X-Git-Url: https://gapil.gnulinux.it/gitweb/?p=gapil.git;a=blobdiff_plain;f=socket.tex;h=98a79a64db1b825aa40d988653b1140129f2fa95;hp=4cc999d34818865533ddcab50e8c2cadb0ca500f;hb=5af27a7a0ed59f8684593f0c2b300b81576351b0;hpb=e323f7e103dac7a264d3ef335d23540719df2623 diff --git a/socket.tex b/socket.tex index 4cc999d..98a79a6 100644 --- a/socket.tex +++ b/socket.tex @@ -1,25 +1,45 @@ -\chapter{Socket} -\label{cha:socket} - -Il \textit{socket} (traducibile liberamente come \textsl{manicotto}) è uno dei -principali meccanismi di comunicazione fra programmi utilizzato in ambito unix -(e non solo). Il socket costituisce in sostanza un canale di comunicazione fra -due processi su cui si possono leggere e scrivere dati. - -La creazione di un socket restituisce un file descriptor con un comportamento -analogo a quello di una pipe ma a differenza di questa e degli altri -meccanismi esaminati nel capitolo \ref{cha:ipc} i socket non sono limitati -alla comunicazione fra processi che girano sulla stessa macchina ma possono -effettuare la comunicazione anche attraverso la rete. - -I socket infatti sono la principale API (\textit{Application Program - Interface}) usata nella programmazione di rete. La loro origine risale al -1983, quando furono introdotti nel BSD 4.2; l'interfaccia è rimasta +\chapter{Introduzione ai socket} +\label{cha:socket_intro} + +In questo capitolo inizieremo a spiegare le caratteristiche principali della +principale interfaccia per la programmazione di rete, quella dei +\textit{socket}, che pur essendo nata in unix è usata ormai da tutti i sistemi +operativi. + +Dopo una breve panoramica sulle caratteristiche di questa interfaccia vedremo +come creare un socket e come collegarlo allo specifico protocollo di rete che +utilizzerà per la comunicazione. Per evitare un'introduzione puramente teorica +concluderemo il capitolo con un primo esempio di applicazione. + +\section{Una panoramica} +\label{sec:sock_overview} + +Iniziamo con una descrizione essenziale di cosa sono i \textit{socket} e di +quali sono i concetti fondamentali da tenere presente quando si ha a che fare +con essi. + +\subsection{I \textit{socket}} +\label{sec:sock_socket_def} + +Il \textit{socket}\footnote{una traduzione letterale potrebbe essere + \textsl{presa}, ma essendo universalmente noti come socket utilizzeremo + sempre la parola inglese.} è uno dei principali meccanismi di comunicazione +fra programmi utilizzato in ambito Unix. Il socket costituisce in sostanza un +canale di comunicazione fra due processi su cui si possono leggere e scrivere +dati analogo a quello di una pipe (vedi \secref{sec:ipc_pipes}) ma a +differenza di questa e degli altri meccanismi esaminati nel capitolo +\capref{cha:IPC} i socket non sono limitati alla comunicazione fra processi +che girano sulla stessa macchina ma possono effettuare la comunicazione anche +attraverso la rete. + +Quella dei socket costituisce infatti la principale API (\textit{Application + Program Interface}) usata nella programmazione di rete. La loro origine +risale al 1983, quando furono introdotti nel BSD 4.2; l'interfaccia è rimasta sostanzialmente la stessa con piccole modifiche negli anni successivi. Benché -siano state sviluppate interfacce alternative, originate dai sistemi SYSV, +siano state sviluppate interfacce alternative, originate dai sistemi SVr4, come la XTI (\textit{X/Open Transport Interface}) nessuna ha mai raggiunto la -diffusione e la popolarità di quella dei socket (né tantomeno usabilità e -flessibilità). +diffusione e la popolarità di quella dei socket (né tantomeno la stessa +usabilità e flessibilità). La flessibilità e la genericità dell'interfaccia inoltre ha consentito di utilizzare i socket con i più disparati meccanismi di comunicazione, e non @@ -27,26 +47,26 @@ solo con la suite dei protocolli TCP/IP, che sar tratteremo in maniera più estesa. -\section{Concetti base} +\subsection{Concetti base} \label{sec:sock_gen} Per capire il funzionamento dei socket occorre avere presente il funzionamento -dei protocolli di rete (vedi \ref{cha:network}), ma l'interfaccia è del tutto -generale e benché le problematiche (e quindi le modalità di risolvere i +dei protocolli di rete (vedi \capref{cha:network}), ma l'interfaccia è del +tutto generale e benché le problematiche (e quindi le modalità di risolvere i problemi) siano diverse a seconda del tipo di protocollo di comunicazione usato, le funzioni da usare restano le stesse. Per questo motivo una semplice descrizione dell'interfaccia è assolutamente inutile, in quanto il comportamento di quest'ultima e le problematiche da -affrontare cambiano radicalmente a seconda dello ``stile'' di comunicazione -usato. La scelta di questo stile va infatti ad incidere sulla semantica che -verrà utilizzata a livello utente per gestire la comunicazione (su come -inviare e ricevere i dati) e sul comportamento effettivo delle funzioni -utilizzate. +affrontare cambiano radicalmente a seconda dello \textsl{stile} di +comunicazione usato. La scelta di questo stile va infatti ad incidere sulla +semantica che verrà utilizzata a livello utente per gestire la comunicazione +(su come inviare e ricevere i dati) e sul comportamento effettivo delle +funzioni utilizzate. La scelta di uno stile dipende sia dai meccanismi disponibili, sia dal tipo di comunicazione che si vuole effettuare. Ad esempio alcuni stili di -comunicazione considerano i dati come una sequenza continua di bytes, altri +comunicazione considerano i dati come una sequenza continua di byte, altri invece li raggruppano in blocchi (i pacchetti). Un'altro esempio di stile concerne la possibilità che la comunicazione possa o @@ -65,71 +85,999 @@ si collega possa riceverli. la comunicazione, ad esempio se è inaffidabile occorrerà essere in grado di gestire la perdita o il rimescolamento dei dati. + +\section{La creazione di un \textit{socket}} +\label{sec:sock_creation} + +Come accennato l'interfaccia dei socket è estremamente flessibile e permette +di interagire con protocolli di comunicazione anche molto diversi fra di loro; +in questa sezione vedremo come è possibile creare un socket e come specificare +il tipo di comunicazione che esso deve utilizzare. + +\subsection{La funzione \func{socket}} +\label{sec:sock_socket} + +La creazione di un socket avviene attraverso l'uso della funzione +\func{socket} questa restituisce un \textit{socket descriptor} (un valore +intero non negativo) che come gli analoghi file descriptor di file e alle +pipe serve come riferimento al socket; in sostanza è l'indice nella tabella +dei file che contiene i puntatori alle opportune strutture usate dal kernel ed +allocate per ogni processo, (la stessa usata per i files e le pipes [NdA +verificare!]). + +La funzione prende tre parametri, il dominio del socket (che definisce la +famiglia di protocolli, vedi \secref{sec:sock_domain}), il tipo di socket (che +definisce lo stile di comunicazione vedi \secref{sec:sock_type}) e il +protocollo; in genere quest'ultimo è indicato implicitamente dal tipo di +socket, per cui viene messo a zero (con l'eccezione dei \textit{raw socket}). + +\begin{prototype}{sys/socket.h}{int socket(int domain, int type, int protocol)} + + Apre un socket. + + \bodydesc{La funzione restituisce un intero positivo se riesce, e -1 se + fallisce, in quest'ultimo caso la variabile \var{errno} è impostata con i + seguenti codici di errore: + + \begin{errlist} + \item[\macro{EPROTONOSUPPORT}] Il tipo di socket o il protocollo scelto non + sono supportati nel dominio. + \item[\macro{ENFILE}] Il kernel non ha memoria sufficiente a creare una + nuova struttura per il socket. + \item[\macro{EMFILE}] Si è ecceduta la tabella dei file. + \item[\macro{EACCES}] Non si hanno privilegi per creare un socket nel + dominio o con il protocollo specificato. + \item[\macro{EINVAL}] Protocollo sconosciuto o dominio non disponibile. + \item[\macro{ENOBUFS}] Non c'è sufficiente memoria per creare il socket (può + essere anche \macro{ENOMEM}). + \end{errlist}} +\end{prototype} + +Si noti che la creazione del socket non comporta nulla riguardo +all'indicazione degli indirizzi remoti o locali attraverso i quali si vuole +effettuare la comunicazione. + +\subsection{Il dominio, o \textit{protocol family}} +\label{sec:sock_domain} + Dati i tanti e diversi protocolli di comunicazione disponibili, esistono vari tipi di socket, che vengono classificati raggruppandoli in quelli che si -chiamano \textsl{domini} (\textit{domains}). La scelta di un dominio equivale -in sostanza alla scelta di una famiglia di protocolli. Ciascun dominio ha un -suo nome simbolico che convenzionalmente inizia con \texttt{PF\_} (da -\textit{Protocol Family}, altro nome con cui si indicano i domini). +chiamano \textsl{domini}. La scelta di un dominio equivale in sostanza alla +scelta di una famiglia di protocolli. Ciascun dominio ha un suo nome simbolico +che convenzionalmente inizia con \texttt{PF\_} da \textit{protocol family}, +altro nome con cui si indicano i domini. A ciascun tipo di dominio corrisponde un analogo nome simbolico che inizia per -\texttt{AF\_} da \textit{Address Family}, nome che useremo anche noi; le man -pages di linux si riferiscono a questi anche come \textit{name space}, (nome -che però il manuale della glibc riserva ai domini) e che identifica il formato -degli indirizzi usati in quel dominio. +\texttt{AF\_} da \textit{address family}, e che identifica il formato degli +indirizzi usati in quel dominio; le pagine di manuale di Linux si riferiscono +a questi anche come \textit{name space}, (nome che però il manuale delle +\acr{glibc} riserva ai domini) e che identifica il formato degli indirizzi +usati in quel dominio. -I domini (e i relativi nomi simbolici) sono definiti dall'header -\textit{socket.h}. In linux sono disponibili le famiglie di protocolli -riportate in \ntab. +L'idea alla base della distinzione era che una famiglia di protocolli potesse +supportare vari tipi di indirizzi, per cui il prefisso \texttt{PF\_} si +sarebbe dovuto usare nella creazione dei socket e il prefisso \texttt{AF\_} in +quello delle strutture degli indirizzi; questo è quanto specificato anche +dallo standard POSIX.1g, ma non esistono a tuttora famiglie di protocolli che +supportino diverse strutture di indirizzi, per cui nella pratica questi due +nomi sono equivalenti e corrispondono agli stessi valori. + +I domini (e i relativi nomi simbolici), così come i nomi delle famiglie di +indirizzi sono definiti dall'header \textit{socket.h}. In Linux le famiglie di +protocolli disponibili sono riportate in \tabref{tab:net_pf_names}. \begin{table}[htb] + \footnotesize \centering - \begin{tabular}[c]{lll} - Nome & Utilizzo & Man page \\ - PF\_UNIX,PF\_LOCAL & Local communication & unix(7) \\ - PF\_INET & IPv4 Internet protocols & ip(7) \\ - PF\_INET6 & IPv6 Internet protocols & \\ - PF\_IPX & IPX - Novell protocols & \\ - PF\_NETLINK & Kernel user interface device & netlink(7) \\ - PF\_X25 & ITU-T X.25 / ISO-8208 protocol & x25(7) \\ - PF\_AX25 & Amateur radio AX.25 protocol & \\ - PF\_ATMPVC & Access to raw ATM PVCs & \\ - PF\_APPLETALK & Appletalk & ddp(7) \\ - PF\_PACKET & Low level packet interface & packet(7) \\ + \begin{tabular}[c]{|l|l|l|} + \hline + \textbf{Nome} & \textbf{Utilizzo} &\textbf{Man page} \\ + \hline + \hline + \macro{PF\_UNIX}, + \macro{PF\_LOCAL} & Local communication & unix(7) \\ + \macro{PF\_INET} & IPv4 Internet protocols & ip(7) \\ + \macro{PF\_INET6} & IPv6 Internet protocols & ipv6(7) \\ + \macro{PF\_IPX} & IPX - Novell protocols & \\ + \macro{PF\_NETLINK}& Kernel user interface device & netlink(7) \\ + \macro{PF\_X25} & ITU-T X.25 / ISO-8208 protocol & x25(7) \\ + \macro{PF\_AX25} & Amateur radio AX.25 protocol & \\ + \macro{PF\_ATMPVC} & Access to raw ATM PVCs & \\ + \macro{PF\_APPLETALK}& Appletalk & ddp(7) \\ + \macro{PF\_PACKET} & Low level packet interface & packet(7) \\ + \hline \end{tabular} - \caption{Famiglie di protocolli definiti in linux} + \caption{Famiglie di protocolli definiti in Linux} \label{tab:net_pf_names} \end{table} +Non tutte le famiglie di protocolli sono accessibili dall'utente generico, ad +esempio in generale tutti i socket di tipo \macro{SOCK\_RAW} possono essere +creati solo da processi che hanno i privilegi di root (cioè con userid +effettivo uguale a zero) o con la capability \macro{CAP\_NET\_RAW}. + + +\subsection{Il tipo, o stile} +\label{sec:sock_type} + La scelta di un dominio non comporta però la scelta dello stile di comunicazione, questo infatti viene a dipendere dal protocollo che si andrà ad utilizzare fra quelli disponibili nella famiglia scelta. Le API permettono di -scegliere lo stile di comunicazione indicando il tipo di socket; linux e le -glibc mettono a disposizione i seguenti tipi di socket (che il manuale della -glibc chiama \textit{styles}) definiti come \texttt{int} in \texttt{socket.h}: +scegliere lo stile di comunicazione indicando il tipo di socket; Linux e le +\acr{glibc} mettono a disposizione i seguenti tipi di socket (che il manuale +della \acr{glibc} chiama \textit{styles}) definiti come \ctyp{int} in +\file{socket.h}: \begin{list}{}{} -\item \texttt{SOCK\_STREAM} Provvede un canale di trasmissione dati +\item \macro{SOCK\_STREAM} Provvede un canale di trasmissione dati bidirezionale, sequenziale e affidabile. Opera su una connessione con un altro socket. I dati vengono ricevuti e trasmessi come un flusso continuo di - byte (da cui il nome \textit{stream}). Vedi \ref{sec:sock_stream}. -\item \texttt{SOCK\_DGRAM} Viene usato per mandare pacchetti di lunghezza + byte (da cui il nome \textit{stream}). +\item \macro{SOCK\_DGRAM} Viene usato per mandare pacchetti di lunghezza massima fissata (\textit{datagram}) indirizzati singolarmente, senza - connessione e in maniera non affidabile. È l'opposto del precedente. Vedi - \ref{sec:sock_dgram}. -\item \texttt{SOCK\_SEQPACKET} Provvede un canale di trasmissione di dati + connessione e in maniera non affidabile. È l'opposto del precedente. +\item \macro{SOCK\_SEQPACKET} Provvede un canale di trasmissione di dati bidirezionale, sequenziale e affidabile. Opera su una connessione con un altro socket. I dati possono solo essere trasmessi e letti per pacchetti (di dimensione massima fissata). -\item \texttt{SOCK\_RAW} Provvede l'accesso a basso livello ai protocolli di +\item \macro{SOCK\_RAW} Provvede l'accesso a basso livello ai protocolli di rete e alle varie interfacce. I normali programmi di comunicazione non devono usarlo. -\item \texttt{SOCK\_RDM} Provvede un canale di trasmissione di pacchetti +\item \macro{SOCK\_RDM} Provvede un canale di trasmissione di pacchetti affidabile ma in cui non è garantito l'ordine di arrivo dei pacchetti. -\item \texttt{SOCK\_PACKET} Obsoleto, non deve essere usato. +\item \macro{SOCK\_PACKET} Obsoleto, non deve essere usato. \end{list} +Si tenga presente che non tutte le combinazioni fra una famiglia di protocolli +e un tipo di socket sono valide, in quanto non è detto che in una famiglia +esista un protocollo per ciascuno dei diversi stili di comunicazione appena +elencati. + +\begin{table}[htb] + \footnotesize + \centering + \begin{tabular}{l|c|c|c|c|c|} + \multicolumn{1}{c}{} &\multicolumn{1}{c}{\macro{SOCK\_STREAM}}& + \multicolumn{1}{c}{\macro{SOCK\_DGRAM}} & + \multicolumn{1}{c}{\macro{SOCK\_RAW}} & + \multicolumn{1}{c}{\macro{SOCK\_PACKET}}& + \multicolumn{1}{c}{\macro{SOCK\_SEQPACKET}} \\ + \cline{2-6} + \macro{PF\_UNIX} & si & si & & & \\ + \cline{2-6} + \macro{PF\_INET} & TCP & UDP & IPv4 & & \\ + \cline{2-6} + \macro{PF\_INET6} & TCP & UDP & IPv6 & & \\ + \cline{2-6} + \macro{PF\_IPX} & & & & & \\ + \cline{2-6} + \macro{PF\_NETLINK} & & si & si & & \\ + \cline{2-6} + \macro{PF\_X25} & & & & & si \\ + \cline{2-6} + \macro{PF\_AX25} & & & & & \\ + \cline{2-6} + \macro{PF\_ATMPVC} & & & & & \\ + \cline{2-6} + \macro{PF\_APPLETALK} & & si & si & & \\ + \cline{2-6} + \macro{PF\_PACKET} & & si & si & & \\ + \cline{2-6} + \end{tabular} + \caption{Combinazioni valide di dominio e tipo di protocollo per la + funzione \func{socket}.} + \label{tab:sock_sock_valid_combinations} +\end{table} + +In \secref{tab:sock_sock_valid_combinations} sono mostrate le combinazioni +valide possibili per le varie famiglie di protocolli. Per ogni combinazione +valida si è indicato il tipo di protocollo, o la parola \textsl{si} qualora +non il protocollo non abbia un nome definito, mentre si sono lasciate vuote le +caselle per le combinazioni non supportate. + + + +\section{Le strutture degli indirizzi dei socket} +\label{sec:sock_sockaddr} + +Come si è visto nella creazione di un socket non si specifica nulla oltre al +tipo di famiglia di protocolli che si vuole utilizzare, in particolare nessun +indirizzo che identifichi i due capi della comunicazione. La funzione infatti +si limita ad allocare nel kernel quanto necessario per poter poi realizzare la +comunicazione. + +Gli indirizzi vengono specificati attraverso apposite strutture che vengono +utilizzate dalle altre funzioni della API dei socket quando la comunicazione +viene effettivamente realizzata. + +Ogni famiglia di protocolli ha ovviamente una sua forma di indirizzamento e in +corrispondenza a questa una sua peculiare struttura degli indirizzi; i nomi di +tutte queste strutture iniziano per \var{sockaddr\_}, quelli propri di +ciascuna famiglia vengono identificati dal suffisso finale, aggiunto al nome +precedente. + + +\subsection{La struttura generica} +\label{sec:sock_sa_gen} + +Le strutture degli indirizzi vengono sempre passate alle varie funzioni +attraverso puntatori (cioè \textit{by reference}), ma le funzioni devono poter +maneggiare puntatori a strutture relative a tutti gli indirizzi possibili +nelle varie famiglie di protocolli; questo pone il problema di come passare +questi puntatori, il C ANSI risolve questo problema coi i puntatori generici +(i \ctyp{void *}), ma l'interfaccia dei socket è antecedente alla definizione +dello standard ANSI, e per questo nel 1982 fu scelto di definire una struttura +generica per gli indirizzi dei socket, \type{sockaddr}, che si è riportata in +\figref{fig:sock_sa_gen_struct}. + +\begin{figure}[!htb] + \footnotesize + \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{} +struct sockaddr { + sa_family_t sa_family; /* address family: AF_xxx */ + char sa_data[14]; /* address (protocol-specific) */ +}; + \end{lstlisting} + \caption{La struttura generica degli indirizzi dei socket \type{sockaddr}} + \label{fig:sock_sa_gen_struct} +\end{figure} + +Tutte le funzioni dei socket che usano gli indirizzi sono definite usando nel +prototipo un puntatore a questa struttura; per questo motivo quando si +invocano dette funzioni passando l'indirizzo di un protocollo specifico +occorrerà eseguire un casting del relativo puntatore. + +I tipi di dati che compongono la struttura sono stabiliti dallo standard +POSIX.1g, riassunti in \tabref{tab:sock_data_types} con i rispettivi file di +include in cui sono definiti; la struttura è invece definita nell'include file +\file{sys/socket.h}. + +\begin{table}[!htb] + \centering + \begin{tabular}{|l|l|l|} + \hline + \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Tipo}}& + \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Descrizione}}& + \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Header}} \\ + \hline + \hline + \type{int8\_t} & intero a 8 bit con segno & \file{sys/types.h}\\ + \type{uint8\_t} & intero a 8 bit senza segno & \file{sys/types.h}\\ + \type{int16\_t} & intero a 16 bit con segno & \file{sys/types.h}\\ + \type{uint16\_t} & intero a 16 bit senza segno& \file{sys/types.h}\\ + \type{int32\_t} & intero a 32 bit con segno & \file{sys/types.h}\\ + \type{uint32\_t} & intero a 32 bit senza segno& \file{sys/types.h}\\ + \hline + \type{sa\_family\_t} & famiglia degli indirizzi& \file{sys/socket.h}\\ + \type{socklen\_t} & lunghezza (\type{uint32\_t}) dell'indirizzo di + un socket& \file{sys/socket.h}\\ + \hline + \type{in\_addr\_t} & indirizzo IPv4 (\type{uint32\_t}) & + \file{netinet/in.h}\\ + \type{in\_port\_t} & porta TCP o UDP (\type{uint16\_t})& + \file{netinet/in.h}\\ + \hline + \end{tabular} + \caption{Tipi di dati usati nelle strutture degli indirizzi, secondo quanto + stabilito dallo standard POSIX.1g.} + \label{tab:sock_data_types} +\end{table} + +In alcuni sistemi la struttura è leggermente diversa e prevede un primo membro +aggiuntivo \var{uint8\_t sin\_len} (come riportato da R. Stevens nei suoi +libri). Questo campo non verrebbe usato direttamente dal programmatore e non è +richiesto dallo standard POSIX.1g, in Linux pertanto non esiste. Il campo +\type{sa\_family\_t} era storicamente un \ctyp{unsigned short}. + +Dal punto di vista del programmatore l'unico uso di questa struttura è quello +di fare da riferimento per il casting, per il kernel le cose sono un po' +diverse, in quanto esso usa il puntatore per recuperare il campo +\var{sa\_family} con cui determinare il tipo di indirizzo; per questo +motivo, anche se l'uso di un puntatore \ctyp{void *} sarebbe più immediato +per l'utente (che non dovrebbe più eseguire il casting), è stato mantenuto +l'uso di questa struttura. + + +\subsection{La struttura degli indirizzi IPv4} +\label{sec:sock_sa_ipv4} + +I socket di tipo \macro{PF\_INET} vengono usati per la comunicazione +attraverso internet; la struttura per gli indirizzi per un socket internet +(IPv4) è definita come \type{sockaddr\_in} nell'header file +\file{netinet/in.h} e secondo le pagine di manuale ha la forma mostrata in +\figref{fig:sock_sa_ipv4_struct}, conforme allo standard POSIX.1g. + +\begin{figure}[!htb] + \footnotesize + \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{} +struct sockaddr_in { + sa_family_t sin_family; /* address family: AF_INET */ + u_int16_t sin_port; /* port in network byte order */ + struct in_addr sin_addr; /* internet address */ +}; +/* Internet address. */ +struct in_addr { + u_int32_t s_addr; /* address in network byte order */ +}; + \end{lstlisting} + \caption{La struttura degli indirizzi dei socket internet (IPv4) + \type{sockaddr\_in}.} + \label{fig:sock_sa_ipv4_struct} +\end{figure} + +L'indirizzo di un socket internet (secondo IPv4) comprende l'indirizzo +internet di un'interfaccia più un numero di porta. Il protocollo IP non +prevede numeri di porta, che sono utilizzati solo dai protocolli di livello +superiore come TCP e UDP. Questa struttura però viene usata anche per i socket +RAW che accedono direttamente al livello di IP, nel qual caso il numero della +porta viene impostato al numero di protocollo. + +Il membro \var{sin\_family} deve essere sempre impostato; \var{sin\_port} +specifica il numero di porta (vedi \secref{sec:TCPel_port_num}; i numeri di +porta sotto il 1024 sono chiamati \textsl{riservati} in quanto utilizzati da +servizi standard. Soltanto processi con i privilegi di root (con userid +effettivo uguale a zero) o con la capability \macro{CAP\_NET\_BIND\_SERVICE} +possono usare la funzione \func{bind} su queste porte. + +Il membro \var{sin\_addr} contiene l'indirizzo internet dell'altro capo +della comunicazione, e viene acceduto sia come struttura (un resto di una +implementazione precedente in cui questa era una \texttt{union} usata per +accedere alle diverse classi di indirizzi) che come intero. + +Infine è da sottolineare che sia gli indirizzi che i numeri di porta devono +essere specificati in quello che viene chiamato \textit{network order}, cioè +con i bit ordinati in formato \textit{big endian}, questo comporta la +necessità di usare apposite funzioni di conversione per mantenere la +portabilità del codice (vedi \secref{sec:sock_addr_func} per i dettagli del +problema e le relative soluzioni). + + +\subsection{La struttura degli indirizzi IPv6} +\label{sec:sock_sa_ipv6} + +Essendo IPv6 un'estensione di IPv4 i socket di tipo \macro{PF\_INET6} sono +sostanzialmente identici ai precedenti; la parte in cui si trovano +praticamente tutte le differenze è quella della struttura degli indirizzi. La +struttura degli indirizzi è definita ancora in \file{netinet/in.h}. + +\begin{figure}[!htb] + \footnotesize + \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{} +struct sockaddr_in6 { + u_int16_t sin6_family; /* AF_INET6 */ + u_int16_t sin6_port; /* port number */ + u_int32_t sin6_flowinfo; /* IPv6 flow information */ + struct in6_addr sin6_addr; /* IPv6 address */ + u_int32_t sin6_scope_id; /* Scope id (new in 2.4) */ +}; + +struct in6_addr { + unsigned char s6_addr[16]; /* IPv6 address */ +}; + \end{lstlisting} + \caption{La struttura degli indirizzi dei socket IPv6 + \type{sockaddr\_in6}.} + \label{fig:sock_sa_ipv6_struct} +\end{figure} + +Il campo \var{sin6\_family} deve essere sempre impostato ad +\macro{AF\_INET6}, il campo \var{sin6\_port} è analogo a quello di IPv4 e +segue le stesse regole; il campo \var{sin6\_flowinfo} è a sua volta diviso +in tre parti di cui i 24 bit inferiori indicano l'etichetta di flusso, i +successivi 4 bit la priorità e gli ultimi 4 sono riservati; questi valori +fanno riferimento ad alcuni campi specifici dell'header dei pacchetti IPv6 +(vedi \secref{sec:IP_ipv6head}) ed il loro uso è sperimentale. + +Il campo \var{sin6\_addr} contiene l'indirizzo a 128 bit usato da IPv6, +infine il campo \var{sin6\_scope\_id} è un campo introdotto con il kernel +2.4 per gestire alcune operazioni riguardanti il multicasting. + +Si noti che questa struttura è più grande di una \var{sockaddr} generica, +quindi occorre stare attenti a non avere fatto assunzioni riguardo alla +possibilità di contenere i dati nelle dimensioni di quest'ultima. + + +\subsection{La struttura degli indirizzi locali} +\label{sec:sock_sa_local} + +I socket di tipo \macro{PF\_UNIX} o \macro{PF\_LOCAL} vengono usati per una +comunicazione fra processi che stanno sulla stessa macchina (per vengono +chiamati \textit{local domain} o anche \textit{Unix domain}); essi rispetto ai +precedenti possono essere anche creati in maniera anonima attraverso la +funzione \func{socketpair} (vedi \secref{sec:ipc_socketpair}). Quando però si +vuole fare riferimento esplicito ad uno di questi socket si deve usare la +seguente struttura di indirizzi definita nel file di header \file{sys/un.h}. + +\begin{figure}[!htb] + \footnotesize + \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{} +#define UNIX_PATH_MAX 108 +struct sockaddr_un { + sa_family_t sun_family; /* AF_UNIX */ + char sun_path[UNIX_PATH_MAX]; /* pathname */ +}; + \end{lstlisting} + \caption{La struttura degli indirizzi dei socket locali + \var{sockaddr\_un}.} + \label{fig:sock_sa_local_struct} +\end{figure} + +In questo caso il campo \var{sun\_family} deve essere \macro{AF\_UNIX}, +mentre il campo \var{sun\_path} deve specificare un indirizzo; questo ha +due forme un file (di tipo socket) nel filesystem o una stringa univoca +(tenuta in uno spazio di nomi astratto). Nel primo caso l'indirizzo viene +specificato come una stringa (terminata da uno zero) corrispondente al +pathname del file; nel secondo invece \var{sun\_path} inizia con uno zero +vengono usati i restanti byte come stringa (senza terminazione). + + +% \subsection{Il passaggio delle strutture} +% \label{sec:sock_addr_pass} + +% Come detto nelle funzioni della API dei socket le strutture degli indirizzi +% vengono sempre passate per riferimento usando un puntatore; anche la lunghezza +% della struttura è passata come argomento, ma in questo caso la modalità del +% passaggio dipende dalla direzione del medesimo, dal processo al kernel o +% viceversa. + +% In particolare le tre funzioni \texttt{bind}, \texttt{connect} e +% \texttt{sendto} passano la struttura al kernel, in questo caso è passata +% \textsl{per valore} anche la dimensione della medesima + + +% Le funzioni \texttt{accept}, \texttt{recvfrom}, \texttt{getsockname} e +% \texttt{getpeername} invece ricevono i valori del kernel + + + +\section{Le funzioni di conversione degli indirizzi} +\label{sec:sock_addr_func} + +In questa sezione tratteremo delle varie funzioni usate per manipolare gli +indirizzi, limitandoci però agli indirizzi internet. + +Come accennato gli indirizzi e i numeri di porta usati nella rete devono +essere forniti in formato opportuno (il \textit{network order}). Per capire +cosa significa tutto ciò occorre introdurre un concetto generale che tornerà +utile anche in seguito. + + +\subsection{La \textit{endianess}} +\label{sec:sock_endianess} + +La rappresentazione di un numero binario in un computer può essere fatta in +due modi, chiamati rispettivamente \textit{big endian} e \textit{little + endian} a seconda di come i singoli bit vengono aggregati per formare le +variabili intere (in diretta corrispondenza a come sono poi in realtà cablati +sui bus interni del computer). + +Per capire meglio il problema si consideri un intero a 16 bit scritto in una +locazione di memoria posta ad un certo indirizzo. I singoli bit possono essere +disposti un memoria in due modi, a partire dal più significativo o a partire +dal meno significativo. Così nel primo caso si troverà il byte che contiene i +bit più significativi all'indirizzo menzionato e il byte con i bit meno +significativi nell'indirizzo successivo; questo ordinamento è detto +\textit{little endian} dato che il dato finale è la parte ``piccola'' del +numero. Il caso opposto, in cui si parte dal bit meno significativo è detto +per lo stesso motivo \textit{big endian}. + +La \textit{endianess} di un computer dipende essenzialmente dalla architettura +hardware usata; Intel e Digital usano il \textit{little endian}, Motorola, +IBM, Sun (sostanzialmente tutti gli altri) usano il \textit{big endian}. Il +formato della rete è anch'esso \textit{big endian}, altri esempi sono quello +del bus PC, che è \textit{little endian}, o quello del bus VME che è +\textit{big endian}. + +Esistono poi anche dei processori che possono scegliere il tipo di formato +all'avvio e alcuni che, come il PowerPC o l'Intel i860, possono pure passare +da un tipo di ordinamento all'altro con una specifica istruzione. In ogni caso +in Linux l'ordinamento è definito dall'architettura e dopo l'avvio del sistema +resta sempre lo stesso, anche quando il processore permetterebbe di eseguire +questi cambiamenti. + +\subsection{Le funzioni per il riordinamento} +\label{sec:sock_func_ord} + +Il problema connesso all'endianess è che quando si passano dei dati da un tipo +di architettura all'altra i dati vengono interpretati in maniera diversa, e ad +esempio nel caso dell'intero a 16 bit ci si ritroverà con i due byte in cui è +suddiviso scambiati di posto, e ne sarà quindi invertito l'ordine di lettura +per cui, per riavere il valore originale dovranno essere rovesciati. + +Per questo motivo si usano le seguenti funzioni di conversione che servono a +tener conto automaticamente della possibile differenza fra l'ordinamento usato +sul computer e quello che viene usato nelle trasmissione sulla rete; queste +funzioni sono: +\begin{prototype}{netinet/in.h} +{unsigned long int htonl(unsigned long int hostlong)} + Converte l'intero a 32 bit \var{hostlong} dal formato della macchina a + quello della rete. +\end{prototype} +\begin{prototype}{netinet/in.h} +{unsigned short int htons(unsigned short int hostshort)} + Converte l'intero a 16 bit \var{hostshort} dal formato della macchina a + quello della rete. +\end{prototype} +\begin{prototype}{netinet/in.h} +{unsigned long int ntonl(unsigned long int netlong)} + Converte l'intero a 32 bit \var{netlong} dal formato della rete a quello + della macchina. +\end{prototype} +\begin{prototype}{netinet/in.h} +{unsigned sort int ntons(unsigned short int netshort)} + Converte l'intero a 16 bit \var{netshort} dal formato della rete a quello + della macchina. +\end{prototype} +I nomi sono assegnati usando la lettera \texttt{n} come mnemonico per indicare +l'ordinamento usato sulla rete (da \textit{network order}) e la lettera +\texttt{h} come mnemonico per l'ordinamento usato sulla macchina locale (da +\textit{host order}), mentre le lettere \texttt{s} e \texttt{l} stanno ad +indicare i tipi di dato (\ctyp{long} o \ctyp{short}, riportati anche dai +prototipi). + +Usando queste funzioni si ha la conversione automatica: nel caso in cui la +macchina che si sta usando abbia una architettura \textit{big endian} queste +funzioni sono definite come macro che non fanno nulla. Per questo motivo vanno +sempre utilizzate, anche quando potrebbero non essere necessarie, in modo da +assicurare la portabilità del codice su tutte le architetture. + + +\subsection{Le funzioni \func{inet\_aton}, \func{inet\_addr} e + \func{inet\_ntoa}} +\label{sec:sock_func_ipv4} + +Un secondo insieme di funzioni di manipolazione serve per passare dal formato +binario usato nelle strutture degli indirizzi alla rappresentazione dei numeri +IP che si usa normalmente. + +Le prime tre funzioni di manipolazione riguardano la conversione degli +indirizzi IPv4 da una stringa in cui il numero di IP è espresso secondo la +cosiddetta notazione \textit{dotted-decimal}, (cioè nella forma +\texttt{192.160.0.1}) al formato binario (direttamente in \textit{network + order}) e viceversa; in questo caso si usa la lettera \texttt{a} come +mnemonico per indicare la stringa. Dette funzioni sono: +\begin{prototype}{arpa/inet.h} + {int inet\_aton(const char *src, struct in\_addr *dest)} + Converte la stringa puntata da \var{src} nell'indirizzo binario da + memorizzare all'indirizzo puntato da \var{dest}, restituendo 0 in caso di + successo e 1 in caso di fallimento (è espressa in questa forma in modo da + poterla usare direttamente con il puntatore usato per passare la struttura + degli indirizzi). Se usata con \var{dest} inizializzato a \macro{NULL} + effettua la validazione dell'indirizzo. +\end{prototype} +\begin{prototype}{arpa/inet.h}{in\_addr\_t inet\_addr(const char *strptr)} + Restituisce l'indirizzo a 32 bit in network order a partire dalla stringa + passata come parametro, in caso di errore restituisce il valore + \macro{INADDR\_NONE} che tipicamente sono trentadue bit a uno; questo + comporta che la stringa \texttt{255.255.255.255}, che pure è un indirizzo + valido, non può essere usata con questa funzione; per questo motivo essa è + generalmente deprecata in favore della precedente. +\end{prototype} +\begin{prototype}{arpa/inet.h}{char *inet\_ntoa(struct in\_addr addrptr)} + Converte il valore a 32 bit dell'indirizzo (espresso in \textit{network + order}) restituendo il puntatore alla stringa che contiene l'espressione + in formato dotted decimal. Si deve tenere presente che la stringa risiede in + memoria statica, per cui questa funzione non è rientrante. +\end{prototype} + + +\subsection{Le funzioni \func{inet\_pton} e \func{inet\_ntop}} +\label{sec:sock_conv_func_gen} + +Le tre funzioni precedenti sono limitate solo ad indirizzi IPv4, per questo +motivo è preferibile usare le due nuove funzioni \func{inet\_pton} e +\func{inet\_ntop} che possono convertire anche gli indirizzi IPv6. Anche in +questo caso le lettere \texttt{n} e \texttt{p} sono degli mnemonici per +ricordare il tipo di conversione effettuata e stanno per \textit{presentation} +e \textit{numeric}. + +% \begin{figure}[htb] +% \centering + +% \caption{Schema della rappresentazioni utilizzate dalle funzioni di +% conversione \texttt{inet\_pton} e \texttt{inet\_ntop} } +% \label{fig:sock_inet_conv_func} + +% \end{figure} + +Entrambe le funzioni accettano l'argomento \param{af} che indica il tipo di +indirizzo e può essere \macro{AF\_INET} o \macro{AF\_INET6}. Se la famiglia +indicata non è valida entrambe le funzioni impostano la variabile \var{errno} +al valore \macro{EAFNOSUPPORT}. I prototipi delle suddette funzioni sono i +seguenti: +\begin{prototype}{sys/socket.h} + {int inet\_pton(int af, const char *src, void *addr\_ptr)} Converte la + stringa puntata da \var{src} nell'indirizzo IP da memorizzare + all'indirizzo puntato da \var{addr\_ptr}, la funzione restituisce un + valore positivo in caso di successo, e zero se la stringa non rappresenta un + indirizzo valido, e negativo se \var{af} specifica una famiglia di indirizzi + non valida. +\end{prototype} +\begin{prototype}{sys/socket.h} + {char *inet\_ntop(int af, const void *addr\_ptr, char *dest, size\_t len)} + Converte la struttura dell'indirizzo puntata da \var{addr\_ptr} in una + stringa che viene copiata nel buffer puntato dall'indirizzo \var{dest}; + questo deve essere preallocato dall'utente e la lunghezza deve essere almeno + \macro{INET\_ADDRSTRLEN} in caso di indirizzi IPv4 e + \macro{INET6\_ADDRSTRLEN} per indirizzi IPv6; la lunghezza del buffer deve + comunque venire specificata attraverso il parametro \var{len}. + + \bodydesc{La funzione restituisce un puntatore non nullo a \var{dest} in + caso di successo e un puntatore nullo in caso di fallimento, in + quest'ultimo caso viene impostata la variabile \var{errno} con il valore + \macro{ENOSPC} in caso le dimensioni dell'indirizzo eccedano la lunghezza + specificata da \var{len} o \macro{ENOAFSUPPORT} in caso \var{af} non sia + una famiglia di indirizzi valida.} +\end{prototype} + +Gli indirizzi vengono convertiti da/alle rispettive strutture di indirizzo +(\var{struct in\_addr} per IPv4, e \var{struct in6\_addr} per IPv6), che +devono essere precedentemente allocate e passate attraverso il puntatore +\var{addr\_ptr}; il parametro \var{dest} di \func{inet\_ntop} non può essere +nullo e deve essere allocato precedentemente. + +Il formato usato per gli indirizzi in formato di presentazione è la notazione +\textit{dotted decimal} per IPv4 e quella descritta in +\secref{sec:IP_ipv6_notation} per IPv6. + + + +\section{Un esempio di applicazione} +\label{sec:sock_appplication} + +Per evitare di rendere questa introduzione ai socket puramente teorica +iniziamo con il mostrare un esempio di un client TCP elementare. Prima di +passare agli esempi del client e del server, esamineremo una caratteristica +delle funzioni di I/O sui socket che ci tornerà utile anche in seguito. + + +\subsection{Il comportamento delle funzioni di I/O} +\label{sec:sock_io_behav} + +Una cosa di cui non sempre si è consapevoli quando si ha a che fare con i +socket è che le funzioni di input/output non sempre hanno lo stesso +comportamento che avrebbero con i normali files (in particolare questo accade +per i socket di tipo stream). + +Infatti con i socket è comune che funzioni come \func{read} o \func{write} +possano restituire in input o scrivere in output un numero di byte minore di +quello richiesto. Come già accennato in \secref{sec:file_read} questo è un +comportamento normale anche per l'I/O su file, e succede +perché si eccede in lettura o scrittura il limite di buffer del kernel. + +In questo caso tutto quello che il programma chiamante deve fare è di ripetere +la lettura (o scrittura) per la quantità di byte rimanenti (lo stesso può +avvenire scrivendo più di 4096 byte in una pipe, dato che quello è il limite +di solito adottato per il buffer di trasmissione del kernel). + +\begin{figure}[htb] + \centering + \footnotesize + \begin{lstlisting}{} +#include + +ssize_t SockRead(int fd, void *buf, size_t count) +{ + size_t nleft; + ssize_t nread; + + nleft = count; + while (nleft > 0) { /* repeat until no left */ + if ( (nread = read(fd, buf, nleft)) < 0) { + if (errno == EINTR) { /* if interrupted by system call */ + continue; /* repeat the loop */ + } else { + return(nread); /* otherwise exit */ + } + } else if (nread == 0) { /* EOF */ + break; /* break loop here */ + } + nleft -= nread; /* set left to read */ + buf +=nread; /* set pointer */ + } + return (count - nleft); +} + \end{lstlisting} + \caption{Funzione \func{SockRead}, legge \var{count} byte da un socket } + \label{fig:sock_SockRead_code} +\end{figure} + +Per questo motivo seguendo l'esempio di W. R. Stevens si sono definite due +funzioni \func{SockRead} e \func{SockWrite} che eseguono la lettura da un +socket tenendo conto di questa caratteristica, ed in grado di ritornare dopo +avere letto o scritto esattamente il numero di byte specificato; il sorgente +è riportato in \curfig\ e \nfig\ ed è disponibile fra i sorgenti allegati alla +guida nei files \file{SockRead.c} e \file{SockWrite.c}. + +\begin{figure}[htb] + \centering + \footnotesize + \begin{lstlisting}{} +#include + +ssize_t SockWrite(int fd, const void *buf, size_t count) +{ + size_t nleft; + ssize_t nwritten; + + nleft = count; + while (nleft > 0) { /* repeat until no left */ + if ( (nwritten = write(fd, buf, nleft)) < 0) { + if (errno == EINTR) { /* if interrupted by system call */ + continue; /* repeat the loop */ + } else { + return(nwritten); /* otherwise exit with error */ + } + } + nleft -= nwritten; /* set left to write */ + buf +=nwritten; /* set pointer */ + } + return (count); +} + \end{lstlisting} + \caption{Funzione \func{SockWrite}, scrive \var{count} byte su un socket } + \label{fig:sock_SockWrite_code} +\end{figure} + +Come si può notare le funzioni ripetono la lettura/scrittura in un ciclo fino +all'esaurimento del numero di byte richiesti, in caso di errore viene +controllato se questo è \macro{EINTR} (cioè un'interruzione della system call +dovuta ad un segnale), nel qual caso l'accesso viene ripetuto, altrimenti +l'errore viene ritornato interrompendo il ciclo. + +Nel caso della lettura, se il numero di byte letti è zero, significa che si è +arrivati alla fine del file e pertanto si ritorna senza aver concluso la +lettura di tutti i byte richiesti. + + + +\subsection{Un primo esempio di client} +\label{sec:net_cli_sample} + +Lo scopo di questo esempio è fornire un primo approccio alla programmazione di +rete e vedere come si usano le funzioni descritte in precedenza, alcune delle +funzioni usate nell'esempio saranno trattate in dettaglio nel capitolo +successivo; qui ci limiteremo a introdurre la nomenclatura senza fornire +definizioni precise e dettagli di funzionamento che saranno trattati +estensivamente più avanti. + +In \figref{fig:net_cli_code} è riportata la sezione principale del codice del +nostro client elementare per il servizio \textit{daytime}, un servizio +standard che restituisce l'ora locale della macchina a cui si effettua la +richiesta. + +\begin{figure}[!htb] + \footnotesize + \begin{lstlisting}{} +#include /* predefined types */ +#include /* include unix standard library */ +#include /* IP addresses conversion utilities */ +#include /* socket library */ +#include /* include standard I/O library */ + +int main(int argc, char *argv[]) +{ + int sock_fd; + int i, nread; + struct sockaddr_in serv_add; + char buffer[MAXLINE]; + ... + /* create socket */ + if ( (sock_fd = socket(AF_INET, SOCK_STREAM, 0)) < 0) { + perror("Socket creation error"); + return -1; + } + /* initialize address */ + memset((void *) &serv_add, 0, sizeof(serv_add)); /* clear server address */ + serv_add.sin_family = AF_INET; /* address type is INET */ + serv_add.sin_port = htons(13); /* daytime post is 13 */ + /* build address using inet_pton */ + if ( (inet_pton(AF_INET, argv[optind], &serv_add.sin_addr)) <= 0) { + perror("Address creation error"); + return -1; + } + /* extablish connection */ + if (connect(sock_fd, (struct sockaddr *)&serv_add, sizeof(serv_add)) < 0) { + perror("Connection error"); + return -1; + } + /* read daytime from server */ + while ( (nread = read(sock_fd, buffer, MAXLINE)) > 0) { + buffer[nread]=0; + if (fputs(buffer, stdout) == EOF) { /* write daytime */ + perror("fputs error"); + return -1; + } + } + /* error on read */ + if (nread < 0) { + perror("Read error"); + return -1; + } + /* normal exit */ + return 0; +} + \end{lstlisting} + \caption{Esempio di codice di un client elementare per il servizio daytime.} + \label{fig:net_cli_code} +\end{figure} + +Il sorgente completo del programma (\file{ElemDaytimeTCPClient.c}, che +comprende il trattamento delle opzioni e una funzione per stampare un +messaggio di aiuto) è allegato alla guida nella sezione dei codici sorgente e +può essere compilato su una qualunque macchina Linux. + +Il programma anzitutto include gli header necessari (\texttt{\small 1--5}); +dopo la dichiarazione delle variabili (\texttt{\small 9--12}) si è omessa +tutta la parte relativa al trattamento degli argomenti passati dalla linea di +comando (effettuata con le apposite routine illustrate in +\capref{sec:proc_opt_handling}). + +Il primo passo (\texttt{\small 14--18}) è creare un \textit{socket} IPv4 +(\macro{AF\_INET}), di tipo TCP \macro{SOCK\_STREAM}. La funzione +\macro{socket} ritorna il descrittore che viene usato per identificare il +socket in tutte le chiamate successive. Nel caso la chiamata fallisca si +stampa un errore con la relativa routine e si esce. + +Il passo seguente (\texttt{\small 19--27}) è quello di costruire un'apposita +struttura \type{sockaddr\_in} in cui sarà inserito l'indirizzo del server ed +il numero della porta del servizio. Il primo passo è inizializzare tutto a +zero, per poi inserire il tipo di protocollo e la porta (usando per +quest'ultima la funzione \func{htons} per convertire il formato dell'intero +usato dal computer a quello usato nella rete), infine si utilizza la funzione +\func{inet\_pton} per convertire l'indirizzo numerico passato dalla linea di +comando. + +Usando la funzione \func{connect} sul socket creato in precedenza +(\texttt{\small 28--32}) si provvede poi a stabilire la connessione con il +server specificato dall'indirizzo immesso nella struttura passata come secondo +argomento, il terzo argomento è la dimensione di detta struttura. Dato che +esistono diversi tipi di socket, si è dovuto effettuare un cast della +struttura inizializzata in precedenza, che è specifica per i socket IPv4. Un +valore di ritorno negativo implica il fallimento della connessione. + +Completata con successo la connessione il passo successivo (\texttt{\small + 34--40}) è leggere la data dal socket; il server invierà sempre una stringa +di 26 caratteri della forma \verb|Wed Apr 4 00:53:00 2001\r\n|, che viene +letta dalla funzione \func{read} e scritta su \file{stdout}. + +Dato il funzionamento di TCP la risposta potrà tornare in un unico pacchetto +di 26 byte (come avverrà senz'altro nel caso in questione) ma potrebbe anche +arrivare in 26 pacchetti di un byte. Per questo nel caso generale non si può +mai assumere che tutti i dati arrivino con una singola lettura, pertanto +quest'ultima deve essere effettuata in un ciclo in cui si continui a leggere +fintanto che la funzione \func{read} non ritorni uno zero (che significa che +l'altro capo ha chiuso la connessione) o un numero minore di zero (che +significa un errore nella connessione). + +Si noti come in questo caso la fine dei dati sia specificata dal server che +chiude la connessione; questa è una delle tecniche possibili (è quella usata +pure dal protocollo HTTP), ma ce ne possono essere altre, ad esempio FTP marca +la conclusione di un blocco di dati con la sequenza ASCII \verb|\r\n| +(carriage return e line feed), mentre il DNS mette la lunghezza in testa ad +ogni blocco che trasmette. Il punto essenziale è che TCP non provvede nessuna +indicazione che permetta di marcare dei blocchi di dati, per cui se questo è +necessario deve provvedere il programma stesso. + +\subsection{Un primo esempio di server} +\label{sec:net_serv_sample} + +Dopo aver illustrato il client daremo anche un esempio di un server +elementare, in grado di rispondere al precedente client. Il listato è +nuovamente mostrato in \figref{fig:net_serv_code}, il sorgente completo +(\file{ElemDaytimeTCPServer.c}) è allegato insieme agli altri file nella +directory \file{sources}. + +\begin{figure}[!htbp] + \footnotesize + \begin{lstlisting}{} +#include /* predefined types */ +#include /* include unix standard library */ +#include /* IP addresses conversion utilities */ +#include /* socket library */ +#include /* include standard I/O library */ +#include +#define MAXLINE 80 +#define BACKLOG 10 +int main(int argc, char *argv[]) +{ +/* + * Variables definition + */ + int list_fd, conn_fd; + int i; + struct sockaddr_in serv_add; + char buffer[MAXLINE]; + time_t timeval; + ... + /* create socket */ + if ( (list_fd = socket(AF_INET, SOCK_STREAM, 0)) < 0) { + perror("Socket creation error"); + exit(-1); + } + /* initialize address */ + memset((void *)&serv_add, 0, sizeof(serv_add)); /* clear server address */ + serv_add.sin_family = AF_INET; /* address type is INET */ + serv_add.sin_port = htons(13); /* daytime port is 13 */ + serv_add.sin_addr.s_addr = htonl(INADDR_ANY); /* connect from anywhere */ + /* bind socket */ + if (bind(list_fd, (struct sockaddr *)&serv_add, sizeof(serv_add)) < 0) { + perror("bind error"); + exit(-1); + } + /* listen on socket */ + if (listen(list_fd, BACKLOG) < 0 ) { + perror("listen error"); + exit(-1); + } + /* write daytime to client */ + while (1) { + if ( (conn_fd = accept(list_fd, (struct sockaddr *) NULL, NULL)) <0 ) { + perror("accept error"); + exit(-1); + } + timeval = time(NULL); + snprintf(buffer, sizeof(buffer), "%.24s\r\n", ctime(&timeval)); + if ( (write(conn_fd, buffer, strlen(buffer))) < 0 ) { + perror("write error"); + exit(-1); + } + close(conn_fd); + } + /* normal exit */ + exit(0); +} + \end{lstlisting} + \caption{Esempio di codice di un semplice server per il servizio daytime.} + \label{fig:net_serv_code} +\end{figure} + +Come per il client si includono gli header necessari a cui è aggiunto quello +per trattare i tempi, e si definiscono alcune costanti e le variabili +necessarie in seguito (\texttt{\small 1--18}), come nel caso precedente si +sono omesse le parti relative al trattamento delle opzioni da riga di comando. + +La creazione del socket (\texttt{\small 22--26}) è analoga al caso precedente, +come pure l'inizializzazione della struttura \type{sockaddr\_in}, anche in +questo caso si usa la porta standard del servizio daytime, ma come indirizzo +IP si il valore predefinito \macro{INET\_ANY} che corrisponde ad un indirizzo +generico (\texttt{\small 27--31}). + +Si effettua poi (\texttt{\small 32--36}) la chiamata alla funzione +\func{bind} che permette di associare la precedente struttura al socket, in +modo che quest'ultimo possa essere usato per accettare connessioni su una +qualunque delle interfacce di rete locali. + +Il passo successivo (\texttt{\small 37--41}) è mettere ``in ascolto'' il +socket, questo viene effettuato con la funzione \func{listen} che dice al +kernel di accettare connessioni per il socket specificato, la funzione indica +inoltre, con il secondo parametro, il numero massimo di connessioni che il +kernel accetterà di mettere in coda per il suddetto socket. +Questa ultima chiamata completa la preparazione del socket per l'ascolto (che +viene chiamato anche \textit{listening descriptor}) a questo punto il processo +è mandato in sleep (\texttt{\small 44--47}) con la successiva chiamata alla +funzione \func{accept}, fin quando non arriva e viene accettata una +connessione da un client. +Quando questo avviene \func{accept} ritorna un secondo descrittore di socket, +che viene chiamato \textit{connected descriptor} che è quello che viene usato +dalla successiva chiamata alla \func{write} per scrivere la risposta al +client, una volta che si è opportunamente (\texttt{\small 48--49}) costruita +la stringa con la data da trasmettere. Completata la trasmissione il nuovo +socket viene chiuso (\texttt{\small 54}). Il tutto è inserito in un ciclo +infinito (\texttt{\small 42--55}) in modo da poter ripetere l'invio della data +ad una successiva connessione. +È importante notare che questo server è estremamente elementare, infatti a +parte il fatto di essere dipendente da IPv4, esso è in grado di servire solo +un client alla volta, è cioè un \textsl{server iterativo}, inoltre esso è +scritto per essere lanciato da linea di comando, se lo si volesse utilizzare +come demone di sistema (che è in esecuzione anche quando non c'è nessuna shell +attiva e il terminale da cui lo si è lanciato è stato sconnesso), +occorrerebbero delle opportune modifiche. +%%% Local Variables: +%%% mode: latex +%%% TeX-master: "gapil" +%%% End: