X-Git-Url: https://gapil.gnulinux.it/gitweb/?p=gapil.git;a=blobdiff_plain;f=process.tex;h=e663713f93584f9029a0cc657cbee66cd7bed344;hp=2f754b992438de42fdf9a6ad1eaabad7fa8105e2;hb=d99b4995b23505a9afde30adf3a716aa7a55f0e9;hpb=f95b34c637c6915f0febb99d8c8c55f7f831049f diff --git a/process.tex b/process.tex index 2f754b9..e663713 100644 --- a/process.tex +++ b/process.tex @@ -1,114 +1,881 @@ -\chapter{I processi} -\label{cha:process} - -Come accennato nell'introduzione in un sistema unix ogni attività del sistema -viene svolta tramite i processi. Questo significa che quando un programma -viene posto in esecuzione, viene fatto partire un processo che si incarica di -eseguirne il codice. In sostanza i processi costituiscono l'unità base per -l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema. - -Una delle caratteristiche essenziali di unix (che esamineremo in dettaglio più -avanti) è che ogni processo può a sua volta generare altri processi figli -(\textit{child}): questo è ad esempio quello che fa la shell quando mette in -esecuzione il programma che gli indichiamo nella linea di comando. - -Una seconda caratteristica è che ogni processo viene sempre generato in tale -modo da un processo genitore (\textit{parent}) attraverso una apposita system -call. Questo vale per tutti i processi, tranne per un processo speciale, che -normalmente è \texttt{/sbin/init}, che invece viene lanciato dal kernel finita -la fase di avvio e che quindi non è figlio di nessuno. - -Tutto ciò significa che, come per i file su disco, i processi sono organizzati -gerarchicamente dalla relazione fra genitori e figli; alla base dell'albero in -questo caso c'è init che è progenitore di ogni altro processo. - - -\section{Una panoramica sui concetti base} -\label{sec:proc_gen} - -Ogni processo viene identificato dal sistema da un numero identificativo -unico, il \textit{process id} o \textit{pid}. Questo viene assegnato in forma -progressiva ogni volta che un nuovo processo viene creato, fino ad un limite -massimo (in genere essendo detto numero memorizzato in un intero a 16 bit si -arriva a 32767) oltre il quale si riparte dal numero più basso disponibile -(FIXME: verificare, non sono sicuro). Per questo motivo processo il processo -di avvio (init) ha sempre il pid uguale a uno. - -Quando un processo ha concluso il suo compito o ha incontrato un errore non -risolvibile esso può essere terminato con la funzione \texttt{exit} (la -questione è più complessa ma ci torneremo più avanti). La vita del processo -però termina solo quando viene chiamata la quando la sua conclusione viene -ricevuta dal processo padre, a quel punto tutte le risorse allocate nel -sistema ad esso associate vengono rilasciate. - -I processi vengono creati dalla funzione \texttt{fork}; in genere questa è una -system call, Linux però usa un'altra nomenclatura, e la funzione fork è basata -a sua volta sulla system call \texttt{clone}, che viene usata anche per -generare i \textit{thread}. Il processo figlio creato dalla \textit{fork} è -una copia identica del processo processo padre, solo che ha un suo pid proprio. - -Dopo l'esecuzione di una fork sia il processo padre che il processo figlio -continuano ad essere eseguiti normalmente, ed il processo figlio esegue -esattamente lo stesso codice del padre. La sola differenza è che nel processo -padre il valore di ritorno della funzione fork è il pid del processo figlio, -mentre nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se -viene eseguito dal padre o dal figlio. - -Se si vuole che il processo padre si fermi fino alla conclusione del processo -figlio questo deve essere specificato subito dopo la fork chiamando la -funzione \texttt{wait} o la funzione \texttt{waitpid}, che restituiscono anche -una informazione abbastanza limitata (il codice di uscita) sulle cause della -terminazione del processo. - -Avere due processi che eseguono esattamente lo stesso codice non è molto -utile, mormalmente si genera un secondo processo per affidagli l'esecuzione di -un compito specifico (ad esempio gestire una connessione dopo che questa è -stata stabilita), o fargli eseguire (come fa la shell) un altro programma. Per -questo si usa la seconda funzione fondamentale per programmazione coi processi -che è la \texttt{exec}. - -Il programma che un processo sta eseguendo si chiama immagine del processo -(\textit{process image}), le funzioni della famiglia \textit{exec} permette di -caricare un'altro programma da disco sostituendo quest'ultimo alla process -image corrente, questo fa si che la precedente immagine venga completamente -cancellata e quando il nuovo programma esce anche il processo termina, senza -ritornare alla precedente immagine. - -Per questo motivo la \texttt{fork} e la \texttt{exec} sono funzioni molto -particolari con caratteristiche uniche rispetto a tutte le altre, infatti la -prima ritorna due volte (nel processo padre e nel figlio) mentre la seconda -non ritorna mai (in quanto viene eseguito un altro programma). - - -\section{Identificazione} -\label{sec:proc_id} - -Come detto ogni processo è identificato univocamente dal sistema per il suo -pid; quest'ultimo è un apposito tipo di dato, il \texttt{pid\_t} che in -genere è un intero con segno (nel caso di Linux e delle glibc il tipo usato è -\texttt{int}. - -Tutti i processi inoltre portano traccia del pid del genitore, chiamato in -genere \textit{ppid} (da \textit{Parente Process Id}). Questi identificativi -possono essere ottenuti da un programma usando le funzioni: -\begin{itemize} - \item \texttt{pid\_t getpid(void)} restituisce il pid del processo corrente. - - \item \texttt{pid\_t getpid(void)} restituisce il pid del padre del processo - corrente. +\chapter{L'interfaccia base con i processi} +\label{cha:process_interface} +Come accennato nell'introduzione il processo è l'unità di base con cui un +sistema unix alloca ed utilizza le risorse. Questo capitolo tratterà +l'interfaccia base fra il sistema e i processi, su come vengono passati i +parametri, come viene gestita e allocata la memoria, su come un processo può +richiedere servizi al sistema, su cosa deve fare quando ha finito la sua +esecuzione. + +In genere un programma viene eseguito quando un processo lo fa partire +eseguendo una funzione della famiglia \texttt{exec}; torneremo su questo e +sulla la creazione e gestione dei processi nel prossimo capitolo, in questo +affronteremo l'avvio e il funzionamento di un singolo processo partendo dal +punto di vista del programma posto in esecuzione. + + + +\section{Esecuzione e conclusione di un programma} + +Una delle concetti base relativi ai processi è che un processo esegue sempre +uno ed un solo programma: si possono avere più processi che eseguono lo stesso +programma ma ciascun processo vedrà la sua copia del codice (in realtà il +kernel fa si che tutte le parti uguali siano condivise) avrà un suo spazio di +indirizzi, variabili proprie e sarà eseguito in maniera completamente +indipendente da tutti gli altri. + +Anche quando all'interno di un programma possono essere presenti più +\textsl{filoni} di esecuzione (i cosiddetti \textit{thread}), o questo possa +essere composto da moduli multipli completamente separati, quando questo sarà +posto in esecuzione esso apparirà al sistema come un solo processo (il +discorso dei \textit{thread} comunque in Linux necessita di una trattazione a +parte per la peculiarità dell'implementazione). + +\section{La funzione \texttt{main}} +\label{sec:proc_main} + +Quando un programma viene lanciato il kernel esegue una opportuna routine di +avvio, usando il programma \texttt{ld-linux.so}, è questo programma che prima +carica le librerie condivise che servono al programma, effettua il link +dinamico del codice e poi alla fine lo esegue. Infatti, a meno di non aver +specificato il flag \texttt{-static} durante la compilazione, tutti i +programmi in Linux sono incompleti e necessitano di essere linkati alle +librerie condivise quando vengono avviati. La procedura è controllata da +alcune variabili di ambiente e dal contenuto di \texttt{/etc/ld.so.conf}, i +dettagli sono riportati nella man page di \texttt{ld.so}. + +Il sistema fa partire qualunque programma chiamando la funzione \texttt{main}; +sta al programmatore chiamare così la funzione principale del programma da cui +si suppone iniziale l'esecuzione; in ogni caso senza questa funzione lo stesso +linker darebbe luogo ad errori. + +Lo standard ISO C specifica che la funzione \texttt{main} può o non avere +argomenti o prendere due argomenti che rappresentano gli argomenti passati da +linea di comando, in sostanza un prototipo che va sempre bene è il seguente: +\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{} + int main (int argc, char *argv[]) +\end{lstlisting} + +In realtà nei sistemi unix esiste un'altro modo per definire la funzione +\texttt{main}, che prevede la presenza di un terzo parametro, \texttt{char + *envp[]}, che fornisce l'\textsl{ambiente} (vedi \secref{sec:proc_environ}) +del programma; questa forma però non è prevista dallo standard POSIX.1 per cui +se si vogliono scrivere programmi portabili è meglio evitarla. + + +\subsection{Come chiudere un programma} +\label{sec:proc_termination} + +La via normale per la quale un programma finisce è quando la funzione main +ritorna, una modalità equivalente di conclusione è quella di chiamare +direttamente la funzione \texttt{exit} (che viene comunque chiamata dalla +routine di avvio del programma quando la funzione main ritorna). Una forma +alternativa è quella di chiamare direttamente la system call \texttt{\_exit} +che passa il controllo direttamente al kernel. + +Oltre alla conclusione ``normale'' esiste anche la possibilità di una +conclusione ``anomala'' del programma a causa di segnali o della chiamata alla +funzione \texttt{abort} (che comunque genera un segnale che termina il +programma); torneremo su questo in \secref{sec:sig_prog_error}. + +Il valore di ritorno della funzione main, o quello usato nelle chiamate ad +\texttt{exit} e \texttt{\_exit}, viene chiamato \textit{exit status} e passato +al processo padre che aveva lanciato il programma (in genere la shell). In +generale si usa questo valore per fornire un'informazione generica sulla +riuscita o il fallimento del programma; l'informazione è necessariamente +generica, ed il valore deve essere compreso fra 0 e 255. + +In generale si usa la convenzione di restituire 0 in caso di successo e 1 in +caso di fallimento, i programmi che effettuano dei confronti (come +\texttt{diff}) usano invece una notazione leggermente diversa, usando 0 per +indicare la corrispondenza, 1 per indicare la non corrispondenza e 2 per +indicare l'incapacità di effettuare il confronto. È opportuno adottare una di +queste convenzioni a seconda dei casi. Si tenga presente che se si raggiunge +la fine della funzione \texttt{main} senza ritornare esplicitamente si ha un +valore di uscita indefinito, è pertanto consigliabile di concludere sempre in +maniera esplicita detta funzione. + +Una altra convenzione riserva i valori da 128 in su per usi speciali, ad +esempio 128 viene usato per indicare l'incapacità di eseguire un altro +programma in un sottoprocesso. Benché anche questa convenzione non sia +universalmente seguita è una buona idea tenerne conto. + +Si tenga presente inoltre che non è una buona idea usare il valore dell'errore +restituito dalla variabile \texttt{errno} come stato di uscita, in generale +una shell non si cura di tutto questo e comunque il valore dello stato di +uscita è sempre troncato ad 8 bit, per cui si potrebbe incorrere nel caso in +cui l'errore 256, diventando zero, verrebbe interpretato come un successo. In +\texttt{stdlib.h} sono definite due macro \texttt{EXIT\_SUCCESS} e +\texttt{EXIT\_FAILURE}, che in Linux sono poste rispettivamente ai valori 0 e +1 (di tipo \texttt{int}), seguendo lo standard POSIX. + +Infine occorre distinguere fra lo stato di uscita di un programma +(l'\textit{exit status}) e lo stato di conclusione di un processo (il +\textit{termination status}), abbiamo già accennato infatti che è comunque +possibile un processo possa essere terminato (da un segnale) prima che il +programma in esecuzione si sia concluso. In caso di conclusione normale del +programma però lo stato di uscita diventa parte dello stato di conclusione del +processo (vedi \secref{sec:prochand_xxx}). + + +\subsection{Le funzioni \texttt{exit} e \texttt{\_exit}} +\label{sec:proc_exit} + +Come accennato funzioni per l'uscita ``normale'' da un programma sono due, la +prima è la funzione \texttt{exit} che è definita dallo standard ANSI C, il +prototipo della funzione è il seguente: +\begin{prototype}{stdlib.h}{void exit(int status)} + Causa la conclusione ordinaria del programma restituendo il valore + \texttt{status} al processo padre. + + La funzione non ritorna. Il processo viene terminato +\end{prototype} + +La funzione \texttt{exit} è pensata per una conclusione pulita di un programma +che usa le librerie standard del C; essa esegue tutte le funzioni che sono +state registrate con \texttt{atexit} e \texttt{on\_exit} (vedi +\secref{sec:proc_atexit}), e chiude tutti gli stream di I/O effettuando il +salvataggio dei dati sospesi (chiamando \texttt{fclose}, vedi +\secref{sec:filestd_close}), infine ripassa il controllo al kernel chiamando +\texttt{\_exit} e passando il valore \texttt{status} come stato di uscita. + +La system call \texttt{\_exit} restituisce direttamente il controllo al +kernel, concludendo immediatamente il processo, le eventuali funzioni +registrate con \texttt{atexit} e \texttt{on\_exit} non vengono eseguite. Il +prototipo della funzione è il seguente: +\begin{prototype}{unistd.h}{void \_exit(int status)} + Causa la conclusione immediata del programma restituendo il valore + \texttt{status} al processo padre. + + La funzione non ritorna. Il processo viene terminato. +\end{prototype} + +La funzione chiude tutti i file descriptor appartenenti al processo (sui tenga +presente che questo non comporta il salvataggio dei dati bufferizzati degli +stream), fa si che ogni figlio del processo sia ereditato da \texttt{init} +(vedi \secref{cha:process_handling}), manda un segnale \texttt{SIGCHLD} al +processo padre (vedi \ref{sec:sig_job_control}) ed infine ritorna lo stato di +uscita specificato in \texttt{status} che può essere raccolto usando la +funzione \texttt{wait} (vedi \secref{sec:prochand_wait}). + + +\subsection{Le funzioni \texttt{atexit} e \texttt{on\_exit}} +\label{sec:proc_atexit} + +Come accennato l'uso di \texttt{exit} al posto della \texttt{\_exit} è fatto +principalmente per permettere una uscita pulita dalle funzioni delle librerie +standard del C (in particolare per quel che riguarda la chiusura degli +stream). + +Quando si realizza una libreria da usare in varie applicazioni può essere +perciò utile evitare di richiedere di chiamare esplicitamente un funzione di +uscita che esegua tutte le operazioni di pulizia prima di uscire (come quella +di salvare eventuali dati sospesi). È invece molto meno soggetto ad errori e +completamente trasparente all'utente poter effettuare una chiamata automatica +di una funzione che effettui tali operazioni all'uscita dal programma. + +A questo scopo lo standard ANSI C prevede la possibilità di registrare un +certo numero funzioni che verranno eseguite all'uscita dal programma (sia per +la chiamata ad \textit{exit} che per il ritorno di \texttt{main}). La prima +funzione che si può utilizzare a tal fine è: +\begin{prototype}{stdlib.h}{void atexit(void (*function)(void))} + Registra la funzione \texttt{function} per essere chiamata all'uscita dal + programma. + + La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento, + \texttt{errno} non viene settata. +\end{prototype} + +La funzione richiede come argomento l'indirizzo della opportuna da chiamare +all'uscita che non deve prendere argomenti e non deve ritornare niente. Una +estensione di \texttt{atexit} è la funzione \texttt{on\_exit} (che la glibc +include per compatibilità con SunOS e che non è detta sia definita su altri +sistemi), il cui prototipo è: +\begin{prototype}{stdlib.h} +{void on\_exit(void (*function)(int status, void *arg), void *arg)} + Registra la funzione \texttt{function} per essere chiamata all'uscita dal + programma. Tutte le funzioni registrate vengono chiamate in ordine inverso + rispetto a quello di registrazione. + + La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento, + \texttt{errno} non viene settata. +\end{prototype} + +In questo caso la funzione da chiamare prende due parametri, il primo dei +quali sarà inizializzato allo stato di uscita con cui è stata chiamata +\texttt{exit} ed il secondo al puntatore generico specificato come secondo +argomento nella chiamata di \texttt{on\_exit}. + +Tutte le funzioni registrate vengono chiamate in ordine inverso rispetto a +quello di registrazione (ed una stessa funzione registrata più volte sarà +chiamata più volte); poi vengono chiusi tutti gli stream aperti, infine viene +chiamata \texttt{\_exit}. + + +\subsection{Conclusioni} +\label{sec:proc_term_conclusion} + +Data l'importanza dell'argomento è opportuno sottolineare ancora una volta che +in un sistema unix l'unico modo in cui un programma può essere eseguito dal +kernel è attraverso la chiamata alla system call \texttt{execve} (in genere +attraveso una delle funzioni \texttt{exec} che vedremo in +\secref{sec:prochand_exec}). + +Allo stesso modo l'unico modo in cui un programma può concludere +volontariamente la sua esecuzione è attraverso una chiamata alla system call +\texttt{\_exec} sia esplicitamente o che in maniera indiretta attraverso l'uso +di \texttt{exit} o il ritorno della funzione \texttt{main}. + +Lo schema delle modalità con cui si avvia e conclude normalmente un programma +è riportato in \nfig. + +\begin{figure}[htb] + \centering + + \caption{Schema dell'avvio e della conclusione di un programma.} + \label{fig:proc_prog_start_stop} +\end{figure} + +Si ricordi infine che un programma può anche essere interrotto dall'esterno +attraverso l'uso di un segnale (modalità di conclusione non mostrata in +\curfig); torneremo su questo aspetto in \secref{cha:signals}. + + + +\section{I processi e l'uso della memoria} +\label{sec:proc_memory} + +Una delle risorse base che ciascun processo ha a disposizione è la memoria, ed +uno degli aspetti più complessi di un sistema unix (ed in particolar modo di +Linux) è appunto la gestione della memoria. Qui ci occuperemo però di come la +memoria viene vista dal punto di vista di un programma in esecuzione in un +processo. + + +\subsection{I concetti generali} +\label{sec:proc_mem_gen} + +Ci sono vari modi in cui i vari sistemi organizzano la memoria (ed i dettagli +di basso livello dipendono in maniera diretta dall'architettura +dell'hardware), ma quello più tipico, usato da unix (e da Linux) è quello di +assegnare ad ogni processo uno spazio virtuale di indirizzamento lineare in +cui gli indirizzi vanno da zero ad un qualche valore massimo (nel caso di +Linux fino al kernel 2.2 detto massimo era per macchine a 32bit di 2Gb, con il +kernel 2.4 il limite è stato esteso). + +Come accennato nell'introduzione questo spazio di indirizzi è virtuale e non +corrisponde all'effettiva posizione dei dati nella RAM del computer; in genere +detto spazio non è neanche continuo (cioè non tutti gli indirizzi sono +utilizzabili e/o utilizzati). + +La memoria virtuale viene divisa in pagine (che ad esempio sono di 4kb su +macchine a 32 bit e 8kb sulle alpha, valori strettamente connessi all'hardware +di gestione della memoria) di dimensione fissa, e ciascuna pagina della +memoria virtuale è associata ad un supporto che può essere una pagina di +memoria reale o ad un dispositivo di stoccaggio secondario (in genere lo spazio +disco riservato alla swap, o i file che contengono il codice). + +Lo stesso pezzo di memoria reale (o di spazio disco) può fare da supporto a +diverse pagine di memoria virtuale appartenenti a processi diversi (come +accade in genere per le pagine che contengono il codice delle librerie +condivise). Ad esempio il codice della funzione \texttt{printf} starà su una +sola pagina di memoria reale che farà da supporto a tutte le pagine di memoria +virtuale di tutti i processi hanno detta funzione nel loro codice. + +La corrispondenza fra le pagine della memoria virtuale e quelle della memoria +fisica della macchina viene gestita in maniera trasparente dall'hardware di +gestione della memoria (dalla \textit{Memory Management Unit} del processore), +ma poiché in genere quest'ultima è solo una piccola frazione della memoria +virtuale è necessario un meccanismo che permetta di trasferire le pagine +virtuali che servono dal supporto su cui si trovano in memoria eliminando +quelle che non servono. Questo meccanismo è detto \textit{paging}, ed è uno +dei compiti principali del kernel. + +Quando un processo cerca di accedere ad una pagina che non è nella memoria +reale avviene quello che viene chiamato un \textit{page fault}, l'hardware di +gestione della memoria (la MMU del processore) genera una interruzione e passa +il controllo al kernel il quale sospende il processo e si incarica di mettere +in RAM la pagina richiesta (effettuando tutte le operazioni necessarie per +reperire lo spazio necessario), per poi restituire il controllo al +processo. + +Dal punto di vista di un processo questo meccanismo è completamente +trasparente e tutto avviene come se tutte le pagine fossero sempre disponibili +in memoria. L'unica differenza avvertibile è quella dei tempi di esecuzione, +che passano dai pochi nanosecondi necessari per l'accesso a tempi molto più +lunghi, dovuti all'intervento del kernel. Normalmente questo è il prezzo da +pagare per avere un multitasking reale, ed in genere il sistema è molto +efficiente in questo lavoro; quando però ci siano esigenze specifiche di +prestazioni è possibile usare delle funzioni che permettono di bloccare il +meccanismo del paging e mantenere fisse delle pagine in memoria (vedi +\ref{sec:proc_mem_lock}). + + +\subsection{La struttura della memoria di un processo} +\label{sec:proc_mem_layout} + +Benché lo spazio di indirizzi virtuali copra un intervallo molto ampio, solo +una parte di essi è effettivamente allocato ed utilizzabile dal processo; il +tentativo di accedere ad un indirizzo non allocato è un tipico errore che si +commette quando si è manipolato male un puntatore e genera quello che viene +chiamato un \textit{segmentation fault}, si tenta cioè di leggere e scrivere +da un indirizzo per il quale non esiste una associazione della pagina virtuale +ed il kernel risponde al relativo \textit{page fault} mandando un segnale +\texttt{SIGSEGV} al processo, che normalmente ne causa la terminazione +immediata. + +È pertanto importante capire come viene strutturata la memoria virtuale di un +processo; essa viene divisa in \textsl{segmenti}, cioè un insieme contiguo di +indirizzi virtuali ai quali il processo può accedere. Solitamente un +programma C viene suddiviso nei seguenti segmenti: + +\begin{enumerate} +\item Il segmento di testo (\textit{text segment}). Contiene il codice + macchina del programma e le costanti statiche. Normalmente viene condiviso + così che più processi (anche diversi nel caso di librerie) possano + utilizzarlo e viene marcato in sola lettura per evitare sovrascritture + accidentali (o maliziose) che ne modifichino le istruzioni. + + Viene allocato da \texttt{exec} all'avvio del programma e resta invariato + per tutto il tempo dell'esecuzione. + +\item Il segmento dei dati (\textit{data segment}). Contiene le variabili + globali (cioè quelle definite al di fuori di tutte le funzioni). Di norma è + diviso in due parti. + + La prima parte è il segmento dei dati inizializzati, che contiene le + variabili globali il cui valore è stato assegnato esplicitamente. Ad esempio + se si definisce: +\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{} + double pi = 3.14; +\end{lstlisting} + questo valore sarà immagazzinato in questo segmento. La memoria di questo + segmento viene preallocato dalla \texttt{exec} e inizializzata ai valori + specificati. + + La seconda parte è il segmento dei dati non inizializzati, che contiene le + variabili globali il cui valore è stato non è assegnato esplicitamente. Ad + esempio se si definisce: +\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{} + int vect[100]; +\end{lstlisting} + questo valore sarà immagazzinato in questo segmento. Anch'esso viene + allocato all'avvio, e tutte le variabili vengono inizializzate a + zero (ed i puntatori a \texttt{NULL}). + + Storicamente questo segmento viene chiamato BBS (da \textit{block started by + symbol}. La sua dimensione è fissa. + +\item Lo \textit{heap}. Tecnicamente lo si può considerare l'estensione del + segmento dati, a cui di solito è posto giusto di seguito. È qui che avviene + l'allocazione dinamica della memoria; può essere ridimensionato allocando e + disallocando la memoria dinamica con le apposite funzioni (vedi + \secref{sec:proc_mem_alloc}), ma il suo limite inferiore (quello adiacente + al segmento dati) ha una posizione fissa. + +\item Il segmento di \textit{stack}, che contiene lo \textit{stack} del + programma. Tutte le volte che si effettua una chiamata ad una funzione è + qui che viene salvato l'indirizzo di ritorno e le informazioni dello stato + del chiamante (tipo il contenuto di alcuni registri della CPU); poi la + funzione chiamata alloca qui lo spazio per le sue variabili locali, in + questo modo le funzioni possono essere chiamate ricorsivamente. Al ritorno + della funzione lo spazio è automaticamente rilasciato. + + La dimensione di questo segmento aumenta seguendo la crescita dello stack + del programma, ma non viene ridotta quando quest'ultimo si restringe. +\end{enumerate} + +\begin{figure}[htb] + \centering + \includegraphics[width=5cm]{img/memory_layout.eps} + \caption{Disposizione tipica dei segmenti di memoria di un processo} + \label{fig:proc_mem_layout} +\end{figure} + +Una disposizione tipica di questi segmenti è riportata in \nfig. Usando il +comando \texttt{size} su un programma se ne può stampare le dimensioni dei +segmenti di testo e di dati (inizializzati e BSS); il BSS però non è mai +salvato sul file, in quanto viene inizializzato a zero al caricamento del +programma. + + +\subsection{Allocazione della memoria per i programmi C} +\label{sec:proc_mem_alloc} + +Il C supporta due tipi di allocazione della memoria, l'allocazione statica è +quella in cui vanno le variabili globali e le variabili statiche (e viene +effettuata nel segmento dei dati), lo spazio per queste variabili viene +allocati all'avvio del programma (come parte delle operazioni svolte da +\texttt{exec}) e non viene liberato fino alla sua conclusione. + +L'allocazione automatica è quella che avviene per le cosiddette variabili +automatiche, cioè gli argomenti delle funzioni o le variabili locali. Lo +spazio per queste variabili viene allocato nello stack quando viene eseguito +comando di invocazione della funzione e liberato quando si esce dalla +medesima. + +Esiste però un terzo tipo di allocazione, che non è prevista dal linguaggio C, +che è l'allocazione dinamica della memoria, necessaria quando il quantitativo +di memoria che serve è determinabile solo in corso di esecuzione del +programma. + +Il C non consente di usare variabili allocate dinamicamente, non è possibile +cioè definire in fase di programmazione una variabile le cui dimensioni +possano essere modificate durante l'esecuzione del programma; però le librerie +del C forniscono una serie opportuna di funzioni per permettere l'allocazione +dinamica di spazio in memoria (in genere nello heap, usando la system call +\texttt{sbrk}), solo che a questo punto detto spazio sarà accessibile solo in +maniera indiretta attraverso dei puntatori. + + +\subsection{Le funzioni \texttt{malloc}, \texttt{calloc}, \texttt{realloc} e + \texttt{free}} +\label{sec:proc_mem_malloc} + +Le funzioni previste dallo standard ANSI C per la gestione della memoria sono +quattro, i prototipi sono i seguenti: +\begin{functions} +\headdecl{stdlib.h} +\funcdecl{void *calloc(size\_t size)} + Alloca \texttt{size} bytes nello heap. La memoria viene inizializzata a 0. + + La funzione restituisce il puntatore alla zona di memoria allocata in caso + di successo e \texttt{NULL} in caso di fallimento, nel qual caso + \texttt{errno} viene settata a \texttt{ENOMEM}. +\funcdecl{void *malloc(size\_t size)} + Alloca \texttt{size} bytes nello heap. La memoria non viene inizializzata. + + La funzione restituisce il puntatore alla zona di memoria allocata in caso + di successo e \texttt{NULL} in caso di fallimento, nel qual caso + \texttt{errno} viene settata a \texttt{ENOMEM}. +\funcdecl{void *realloc(void *ptr, size\_t size)} + Cambia la dimensione del blocco allocato all'indirizzo \texttt{ptr} + portandola a \texttt{size}. + + La funzione restituisce il puntatore alla zona di memoria allocata in caso + di successo e \texttt{NULL} in caso di fallimento, nel qual caso + \texttt{errno} viene settata a \texttt{ENOMEM}. +\funcdecl{void free(void *ptr)} + Disalloca lo spazio di memoria puntato da \texttt{ptr}. + + La funzione non ritorna nulla. +\end{functions} +Il puntatore che le funzioni di allocazione ritornano è garantito essere +sempre correttamente allineato per tutti i tipi di dati; ad esempio sulle +macchine a 32 bit in genere è allineato a multipli di 4 bytes e sulle macchine +a 64 bit a multipli di 8 bytes. + +In genere su usano le funzioni \texttt{malloc} e \texttt{calloc} per allocare +dinamicamente la memoria necessaria al programma, siccome i puntatori +ritornati sono di tipo generico non è necessario effettuare un cast per +assegnarli a puntatori al tipo di variabile per la quale si effettua la +allocazione. + +La memoria allocata dinamicamente deve essere esplicitamente rilasciata usando +\texttt{free}\footnote{le glibc provvedono anche una funzione \texttt{cfree} + defininita per compatibilità con SunOS, che è deprecata} una volta che non +sia più necessaria. Questa funzione vuole come parametro un puntatore +restituito da una precedente chiamata a una qualunque delle funzioni di +allocazione e che non sia già stato liberato da un'altra chiamata a +\texttt{free}, in caso contrario il comportamento della funzione è indefinito. + +La funzione \texttt{realloc} si usa invece per cambiare (in genere aumentare) +la dimensione di un'area di memoria precedentemente allocata, la funzione +vuole in ingresso il puntatore restituito dalla precedente chiamata ad una +\texttt{malloc} (se è passato un valore \texttt{NULL} allora la funzione si +comporta come \texttt{malloc}\footnote{questo è vero per linux e + l'implementazione secondo lo standard ANSI C, ma non è vero per alcune + vecchie implementazioni, inoltre alcune versioni delle librerie del C + consentivano di usare \texttt{realloc} anche per un puntatore liberato con + \texttt{free} purché non ci fossero state altre chiamate a funzioni di + allocazione, questa funzionalità è totalmente deprecata e non è consentita + sotto linux}), ad esempio quando si deve far crescere la dimensione di un +vettore; in questo caso se è disponibile dello spazio adiacente al precedente +la funzione lo utilzza, altrimenti rialloca altrove un blocco della dimensione +voluta copiandoci automaticamente il contenuto, lo spazio in più non viene +inizializzato. + +Il fatto che il blocco di memoria restituito da \func{realloc} possa +cambiare comporta che si deve sempre riassegnare al puntatore passato per il +ridimensionamento il valore di ritorno della funzione, e che non ci devono +essere altri puntatori che puntino all'interno di un'area che si vuole +ridimensionare. + +Uno degli errori più comuni (specie se si ha a che fare con array di +puntatori) è infatti quello di chiamare \texttt{free} più di una volta sullo +stesso puntatore; per evitare questo problema una soluzione di ripiego è +quella di assegnare sempre a \texttt{NULL} ogni puntatore liberato con +\texttt{free}, dato che, quando il parametro è un puntatore nullo, +\texttt{free} non esegue nessuna operazione. + +Linux e le glibc hanno una implementazione delle routine di allocazione che è +controllabile dall'utente attraverso alcune variabili di ambiente, in +particolare diventa possibile tracciare questo tipo di errori usando la +variabile \texttt{MALLOC\_CHECK\_} che quando viene settata mette in uso una +versione meno efficiente delle funzioni, che però è più tollerante nei +confronti di piccoli errori come quello di chiamate doppie a \texttt{free}; in +pparticolare se la variabile è posta a zero gli errori vengono ignorati, se è +posta ad 1 viene stampato un avviso sullo standard error e se + +Il problema più comune e più difficile da tracciare che si incontra con +l'allocazione della memoria è però quando la memoria non più utilizzata non +viene opportunamente liberata (quello che in inglese viene chiamato +\textit{memory-leak}, traducibile come \textsl{perdita di memoria}). + +Un caso tipico è quando l'allocazione viene fatta da una subroutine per un uso +locale, ma la memoria non viene liberata una volta usata; chiamate ripetute +alla stessa suubroutine causeranno a lungo andare un esaurimento della memoria +disponibile, con un conseguente crash dell'applicazione che può avvenire in +qualunque momento senza nessuna relazione con la subroutine che contiene +l'errore. + +Per questo motivo l'implementazione delle routine di allocazione delle glibc +mette a disposizione una serie di funzionalità (su cui torneremo in +\secref{sec:xxx_advanced}) che permettono di tracciare le allocazioni e +le disallocazione, e definisce anche una serie di possibili agganci che +permettono di sostituire alle funzioni di libreria una propria versione (che +può essere più o meno specializzata per il debugging). + + +\subsection{La funzione \texttt{alloca}} +\label{sec:proc_mem_alloca} + +Una alternativa possibile all'uso di \texttt{malloc}, che non soffre del tipo +di problemi di memomry leak descritti in precedenza è la funzione +\texttt{alloca} che invece che allocare la memoria nello heap usa lo il +segmento di stack della funzione corrente. La sintassi è identica: +\begin{prototype}{stdlib.h}{void *alloca(size\_t size)} + Alloca \texttt{size} bytes nel segmento di stack della funzione chiamante. + La memoria non viene inizializzata. + + La funzione restituisce il puntatore alla zona di memoria allocata in caso + di successo e \texttt{NULL} in caso di fallimento, nel qual caso + \texttt{errno} viene settata a \texttt{ENOMEM}. +\end{prototype} +ma in questo caso non è più necessario liberare la memoria in quanto questa +viene rilasciata automaticamente al ritorno della funzione. + +Come è evidente questa funzione ha molti vantaggi, e permette di evitare i +problemi di memory leak non essendo più necessaria la deallocazione esplicita; +una delle ragioni principali per usarla è però che funziona anche quando si +usa \func{longjump} per uscire con un salto non locale da una funzione (vedi +\secref{sec:proc_longjmp}), + +Un altro vantaggio e che in Linux la funzione è molto veloce e non viene +sprecato spazio, infatti non è necessario gestire un pool di memoria da +riservare e si evitano anche problemi di frammentazione. + +Gli svantaggi sono che la funzione non è disponibile su tutti gli unix quando +non è possibile aumentare le dimensioni dello stack una volta chiamata una +funzione e quindi l'uso limita la portabilità dei programmi, inoltre se si +cerca di allocare troppa memoria non si ottiene un messaggio di errore, ma un +segnale di \textit{segmentation violation} analogo a quello che si avrebbe da +una ricorsione infinita. + +Inoltre non è chiaramente possibile usare questa funzione per allocare memoria +che deve poi essere usata anche al di fuori della funzione in cui questa viene +chiamata, in quanto all'uscita dalla funzione lo spazio allocato diventerebbe +libero, e potrebbe essere sovrascritto all'invocazione di nuove funzioni con +conseguenze imprevedibili. + +Questo è lo stesso problema potenziale che si può avere con le variabili +automatiche; un errore comune infatti è quello di restituire al chiamante un +puntatore ad una di queste variabili, che sarà automaticamente distrutta +all'uscita della funzione, con gli stessi problemi appena citati per +\func{alloca}. + +\subsection{Le funzioni \texttt{brk} e \texttt{sbrk}} +\label{sec:proc_mem_sbrk} + +L'uso di queste funzioni è necessario solo quando si voglia accedere alle +analoghe system call a cui fanno da interfaccia (ad esempio per implementare +una propria versione di \texttt{malloc}. Le funzione sono: +\begin{prototype}{unistd.h}{int *brk(void end\_data\_segment)} + Sposta la fine del segmento dei dati all'indirizzo specificato da + \texttt{end\_data\_segment}. + + La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento, + nel qual caso \texttt{errno} viene settata a \texttt{ENOMEM}. +\end{prototype} +\begin{prototype}{unistd.h}{int *sbrk(ptrdiff\_t increment)} + Incrementa lo spazio dati di un programma di \texttt{increment}. Un valore + zero restituisce l'attuale posizione della fine del segmento dati. + + La funzione restituisce il puntatore all'inzio della nuova zona di memoria + allocata in caso di successo e \texttt{NULL} in caso di fallimento, nel qual + caso \texttt{errno} viene settata a \texttt{ENOMEM}. +\end{prototype} + +Queste funzioni sono state deliberatamente escluse dallo standard POSIX.1 e +per i programmi normali è opportuno usare le funzioni di allocazione standard +descritte in precedenza, che sono costruite su di esse. In genere si usa +\texttt{sbrk} con un valore zero per ottenere l'attuale posizione della fine +del segmento dati. + + +% \subsection{La personalizzazione delle funzioni di allocazione} +% \label{sec:proc_mem_malloc_custom} + + +\subsection{Il controllo della memoria virtuale} +\label{sec:proc_mem_lock} + +Come spiegato in \secref{sec:proc_mem_gen} il kernel gestisce la memoria in +maniera trasparente ai processi, decidendo quando rimuovere pagine dalla +memoria per metterle nello swap sulla base dell'utilizzo corrente da parte dei +vari processi. + +Nell'uso comune un processo non deve preoccuparsi di tutto ciò in quanto il +meccanismo della paginazione riporta in RAM, ed in maniera trasparente, tutte +le pagine che gli occorrono; esistono però esigenze particolari in cui non si +vuole che il meccanismo dello \textit{swapping}, in generale i motivi per cui +si possono avere queste necessità sono sostanzialmente due: +\begin{itemize} +\item La velocità. Il processo della paginazione è trasparente solo se il + programma in esecuzione se non è sensibile al tempo che occorre a riportare + la pagina in memoria; per questo motivi processi critici che hanno esigenze + di tempo reale o tolleranze critiche nella risposte (ad esempio processi che + trattano campionamenti sonori) possono non essere in grado di sopportare + le variazioni della velocità di accesso dovuta alla paginazione. + + In certi casi poi un programmatore può conoscere meglio dell'algoritmo di + allocazione delle pagine le esigenze specifiche del suo programma e decidere + quali pagine di memoria è opportuno che restino in memoria per un aumento + delle prestazioni. In genere queste sono esigenze particolari e richiedono + anche un aumento delle priorità in esecuzione (vedi \secref{sec:xxx_xxx}). + +\item La sicurezza. Se si tengono password o chiavi in memoria queste possono + essere portate su disco dal meccanismo della paginazione, questo rende più + lungo il periodo di tempo in cui i segreti sono presenti in chiaro, e + complessa la loro cancellazione (in genere è possibile cancellare della ram + ma altrettanto non vale per il disco su cui la pagina contenente i segreti + può essere stata salvata). Per questo motivo programmi di crittografia + richiedono il blocco di alcune pagine di memoria. +\end{itemize} + +Il meccanismo che previene la paginazione di parte della memoria virtuale di +un processo è chiamato \textit{memory locking} (blocco della memoria), il +blocco è sempre associato alle pagine della memoria virtuale del processo, non +con il segmento reale di ram su cui essa viene mantenuta. + +La regola è che se un segmento di ram fa da supporto ad almeno una pagina +bloccata allora esso viene escluso dal meccanismo della paginazione. I blocchi +non si accumulano, se si blocca due volte la stessa pagina non è necessario +sbloccarla due volte, una pagina o è bloccata o no. + +Il blocco di memoria persiste fintanto che il processo che lo detiene la +memoria bloccata non la sblocca. Chiaramente la terminazione del processo +comporta anche la fine dell'uso della sua memoria virtuale, e quindi anche di +tutti i blocchi di memoria. + +I memory lock non sono ereditati dai processi figli\footnote{ma siccome Linux + usa il copy on write gli indirizzi virtuali del figlio sono mantenuti sullo + stesso segmento di ram del padre, quindi usufruiscono dei memory lock di + questo}. Siccome la presenza di memory lock ha un impatto sugli altri +processi solo root ha la capacità di bloccare una pagina, ogni processo può +però sbloccare le sue pagine. Il sistema pone dei limiti all'ammontare di +memoria di un processo che può essere bloccata e al totale di memoria fisica +che può dedicare a questo. + + +\section{Il controllo di flusso non locale} +\label{sec:proc_longjmp} + +Il controllo del flusso di un programma in genere viene effettuato con le +varie istruzioni del linguaggio C, la più bistrattata delle quali è il +\texttt{goto}, ampiamente deprecato in favore di costrutti più puliti; esiste +però un caso in l'uso di questa istruzione porta all'implementazione più +efficiente, quello dell'uscita in caso di errore. + +Il C però non consente di effettuare un salto ad una label definita in +un'altra funzione, per cui se l'errore avviene in funzioni profondamente +annidate occorre usare la funzione \func{longjump}. + + +\section{La gestione di parametri e opzioni} +\label{sec:proc_options} + +Il passaggio dei parametri e delle variabili di ambiente dalla riga di comando +al singolo programma quando viene lanciato è effettuato attraverso le +variabili \texttt{argc}, \texttt{argv} che vengono passate al programma +come argomenti della funzione principale. + +\subsection{Il formato dei parametri} +\label{sec:proc_par_format} +In genere passaggio dei parametri al programma viene effettuato dalla shell, +che si incarica di leggere la linea di comando e di effettuarne la scansione +(il cosiddetto \textit{parsing}) per individuare le parole che la compongono, +ciascuna delle quali viene considerata un parametro; di default per +individuare le parole viene usato come separatore lo spazio (comportamento +modificabile attraverso il settaggio della variabile di ambiente IFS). + +Nella scansione viene costruito il vettore di puntatori \texttt{argv} inserendo +in successione il puntatore alla stringa costituente l'$n$-simo parametro; la +variabile \texttt{argc} viene inizializzata al numero di parametri trovati, in +questo modo il primo parametro è sempre il nome del programma (vedi \nfig). + +\subsection{La gestione delle opzioni} +\label{sec:proc_opt_handling} + +In generale un programma unix riceve da linea di comando sia i parametri che +le opzioni, queste ultime sono standardizzate per essere riconosciute come +tali: un elemento di \texttt{argv} che inizia con \texttt{-} e che non sia un +singolo \texttt{-} o \texttt{--} viene considerato un'opzione. In in genere +le opzioni sono costituite da una lettera preceduta dal meno e possono avere o +no un parametro associato; un comando tipico può essere cioè qualcosa del +tipo: +\begin{verbatim} +touch -r riferimento.txt -m questofile.txt +\end{verbatim} +ed in questo caso le opzioni sono \texttt{m} ed \texttt{r}. + +Per gestire le opzioni all'interno dei parametri passati in \texttt{argv} le +librerie standard del C forniscono la funzione \texttt{getopt} (accessibile +includendo \texttt{unistd.h}), che ha il prototipo: +\begin{verbatim} +int getopt(int argc, char * const argv[], const char * optstring); +\end{verbatim} + +Questa funzione prende come argomenti le due variabili \texttt{argc} e +\texttt{argv} ed una stringa che indica quali sono le opzioni valide; la +funzione effettua la scansione della lista dei parametri ricercando ogni +stringa che comincia con \texttt{-} e ritorna ogni volta che trova una opzione +valida. + +La stringa \texttt{optstring} indica quali sono le opzioni riconosciute ed è +costituita da tutti i caratteri usati per identificare le singole opzioni, se +l'opzione ha un parametro al carattere deve essere fatto seguire un segno di +due punti \texttt{:} nel caso appena accennato ad esempio la stringa di +opzioni sarebbe \texttt{"r:m"}. + +La modalità di uso è pertanto quella di chiamare più volte la funzione +all'interno di un ciclo di while fintanto che essa non ritorna il valore +\texttt{-1} che indica che non ci sono più opzioni. Nel caso si incontri +un'opzione non dichiarata in \texttt{optstring} viene ritornato un \texttt{?} +mentre se l'opzione non è seguita da un parametro viene ritornato un +\texttt{:} infine se viene incontrato il valore \texttt{--} la scansione viene +considerata conclusa. + +Quando la funzione trova un'opzione essa ritorna il valore numerico del +carattere, in questo modo si possono prendere le azioni relative usando un +case; la funzione inizializza inoltre alcune variabili globali: +\begin{itemize} +\item \texttt{char * optarg} contiene il puntatore alla stringa argomento + dell'opzione. +\item \texttt{int optind} alla fine della scansione restituisce l'indice del + primo argomento che non è un'opzione. +\item \texttt{int opterr} previene, se posto a zero, la stampa di un messaggio + di errore in caso di riconoscimento di opzioni non definite. +\item \texttt{int optopt} contiene il carattere dell'opzione non riconosciuta. \end{itemize} -(per l'accesso a queste funzioni e ai relativi tipi di dati occorre includere -gli header files \texttt{unistd.h} e \texttt{sys/types.h}. +In \nfig\ è mostrato un programma di esempio, + +\begin{figure}[htbp] + \footnotesize + \begin{lstlisting}{} + opterr = 0; /* don't want writing to stderr */ + while ( (i = getopt(argc, argv, "o:a:i:hve")) != -1) { + switch (i) { + case 'i': /* input file */ + in_file=open(optarg,O_RDONLY); + if (in_file<0) { + perror("Cannot open input file"); + exit(1); + } + break; + case 'o': /* output file (overwrite) */ + out_file=open(optarg,O_WRONLY|O_CREAT); + if (out_file<0) { + perror("Cannot open output file"); + exit(1); + } + break; + break; + case 'a': /* output file (append) */ + out_file=open(optarg,O_WRONLY|O_CREAT|O_APPEND); + break; + case 'h': /* print help usage */ + usage(); + break; + case 'v': /* set verbose mode */ + debug("Option -v active\n"); + verbose=1; + break; + case '?': /* unrecognized options */ + printf("Unrecognized options -%c\n",optopt); + usage(); + default: /* should not reached */ + debug("default option\n"); + usage(); + } + } + debug("Optind %d, argc %d\n",optind,argc); + \end{lstlisting} + \caption{Esempio di codice per la gestione delle opzioni.} + \label{fig:proc_options_code} +\end{figure} + +\subsection{Opzioni in formato esteso} +\label{sec:proc_opt_extended} + +Un'estensione di questo schema è costituito dalle cosiddette +\textit{long-options} espresse nella forma \texttt{--option=parameter}, anche +la gestione di queste ultime è stata standardizzata attraverso l'uso di una +versione estesa di \texttt{getopt}. + + +\subsection{Le variabili di ambiente} +\label{sec:proc_environ} + +Oltre ai parametri passati da linea di comando ogni processo riceve dal +sistema un \textsl{ambiente}, nella forma di una lista di variabili +(\textit{environment list}) messa a disposizione dal processo costruita nella +chiamata ad \func{exec} che lo ha lanciato. + +Come per la lista dei parametri anche questa lista è un array di puntatori a +caratteri, ciascuno dei quali punta ad una stringa (terminata da un null). A +differenza di \var{argv[]} però in questo caso non si ha la lunghezza +dell'array dato da un equivalente di \var{argc}, ma la lista è terminata da un +puntatore nullo. + +L'indirizzo della lista delle variabili di ambiente è passato attraverso la +variabile globale \var{environ}, a cui si può accedere attraverso una semplice +dichiarazione del tipo: +\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{} +extern char ** environ; +\end{lstlisting} +un esempio del contenuto dell'ambiente, in si è riportato un estratto delle +variabili che normalmente sono definite dal sistema, è riportato in \nfig. +\begin{figure}[htb] + \centering + \includegraphics[width=11cm]{img/environ_var.eps} + \caption{Esempio di lista delle variabili di ambiente.} + \label{fig:proc_envirno_list} +\end{figure} + +Per convenzione le stringhe che definiscono l'ambiente sono tutte del tipo +\textsl{\texttt{nome=valore}}. Inoltre alcune variabili, come quelle elencate +in \curfig, sono definite dal sistema per queste c'è la convezione di usare +nomi espressi in caratteri maiuscoli. + +Il kernel non usa mai queste variabili, il loro uso e la loro intepretazione è +riservata alle applicazioni e ad alcune funzioni di libreria; in genere esse +costituiscono un modo comodo per definire un comportamento specifico senza +dover ricorrere all'uso di opzioni a linea di comando o di file di +configurazione. -\section{Provilegi e permessi} -\label{sec:process_perms} +La shell ad esempio ne usa molte per il suo funzionamento (come \var{PATH} per +la ricerca dei comadi), e alcune di esse (come \var{HOME}, \var{USER}, etc.) +sono definite al login. In genere è cura dell'amministratore definire le +opportune variabili di ambiente in uno script di avvio. Alcune servono poi +come riferimento generico per molti programmi (come \var{EDITOR} che indica +l'editor preferito da invocare in caso di ncessità). -Va messo qui tutta la storia su effective, real, saved uid, e pure le cose di -linux come il filesystem uid. +Gli standard POSIX e XPG3 definiscono alcune di queste variabili (le più +comuni), come riportato in \ntab. GNU/Linux le supporta tutte e ne definisce +anche altre per una lista parziale si può controllare \cmd{man environ} -\section{Creazione dei processi} -\label{sec:proc_fork}