X-Git-Url: https://gapil.gnulinux.it/gitweb/?p=gapil.git;a=blobdiff_plain;f=ipc.tex;h=40c9fadd4c20f23f608497e443a65a2972107868;hp=f86a851e9fb41c5b43913f428d8e80354758fd15;hb=2e715e70ba0df8224ec1bf118ba34a73a21df5c5;hpb=fd934ebcf645120b9c92a434ab6b8755c04a3c07 diff --git a/ipc.tex b/ipc.tex index f86a851..40c9fad 100644 --- a/ipc.tex +++ b/ipc.tex @@ -2,57 +2,530 @@ \label{cha:IPC} -\section{Introduzione} -\label{sec:ipc_intro} +Uno degli aspetti fondamentali della programmazione in un sistema unix-like è +la comunicazione fra processi. In questo capitolo affronteremo solo i +meccanismi più elementari che permettono di mettere in comunicazione processi +diversi, come quelli tradizionali che coinvolgono \textit{pipe} e +\textit{fifo} e i meccanismi di intercomunicazione di System V. -Uno degli aspetti fondamentali della programmazione in unix è la comunicazione -fra processi. In questo capitolo affronteremo solo alcuni dei meccanismi più -elementari che permettono di mettere in comunicazione processi diversi, come -quelli tradizionali che coinvolgono \textit{pipe} e \textit{fifo} e i -meccanismi di intercomunicazione di System V. +Tralasceremo invece tutte le problematiche relative alla comunicazione +attraverso la rete (e le relative interfacce) che saranno affrontate in +dettaglio in un secondo tempo. Non affronteremo invece meccanismi più +complessi ed evoluti come le RPC (\textit{Remote Procedure Calls}) e CORBA +(\textit{Common Object Request Brocker Architecture}) che in genere sono +implementati con un ulteriore livello sopra i meccanismi elementari. -Esistono pure sistemi più complessi ed evoluti come le RPC (\textit{Remote - Procedure Calls}) e CORBA (\textit{Common Object Request Brocker - Architecture}) che non saranno affrontati qui. \section{La comunicazione fra processi tradizionale} \label{sec:ipc_unix} -Il primo meccanismo di comunicazione fra processi usato dai sistemi unix-like -è quello delle \textit{pipe}, in questa sezione descriveremo le sue basi, le -funzioni che ne gestiscono l'uso e le varie forme in cui si è evoluto. +Il primo meccanismo di comunicazione fra processi usato dai sistemi unix-like, +e quello che viene correntemente usato di più, è quello delle \textit{pipe}, +che sono una delle caratteristiche peculiari del sistema, in particolar modo +dell'interfaccia a linea di comando. In questa sezione descriveremo le sue +basi, le funzioni che ne gestiscono l'uso e le varie forme in cui si è +evoluto. \subsection{Le \textit{pipe} standard} \label{sec:ipc_pipes} +Le \textit{pipe} nascono sostanzialmente con Unix, e sono il primo, e tuttora +uno dei più usati, meccanismi di comunicazione fra processi. Si tratta in +sostanza di uno speciale tipo di file descriptor, più precisamente una coppia +di file descriptor,\footnote{si tenga presente che le pipe sono oggetti creati + dal kernel e non risiedono su disco.} su cui da una parte si scrive e da +un'altra si legge. Si viene così a costituire un canale di comunicazione +tramite i due file descriptor, nella forma di un \textsl{tubo} (da cui il +nome) in cui in genere un processo immette dati che poi arriveranno ad un +altro. + +La funzione che permette di creare una pipe è appunto \func{pipe}; il suo +prototipo è: +\begin{prototype}{unistd.h} +{int pipe(int filedes[2])} + +Crea una coppia di file descriptor associati ad una pipe. + + \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un + errore, nel qual caso \var{errno} potrà assumere i valori \macro{EMFILE}, + \macro{ENFILE} e \macro{EFAULT}.} +\end{prototype} + +La funzione restituisce una coppia di file descriptor nell'array +\param{filedes}; il primo aperto in lettura ed il secondo in scrittura. Il +concetto di funzionamento di una pipe è relativamente semplice, quello che si +scrive nel file descriptor aperto in scrittura viene ripresentato tale e quale +nel file descriptor aperto in lettura, da cui può essere riletto. + +I file descriptor infatti non sono connessi a nessun file reale, ma ad un +buffer nel kernel, la cui dimensione è specificata dalla costante +\macro{PIPE\_BUF}, (vedi \secref{sec:sys_file_limits}); lo schema di +funzionamento di una pipe è illustrato in \figref{fig:ipc_pipe_singular}, in +cui sono illustrati i due capi della pipe, associati a ciascun file +descriptor, con le frecce che indicano la direzione del flusso dei dati +attraverso la pipe. + +\begin{figure}[htb] + \centering + \includegraphics[height=5cm]{img/pipe} + \caption{Schema della struttura di una pipe.} + \label{fig:ipc_pipe_singular} +\end{figure} + +Chiaramente creare una pipe all'interno di un processo non serve a niente; se +però ricordiamo quanto esposto in \secref{sec:file_sharing} riguardo al +comportamento dei file descriptor nei processi figli, è immediato capire come +una pipe possa diventare un meccanismo di intercomunicazione. Un processo +figlio infatti condivide gli stessi file descriptor del padre, compresi quelli +associati ad una pipe (secondo la situazione illustrata in +\figref{fig:ipc_pipe_fork}). In questo modo se uno dei processi scrive su un +capo della pipe, l'altro può leggere. + +\begin{figure}[htb] + \centering + \includegraphics[height=5cm]{img/pipefork} + \caption{Schema dei collegamenti ad una pipe, condivisi fra processo padre e + figlio dopo l'esecuzione \func{fork}.} + \label{fig:ipc_pipe_fork} +\end{figure} + +Tutto ciò ci mostra come sia immediato realizzare un meccanismo di +comunicazione fra processi attraverso una pipe, utilizzando le ordinarie +proprietà dei file, ma ci mostra anche qual'è il principale\footnote{Stevens + in \cite{APUE} riporta come limite anche il fatto che la comunicazione è + unidirezionale, in realtà questo è un limite facilmente superabile usando + una coppia di pipe.} limite nell'uso delle pipe. È necessario infatti che i +processi possano condividere i file descriptor della pipe, e per questo essi +devono comunque derivare da uno stesso processo padre che ha aperto la pipe, +o, più comunemente, essere nella relazione padre/figlio. + + +\subsection{Un esempio dell'uso delle pipe} +\label{sec:ipc_pipe_use} + +Per capire meglio il funzionamento di una pipe faremo un esempio di quello che +è il loro uso più comune, analogo a quello effettuato della shell, e che +consiste nell'inviare l'output di un processo (lo standard output) sull'input +di un'altro. Realizzaremo il programma nella forma di un +\textit{CGI}\footnote{Un CGI (\textit{Common Gateway Interface}) è un programma + che permette la creazione dinamica di un oggetto da inserire all'interno di + una pagina HTML.} per apache, che genera una immagine JPEG di un codice a +barre, specificato come parametro di input. + +Un programma che deve essere eseguito come \textit{CGI} deve rispondere a +delle caratteristiche specifiche, esso infatti non viene lanciato da una +shell, ma dallo stesso web server, alla richiesta di una specifica URL, che di +solito ha la forma: +\begin{verbatim} + http://www.sito.it/cgi-bin/programma?parametro +\end{verbatim} +ed il risultato dell'elaborazione deve essere presentato (con una intestazione +che ne descrive il mime-type) sullo standard output, in modo che il web-server +possa reinviarlo al browser che ha effettuato la richiesta, che in questo modo +è in grado di visualizzarlo opportunamente. + +Per fare questo useremo in sequenza i programmi \cmd{barcode} e \cmd{gs}, il +primo infatti è in grado di generare immagini postscript di codici a barre +corrispondenti ad una qualunque stringa, mentre il secondo serve per poter +effettuare la conversione della stessa immagine in formato JPEG. Usando una +pipe potremo inviare l'output del primo sull'input del secondo, secondo lo +schema mostrato in \figref{fig:ipc_pipe_use}, in cui la direzione del flusso +dei dati è data dalle frecce continue. + +\begin{figure}[htb] + \centering + \includegraphics[height=5cm]{img/pipeuse} + \caption{Schema dell'uso di una pipe come mezzo di comunicazione fra + due processi attraverso attraverso l'esecuzione una \func{fork} e la + chiusura dei capi non utilizzati.} + \label{fig:ipc_pipe_use} +\end{figure} + +Si potrebbe obiettare che sarebbe molto più semplice salvare il risultato +intermedio su un file temporaneo. Questo però non tiene conto del fatto che un +\textit{CGI} deve poter gestire più richieste in concorrenza, e si avrebbe una +evidente race condition in caso di accesso simultaneo a detto +file.\footnote{il problema potrebbe essere superato determinando in anticipo + un nome appropiato per il file temporaneo, che verrebbe utilizzato dai vari + sotto-processi, e cancellato alla fine della loro esecuzione; ma a questo le + cose non sarebbero più tanto semplici.} L'uso di una pipe invece permette +di risolvere il problema in maniera semplice ed elegante. + +Il programma ci servirà anche come esempio dell'uso delle funzioni di +duplicazione dei file descriptor che abbiamo trattato in +\secref{sec:file_dup}, in particolare di \func{dup2}. È attraverso queste +funzioni infatti che è possibile dirottare gli stream standard dei processi +(che abbiamo visto in \secref{sec:file_std_descr} e +\secref{sec:file_std_stream}) sulla pipe. In \figref{fig:ipc_barcode_code} +abbiamo riportato il corpo del programm, il cui codice completo è disponibile +nel file \file{BarCodePage.c} che si trova nella directory dei sorgenti. + + +\begin{figure}[!htb] + \footnotesize \centering + \begin{minipage}[c]{15cm} + \begin{lstlisting}{} +int main(int argc, char *argv[], char *envp[]) +{ + ... + /* create two pipes to handle process communication */ + if ( (retval = pipe(pipein)) ) { + WriteMess("input pipe creation error"); + exit(0); + } + if ( (retval = pipe(pipeout)) ) { + WriteMess("output pipe creation error"); + exit(0); + } + /* First fork: use child to run barcode program */ + if ( (pid = fork()) == -1) { /* on error exit */ + WriteMess("child creation error"); + exit(0); + } + /* if child */ + if (pid == 0) { + close(pipein[1]); /* close pipe write end */ + dup2(pipein[0], STDIN_FILENO); /* remap stdin to pipe read end */ + close(pipeout[0]); + dup2(pipeout[1], STDOUT_FILENO); /* remap stdout in pipe output */ + execlp("barcode", "barcode", size, NULL); //"-o", "-", NULL); + } + close(pipein[0]); /* close input side of input pipe */ + write(pipein[1], argv[1], strlen(argv[1])); /* write parameter to pipe */ + close(pipein[1]); /* closing write end */ + waitpid(pid, NULL, 0); /* wait child completion */ + /* Second fork: use child to run ghostscript */ + if ( (pid = fork()) == -1) { /* on error exit */ + WriteMess("child creation error"); + exit(0); + } + /* second child, convert PS to JPEG */ + if (pid == 0) { + close(pipeout[1]); /* close write end */ + dup2(pipeout[0], STDIN_FILENO); /* remap read end to stdin */ + /* send mime type */ + write(STDOUT_FILENO, content, strlen(content)); + execlp("gs", "gs", "-q", "-sDEVICE=jpeg", "-sOutputFile=-", "-", NULL); + } + /* still parent */ + close(pipeout[1]); + waitpid(pid, NULL, 0); + exit(0); +} + \end{lstlisting} + \end{minipage} + \normalsize + \caption{Codice del \textit{CGI} \cmd{BarCodePage}.} + \label{fig:ipc_barcode_code} +\end{figure} + +La prima operazione del programma (\texttt{\small 4--12}) è quella di creare +le due pipe che serviranno per la comunicazione fra i due comandi utilizzati +per produrre il codice a barre; si ha cura di controllare la riuscita della +chiamata, inviando in caso di errore un messaggio invece dell'immagine +richiesta.\footnote{la funzione \func{WriteMess}, non è riportata in + \secref{fig:ipc_barcode_code}; essa si incarica semplicemente di formattare + l'uscita alla maniera dei CGI, aggiungendo l'opportuno \textit{mime type}, e + formattando il messaggio in HTML, in modo che quest'ultimo possa essere + visualizzato correttamente da un browser.} + +Una volta create le pipe, il programma può creare (\texttt{\small 13-17}) il +primo processo figlio, che si incaricherà (\texttt{\small 19--25}) di eseguire +\cmd{barcode}. Quest'ultimo legge dallo standard input una stringa di +caratteri, la converte nell'immagine postscript del codice a barre ad essa +corrispondente, e poi scrive il risultato direttamente sullo standard output. + +Per poter utilizzare queste caratteristiche prima di eseguire \cmd{barcode} si +chiude (\texttt{\small 20}) il capo aperto in scrittura della prima pipe, e se +ne collega (\texttt{\small 21}) il capo in lettura allo standard input, usando +\func{dup2}. Dato che \cmd{barcode} scrive l'immagine postscript del codice a +barre sullo standard output, per poter effettuare una ulteriore redirezione il +capo in lettura della seconda pipe viene chiuso (\texttt{\small 22}) mentre il +capo in scrittura viene collegato allo standard output (\texttt{\small 23}). + +In questo modo all'esecuzione (\texttt{\small 25}) di \cmd{barcode} (cui si +passa in \var{size} la dimensione della pagina per l'immagine) quest'ultimo +leggerà dalla prima pipe la stringa da codificare che gli sarà inviata dal +padre, e scriverà l'immagine postscript del codice a barre sulla seconda. + +Al contempo una volta lanciato il primo figlio, il processo padre prima chiude +(\texttt{\small 26}) il capo inutilizzato della prima pipe (quello in input) e +poi scrive (\texttt{\small 27}) la stringa da convertire sul capo in output, +così che \cmd{barcode} possa riceverla dallo standard input. A questo punto +l'uso della prima pipe è finito ed essa può essere definitivamente chiusa +(\texttt{\small 28}), si attende poi (\texttt{\small 29}) che l'esecuzione di +\cmd{barcode} sia completata. + +Alla conclusione della sua esecuzione \cmd{barcode} avrà inviato l'immagine +postscript del codice a barre sul capo in scrittura della seconda pipe; a +questo punto si può eseguire la seconda conversione, da PS a JPEG, usando il +programma \cmd{gs}. Per questo si crea (\texttt{\small 30--34}) un secondo +processo figlio, che poi (\texttt{\small 35--42}) eseguirà questo programma +leggendo l'immagine postscript creata da \cmd{barcode} dallo standard input, +per convertirla in JPEG. + +Per fare tutto ciò anzitutto si chiude (\texttt{\small 37}) il capo in +scrittura della seconda pipe, e se ne collega (\texttt{\small 38}) il capo in +lettura allo standard input. Per poter formattare l'output del programma in +maniera utilizzabile da un browser, si provvede anche \texttt{\small 40}) alla +scrittura dell'apposita stringa di identificazione del mime-type in testa allo +standard output. A questo punto si può invocare \texttt{\small 41}) \cmd{gs}, +provvedendo gli appositi switch che consentono di leggere il file da +convertire dallo standard input e di inviare la conversione sullo standard +output. + +Per completare le operazioni il processo padre chiude \texttt{\small 44}) il +capo in scrittura della seconda pipe, e attende la conclusione del figlio +\texttt{\small 45}); a questo punto può \texttt{\small 46}). Si tenga conto +che l'operazione di chiudere il capo in scrittura della seconda pipe è +necessaria, infatti se non venisse chiusa \cmd{gs}, che legge il suo stardard +input da detta pipe, resterebbe bloccato in attesa di ulteriori dati in +ingresso (l'unico modo che un programma ha per sapere che l'input è terminato +è rilevare che lo standard input è stato chiuso), e la \func{wait} non +ritornerebbe. + + +\subsection{Le funzioni \func{popen} e \func{pclose}} +\label{sec:ipc_popen} + +Come si è visto la modalità più comune di utilizzo di una pipe è quella di +utilizzarla per fare da tramite fra output ed input di due programmi invocati +in sequenza; per questo motivo lo standard POSIX.2 ha introdotto due funzioni +che permettono di sintetizzare queste operazioni. La prima di esse si chiama +\func{popen} ed il suo prototipo è: +\begin{prototype}{stdio.h} +{FILE *popen(const char *command, const char *type)} + +Esegue il programma \param{command}, di cui, a seconda di \param{type}, +restituisce, lo standard input o lo standard output nella pipe collegata allo +stream restituito come valore di ritorno. + +\bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo dello stream associato alla pipe + in caso di successo e \macro{NULL} per un errore, nel qual caso \var{errno} + potrà assumere i valori relativi alle sottostanti invocazioni di \func{pipe} + e \func{fork} o \macro{EINVAL} se \param{type} non è valido.} +\end{prototype} + +La funzione crea una pipe, esegue una \func{fork}, ed invoca il programma +\param{command} attraverso la shell (in sostanza esegue \file{/bin/sh} con il +flag \code{-c}); l'argomento \param{type} deve essere una delle due stringhe +\verb|"w"| o \verb|"r"|, per indicare se la pipe sarà collegata allo standard +input o allo standard output del comando invocato. + +La funzione restituisce il puntatore allo stream associato alla pipe creata, +che sarà aperto in sola lettura (e quindi associato allo standard output del +programma indicato) in caso si sia indicato \code{"r"}, o in sola scrittura (e +quindi associato allo standard input) in caso di \code{"w"}. + +Lo stream restituito da \func{popen} è identico a tutti gli effetti ai file +stream visti in \secref{cha:files_std_interface}, anche se è collegato ad una +pipe e non ad un inode, e viene sempre aperto in modalità +\textit{fully-buffered} (vedi \secref{sec:file_buffering}); l'unica differenza +con gli usuali stream è che dovrà essere chiuso dalla seconda delle due nuove +funzioni, \func{pclose}, il cui prototipo è: +\begin{prototype}{stdio.h} +{int pclose(FILE *stream)} + +Chiude il file \param{stream}, restituito da una prededente \func{popen} +attendendo la terminazione del processo ad essa associato. + +\bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di + errore; nel quel caso il valore di \func{errno} deriva dalle sottostanti + chiamate.} +\end{prototype} +\noindent che oltre alla chiusura dello stream si incarica anche di attendere +(tramite \func{wait4}) la conclusione del processo creato dalla precedente +\func{popen}. + +Per illustrare l'uso di queste due funzioni riprenderemo il problema +precedente; il programma mostrato in \figref{fig:ipc_barcode_code} per quanto +funzionante, è (volutamente) codificato in maniera piuttosto complesso; +inoltre nella pratica sconta un problema di \cmd{gs} che non è in +grado\footnote{nella versione GNU Ghostscript 6.53 (2002-02-13).} di +riconoscere correttamente l'encapsulated postscript, per cui tutte le volte +generata una pagina intera, invece che semplice figura delle dimensioni +corrispondenti al codice a barre. + +Se si vuole generare una immagine di dimensioni corrette si deve usare un +approccio diverso; una possibilità sarebbe quella di ricorrere ad ulteriore +programma, \cmd{epstopsf}, per convertire in PDF il file EPS generato da +\cmd{barcode} (utilizzando lo switch \cmd{-E} di quest'ultimo). Utilizzando un +PDF al posto di un EPS \cmd{gs} esegue la conversione rispettando le +dimensioni originarie del codice a barre e produce un JPEG delle dimensioni +adeguate. + +Questo però ci porta a scontrarci con una caratteristica peculiare delle pipe, +che a prima vista non è evidente. Per poter effettuare la conversione di un +PDF infatti è necessario, per la struttura del formato, dover eseguire delle +\func{lseek} sul file da convertire; una pipe però è rigidamente sequenziale, +ed il tentativo di eseguire detta funzioni su un file descriptor associato ad +una pipe comporta l'immediato fallimento con un errore di \macro{ESPIPE}. + +Per questo motivo si è utilizzata una strada diversa, che prevede la +conversione attraverso \cmd{gs} del PS in un altro formato intermedio, il +PPM,\footnote{il \textit{Portable PixMap file format} è un formato usato + spesso come formato intermedio per effettuare conversioni, è estremamente + inefficiente, ma molto facile da manipolare dato che usa caratteri ASCII per + memorizzare le immagini.} dal quale poi si può ottenere un'immagine di +dimensioni corrette attraverso vari programmi di manipolazione (\cmd{pnmcrop}, +\cmd{pnmmargin}) che può essere infine trasformata in PNG. + +In questo caso però occorre eseguire sequenza ben quattro comandi diversi, +inviando l'output di ciascuno all'input del successivo, per poi ottenere il +risultato finale sullo standard output, il caso più classico dell'uso delle +pipe. + + +Dato che questo caso ciascun processo deve scrivere il suo output sullo +standard input del successivo, occorrerà usare \func{popen} aprendo la pipe in +scrittura. + +Il codice del nuovo programma è riportato in \figref{fig:ipc_barcode2_code}; +come si può notare l'ordine di invocazione dei programmi è l'inverso di quello +in cui ci si aspetta vengano effettivamente eseguiti. Questo non comporta +nessun problema; infatti la lettura su una pipe è bloccante, per cui ciascun +processo, per quanto lanciato per primo, si bloccherà in attesa di ricevere +sullo standard input il risultato dell'elaborazione del precendente, benchè +quest'ultimo venga invocato dopo. + +\begin{figure}[!htb] + \footnotesize \centering + \begin{minipage}[c]{15cm} + \begin{lstlisting}{} +int main(int argc, char *argv[], char *envp[]) +{ +int main(int argc, char *argv[], char *envp[]) +{ + FILE *pipe[4]; + FILE *pipein; + char *cmd_string[4]={ + "pnmtopng", + "pnmmargin -white 10", + "pnmcrop", + "gs -sDEVICE=ppmraw -sOutputFile=- -sNOPAUSE -q - -c showpage -c quit" + }; + char content[]="Content-type: image/png\n\n"; + int i; + /* write mime-type to stout */ + write(STDOUT_FILENO, content, strlen(content)); + /* execute chain of command */ + for (i=0; i<4; i++) { + pipe[i] = popen(cmd_string[i], "w"); + dup2(fileno(pipe[i]), STDOUT_FILENO); + } + /* create barcode (in PS) */ + pipein = popen("barcode", "w"); + /* send barcode string to barcode program */ + write(fileno(pipein), argv[1], strlen(argv[1])); + /* close all pipes (in reverse order) */ + for (i=4; i==0; i--) { + pclose((pipe[i])); + } + exit(0); +} +/* + * Routine to produce an HTML error message on output + */ +void WriteMess(char *mess) +{ + printf("Content-type: text/html\n\n"); + perror(mess); + printf("
\n"); +} +} + + \end{lstlisting} + \end{minipage} + \normalsize + \caption{Codice del \textit{cgi-bin} \cmd{BarCode2}.} + \label{fig:ipc_barcode2_code} +\end{figure} + +Nel nostro caso il primo passo (\texttt{\small 12}) è scrivere il mime-type +sullo standard output; a questo punto il processo padre non necessita più di +eseguire ulteriori operazioni sullo standard output e può tranquillamente +provvedere alla redirezione. Il primo processo figlio ad essere invocato +(\texttt{\small 14}) è necessariamente l'ultimo della sequenza, in quanto è +lui che deve uscire sullo standard output, gli altri saranno tutti rediretti. + +Una volta lanciato il processo finale si può iniziare la catena delle +redirezioni; ogni volta (\texttt{\small 16} e \texttt{\small 20}) duplicheremo +il file restituito dalla chiamata precedente a \func{popen} sullo standard +output, in questo modo alla successiva chiamata di \func{popen} il processo +eseguito scriverà il suo standard output sulla pipe collegata allo standard +input del precedente. + +Alla fine tutto quello che resta da fare è scrivere (\texttt{\small 22}) la +stringa del codice a barre sulla pipe collegata allo standard input +dell'ultimo processo lanciato, e poi chiudere tutte le pipe create con +\func{pclose}. \subsection{Le \textit{pipe} con nome, o \textit{fifo}} \label{sec:ipc_named_pipe} +Come accennato in \secref{sec:ipc_pipes} il problema delle \textit{pipe} è che +esse possono essere utilizzate solo da processi con un progenitore comune o +nella relazione padre/figlio; per superare questo problema lo standard POSIX.1 +ha definito dei nuovi oggetti, le \textit{fifo}, che hanno le stesse +caratteristiche delle pipe, ma invece che essere struttura interne del kernel +visibili solo attraverso un file descriptor comune, possono essere viste +attraverso un inode che risiede sul filesystem. + +Utilizzando una fifo tutti i dati passeranno attraverso un apposito buffer nel +kernel, senza transitare dal filesystem, l'inode serve solo a fornire un punto +d'appoggio per i vari processi che permetta loro di accedere alla stessa +fifo. + + +Abbiamo già visto in \secref{sec:file_mknod} le modalità che permettono di +creare una fifo, attraverso le funzioni \func{mknod} e \func{mkfifo}; per +utilizzarle un processo non avrà che da aprire il relativo file in lettura o +scrittura (a seconda della direzione che si vuole dare ai dati). +che invece possono risiedere +sul filesystem, e che i processi possono usare per le comunicazioni senza +dovere per forza essere in relazione diretta. + + + + +Per poter superare il problema delle \textit{pipe}, illustrato in +\secref{sec:ipc_pipes}, che ne consente l'uso solo fra processi con un +progenitore comune o nella relazione padre/figlio, + \section{La comunicazione fra processi di System V} \label{sec:ipc_sysv} -Per ovviare ad i vari limiti dei meccanismo tradizionale di comunicazione fra -processi basato sulle \textit{pipe}, nello sviluppo di System V vennero -introdotti una serie di nuovi oggetti che garantissero una maggiore -flessibilità; in questa sezione esamineremo quello che viene ormai chiamato il -sistema \textit{SystemV IPC}. +Per ovviare ai vari limiti dei meccanismo tradizionale di comunicazione fra +processi visto in \secref{sec:ipc_unix}, nello sviluppo di System V vennero +introdotti una serie di nuovi oggetti e relative interfacce che garantissero +una maggiore flessibilità; in questa sezione esamineremo quello che viene +ormai chiamato il \textit{System V Inter-Process Comunication System}, più +comunemente noto come \textit{SystemV IPC}. + \subsection{Code di messaggi} \label{sec:ipc_messque} +Il primo oggetto introdotto dal \textit{SystemV IPC} è quello delle code di +messaggi. + \subsection{Semafori} \label{sec:ipc_semaph} +Il secondo oggetto introdotto dal \textit{SystemV IPC} è quello dei semafori. + + \subsection{Memoria condivisa} \label{sec:ipc_shar_mem} +Il terzo oggetto introdotto dal \textit{SystemV IPC} è quello della memoria +condivisa. %%% Local Variables: %%% mode: latex