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che anzi in certi casi si potevano avere anche dei peggioramenti. Questo ha
portato, per i kernel della serie 2.6,\footnote{per alcune motivazioni di
questa scelta si può fare riferimento a quanto illustrato da Linus Torvalds
- in \href{http://www.cs.helsinki.fi/linux/linux-kernel/2001-03/0200.html}
- {\textsf{http://www.cs.helsinki.fi/linux/linux-kernel/2001-03/0200.html}}.}
+ in \url{http://www.cs.helsinki.fi/linux/linux-kernel/2001-03/0200.html}.}
alla decisione di consentire l'uso della funzione soltanto quando il file da
cui si legge supporta le operazioni di \textit{memory mapping} (vale a dire
non è un socket) e quello su cui si scrive è un socket; in tutti gli altri
scopi da \func{sendfile}, quello che rende \func{splice} davvero diversa è
stata la reinterpretazione che ne è stata fatta nell'implementazione su
Linux realizzata da Jens Anxboe, concetti che sono esposti sinteticamente
- dallo stesso Linus Torvalds in \href{http://kerneltrap.org/node/6505}
- {\textsf{http://kerneltrap.org/node/6505}}.} si tratta semplicemente di una
-funzione che consente di fare in maniera del tutto generica delle operazioni
-di trasferimento di dati fra un file e un buffer gestito interamente in kernel
-space. In questo caso il cuore della funzione (e delle affini \func{vmsplice}
-e \func{tee}, che tratteremo più avanti) è appunto l'uso di un buffer in
-kernel space, e questo è anche quello che ne ha semplificato l'adozione,
-perché l'infrastruttura per la gestione di un tale buffer è presente fin dagli
-albori di Unix per la realizzazione delle \textit{pipe} (vedi
-sez.~\ref{sec:ipc_unix}). Dal punto di vista concettuale allora \func{splice}
-non è altro che una diversa interfaccia (rispetto alle \textit{pipe}) con cui
-utilizzare in user space l'oggetto ``\textsl{buffer in kernel space}''.
+ dallo stesso Linus Torvalds in \url{http://kerneltrap.org/node/6505}.} si
+tratta semplicemente di una funzione che consente di fare in maniera del tutto
+generica delle operazioni di trasferimento di dati fra un file e un buffer
+gestito interamente in kernel space. In questo caso il cuore della funzione (e
+delle affini \func{vmsplice} e \func{tee}, che tratteremo più avanti) è
+appunto l'uso di un buffer in kernel space, e questo è anche quello che ne ha
+semplificato l'adozione, perché l'infrastruttura per la gestione di un tale
+buffer è presente fin dagli albori di Unix per la realizzazione delle
+\textit{pipe} (vedi sez.~\ref{sec:ipc_unix}). Dal punto di vista concettuale
+allora \func{splice} non è altro che una diversa interfaccia (rispetto alle
+\textit{pipe}) con cui utilizzare in user space l'oggetto ``\textsl{buffer in
+ kernel space}''.
Così se per una \textit{pipe} o una \textit{fifo} il buffer viene utilizzato
come area di memoria (vedi fig.~\ref{fig:ipc_pipe_singular}) dove appoggiare i
detto che i dati vengono effettivamente spostati o copiati, il kernel infatti
realizza le \textit{pipe} come un insieme di puntatori\footnote{per essere
precisi si tratta di un semplice buffer circolare, un buon articolo sul tema
- si trova su \href{http://lwn.net/Articles/118750/}
- {\textsf{http://lwn.net/Articles/118750/}}.} alle pagine di memoria interna
-che contengono i dati, per questo una volta che i dati sono presenti nella
-memoria del kernel tutto quello che viene fatto è creare i suddetti puntatori
-ed aumentare il numero di referenze; questo significa che anche con \func{tee}
-non viene mai copiato nessun byte, vengono semplicemente copiati i puntatori.
+ si trova su \url{http://lwn.net/Articles/118750/}.} alle pagine di memoria
+interna che contengono i dati, per questo una volta che i dati sono presenti
+nella memoria del kernel tutto quello che viene fatto è creare i suddetti
+puntatori ed aumentare il numero di referenze; questo significa che anche con
+\func{tee} non viene mai copiato nessun byte, vengono semplicemente copiati i
+puntatori.
% TODO?? dal 2.6.25 splice ha ottenuto il supporto per la ricezione su rete