From 46029a05c9009df38022e82b0f20732290388ef1 Mon Sep 17 00:00:00 2001 From: Simone Piccardi Date: Sun, 22 Dec 2002 12:57:37 +0000 Subject: [PATCH] Inizio delle considerazioni sull'uso della shared memory. --- ipc.tex | 50 +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++------- 1 file changed, 43 insertions(+), 7 deletions(-) diff --git a/ipc.tex b/ipc.tex index 270113c..4721013 100644 --- a/ipc.tex +++ b/ipc.tex @@ -1231,8 +1231,12 @@ mantenuta staticamente all'interno del sistema. Il primo oggetto introdotto dal \textit{SysV IPC} è quello delle code di messaggi. Le code di messaggi sono oggetti analoghi alle pipe o alle fifo, -anche se la loro struttura è diversa. La funzione che permette di ottenerne -una è \func{msgget} ed il suo prototipo è: +anche se la loro struttura è diversa, ed il loro scopo principale è appunto +quello di permettere a processi diversi di scambiarsi dei dati. + +La funzione che permette di richiedere al sistema l'identificatore di una coda +di messaggi esistente (o di crearne una se questa non esiste) è \func{msgget}; +il suo prototipo è: \begin{functions} \headdecl{sys/types.h} \headdecl{sys/ipc.h} @@ -2919,6 +2923,38 @@ In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di inoltre la regione di indirizzi usata per il segmento di memoria condivisa viene tolta dallo spazio di indirizzi del processo. +Benché la memoria condivisa costituisca il meccanismo di intercomunicazione +fra processi più veloce, essa non è sempre il più appropriato, dato che, come +abbiamo visto, si avrà comunque la necessità di una sincronizzazione degli +accessi. Per questo motivo, quando la comunicazione fra processi è +sequenziale, altri meccanismi come le pipe, le fifo o i socket, che non +necessitano di sincronizzazione esplicita, sono da preferire. Essa diventa +l'unico meccanismo possibile quando la comunicazione non è +sequenziale\footnote{come accennato in \secref{sec:ipc_sysv_mq} per la + comunicazione non sequenziale si possono usare le code di messaggi, + attraverso l'uso del campo \var{mtype}, ma solo se quest'ultima può essere + effettuata in forma di messaggio.} o quando non può avvenire secondo una +modalità predefinita. + +Un esempio classico di uso della memoria condivisa è quello del ``monitor'', +in cui essa viene per scambiare informazioni fra un processo ``server'' che vi +scrive dei dati di interesse generale che ha ottenuto, e tutti i processi +``client'' interessati agli stessi dati che così possono leggerli in maniera +completamente asincrona. Con questo schema di funzionamento da una parte si +evita che ciascun processo ``client'' debbia compiere l'operazione, +potenzialmente onerosa, di ricavare e trattare i dati, e dall'altra si evita +al processo ``server'' di dover gestire l'invio a tutti i client di tutti i +dati (non potendo il server sapere quali di essi servono effettivamente al +singolo client). + +Nel nostro caso implementeremo un ``monitor'' di una directory: un processo si +incaricherà di tenere sotto controllo alcuni parametri relativi ad una +directory (il numero dei file contenuti, la dimenzione totale, ecc.) che +saranno salvati in un segmento di memoria condivisa cui altri processi +potranno accedere per ricavare la parte di informazione che interessa. + + + %% Per capire meglio il funzionamento delle funzioni facciamo ancora una volta %% riferimento alle strutture con cui il kernel implementa i segmenti di memoria @@ -2953,9 +2989,9 @@ tecniche alternative, che vogliamo riprendere in questa sezione. Le code di messaggi sono probabilmente il meno usato degli oggetti del \textit{SysV IPC}; esse infatti nacquero principalmente come meccanismo di comunicazione bidirezionale quando ancora le pipe erano unidirezionali; con la -disponibilità di \func{socketpair} (vedi \secref{sec:ipc_socketpair}) si può -ottenere lo stesso risultato senza incorrere nelle complicazioni introdotte -dal \textit{SysV IPC}. +disponibilità di \func{socketpair} (vedi \secref{sec:ipc_socketpair}) o +utilizzando una coppia di pipe, si può ottenere questo risultato senza +incorrere nelle complicazioni introdotte dal \textit{SysV IPC}. In realtà, grazie alla presenza del campo \var{mtype}, le code di messaggi hanno delle caratteristiche ulteriori, consentendo una classificazione dei @@ -2964,7 +3000,7 @@ sono impossibili da ottenere con le pipe e i socket\index{socket} di \func{socketpair}. A queste esigenze però si può comunque ovviare in maniera diversa con un uso combinato della memoria condivisa e dei meccanismi di sincronizzazione, per cui alla fine l'uso delle code di messaggi classiche è -poco diffuso. +relativamente poco diffuso. @@ -3239,7 +3275,7 @@ Dei semafori POSIX esistono sostanzialmente due implementazioni; una livello di libreria ed è fornita dalla libreria dei thread; questa però li implementa solo a livello di thread e non di processi. Esiste un'altra versione, realizzata da Konstantin Knizhnik, che reimplementa l'interfaccia -POSIX usando i semafori di SysV IPC. +POSIX usando i semafori di SysV IPC. \subsection{Memoria condivisa} -- 2.30.2