome
631 della fifo da utilizzare per la risposta. Infine si richiude la fifo del
632 server che a questo punto non serve più (\texttt{\small 25}).
634 Inoltrata la richiesta si può passare alla lettura della risposta; anzitutto
635 si apre (\texttt{\small 26--30}) la fifo appena creata, da cui si deve
636 riceverla, dopo di che si effettua una lettura (\texttt{\small 31})
637 nell'apposito buffer; si è supposto, come è ragionevole, che le frasi inviate
638 dal server siano sempre di dimensioni inferiori a \const{PIPE\_BUF},
639 tralasciamo la gestione del caso in cui questo non è vero. Infine si stampa
640 (\texttt{\small 32}) a video la risposta, si chiude (\texttt{\small 33}) la
641 fifo e si cancella (\texttt{\small 34}) il relativo file.
642 Si noti come la fifo per la risposta sia stata aperta solo dopo aver inviato
643 la richiesta, se non si fosse fatto così si avrebbe avuto uno stallo, in
644 quanto senza la richiesta, il server non avrebbe potuto aprirne il capo in
645 scrittura e l'apertura si sarebbe bloccata indefinitamente.
647 Verifichiamo allora il comportamento dei nostri programmi, in questo, come in
648 altri esempi precedenti, si fa uso delle varie funzioni di servizio, che sono
649 state raccolte nella libreria \file{libgapil.so}, per poter usare quest'ultima
650 occorrerà definire la speciale variabile di ambiente \code{LD\_LIBRARY\_PATH}
651 in modo che il linker dinamico possa accedervi.
653 In generale questa variabile indica il \itindex{pathname} \textit{pathname}
654 della directory contenente la libreria. Nell'ipotesi (che daremo sempre per
655 verificata) che si facciano le prove direttamente nella directory dei sorgenti
656 (dove di norma vengono creati sia i programmi che la libreria), il comando da
657 dare sarà \code{export LD\_LIBRARY\_PATH=./}; a questo punto potremo lanciare
658 il server, facendogli leggere una decina di frasi, con:
660 [piccardi@gont sources]$ ./fortuned -n10
663 Avendo usato \func{daemon} per eseguire il server in background il comando
664 ritornerà immediatamente, ma potremo verificare con \cmd{ps} che in effetti il
665 programma resta un esecuzione in background, e senza avere associato un
666 terminale di controllo (si ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:sess_daemon}):
668 [piccardi@gont sources]$ ps aux
670 piccardi 27489 0.0 0.0 1204 356 ? S 01:06 0:00 ./fortuned -n10
671 piccardi 27492 3.0 0.1 2492 764 pts/2 R 01:08 0:00 ps aux
673 e si potrà verificare anche che in \file{/tmp} è stata creata la fifo di
674 ascolto \file{fortune.fifo}. A questo punto potremo interrogare il server con
675 il programma client; otterremo così:
677 [piccardi@gont sources]$ ./fortune
678 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
679 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
680 [piccardi@gont sources]$ ./fortune
681 Let's call it an accidental feature.
683 [piccardi@gont sources]$ ./fortune
684 ......... Escape the 'Gates' of Hell
687 ::: .:: .:.::. .:: .:: `::. :'
688 ::: :: :: :: :: :: :::.
689 ::: .::. .:: ::. `::::. .:' ::.
690 ...:::.....................::' .::::..
691 -- William E. Roadcap
692 [piccardi@gont sources]$ ./fortune
693 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
694 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
696 e ripetendo varie volte il comando otterremo, in ordine casuale, le dieci
697 frasi tenute in memoria dal server.
699 Infine per chiudere il server basterà inviare un segnale di terminazione con
700 \code{killall fortuned} e potremo verificare che il gestore del segnale ha
701 anche correttamente cancellato la fifo di ascolto da \file{/tmp}.
703 Benché il nostro sistema client-server funzioni, la sua struttura è piuttosto
704 complessa e continua ad avere vari inconvenienti\footnote{lo stesso Stevens,
705 che esamina questa architettura in \cite{APUE}, nota come sia impossibile
706 per il server sapere se un client è andato in crash, con la possibilità di
707 far restare le fifo temporanee sul filesystem, di come sia necessario
708 intercettare \const{SIGPIPE} dato che un client può terminare dopo aver
709 fatto una richiesta, ma prima che la risposta sia inviata (cosa che nel
710 nostro esempio non è stata fatta).}; in generale infatti l'interfaccia delle
711 fifo non è adatta a risolvere questo tipo di problemi, che possono essere
712 affrontati in maniera più semplice ed efficace o usando i socket (che
713 tratteremo in dettaglio a partire da cap.~\ref{cha:socket_intro}) o ricorrendo
714 a meccanismi di comunicazione diversi, come quelli che esamineremo in seguito.
718 \subsection{La funzione \func{socketpair}}
719 \label{sec:ipc_socketpair}
721 Un meccanismo di comunicazione molto simile alle pipe, ma che non presenta il
722 problema della unidirezionalità del flusso dei dati, è quello dei cosiddetti
723 \textsl{socket locali} (o \textit{Unix domain socket}). Tratteremo l'argomento
724 dei socket in cap.~\ref{cha:socket_intro},\footnote{si tratta comunque di
725 oggetti di comunicazione che, come le pipe, sono utilizzati attraverso dei
726 file descriptor.} nell'ambito dell'interfaccia generale che essi forniscono
727 per la programmazione di rete; e vedremo anche
728 (in~sez.~\ref{sec:sock_sa_local}) come si possono definire dei file speciali
729 (di tipo socket, analoghi a quello associati alle fifo) cui si accede però
730 attraverso quella medesima interfaccia; vale però la pena esaminare qui una
731 modalità di uso dei socket locali\footnote{la funzione \func{socketpair} è
732 stata introdotta in BSD4.4, ma è supportata in genere da qualunque sistema
733 che fornisca l'interfaccia dei socket.} che li rende sostanzialmente
734 identici ad una pipe bidirezionale.
736 La funzione \funcd{socketpair} infatti consente di creare una coppia di file
737 descriptor connessi fra di loro (tramite un socket, appunto), senza dover
738 ricorrere ad un file speciale sul filesystem, i descrittori sono del tutto
739 analoghi a quelli che si avrebbero con una chiamata a \func{pipe}, con la sola
740 differenza è che in questo caso il flusso dei dati può essere effettuato in
741 entrambe le direzioni. Il prototipo della funzione è:
743 \headdecl{sys/types.h}
744 \headdecl{sys/socket.h}
746 \funcdecl{int socketpair(int domain, int type, int protocol, int sv[2])}
748 Crea una coppia di socket connessi fra loro.
750 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
751 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
753 \item[\errcode{EAFNOSUPPORT}] i socket locali non sono supportati.
754 \item[\errcode{EPROTONOSUPPORT}] il protocollo specificato non è supportato.
755 \item[\errcode{EOPNOTSUPP}] il protocollo specificato non supporta la
756 creazione di coppie di socket.
758 ed inoltre \errval{EMFILE}, \errval{EFAULT}.
762 La funzione restituisce in \param{sv} la coppia di descrittori connessi fra di
763 loro: quello che si scrive su uno di essi sarà ripresentato in input
764 sull'altro e viceversa. Gli argomenti \param{domain}, \param{type} e
765 \param{protocol} derivano dall'interfaccia dei socket (vedi
766 sez.~\ref{sec:sock_creation}) che è quella che fornisce il substrato per
767 connettere i due descrittori, ma in questo caso i soli valori validi che
768 possono essere specificati sono rispettivamente \const{AF\_UNIX},
769 \const{SOCK\_STREAM} e \val{0}.
771 L'utilità di chiamare questa funzione per evitare due chiamate a \func{pipe}
772 può sembrare limitata; in realtà l'utilizzo di questa funzione (e dei socket
773 locali in generale) permette di trasmettere attraverso le linea non solo dei
774 dati, ma anche dei file descriptor: si può cioè passare da un processo ad un
775 altro un file descriptor, con una sorta di duplicazione dello stesso non
776 all'interno di uno stesso processo, ma fra processi distinti (torneremo su
777 questa funzionalità in sez.~\ref{sec:sock_fd_passing}).
780 \section{Il sistema di comunicazione fra processi di System V}
783 Benché le pipe e le fifo siano ancora ampiamente usate, esse scontano il
784 limite fondamentale che il meccanismo di comunicazione che forniscono è
785 rigidamente sequenziale: una situazione in cui un processo scrive qualcosa che
786 molti altri devono poter leggere non può essere implementata con una pipe.
788 Per questo nello sviluppo di System V vennero introdotti una serie di nuovi
789 oggetti per la comunicazione fra processi ed una nuova interfaccia di
790 programmazione, che fossero in grado di garantire una maggiore flessibilità.
791 In questa sezione esamineremo come Linux supporta quello che viene chiamato il
792 \textsl{Sistema di comunicazione fra processi} di System V, cui da qui in
793 avanti faremo riferimento come \textit{SysV IPC} (dove IPC è la sigla di
794 \textit{Inter-Process Comunication}).
798 \subsection{Considerazioni generali}
799 \label{sec:ipc_sysv_generic}
801 La principale caratteristica del \textit{SysV IPC} è quella di essere basato
802 su oggetti permanenti che risiedono nel kernel. Questi, a differenza di quanto
803 avviene per i file descriptor, non mantengono un contatore dei riferimenti, e
804 non vengono cancellati dal sistema una volta che non sono più in uso.
806 Questo comporta due problemi: il primo è che, al contrario di quanto avviene
807 per pipe e fifo, la memoria allocata per questi oggetti non viene rilasciata
808 automaticamente quando non c'è più nessuno che li utilizzi, ed essi devono
809 essere cancellati esplicitamente, se non si vuole che restino attivi fino al
810 riavvio del sistema. Il secondo problema è che, dato che non c'è, come per i
811 file, un contatore del numero di riferimenti che ne indichi l'essere in uso,
812 essi possono essere cancellati anche se ci sono dei processi che li stanno
813 utilizzando, con tutte le conseguenze (negative) del caso.
815 Un'ulteriore caratteristica negativa è che gli oggetti usati nel \textit{SysV
816 IPC} vengono creati direttamente dal kernel, e sono accessibili solo
817 specificando il relativo \textsl{identificatore}. Questo è un numero
818 progressivo (un po' come il \acr{pid} dei processi) che il kernel assegna a
819 ciascuno di essi quanto vengono creati (sul procedimento di assegnazione
820 torneremo in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_id_use}). L'identificatore viene restituito
821 dalle funzioni che creano l'oggetto, ed è quindi locale al processo che le ha
822 eseguite. Dato che l'identificatore viene assegnato dinamicamente dal kernel
823 non è possibile prevedere quale sarà, né utilizzare un qualche valore statico,
824 si pone perciò il problema di come processi diversi possono accedere allo
827 Per risolvere il problema nella struttura \struct{ipc\_perm} che il kernel
828 associa a ciascun oggetto, viene mantenuto anche un campo apposito che
829 contiene anche una \textsl{chiave}, identificata da una variabile del tipo
830 primitivo \type{key\_t}, da specificare in fase di creazione dell'oggetto, e
831 tramite la quale è possibile ricavare l'identificatore.\footnote{in sostanza
832 si sposta il problema dell'accesso dalla classificazione in base
833 all'identificatore alla classificazione in base alla chiave, una delle tante
834 complicazioni inutili presenti nel \textit{SysV IPC}.} Oltre la chiave, la
835 struttura, la cui definizione è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_ipc_perm},
836 mantiene varie proprietà ed informazioni associate all'oggetto.
839 \footnotesize \centering
840 \begin{minipage}[c]{15cm}
841 \includestruct{listati/ipc_perm.h}
844 \caption{La struttura \structd{ipc\_perm}, come definita in
846 \label{fig:ipc_ipc_perm}
849 Usando la stessa chiave due processi diversi possono ricavare l'identificatore
850 associato ad un oggetto ed accedervi. Il problema che sorge a questo punto è
851 come devono fare per accordarsi sull'uso di una stessa chiave. Se i processi
852 sono \textsl{imparentati} la soluzione è relativamente semplice, in tal caso
853 infatti si può usare il valore speciale \texttt{IPC\_PRIVATE} per creare un
854 nuovo oggetto nel processo padre, l'identificatore così ottenuto sarà
855 disponibile in tutti i figli, e potrà essere passato come argomento attraverso
858 Però quando i processi non sono \textsl{imparentati} (come capita tutte le
859 volte che si ha a che fare con un sistema client-server) tutto questo non è
860 possibile; si potrebbe comunque salvare l'identificatore su un file noto, ma
861 questo ovviamente comporta lo svantaggio di doverselo andare a rileggere. Una
862 alternativa più efficace è quella che i programmi usino un valore comune per
863 la chiave (che ad esempio può essere dichiarato in un header comune), ma c'è
864 sempre il rischio che questa chiave possa essere stata già utilizzata da
865 qualcun altro. Dato che non esiste una convenzione su come assegnare queste
866 chiavi in maniera univoca l'interfaccia mette a disposizione una funzione
867 apposita, \funcd{ftok}, che permette di ottenere una chiave specificando il
868 nome di un file ed un numero di versione; il suo prototipo è:
870 \headdecl{sys/types.h}
873 \funcdecl{key\_t ftok(const char *pathname, int proj\_id)}
875 Restituisce una chiave per identificare un oggetto del \textit{SysV IPC}.
877 \bodydesc{La funzione restituisce la chiave in caso di successo e -1
878 altrimenti, nel qual caso \var{errno} sarà uno dei possibili codici di
879 errore di \func{stat}.}
882 La funzione determina un valore della chiave sulla base di \param{pathname},
883 che deve specificare il \itindex{pathname} \textit{pathname} di un file
884 effettivamente esistente e di un numero di progetto \param{proj\_id)}, che di
885 norma viene specificato come carattere, dato che ne vengono utilizzati solo
886 gli 8 bit meno significativi.\footnote{nelle libc4 e libc5, come avviene in
887 SunOS, l'argomento \param{proj\_id} è dichiarato tipo \ctyp{char}, le
888 \acr{glibc} usano il prototipo specificato da XPG4, ma vengono lo stesso
889 utilizzati gli 8 bit meno significativi.}
891 Il problema è che anche così non c'è la sicurezza che il valore della chiave
892 sia univoco, infatti esso è costruito combinando il byte di \param{proj\_id)}
893 con i 16 bit meno significativi \index{inode} dell'inode del file
894 \param{pathname} (che vengono ottenuti attraverso \func{stat}, da cui derivano
895 i possibili errori), e gli 8 bit meno significativi del numero del dispositivo
896 su cui è il file. Diventa perciò relativamente facile ottenere delle
897 collisioni, specie se i file sono su dispositivi con lo stesso
898 \itindex{minor~number} \textit{minor number}, come \file{/dev/hda1} e
901 In genere quello che si fa è utilizzare un file comune usato dai programmi che
902 devono comunicare (ad esempio un header comune, o uno dei programmi che devono
903 usare l'oggetto in questione), utilizzando il numero di progetto per ottenere
904 le chiavi che interessano. In ogni caso occorre sempre controllare, prima di
905 creare un oggetto, che la chiave non sia già stata utilizzata. Se questo va
906 bene in fase di creazione, le cose possono complicarsi per i programmi che
907 devono solo accedere, in quanto, a parte gli eventuali controlli sugli altri
908 attributi di \struct{ipc\_perm}, non esiste una modalità semplice per essere
909 sicuri che l'oggetto associato ad una certa chiave sia stato effettivamente
910 creato da chi ci si aspetta.
912 Questo è, insieme al fatto che gli oggetti sono permanenti e non mantengono un
913 contatore di riferimenti per la cancellazione automatica, il principale
914 problema del \textit{SysV IPC}. Non esiste infatti una modalità chiara per
915 identificare un oggetto, come sarebbe stato se lo si fosse associato ad in
916 file, e tutta l'interfaccia è inutilmente complessa. Per questo ne è stata
917 effettuata una revisione completa nello standard POSIX.1b, che tratteremo in
918 sez.~\ref{sec:ipc_posix}.
921 \subsection{Il controllo di accesso}
922 \label{sec:ipc_sysv_access_control}
924 Oltre alle chiavi, abbiamo visto che ad ogni oggetto sono associate in
925 \struct{ipc\_perm} ulteriori informazioni, come gli identificatori del creatore
926 (nei campi \var{cuid} e \var{cgid}) e del proprietario (nei campi \var{uid} e
927 \var{gid}) dello stesso, e un insieme di permessi (nel campo \var{mode}). In
928 questo modo è possibile definire un controllo di accesso sugli oggetti di IPC,
929 simile a quello che si ha per i file (vedi sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
931 Benché questo controllo di accesso sia molto simile a quello dei file, restano
932 delle importanti differenze. La prima è che il permesso di esecuzione non
933 esiste (e se specificato viene ignorato), per cui si può parlare solo di
934 permessi di lettura e scrittura (nel caso dei semafori poi quest'ultimo è più
935 propriamente un permesso di modifica). I valori di \var{mode} sono gli stessi
936 ed hanno lo stesso significato di quelli riportati in
937 tab.~\ref{tab:file_mode_flags}\footnote{se però si vogliono usare le costanti
938 simboliche ivi definite occorrerà includere il file \file{sys/stat.h},
939 alcuni sistemi definiscono le costanti \const{MSG\_R} (\texttt{0400}) e
940 \const{MSG\_W} (\texttt{0200}) per indicare i permessi base di lettura e
941 scrittura per il proprietario, da utilizzare, con gli opportuni shift, pure
942 per il gruppo e gli altri, in Linux, visto la loro scarsa utilità, queste
943 costanti non sono definite.} e come per i file definiscono gli accessi per
944 il proprietario, il suo gruppo e tutti gli altri.
946 Quando l'oggetto viene creato i campi \var{cuid} e \var{uid} di
947 \struct{ipc\_perm} ed i campi \var{cgid} e \var{gid} vengono impostati
948 rispettivamente al valore dell'user-ID e del group-ID effettivo del processo
949 che ha chiamato la funzione, ma, mentre i campi \var{uid} e \var{gid} possono
950 essere cambiati, i campi \var{cuid} e \var{cgid} restano sempre gli stessi.
952 Il controllo di accesso è effettuato a due livelli. Il primo livello è nelle
953 funzioni che richiedono l'identificatore di un oggetto data la chiave. Queste
954 specificano tutte un argomento \param{flag}, in tal caso quando viene
955 effettuata la ricerca di una chiave, qualora \param{flag} specifichi dei
956 permessi, questi vengono controllati e l'identificatore viene restituito solo
957 se corrispondono a quelli dell'oggetto. Se ci sono dei permessi non presenti
958 in \var{mode} l'accesso sarà negato. Questo controllo però è di utilità
959 indicativa, dato che è sempre possibile specificare per \param{flag} un valore
960 nullo, nel qual caso l'identificatore sarà restituito comunque.
962 Il secondo livello di controllo è quello delle varie funzioni che accedono
963 direttamente (in lettura o scrittura) all'oggetto. In tal caso lo schema dei
964 controlli è simile a quello dei file, ed avviene secondo questa sequenza:
966 \item se il processo ha i privilegi di amministratore l'accesso è sempre
968 \item se l'user-ID effettivo del processo corrisponde o al valore del campo
969 \var{cuid} o a quello del campo \var{uid} ed il permesso per il proprietario
970 in \var{mode} è appropriato\footnote{per appropriato si intende che è
971 impostato il permesso di scrittura per le operazioni di scrittura e quello
972 di lettura per le operazioni di lettura.} l'accesso è consentito.
973 \item se il group-ID effettivo del processo corrisponde o al
974 valore del campo \var{cgid} o a quello del campo \var{gid} ed il permesso
975 per il gruppo in \var{mode} è appropriato l'accesso è consentito.
976 \item se il permesso per gli altri è appropriato l'accesso è consentito.
978 solo se tutti i controlli elencati falliscono l'accesso è negato. Si noti che
979 a differenza di quanto avviene per i permessi dei file, fallire in uno dei
980 passi elencati non comporta il fallimento dell'accesso. Un'ulteriore
981 differenza rispetto a quanto avviene per i file è che per gli oggetti di IPC
982 il valore di \itindex{umask} \textit{umask} (si ricordi quanto esposto in
983 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) non ha alcun significato.
986 \subsection{Gli identificatori ed il loro utilizzo}
987 \label{sec:ipc_sysv_id_use}
989 L'unico campo di \struct{ipc\_perm} del quale non abbiamo ancora parlato è
990 \var{seq}, che in fig.~\ref{fig:ipc_ipc_perm} è qualificato con un criptico
991 ``\textsl{numero di sequenza}'', ne parliamo adesso dato che esso è
992 strettamente attinente alle modalità con cui il kernel assegna gli
993 identificatori degli oggetti del sistema di IPC.
995 Quando il sistema si avvia, alla creazione di ogni nuovo oggetto di IPC viene
996 assegnato un numero progressivo, pari al numero di oggetti di quel tipo
997 esistenti. Se il comportamento fosse sempre questo sarebbe identico a quello
998 usato nell'assegnazione dei file descriptor nei processi, ed i valori degli
999 identificatori tenderebbero ad essere riutilizzati spesso e restare di piccole
1000 dimensioni (inferiori al numero massimo di oggetti disponibili).
1002 Questo va benissimo nel caso dei file descriptor, che sono locali ad un
1003 processo, ma qui il comportamento varrebbe per tutto il sistema, e per
1004 processi del tutto scorrelati fra loro. Così si potrebbero avere situazioni
1005 come quella in cui un server esce e cancella le sue code di messaggi, ed il
1006 relativo identificatore viene immediatamente assegnato a quelle di un altro
1007 server partito subito dopo, con la possibilità che i client del primo non
1008 facciano in tempo ad accorgersi dell'avvenuto, e finiscano con l'interagire
1009 con gli oggetti del secondo, con conseguenze imprevedibili.
1011 Proprio per evitare questo tipo di situazioni il sistema usa il valore di
1012 \var{seq} per provvedere un meccanismo che porti gli identificatori ad
1013 assumere tutti i valori possibili, rendendo molto più lungo il periodo in cui
1014 un identificatore può venire riutilizzato.
1016 Il sistema dispone sempre di un numero fisso di oggetti di IPC,\footnote{fino
1017 al kernel 2.2.x questi valori, definiti dalle costanti \const{MSGMNI},
1018 \const{SEMMNI} e \const{SHMMNI}, potevano essere cambiati (come tutti gli
1019 altri limiti relativi al \textit{SysV IPC}) solo con una ricompilazione del
1020 kernel, andando a modificarne la definizione nei relativi header file. A
1021 partire dal kernel 2.4.x è possibile cambiare questi valori a sistema attivo
1022 scrivendo sui file \procrelfile{/proc/sys/kernel}{shmmni},
1023 \procrelfile{/proc/sys/kernel}{msgmni} e \procrelfile{/proc/sys/kernel}{sem}
1024 di \file{/proc/sys/kernel} o con l'uso di \func{sysctl}.} e per ciascuno di
1025 essi viene mantenuto in \var{seq} un numero di sequenza progressivo che viene
1026 incrementato di uno ogni volta che l'oggetto viene cancellato. Quando
1027 l'oggetto viene creato usando uno spazio che era già stato utilizzato in
1028 precedenza per restituire l'identificatore al numero di oggetti presenti viene
1029 sommato il valore di \var{seq} moltiplicato per il numero massimo di oggetti
1030 di quel tipo,\footnote{questo vale fino ai kernel della serie 2.2.x, dalla
1031 serie 2.4.x viene usato lo stesso fattore per tutti gli oggetti, esso è dato
1032 dalla costante \const{IPCMNI}, definita in \file{include/linux/ipc.h}, che
1033 indica il limite massimo per il numero di tutti oggetti di IPC, ed il cui
1034 valore è 32768.} si evita così il riutilizzo degli stessi numeri, e si fa
1035 sì che l'identificatore assuma tutti i valori possibili.
1037 \begin{figure}[!htb]
1038 \footnotesize \centering
1039 \begin{minipage}[c]{15cm}
1040 \includecodesample{listati/IPCTestId.c}
1043 \caption{Sezione principale del programma di test per l'assegnazione degli
1044 identificatori degli oggetti di IPC \file{IPCTestId.c}.}
1045 \label{fig:ipc_sysv_idtest}
1048 In fig.~\ref{fig:ipc_sysv_idtest} è riportato il codice di un semplice
1049 programma di test che si limita a creare un oggetto (specificato a riga di
1050 comando), stamparne il numero di identificatore e cancellarlo per un numero
1051 specificato di volte. Al solito non si è riportato il codice della gestione
1052 delle opzioni a riga di comando, che permette di specificare quante volte
1053 effettuare il ciclo \var{n}, e su quale tipo di oggetto eseguirlo.
1055 La figura non riporta il codice di selezione delle opzioni, che permette di
1056 inizializzare i valori delle variabili \var{type} al tipo di oggetto voluto, e
1057 \var{n} al numero di volte che si vuole effettuare il ciclo di creazione,
1058 stampa, cancellazione. I valori di default sono per l'uso delle code di
1059 messaggi e un ciclo di 5 volte. Se si lancia il comando si otterrà qualcosa
1062 piccardi@gont sources]$ ./ipctestid
1064 Identifier Value 32768
1065 Identifier Value 65536
1066 Identifier Value 98304
1067 Identifier Value 131072
1069 il che ci mostra che abbiamo un kernel della serie 2.4.x nel quale non avevamo
1070 ancora usato nessuna coda di messaggi. Se ripetiamo il comando otterremo
1073 [piccardi@gont sources]$ ./ipctestid
1074 Identifier Value 163840
1075 Identifier Value 196608
1076 Identifier Value 229376
1077 Identifier Value 262144
1078 Identifier Value 294912
1080 che ci mostra come il valore di \var{seq} sia in effetti una quantità
1081 mantenuta staticamente all'interno del sistema.
1084 \subsection{Code di messaggi}
1085 \label{sec:ipc_sysv_mq}
1087 Il primo oggetto introdotto dal \textit{SysV IPC} è quello delle code di
1088 messaggi. Le code di messaggi sono oggetti analoghi alle pipe o alle fifo,
1089 anche se la loro struttura è diversa, ed il loro scopo principale è appunto
1090 quello di permettere a processi diversi di scambiarsi dei dati.
1092 La funzione che permette di richiedere al sistema l'identificatore di una coda
1093 di messaggi esistente (o di crearne una se questa non esiste) è
1094 \funcd{msgget}; il suo prototipo è:
1096 \headdecl{sys/types.h}
1097 \headdecl{sys/ipc.h}
1098 \headdecl{sys/msg.h}
1100 \funcdecl{int msgget(key\_t key, int flag)}
1102 Restituisce l'identificatore di una coda di messaggi.
1104 \bodydesc{La funzione restituisce l'identificatore (un intero positivo) o -1
1105 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1107 \item[\errcode{EACCES}] il processo chiamante non ha i privilegi per accedere
1108 alla coda richiesta.
1109 \item[\errcode{EEXIST}] si è richiesta la creazione di una coda che già
1110 esiste, ma erano specificati sia \const{IPC\_CREAT} che \const{IPC\_EXCL}.
1111 \item[\errcode{EIDRM}] la coda richiesta è marcata per essere cancellata.
1112 \item[\errcode{ENOENT}] si è cercato di ottenere l'identificatore di una coda
1113 di messaggi specificando una chiave che non esiste e \const{IPC\_CREAT}
1114 non era specificato.
1115 \item[\errcode{ENOSPC}] si è cercato di creare una coda di messaggi quando è
1116 stato superato il limite massimo di code (\const{MSGMNI}).
1118 ed inoltre \errval{ENOMEM}.
1122 Le funzione (come le analoghe che si usano per gli altri oggetti) serve sia a
1123 ottenere l'identificatore di una coda di messaggi esistente, che a crearne una
1124 nuova. L'argomento \param{key} specifica la chiave che è associata
1125 all'oggetto, eccetto il caso in cui si specifichi il valore
1126 \const{IPC\_PRIVATE}, nel qual caso la coda è creata ex-novo e non vi è
1127 associata alcuna chiave, il processo (ed i suoi eventuali figli) potranno
1128 farvi riferimento solo attraverso l'identificatore.
1130 Se invece si specifica un valore diverso da \const{IPC\_PRIVATE}\footnote{in
1131 Linux questo significa un valore diverso da zero.} l'effetto della funzione
1132 dipende dal valore di \param{flag}, se questo è nullo la funzione si limita ad
1133 effettuare una ricerca sugli oggetti esistenti, restituendo l'identificatore
1134 se trova una corrispondenza, o fallendo con un errore di \errcode{ENOENT} se
1135 non esiste o di \errcode{EACCES} se si sono specificati dei permessi non
1138 Se invece si vuole creare una nuova coda di messaggi \param{flag} non può
1139 essere nullo e deve essere fornito come maschera binaria, impostando il bit
1140 corrispondente al valore \const{IPC\_CREAT}. In questo caso i nove bit meno
1141 significativi di \param{flag} saranno usati come permessi per il nuovo
1142 oggetto, secondo quanto illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}.
1143 Se si imposta anche il bit corrispondente a \const{IPC\_EXCL} la funzione avrà
1144 successo solo se l'oggetto non esiste già, fallendo con un errore di
1145 \errcode{EEXIST} altrimenti.
1147 Si tenga conto che l'uso di \const{IPC\_PRIVATE} non impedisce ad altri
1148 processi di accedere alla coda (se hanno privilegi sufficienti) una volta che
1149 questi possano indovinare o ricavare (ad esempio per tentativi)
1150 l'identificatore ad essa associato. Per come sono implementati gli oggetti di
1151 IPC infatti non esiste una maniera che garantisca l'accesso esclusivo ad una
1152 coda di messaggi. Usare \const{IPC\_PRIVATE} o const{IPC\_CREAT} e
1153 \const{IPC\_EXCL} per \param{flag} comporta solo la creazione di una nuova
1159 \begin{tabular}[c]{|c|r|l|l|}
1161 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{File in \texttt{proc}}
1162 & \textbf{Significato} \\
1165 \const{MSGMNI}& 16& \file{msgmni} & Numero massimo di code di
1167 \const{MSGMAX}& 8192& \file{msgmax} & Dimensione massima di un singolo
1169 \const{MSGMNB}&16384& \file{msgmnb} & Dimensione massima del contenuto di
1173 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti delle code di messaggi.}
1174 \label{tab:ipc_msg_limits}
1177 Le code di messaggi sono caratterizzate da tre limiti fondamentali, definiti
1178 negli header e corrispondenti alle prime tre costanti riportate in
1179 tab.~\ref{tab:ipc_msg_limits}, come accennato però in Linux è possibile
1180 modificare questi limiti attraverso l'uso di \func{sysctl} o scrivendo nei
1181 file \procrelfile{/proc/sys/kernel}{msgmax},
1182 \procrelfile{/proc/sys/kernel}{msgmnb} e
1183 \procrelfile{/proc/sys/kernel}{msgmni} di \file{/proc/sys/kernel/}.
1187 \centering \includegraphics[width=15cm]{img/mqstruct}
1188 \caption{Schema della struttura di una coda messaggi.}
1189 \label{fig:ipc_mq_schema}
1193 Una coda di messaggi è costituita da una \itindex{linked~list} \textit{linked
1194 list};\footnote{una \itindex{linked~list} \textit{linked list} è una tipica
1195 struttura di dati, organizzati in una lista in cui ciascun elemento contiene
1196 un puntatore al successivo. In questo modo la struttura è veloce
1197 nell'estrazione ed immissione dei dati dalle estremità dalla lista (basta
1198 aggiungere un elemento in testa o in coda ed aggiornare un puntatore), e
1199 relativamente veloce da attraversare in ordine sequenziale (seguendo i
1200 puntatori), è invece relativamente lenta nell'accesso casuale e nella
1201 ricerca.} i nuovi messaggi vengono inseriti in coda alla lista e vengono
1202 letti dalla cima, in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} si è riportato lo schema con
1203 cui queste strutture vengono mantenute dal kernel.\footnote{lo schema
1204 illustrato in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} è in realtà una semplificazione
1205 di quello usato effettivamente fino ai kernel della serie 2.2.x, nei kernel
1206 della serie 2.4.x la gestione delle code di messaggi è stata modificata ed è
1207 effettuata in maniera diversa; abbiamo mantenuto lo schema precedente in
1208 quanto illustra comunque in maniera più che adeguata i principi di
1209 funzionamento delle code di messaggi.}
1211 \begin{figure}[!htb]
1212 \footnotesize \centering
1213 \begin{minipage}[c]{15cm}
1214 \includestruct{listati/msqid_ds.h}
1217 \caption{La struttura \structd{msqid\_ds}, associata a ciascuna coda di
1219 \label{fig:ipc_msqid_ds}
1222 A ciascuna coda è associata una struttura \struct{msgid\_ds}, la cui
1223 definizione, è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_msqid_ds}. In questa struttura il
1224 kernel mantiene le principali informazioni riguardo lo stato corrente della
1225 coda.\footnote{come accennato questo vale fino ai kernel della serie 2.2.x,
1226 essa viene usata nei kernel della serie 2.4.x solo per compatibilità in
1227 quanto è quella restituita dalle funzioni dell'interfaccia. Si noti come ci
1228 sia una differenza con i campi mostrati nello schema di
1229 fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} che sono presi dalla definizione di
1230 \file{linux/msg.h}, e fanno riferimento alla definizione della omonima
1231 struttura usata nel kernel.} In fig.~\ref{fig:ipc_msqid_ds} sono elencati i
1232 campi significativi definiti in \file{sys/msg.h}, a cui si sono aggiunti gli
1233 ultimi tre campi che sono previsti dalla implementazione originale di System
1234 V, ma non dallo standard Unix98.
1236 Quando si crea una nuova coda con \func{msgget} questa struttura viene
1237 inizializzata, in particolare il campo \var{msg\_perm} viene inizializzato
1238 come illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}, per quanto riguarda
1239 gli altri campi invece:
1241 \item il campo \var{msg\_qnum}, che esprime il numero di messaggi presenti
1242 sulla coda, viene inizializzato a 0.
1243 \item i campi \var{msg\_lspid} e \var{msg\_lrpid}, che esprimono
1244 rispettivamente il \acr{pid} dell'ultimo processo che ha inviato o ricevuto
1245 un messaggio sulla coda, sono inizializzati a 0.
1246 \item i campi \var{msg\_stime} e \var{msg\_rtime}, che esprimono
1247 rispettivamente il tempo in cui è stato inviato o ricevuto l'ultimo
1248 messaggio sulla coda, sono inizializzati a 0.
1249 \item il campo \var{msg\_ctime}, che esprime il tempo di creazione della coda,
1250 viene inizializzato al tempo corrente.
1251 \item il campo \var{msg\_qbytes} che esprime la dimensione massima del
1252 contenuto della coda (in byte) viene inizializzato al valore preimpostato
1253 del sistema (\const{MSGMNB}).
1254 \item i campi \var{msg\_first} e \var{msg\_last} che esprimono l'indirizzo del
1255 primo e ultimo messaggio sono inizializzati a \val{NULL} e
1256 \var{msg\_cbytes}, che esprime la dimensione in byte dei messaggi presenti è
1257 inizializzato a zero. Questi campi sono ad uso interno dell'implementazione
1258 e non devono essere utilizzati da programmi in user space).
1261 Una volta creata una coda di messaggi le operazioni di controllo vengono
1262 effettuate con la funzione \funcd{msgctl}, che (come le analoghe \func{semctl}
1263 e \func{shmctl}) fa le veci di quello che \func{ioctl} è per i file; il suo
1266 \headdecl{sys/types.h}
1267 \headdecl{sys/ipc.h}
1268 \headdecl{sys/msg.h}
1270 \funcdecl{int msgctl(int msqid, int cmd, struct msqid\_ds *buf)}
1272 Esegue l'operazione specificata da \param{cmd} sulla coda \param{msqid}.
1274 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo o -1 in caso di
1275 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1277 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto \const{IPC\_STAT} ma processo
1278 chiamante non ha i privilegi di lettura sulla coda.
1279 \item[\errcode{EIDRM}] la coda richiesta è stata cancellata.
1280 \item[\errcode{EPERM}] si è richiesto \const{IPC\_SET} o \const{IPC\_RMID} ma
1281 il processo non ha i privilegi, o si è richiesto di aumentare il valore di
1282 \var{msg\_qbytes} oltre il limite \const{MSGMNB} senza essere
1285 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
1289 La funzione permette di accedere ai valori della struttura \struct{msqid\_ds},
1290 mantenuta all'indirizzo \param{buf}, per la coda specificata
1291 dall'identificatore \param{msqid}. Il comportamento della funzione dipende dal
1292 valore dell'argomento \param{cmd}, che specifica il tipo di azione da
1293 eseguire; i valori possibili sono:
1294 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
1295 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge le informazioni riguardo la coda nella
1296 struttura indicata da \param{buf}. Occorre avere il permesso di lettura
1298 \item[\const{IPC\_RMID}] Rimuove la coda, cancellando tutti i dati, con
1299 effetto immediato. Tutti i processi che cercheranno di accedere alla coda
1300 riceveranno un errore di \errcode{EIDRM}, e tutti processi in attesa su
1301 funzioni di lettura o di scrittura sulla coda saranno svegliati ricevendo
1302 il medesimo errore. Questo comando può essere eseguito solo da un processo
1303 con user-ID effettivo corrispondente al creatore o al proprietario della
1304 coda, o all'amministratore.
1305 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
1306 della coda, ed il limite massimo sulle dimensioni del totale dei messaggi in
1307 essa contenuti (\var{msg\_qbytes}). I valori devono essere passati in una
1308 struttura \struct{msqid\_ds} puntata da \param{buf}. Per modificare i valori
1309 di \var{msg\_perm.mode}, \var{msg\_perm.uid} e \var{msg\_perm.gid} occorre
1310 essere il proprietario o il creatore della coda, oppure l'amministratore; lo
1311 stesso vale per \var{msg\_qbytes}, ma l'amministratore ha la facoltà di
1312 incrementarne il valore a limiti superiori a \const{MSGMNB}.
1316 Una volta che si abbia a disposizione l'identificatore, per inviare un
1317 messaggio su una coda si utilizza la funzione \funcd{msgsnd}; il suo prototipo
1320 \headdecl{sys/types.h}
1321 \headdecl{sys/ipc.h}
1322 \headdecl{sys/msg.h}
1324 \funcdecl{int msgsnd(int msqid, struct msgbuf *msgp, size\_t msgsz, int
1327 Invia un messaggio sulla coda \param{msqid}.
1329 \bodydesc{La funzione restituisce 0, e -1 in caso di errore, nel qual caso
1330 \var{errno} assumerà uno dei valori:
1332 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i privilegi di accesso sulla coda.
1333 \item[\errcode{EIDRM}] la coda è stata cancellata.
1334 \item[\errcode{EAGAIN}] il messaggio non può essere inviato perché si è
1335 superato il limite \var{msg\_qbytes} sul numero massimo di byte presenti
1336 sulla coda, e si è richiesto \const{IPC\_NOWAIT} in \param{flag}.
1337 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
1338 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un \param{msgid} invalido, o un
1339 valore non positivo per \param{mtype}, o un valore di \param{msgsz}
1340 maggiore di \const{MSGMAX}.
1342 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{ENOMEM}.
1346 La funzione inserisce il messaggio sulla coda specificata da \param{msqid}; il
1347 messaggio ha lunghezza specificata da \param{msgsz} ed è passato attraverso il
1348 l'argomento \param{msgp}. Quest'ultimo deve venire passato sempre come
1349 puntatore ad una struttura \struct{msgbuf} analoga a quella riportata in
1350 fig.~\ref{fig:ipc_msbuf} che è quella che deve contenere effettivamente il
1351 messaggio. La dimensione massima per il testo di un messaggio non può
1352 comunque superare il limite \const{MSGMAX}.
1354 La struttura di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf} è comunque solo un modello, tanto che
1355 la definizione contenuta in \file{sys/msg.h} usa esplicitamente per il secondo
1356 campo il valore \code{mtext[1]}, che non è di nessuna utilità ai fini pratici.
1357 La sola cosa che conta è che la struttura abbia come primo membro un campo
1358 \var{mtype} come nell'esempio; esso infatti serve ad identificare il tipo di
1359 messaggio e deve essere sempre specificato come intero positivo di tipo
1360 \ctyp{long}. Il campo \var{mtext} invece può essere di qualsiasi tipo e
1361 dimensione, e serve a contenere il testo del messaggio.
1363 In generale pertanto per inviare un messaggio con \func{msgsnd} si usa
1364 ridefinire una struttura simile a quella di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}, adattando
1365 alle proprie esigenze il campo \var{mtype}, (o ridefinendo come si vuole il
1366 corpo del messaggio, anche con più campi o con strutture più complesse) avendo
1367 però la cura di mantenere nel primo campo un valore di tipo \ctyp{long} che ne
1370 Si tenga presente che la lunghezza che deve essere indicata in questo
1371 argomento è solo quella del messaggio, non quella di tutta la struttura, se
1372 cioè \var{message} è una propria struttura che si passa alla funzione,
1373 \param{msgsz} dovrà essere uguale a \code{sizeof(message)-sizeof(long)}, (se
1374 consideriamo il caso dell'esempio in fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}, \param{msgsz}
1375 dovrà essere pari a \const{LENGTH}).
1377 \begin{figure}[!htb]
1378 \footnotesize \centering
1379 \begin{minipage}[c]{15cm}
1380 \includestruct{listati/msgbuf.h}
1383 \caption{Schema della struttura \structd{msgbuf}, da utilizzare come
1384 argomento per inviare/ricevere messaggi.}
1385 \label{fig:ipc_msbuf}
1388 Per capire meglio il funzionamento della funzione riprendiamo in
1389 considerazione la struttura della coda illustrata in
1390 fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema}. Alla chiamata di \func{msgsnd} il nuovo messaggio
1391 sarà aggiunto in fondo alla lista inserendo una nuova struttura \struct{msg},
1392 il puntatore \var{msg\_last} di \struct{msqid\_ds} verrà aggiornato, come pure
1393 il puntatore al messaggio successivo per quello che era il precedente ultimo
1394 messaggio; il valore di \var{mtype} verrà mantenuto in \var{msg\_type} ed il
1395 valore di \param{msgsz} in \var{msg\_ts}; il testo del messaggio sarà copiato
1396 all'indirizzo specificato da \var{msg\_spot}.
1398 Il valore dell'argomento \param{flag} permette di specificare il comportamento
1399 della funzione. Di norma, quando si specifica un valore nullo, la funzione
1400 ritorna immediatamente a meno che si sia ecceduto il valore di
1401 \var{msg\_qbytes}, o il limite di sistema sul numero di messaggi, nel qual
1402 caso si blocca mandando il processo in stato di \textit{sleep}. Se si
1403 specifica per \param{flag} il valore \const{IPC\_NOWAIT} la funzione opera in
1404 modalità non bloccante, ed in questi casi ritorna immediatamente con un errore
1405 di \errcode{EAGAIN}.
1407 Se non si specifica \const{IPC\_NOWAIT} la funzione resterà bloccata fintanto
1408 che non si liberano risorse sufficienti per poter inserire nella coda il
1409 messaggio, nel qual caso ritornerà normalmente. La funzione può ritornare, con
1410 una condizione di errore anche in due altri casi: quando la coda viene rimossa
1411 (nel qual caso si ha un errore di \errcode{EIDRM}) o quando la funzione viene
1412 interrotta da un segnale (nel qual caso si ha un errore di \errcode{EINTR}).
1414 Una volta completato con successo l'invio del messaggio sulla coda, la
1415 funzione aggiorna i dati mantenuti in \struct{msqid\_ds}, in particolare
1418 \item Il valore di \var{msg\_lspid}, che viene impostato al \acr{pid} del
1420 \item Il valore di \var{msg\_qnum}, che viene incrementato di uno.
1421 \item Il valore \var{msg\_stime}, che viene impostato al tempo corrente.
1424 La funzione che viene utilizzata per estrarre un messaggio da una coda è
1425 \funcd{msgrcv}; il suo prototipo è:
1427 \headdecl{sys/types.h}
1428 \headdecl{sys/ipc.h}
1429 \headdecl{sys/msg.h}
1431 \funcdecl{ssize\_t msgrcv(int msqid, struct msgbuf *msgp, size\_t msgsz,
1432 long msgtyp, int msgflg)}
1434 Legge un messaggio dalla coda \param{msqid}.
1436 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di byte letti in caso di
1437 successo, e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno
1440 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i privilegi di accesso sulla coda.
1441 \item[\errcode{EIDRM}] la coda è stata cancellata.
1442 \item[\errcode{E2BIG}] il testo del messaggio è più lungo di \param{msgsz} e
1443 non si è specificato \const{MSG\_NOERROR} in \param{msgflg}.
1444 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale mentre
1445 era in attesa di ricevere un messaggio.
1446 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un \param{msgid} invalido o un
1447 valore di \param{msgsz} negativo.
1449 ed inoltre \errval{EFAULT}.
1453 La funzione legge un messaggio dalla coda specificata, scrivendolo sulla
1454 struttura puntata da \param{msgp}, che dovrà avere un formato analogo a quello
1455 di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}. Una volta estratto, il messaggio sarà rimosso
1456 dalla coda. L'argomento \param{msgsz} indica la lunghezza massima del testo
1457 del messaggio (equivalente al valore del parametro \const{LENGTH} nell'esempio
1458 di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}).
1460 Se il testo del messaggio ha lunghezza inferiore a \param{msgsz} esso viene
1461 rimosso dalla coda; in caso contrario, se \param{msgflg} è impostato a
1462 \const{MSG\_NOERROR}, il messaggio viene troncato e la parte in eccesso viene
1463 perduta, altrimenti il messaggio non viene estratto e la funzione ritorna con
1464 un errore di \errcode{E2BIG}.
1466 L'argomento \param{msgtyp} permette di restringere la ricerca ad un
1467 sottoinsieme dei messaggi presenti sulla coda; la ricerca infatti è fatta con
1468 una scansione della struttura mostrata in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema},
1469 restituendo il primo messaggio incontrato che corrisponde ai criteri
1470 specificati (che quindi, visto come i messaggi vengono sempre inseriti dalla
1471 coda, è quello meno recente); in particolare:
1473 \item se \param{msgtyp} è 0 viene estratto il messaggio in cima alla coda, cioè
1474 quello fra i presenti che è stato inserito per primo.
1475 \item se \param{msgtyp} è positivo viene estratto il primo messaggio il cui
1476 tipo (il valore del campo \var{mtype}) corrisponde al valore di
1478 \item se \param{msgtyp} è negativo viene estratto il primo fra i messaggi con
1479 il valore più basso del tipo, fra tutti quelli il cui tipo ha un valore
1480 inferiore al valore assoluto di \param{msgtyp}.
1483 Il valore di \param{msgflg} permette di controllare il comportamento della
1484 funzione, esso può essere nullo o una maschera binaria composta da uno o più
1485 valori. Oltre al precedente \const{MSG\_NOERROR}, sono possibili altri due
1486 valori: \const{MSG\_EXCEPT}, che permette, quando \param{msgtyp} è positivo,
1487 di leggere il primo messaggio nella coda con tipo diverso da \param{msgtyp}, e
1488 \const{IPC\_NOWAIT} che causa il ritorno immediato della funzione quando non
1489 ci sono messaggi sulla coda.
1491 Il comportamento usuale della funzione infatti, se non ci sono messaggi
1492 disponibili per la lettura, è di bloccare il processo in stato di
1493 \textit{sleep}. Nel caso però si sia specificato \const{IPC\_NOWAIT} la
1494 funzione ritorna immediatamente con un errore \errcode{ENOMSG}. Altrimenti la
1495 funzione ritorna normalmente non appena viene inserito un messaggio del tipo
1496 desiderato, oppure ritorna con errore qualora la coda sia rimossa (con
1497 \var{errno} impostata a \errcode{EIDRM}) o se il processo viene interrotto da
1498 un segnale (con \var{errno} impostata a \errcode{EINTR}).
1500 Una volta completata con successo l'estrazione del messaggio dalla coda, la
1501 funzione aggiorna i dati mantenuti in \struct{msqid\_ds}, in particolare
1504 \item Il valore di \var{msg\_lrpid}, che viene impostato al \acr{pid} del
1506 \item Il valore di \var{msg\_qnum}, che viene decrementato di uno.
1507 \item Il valore \var{msg\_rtime}, che viene impostato al tempo corrente.
1510 Le code di messaggi presentano il solito problema di tutti gli oggetti del
1511 SysV IPC; essendo questi permanenti restano nel sistema occupando risorse
1512 anche quando un processo è terminato, al contrario delle pipe per le quali
1513 tutte le risorse occupate vengono rilasciate quanto l'ultimo processo che le
1514 utilizzava termina. Questo comporta che in caso di errori si può saturare il
1515 sistema, e che devono comunque essere esplicitamente previste delle funzioni
1516 di rimozione in caso di interruzioni o uscite dal programma (come vedremo in
1517 fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server}).
1519 L'altro problema è non facendo uso di file descriptor le tecniche di
1520 \textit{I/O multiplexing} descritte in sez.~\ref{sec:file_multiplexing} non
1521 possono essere utilizzate, e non si ha a disposizione niente di analogo alle
1522 funzioni \func{select} e \func{poll}. Questo rende molto scomodo usare più di
1523 una di queste strutture alla volta; ad esempio non si può scrivere un server
1524 che aspetti un messaggio su più di una coda senza fare ricorso ad una tecnica
1525 di \itindex{polling} \textit{polling} che esegua un ciclo di attesa su
1528 Come esempio dell'uso delle code di messaggi possiamo riscrivere il nostro
1529 server di \textit{fortunes} usando queste al posto delle fifo. In questo caso
1530 useremo una sola coda di messaggi, usando il tipo di messaggio per comunicare
1531 in maniera indipendente con client diversi.
1533 \begin{figure}[!bht]
1534 \footnotesize \centering
1535 \begin{minipage}[c]{15.6cm}
1536 \includecodesample{listati/MQFortuneServer.c}
1539 \caption{Sezione principale del codice del server di \textit{fortunes}
1540 basato sulle \textit{message queue}.}
1541 \label{fig:ipc_mq_fortune_server}
1544 In fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server} si è riportato un estratto delle parti
1545 principali del codice del nuovo server (il codice completo è nel file
1546 \file{MQFortuneServer.c} nei sorgenti allegati). Il programma è basato su un
1547 uso accorto della caratteristica di poter associate un ``tipo'' ai messaggi
1548 per permettere una comunicazione indipendente fra il server ed i vari client,
1549 usando il \acr{pid} di questi ultimi come identificativo. Questo è possibile
1550 in quanto, al contrario di una fifo, la lettura di una coda di messaggi può
1551 non essere sequenziale, proprio grazie alla classificazione dei messaggi sulla
1554 Il programma, oltre alle solite variabili per il nome del file da cui leggere
1555 le \textit{fortunes} e per il vettore di stringhe che contiene le frasi,
1556 definisce due strutture appositamente per la comunicazione; con
1557 \var{msgbuf\_read} (\texttt{\small 8--11}) vengono passate le richieste mentre
1558 con \var{msgbuf\_write} (\texttt{\small 12--15}) vengono restituite le frasi.
1560 La gestione delle opzioni si è al solito omessa, essa si curerà di impostare
1561 in \var{n} il numero di frasi da leggere specificato a linea di comando ed in
1562 \var{fortunefilename} il file da cui leggerle; dopo aver installato
1563 (\texttt{\small 19--21}) i gestori dei segnali per trattare l'uscita dal
1564 server, viene prima controllato (\texttt{\small 22}) il numero di frasi
1565 richieste abbia senso (cioè sia maggiore di zero), le quali poi
1566 (\texttt{\small 23}) vengono lette nel vettore in memoria con la stessa
1567 funzione \code{FortuneParse} usata anche per il server basato sulle fifo.
1569 Una volta inizializzato il vettore di stringhe coi messaggi presi dal file
1570 delle \textit{fortune} si procede (\texttt{\small 25}) con la generazione di
1571 una chiave per identificare la coda di messaggi (si usa il nome del file dei
1572 sorgenti del server) con la quale poi si esegue (\texttt{\small 26}) la
1573 creazione della stessa (si noti come si sia chiamata \func{msgget} con un
1574 valore opportuno per l'argomento \param{flag}), avendo cura di abortire il
1575 programma (\texttt{\small 27--29}) in caso di errore.
1577 Finita la fase di inizializzazione il server prima (\texttt{\small 32}) chiama
1578 la funzione \func{daemon} per andare in background e poi esegue in permanenza
1579 il ciclo principale (\texttt{\small 33--40}). Questo inizia (\texttt{\small
1580 34}) con il porsi in attesa di un messaggio di richiesta da parte di un
1581 client; si noti infatti come \func{msgrcv} richieda un messaggio con
1582 \var{mtype} uguale a 1: questo è il valore usato per le richieste dato che
1583 corrisponde al \acr{pid} di \cmd{init}, che non può essere un client. L'uso
1584 del flag \const{MSG\_NOERROR} è solo per sicurezza, dato che i messaggi di
1585 richiesta sono di dimensione fissa (e contengono solo il \acr{pid} del
1588 Se non sono presenti messaggi di richiesta \func{msgrcv} si bloccherà,
1589 ritornando soltanto in corrispondenza dell'arrivo sulla coda di un messaggio
1590 di richiesta da parte di un client, in tal caso il ciclo prosegue
1591 (\texttt{\small 35}) selezionando una frase a caso, copiandola (\texttt{\small
1592 36}) nella struttura \var{msgbuf\_write} usata per la risposta e
1593 calcolandone (\texttt{\small 37}) la dimensione.
1595 Per poter permettere a ciascun client di ricevere solo la risposta indirizzata
1596 a lui il tipo del messaggio in uscita viene inizializzato (\texttt{\small 38})
1597 al valore del \acr{pid} del client ricevuto nel messaggio di richiesta.
1598 L'ultimo passo del ciclo (\texttt{\small 39}) è inviare sulla coda il
1599 messaggio di risposta. Si tenga conto che se la coda è piena anche questa
1600 funzione potrà bloccarsi fintanto che non venga liberato dello spazio.
1602 Si noti che il programma può terminare solo grazie ad una interruzione da
1603 parte di un segnale; in tal caso verrà eseguito (\texttt{\small 45--48}) il
1604 gestore \code{HandSIGTERM}, che semplicemente si limita a cancellare la coda
1605 (\texttt{\small 46}) ed ad uscire (\texttt{\small 47}).
1607 \begin{figure}[!bht]
1608 \footnotesize \centering
1609 \begin{minipage}[c]{15.6cm}
1610 \includecodesample{listati/MQFortuneClient.c}
1613 \caption{Sezione principale del codice del client di \textit{fortunes}
1614 basato sulle \textit{message queue}.}
1615 \label{fig:ipc_mq_fortune_client}
1618 In fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_client} si è riportato un estratto il codice
1619 del programma client. Al solito il codice completo è con i sorgenti allegati,
1620 nel file \file{MQFortuneClient.c}. Come sempre si sono rimosse le parti
1621 relative alla gestione delle opzioni, ed in questo caso, anche la
1622 dichiarazione delle variabili, che, per la parte relative alle strutture usate
1623 per la comunicazione tramite le code, sono le stesse viste in
1624 fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server}.
1626 Il client in questo caso è molto semplice; la prima parte del programma
1627 (\texttt{\small 4--9}) si occupa di accedere alla coda di messaggi, ed è
1628 identica a quanto visto per il server, solo che in questo caso \func{msgget}
1629 non viene chiamata con il flag di creazione in quanto la coda deve essere
1630 preesistente. In caso di errore (ad esempio se il server non è stato avviato)
1631 il programma termina immediatamente.
1633 Una volta acquisito l'identificatore della coda il client compone il
1634 messaggio di richiesta (\texttt{\small 12--13}) in \var{msg\_read}, usando 1
1635 per il tipo ed inserendo il proprio \acr{pid} come dato da passare al server.
1636 Calcolata (\texttt{\small 14}) la dimensione, provvede (\texttt{\small 15}) ad
1637 immettere la richiesta sulla coda.
1639 A questo punto non resta che (\texttt{\small 16}) rileggere dalla coda la
1640 risposta del server richiedendo a \func{msgrcv} di selezionare i messaggi di
1641 tipo corrispondente al valore del \acr{pid} inviato nella richiesta. L'ultimo
1642 passo (\texttt{\small 17}) prima di uscire è quello di stampare a video il
1645 Proviamo allora il nostro nuovo sistema, al solito occorre definire
1646 \code{LD\_LIBRARY\_PATH} per accedere alla libreria \file{libgapil.so}, dopo di
1647 che, in maniera del tutto analoga a quanto fatto con il programma che usa le
1648 fifo, potremo far partire il server con:
1650 [piccardi@gont sources]$ ./mqfortuned -n10
1652 come nel caso precedente, avendo eseguito il server in background, il comando
1653 ritornerà immediatamente; potremo però verificare con \cmd{ps} che il
1654 programma è effettivamente in esecuzione, e che ha creato una coda di
1657 [piccardi@gont sources]$ ipcs
1659 ------ Shared Memory Segments --------
1660 key shmid owner perms bytes nattch status
1662 ------ Semaphore Arrays --------
1663 key semid owner perms nsems
1665 ------ Message Queues --------
1666 key msqid owner perms used-bytes messages
1667 0x0102dc6a 0 piccardi 666 0 0
1669 a questo punto potremo usare il client per ottenere le nostre frasi:
1671 [piccardi@gont sources]$ ./mqfortune
1672 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
1673 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
1674 [piccardi@gont sources]$ ./mqfortune
1675 Let's call it an accidental feature.
1678 con un risultato del tutto equivalente al precedente. Infine potremo chiudere
1679 il server inviando il segnale di terminazione con il comando \code{killall
1680 mqfortuned} verificando che effettivamente la coda di messaggi viene rimossa.
1682 Benché funzionante questa architettura risente dello stesso inconveniente
1683 visto anche nel caso del precedente server basato sulle fifo; se il client
1684 viene interrotto dopo l'invio del messaggio di richiesta e prima della lettura
1685 della risposta, quest'ultima resta nella coda (così come per le fifo si aveva
1686 il problema delle fifo che restavano nel filesystem). In questo caso però il
1687 problemi sono maggiori, sia perché è molto più facile esaurire la memoria
1688 dedicata ad una coda di messaggi che gli \index{inode} inode di un filesystem,
1689 sia perché, con il riutilizzo dei \acr{pid} da parte dei processi, un client
1690 eseguito in un momento successivo potrebbe ricevere un messaggio non
1695 \subsection{Semafori}
1696 \label{sec:ipc_sysv_sem}
1698 I semafori non sono meccanismi di intercomunicazione diretta come quelli
1699 (pipe, fifo e code di messaggi) visti finora, e non consentono di scambiare
1700 dati fra processi, ma servono piuttosto come meccanismi di sincronizzazione o
1701 di protezione per le \index{sezione~critica} \textsl{sezioni critiche} del
1702 codice (si ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
1704 Un semaforo è uno speciale contatore, mantenuto nel kernel, che permette, a
1705 seconda del suo valore, di consentire o meno la prosecuzione dell'esecuzione
1706 di un programma. In questo modo l'accesso ad una risorsa condivisa da più
1707 processi può essere controllato, associando ad essa un semaforo che consente
1708 di assicurare che non più di un processo alla volta possa usarla.
1710 Il concetto di semaforo è uno dei concetti base nella programmazione ed è
1711 assolutamente generico, così come del tutto generali sono modalità con cui lo
1712 si utilizza. Un processo che deve accedere ad una risorsa eseguirà un
1713 controllo del semaforo: se questo è positivo il suo valore sarà decrementato,
1714 indicando che si è consumato una unità della risorsa, ed il processo potrà
1715 proseguire nell'utilizzo di quest'ultima, provvedendo a rilasciarla, una volta
1716 completate le operazioni volute, reincrementando il semaforo.
1718 Se al momento del controllo il valore del semaforo è nullo, siamo invece in
1719 una situazione in cui la risorsa non è disponibile, ed il processo si
1720 bloccherà in stato di \textit{sleep} fin quando chi la sta utilizzando non la
1721 rilascerà, incrementando il valore del semaforo. Non appena il semaforo torna
1722 positivo, indicando che la risorsa è disponibile, il processo sarà svegliato,
1723 e si potrà operare come nel caso precedente (decremento del semaforo, accesso
1724 alla risorsa, incremento del semaforo).
1726 Per poter implementare questo tipo di logica le operazioni di controllo e
1727 decremento del contatore associato al semaforo devono essere atomiche,
1728 pertanto una realizzazione di un oggetto di questo tipo è necessariamente
1729 demandata al kernel. La forma più semplice di semaforo è quella del
1730 \textsl{semaforo binario}, o \textit{mutex}, in cui un valore diverso da zero
1731 (normalmente 1) indica la libertà di accesso, e un valore nullo l'occupazione
1732 della risorsa. In generale però si possono usare semafori con valori interi,
1733 utilizzando il valore del contatore come indicatore del ``numero di risorse''
1736 Il sistema di comunicazione inter-processo di \textit{SysV IPC} prevede anche i
1737 semafori, ma gli oggetti utilizzati non sono semafori singoli, ma gruppi di
1738 semafori detti \textsl{insiemi} (o \textit{semaphore set}); la funzione che
1739 permette di creare o ottenere l'identificatore di un insieme di semafori è
1740 \funcd{semget}, ed il suo prototipo è:
1742 \headdecl{sys/types.h}
1743 \headdecl{sys/ipc.h}
1744 \headdecl{sys/sem.h}
1746 \funcdecl{int semget(key\_t key, int nsems, int flag)}
1748 Restituisce l'identificatore di un insieme di semafori.
1750 \bodydesc{La funzione restituisce l'identificatore (un intero positivo) o -1
1751 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1753 \item[\errcode{ENOSPC}] si è cercato di creare una insieme di semafori
1754 quando è stato superato o il limite per il numero totale di semafori
1755 (\const{SEMMNS}) o quello per il numero totale degli insiemi
1756 (\const{SEMMNI}) nel sistema.
1757 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{nsems} è minore di zero o
1758 maggiore del limite sul numero di semafori per ciascun insieme
1759 (\const{SEMMSL}), o se l'insieme già esiste, maggiore del numero di
1760 semafori che contiene.
1761 \item[\errcode{ENOMEM}] il sistema non ha abbastanza memoria per poter
1762 contenere le strutture per un nuovo insieme di semafori.
1764 ed inoltre \errval{EACCES}, \errval{ENOENT}, \errval{EEXIST},
1765 \errval{EIDRM}, con lo stesso significato che hanno per \func{msgget}.}
1768 La funzione è del tutto analoga a \func{msgget}, solo che in questo caso
1769 restituisce l'identificatore di un insieme di semafori, in particolare è
1770 identico l'uso degli argomenti \param{key} e \param{flag}, per cui non
1771 ripeteremo quanto detto al proposito in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq}. L'argomento
1772 \param{nsems} permette di specificare quanti semafori deve contenere l'insieme
1773 quando se ne richieda la creazione, e deve essere nullo quando si effettua una
1774 richiesta dell'identificatore di un insieme già esistente.
1776 Purtroppo questa implementazione complica inutilmente lo schema elementare che
1777 abbiamo descritto, dato che non è possibile definire un singolo semaforo, ma
1778 se ne deve creare per forza un insieme. Ma questa in definitiva è solo una
1779 complicazione inutile, il problema è che i semafori del \textit{SysV IPC}
1780 soffrono di altri due, ben più gravi, difetti.
1782 Il primo difetto è che non esiste una funzione che permetta di creare ed
1783 inizializzare un semaforo in un'unica chiamata; occorre prima creare l'insieme
1784 dei semafori con \func{semget} e poi inizializzarlo con \func{semctl}, si
1785 perde così ogni possibilità di eseguire l'operazione atomicamente.
1787 Il secondo difetto deriva dalla caratteristica generale degli oggetti del
1788 \textit{SysV IPC} di essere risorse globali di sistema, che non vengono
1789 cancellate quando nessuno le usa più; ci si così a trova a dover affrontare
1790 esplicitamente il caso in cui un processo termina per un qualche errore,
1791 lasciando un semaforo occupato, che resterà tale fino al successivo riavvio
1792 del sistema. Come vedremo esistono delle modalità per evitare tutto ciò, ma
1793 diventa necessario indicare esplicitamente che si vuole il ripristino del
1794 semaforo all'uscita del processo.
1796 \begin{figure}[!htb]
1797 \footnotesize \centering
1798 \begin{minipage}[c]{15cm}
1799 \includestruct{listati/semid_ds.h}
1802 \caption{La struttura \structd{semid\_ds}, associata a ciascun insieme di
1804 \label{fig:ipc_semid_ds}
1807 A ciascun insieme di semafori è associata una struttura \struct{semid\_ds},
1808 riportata in fig.~\ref{fig:ipc_semid_ds}.\footnote{non si sono riportati i
1809 campi ad uso interno del kernel, che vedremo in
1810 fig.~\ref{fig:ipc_sem_schema}, che dipendono dall'implementazione.} Come nel
1811 caso delle code di messaggi quando si crea un nuovo insieme di semafori con
1812 \func{semget} questa struttura viene inizializzata, in particolare il campo
1813 \var{sem\_perm} viene inizializzato come illustrato in
1814 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control} (si ricordi che in questo caso il
1815 permesso di scrittura è in realtà permesso di alterare il semaforo), per
1816 quanto riguarda gli altri campi invece:
1818 \item il campo \var{sem\_nsems}, che esprime il numero di semafori
1819 nell'insieme, viene inizializzato al valore di \param{nsems}.
1820 \item il campo \var{sem\_ctime}, che esprime il tempo di creazione
1821 dell'insieme, viene inizializzato al tempo corrente.
1822 \item il campo \var{sem\_otime}, che esprime il tempo dell'ultima operazione
1823 effettuata, viene inizializzato a zero.
1826 Ciascun semaforo dell'insieme è realizzato come una struttura di tipo
1827 \struct{sem} che ne contiene i dati essenziali, la sua definizione\footnote{si
1828 è riportata la definizione originaria del kernel 1.0, che contiene la prima
1829 realizzazione del \textit{SysV IPC} in Linux. In realtà questa struttura
1830 ormai è ridotta ai soli due primi membri, e gli altri vengono calcolati
1831 dinamicamente. La si è utilizzata a scopo di esempio, perché indica tutti i
1832 valori associati ad un semaforo, restituiti dalle funzioni di controllo, e
1833 citati dalle pagine di manuale.} è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_sem}.
1834 Questa struttura, non è accessibile in user space, ma i valori in essa
1835 specificati possono essere letti in maniera indiretta, attraverso l'uso delle
1836 funzioni di controllo.
1838 \begin{figure}[!htb]
1839 \footnotesize \centering
1840 \begin{minipage}[c]{15cm}
1841 \includestruct{listati/sem.h}
1844 \caption{La struttura \structd{sem}, che contiene i dati di un singolo
1849 I dati mantenuti nella struttura, ed elencati in fig.~\ref{fig:ipc_sem},
1850 indicano rispettivamente:
1851 \begin{description*}
1852 \item[\var{semval}] il valore numerico del semaforo.
1853 \item[\var{sempid}] il \acr{pid} dell'ultimo processo che ha eseguito una
1854 operazione sul semaforo.
1855 \item[\var{semncnt}] il numero di processi in attesa che esso venga
1857 \item[\var{semzcnt}] il numero di processi in attesa che esso si annulli.
1863 \begin{tabular}[c]{|c|r|p{8cm}|}
1865 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
1868 \const{SEMMNI}& 128 & Numero massimo di insiemi di semafori.\\
1869 \const{SEMMSL}& 250 & Numero massimo di semafori per insieme.\\
1870 \const{SEMMNS}&\const{SEMMNI}*\const{SEMMSL}& Numero massimo di semafori
1872 \const{SEMVMX}& 32767 & Massimo valore per un semaforo.\\
1873 \const{SEMOPM}& 32 & Massimo numero di operazioni per chiamata a
1875 \const{SEMMNU}&\const{SEMMNS}& Massimo numero di strutture di ripristino.\\
1876 \const{SEMUME}&\const{SEMOPM}& Massimo numero di voci di ripristino.\\
1877 \const{SEMAEM}&\const{SEMVMX}& Valore massimo per l'aggiustamento
1881 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti degli insiemi di
1882 semafori, definite in \file{linux/sem.h}.}
1883 \label{tab:ipc_sem_limits}
1886 Come per le code di messaggi anche per gli insiemi di semafori esistono una
1887 serie di limiti, i cui valori sono associati ad altrettante costanti, che si
1888 sono riportate in tab.~\ref{tab:ipc_sem_limits}. Alcuni di questi limiti sono
1889 al solito accessibili e modificabili attraverso \func{sysctl} o scrivendo
1890 direttamente nel file \procfile{/proc/sys/kernel/sem}.
1892 La funzione che permette di effettuare le varie operazioni di controllo sui
1893 semafori (fra le quali, come accennato, è impropriamente compresa anche la
1894 loro inizializzazione) è \funcd{semctl}; il suo prototipo è:
1896 \headdecl{sys/types.h}
1897 \headdecl{sys/ipc.h}
1898 \headdecl{sys/sem.h}
1900 \funcdecl{int semctl(int semid, int semnum, int cmd)}
1901 \funcdecl{int semctl(int semid, int semnum, int cmd, union semun arg)}
1903 Esegue le operazioni di controllo su un semaforo o un insieme di semafori.
1905 \bodydesc{La funzione restituisce in caso di successo un valore positivo
1906 quanto usata con tre argomenti ed un valore nullo quando usata con
1907 quattro. In caso di errore restituisce -1, ed \var{errno} assumerà uno dei
1910 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per eseguire
1911 l'operazione richiesta.
1912 \item[\errcode{EIDRM}] l'insieme di semafori è stato cancellato.
1913 \item[\errcode{EPERM}] si è richiesto \const{IPC\_SET} o \const{IPC\_RMID}
1914 ma il processo non ha privilegi sufficienti ad eseguire l'operazione.
1915 \item[\errcode{ERANGE}] si è richiesto \const{SETALL} \const{SETVAL} ma il
1916 valore a cui si vuole impostare il semaforo è minore di zero o maggiore
1919 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
1923 La funzione può avere tre o quattro argomenti, a seconda dell'operazione
1924 specificata con \param{cmd}, ed opera o sull'intero insieme specificato da
1925 \param{semid} o sul singolo semaforo di un insieme, specificato da
1928 \begin{figure}[!htb]
1929 \footnotesize \centering
1930 \begin{minipage}[c]{15cm}
1931 \includestruct{listati/semun.h}
1934 \caption{La definizione dei possibili valori di una \direct{union}
1935 \structd{semun}, usata come quarto argomento della funzione
1937 \label{fig:ipc_semun}
1940 Qualora la funzione operi con quattro argomenti \param{arg} è un argomento
1941 generico, che conterrà un dato diverso a seconda dell'azione richiesta; per
1942 unificare l'argomento esso deve essere passato come una \struct{semun}, la cui
1943 definizione, con i possibili valori che può assumere, è riportata in
1944 fig.~\ref{fig:ipc_semun}.
1946 Come già accennato sia il comportamento della funzione che il numero di
1947 argomenti con cui deve essere invocata dipendono dal valore dell'argomento
1948 \param{cmd}, che specifica l'azione da intraprendere; i valori validi (che
1949 cioè non causano un errore di \errcode{EINVAL}) per questo argomento sono i
1951 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
1952 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge i dati dell'insieme di semafori, copiando il
1953 contenuto della relativa struttura \struct{semid\_ds} all'indirizzo
1954 specificato con \var{arg.buf}. Occorre avere il permesso di lettura.
1955 L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
1956 \item[\const{IPC\_RMID}] Rimuove l'insieme di semafori e le relative strutture
1957 dati, con effetto immediato. Tutti i processi che erano stato di
1958 \textit{sleep} vengono svegliati, ritornando con un errore di
1959 \errcode{EIDRM}. L'user-ID effettivo del processo deve corrispondere o al
1960 creatore o al proprietario dell'insieme, o all'amministratore. L'argomento
1961 \param{semnum} viene ignorato.
1962 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
1963 dell'insieme. I valori devono essere passati in una struttura
1964 \struct{semid\_ds} puntata da \param{arg.buf} di cui saranno usati soltanto i
1965 campi \var{sem\_perm.uid}, \var{sem\_perm.gid} e i nove bit meno
1966 significativi di \var{sem\_perm.mode}. L'user-ID effettivo del processo deve
1967 corrispondere o al creatore o al proprietario dell'insieme, o
1968 all'amministratore. L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
1969 \item[\const{GETALL}] Restituisce il valore corrente di ciascun semaforo
1970 dell'insieme (corrispondente al campo \var{semval} di \struct{sem}) nel
1971 vettore indicato da \param{arg.array}. Occorre avere il permesso di lettura.
1972 L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
1973 \item[\const{GETNCNT}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
1974 numero di processi in attesa che il semaforo \param{semnum} dell'insieme
1975 \param{semid} venga incrementato (corrispondente al campo \var{semncnt} di
1976 \struct{sem}); va invocata con tre argomenti. Occorre avere il permesso di
1978 \item[\const{GETPID}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
1979 \acr{pid} dell'ultimo processo che ha compiuto una operazione sul semaforo
1980 \param{semnum} dell'insieme \param{semid} (corrispondente al campo
1981 \var{sempid} di \struct{sem}); va invocata con tre argomenti. Occorre avere
1982 il permesso di lettura.
1983 \item[\const{GETVAL}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il il
1984 valore corrente del semaforo \param{semnum} dell'insieme \param{semid}
1985 (corrispondente al campo \var{semval} di \struct{sem}); va invocata con tre
1986 argomenti. Occorre avere il permesso di lettura.
1987 \item[\const{GETZCNT}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
1988 numero di processi in attesa che il valore del semaforo \param{semnum}
1989 dell'insieme \param{semid} diventi nullo (corrispondente al campo
1990 \var{semncnt} di \struct{sem}); va invocata con tre argomenti. Occorre avere
1991 il permesso di lettura.
1992 \item[\const{SETALL}] Inizializza il valore di tutti i semafori dell'insieme,
1993 aggiornando il campo \var{sem\_ctime} di \struct{semid\_ds}. I valori devono
1994 essere passati nel vettore indicato da \param{arg.array}. Si devono avere i
1995 privilegi di scrittura sul semaforo. L'argomento \param{semnum} viene
1997 \item[\const{SETVAL}] Inizializza il semaforo \param{semnum} al valore passato
1998 dall'argomento \param{arg.val}, aggiornando il campo \var{sem\_ctime} di
1999 \struct{semid\_ds}. Si devono avere i privilegi di scrittura sul semaforo.
2002 Quando si imposta il valore di un semaforo (sia che lo si faccia per tutto
2003 l'insieme con \const{SETALL}, che per un solo semaforo con \const{SETVAL}), i
2004 processi in attesa su di esso reagiscono di conseguenza al cambiamento di
2005 valore. Inoltre la coda delle operazioni di ripristino viene cancellata per
2006 tutti i semafori il cui valore viene modificato.
2011 \begin{tabular}[c]{|c|l|}
2013 \textbf{Operazione} & \textbf{Valore restituito} \\
2016 \const{GETNCNT}& Valore di \var{semncnt}.\\
2017 \const{GETPID} & Valore di \var{sempid}.\\
2018 \const{GETVAL} & Valore di \var{semval}.\\
2019 \const{GETZCNT}& Valore di \var{semzcnt}.\\
2022 \caption{Valori di ritorno della funzione \func{semctl}.}
2023 \label{tab:ipc_semctl_returns}
2026 Il valore di ritorno della funzione in caso di successo dipende
2027 dall'operazione richiesta; per tutte le operazioni che richiedono quattro
2028 argomenti esso è sempre nullo, per le altre operazioni, elencate in
2029 tab.~\ref{tab:ipc_semctl_returns} viene invece restituito il valore richiesto,
2030 corrispondente al campo della struttura \struct{sem} indicato nella seconda
2031 colonna della tabella.
2033 Le operazioni ordinarie sui semafori, come l'acquisizione o il rilascio degli
2034 stessi (in sostanza tutte quelle non comprese nell'uso di \func{semctl})
2035 vengono effettuate con la funzione \funcd{semop}, il cui prototipo è:
2037 \headdecl{sys/types.h}
2038 \headdecl{sys/ipc.h}
2039 \headdecl{sys/sem.h}
2041 \funcdecl{int semop(int semid, struct sembuf *sops, unsigned nsops)}
2043 Esegue le operazioni ordinarie su un semaforo o un insieme di semafori.
2045 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2046 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2048 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per eseguire
2049 l'operazione richiesta.
2050 \item[\errcode{EIDRM}] l'insieme di semafori è stato cancellato.
2051 \item[\errcode{ENOMEM}] si è richiesto un \const{SEM\_UNDO} ma il sistema
2052 non ha le risorse per allocare la struttura di ripristino.
2053 \item[\errcode{EAGAIN}] un'operazione comporterebbe il blocco del processo,
2054 ma si è specificato \const{IPC\_NOWAIT} in \var{sem\_flg}.
2055 \item[\errcode{EINTR}] la funzione, bloccata in attesa dell'esecuzione
2056 dell'operazione, viene interrotta da un segnale.
2057 \item[\errcode{E2BIG}] l'argomento \param{nsops} è maggiore del numero
2058 massimo di operazioni \const{SEMOPM}.
2059 \item[\errcode{ERANGE}] per alcune operazioni il valore risultante del
2060 semaforo viene a superare il limite massimo \const{SEMVMX}.
2062 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
2066 La funzione permette di eseguire operazioni multiple sui singoli semafori di
2067 un insieme. La funzione richiede come primo argomento l'identificatore
2068 \param{semid} dell'insieme su cui si vuole operare. Il numero di operazioni da
2069 effettuare viene specificato con l'argomento \param{nsop}, mentre il loro
2070 contenuto viene passato con un puntatore ad un vettore di strutture
2071 \struct{sembuf} nell'argomento \param{sops}. Le operazioni richieste vengono
2072 effettivamente eseguite se e soltanto se è possibile effettuarle tutte quante.
2074 \begin{figure}[!htb]
2075 \footnotesize \centering
2076 \begin{minipage}[c]{15cm}
2077 \includestruct{listati/sembuf.h}
2080 \caption{La struttura \structd{sembuf}, usata per le operazioni sui
2082 \label{fig:ipc_sembuf}
2085 Il contenuto di ciascuna operazione deve essere specificato attraverso una
2086 opportuna struttura \struct{sembuf} (la cui definizione è riportata in
2087 fig.~\ref{fig:ipc_sembuf}) che il programma chiamante deve avere cura di
2088 allocare in un opportuno vettore. La struttura permette di indicare il
2089 semaforo su cui operare, il tipo di operazione, ed un flag di controllo.
2090 Il campo \var{sem\_num} serve per indicare a quale semaforo dell'insieme fa
2091 riferimento l'operazione; si ricordi che i semafori sono numerati come in un
2092 vettore, per cui il primo semaforo corrisponde ad un valore nullo di
2095 Il campo \var{sem\_flg} è un flag, mantenuto come maschera binaria, per il
2096 quale possono essere impostati i due valori \const{IPC\_NOWAIT} e
2097 \const{SEM\_UNDO}. Impostando \const{IPC\_NOWAIT} si fa si che, invece di
2098 bloccarsi (in tutti quei casi in cui l'esecuzione di una operazione richiede
2099 che il processo vada in stato di \textit{sleep}), \func{semop} ritorni
2100 immediatamente con un errore di \errcode{EAGAIN}. Impostando \const{SEM\_UNDO}
2101 si richiede invece che l'operazione venga registrata in modo che il valore del
2102 semaforo possa essere ripristinato all'uscita del processo.
2104 Infine \var{sem\_op} è il campo che controlla l'operazione che viene eseguita
2105 e determina il comportamento della chiamata a \func{semop}; tre sono i casi
2107 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
2108 \item[\var{sem\_op}$>0$] In questo caso il valore di \var{sem\_op} viene
2109 aggiunto al valore corrente di \var{semval}. La funzione ritorna
2110 immediatamente (con un errore di \errcode{ERANGE} qualora si sia superato il
2111 limite \const{SEMVMX}) ed il processo non viene bloccato in nessun caso.
2112 Specificando \const{SEM\_UNDO} si aggiorna il contatore per il ripristino
2113 del valore del semaforo. Al processo chiamante è richiesto il privilegio di
2114 alterazione (scrittura) sull'insieme di semafori.
2116 \item[\var{sem\_op}$=0$] Nel caso \var{semval} sia zero l'esecuzione procede
2117 immediatamente. Se \var{semval} è diverso da zero il comportamento è
2118 controllato da \var{sem\_flg}, se è stato impostato \const{IPC\_NOWAIT} la
2119 funzione ritorna con un errore di \errcode{EAGAIN}, altrimenti viene
2120 incrementato \var{semzcnt} di uno ed il processo resta in stato di
2121 \textit{sleep} fintanto che non si ha una delle condizioni seguenti:
2123 \item \var{semval} diventa zero, nel qual caso \var{semzcnt} viene
2124 decrementato di uno.
2125 \item l'insieme di semafori viene rimosso, nel qual caso \func{semop} ritorna
2126 un errore di \errcode{EIDRM}.
2127 \item il processo chiamante riceve un segnale, nel qual caso \var{semzcnt}
2128 viene decrementato di uno e \func{semop} ritorna un errore di
2131 Al processo chiamante è richiesto il privilegio di lettura dell'insieme dei
2134 \item[\var{sem\_op}$<0$] Nel caso in cui \var{semval} è maggiore o uguale del
2135 valore assoluto di \var{sem\_op} (se cioè la somma dei due valori resta
2136 positiva o nulla) i valori vengono sommati e la funzione ritorna
2137 immediatamente; qualora si sia impostato \const{SEM\_UNDO} viene anche
2138 aggiornato il contatore per il ripristino del valore del semaforo. In caso
2139 contrario (quando cioè la somma darebbe luogo ad un valore di \var{semval}
2140 negativo) se si è impostato \const{IPC\_NOWAIT} la funzione ritorna con un
2141 errore di \errcode{EAGAIN}, altrimenti viene incrementato di uno
2142 \var{semncnt} ed il processo resta in stato di \textit{sleep} fintanto che
2143 non si ha una delle condizioni seguenti:
2145 \item \var{semval} diventa maggiore o uguale del valore assoluto di
2146 \var{sem\_op}, nel qual caso \var{semncnt} viene decrementato di uno, il
2147 valore di \var{sem\_op} viene sommato a \var{semval}, e se era stato
2148 impostato \const{SEM\_UNDO} viene aggiornato il contatore per il
2149 ripristino del valore del semaforo.
2150 \item l'insieme di semafori viene rimosso, nel qual caso \func{semop}
2151 ritorna un errore di \errcode{EIDRM}.
2152 \item il processo chiamante riceve un segnale, nel qual caso \var{semncnt}
2153 viene decrementato di uno e \func{semop} ritorna un errore di
2156 Al processo chiamante è richiesto il privilegio di alterazione (scrittura)
2157 sull'insieme di semafori.
2160 In caso di successo della funzione viene aggiornato il campo \var{sempid} per
2161 ogni semaforo modificato al valore del \acr{pid} del processo chiamante;
2162 inoltre vengono pure aggiornati al tempo corrente i campi \var{sem\_otime} e
2165 Dato che, come già accennato in precedenza, in caso di uscita inaspettata i
2166 semafori possono restare occupati, abbiamo visto come \func{semop} permetta di
2167 attivare un meccanismo di ripristino attraverso l'uso del flag
2168 \const{SEM\_UNDO}. Il meccanismo è implementato tramite una apposita struttura
2169 \struct{sem\_undo}, associata ad ogni processo per ciascun semaforo che esso
2170 ha modificato; all'uscita i semafori modificati vengono ripristinati, e le
2171 strutture disallocate. Per mantenere coerente il comportamento queste
2172 strutture non vengono ereditate attraverso una \func{fork} (altrimenti si
2173 avrebbe un doppio ripristino), mentre passano inalterate nell'esecuzione di
2174 una \func{exec} (altrimenti non si avrebbe ripristino).
2176 Tutto questo però ha un problema di fondo. Per capire di cosa si tratta
2177 occorre fare riferimento all'implementazione usata in Linux, che è riportata
2178 in maniera semplificata nello schema di fig.~\ref{fig:ipc_sem_schema}. Si è
2179 presa come riferimento l'architettura usata fino al kernel 2.2.x che è più
2180 semplice (ed illustrata in dettaglio in \cite{tlk}); nel kernel 2.4.x la
2181 struttura del \textit{SysV IPC} è stata modificata, ma le definizioni relative
2182 a queste strutture restano per compatibilità.\footnote{in particolare con le
2183 vecchie versioni delle librerie del C, come le libc5.}
2186 \centering \includegraphics[width=13cm]{img/semtruct}
2187 \caption{Schema della struttura di un insieme di semafori.}
2188 \label{fig:ipc_sem_schema}
2191 Alla creazione di un nuovo insieme viene allocata una nuova strutture
2192 \struct{semid\_ds} ed il relativo vettore di strutture \struct{sem}. Quando si
2193 richiede una operazione viene anzitutto verificato che tutte le operazioni
2194 possono avere successo; se una di esse comporta il blocco del processo il
2195 kernel crea una struttura \struct{sem\_queue} che viene aggiunta in fondo alla
2196 coda di attesa associata a ciascun insieme di semafori\footnote{che viene
2197 referenziata tramite i campi \var{sem\_pending} e \var{sem\_pending\_last}
2198 di \struct{semid\_ds}.}.
2200 Nella struttura viene memorizzato il riferimento alle operazioni richieste
2201 (nel campo \var{sops}, che è un puntatore ad una struttura \struct{sembuf}) e
2202 al processo corrente (nel campo \var{sleeper}) poi quest'ultimo viene messo
2203 stato di attesa e viene invocato lo \itindex{scheduler} scheduler per passare
2204 all'esecuzione di un altro processo.
2206 Se invece tutte le operazioni possono avere successo queste vengono eseguite
2207 immediatamente, dopo di che il kernel esegue una scansione della coda di
2208 attesa (a partire da \var{sem\_pending}) per verificare se qualcuna delle
2209 operazioni sospese in precedenza può essere eseguita, nel qual caso la
2210 struttura \struct{sem\_queue} viene rimossa e lo stato del processo associato
2211 all'operazione (\var{sleeper}) viene riportato a \textit{running}; il tutto
2212 viene ripetuto fin quando non ci sono più operazioni eseguibili o si è
2213 svuotata la coda. Per gestire il meccanismo del ripristino tutte le volte che
2214 per un'operazione si è specificato il flag \const{SEM\_UNDO} viene mantenuta
2215 per ciascun insieme di semafori una apposita struttura \struct{sem\_undo} che
2216 contiene (nel vettore puntato dal campo \var{semadj}) un valore di
2217 aggiustamento per ogni semaforo cui viene sommato l'opposto del valore usato
2220 Queste strutture sono mantenute in due liste,\footnote{rispettivamente
2221 attraverso i due campi \var{id\_next} e \var{proc\_next}.} una associata
2222 all'insieme di cui fa parte il semaforo, che viene usata per invalidare le
2223 strutture se questo viene cancellato o per azzerarle se si è eseguita una
2224 operazione con \func{semctl}; l'altra associata al processo che ha eseguito
2225 l'operazione;\footnote{attraverso il campo \var{semundo} di
2226 \struct{task\_struct}, come mostrato in \ref{fig:ipc_sem_schema}.} quando un
2227 processo termina, la lista ad esso associata viene scandita e le operazioni
2228 applicate al semaforo. Siccome un processo può accumulare delle richieste di
2229 ripristino per semafori differenti chiamate attraverso diverse chiamate a
2230 \func{semop}, si pone il problema di come eseguire il ripristino dei semafori
2231 all'uscita del processo, ed in particolare se questo può essere fatto
2234 Il punto è cosa succede quando una delle operazioni previste per il ripristino
2235 non può essere eseguita immediatamente perché ad esempio il semaforo è
2236 occupato; in tal caso infatti, se si pone il processo in stato di
2237 \textit{sleep} aspettando la disponibilità del semaforo (come faceva
2238 l'implementazione originaria) si perde l'atomicità dell'operazione. La scelta
2239 fatta dal kernel è pertanto quella di effettuare subito le operazioni che non
2240 prevedono un blocco del processo e di ignorare silenziosamente le altre;
2241 questo però comporta il fatto che il ripristino non è comunque garantito in
2244 Come esempio di uso dell'interfaccia dei semafori vediamo come implementare
2245 con essa dei semplici \textit{mutex} (cioè semafori binari), tutto il codice
2246 in questione, contenuto nel file \file{Mutex.c} allegato ai sorgenti, è
2247 riportato in fig.~\ref{fig:ipc_mutex_create}. Utilizzeremo l'interfaccia per
2248 creare un insieme contenente un singolo semaforo, per il quale poi useremo un
2249 valore unitario per segnalare la disponibilità della risorsa, ed un valore
2250 nullo per segnalarne l'indisponibilità.
2252 \begin{figure}[!bht]
2253 \footnotesize \centering
2254 \begin{minipage}[c]{15cm}
2255 \includecodesample{listati/Mutex.c}
2258 \caption{Il codice delle funzioni che permettono di creare o recuperare
2259 l'identificatore di un semaforo da utilizzare come \textit{mutex}.}
2260 \label{fig:ipc_mutex_create}
2263 La prima funzione (\texttt{\small 2--15}) è \func{MutexCreate} che data una
2264 chiave crea il semaforo usato per il mutex e lo inizializza, restituendone
2265 l'identificatore. Il primo passo (\texttt{\small 6}) è chiamare \func{semget}
2266 con \const{IPC\_CREATE} per creare il semaforo qualora non esista,
2267 assegnandogli i privilegi di lettura e scrittura per tutti. In caso di errore
2268 (\texttt{\small 7--9}) si ritorna subito il risultato di \func{semget},
2269 altrimenti (\texttt{\small 10}) si inizializza il semaforo chiamando
2270 \func{semctl} con il comando \const{SETVAL}, utilizzando l'unione
2271 \struct{semunion} dichiarata ed avvalorata in precedenza (\texttt{\small 4})
2272 ad 1 per significare che risorsa è libera. In caso di errore (\texttt{\small
2273 11--13}) si restituisce il valore di ritorno di \func{semctl}, altrimenti
2274 (\texttt{\small 14}) si ritorna l'identificatore del semaforo.
2276 La seconda funzione (\texttt{\small 17--20}) è \func{MutexFind}, che, data una
2277 chiave, restituisce l'identificatore del semaforo ad essa associato. La
2278 comprensione del suo funzionamento è immediata in quanto essa è soltanto un
2279 \textit{wrapper}\footnote{si chiama così una funzione usata per fare da
2280 \textsl{involucro} alla chiamata di un altra, usata in genere per
2281 semplificare un'interfaccia (come in questo caso) o per utilizzare con la
2282 stessa funzione diversi substrati (librerie, ecc.) che possono fornire le
2283 stesse funzionalità.} di una chiamata a \func{semget} per cercare
2284 l'identificatore associato alla chiave, il valore di ritorno di quest'ultima
2285 viene passato all'indietro al chiamante.
2287 La terza funzione (\texttt{\small 22--25}) è \func{MutexRead} che, dato un
2288 identificatore, restituisce il valore del semaforo associato al mutex. Anche
2289 in questo caso la funzione è un \textit{wrapper} per una chiamata a
2290 \func{semctl} con il comando \const{GETVAL}, che permette di restituire il
2291 valore del semaforo.
2293 La quarta e la quinta funzione (\texttt{\small 36--44}) sono \func{MutexLock},
2294 e \func{MutexUnlock}, che permettono rispettivamente di bloccare e sbloccare
2295 il mutex. Entrambe fanno da wrapper per \func{semop}, utilizzando le due
2296 strutture \var{sem\_lock} e \var{sem\_unlock} definite in precedenza
2297 (\texttt{\small 27--34}). Si noti come per queste ultime si sia fatto uso
2298 dell'opzione \const{SEM\_UNDO} per evitare che il semaforo resti bloccato in
2299 caso di terminazione imprevista del processo.
2301 L'ultima funzione (\texttt{\small 46--49}) della serie, è \func{MutexRemove},
2302 che rimuove il mutex. Anche in questo caso si ha un wrapper per una chiamata a
2303 \func{semctl} con il comando \const{IPC\_RMID}, che permette di cancellare il
2304 semaforo; il valore di ritorno di quest'ultima viene passato all'indietro.
2306 Chiamare \func{MutexLock} decrementa il valore del semaforo: se questo è
2307 libero (ha già valore 1) sarà bloccato (valore nullo), se è bloccato la
2308 chiamata a \func{semop} si bloccherà fintanto che la risorsa non venga
2309 rilasciata. Chiamando \func{MutexUnlock} il valore del semaforo sarà
2310 incrementato di uno, sbloccandolo qualora fosse bloccato.
2312 Si noti che occorre eseguire sempre prima \func{MutexLock} e poi
2313 \func{MutexUnlock}, perché se per un qualche errore si esegue più volte
2314 quest'ultima il valore del semaforo crescerebbe oltre 1, e \func{MutexLock}
2315 non avrebbe più l'effetto aspettato (bloccare la risorsa quando questa è
2316 considerata libera). Infine si tenga presente che usare \func{MutexRead} per
2317 controllare il valore dei mutex prima di proseguire in una operazione di
2318 sblocco non servirebbe comunque, dato che l'operazione non sarebbe atomica.
2319 Vedremo in sez.~\ref{sec:ipc_lock_file} come sia possibile ottenere
2320 un'interfaccia analoga a quella appena illustrata, senza incorrere in questi
2321 problemi, usando il \index{file!locking} \textit{file locking}.
2324 \subsection{Memoria condivisa}
2325 \label{sec:ipc_sysv_shm}
2327 Il terzo oggetto introdotto dal \textit{SysV IPC} è quello dei segmenti di
2328 memoria condivisa. La funzione che permette di ottenerne uno è \funcd{shmget},
2329 ed il suo prototipo è:
2331 \headdecl{sys/types.h}
2332 \headdecl{sys/ipc.h}
2333 \headdecl{sys/shm.h}
2335 \funcdecl{int shmget(key\_t key, int size, int flag)}
2337 Restituisce l'identificatore di una memoria condivisa.
2339 \bodydesc{La funzione restituisce l'identificatore (un intero positivo) o -1
2340 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2342 \item[\errcode{ENOSPC}] si è superato il limite (\const{SHMMNI}) sul numero
2343 di segmenti di memoria nel sistema, o cercato di allocare un segmento le
2344 cui dimensioni fanno superare il limite di sistema (\const{SHMALL}) per
2345 la memoria ad essi riservata.
2346 \item[\errcode{EINVAL}] si è richiesta una dimensione per un nuovo segmento
2347 maggiore di \const{SHMMAX} o minore di \const{SHMMIN}, o se il segmento
2348 già esiste \param{size} è maggiore delle sue dimensioni.
2349 \item[\errcode{ENOMEM}] il sistema non ha abbastanza memoria per poter
2350 contenere le strutture per un nuovo segmento di memoria condivisa.
2352 ed inoltre \errval{EACCES}, \errval{ENOENT}, \errval{EEXIST},
2353 \errval{EIDRM}, con lo stesso significato che hanno per \func{msgget}.}
2356 La funzione, come \func{semget}, è del tutto analoga a \func{msgget}, ed
2357 identico è l'uso degli argomenti \param{key} e \param{flag} per cui non
2358 ripeteremo quanto detto al proposito in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq}. L'argomento
2359 \param{size} specifica invece la dimensione, in byte, del segmento, che viene
2360 comunque arrotondata al multiplo superiore di \const{PAGE\_SIZE}.
2362 La memoria condivisa è la forma più veloce di comunicazione fra due processi,
2363 in quanto permette agli stessi di vedere nel loro spazio di indirizzi una
2364 stessa sezione di memoria. Pertanto non è necessaria nessuna operazione di
2365 copia per trasmettere i dati da un processo all'altro, in quanto ciascuno può
2366 accedervi direttamente con le normali operazioni di lettura e scrittura dei
2369 Ovviamente tutto questo ha un prezzo, ed il problema fondamentale della
2370 memoria condivisa è la sincronizzazione degli accessi. È evidente infatti che
2371 se un processo deve scambiare dei dati con un altro, si deve essere sicuri che
2372 quest'ultimo non acceda al segmento di memoria condivisa prima che il primo
2373 non abbia completato le operazioni di scrittura, inoltre nel corso di una
2374 lettura si deve essere sicuri che i dati restano coerenti e non vengono
2375 sovrascritti da un accesso in scrittura sullo stesso segmento da parte di un
2376 altro processo. Per questo in genere la memoria condivisa viene sempre
2377 utilizzata in abbinamento ad un meccanismo di sincronizzazione, il che, di
2378 norma, significa insieme a dei semafori.
2380 \begin{figure}[!htb]
2381 \footnotesize \centering
2382 \begin{minipage}[c]{15cm}
2383 \includestruct{listati/shmid_ds.h}
2386 \caption{La struttura \structd{shmid\_ds}, associata a ciascun segmento di
2388 \label{fig:ipc_shmid_ds}
2391 A ciascun segmento di memoria condivisa è associata una struttura
2392 \struct{shmid\_ds}, riportata in fig.~\ref{fig:ipc_shmid_ds}. Come nel caso
2393 delle code di messaggi quando si crea un nuovo segmento di memoria condivisa
2394 con \func{shmget} questa struttura viene inizializzata, in particolare il
2395 campo \var{shm\_perm} viene inizializzato come illustrato in
2396 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}, e valgono le considerazioni ivi fatte
2397 relativamente ai permessi di accesso; per quanto riguarda gli altri campi
2400 \item il campo \var{shm\_segsz}, che esprime la dimensione del segmento, viene
2401 inizializzato al valore di \param{size}.
2402 \item il campo \var{shm\_ctime}, che esprime il tempo di creazione del
2403 segmento, viene inizializzato al tempo corrente.
2404 \item i campi \var{shm\_atime} e \var{shm\_dtime}, che esprimono
2405 rispettivamente il tempo dell'ultima volta che il segmento è stato
2406 agganciato o sganciato da un processo, vengono inizializzati a zero.
2407 \item il campo \var{shm\_lpid}, che esprime il \acr{pid} del processo che ha
2408 eseguito l'ultima operazione, viene inizializzato a zero.
2409 \item il campo \var{shm\_cpid}, che esprime il \acr{pid} del processo che ha
2410 creato il segmento, viene inizializzato al \acr{pid} del processo chiamante.
2411 \item il campo \var{shm\_nattac}, che esprime il numero di processi agganciati
2412 al segmento viene inizializzato a zero.
2415 Come per le code di messaggi e gli insiemi di semafori, anche per i segmenti
2416 di memoria condivisa esistono una serie di limiti imposti dal sistema. Alcuni
2417 di questi limiti sono al solito accessibili e modificabili attraverso
2418 \func{sysctl} o scrivendo direttamente nei rispettivi file di
2419 \file{/proc/sys/kernel/}.
2421 In tab.~\ref{tab:ipc_shm_limits} si sono riportate le
2422 costanti simboliche associate a ciascuno di essi, il loro significato, i
2423 valori preimpostati, e, quando presente, il file in \file{/proc/sys/kernel/}
2424 che permettono di cambiarne il valore.
2430 \begin{tabular}[c]{|c|r|c|p{7cm}|}
2432 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{File in \texttt{proc}}
2433 & \textbf{Significato} \\
2436 \const{SHMALL}& 0x200000&\procrelfile{/proc/sys/kernel}{shmall}
2437 & Numero massimo di pagine che
2438 possono essere usate per i segmenti di
2439 memoria condivisa.\\
2440 \const{SHMMAX}&0x2000000&\procrelfile{/proc/sys/kernel}{shmmax}
2441 & Dimensione massima di un segmento di memoria
2443 \const{SHMMNI}& 4096&\procrelfile{/proc/sys/kernel}{msgmni}
2444 & Numero massimo di segmenti di memoria condivisa
2445 presenti nel kernel.\\
2446 \const{SHMMIN}& 1& --- & Dimensione minima di un segmento di
2447 memoria condivisa.\\
2448 \const{SHMLBA}&\const{PAGE\_SIZE}&--- & Limite inferiore per le dimensioni
2449 minime di un segmento (deve essere
2450 allineato alle dimensioni di una
2451 pagina di memoria).\\
2452 \const{SHMSEG}& --- & --- & Numero massimo di segmenti di
2453 memoria condivisa per ciascun
2459 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti dei segmenti di memoria
2460 condivisa, insieme al relativo file in \file{/proc/sys/kernel/} ed al
2461 valore preimpostato presente nel sistema.}
2462 \label{tab:ipc_shm_limits}
2465 Al solito la funzione che permette di effettuare le operazioni di controllo su
2466 un segmento di memoria condivisa è \funcd{shmctl}; il suo prototipo è:
2468 \headdecl{sys/ipc.h}
2469 \headdecl{sys/shm.h}
2471 \funcdecl{int shmctl(int shmid, int cmd, struct shmid\_ds *buf)}
2473 Esegue le operazioni di controllo su un segmento di memoria condivisa.
2475 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2476 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2478 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto \const{IPC\_STAT} ma i permessi non
2479 consentono l'accesso in lettura al segmento.
2480 \item[\errcode{EINVAL}] o \param{shmid} non è un identificatore valido o
2481 \param{cmd} non è un comando valido.
2482 \item[\errcode{EIDRM}] l'argomento \param{shmid} fa riferimento ad un
2483 segmento che è stato cancellato.
2484 \item[\errcode{EPERM}] si è specificato un comando con \const{IPC\_SET} o
2485 \const{IPC\_RMID} senza i permessi necessari.
2486 \item[\errcode{EOVERFLOW}] si è tentato il comando \const{IPC\_STAT} ma il
2487 valore del group-ID o dell'user-ID è troppo grande per essere
2488 memorizzato nella struttura puntata da \param{buf}.
2489 \item[\errcode{EFAULT}] l'indirizzo specificato con \param{buf} non è
2495 Il comando specificato attraverso l'argomento \param{cmd} determina i diversi
2496 effetti della funzione; i possibili valori che esso può assumere, ed il
2497 corrispondente comportamento della funzione, sono i seguenti:
2499 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2500 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge le informazioni riguardo il segmento di memoria
2501 condivisa nella struttura \struct{shmid\_ds} puntata da \param{buf}. Occorre
2502 che il processo chiamante abbia il permesso di lettura sulla segmento.
2503 \item[\const{IPC\_RMID}] Marca il segmento di memoria condivisa per la
2504 rimozione, questo verrà cancellato effettivamente solo quando l'ultimo
2505 processo ad esso agganciato si sarà staccato. Questo comando può essere
2506 eseguito solo da un processo con user-ID effettivo corrispondente o al
2507 creatore del segmento, o al proprietario del segmento, o all'amministratore.
2508 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
2509 del segmento. Per modificare i valori di \var{shm\_perm.mode},
2510 \var{shm\_perm.uid} e \var{shm\_perm.gid} occorre essere il proprietario o
2511 il creatore del segmento, oppure l'amministratore. Compiuta l'operazione
2512 aggiorna anche il valore del campo \var{shm\_ctime}.
2513 \item[\const{SHM\_LOCK}] Abilita il \itindex{memory~locking} \textit{memory
2514 locking}\footnote{impedisce cioè che la memoria usata per il segmento
2515 venga salvata su disco dal meccanismo della \index{memoria~virtuale}
2516 memoria virtuale; si ricordi quanto trattato in
2517 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}.} sul segmento di memoria condivisa. Solo
2518 l'amministratore può utilizzare questo comando.
2519 \item[\const{SHM\_UNLOCK}] Disabilita il \itindex{memory~locking}
2520 \textit{memory locking} sul segmento di memoria condivisa. Solo
2521 l'amministratore può utilizzare questo comando.
2523 i primi tre comandi sono gli stessi già visti anche per le code di messaggi e
2524 gli insiemi di semafori, gli ultimi due sono delle estensioni specifiche
2525 previste da Linux, che permettono di abilitare e disabilitare il meccanismo
2526 della \index{memoria~virtuale} memoria virtuale per il segmento.
2528 L'argomento \param{buf} viene utilizzato solo con i comandi \const{IPC\_STAT}
2529 e \const{IPC\_SET} nel qual caso esso dovrà puntare ad una struttura
2530 \struct{shmid\_ds} precedentemente allocata, in cui nel primo caso saranno
2531 scritti i dati del segmento di memoria restituiti dalla funzione e da cui, nel
2532 secondo caso, verranno letti i dati da impostare sul segmento.
2534 Una volta che lo si è creato, per utilizzare un segmento di memoria condivisa
2535 l'interfaccia prevede due funzioni, \funcd{shmat} e \func{shmdt}. La prima di
2536 queste serve ad agganciare un segmento al processo chiamante, in modo che
2537 quest'ultimo possa inserirlo nel suo spazio di indirizzi per potervi accedere;
2540 \headdecl{sys/types.h}
2541 \headdecl{sys/shm.h}
2543 \funcdecl{void *shmat(int shmid, const void *shmaddr, int shmflg)}
2544 Aggancia al processo un segmento di memoria condivisa.
2546 \bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo del segmento in caso di
2547 successo, e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i
2550 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per accedere al
2551 segmento nella modalità richiesta.
2552 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un identificatore invalido per
2553 \param{shmid}, o un indirizzo non allineato sul confine di una pagina
2554 per \param{shmaddr}.
2556 ed inoltre \errval{ENOMEM}.}
2559 La funzione inserisce un segmento di memoria condivisa all'interno dello
2560 spazio di indirizzi del processo, in modo che questo possa accedervi
2561 direttamente, la situazione dopo l'esecuzione di \func{shmat} è illustrata in
2562 fig.~\ref{fig:ipc_shmem_layout} (per la comprensione del resto dello schema si
2563 ricordi quanto illustrato al proposito in sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}). In
2564 particolare l'indirizzo finale del segmento dati (quello impostato da
2565 \func{brk}, vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_alloc}) non viene influenzato.
2566 Si tenga presente infine che la funzione ha successo anche se il segmento è
2567 stato marcato per la cancellazione.
2571 \includegraphics[height=10cm]{img/sh_memory_layout}
2572 \caption{Disposizione dei segmenti di memoria di un processo quando si è
2573 agganciato un segmento di memoria condivisa.}
2574 \label{fig:ipc_shmem_layout}
2577 L'argomento \param{shmaddr} specifica a quale indirizzo\footnote{lo standard
2578 SVID prevede che l'argomento \param{shmaddr} sia di tipo \ctyp{char *}, così
2579 come il valore di ritorno della funzione; in Linux è stato così con le
2580 \acr{libc4} e le \acr{libc5}, con il passaggio alle \acr{glibc} il tipo di
2581 \param{shmaddr} è divenuto un \ctyp{const void *} e quello del valore di
2582 ritorno un \ctyp{void *}.} deve essere associato il segmento, se il valore
2583 specificato è \val{NULL} è il sistema a scegliere opportunamente un'area di
2584 memoria libera (questo è il modo più portabile e sicuro di usare la funzione).
2585 Altrimenti il kernel aggancia il segmento all'indirizzo specificato da
2586 \param{shmaddr}; questo però può avvenire solo se l'indirizzo coincide con il
2587 limite di una pagina, cioè se è un multiplo esatto del parametro di sistema
2588 \const{SHMLBA}, che in Linux è sempre uguale \const{PAGE\_SIZE}.
2590 Si tenga presente però che quando si usa \val{NULL} come valore di
2591 \param{shmaddr}, l'indirizzo restituito da \func{shmat} può cambiare da
2592 processo a processo; pertanto se nell'area di memoria condivisa si salvano
2593 anche degli indirizzi, si deve avere cura di usare valori relativi (in genere
2594 riferiti all'indirizzo di partenza del segmento).
2596 L'argomento \param{shmflg} permette di cambiare il comportamento della
2597 funzione; esso va specificato come maschera binaria, i bit utilizzati sono
2598 solo due e sono identificati dalle costanti \const{SHM\_RND} e
2599 \const{SHM\_RDONLY}, che vanno combinate con un OR aritmetico. Specificando
2600 \const{SHM\_RND} si evita che \func{shmat} ritorni un errore quando
2601 \param{shmaddr} non è allineato ai confini di una pagina. Si può quindi usare
2602 un valore qualunque per \param{shmaddr}, e il segmento verrà comunque
2603 agganciato, ma al più vicino multiplo di \const{SHMLBA} (il nome della
2604 costante sta infatti per \textit{rounded}, e serve per specificare un
2605 indirizzo come arrotondamento, in Linux è equivalente a \const{PAGE\_SIZE}).
2607 L'uso di \const{SHM\_RDONLY} permette di agganciare il segmento in sola
2608 lettura (si ricordi che anche le pagine di memoria hanno dei permessi), in tal
2609 caso un tentativo di scrivere sul segmento comporterà una
2610 \itindex{segment~violation} violazione di accesso con l'emissione di un
2611 segnale di \const{SIGSEGV}. Il comportamento usuale di \func{shmat} è quello
2612 di agganciare il segmento con l'accesso in lettura e scrittura (ed il processo
2613 deve aver questi permessi in \var{shm\_perm}), non è prevista la possibilità
2614 di agganciare un segmento in sola scrittura.
2616 In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di
2619 \item il tempo \var{shm\_atime} dell'ultima operazione di aggancio viene
2620 impostato al tempo corrente.
2621 \item il \acr{pid} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
2622 segmento viene impostato a quello del processo corrente.
2623 \item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
2627 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_fork} un segmento di memoria condivisa
2628 agganciato ad un processo viene ereditato da un figlio attraverso una
2629 \func{fork}, dato che quest'ultimo riceve una copia dello spazio degli
2630 indirizzi del padre. Invece, dato che attraverso una \func{exec} viene
2631 eseguito un diverso programma con uno spazio di indirizzi completamente
2632 diverso, tutti i segmenti agganciati al processo originario vengono
2633 automaticamente sganciati. Lo stesso avviene all'uscita del processo
2634 attraverso una \func{exit}.
2636 Una volta che un segmento di memoria condivisa non serve più, si può
2637 sganciarlo esplicitamente dal processo usando l'altra funzione
2638 dell'interfaccia, \funcd{shmdt}, il cui prototipo è:
2640 \headdecl{sys/types.h}
2641 \headdecl{sys/shm.h}
2643 \funcdecl{int shmdt(const void *shmaddr)}
2644 Sgancia dal processo un segmento di memoria condivisa.
2646 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo, e -1 in caso di
2647 errore, la funzione fallisce solo quando non c'è un segmento agganciato
2648 all'indirizzo \param{shmaddr}, con \var{errno} che assume il valore
2652 La funzione sgancia dallo spazio degli indirizzi del processo un segmento di
2653 memoria condivisa; questo viene identificato con l'indirizzo \param{shmaddr}
2654 restituito dalla precedente chiamata a \func{shmat} con il quale era stato
2655 agganciato al processo.
2657 In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di
2660 \item il tempo \var{shm\_dtime} dell'ultima operazione di sganciamento viene
2661 impostato al tempo corrente.
2662 \item il \acr{pid} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
2663 segmento viene impostato a quello del processo corrente.
2664 \item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
2665 decrementato di uno.
2667 inoltre la regione di indirizzi usata per il segmento di memoria condivisa
2668 viene tolta dallo spazio di indirizzi del processo.
2670 \begin{figure}[!bht]
2671 \footnotesize \centering
2672 \begin{minipage}[c]{15.6cm}
2673 \includecodesample{listati/SharedMem.c}
2676 \caption{Il codice delle funzioni che permettono di creare, trovare e
2677 rimuovere un segmento di memoria condivisa.}
2678 \label{fig:ipc_sysv_shm_func}
2681 Come esempio di uso di queste funzioni vediamo come implementare una serie di
2682 funzioni di libreria che ne semplifichino l'uso, automatizzando le operazioni
2683 più comuni; il codice, contenuto nel file \file{SharedMem.c}, è riportato in
2684 fig.~\ref{fig:ipc_sysv_shm_func}.
2686 La prima funzione (\texttt{\small 3--16}) è \func{ShmCreate} che, data una
2687 chiave, crea il segmento di memoria condivisa restituendo il puntatore allo
2688 stesso. La funzione comincia (\texttt{\small 6}) con il chiamare
2689 \func{shmget}, usando il flag \const{IPC\_CREATE} per creare il segmento
2690 qualora non esista, ed assegnandogli i privilegi specificati dall'argomento
2691 \var{perm} e la dimensione specificata dall'argomento \var{shm\_size}. In
2692 caso di errore (\texttt{\small 7--9}) si ritorna immediatamente un puntatore
2693 nullo, altrimenti (\texttt{\small 10}) si prosegue agganciando il segmento di
2694 memoria condivisa al processo con \func{shmat}. In caso di errore
2695 (\texttt{\small 11--13}) si restituisce di nuovo un puntatore nullo, infine
2696 (\texttt{\small 14}) si inizializza con \func{memset} il contenuto del
2697 segmento al valore costante specificato dall'argomento \var{fill}, e poi si
2698 ritorna il puntatore al segmento stesso.
2700 La seconda funzione (\texttt{\small 17--31}) è \func{ShmFind}, che, data una
2701 chiave, restituisce l'indirizzo del segmento ad essa associato. Anzitutto
2702 (\texttt{\small 22}) si richiede l'identificatore del segmento con
2703 \func{shmget}, ritornando (\texttt{\small 23--25}) un puntatore nullo in caso
2704 di errore. Poi si prosegue (\texttt{\small 26}) agganciando il segmento al
2705 processo con \func{shmat}, restituendo (\texttt{\small 27--29}) di nuovo un
2706 puntatore nullo in caso di errore, se invece non ci sono errori si restituisce
2707 il puntatore ottenuto da \func{shmat}.
2709 La terza funzione (\texttt{\small 32--51}) è \func{ShmRemove} che, data la
2710 chiave ed il puntatore associati al segmento di memoria condivisa, prima lo
2711 sgancia dal processo e poi lo rimuove. Il primo passo (\texttt{\small 37}) è
2712 la chiamata a \func{shmdt} per sganciare il segmento, restituendo
2713 (\texttt{\small 38--39}) un valore -1 in caso di errore. Il passo successivo
2714 (\texttt{\small 41}) è utilizzare \func{shmget} per ottenere l'identificatore
2715 associato al segmento data la chiave \var{key}. Al solito si restituisce un
2716 valore di -1 (\texttt{\small 42--45}) in caso di errore, mentre se tutto va
2717 bene si conclude restituendo un valore nullo.
2719 Benché la memoria condivisa costituisca il meccanismo di intercomunicazione
2720 fra processi più veloce, essa non è sempre il più appropriato, dato che, come
2721 abbiamo visto, si avrà comunque la necessità di una sincronizzazione degli
2722 accessi. Per questo motivo, quando la comunicazione fra processi è
2723 sequenziale, altri meccanismi come le pipe, le fifo o i socket, che non
2724 necessitano di sincronizzazione esplicita, sono da preferire. Essa diventa
2725 l'unico meccanismo possibile quando la comunicazione non è
2726 sequenziale\footnote{come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq} per la
2727 comunicazione non sequenziale si possono usare le code di messaggi,
2728 attraverso l'uso del campo \var{mtype}, ma solo se quest'ultima può essere
2729 effettuata in forma di messaggio.} o quando non può avvenire secondo una
2730 modalità predefinita.
2732 Un esempio classico di uso della memoria condivisa è quello del
2733 ``\textit{monitor}'', in cui viene per scambiare informazioni fra un processo
2734 server, che vi scrive dei dati di interesse generale che ha ottenuto, e i
2735 processi client interessati agli stessi dati che così possono leggerli in
2736 maniera completamente asincrona. Con questo schema di funzionamento da una
2737 parte si evita che ciascun processo client debba compiere l'operazione,
2738 potenzialmente onerosa, di ricavare e trattare i dati, e dall'altra si evita
2739 al processo server di dover gestire l'invio a tutti i client di tutti i dati
2740 (non potendo il server sapere quali di essi servono effettivamente al singolo
2743 Nel nostro caso implementeremo un ``\textsl{monitor}'' di una directory: un
2744 processo si incaricherà di tenere sotto controllo alcuni parametri relativi ad
2745 una directory (il numero dei file contenuti, la dimensione totale, quante
2746 directory, link simbolici, file normali, ecc.) che saranno salvati in un
2747 segmento di memoria condivisa cui altri processi potranno accedere per
2748 ricavare la parte di informazione che interessa.
2750 In fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_main} si è riportata la sezione principale del
2751 corpo del programma server, insieme alle definizioni delle altre funzioni
2752 usate nel programma e delle variabili globali, omettendo tutto quello che
2753 riguarda la gestione delle opzioni e la stampa delle istruzioni di uso a
2754 video; al solito il codice completo si trova con i sorgenti allegati nel file
2755 \file{DirMonitor.c}.
2757 \begin{figure}[!htb]
2758 \footnotesize \centering
2759 \begin{minipage}[c]{15.6cm}
2760 \includecodesample{listati/DirMonitor.c}
2763 \caption{Codice della funzione principale del programma \file{DirMonitor.c}.}
2764 \label{fig:ipc_dirmonitor_main}
2767 Il programma usa delle variabili globali (\texttt{\small 2--14}) per mantenere
2768 i valori relativi agli oggetti usati per la comunicazione inter-processo; si è
2769 definita inoltre una apposita struttura \struct{DirProp} che contiene i dati
2770 relativi alle proprietà che si vogliono mantenere nella memoria condivisa, per
2771 l'accesso da parte dei client.
2773 Il programma, dopo la sezione, omessa, relativa alla gestione delle opzioni da
2774 riga di comando (che si limitano alla eventuale stampa di un messaggio di
2775 aiuto a video ed all'impostazione della durata dell'intervallo con cui viene
2776 ripetuto il calcolo delle proprietà della directory) controlla (\texttt{\small
2777 20--23}) che sia stato specificato l'argomento necessario contenente il nome
2778 della directory da tenere sotto controllo, senza il quale esce immediatamente
2779 con un messaggio di errore.
2781 Poi, per verificare che l'argomento specifichi effettivamente una directory,
2782 si esegue (\texttt{\small 24--26}) su di esso una \func{chdir}, uscendo
2783 immediatamente in caso di errore. Questa funzione serve anche per impostare
2784 la directory di lavoro del programma nella directory da tenere sotto
2785 controllo, in vista del successivo uso della funzione
2786 \func{daemon}.\footnote{si noti come si è potuta fare questa scelta,
2787 nonostante le indicazioni illustrate in sez.~\ref{sec:sess_daemon}, per il
2788 particolare scopo del programma, che necessita comunque di restare
2789 all'interno di una directory.} Infine (\texttt{\small 27--29}) si installano
2790 i gestori per i vari segnali di terminazione che, avendo a che fare con un
2791 programma che deve essere eseguito come server, sono il solo strumento
2792 disponibile per concluderne l'esecuzione.
2794 Il passo successivo (\texttt{\small 30--39}) è quello di creare gli oggetti di
2795 intercomunicazione necessari. Si inizia costruendo (\texttt{\small 30}) la
2796 chiave da usare come riferimento con il nome del programma,\footnote{si è
2797 usato un riferimento relativo alla home dell'utente, supposto che i sorgenti
2798 di GaPiL siano stati installati direttamente in essa. Qualora si effettui
2799 una installazione diversa si dovrà correggere il programma.} dopo di che si
2800 richiede (\texttt{\small 31}) la creazione di un segmento di memoria condivisa
2801 con usando la funzione \func{ShmCreate} illustrata in precedenza (una pagina
2802 di memoria è sufficiente per i dati che useremo), uscendo (\texttt{\small
2803 32--35}) qualora la creazione ed il successivo agganciamento al processo non
2804 abbia successo. Con l'indirizzo \var{shmptr} così ottenuto potremo poi
2805 accedere alla memoria condivisa, che, per come abbiamo lo abbiamo definito,
2806 sarà vista nella forma data da \struct{DirProp}. Infine (\texttt{\small
2807 36--39}) utilizzando sempre la stessa chiave, si crea, tramite le funzioni
2808 di interfaccia già descritte in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}, anche un mutex,
2809 che utilizzeremo per regolare l'accesso alla memoria condivisa.
2811 \begin{figure}[!htb]
2812 \footnotesize \centering
2813 \begin{minipage}[c]{15.6cm}
2814 \includecodesample{listati/ComputeValues.c}
2817 \caption{Codice delle funzioni ausiliarie usate da \file{DirMonitor.c}.}
2818 \label{fig:ipc_dirmonitor_sub}
2821 Completata l'inizializzazione e la creazione degli oggetti di
2822 intercomunicazione il programma entra nel ciclo principale (\texttt{\small
2823 40--49}) dove vengono eseguite indefinitamente le attività di monitoraggio.
2824 Il primo passo (\texttt{\small 41}) è eseguire \func{daemon} per proseguire
2825 con l'esecuzione in background come si conviene ad un programma demone; si
2826 noti che si è mantenuta, usando un valore non nullo del primo argomento, la
2827 directory di lavoro corrente. Una volta che il programma è andato in
2828 background l'esecuzione prosegue (\texttt{\small 42--48}) all'interno di un
2829 ciclo infinito: si inizia (\texttt{\small 43}) bloccando il mutex con
2830 \func{MutexLock} per poter accedere alla memoria condivisa (la funzione si
2831 bloccherà automaticamente se qualche client sta leggendo), poi (\texttt{\small
2832 44}) si cancellano i valori precedentemente immagazzinati nella memoria
2833 condivisa con \func{memset}, e si esegue (\texttt{\small 45}) un nuovo calcolo
2834 degli stessi utilizzando la funzione \func{DirScan}; infine (\texttt{\small
2835 46}) si sblocca il mutex con \func{MutexUnlock}, e si attende
2836 (\texttt{\small 47}) per il periodo di tempo specificato a riga di comando con
2837 l'opzione \code{-p} con una \func{sleep}.
2839 Si noti come per il calcolo dei valori da mantenere nella memoria condivisa si
2840 sia usata ancora una volta la funzione \func{DirScan}, già utilizzata (e
2841 descritta in dettaglio) in sez.~\ref{sec:file_dir_read}, che ci permette di
2842 effettuare la scansione delle voci della directory, chiamando per ciascuna di
2843 esse la funzione \func{ComputeValues}, che esegue tutti i calcoli necessari.
2845 Il codice di quest'ultima è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_sub}.
2846 Come si vede la funzione (\texttt{\small 2--16}) è molto semplice e si limita
2847 a chiamare (\texttt{\small 5}) la funzione \func{stat} sul file indicato da
2848 ciascuna voce, per ottenerne i dati, che poi utilizza per incrementare i vari
2849 contatori nella memoria condivisa, cui accede grazie alla variabile globale
2852 Dato che la funzione è chiamata da \func{DirScan}, si è all'interno del ciclo
2853 principale del programma, con un mutex acquisito, perciò non è necessario
2854 effettuare nessun controllo e si può accedere direttamente alla memoria
2855 condivisa usando \var{shmptr} per riempire i campi della struttura
2856 \struct{DirProp}; così prima (\texttt{\small 6--7}) si sommano le dimensioni
2857 dei file ed il loro numero, poi, utilizzando le macro di
2858 tab.~\ref{tab:file_type_macro}, si contano (\texttt{\small 8--14}) quanti ce
2859 ne sono per ciascun tipo.
2861 In fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_sub} è riportato anche il codice
2862 (\texttt{\small 17--23}) del gestore dei segnali di terminazione, usato per
2863 chiudere il programma. Esso, oltre a provocare l'uscita del programma, si
2864 incarica anche di cancellare tutti gli oggetti di intercomunicazione non più
2865 necessari. Per questo anzitutto (\texttt{\small 19}) acquisisce il mutex con
2866 \func{MutexLock}, per evitare di operare mentre un client sta ancora leggendo
2867 i dati, dopo di che (\texttt{\small 20}) distacca e rimuove il segmento di
2868 memoria condivisa usando \func{ShmRemove}. Infine (\texttt{\small 21})
2869 rimuove il mutex con \func{MutexRemove} ed esce (\texttt{\small 22}).
2871 \begin{figure}[!htb]
2872 \footnotesize \centering
2873 \begin{minipage}[c]{15.6 cm}
2874 \includecodesample{listati/ReadMonitor.c}
2877 \caption{Codice del programma client del monitor delle proprietà di una
2878 directory, \file{ReadMonitor.c}.}
2879 \label{fig:ipc_dirmonitor_client}
2882 Il codice del client usato per leggere le informazioni mantenute nella memoria
2883 condivisa è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_client}. Al solito si è
2884 omessa la sezione di gestione delle opzioni e la funzione che stampa a video
2885 le istruzioni; il codice completo è nei sorgenti allegati, nel file
2886 \file{ReadMonitor.c}.
2888 Una volta conclusa la gestione delle opzioni a riga di comando il programma
2889 rigenera (\texttt{\small 7}) con \func{ftok} la stessa chiave usata dal server
2890 per identificare il segmento di memoria condivisa ed il mutex, poi
2891 (\texttt{\small 8}) richiede con \func{ShmFind} l'indirizzo della memoria
2892 condivisa agganciando al contempo il segmento al processo, Infine
2893 (\texttt{\small 17--20}) con \func{MutexFind} si richiede l'identificatore del
2894 mutex. Completata l'inizializzazione ed ottenuti i riferimenti agli oggetti
2895 di intercomunicazione necessari viene eseguito il corpo principale del
2896 programma (\texttt{\small 21--33}); si comincia (\texttt{\small 22})
2897 acquisendo il mutex con \func{MutexLock}; qui avviene il blocco del processo
2898 se la memoria condivisa non è disponibile. Poi (\texttt{\small 23--31}) si
2899 stampano i vari valori mantenuti nella memoria condivisa attraverso l'uso di
2900 \var{shmptr}. Infine (\texttt{\small 41}) con \func{MutexUnlock} si rilascia
2901 il mutex, prima di uscire.
2903 Verifichiamo allora il funzionamento dei nostri programmi; al solito, usando
2904 le funzioni di libreria occorre definire opportunamente
2905 \code{LD\_LIBRARY\_PATH}; poi si potrà lanciare il server con:
2907 [piccardi@gont sources]$ ./dirmonitor ./
2909 ed avendo usato \func{daemon} il comando ritornerà immediatamente. Una volta
2910 che il server è in esecuzione, possiamo passare ad invocare il client per
2911 verificarne i risultati, in tal caso otterremo:
2913 [piccardi@gont sources]$ ./readmon
2914 Ci sono 68 file dati
2919 Ci sono 0 device a caratteri
2920 Ci sono 0 device a blocchi
2921 Totale 71 file, per 489831 byte
2923 ed un rapido calcolo (ad esempio con \code{ls -a | wc} per contare i file) ci
2924 permette di verificare che il totale dei file è giusto. Un controllo con
2925 \cmd{ipcs} ci permette inoltre di verificare la presenza di un segmento di
2926 memoria condivisa e di un semaforo:
2928 [piccardi@gont sources]$ ipcs
2929 ------ Shared Memory Segments --------
2930 key shmid owner perms bytes nattch status
2931 0xffffffff 54067205 piccardi 666 4096 1
2933 ------ Semaphore Arrays --------
2934 key semid owner perms nsems
2935 0xffffffff 229376 piccardi 666 1
2937 ------ Message Queues --------
2938 key msqid owner perms used-bytes messages
2941 Se a questo punto aggiungiamo un file, ad esempio con \code{touch prova},
2942 potremo verificare che, passati nel peggiore dei casi almeno 10 secondi (o
2943 l'eventuale altro intervallo impostato per la rilettura dei dati) avremo:
2945 [piccardi@gont sources]$ ./readmon
2946 Ci sono 69 file dati
2951 Ci sono 0 device a caratteri
2952 Ci sono 0 device a blocchi
2953 Totale 72 file, per 489887 byte
2956 A questo punto possiamo far uscire il server inviandogli un segnale di
2957 \const{SIGTERM} con il comando \code{killall dirmonitor}, a questo punto
2958 ripetendo la lettura, otterremo un errore:
2960 [piccardi@gont sources]$ ./readmon
2961 Cannot find shared memory: No such file or directory
2963 e inoltre potremo anche verificare che anche gli oggetti di intercomunicazione
2964 visti in precedenza sono stati regolarmente cancellati:
2966 [piccardi@gont sources]$ ipcs
2967 ------ Shared Memory Segments --------
2968 key shmid owner perms bytes nattch status
2970 ------ Semaphore Arrays --------
2971 key semid owner perms nsems
2973 ------ Message Queues --------
2974 key msqid owner perms used-bytes messages
2979 %% Per capire meglio il funzionamento delle funzioni facciamo ancora una volta
2980 %% riferimento alle strutture con cui il kernel implementa i segmenti di memoria
2981 %% condivisa; uno schema semplificato della struttura è illustrato in
2982 %% fig.~\ref{fig:ipc_shm_struct}.
2984 %% \begin{figure}[htb]
2986 %% \includegraphics[width=10cm]{img/shmstruct}
2987 %% \caption{Schema dell'implementazione dei segmenti di memoria condivisa in
2989 %% \label{fig:ipc_shm_struct}
2995 \section{Tecniche alternative}
2996 \label{sec:ipc_alternatives}
2998 Come abbiamo detto in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_generic}, e ripreso nella
2999 descrizione dei singoli oggetti che ne fan parte, il \textit{SysV IPC}
3000 presenta numerosi problemi; in \cite{APUE}\footnote{in particolare nel
3001 capitolo 14.} Stevens ne effettua una accurata analisi (alcuni dei concetti
3002 sono già stati accennati in precedenza) ed elenca alcune possibili tecniche
3003 alternative, che vogliamo riprendere in questa sezione.
3006 \subsection{Alternative alle code di messaggi}
3007 \label{sec:ipc_mq_alternative}
3009 Le code di messaggi sono probabilmente il meno usato degli oggetti del
3010 \textit{SysV IPC}; esse infatti nacquero principalmente come meccanismo di
3011 comunicazione bidirezionale quando ancora le pipe erano unidirezionali; con la
3012 disponibilità di \func{socketpair} (vedi sez.~\ref{sec:ipc_socketpair}) o
3013 utilizzando una coppia di pipe, si può ottenere questo risultato senza
3014 incorrere nelle complicazioni introdotte dal \textit{SysV IPC}.
3016 In realtà, grazie alla presenza del campo \var{mtype}, le code di messaggi
3017 hanno delle caratteristiche ulteriori, consentendo una classificazione dei
3018 messaggi ed un accesso non rigidamente sequenziale; due caratteristiche che
3019 sono impossibili da ottenere con le pipe e i socket di \func{socketpair}. A
3020 queste esigenze però si può comunque ovviare in maniera diversa con un uso
3021 combinato della memoria condivisa e dei meccanismi di sincronizzazione, per
3022 cui alla fine l'uso delle code di messaggi classiche è relativamente poco
3025 \subsection{I \textsl{file di lock}}
3026 \label{sec:ipc_file_lock}
3028 \index{file!di lock|(}
3030 Come illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem} i semafori del \textit{SysV IPC}
3031 presentano una interfaccia inutilmente complessa e con alcuni difetti
3032 strutturali, per questo quando si ha una semplice esigenza di sincronizzazione
3033 per la quale basterebbe un semaforo binario (quello che abbiamo definito come
3034 \textit{mutex}), per indicare la disponibilità o meno di una risorsa, senza la
3035 necessità di un contatore come i semafori, si possono utilizzare metodi
3038 La prima possibilità, utilizzata fin dalle origini di Unix, è quella di usare
3039 dei \textsl{file di lock} (per i quali esiste anche una opportuna directory,
3040 \file{/var/lock}, nel filesystem standard). Per questo si usa la
3041 caratteristica della funzione \func{open} (illustrata in
3042 sez.~\ref{sec:file_open}) che prevede\footnote{questo è quanto dettato dallo
3043 standard POSIX.1, ciò non toglie che in alcune implementazioni questa
3044 tecnica possa non funzionare; in particolare per Linux, nel caso di NFS, si
3045 è comunque soggetti alla possibilità di una \itindex{race~condition}
3046 \textit{race condition}.} che essa ritorni un errore quando usata con i
3047 flag di \const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}. In tal modo la creazione di un
3048 \textsl{file di lock} può essere eseguita atomicamente, il processo che crea
3049 il file con successo si può considerare come titolare del lock (e della
3050 risorsa ad esso associata) mentre il rilascio si può eseguire con una chiamata
3053 Un esempio dell'uso di questa funzione è mostrato dalle funzioni
3054 \func{LockFile} ed \func{UnlockFile} riportate in fig.~\ref{fig:ipc_file_lock}
3055 (sono contenute in \file{LockFile.c}, un altro dei sorgenti allegati alla
3056 guida) che permettono rispettivamente di creare e rimuovere un \textsl{file di
3057 lock}. Come si può notare entrambe le funzioni sono elementari; la prima
3058 (\texttt{\small 4--10}) si limita ad aprire il file di lock (\texttt{\small
3059 9}) nella modalità descritta, mentre la seconda (\texttt{\small 11--17}) lo
3060 cancella con \func{unlink}.
3062 \begin{figure}[!htb]
3063 \footnotesize \centering
3064 \begin{minipage}[c]{15.6cm}
3065 \includecodesample{listati/LockFile.c}
3068 \caption{Il codice delle funzioni \func{LockFile} e \func{UnlockFile} che
3069 permettono di creare e rimuovere un \textsl{file di lock}.}
3070 \label{fig:ipc_file_lock}
3073 Uno dei limiti di questa tecnica è che, come abbiamo già accennato in
3074 sez.~\ref{sec:file_open}, questo comportamento di \func{open} può non
3075 funzionare (la funzione viene eseguita, ma non è garantita l'atomicità
3076 dell'operazione) se il filesystem su cui si va ad operare è su NFS; in tal
3077 caso si può adottare una tecnica alternativa che prevede l'uso della
3078 \func{link} per creare come \textsl{file di lock} un hard link ad un file
3079 esistente; se il link esiste già e la funzione fallisce, significa che la
3080 risorsa è bloccata e potrà essere sbloccata solo con un \func{unlink},
3081 altrimenti il link è creato ed il lock acquisito; il controllo e l'eventuale
3082 acquisizione sono atomici; la soluzione funziona anche su NFS, ma ha un altro
3083 difetto è che è quello di poterla usare solo se si opera all'interno di uno
3086 In generale comunque l'uso di un \textsl{file di lock} presenta parecchi
3087 problemi che non lo rendono una alternativa praticabile per la
3088 sincronizzazione: anzitutto in caso di terminazione imprevista del processo,
3089 si lascia allocata la risorsa (il \textsl{file di lock}) e questa deve essere
3090 sempre cancellata esplicitamente. Inoltre il controllo della disponibilità
3091 può essere eseguito solo con una tecnica di \itindex{polling}
3092 \textit{polling}, ed è quindi molto inefficiente.
3094 La tecnica dei file di lock ha comunque una sua utilità, e può essere usata
3095 con successo quando l'esigenza è solo quella di segnalare l'occupazione di una
3096 risorsa, senza necessità di attendere che questa si liberi; ad esempio la si
3097 usa spesso per evitare interferenze sull'uso delle porte seriali da parte di
3098 più programmi: qualora si trovi un file di lock il programma che cerca di
3099 accedere alla seriale si limita a segnalare che la risorsa non è disponibile.
3101 \index{file!di lock|)}
3104 \subsection{La sincronizzazione con il \textit{file locking}}
3105 \label{sec:ipc_lock_file}
3107 Dato che i \index{file!di lock} file di lock presentano gli inconvenienti
3108 illustrati in precedenza, la tecnica alternativa di sincronizzazione più
3109 comune è quella di fare ricorso al \index{file!locking} \textit{file locking}
3110 (trattato in sez.~\ref{sec:file_locking}) usando \func{fcntl} su un file
3111 creato per l'occasione per ottenere un write lock. In questo modo potremo
3112 usare il lock come un \textit{mutex}: per bloccare la risorsa basterà
3113 acquisire il lock, per sbloccarla basterà rilasciare il lock. Una richiesta
3114 fatta con un write lock metterà automaticamente il processo in stato di
3115 attesa, senza necessità di ricorrere al \itindex{polling} \textit{polling} per
3116 determinare la disponibilità della risorsa, e al rilascio della stessa da
3117 parte del processo che la occupava si otterrà il nuovo lock atomicamente.
3119 Questo approccio presenta il notevole vantaggio che alla terminazione di un
3120 processo tutti i lock acquisiti vengono rilasciati automaticamente (alla
3121 chiusura dei relativi file) e non ci si deve preoccupare di niente; inoltre
3122 non consuma risorse permanentemente allocate nel sistema. Lo svantaggio è che,
3123 dovendo fare ricorso a delle operazioni sul filesystem, esso è in genere
3124 leggermente più lento.
3126 \begin{figure}[!htb]
3127 \footnotesize \centering
3128 \begin{minipage}[c]{15.6cm}
3129 \includecodesample{listati/MutexLocking.c}
3132 \caption{Il codice delle funzioni che permettono per la gestione dei
3133 \textit{mutex} con il \index{file!locking} \textit{file locking}.}
3134 \label{fig:ipc_flock_mutex}
3137 Il codice delle varie funzioni usate per implementare un mutex utilizzando il
3138 \textit{file locking} \index{file!locking} è riportato in
3139 fig.~\ref{fig:ipc_flock_mutex}; si è mantenuta volutamente una struttura
3140 analoga alle precedenti funzioni che usano i semafori, anche se le due
3141 interfacce non possono essere completamente equivalenti, specie per quanto
3142 riguarda la rimozione del mutex.
3144 La prima funzione (\texttt{\small 1--5}) è \func{CreateMutex}, e serve a
3145 creare il mutex; la funzione è estremamente semplice, e si limita
3146 (\texttt{\small 4}) a creare, con una opportuna chiamata ad \func{open}, il
3147 file che sarà usato per il successivo \textit{file locking}, assicurandosi che
3148 non esista già (nel qual caso segnala un errore); poi restituisce il file
3149 descriptor che sarà usato dalle altre funzioni per acquisire e rilasciare il
3152 La seconda funzione (\texttt{\small 6--10}) è \func{FindMutex}, che, come la
3153 precedente, è stata definita per mantenere una analogia con la corrispondente
3154 funzione basata sui semafori. Anch'essa si limita (\texttt{\small 9}) ad
3155 aprire il file da usare per il \index{file!locking} \textit{file locking},
3156 solo che in questo caso le opzioni di \func{open} sono tali che il file in
3157 questione deve esistere di già.
3159 La terza funzione (\texttt{\small 11--22}) è \func{LockMutex} e serve per
3160 acquisire il mutex. La funzione definisce (\texttt{\small 14}) e inizializza
3161 (\texttt{\small 16--19}) la struttura \var{lock} da usare per acquisire un
3162 write lock sul file, che poi (\texttt{\small 21}) viene richiesto con
3163 \func{fcntl}, restituendo il valore di ritorno di quest'ultima. Se il file è
3164 libero il lock viene acquisito e la funzione ritorna immediatamente;
3165 altrimenti \func{fcntl} si bloccherà (si noti che la si è chiamata con
3166 \const{F\_SETLKW}) fino al rilascio del lock.
3168 La quarta funzione (\texttt{\small 24--34}) è \func{UnlockMutex} e serve a
3169 rilasciare il mutex. La funzione è analoga alla precedente, solo che in questo
3170 caso si inizializza (\texttt{\small 28--31}) la struttura \var{lock} per il
3171 rilascio del lock, che viene effettuato (\texttt{\small 33}) con la opportuna
3172 chiamata a \func{fcntl}. Avendo usato il \index{file!locking} \textit{file
3173 locking} in semantica POSIX (si riveda quanto detto
3174 sez.~\ref{sec:file_posix_lock}) solo il processo che ha precedentemente
3175 eseguito il lock può sbloccare il mutex.
3177 La quinta funzione (\texttt{\small 36--39}) è \func{RemoveMutex} e serve a
3178 cancellare il mutex. Anche questa funzione è stata definita per mantenere una
3179 analogia con le funzioni basate sui semafori, e si limita a cancellare
3180 (\texttt{\small 38}) il file con una chiamata ad \func{unlink}. Si noti che in
3181 questo caso la funzione non ha effetto sui mutex già ottenuti con precedenti
3182 chiamate a \func{FindMutex} o \func{CreateMutex}, che continueranno ad essere
3183 disponibili fintanto che i relativi file descriptor restano aperti. Pertanto
3184 per rilasciare un mutex occorrerà prima chiamare \func{UnlockMutex} oppure
3185 chiudere il file usato per il lock.
3187 La sesta funzione (\texttt{\small 41--55}) è \func{ReadMutex} e serve a
3188 leggere lo stato del mutex. In questo caso si prepara (\texttt{\small 46--49})
3189 la solita struttura \var{lock} come l'acquisizione del lock, ma si effettua
3190 (\texttt{\small 51}) la chiamata a \func{fcntl} usando il comando
3191 \const{F\_GETLK} per ottenere lo stato del lock, e si restituisce
3192 (\texttt{\small 52}) il valore di ritorno in caso di errore, ed il valore del
3193 campo \var{l\_type} (che descrive lo stato del lock) altrimenti
3194 (\texttt{\small 54}). Per questo motivo la funzione restituirà -1 in caso di
3195 errore e uno dei due valori \const{F\_UNLCK} o \const{F\_WRLCK}\footnote{non
3196 si dovrebbe mai avere il terzo valore possibile, \const{F\_RDLCK}, dato che
3197 la nostra interfaccia usa solo i write lock. Però è sempre possibile che
3198 siano richiesti altri lock sul file al di fuori dell'interfaccia, nel qual
3199 caso si potranno avere, ovviamente, interferenze indesiderate.} in caso di
3200 successo, ad indicare che il mutex è, rispettivamente, libero o occupato.
3202 Basandosi sulla semantica dei file lock POSIX valgono tutte le considerazioni
3203 relative al comportamento di questi ultimi fatte in
3204 sez.~\ref{sec:file_posix_lock}; questo significa ad esempio che, al contrario
3205 di quanto avveniva con l'interfaccia basata sui semafori, chiamate multiple a
3206 \func{UnlockMutex} o \func{LockMutex} non si cumulano e non danno perciò
3207 nessun inconveniente.
3210 \subsection{Il \textit{memory mapping} anonimo}
3211 \label{sec:ipc_mmap_anonymous}
3213 \itindbeg{memory~mapping}
3214 Abbiamo già visto che quando i processi sono \textsl{correlati}\footnote{se
3215 cioè hanno almeno un progenitore comune.} l'uso delle pipe può costituire
3216 una valida alternativa alle code di messaggi; nella stessa situazione si può
3217 evitare l'uso di una memoria condivisa facendo ricorso al cosiddetto
3218 \textit{memory mapping} anonimo.
3220 In sez.~\ref{sec:file_memory_map} abbiamo visto come sia possibile mappare il
3221 contenuto di un file nella memoria di un processo, e che, quando viene usato
3222 il flag \const{MAP\_SHARED}, le modifiche effettuate al contenuto del file
3223 vengono viste da tutti i processi che lo hanno mappato. Utilizzare questa
3224 tecnica per creare una memoria condivisa fra processi diversi è estremamente
3225 inefficiente, in quanto occorre passare attraverso il disco. Però abbiamo
3226 visto anche che se si esegue la mappatura con il flag \const{MAP\_ANONYMOUS}
3227 la regione mappata non viene associata a nessun file, anche se quanto scritto
3228 rimane in memoria e può essere riletto; allora, dato che un processo figlio
3229 mantiene nel suo spazio degli indirizzi anche le regioni mappate, esso sarà
3230 anche in grado di accedere a quanto in esse è contenuto.
3232 In questo modo diventa possibile creare una memoria condivisa fra processi
3233 diversi, purché questi abbiano almeno un progenitore comune che ha effettuato
3234 il \textit{memory mapping} anonimo.\footnote{nei sistemi derivati da SysV una
3235 funzionalità simile a questa viene implementata mappando il file speciale
3236 \file{/dev/zero}. In tal caso i valori scritti nella regione mappata non
3237 vengono ignorati (come accade qualora si scriva direttamente sul file), ma
3238 restano in memoria e possono essere riletti secondo le stesse modalità usate
3239 nel \textit{memory mapping} anonimo.} Vedremo come utilizzare questa tecnica
3240 più avanti, quando realizzeremo una nuova versione del monitor visto in
3241 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm} che possa restituisca i risultati via rete.
3242 \itindend{memory~mapping}
3244 % TODO fare esempio di mmap anonima
3246 \section{Il sistema di comunicazione fra processi di POSIX}
3247 \label{sec:ipc_posix}
3249 Per superare i numerosi problemi del \textit{SysV IPC}, evidenziati per i suoi
3250 aspetti generali in coda a sez.~\ref{sec:ipc_sysv_generic} e per i singoli
3251 oggetti nei paragrafi successivi, lo standard POSIX.1b ha introdotto dei nuovi
3252 meccanismi di comunicazione, che vanno sotto il nome di POSIX IPC, definendo
3253 una interfaccia completamente nuova, che tratteremo in questa sezione.
3256 \subsection{Considerazioni generali}
3257 \label{sec:ipc_posix_generic}
3259 Oggi Linux supporta tutti gli oggetti definito nello standard POSIX per l'IPC,
3260 ma a lungo non è stato così; la memoria condivisa è presente a partire dal
3261 kernel 2.4.x, i semafori sono forniti dalle \acr{glibc} nella sezione che
3262 implementa i \itindex{thread} \textit{thread} POSIX di nuova generazione che
3263 richiedono il kernel 2.6, le code di messaggi sono supportate a partire dal
3266 La caratteristica fondamentale dell'interfaccia POSIX è l'abbandono dell'uso
3267 degli identificatori e delle chiavi visti nel SysV IPC, per passare ai
3268 \itindex{POSIX~IPC~names} \textit{POSIX IPC names}, che sono sostanzialmente
3269 equivalenti ai nomi dei file. Tutte le funzioni che creano un oggetto di IPC
3270 POSIX prendono come primo argomento una stringa che indica uno di questi nomi;
3271 lo standard è molto generico riguardo l'implementazione, ed i nomi stessi
3272 possono avere o meno una corrispondenza sul filesystem; tutto quello che è
3275 \item i nomi devono essere conformi alle regole che caratterizzano i
3276 \itindex{pathname} \textit{pathname}, in particolare non essere più lunghi di
3277 \const{PATH\_MAX} byte e terminati da un carattere nullo.
3278 \item se il nome inizia per una \texttt{/} chiamate differenti allo stesso
3279 nome fanno riferimento allo stesso oggetto, altrimenti l'interpretazione del
3280 nome dipende dall'implementazione.
3281 \item l'interpretazione di ulteriori \texttt{/} presenti nel nome dipende
3282 dall'implementazione.
3285 Data la assoluta genericità delle specifiche, il comportamento delle funzioni
3286 è subordinato in maniera quasi completa alla relativa
3287 implementazione.\footnote{tanto che Stevens in \cite{UNP2} cita questo caso
3288 come un esempio della maniera standard usata dallo standard POSIX per
3289 consentire implementazioni non standardizzabili.} Nel caso di Linux, sia per
3290 quanto riguarda la memoria condivisa ed i semafori, che per quanto riguarda le
3291 code di messaggi, tutto viene creato usando come radici delle opportune
3292 directory (rispettivamente \file{/dev/shm} e \file{/dev/mqueue}, per i
3293 dettagli si faccia riferimento a sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm},
3294 sez.~\ref{sec:ipc_posix_sem} e sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq}) ed i nomi
3295 specificati nelle relative funzioni sono considerati come un
3296 \itindsub{pathname}{assoluto} \textit{pathname} assoluto (comprendente
3297 eventuali sottodirectory) rispetto a queste radici.
3299 Il vantaggio degli oggetti di IPC POSIX è comunque che essi vengono inseriti
3300 nell'albero dei file, e possono essere maneggiati con le usuali funzioni e
3301 comandi di accesso ai file,\footnote{questo è vero nel caso di Linux, che usa
3302 una implementazione che lo consente, non è detto che altrettanto valga per
3303 altri kernel; in particolare, come si può facilmente verificare con uno
3304 \cmd{strace}, sia per la memoria condivisa che per le code di messaggi le
3305 system call utilizzate da Linux sono le stesse di quelle dei file, essendo
3306 detti oggetti realizzati come tali in appositi filesystem.} che funzionano
3307 come su dei file normali.
3309 In particolare i permessi associati agli oggetti di IPC POSIX sono identici ai
3310 permessi dei file, ed il controllo di accesso segue esattamente la stessa
3311 semantica (quella illustrata in sez.~\ref{sec:file_access_control}), e non
3312 quella particolare (si ricordi quanto visto in
3313 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}) che viene usata per gli oggetti del
3314 SysV IPC. Per quanto riguarda l'attribuzione dell'utente e del gruppo
3315 proprietari dell'oggetto alla creazione di quest'ultimo essa viene effettuata
3316 secondo la semantica SysV: corrispondono cioè a user-ID e group-ID effettivi
3317 del processo che esegue la creazione.
3320 \subsection{Code di messaggi}
3321 \label{sec:ipc_posix_mq}
3323 Le code di messaggi POSIX sono supportate da Linux a partire dalla versione
3324 2.6.6-rc1 del kernel,\footnote{l'implementazione è dovuta a Michal Wronski e
3325 Krzysztof Benedyczak, e le relative informazioni si possono trovare su
3326 \href{http://www.geocities.com/wronski12/posix_ipc/index.html}
3327 {\textsf{http://www.geocities.com/wronski12/posix\_ipc/index.html}}.} In
3328 generale, come le corrispettive del SysV IPC, le code di messaggi sono poco
3329 usate, dato che i socket, nei casi in cui sono sufficienti, sono più comodi, e
3330 che in casi più complessi la comunicazione può essere gestita direttamente con
3331 mutex (o semafori) e memoria condivisa con tutta la flessibilità che occorre.
3333 Per poter utilizzare le code di messaggi, oltre ad utilizzare un kernel
3334 superiore al 2.6.6 (o precedente, se sono stati opportunamente applicati i
3335 relativi patch) occorre utilizzare la libreria \file{libmqueue}\footnote{i
3336 programmi che usano le code di messaggi cioè devono essere compilati
3337 aggiungendo l'opzione \code{-lmqueue} al comando \cmd{gcc}; in
3338 corrispondenza all'inclusione del supporto nel kernel ufficiale anche
3339 \file{libmqueue} è stata inserita nelle \acr{glibc}, a partire dalla
3340 versione 2.3.4 delle medesime.} che contiene le funzioni dell'interfaccia
3341 POSIX.\footnote{in realtà l'implementazione è realizzata tramite delle
3342 opportune chiamate ad \func{ioctl} sui file del filesystem speciale su cui
3343 vengono mantenuti questi oggetti di IPC.}
3345 La libreria inoltre richiede la presenza dell'apposito filesystem di tipo
3346 \texttt{mqueue} montato su \file{/dev/mqueue}; questo può essere fatto
3347 aggiungendo ad \conffile{/etc/fstab} una riga come:
3349 mqueue /dev/mqueue mqueue defaults 0 0
3351 ed esso sarà utilizzato come radice sulla quale vengono risolti i nomi delle
3352 code di messaggi che iniziano con una \texttt{/}. Le opzioni di mount
3353 accettate sono \texttt{uid}, \texttt{gid} e \texttt{mode} che permettono
3354 rispettivamente di impostare l'utente, il gruppo ed i permessi associati al
3358 La funzione che permette di aprire (e crearla se non esiste ancora) una coda
3359 di messaggi POSIX è \funcd{mq\_open}, ed il suo prototipo è:
3363 \funcdecl{mqd\_t mq\_open(const char *name, int oflag)}
3365 \funcdecl{mqd\_t mq\_open(const char *name, int oflag, unsigned long mode,
3366 struct mq\_attr *attr)}
3368 Apre una coda di messaggi POSIX impostandone le caratteristiche.
3370 \bodydesc{La funzione restituisce il descrittore associato alla coda in caso
3371 di successo e -1 in caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i
3374 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per accedere al
3375 alla memoria secondo quanto specificato da \param{oflag}.
3376 \item[\errcode{EEXIST}] si è specificato \const{O\_CREAT} e
3377 \const{O\_EXCL} ma la coda già esiste.
3378 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
3379 \item[\errcode{EINVAL}] il file non supporta la funzione, o si è
3380 specificato \const{O\_CREAT} con una valore non nullo di \param{attr} e
3381 valori non validi di \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize}.
3382 \item[\errcode{ENOENT}] non si è specificato \const{O\_CREAT} ma la coda
3385 ed inoltre \errval{ENOMEM}, \errval{ENOSPC}, \errval{EFAULT},
3386 \errval{EMFILE} ed \errval{ENFILE}.}
3389 La funzione apre la coda di messaggi identificata dall'argomento \param{name}
3390 restituendo il descrittore ad essa associato, del tutto analogo ad un file
3391 descriptor, con l'unica differenza che lo standard prevede un apposito tipo
3392 \type{mqd\_t}.\footnote{nella implementazione citata questo è definito come
3393 \ctyp{int}.} Se la coda esiste già il descrittore farà riferimento allo
3394 stesso oggetto, consentendo così la comunicazione fra due processi diversi.
3396 La funzione è del tutto analoga ad \func{open} ed analoghi sono i valori che
3397 possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
3398 maschera binaria; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
3399 tab.~\ref{tab:file_open_flags} dei quali però \func{mq\_open} riconosce solo i
3401 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3402 \item[\const{O\_RDONLY}] Apre la coda solo per la ricezione di messaggi. Il
3403 processo potrà usare il descrittore con \func{mq\_receive} ma non con
3405 \item[\const{O\_WRONLY}] Apre la coda solo per la trasmissione di messaggi. Il
3406 processo potrà usare il descrittore con \func{mq\_send} ma non con
3408 \item[\const{O\_RDWR}] Apre la coda solo sia per la trasmissione che per la
3410 \item[\const{O\_CREAT}] Necessario qualora si debba creare la coda; la
3411 presenza di questo bit richiede la presenza degli ulteriori argomenti
3412 \param{mode} e \param{attr}.
3413 \item[\const{O\_EXCL}] Se usato insieme a \const{O\_CREAT} fa fallire la
3414 chiamata se la coda esiste già, altrimenti esegue la creazione atomicamente.
3415 \item[\const{O\_NONBLOCK}] Imposta la coda in modalità non bloccante, le
3416 funzioni di ricezione e trasmissione non si bloccano quando non ci sono le
3417 risorse richieste, ma ritornano immediatamente con un errore di
3421 I primi tre bit specificano la modalità di apertura della coda, e sono fra
3422 loro esclusivi. Ma qualunque sia la modalità in cui si è aperta una coda,
3423 questa potrà essere riaperta più volte in una modalità diversa, e vi si potrà
3424 sempre accedere attraverso descrittori diversi, esattamente come si può fare
3427 Se la coda non esiste e la si vuole creare si deve specificare
3428 \const{O\_CREAT}, in tal caso occorre anche specificare i permessi di
3429 creazione con l'argomento \param{mode}; i valori di quest'ultimo sono identici
3430 a quelli usati per \func{open}, anche se per le code di messaggi han senso
3431 solo i permessi di lettura e scrittura. Oltre ai permessi di creazione possono
3432 essere specificati anche gli attributi specifici della coda tramite
3433 l'argomento \param{attr}; quest'ultimo è un puntatore ad una apposita
3434 struttura \struct{mq\_attr}, la cui definizione è riportata in
3435 fig.~\ref{fig:ipc_mq_attr}.
3437 \begin{figure}[!htb]
3438 \footnotesize \centering
3439 \begin{minipage}[c]{15cm}
3440 \includestruct{listati/mq_attr.h}
3443 \caption{La struttura \structd{mq\_attr}, contenente gli attributi di una
3444 coda di messaggi POSIX.}
3445 \label{fig:ipc_mq_attr}
3448 Per la creazione della coda i campi della struttura che devono essere
3449 specificati sono \var{mq\_msgsize} e \var{mq\_maxmsg}, che indicano
3450 rispettivamente la dimensione massima di un messaggio ed il numero massimo di
3451 messaggi che essa può contenere. Il valore dovrà essere positivo e minore dei
3452 rispettivi limiti di sistema \const{MQ\_MAXMSG} e \const{MQ\_MSGSIZE},
3453 altrimenti la funzione fallirà con un errore di \errcode{EINVAL}. Qualora si
3454 specifichi per \param{attr} un puntatore nullo gli attributi della coda
3455 saranno impostati ai valori predefiniti.
3457 Quando l'accesso alla coda non è più necessario si può chiudere il relativo
3458 descrittore con la funzione \funcd{mq\_close}, il cui prototipo è:
3459 \begin{prototype}{mqueue.h}
3460 {int mq\_close(mqd\_t mqdes)}
3462 Chiude la coda \param{mqdes}.
3464 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
3465 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori \errval{EBADF} o
3469 La funzione è analoga a \func{close},\footnote{in Linux, dove le code sono
3470 implementate come file su un filesystem dedicato, è esattamente la stessa
3471 funzione.} dopo la sua esecuzione il processo non sarà più in grado di usare
3472 il descrittore della coda, ma quest'ultima continuerà ad esistere nel sistema
3473 e potrà essere acceduta con un'altra chiamata a \func{mq\_open}. All'uscita di
3474 un processo tutte le code aperte, così come i file, vengono chiuse
3475 automaticamente. Inoltre se il processo aveva agganciato una richiesta di
3476 notifica sul descrittore che viene chiuso, questa sarà rilasciata e potrà
3477 essere richiesta da qualche altro processo.
3480 Quando si vuole effettivamente rimuovere una coda dal sistema occorre usare la
3481 funzione \funcd{mq\_unlink}, il cui prototipo è:
3482 \begin{prototype}{mqueue.h}
3483 {int mq\_unlink(const char *name)}
3485 Rimuove una coda di messaggi.
3487 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
3488 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori riportati da
3492 Anche in questo caso il comportamento della funzione è analogo a quello di
3493 \func{unlink} per i file,\footnote{di nuovo l'implementazione di Linux usa
3494 direttamente \func{unlink}.} la funzione rimuove la coda \param{name}, così
3495 che una successiva chiamata a \func{mq\_open} fallisce o crea una coda
3498 Come per i file ogni coda di messaggi ha un contatore di riferimenti, per cui
3499 la coda non viene effettivamente rimossa dal sistema fin quando questo non si
3500 annulla. Pertanto anche dopo aver eseguito con successo \func{mq\_unlink} la
3501 coda resterà accessibile a tutti i processi che hanno un descrittore aperto su
3502 di essa. Allo stesso modo una coda ed i suoi contenuti resteranno disponibili
3503 all'interno del sistema anche quando quest'ultima non è aperta da nessun
3504 processo (questa è una delle differenze più rilevanti nei confronti di pipe e
3507 La sola differenza fra code di messaggi POSIX e file normali è che, essendo il
3508 filesystem delle code di messaggi virtuale e basato su oggetti interni al
3509 kernel, il suo contenuto viene perduto con il riavvio del sistema.
3511 Come accennato in precedenza ad ogni coda di messaggi è associata una
3512 struttura \struct{mq\_attr}, che può essere letta e modificata attraverso le
3513 due funzioni \funcd{mq\_getattr} e \funcd{mq\_setattr}, i cui prototipi sono:
3517 \funcdecl{int mq\_getattr(mqd\_t mqdes, struct mq\_attr *mqstat)}
3518 Legge gli attributi di una coda di messaggi POSIX.
3520 \funcdecl{int mq\_setattr(mqd\_t mqdes, const struct mq\_attr *mqstat,
3521 struct mq\_attr *omqstat)}
3522 Modifica gli attributi di una coda di messaggi POSIX.
3524 \bodydesc{Entrambe le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in
3525 caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori \errval{EBADF}
3529 La funzione \func{mq\_getattr} legge i valori correnti degli attributi della
3530 coda nella struttura puntata da \param{mqstat}; di questi l'unico relativo
3531 allo stato corrente della coda è \var{mq\_curmsgs} che indica il numero di
3532 messaggi da essa contenuti, gli altri indicano le caratteristiche generali
3535 La funzione \func{mq\_setattr} permette di modificare gli attributi di una
3536 coda tramite i valori contenuti nella struttura puntata da \param{mqstat}, ma
3537 può essere modificato solo il campo \var{mq\_flags}, gli altri campi vengono
3538 ignorati. In particolare i valori di \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize}
3539 possono essere specificati solo in fase ci creazione della coda. Inoltre i
3540 soli valori possibili per \var{mq\_flags} sono 0 e \const{O\_NONBLOCK}, per
3541 cui alla fine la funzione può essere utilizzata solo per abilitare o
3542 disabilitare la modalità non bloccante. L'argomento \param{omqstat} viene
3543 usato, quando diverso da \val{NULL}, per specificare l'indirizzo di una
3544 struttura su cui salvare i valori degli attributi precedenti alla chiamata
3547 Per inserire messaggi su di una coda sono previste due funzioni,
3548 \funcd{mq\_send} e \funcd{mq\_timedsend}, i cui prototipi sono:
3552 \funcdecl{int mq\_send(mqd\_t mqdes, const char *msg\_ptr, size\_t msg\_len,
3553 unsigned int msg\_prio)}
3554 Esegue l'inserimento di un messaggio su una coda.
3556 \funcdecl{int mq\_timedsend(mqd\_t mqdes, const char *msg\_ptr, size\_t
3557 msg\_len, unsigned msg\_prio, const struct timespec *abs\_timeout)}
3558 Esegue l'inserimento di un messaggio su una coda entro il tempo
3559 \param{abs\_timeout}.
3562 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
3563 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
3565 \item[\errcode{EAGAIN}] si è aperta la coda con \const{O\_NONBLOCK}, e la
3567 \item[\errcode{EMSGSIZE}] la lunghezza del messaggio \param{msg\_len}
3568 eccede il limite impostato per la coda.
3569 \item[\errcode{ENOMEM}] il kernel non ha memoria sufficiente. Questo
3570 errore può avvenire quando l'inserimento del messaggio
3571 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore nullo per
3572 \param{msg\_len}, o un valore di \param{msg\_prio} fuori dai limiti, o
3573 un valore non valido per \param{abs\_timeout}.
3574 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] l'inserimento del messaggio non è stato
3575 effettuato entro il tempo stabilito.
3577 ed inoltre \errval{EBADF} ed \errval{EINTR}.}
3580 Entrambe le funzioni richiedono un puntatore al testo del messaggio
3581 nell'argomento \param{msg\_ptr} e la relativa lunghezza in \param{msg\_len}.
3582 Se quest'ultima eccede la dimensione massima specificata da \var{mq\_msgsize}
3583 le funzioni ritornano immediatamente con un errore di \errcode{EMSGSIZE}.
3585 L'argomento \param{msg\_prio} indica la priorità dell'argomento; i messaggi di
3586 priorità maggiore vengono inseriti davanti a quelli di priorità inferiore (e
3587 quindi saranno riletti per primi). A parità del valore della priorità il
3588 messaggio sarà inserito in coda a tutti quelli con la stessa priorità. Il
3589 valore della priorità non può eccedere il limite di sistema
3590 \const{MQ\_PRIO\_MAX}, che nel caso è pari a 32768.
3592 Qualora la coda sia piena, entrambe le funzioni si bloccano, a meno che non
3593 sia stata selezionata in fase di apertura la modalità non
3594 bloccante,\footnote{o si sia impostato il flag \const{O\_NONBLOCK} sul file
3595 descriptor della coda.} nel qual caso entrambe ritornano \errcode{EAGAIN}.
3596 La sola differenza fra le due funzioni è che la seconda, passato il tempo
3597 massimo impostato con l'argomento \param{abs\_timeout},\footnote{deve essere
3598 specificato un tempo assoluto tramite una struttura \struct{timespec} (vedi
3599 fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}) indicato in numero di secondi e
3600 nanosecondi a partire dal 1 gennaio 1970.} ritorna comunque con un errore di
3601 \errcode{ETIMEDOUT}, se invece il tempo è già scaduto al momento della
3602 chiamata e la coda è vuota la funzione ritorna immediatamente.
3604 Come per l'inserimento, anche per l'estrazione dei messaggi da una coda sono
3605 previste due funzioni, \funcd{mq\_receive} e \funcd{mq\_timedreceive}, i cui
3610 \funcdecl{ssize\_t mq\_receive(mqd\_t mqdes, char *msg\_ptr, size\_t
3611 msg\_len, unsigned int *msg\_prio)}
3612 Effettua la ricezione di un messaggio da una coda.
3614 \funcdecl{ssize\_t mq\_timedreceive(mqd\_t mqdes, char *msg\_ptr, size\_t
3615 msg\_len, unsigned int *msg\_prio, const struct timespec *abs\_timeout)}
3616 Effettua la ricezione di un messaggio da una coda entro il tempo
3617 \param{abs\_timeout}.
3619 \bodydesc{Le funzioni restituiscono il numero di byte del messaggio in caso
3620 di successo e -1 in caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i
3623 \item[\errcode{EAGAIN}] si è aperta la coda con \const{O\_NONBLOCK}, e la
3625 \item[\errcode{EMSGSIZE}] la lunghezza del messaggio sulla coda eccede il
3626 valore \param{msg\_len} specificato per la ricezione.
3627 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore nullo per
3628 \param{msg\_ptr}, o un valore non valido per \param{abs\_timeout}.
3629 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] la ricezione del messaggio non è stata
3630 effettuata entro il tempo stabilito.
3632 ed inoltre \errval{EBADF}, \errval{EINTR}, \errval{ENOMEM}, o
3636 La funzione estrae dalla coda il messaggio a priorità più alta, o il più
3637 vecchio fra quelli della stessa priorità. Una volta ricevuto il messaggio
3638 viene tolto dalla coda e la sua dimensione viene restituita come valore di
3639 ritorno.\footnote{si tenga presente che 0 è una dimensione valida e che la
3640 condizione di errore è restituita dal valore -1; Stevens in \cite{UNP2} fa
3641 notare che questo è uno dei casi in cui vale ciò che lo standard
3642 \textsl{non} dice, una dimensione nulla infatti, pur non essendo citata, non
3645 Se la dimensione specificata da \param{msg\_len} non è sufficiente a contenere
3646 il messaggio, entrambe le funzioni, al contrario di quanto avveniva nelle code
3647 di messaggi di SysV, ritornano un errore di \errcode{EMSGSIZE} senza estrarre
3648 il messaggio. È pertanto opportuno eseguire sempre una chiamata a
3649 \func{mq\_getaddr} prima di eseguire una ricezione, in modo da ottenere la
3650 dimensione massima dei messaggi sulla coda, per poter essere in grado di
3651 allocare dei buffer sufficientemente ampi per la lettura.
3653 Se si specifica un puntatore per l'argomento \param{msg\_prio} il valore della
3654 priorità del messaggio viene memorizzato all'indirizzo da esso indicato.
3655 Qualora non interessi usare la priorità dei messaggi si può specificare
3656 \var{NULL}, ed usare un valore nullo della priorità nelle chiamate a
3659 Si noti che con le code di messaggi POSIX non si ha la possibilità di
3660 selezionare quale messaggio estrarre con delle condizioni sulla priorità, a
3661 differenza di quanto avveniva con le code di messaggi di SysV che permettono
3662 invece la selezione in base al valore del campo \var{mtype}.
3664 % TODO inserire i dati di /proc/sys/fs/mqueue
3666 Qualora la coda sia vuota entrambe le funzioni si bloccano, a meno che non si
3667 sia selezionata la modalità non bloccante; in tal caso entrambe ritornano
3668 immediatamente con l'errore \errcode{EAGAIN}. Anche in questo caso la sola
3669 differenza fra le due funzioni è che la seconda non attende indefinitamente e
3670 passato il tempo massimo \param{abs\_timeout} ritorna comunque con un errore
3671 di \errcode{ETIMEDOUT}.
3673 Uno dei problemi sottolineati da Stevens in \cite{UNP2}, comuni ad entrambe le
3674 tipologie di code messaggi, è che non è possibile per chi riceve identificare
3675 chi è che ha inviato il messaggio, in particolare non è possibile sapere da
3676 quale utente esso provenga. Infatti, in mancanza di un meccanismo interno al
3677 kernel, anche se si possono inserire delle informazioni nel messaggio, queste
3678 non possono essere credute, essendo completamente dipendenti da chi lo invia.
3679 Vedremo però come, attraverso l'uso del meccanismo di notifica, sia possibile
3680 superare in parte questo problema.
3682 Una caratteristica specifica delle code di messaggi POSIX è la possibilità di
3683 usufruire di un meccanismo di notifica asincrono; questo può essere attivato
3684 usando la funzione \funcd{mq\_notify}, il cui prototipo è:
3685 \begin{prototype}{mqueue.h}
3686 {int mq\_notify(mqd\_t mqdes, const struct sigevent *notification)}
3688 Attiva il meccanismo di notifica per la coda \param{mqdes}.
3690 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
3691 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
3693 \item[\errcode{EBUSY}] c'è già un processo registrato per la notifica.
3694 \item[\errcode{EBADF}] il descrittore non fa riferimento ad una coda di
3699 Il meccanismo di notifica permette di segnalare in maniera asincrona ad un
3700 processo la presenza di dati sulla coda, in modo da evitare la necessità di
3701 bloccarsi nell'attesa. Per far questo un processo deve registrarsi con la
3702 funzione \func{mq\_notify}, ed il meccanismo è disponibile per un solo
3703 processo alla volta per ciascuna coda.
3705 Il comportamento di \func{mq\_notify} dipende dal valore dell'argomento
3706 \param{notification}, che è un puntatore ad una apposita struttura
3707 \struct{sigevent}, (definita in fig.~\ref{fig:file_sigevent}) introdotta dallo
3708 standard POSIX.1b per gestire la notifica di eventi; per altri dettagli si può
3709 vedere quanto detto in sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io} a proposito dell'uso
3710 della stessa struttura per l'invio dei segnali usati per l'I/O asincrono.
3712 Attraverso questa struttura si possono impostare le modalità con cui viene
3713 effettuata la notifica; in particolare il campo \var{sigev\_notify} deve
3714 essere posto a \const{SIGEV\_SIGNAL}\footnote{il meccanismo di notifica basato
3715 sui \itindex{thread} \textit{thread}, specificato tramite il valore
3716 \const{SIGEV\_THREAD}, non è implementato.} ed il campo \var{sigev\_signo}
3717 deve indicare il valore del segnale che sarà inviato al processo. Inoltre il
3718 campo \var{sigev\_value} è il puntatore ad una struttura \struct{sigval\_t}
3719 (definita in fig.~\ref{fig:sig_sigval}) che permette di restituire al gestore
3720 del segnale un valore numerico o un indirizzo,\footnote{per il suo uso si
3721 riveda la trattazione fatta in sez.~\ref{sec:sig_real_time} a proposito dei
3722 segnali real-time.} posto che questo sia installato nella forma estesa vista
3723 in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}.
3725 La funzione registra il processo chiamante per la notifica se
3726 \param{notification} punta ad una struttura \struct{sigevent} opportunamente
3727 inizializzata, o cancella una precedente registrazione se è \val{NULL}. Dato
3728 che un solo processo alla volta può essere registrato, la funzione fallisce
3729 con \errcode{EBUSY} se c'è un altro processo già registrato. Si tenga
3730 presente inoltre che alla chiusura del descrittore associato alla coda (e
3731 quindi anche all'uscita del processo) ogni eventuale registrazione di notifica
3732 presente viene cancellata.
3734 La notifica del segnale avviene all'arrivo di un messaggio in una coda vuota
3735 (cioè solo se sulla coda non ci sono messaggi) e se non c'è nessun processo
3736 bloccato in una chiamata a \func{mq\_receive}, in questo caso infatti il
3737 processo bloccato ha la precedenza ed il messaggio gli viene immediatamente
3738 inviato, mentre per il meccanismo di notifica tutto funziona come se la coda
3739 fosse rimasta vuota.
3741 Quando un messaggio arriva su una coda vuota al processo che si era registrato
3742 viene inviato il segnale specificato da \code{notification->sigev\_signo}, e
3743 la coda diventa disponibile per una ulteriore registrazione. Questo comporta
3744 che se si vuole mantenere il meccanismo di notifica occorre ripetere la
3745 registrazione chiamando nuovamente \func{mq\_notify} all'interno del gestore
3746 del segnale di notifica. A differenza della situazione simile che si aveva con
3747 i segnali non affidabili,\footnote{l'argomento è stato affrontato in
3748 \ref{sec:sig_semantics}.} questa caratteristica non configura una
3749 race-condition perché l'invio di un segnale avviene solo se la coda è vuota;
3750 pertanto se si vuole evitare di correre il rischio di perdere eventuali
3751 ulteriori segnali inviati nel lasso di tempo che occorre per ripetere la
3752 richiesta di notifica basta avere cura di eseguire questa operazione prima di
3753 estrarre i messaggi presenti dalla coda.
3755 L'invio del segnale di notifica avvalora alcuni campi di informazione
3756 restituiti al gestore attraverso la struttura \struct{siginfo\_t} (definita in
3757 fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t}). In particolare \var{si\_pid} viene impostato al
3758 valore del \acr{pid} del processo che ha emesso il segnale, \var{si\_uid}
3759 all'userid effettivo, \var{si\_code} a \const{SI\_MESGQ}, e \var{si\_errno} a
3760 0. Questo ci dice che, se si effettua la ricezione dei messaggi usando
3761 esclusivamente il meccanismo di notifica, è possibile ottenere le informazioni
3762 sul processo che ha inserito un messaggio usando un gestore per il segnale in
3763 forma estesa.\footnote{di nuovo si faccia riferimento a quanto detto al
3764 proposito in sez.~\ref{sec:sig_sigaction} e sez.~\ref{sec:sig_real_time}.}
3768 \subsection{Memoria condivisa}
3769 \label{sec:ipc_posix_shm}
3771 La memoria condivisa è stato il primo degli oggetti di IPC POSIX inserito nel
3772 kernel ufficiale; il supporto a questo tipo di oggetti è realizzato attraverso
3773 il filesystem \texttt{tmpfs}, uno speciale filesystem che mantiene tutti i
3774 suoi contenuti in memoria,\footnote{il filesystem \texttt{tmpfs} è diverso da
3775 un normale RAM disk, anch'esso disponibile attraverso il filesystem
3776 \texttt{ramfs}, proprio perché realizza una interfaccia utilizzabile anche
3777 per la memoria condivisa; esso infatti non ha dimensione fissa, ed usa
3778 direttamente la cache interna del kernel (che viene usata anche per la
3779 shared memory in stile SysV). In più i suoi contenuti, essendo trattati
3780 direttamente dalla memoria virtuale \index{memoria~virtuale} possono essere
3781 salvati sullo swap automaticamente.} che viene attivato abilitando l'opzione
3782 \texttt{CONFIG\_TMPFS} in fase di compilazione del kernel.
3785 Per potere utilizzare l'interfaccia POSIX per la memoria condivisa le
3786 \acr{glibc}\footnote{le funzioni sono state introdotte con le glibc-2.2.}
3787 richiedono di compilare i programmi con l'opzione \code{-lrt}; inoltre è
3788 necessario che in \file{/dev/shm} sia montato un filesystem \texttt{tmpfs};
3789 questo di norma viene fatto aggiungendo una riga del tipo di:
3791 tmpfs /dev/shm tmpfs defaults 0 0
3793 ad \conffile{/etc/fstab}. In realtà si può montare un filesystem \texttt{tmpfs}
3794 dove si vuole, per usarlo come RAM disk, con un comando del tipo:
3796 mount -t tmpfs -o size=128M,nr_inodes=10k,mode=700 tmpfs /mytmpfs
3799 Il filesystem riconosce, oltre quelle mostrate, le opzioni \texttt{uid} e
3800 \texttt{gid} che identificano rispettivamente utente e gruppo cui assegnarne
3801 la titolarità, e \texttt{nr\_blocks} che permette di specificarne la
3802 dimensione in blocchi, cioè in multipli di \const{PAGECACHE\_SIZE} che in
3803 questo caso è l'unità di allocazione elementare.
3805 La funzione che permette di aprire un segmento di memoria condivisa POSIX, ed
3806 eventualmente di crearlo se non esiste ancora, è \funcd{shm\_open}; il suo
3808 \begin{prototype}{mqueue.h}
3809 {int shm\_open(const char *name, int oflag, mode\_t mode)}
3811 Apre un segmento di memoria condivisa.
3813 \bodydesc{La funzione restituisce un file descriptor positivo in caso di
3814 successo e -1 in caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli
3815 stessi valori riportati da \func{open}.}
3818 La funzione apre un segmento di memoria condivisa identificato dal nome
3819 \param{name}. Come già spiegato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_generic} questo nome
3820 può essere specificato in forma standard solo facendolo iniziare per \file{/}
3821 e senza ulteriori \file{/}, Linux supporta comunque nomi generici, che
3822 verranno interpretati prendendo come radice \file{/dev/shm}.\footnote{occorre
3823 pertanto evitare di specificare qualcosa del tipo \file{/dev/shm/nome}
3824 all'interno di \param{name}, perché questo comporta, da parte delle funzioni
3825 di libreria, il tentativo di accedere a \file{/dev/shm/dev/shm/nome}.}
3827 La funzione è del tutto analoga ad \func{open} ed analoghi sono i valori che
3828 possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
3829 maschera binaria comprendente almeno uno dei due valori \const{O\_RDONLY} e
3830 \const{O\_RDWR}; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
3831 tab.~\ref{tab:file_open_flags} dei quali però \func{shm\_open} riconosce solo
3833 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3834 \item[\const{O\_RDONLY}] Apre il file descriptor associato al segmento di
3835 memoria condivisa per l'accesso in sola lettura.
3836 \item[\const{O\_RDWR}] Apre il file descriptor associato al segmento di
3837 memoria condivisa per l'accesso in lettura e scrittura.
3838 \item[\const{O\_CREAT}] Necessario qualora si debba creare il segmento di
3839 memoria condivisa se esso non esiste; in questo caso viene usato il valore
3840 di \param{mode} per impostare i permessi, che devono essere compatibili con
3841 le modalità con cui si è aperto il file.
3842 \item[\const{O\_EXCL}] Se usato insieme a \const{O\_CREAT} fa fallire la
3843 chiamata a \func{shm\_open} se il segmento esiste già, altrimenti esegue la
3844 creazione atomicamente.
3845 \item[\const{O\_TRUNC}] Se il segmento di memoria condivisa esiste già, ne
3846 tronca le dimensioni a 0 byte.
3849 In caso di successo la funzione restituisce un file descriptor associato al
3850 segmento di memoria condiviso con le stesse modalità di
3851 \func{open}\footnote{in realtà, come accennato, \func{shm\_open} è un semplice
3852 wrapper per \func{open}, usare direttamente quest'ultima avrebbe lo stesso
3853 effetto.} viste in sez.~\ref{sec:file_open}; in particolare viene impostato
3854 il flag \const{FD\_CLOEXEC}. Chiamate effettuate da diversi processi usando
3855 lo stesso nome, restituiranno file descriptor associati allo stesso segmento
3856 (così come, nel caso di file di dati, essi sono associati allo stesso
3857 \index{inode} inode). In questo modo è possibile effettuare una chiamata ad
3858 \func{mmap} sul file descriptor restituito da \func{shm\_open} ed i processi
3859 vedranno lo stesso segmento di memoria condivisa.
3861 Quando il nome non esiste il segmento può essere creato specificando
3862 \const{O\_CREAT}; in tal caso il segmento avrà (così come i nuovi file)
3863 lunghezza nulla. Dato che un segmento di lunghezza nulla è di scarsa utilità,
3864 per impostarne la dimensione si deve usare \func{ftruncate} (vedi
3865 sez.~\ref{sec:file_file_size}), prima di mapparlo in memoria con \func{mmap}.
3866 Si tenga presente che una volta chiamata \func{mmap} si può chiudere il file
3867 descriptor (con \func{close}), senza che la mappatura ne risenta.
3870 Come per i file, quando si vuole effettivamente rimuovere segmento di memoria
3871 condivisa, occorre usare la funzione \funcd{shm\_unlink}, il cui prototipo è:
3872 \begin{prototype}{mqueue.h}
3873 {int shm\_unlink(const char *name)}
3875 Rimuove un segmento di memoria condivisa.
3877 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
3878 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori riportati da
3882 La funzione è del tutto analoga ad \func{unlink}, e si limita a cancellare il
3883 nome del segmento da \file{/dev/shm}, senza nessun effetto né sui file
3884 descriptor precedentemente aperti con \func{shm\_open}, né sui segmenti già
3885 mappati in memoria; questi verranno cancellati automaticamente dal sistema
3886 solo con le rispettive chiamate a \func{close} e \func{munmap}. Una volta
3887 eseguita questa funzione però, qualora si richieda l'apertura di un segmento
3888 con lo stesso nome, la chiamata a \func{shm\_open} fallirà, a meno di non aver
3889 usato \const{O\_CREAT}, in quest'ultimo caso comunque si otterrà un file
3890 descriptor che fa riferimento ad un segmento distinto da eventuali precedenti.
3892 \begin{figure}[!htb]
3893 \footnotesize \centering
3894 \begin{minipage}[c]{15.6cm}
3895 \includecodesample{listati/MemShared.c}
3898 \caption{Il codice delle funzioni di gestione dei segmenti di memoria
3900 \label{fig:ipc_posix_shmmem}
3903 Come esempio per l'uso di queste funzioni vediamo come è possibile riscrivere
3904 una interfaccia semplificata analoga a quella vista in
3905 fig.~\ref{fig:ipc_sysv_shm_func} per la memoria condivisa in stile SysV. Il
3906 codice, riportato in fig.~\ref{fig:ipc_posix_shmmem}, è sempre contenuto nel
3907 file \file{SharedMem.c} dei sorgenti allegati.
3909 La prima funzione (\texttt{\small 1--24}) è \func{CreateShm} che, dato un nome
3910 nell'argomento \var{name} crea un nuovo segmento di memoria condivisa,
3911 accessibile in lettura e scrittura, e ne restituisce l'indirizzo. Anzitutto si
3912 definiscono (\texttt{\small 8}) i flag per la successiva (\texttt{\small 9})
3913 chiamata a \func{shm\_open}, che apre il segmento in lettura e scrittura
3914 (creandolo se non esiste, ed uscendo in caso contrario) assegnandogli sul
3915 filesystem i permessi specificati dall'argomento \var{perm}. In caso di errore
3916 (\texttt{\small 10--12}) si restituisce un puntatore nullo, altrimenti si
3917 prosegue impostando (\texttt{\small 14}) la dimensione del segmento con
3918 \func{ftruncate}. Di nuovo (\texttt{\small 15--16}) si esce immediatamente
3919 restituendo un puntatore nullo in caso di errore. Poi si passa (\texttt{\small
3920 18}) a mappare in memoria il segmento con \func{mmap} specificando dei
3921 diritti di accesso corrispondenti alla modalità di apertura. Di nuovo si
3922 restituisce (\texttt{\small 19--21}) un puntatore nullo in caso di errore,
3923 altrimenti si inizializza (\texttt{\small 22}) il contenuto del segmento al
3924 valore specificato dall'argomento \var{fill} con \func{memset}, e se ne
3925 restituisce (\texttt{\small 23}) l'indirizzo.
3927 La seconda funzione (\texttt{\small 25--40}) è \func{FindShm} che trova un
3928 segmento di memoria condiviso già esistente, restituendone l'indirizzo. In
3929 questo caso si apre (\texttt{\small 31}) il segmento con \func{shm\_open}
3930 richiedendo che il segmento sia già esistente, in caso di errore
3931 (\texttt{\small 31--33}) si ritorna immediatamente un puntatore nullo.
3932 Ottenuto il file descriptor del segmento lo si mappa (\texttt{\small 35}) in
3933 memoria con \func{mmap}, restituendo (\texttt{\small 36--38}) un puntatore
3934 nullo in caso di errore, o l'indirizzo (\texttt{\small 39}) dello stesso in
3937 La terza funzione (\texttt{\small 40--45}) è \func{RemoveShm}, e serve a
3938 cancellare un segmento di memoria condivisa. Dato che al contrario di quanto
3939 avveniva con i segmenti del SysV IPC gli oggetti allocati nel kernel vengono
3940 rilasciati automaticamente quando nessuna li usa più, tutto quello che c'è da
3941 fare (\texttt{\small 44}) in questo caso è chiamare \func{shm\_unlink},
3942 restituendo al chiamante il valore di ritorno.
3947 \subsection{Semafori}
3948 \label{sec:ipc_posix_sem}
3950 Fino alla serie 2.4.x del kernel esisteva solo una implementazione parziale
3951 dei semafori POSIX che li realizzava solo a livello di \itindex{thread}
3952 \textit{thread} e non di processi,\footnote{questo significava che i semafori
3953 erano visibili solo all'interno dei \itindex{thread} \textit{thread} creati
3954 da un singolo processo, e non potevano essere usati come meccanismo di
3955 sincronizzazione fra processi diversi.} fornita attraverso la sezione delle
3956 estensioni \textit{real-time} delle \acr{glibc}.\footnote{quelle che si
3957 accedono collegandosi alla libreria \texttt{librt}.} Esisteva inoltre una
3958 libreria che realizzava (parzialmente) l'interfaccia POSIX usando le funzioni
3959 dei semafori di SysV IPC (mantenendo così tutti i problemi sottolineati in
3960 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}).
3962 A partire dal kernel 2.5.7 è stato introdotto un meccanismo di
3963 sincronizzazione completamente nuovo, basato sui cosiddetti
3964 \textit{futex},\footnote{la sigla sta per \textit{fast user mode mutex}.} con
3965 il quale è stato possibile implementare una versione nativa dei semafori
3966 POSIX. Grazie a questo con i kernel della serie 2.6 e le nuove versioni delle
3967 \acr{glibc} che usano questa nuova infrastruttura per quella che viene quella
3968 che viene chiamata \textit{New Posix Thread Library}, sono state implementate
3969 anche tutte le funzioni dell'interfaccia dei semafori POSIX.
3971 Anche in questo caso è necessario appoggiarsi alla libreria per le estensioni
3972 \textit{real-time} \texttt{librt}, questo significa che se si vuole utilizzare
3973 questa interfaccia, oltre ad utilizzare gli opportuni file di definizione,
3974 occorrerà compilare i programmi con l'opzione \texttt{-lrt}.
3976 La funzione che permette di creare un nuovo semaforo POSIX, creando il
3977 relativo file, o di accedere ad uno esistente, è \funcd{sem\_open}, questa
3978 prevede due forme diverse a seconda che sia utilizzata per aprire un semaforo
3979 esistente o per crearne uno nuovi, i relativi prototipi sono:
3981 \headdecl{semaphore.h}
3983 \funcdecl{sem\_t *sem\_open(const char *name, int oflag)}
3985 \funcdecl{sem\_t *sem\_open(const char *name, int oflag, mode\_t mode,
3986 unsigned int value)}
3988 Crea un semaforo o ne apre uno esistente.
3990 \bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo del semaforo in caso di
3991 successo e \const{SEM\_FAILED} in caso di errore; nel quel caso
3992 \var{errno} assumerà i valori:
3994 \item[\errcode{EACCESS}] il semaforo esiste ma non si hanno permessi
3995 sufficienti per accedervi.
3996 \item[\errcode{EEXIST}] si sono specificati \const{O\_CREAT} e
3997 \const{O\_EXCL} ma il semaforo esiste.
3998 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
3999 \const{SEM\_VALUE\_MAX}.
4000 \item[\errcode{ENAMETOOLONG}] si è utilizzato un nome troppo lungo.
4001 \item[\errcode{ENOENT}] non si è usato \const{O\_CREAT} ed il nome
4002 specificato non esiste.
4004 ed inoltre \errval{ENFILE} ed \errval{ENOMEM}.}
4007 L'argomento \param{name} definisce il nome del semaforo che si vuole
4008 utilizzare, ed è quello che permette a processi diversi di accedere allo
4009 stesso semaforo. Questo deve essere specificato con un pathname nella forma
4010 \texttt{/qualchenome}, che non ha una corrispondenza diretta con un pathname
4011 reale; con Linux infatti i file associati ai semafori sono mantenuti nel
4012 filesystem virtuale \texttt{/dev/shm}, e gli viene assegnato automaticamente
4013 un nome nella forma \texttt{sem.qualchenome}.\footnote{si ha cioè una
4014 corrispondenza per cui \texttt{/qualchenome} viene rimappato, nella
4015 creazione tramite \func{sem\_open}, su \texttt{/dev/shm/sem.qualchenome}.}
4017 L'argomento \param{oflag} è quello che controlla le modalità con cui opera la
4018 funzione, ed è passato come maschera binaria; i bit corrispondono a quelli
4019 utilizzati per l'analogo argomento di \func{open}, anche se dei possibili
4020 valori visti in sez.~\ref{sec:file_open} sono utilizzati soltanto
4021 \const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}.
4023 Se si usa \const{O\_CREAT} si richiede la creazione del semaforo qualora
4024 questo non esista, ed in tal caso occorre utilizzare la seconda forma della
4025 funzione, in cui si devono specificare sia un valore iniziale con l'argomento
4026 \param{value},\footnote{e si noti come così diventa possibile, differenza di
4027 quanto avviene per i semafori del \textit{SysV IPC}, effettuare in maniera
4028 atomica creazione ed inizializzazione di un semaforo usando una unica
4029 funzione.} che una maschera dei permessi con l'argomento
4030 \param{mode};\footnote{anche questo argomento prende gli stessi valori
4031 utilizzati per l'analogo di \func{open}, che si sono illustrati in dettaglio
4032 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}.} questi verranno assegnati al semaforo
4033 appena creato. Se il semaforo esiste già i suddetti valori saranno invece
4034 ignorati. Usando il flag \const{O\_EXCL} si richiede invece la verifica che il
4035 semaforo non esiste, usandolo insieme ad \const{O\_CREAT} la funzione fallisce
4036 qualora un semaforo con lo stesso nome sia già presente.
4038 La funzione restituisce in caso di successo un puntatore all'indirizzo del
4039 semaforo con un valore di tipo \ctyp{sem\_t *}, è questo valore che dovrà
4040 essere passato alle altre funzioni per operare sul semaforo stesso. Si tenga
4041 presente che, come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_generic}, i semafori
4042 usano la semantica standard dei file per quanto riguarda i controlli di
4045 Questo significa che un nuovo semaforo viene sempre creato con l'user-ID ed il
4046 group-ID effettivo del processo chiamante, e che i permessi indicati con
4047 \param{mode} vengono filtrati dal valore della \itindex{umask} \textit{umask}
4048 del processo. Inoltre per poter aprire un semaforo è necessario avere su di
4049 esso sia il permesso di lettura che quello di scrittura.
4051 Una volta che si sia ottenuto l'indirizzo di un semaforo, sarà possibile
4052 utilizzarlo; se si ricorda quanto detto all'inizio di
4053 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}, dove si sono introdotti i concetti generali
4054 relativi ai semafori, le operazioni principali sono due, quella che richiede
4055 l'uso di una risorsa bloccando il semaforo e quella che rilascia la risorsa
4056 liberando il semaforo. La prima operazione è effettuata dalla funzione
4057 \funcd{sem\_wait}, il cui prototipo è:
4059 \headdecl{semaphore.h}
4061 \funcdecl{int sem\_wait(sem\_t *sem)}
4063 Blocca il semaforo \param{sem}.
4065 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4066 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4068 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
4069 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4074 La funzione cerca di decrementare il valore del semaforo indicato dal
4075 puntatore \param{sem}, se questo ha un valore positivo, cosa che significa che
4076 la risorsa è disponibile, la funzione ha successo, il valore del semaforo
4077 viene diminuito di 1 ed essa ritorna immediatamente; se il valore è nullo la
4078 funzione si blocca fintanto che il valore del semaforo non torni
4079 positivo\footnote{ovviamente per opera di altro processo che lo rilascia
4080 chiamando \func{sem\_post}.} così che poi essa possa decrementarlo con
4081 successo e proseguire.
4083 Si tenga presente che la funzione può sempre essere interrotta da un segnale
4084 (nel qual caso si avrà un errore di \const{EINTR}) e che questo avverrà
4085 comunque, anche se si è richiesta la semantica BSD installando il relativo
4086 gestore con \const{SA\_RESTART} (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) per
4087 riavviare le system call interrotte.
4089 Della funzione \func{sem\_wait} esistono due varianti che consentono di
4090 gestire diversamente le modalità di attesa in caso di risorsa occupata, la
4091 prima di queste è \funcd{sem\_trywait}, che serve ad effettuare un tentativo
4092 di acquisizione senza bloccarsi; il suo prototipo è:
4094 \headdecl{semaphore.h}
4096 \funcdecl{int sem\_trywait(sem\_t *sem)}
4098 Tenta di bloccare il semaforo \param{sem}.
4100 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4101 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori:
4103 \item[\errcode{EAGAIN}] il semaforo non può essere acquisito senza
4105 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4110 La funzione è identica a \func{sem\_wait} ed se la risorsa è libera ha lo
4111 stesso effetto, vale a dire che in caso di semaforo diverso da zero la
4112 funzione lo decrementa e ritorna immediatamente; la differenza è che nel caso
4113 in cui il semaforo è occupato essa non si blocca e di nuovo ritorna
4114 immediatamente, restituendo però un errore di \errval{EAGAIN}, così che il
4115 programma possa proseguire.
4117 La seconda variante di \func{sem\_wait} è una estensione specifica che può
4118 essere utilizzata soltanto se viene definita la macro \macro{\_XOPEN\_SOURCE}
4119 ad un valore di 600 prima di includere \texttt{semaphore.h}, la funzione è
4120 \func{sem\_timedwait}, ed il suo prototipo è:
4122 \headdecl{semaphore.h}
4124 \funcdecl{int sem\_timedwait(sem\_t *sem, const struct timespec
4127 Blocca il semaforo \param{sem}.
4129 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4130 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori:
4132 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] è scaduto il tempo massimo di attesa.
4133 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4134 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
4139 Anche in questo caso il comportamento della funzione è identico a quello di
4140 \func{sem\_wait}, la sola differenza consiste nel fatto che con questa
4141 funzione è possibile impostare tramite l'argomento \param{abs\_timeout} un
4142 tempo limite per l'attesa, scaduto il quale la funzione ritorna comunque,
4143 anche se non è possibile acquisire il semaforo. In tal caso la funzione
4144 fallirà, riportando un errore di \errval{ETIMEDOUT}.
4146 La seconda funzione principale utilizzata per l'uso dei semafori è
4147 \funcd{sem\_post}, che viene usata per rilasciare un semaforo occupato o, in
4148 generale, per aumentare di una unità il valore dello stesso anche qualora non
4149 fosse occupato;\footnote{si ricordi che in generale un semaforo viene usato
4150 come indicatore di un numero di risorse disponibili.} il suo prototipo è:
4152 \headdecl{semaphore.h}
4154 \funcdecl{int sem\_post(sem\_t *sem)}
4156 Rilascia il semaforo \param{sem}.
4158 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4159 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4161 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4166 La funzione incrementa di uno il valore corrente del semaforo indicato
4167 dall'argomento \param{sem}, se questo era nullo la relativa risorsa risulterà
4168 sbloccata, cosicché un altro processo (o \itindex{thread} \textit{thread})
4169 eventualmente bloccato in una \func{sem\_wait} sul semaforo potrà essere
4170 svegliato e rimesso in esecuzione. Si tenga presente che la funzione è sicura
4171 \index{funzioni!sicure} per l'uso all'interno di un gestore di segnali (si
4172 ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:sig_signal_handler}).
4174 Se invece di operare su un semaforo se ne vuole solamente leggere il valore,
4175 si può usare la funzione \funcd{sem\_getvalue}, il cui prototipo è:
4177 \headdecl{semaphore.h}
4179 \funcdecl{int sem\_getvalue(sem\_t *sem, int *sval)}
4181 Richiede il valore del semaforo \param{sem}.
4183 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4184 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4186 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4191 La funzione legge il valore del semaforo indicato dall'argomento \param{sem} e
4192 lo restituisce nella variabile intera puntata dall'argomento
4193 \param{sval}. Qualora ci siano uno o più processi bloccati in attesa sul
4194 semaforo lo standard prevede che la funzione possa restituire un valore nullo
4195 oppure il numero di processi bloccati in una \func{sem\_wait} sul suddetto
4196 semaforo; nel caso di Linux vale la prima opzione.
4198 Questa funzione può essere utilizzata per avere un suggerimento sullo stato di
4199 un semaforo, ovviamente non si può prendere il risultato riportato in
4200 \param{sval} che come indicazione, il valore del semaforo infatti potrebbe
4201 essere già stato modificato al ritorno della funzione.
4203 % TODO verificare comportamento sem_getvalue
4205 Una volta che non ci sia più la necessità di operare su un semaforo se ne può
4206 terminare l'uso con la funzione \funcd{sem\_close}, il cui prototipo è:
4208 \headdecl{semaphore.h}
4210 \funcdecl{int sem\_close(sem\_t *sem)}
4212 Chiude il semaforo \param{sem}.
4214 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4215 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4217 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4222 La funzione chiude il semaforo indicato dall'argomento \param{sem}; questo
4223 comporta che tutte le risorse che il sistema può avere assegnato al processo
4224 nell'uso dello stesso vengono rilasciate. Questo significa che un altro
4225 processo bloccato sul semaforo a causa della acquisizione da parte del
4226 processo che chiama \func{sem\_close} potrà essere riavviato.
4228 Si tenga presente poi che come per i file all'uscita di un processo tutti i
4229 semafori che questo aveva aperto vengono automaticamente chiusi; questo
4230 comportamento risolve il problema che si aveva con i semafori del \textit{SysV
4231 IPC} (di cui si è parlato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}) per i quali le
4232 risorse possono restare bloccate. Si tenga poi presente che, a differenza di
4233 quanto avviene per i file, in caso di una chiamata ad \func{execve} tutti i
4234 semafori vengono chiusi automaticamente.
4236 Come per i semafori del \textit{SysV IPC} anche quelli POSIX hanno una
4237 persistenza di sistema; questo significa che una volta che si è creato un
4238 semaforo con \func{sem\_open} questo continuerà ad esistere fintanto che il
4239 kernel resta attivo (vale a dire fino ad un successivo riavvio) a meno che non
4240 lo si cancelli esplicitamente. Per far questo si può utilizzare la funzione
4241 \funcd{sem\_unlink}, il cui prototipo è:
4243 \headdecl{semaphore.h}
4245 \funcdecl{int sem\_unlink(const char *name)}
4247 Rimuove il semaforo \param{name}.
4249 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4250 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4252 \item[\errcode{EACCESS}] non si hanno i permessi necessari a cancellare il
4254 \item[\errcode{ENAMETOOLONG}] il nome indicato è troppo lungo.
4255 \item[\errcode{ENOENT}] il semaforo \param{name} non esiste.
4260 La funzione rimuove il semaforo indicato dall'argomento \param{name}, che
4261 prende un valore identico a quello usato per creare il semaforo stesso con
4262 \func{sem\_open}. Il semaforo viene rimosso dal filesystem immediatamente; ma
4263 il semaforo viene effettivamente cancellato dal sistema soltanto quando tutti
4264 i processi che lo avevano aperto lo chiudono. Si segue cioè la stessa
4265 semantica usata con \func{unlink} per i file, trattata in dettaglio in
4266 sez.~\ref{sec:file_link}.
4268 Una delle caratteristiche peculiari dei semafori POSIX è che questi possono
4269 anche essere utilizzati anche in forma anonima, senza necessità di fare
4270 ricorso ad un nome sul filesystem o ad altri indicativi. In questo caso si
4271 dovrà porre la variabile che contiene l'indirizzo del semaforo in un tratto di
4272 memoria che sia accessibile a tutti i processi in gioco. La funzione che
4273 consente di inizializzare un semaforo anonimo è \funcd{sem\_init}, il cui
4276 \headdecl{semaphore.h}
4278 \funcdecl{int sem\_init(sem\_t *sem, int pshared, unsigned int value)}
4280 Inizializza il semaforo anonimo \param{sem}.
4282 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4283 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4285 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
4286 \const{SEM\_VALUE\_MAX}.
4287 \item[\errcode{ENOSYS}] il valore di \param{pshared} non è nullo ed il
4288 sistema non supporta i semafori per i processi.
4293 La funzione inizializza un semaforo all'indirizzo puntato dall'argomento
4294 \param{sem}, e come per \func{sem\_open} consente di impostare un valore
4295 iniziale con \param{value}. L'argomento \param{pshared} serve ad indicare se
4296 il semaforo deve essere utilizzato dai \itindex{thread} \textit{thread} di uno
4297 stesso processo (con un valore nullo) o condiviso fra processi diversi (con un
4300 Qualora il semaforo debba essere condiviso dai \itindex{thread}
4301 \textit{thread} di uno stesso processo (nel qual caso si parla di
4302 \textit{thread-shared semaphore}), occorrerà che \param{sem} sia l'indirizzo
4303 di una variabile visibile da tutti i \itindex{thread} \textit{thread}, si
4304 dovrà usare cioè una variabile globale o una variabile allocata dinamicamente
4305 nello \itindex{heap} heap.
4307 Qualora il semaforo debba essere condiviso fra più processi (nel qual caso si
4308 parla di \textit{process-shared semaphore}) la sola scelta possibile per
4309 renderlo visibile a tutti è di porlo in un tratto di memoria condivisa. Questo
4310 potrà essere ottenuto direttamente sia con \func{shmget} (vedi
4311 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm}) che con \func{shm\_open} (vedi
4312 sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm}), oppure, nel caso che tutti i processi in gioco
4313 abbiano un genitore comune, con una mappatura anonima con \func{mmap} (vedi
4314 sez.~\ref{sec:file_memory_map}),\footnote{si ricordi che i tratti di memoria
4315 condivisa vengono mantenuti nei processi figli attraverso la funzione
4316 \func{fork}.} a cui essi poi potranno accedere.
4318 Una volta inizializzato il semaforo anonimo con \func{sem\_init} lo si potrà
4319 utilizzare nello stesso modo dei semafori normali con \func{sem\_wait} e
4320 \func{sem\_post}. Si tenga presente però che inizializzare due volte lo stesso
4321 semaforo può dar luogo ad un comportamento indefinito.
4324 Una volta che non si intenda più utilizzare un semaforo anonimo questo può
4325 essere eliminato da sistema; per far questo di deve utilizzare una apposita
4326 funzione, \funcd{sem\_destroy}, il cui prototipo è:
4328 \headdecl{semaphore.h}
4330 \funcdecl{int sem\_destroy(sem\_t *sem)}
4332 Elimina il semaforo anonimo \param{sem}.
4334 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4335 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4337 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
4338 \const{SEM\_VALUE\_MAX}.
4343 La funzione prende come unico argomento l'indirizzo di un semaforo che deve
4344 essere stato inizializzato con \func{sem\_init}; non deve quindi essere
4345 applicata a semafori creati con \func{sem\_open}. Inoltre si deve essere
4346 sicuri che il semaforo sia effettivamente inutilizzato, la distruzione di un
4347 semaforo su cui sono presenti processi (o \itindex{thread} \textit{thread}) in
4348 attesa (cioè bloccati in una \func{sem\_wait}) provoca un comportamento
4351 Si tenga presente infine che utilizzare un semaforo che è stato distrutto con
4352 \func{sem\_destroy} di nuovo può dare esito a comportamenti indefiniti. Nel
4353 caso ci si trovi in una tale evenienza occorre reinizializzare il semaforo una
4354 seconda volta con \func{sem\_init}.
4357 % LocalWords: like fifo System POSIX RPC Calls Common Object Request Brocker
4358 % LocalWords: Architecture descriptor kernel unistd int filedes errno EMFILE
4359 % LocalWords: ENFILE EFAULT BUF sez fig fork Stevens siblings EOF read SIGPIPE
4360 % LocalWords: EPIPE shell CGI Gateway Interface HTML JPEG URL mime type gs dup
4361 % LocalWords: barcode PostScript race condition stream BarCodePage WriteMess
4362 % LocalWords: size PS switch wait popen pclose stdio const char command NULL
4363 % LocalWords: EINVAL cap fully buffered Ghostscript l'Encapsulated epstopsf of
4364 % LocalWords: PDF EPS lseek ESPIPE PPM Portable PixMap format pnmcrop PNG pnm
4365 % LocalWords: pnmmargin png BarCode inode filesystem l'inode mknod mkfifo RDWR
4366 % LocalWords: ENXIO deadlock client reinviate fortunes fortunefilename daemon
4367 % LocalWords: FortuneServer FortuneParse FortuneClient pid libgapil LD librt
4368 % LocalWords: PATH linker pathname ps tmp killall fortuned crash socket domain
4369 % LocalWords: socketpair BSD sys protocol sv EAFNOSUPPORT EPROTONOSUPPORT AF
4370 % LocalWords: EOPNOTSUPP SOCK SysV IPC Process Comunication ipc perm key exec
4371 % LocalWords: header ftok proj stat libc SunOS glibc XPG dell'inode number uid
4372 % LocalWords: cuid cgid gid tab MSG shift group umask seq MSGMNI SEMMNI SHMMNI
4373 % LocalWords: shmmni msgmni sem sysctl IPCMNI IPCTestId msgget EACCES EEXIST
4374 % LocalWords: CREAT EXCL EIDRM ENOENT ENOSPC ENOMEM novo proc MSGMAX msgmax ds
4375 % LocalWords: MSGMNB msgmnb linked list msqid msgid linux msg qnum lspid lrpid
4376 % LocalWords: rtime ctime qbytes first last cbytes msgctl semctl shmctl ioctl
4377 % LocalWords: cmd struct buf EPERM RMID msgsnd msgbuf msgp msgsz msgflg EAGAIN
4378 % LocalWords: NOWAIT EINTR mtype mtext long message sizeof LENGTH ts sleep BIG
4379 % LocalWords: msgrcv ssize msgtyp NOERROR EXCEPT ENOMSG multiplexing select ls
4380 % LocalWords: poll polling queue MQFortuneServer write init HandSIGTERM l'IPC
4381 % LocalWords: MQFortuneClient mqfortuned mutex risorse' inter semaphore semget
4382 % LocalWords: nsems SEMMNS SEMMSL semid otime semval sempid semncnt semzcnt nr
4383 % LocalWords: SEMVMX SEMOPM semop SEMMNU SEMUME SEMAEM semnum union semun arg
4384 % LocalWords: ERANGE SETALL SETVAL GETALL array GETNCNT GETPID GETVAL GETZCNT
4385 % LocalWords: sembuf sops unsigned nsops UNDO flg nsop num undo pending semadj
4386 % LocalWords: sleeper scheduler running next semundo MutexCreate semunion lock
4387 % LocalWords: MutexFind wrapper MutexRead MutexLock MutexUnlock unlock locking
4388 % LocalWords: MutexRemove shmget SHMALL SHMMAX SHMMIN shmid shm segsz atime FD
4389 % LocalWords: dtime lpid cpid nattac shmall shmmax SHMLBA SHMSEG EOVERFLOW brk
4390 % LocalWords: memory shmat shmdt void shmaddr shmflg SVID RND RDONLY rounded
4391 % LocalWords: SIGSEGV nattch exit SharedMem ShmCreate memset fill ShmFind home
4392 % LocalWords: ShmRemove DirMonitor DirProp chdir GaPiL shmptr DirScan ipcs NFS
4393 % LocalWords: ComputeValues ReadMonitor touch SIGTERM dirmonitor unlink fcntl
4394 % LocalWords: LockFile UnlockFile CreateMutex FindMutex LockMutex SETLKW GETLK
4395 % LocalWords: UnlockMutex RemoveMutex ReadMutex UNLCK WRLCK RDLCK mapping MAP
4396 % LocalWords: SHARED ANONYMOUS thread patch names strace system call userid Di
4397 % LocalWords: groupid Michal Wronski Krzysztof Benedyczak wrona posix mqueue
4398 % LocalWords: lmqueue gcc mount mqd name oflag attr maxmsg msgsize receive ptr
4399 % LocalWords: send WRONLY NONBLOCK close mqdes EBADF getattr setattr mqstat
4400 % LocalWords: omqstat curmsgs flags timedsend len prio timespec abs EMSGSIZE
4401 % LocalWords: ETIMEDOUT timedreceive getaddr notify sigevent notification l'I
4402 % LocalWords: EBUSY sigev SIGNAL signo value sigval siginfo all'userid MESGQ
4403 % LocalWords: Konstantin Knizhnik futex tmpfs ramfs cache shared swap CONFIG
4404 % LocalWords: lrt blocks PAGECACHE TRUNC CLOEXEC mmap ftruncate munmap FindShm
4405 % LocalWords: CreateShm RemoveShm LIBRARY Library libmqueue FAILED EACCESS
4406 % LocalWords: ENAMETOOLONG qualchenome RESTART trywait XOPEN SOURCE timedwait
4407 % LocalWords: process getvalue sval execve pshared ENOSYS heap PAGE destroy
4410 %%% Local Variables:
4412 %%% TeX-master: "gapil"