attraverso il valore di ritorno. È buona norma seguire questa pratica anche
nella programmazione normale.
-
Talvolta però è necessario che la funzione possa restituire indietro alla
funzione chiamante un valore relativo ad uno dei suoi parametri. Per far
questo si usa il cosiddetto \textit{value result argument}, si passa cioè,
dei medesimi occorrerà tenerne conto (ad esempio un \ctyp{char} verrà visto da
\macro{va\_arg} come \ctyp{int}).
-
Uno dei problemi che si devono affrontare con le funzioni con un numero
variabile di argomenti è che non esiste un modo generico che permetta di
stabilire quanti sono i parametri passati effettivamente in una chiamata.
in maniera statica (usando variabili di tipo \ctyp{static} o \ctyp{extern}), o
dinamicamente con una delle funzioni della famiglia \func{malloc}.
+
\subsection{Il controllo di flusso non locale}
\label{sec:proc_longjmp}
\code{goto}, che viene deprecato in favore dei costrutti della programmazione
strutturata, che rendono il codice più leggibile e mantenibile . Esiste però
un caso in cui l'uso di questa istruzione porta all'implementazione più
-efficiente e chiara anche dal punto di vista della struttura del programma,
+efficiente e chiara anche dal punto di vista della struttura del programma:
quello dell'uscita in caso di errore.
Il C però non consente di effettuare un salto ad una label definita in
-un'altra funzione, per cui se l'errore avviene in funzioni profondamente
-annidate occorre usare quello che viene chiamato un salto \textsl{non-locale};
-questo viene fatto usando salvando il contesto dello stack nel punto in cui si
-vuole tornare in caso di errore, e ripristinandolo quando l'occorrenza capita.
-
-La funzione che permette di salvare il contesto dello stack è \func{setjmp},
-il cui prototipo è:
-
+un'altra funzione, per cui se l'errore avviene in una funzione e la sua
+gestione ordinaria è in un'altra occorre usare quello che viene chiamato un
+\textsl{salto non-locale}. Il caso classico in cui si ha questa necessità,
+citato sia da \cite{APUE} che da da \cite{glibc}, è quello di un programma nel
+ccui corpo principale in cui viene letto un input del quale viene eseguita
+attraverso una serie di funzioni di analisi una scansione dei contenuti da cui
+ottenere le indicazioni per l'esecuzione di opportune operazioni.
+
+Dato che l'analisi può risultare molto complessa, ed opportunamente suddivisa
+in fasi diverse, la rilevazione di un errore nell'input può accadere
+all'interno di funzioni profondamente annidate l'una nell'altra. In questo
+caso si dovrebbe per ciascuna fase dover gestire tutta la casistica del
+passaggio all'indietro di tutti gli errori rilevabili dalle funzioni usate
+nelle fasi successive, mentre sarebbe molto più comodo poter tornare
+direttamente al ciclo di lettura principale, scartando l'input come
+errato.\footnote{a meno che, come precisa \cite{glibc}, alla chiusura di
+ ciascuna fase non siano associate operazioni di pulizia specifiche (come
+ deallocazioni, chiusure di file, ecc.), che non potrebbero essere eseguite
+ con un salto non-locale.}
+
+Tutto ciò può essere realizzato salvando il contesto dello stack nel punto in
+cui si vuole tornare in caso di errore, e ripristinandolo quando l'occorrenza
+capita. La funzione che permette di salvare il contesto dello stack è
+\func{setjmp}, il cui prototipo è:
\begin{functions}
\headdecl{setjmp.h}
\funcdecl{void setjmp(jmp\_buf env)}
Salva il contesto dello stack in \param{env} per un successivo uso da parte
- di \func{longjmp}. Il contesto viene invalidato se la routine che ha
- chiamato \func{setjmp} ritorna.
-
+ di \func{longjmp}.
+
\bodydesc{La funzione ritorna zero quando è chiamata direttamente e un
valore diverso da zero quando ritorna da una chiamata di \func{longjmp}
che usa il contesto salvato in precedenza.}
\end{functions}
-
-Per poter effettuare un salto non locale si usa la funzione \func{longjmp}; il
-suo prototipo è:
+Quando si esegue la funzione il contesto viene salvato in appositi oggetti (di
+tipo \type{jmp\_buf}), passati come primo argomento alla funzione, in genere
+questi vengono definiti come variabili globali in modo da poter essere visti
+in tutte le funzioni del programma.
+
+Quando viene eseguita direttamente la funzione ritorna sempre zero, un valore
+diverso da zero viene restituito solo quando il ritorno è dovuto ad una
+chiamata di \func{longjmp} in un'altra parte del programa. Si tenga conto che
+il contesto salvato in \param{env} viene invalidato se la routine che ha
+chiamato \func{setjmp} ritorna, nel qual caso l'uso di \func{longjmp} può
+comportare conseguenze imprevedibili (e di norma fatali per il processo).
+
+Come accennato per effettuare un salto non-locale ad un punto precedentemente
+stabilito con \func{setjmp} si usa la funzione \func{longjmp}; il suo
+prototipo è:
\begin{functions}
\headdecl{setjmp.h}
\funcdecl{void longjmp(jmp\_buf env, int val)}
- Ripristina il contesto dello stack salvato dall'ultima chiamata di
- \func{setjmp} con l'argomento \param{env}. Il programma prosegue dal ritorno
- di \func{setjmp} con un valore \param{val}. Il valore di \param{val} deve
- essere diverso da zero, se viene specificato 0 sarà usato 1 al suo posto.
-
+ Ripristina il contesto dello stack salvato nell'ultima chiamata di
+ \func{setjmp} con l'argomento \param{env}.
+
\bodydesc{La funzione non ritorna.}
\end{functions}
+Dopo l'esecuzione della funzione programma prosegue dal codice successivo al
+ritorno della \func{setjmp} con cui si era salvato \param{env}, che restituirà
+il valore \param{val} invece di zero. Il valore di \param{val} specificato
+nella chiamata deve essere diverso da zero, se si è specificato 0 sarà
+comunque restituito 1 al suo posto.
+
+In sostanza un \func{longjmp} è analogo ad un \code{return}, solo che invece
+di ritornare alla riga succesiva della funzione chiamante, il programma
+ritorna alla posizione della relativa \func{setjmp}, ed il ritorno può essere
+effettuato anche attraverso diversi livelli di funzioni annidate.
+
+L'implementazione di queste funzioni comporta alcune restrizioni dato che esse
+interagiscono direttamente con la gestione dello stack ed il funzionamento del
+compilatore stesso. In particolare \func{setjmp} è implementata con una macro,
+pertanto non si può cercare di ottenerne l'indirizzo, ed inoltre delle
+chiamate a questa funzione sono sicure solo in uno dei seguenti casi:
+\begin{itemize}
+\item come espressione di controllo in un comando condizionale, di selezione
+ o di iterazione (come \code{if}, \code{switch} o \code{while}).
+\item come operando per un operatore di uguaglianza o confronto in una
+ espressione di controllo di un comando condizionale, di selezione o di
+ iterazione.
+\item come operando per l'operatore di negazione (\code{!}) in una espressione
+ di controllo di un comando condizionale, di selezione o di iterazione.
+\item come espressione a sé stante.
+\end{itemize}
+
+In generale, dato che l'unica differenza fra la chiamata diretta e quella
+ottenuta da un \func{longjmp}, è il valore di ritorno di \func{setjmp}, essa è
+usualmente chiamata all'interno di un comando \code{if}.
+
+Uno dei punti critici dei salti non-locali è quello del valore delle
+variabili, ed in particolare quello delle variabili automatiche della funzione
+a cui si ritorna. In generale le variabili globali e statiche mantengono i
+valori che avevano al momento della chiamata di \func{longjmp}, ma quelli
+delle variabili automatiche (o di quelle dichiarate \code{register}) sono in
+genere indeterminati.
+
+Quello che succede infatti è che i valori delle variabili che sono tenute in
+memoria manterranno il valore avuto al momento della chiamata di
+\func{longjmp}, mentre quelli tenuti nei registri del processore (che nella
+chiamata ad un'altra funzioni vengono salvati nel contesto nello stack)
+torneranno al valore avuto al momento della chiamata di \func{setjmp}; per
+questo quando si vuole avere un comportamento coerente si può bloccare
+l'ottimizzazione che porta le variabili nei registri dichiarandole tutte come
+\code{volatile}.
+
+
%%% Local Variables:
%%% mode: latex