X-Git-Url: https://gapil.gnulinux.it/gitweb/?p=gapil.git;a=blobdiff_plain;f=filestd.tex;h=3fde1d701e18309337d44b05337ecb1789341d97;hp=ba27efab1c721dece86975c39ddaf8bb8c84c2d6;hb=6f8e0ca42d3d0b97b5e5747798a1eaffb44e8521;hpb=fa6f00d7ff97c2b7e88a40885be73ae54824f139 diff --git a/filestd.tex b/filestd.tex index ba27efa..3fde1d7 100644 --- a/filestd.tex +++ b/filestd.tex @@ -72,18 +72,19 @@ sez.~\ref{sec:file_access_control} per il controllo di accesso. \index{file!stream|)} -\subsection{Gli oggetti \ctyp{FILE}} +\subsection{Gli oggetti \type{FILE}} \label{sec:file_FILE} + Per ragioni storiche la struttura di dati che rappresenta uno stream è stata -chiamata \ctyp{FILE}, questi oggetti sono creati dalle funzioni di libreria e +chiamata \type{FILE}, questi oggetti sono creati dalle funzioni di libreria e contengono tutte le informazioni necessarie a gestire le operazioni sugli stream, come la posizione corrente, lo stato del buffer e degli indicatori di stato e di fine del file. Per questo motivo gli utenti non devono mai utilizzare direttamente o allocare queste strutture (che sono dei \textsl{tipi opachi}\index{tipo!opaco}) ma -usare sempre puntatori del tipo \ctyp{FILE *} ottenuti dalla libreria stessa +usare sempre puntatori del tipo \texttt{FILE *} ottenuti dalla libreria stessa (tanto che in certi casi il termine di puntatore a file è diventato sinonimo di stream). Tutte le funzioni della libreria che operano sui file accettano come argomenti solo variabili di questo tipo, che diventa accessibile @@ -113,14 +114,13 @@ definiti nell'header \file{stdio.h} che sono: sullo schermo. \end{basedescript} -Nelle \acr{glibc} \var{stdin}, \var{stdout} e \var{stderr} sono -effettivamente tre variabili di tipo \ctyp{FILE *} che possono essere -usate come tutte le altre, ad esempio si può effettuare una redirezione -dell'output di un programma con il semplice codice: -\includecodesnip{listati/redir_stdout.c} -ma in altri sistemi queste variabili possono essere definite da macro, e -se si hanno problemi di portabilità e si vuole essere sicuri, diventa -opportuno usare la funzione \func{freopen}. +Nelle \acr{glibc} \var{stdin}, \var{stdout} e \var{stderr} sono effettivamente +tre variabili di tipo \type{FILE}\texttt{ *} che possono essere usate come +tutte le altre, ad esempio si può effettuare una redirezione dell'output di un +programma con il semplice codice: \includecodesnip{listati/redir_stdout.c} ma +in altri sistemi queste variabili possono essere definite da macro, e se si +hanno problemi di portabilità e si vuole essere sicuri, diventa opportuno +usare la funzione \func{freopen}. \subsection{Le modalità di bufferizzazione} @@ -422,7 +422,7 @@ funzionamento di \var{errno}). Per questo motivo tutte le implementazioni delle librerie standard mantengono per ogni stream almeno due flag all'interno dell'oggetto -\ctyp{FILE}, il flag di \textit{end-of-file}, che segnala che si è +\type{FILE}, il flag di \textit{end-of-file}, che segnala che si è raggiunta la fine del file in lettura, e quello di errore, che segnala la presenza di un qualche errore nelle operazioni di input/output; questi due flag possono essere riletti dalle funzioni \funcd{feof} e @@ -750,14 +750,13 @@ stringa letta superi le dimensioni del buffer, si avr processo adiacente al buffer.\footnote{questa tecnica è spiegata in dettaglio e con molta efficacia nell'ormai famoso articolo di Aleph1 \cite{StS}.} -Questa è una delle vulnerabilità più sfruttate per guadagnare accessi -non autorizzati al sistema (i cosiddetti \textit{exploit}), basta -infatti inviare una stringa sufficientemente lunga ed opportunamente -forgiata per sovrascrivere gli indirizzi di ritorno nello stack -(supposto che la \func{gets} sia stata chiamata da una subroutine), in -modo da far ripartire l'esecuzione nel codice inviato nella stringa -stessa (in genere uno \textit{shell code} cioè una sezione di programma -che lancia una shell). +Questa è una delle vulnerabilità più sfruttate per guadagnare accessi non +autorizzati al sistema (i cosiddetti \textit{exploit}), basta infatti inviare +una stringa sufficientemente lunga ed opportunamente forgiata per +sovrascrivere gli indirizzi di ritorno nello \itindex{stack} stack (supposto +che la \func{gets} sia stata chiamata da una subroutine), in modo da far +ripartire l'esecuzione nel codice inviato nella stringa stessa (in genere uno +\textit{shell code} cioè una sezione di programma che lancia una shell). La funzione \func{fgets} non ha i precedenti problemi di \func{gets} in quanto prende in input la dimensione del buffer \param{size}, che non verrà mai