X-Git-Url: https://gapil.gnulinux.it/gitweb/?p=gapil.git;a=blobdiff_plain;f=ipc.tex;h=9b7ac1a21a90ed2c395f4542f728556604db5f25;hp=01c4c5b825fcc97a8b97e28e7685ea2a6885ab1b;hb=be0113897fdc6774f0dcc3f9c91fe5e76c5dd0a5;hpb=99fa5a06cd27160cf673e3483ad552d32efa2c05 diff --git a/ipc.tex b/ipc.tex index 01c4c5b..9b7ac1a 100644 --- a/ipc.tex +++ b/ipc.tex @@ -505,12 +505,12 @@ essere in una relazione di \textsl{parentela}. Utilizzando una \textit{fifo} tutti i dati passeranno, come per le \textit{pipe}, attraverso un buffer nel kernel, senza transitare dal -filesystem. Il fatto che siano associate ad un \itindex{inode} -\textit{inode} presente sul filesystem serve infatti solo a fornire un punto -di accesso per i processi, che permetta a questi ultimi di accedere alla -stessa \textit{fifo} senza avere nessuna relazione, con una semplice -\func{open}. Il comportamento delle funzioni di lettura e scrittura è identico -a quello illustrato per le \textit{pipe} in sez.~\ref{sec:ipc_pipes}. +filesystem. Il fatto che siano associate ad un \textit{inode} presente sul +filesystem serve infatti solo a fornire un punto di accesso per i processi, +che permetta a questi ultimi di accedere alla stessa \textit{fifo} senza avere +nessuna relazione, con una semplice \func{open}. Il comportamento delle +funzioni di lettura e scrittura è identico a quello illustrato per le +\textit{pipe} in sez.~\ref{sec:ipc_pipes}. Abbiamo già trattato in sez.~\ref{sec:file_mknod} le funzioni \func{mknod} e \func{mkfifo} che permettono di creare una \textit{fifo}. Per utilizzarne una @@ -994,12 +994,12 @@ meno significativi. Il problema è che anche così non c'è la sicurezza che il valore della chiave sia univoco, infatti esso è costruito combinando il byte di \param{proj\_id)} -con i 16 bit meno significativi \itindex{inode} dell'inode del file -\param{pathname} (che vengono ottenuti attraverso \func{stat}, da cui derivano -i possibili errori), e gli 8 bit meno significativi del numero del dispositivo -su cui è il file. Diventa perciò relativamente facile ottenere delle -collisioni, specie se i file sono su dispositivi con lo stesso \textit{minor - number}, come \file{/dev/hda1} e \file{/dev/sda1}. +con i 16 bit meno significativi dell'inode del file \param{pathname} (che +vengono ottenuti attraverso \func{stat}, da cui derivano i possibili errori), +e gli 8 bit meno significativi del numero del dispositivo su cui è il file. +Diventa perciò relativamente facile ottenere delle collisioni, specie se i +file sono su dispositivi con lo stesso \textit{minor number}, come +\file{/dev/hda1} e \file{/dev/sda1}. In genere quello che si fa è utilizzare un file comune usato dai programmi che devono comunicare (ad esempio un header comune, o uno dei programmi che devono @@ -1315,21 +1315,21 @@ l'uso di \func{sysctl} o scrivendo nei file \sysctlrelfile{kernel}{msgmax}, \itindbeg{linked~list} Una coda di messaggi è costituita da una \textit{linked list}.\footnote{una - \itindex{linked~list} \textit{linked list} è una tipica struttura di dati, - organizzati in una lista in cui ciascun elemento contiene un puntatore al - successivo. In questo modo la struttura è veloce nell'estrazione ed - immissione dei dati dalle estremità dalla lista (basta aggiungere un - elemento in testa o in coda ed aggiornare un puntatore), e relativamente - veloce da attraversare in ordine sequenziale (seguendo i puntatori), è - invece relativamente lenta nell'accesso casuale e nella ricerca.} I nuovi -messaggi vengono inseriti in coda alla lista e vengono letti dalla cima, in -fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} si è riportato uno schema semplificato con cui -queste strutture vengono mantenute dal kernel. Lo schema illustrato in realtà -è una semplificazione di quello usato fino ai kernel della serie 2.2. A -partire della serie 2.4 la gestione delle code di messaggi è effettuata in -maniera diversa (e non esiste una struttura \struct{msqid\_ds} nel kernel), ma -abbiamo mantenuto lo schema precedente dato che illustra in maniera più che -adeguata i principi di funzionamento delle code di messaggi. + \textit{linked list} è una tipica struttura di dati, organizzati in una + lista in cui ciascun elemento contiene un puntatore al successivo. In questo + modo la struttura è veloce nell'estrazione ed immissione dei dati dalle + estremità dalla lista (basta aggiungere un elemento in testa o in coda ed + aggiornare un puntatore), e relativamente veloce da attraversare in ordine + sequenziale (seguendo i puntatori), è invece relativamente lenta + nell'accesso casuale e nella ricerca.} I nuovi messaggi vengono inseriti in +coda alla lista e vengono letti dalla cima, in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} si +è riportato uno schema semplificato con cui queste strutture vengono mantenute +dal kernel. Lo schema illustrato in realtà è una semplificazione di quello +usato fino ai kernel della serie 2.2. A partire della serie 2.4 la gestione +delle code di messaggi è effettuata in maniera diversa (e non esiste una +struttura \struct{msqid\_ds} nel kernel), ma abbiamo mantenuto lo schema +precedente dato che illustra in maniera più che adeguata i principi di +funzionamento delle code di messaggi. \itindend{linked~list} @@ -1835,9 +1835,9 @@ lettura della risposta, quest'ultima resta nella coda (così come per le \textit{fifo} si aveva il problema delle \textit{fifo} che restavano nel filesystem). In questo caso però il problemi sono maggiori, sia perché è molto più facile esaurire la memoria dedicata ad una coda di messaggi che gli -\itindex{inode} \textit{inode} di un filesystem, sia perché, con il riutilizzo -dei \ids{PID} da parte dei processi, un client eseguito in un momento -successivo potrebbe ricevere un messaggio non indirizzato a lui. +\textit{inode} di un filesystem, sia perché, con il riutilizzo dei \ids{PID} +da parte dei processi, un client eseguito in un momento successivo potrebbe +ricevere un messaggio non indirizzato a lui. \subsection{I semafori} @@ -4262,9 +4262,9 @@ sez.~\ref{sec:file_open_close}. Inoltre sul file descriptor viene sempre impostato il flag \const{FD\_CLOEXEC}. Chiamate effettuate da diversi processi usando lo stesso nome restituiranno file descriptor associati allo stesso segmento, così come, nel caso di file ordinari, essi sono associati -allo stesso \itindex{inode} inode. In questo modo è possibile effettuare una -chiamata ad \func{mmap} sul file descriptor restituito da \func{shm\_open} ed -i processi vedranno lo stesso segmento di memoria condivisa. +allo stesso inode. In questo modo è possibile effettuare una chiamata ad +\func{mmap} sul file descriptor restituito da \func{shm\_open} ed i processi +vedranno lo stesso segmento di memoria condivisa. Quando il nome non esiste si può creare un nuovo segmento specificando \const{O\_CREAT}; in tal caso il segmento avrà (così come i nuovi file)