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11 \chapter{Introduzione ai socket}
12 \label{cha:socket_intro}
14 In questo capitolo inizieremo a spiegare le caratteristiche principali della
15 principale interfaccia per la programmazione di rete, quella dei
16 \textit{socket}, che pur essendo nata in unix è usata ormai da tutti i sistemi
19 Dopo una breve panoramica sulle caratteristiche di questa interfaccia vedremo
20 come creare un socket e come collegarlo allo specifico protocollo di rete che
21 utilizzerà per la comunicazione. Per evitare un'introduzione puramente teorica
22 concluderemo il capitolo con un primo esempio di applicazione.
24 \section{Una panoramica}
25 \label{sec:sock_overview}
27 Iniziamo con una descrizione essenziale di cosa sono i \textit{socket} e di
28 quali sono i concetti fondamentali da tenere presente quando si ha a che fare
31 \subsection{I \textit{socket}}
32 \label{sec:sock_socket_def}
34 Il \textit{socket}\footnote{una traduzione letterale potrebbe essere
35 \textsl{presa}, ma essendo universalmente noti come socket utilizzeremo
36 sempre la parola inglese.} è uno dei principali meccanismi di comunicazione
37 fra programmi utilizzato in ambito Unix. Il socket costituisce in sostanza un
38 canale di comunicazione fra due processi su cui si possono leggere e scrivere
39 dati analogo a quello di una pipe (vedi \secref{sec:ipc_pipes}) ma a
40 differenza di questa e degli altri meccanismi esaminati nel capitolo
41 \capref{cha:IPC} i socket non sono limitati alla comunicazione fra processi
42 che girano sulla stessa macchina ma possono effettuare la comunicazione anche
45 Quella dei socket costituisce infatti la principale API (\textit{Application
46 Program Interface}) usata nella programmazione di rete. La loro origine
47 risale al 1983, quando furono introdotti nel BSD 4.2; l'interfaccia è rimasta
48 sostanzialmente la stessa con piccole modifiche negli anni successivi. Benché
49 siano state sviluppate interfacce alternative, originate dai sistemi SVr4,
50 come la XTI (\textit{X/Open Transport Interface}) nessuna ha mai raggiunto la
51 diffusione e la popolarità di quella dei socket (né tantomeno la stessa
52 usabilità e flessibilità).
54 La flessibilità e la genericità dell'interfaccia inoltre ha consentito di
55 utilizzare i socket con i più disparati meccanismi di comunicazione, e non
56 solo con la suite dei protocolli TCP/IP, che sarà comunque quella di cui
57 tratteremo in maniera più estesa.
60 \subsection{Concetti base}
63 Per capire il funzionamento dei socket occorre avere presente il funzionamento
64 dei protocolli di rete (vedi \capref{cha:network}), ma l'interfaccia è del
65 tutto generale e benché le problematiche (e quindi le modalità di risolvere i
66 problemi) siano diverse a seconda del tipo di protocollo di comunicazione
67 usato, le funzioni da usare restano le stesse.
69 Per questo motivo una semplice descrizione dell'interfaccia è assolutamente
70 inutile, in quanto il comportamento di quest'ultima e le problematiche da
71 affrontare cambiano radicalmente a seconda dello \textsl{stile} di
72 comunicazione usato. La scelta di questo stile va infatti ad incidere sulla
73 semantica che verrà utilizzata a livello utente per gestire la comunicazione
74 (su come inviare e ricevere i dati) e sul comportamento effettivo delle
77 La scelta di uno stile dipende sia dai meccanismi disponibili, sia dal tipo di
78 comunicazione che si vuole effettuare. Ad esempio alcuni stili di
79 comunicazione considerano i dati come una sequenza continua di byte, altri
80 invece li raggruppano in blocchi (i pacchetti).
82 Un'altro esempio di stile concerne la possibilità che la comunicazione possa o
83 meno perdere dati, possa o meno non rispettare l'ordine in cui essi non sono
84 inviati, o inviare dei pacchetti più volte (come nel caso di TCP e UDP).
86 Un terzo esempio di stile di comunicazione concerne le modalità in cui essa
87 avviene, in certi casi essa può essere condotta con una connessione diretta
88 con un solo partner come per una telefonata; altri casi possono prevedere una
89 comunicazione come per lettera, in cui si scrive l'indirizzo su ogni
90 pacchetto, altri ancora una comunicazione \textit{broadcast} come per la
91 radio, in cui i pacchetti vengono emessi su appositi ``canali'' dove chiunque
92 si collega possa riceverli.
94 É chiaro che ciascuno di questi stili comporta una modalità diversa di gestire
95 la comunicazione, ad esempio se è inaffidabile occorrerà essere in grado di
96 gestire la perdita o il rimescolamento dei dati.
99 \section{La creazione di un \textit{socket}}
100 \label{sec:sock_creation}
102 Come accennato l'interfaccia dei socket è estremamente flessibile e permette
103 di interagire con protocolli di comunicazione anche molto diversi fra di loro;
104 in questa sezione vedremo come è possibile creare un socket e come specificare
105 il tipo di comunicazione che esso deve utilizzare.
107 \subsection{La funzione \func{socket}}
108 \label{sec:sock_socket}
110 La creazione di un socket avviene attraverso l'uso della funzione
111 \func{socket} questa restituisce un \textit{socket descriptor} (un valore
112 intero non negativo) che come gli analoghi file descriptor di file e alle
113 pipe serve come riferimento al socket; in sostanza è l'indice nella tabella
114 dei file che contiene i puntatori alle opportune strutture usate dal kernel ed
115 allocate per ogni processo, (la stessa usata per i files e le pipes [NdA
118 La funzione prende tre parametri, il dominio del socket (che definisce la
119 famiglia di protocolli, vedi \secref{sec:sock_domain}), il tipo di socket (che
120 definisce lo stile di comunicazione vedi \secref{sec:sock_type}) e il
121 protocollo; in genere quest'ultimo è indicato implicitamente dal tipo di
122 socket, per cui viene messo a zero (con l'eccezione dei \textit{raw socket}).
124 \begin{prototype}{sys/socket.h}{int socket(int domain, int type, int protocol)}
128 \bodydesc{La funzione restituisce un intero positivo se riesce, e -1 se
129 fallisce, in quest'ultimo caso la variabile \var{errno} è impostata con i
130 seguenti codici di errore:
133 \item[\macro{EPROTONOSUPPORT}] Il tipo di socket o il protocollo scelto non
134 sono supportati nel dominio.
135 \item[\macro{ENFILE}] Il kernel non ha memoria sufficiente a creare una
136 nuova struttura per il socket.
137 \item[\macro{EMFILE}] Si è ecceduta la tabella dei file.
138 \item[\macro{EACCES}] Non si hanno privilegi per creare un socket nel
139 dominio o con il protocollo specificato.
140 \item[\macro{EINVAL}] Protocollo sconosciuto o dominio non disponibile.
141 \item[\macro{ENOBUFS}] Non c'è sufficiente memoria per creare il socket (può
142 essere anche \macro{ENOMEM}).
146 Si noti che la creazione del socket non comporta nulla riguardo
147 all'indicazione degli indirizzi remoti o locali attraverso i quali si vuole
148 effettuare la comunicazione.
150 \subsection{Il dominio, o \textit{protocol family}}
151 \label{sec:sock_domain}
153 Dati i tanti e diversi protocolli di comunicazione disponibili, esistono vari
154 tipi di socket, che vengono classificati raggruppandoli in quelli che si
155 chiamano \textsl{domini}. La scelta di un dominio equivale in sostanza alla
156 scelta di una famiglia di protocolli. Ciascun dominio ha un suo nome simbolico
157 che convenzionalmente inizia con \texttt{PF\_} da \textit{protocol family},
158 altro nome con cui si indicano i domini.
160 A ciascun tipo di dominio corrisponde un analogo nome simbolico che inizia per
161 \texttt{AF\_} da \textit{address family}, e che identifica il formato degli
162 indirizzi usati in quel dominio; le pagine di manuale di Linux si riferiscono
163 a questi anche come \textit{name space}, (nome che però il manuale delle
164 \acr{glibc} riserva ai domini) e che identifica il formato degli indirizzi
165 usati in quel dominio.
167 L'idea alla base della distinzione era che una famiglia di protocolli potesse
168 supportare vari tipi di indirizzi, per cui il prefisso \texttt{PF\_} si
169 sarebbe dovuto usare nella creazione dei socket e il prefisso \texttt{AF\_} in
170 quello delle strutture degli indirizzi; questo è quanto specificato anche
171 dallo standard POSIX.1g, ma non esistono a tuttora famiglie di protocolli che
172 supportino diverse strutture di indirizzi, per cui nella pratica questi due
173 nomi sono equivalenti e corrispondono agli stessi valori.
175 I domini (e i relativi nomi simbolici), così come i nomi delle famiglie di
176 indirizzi sono definiti dall'header \textit{socket.h}. In Linux le famiglie di
177 protocolli disponibili sono riportate in \tabref{tab:net_pf_names}.
182 \begin{tabular}[c]{|l|l|l|}
184 \textbf{Nome} & \textbf{Utilizzo} &\textbf{Man page} \\
188 \macro{PF\_LOCAL} & Local communication & unix(7) \\
189 \macro{PF\_INET} & IPv4 Internet protocols & ip(7) \\
190 \macro{PF\_INET6} & IPv6 Internet protocols & ipv6(7) \\
191 \macro{PF\_IPX} & IPX - Novell protocols & \\
192 \macro{PF\_NETLINK}& Kernel user interface device & netlink(7) \\
193 \macro{PF\_X25} & ITU-T X.25 / ISO-8208 protocol & x25(7) \\
194 \macro{PF\_AX25} & Amateur radio AX.25 protocol & \\
195 \macro{PF\_ATMPVC} & Access to raw ATM PVCs & \\
196 \macro{PF\_APPLETALK}& Appletalk & ddp(7) \\
197 \macro{PF\_PACKET} & Low level packet interface & packet(7) \\
200 \caption{Famiglie di protocolli definiti in Linux}
201 \label{tab:net_pf_names}
204 Non tutte le famiglie di protocolli sono accessibili dall'utente generico, ad
205 esempio in generale tutti i socket di tipo \macro{SOCK\_RAW} possono essere
206 creati solo da processi che hanno i privilegi di root (cioè con userid
207 effettivo uguale a zero) o con la capability \macro{CAP\_NET\_RAW}.
210 \subsection{Il tipo, o stile}
211 \label{sec:sock_type}
213 La scelta di un dominio non comporta però la scelta dello stile di
214 comunicazione, questo infatti viene a dipendere dal protocollo che si andrà ad
215 utilizzare fra quelli disponibili nella famiglia scelta. Le API permettono di
216 scegliere lo stile di comunicazione indicando il tipo di socket; Linux e le
217 \acr{glibc} mettono a disposizione i seguenti tipi di socket (che il manuale
218 della \acr{glibc} chiama \textit{styles}) definiti come \ctyp{int} in
222 \item \macro{SOCK\_STREAM} Provvede un canale di trasmissione dati
223 bidirezionale, sequenziale e affidabile. Opera su una connessione con un
224 altro socket. I dati vengono ricevuti e trasmessi come un flusso continuo di
225 byte (da cui il nome \textit{stream}).
226 \item \macro{SOCK\_DGRAM} Viene usato per mandare pacchetti di lunghezza
227 massima fissata (\textit{datagram}) indirizzati singolarmente, senza
228 connessione e in maniera non affidabile. È l'opposto del precedente.
229 \item \macro{SOCK\_SEQPACKET} Provvede un canale di trasmissione di dati
230 bidirezionale, sequenziale e affidabile. Opera su una connessione con un
231 altro socket. I dati possono solo essere trasmessi e letti per pacchetti (di
232 dimensione massima fissata).
233 \item \macro{SOCK\_RAW} Provvede l'accesso a basso livello ai protocolli di
234 rete e alle varie interfacce. I normali programmi di comunicazione non
236 \item \macro{SOCK\_RDM} Provvede un canale di trasmissione di pacchetti
237 affidabile ma in cui non è garantito l'ordine di arrivo dei pacchetti.
238 \item \macro{SOCK\_PACKET} Obsoleto, non deve essere usato.
241 Si tenga presente che non tutte le combinazioni fra una famiglia di protocolli
242 e un tipo di socket sono valide, in quanto non è detto che in una famiglia
243 esista un protocollo per ciascuno dei diversi stili di comunicazione appena
249 \begin{tabular}{l|c|c|c|c|c|}
250 \multicolumn{1}{c}{} &\multicolumn{1}{c}{\macro{SOCK\_STREAM}}&
251 \multicolumn{1}{c}{\macro{SOCK\_DGRAM}} &
252 \multicolumn{1}{c}{\macro{SOCK\_RAW}} &
253 \multicolumn{1}{c}{\macro{SOCK\_PACKET}}&
254 \multicolumn{1}{c}{\macro{SOCK\_SEQPACKET}} \\
256 \macro{PF\_UNIX} & si & si & & & \\
258 \macro{PF\_INET} & TCP & UDP & IPv4 & & \\
260 \macro{PF\_INET6} & TCP & UDP & IPv6 & & \\
262 \macro{PF\_IPX} & & & & & \\
264 \macro{PF\_NETLINK} & & si & si & & \\
266 \macro{PF\_X25} & & & & & si \\
268 \macro{PF\_AX25} & & & & & \\
270 \macro{PF\_ATMPVC} & & & & & \\
272 \macro{PF\_APPLETALK} & & si & si & & \\
274 \macro{PF\_PACKET} & & si & si & & \\
277 \caption{Combinazioni valide di dominio e tipo di protocollo per la
278 funzione \func{socket}.}
279 \label{tab:sock_sock_valid_combinations}
282 In \secref{tab:sock_sock_valid_combinations} sono mostrate le combinazioni
283 valide possibili per le varie famiglie di protocolli. Per ogni combinazione
284 valida si è indicato il tipo di protocollo, o la parola \textsl{si} qualora
285 non il protocollo non abbia un nome definito, mentre si sono lasciate vuote le
286 caselle per le combinazioni non supportate.
290 \section{Le strutture degli indirizzi dei socket}
291 \label{sec:sock_sockaddr}
293 Come si è visto nella creazione di un socket non si specifica nulla oltre al
294 tipo di famiglia di protocolli che si vuole utilizzare, in particolare nessun
295 indirizzo che identifichi i due capi della comunicazione. La funzione infatti
296 si limita ad allocare nel kernel quanto necessario per poter poi realizzare la
299 Gli indirizzi vengono specificati attraverso apposite strutture che vengono
300 utilizzate dalle altre funzioni della API dei socket quando la comunicazione
301 viene effettivamente realizzata.
303 Ogni famiglia di protocolli ha ovviamente una sua forma di indirizzamento e in
304 corrispondenza a questa una sua peculiare struttura degli indirizzi; i nomi di
305 tutte queste strutture iniziano per \var{sockaddr\_}, quelli propri di
306 ciascuna famiglia vengono identificati dal suffisso finale, aggiunto al nome
310 \subsection{La struttura generica}
311 \label{sec:sock_sa_gen}
313 Le strutture degli indirizzi vengono sempre passate alle varie funzioni
314 attraverso puntatori (cioè \textit{by reference}), ma le funzioni devono poter
315 maneggiare puntatori a strutture relative a tutti gli indirizzi possibili
316 nelle varie famiglie di protocolli; questo pone il problema di come passare
317 questi puntatori, il C ANSI risolve questo problema coi i puntatori generici
318 (i \ctyp{void *}), ma l'interfaccia dei socket è antecedente alla definizione
319 dello standard ANSI, e per questo nel 1982 fu scelto di definire una struttura
320 generica per gli indirizzi dei socket, \type{sockaddr}, che si è riportata in
321 \figref{fig:sock_sa_gen_struct}.
325 \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
327 sa_family_t sa_family; /* address family: AF_xxx */
328 char sa_data[14]; /* address (protocol-specific) */
331 \caption{La struttura generica degli indirizzi dei socket \type{sockaddr}}
332 \label{fig:sock_sa_gen_struct}
335 Tutte le funzioni dei socket che usano gli indirizzi sono definite usando nel
336 prototipo un puntatore a questa struttura; per questo motivo quando si
337 invocano dette funzioni passando l'indirizzo di un protocollo specifico
338 occorrerà eseguire un casting del relativo puntatore.
340 I tipi di dati che compongono la struttura sono stabiliti dallo standard
341 POSIX.1g, riassunti in \tabref{tab:sock_data_types} con i rispettivi file di
342 include in cui sono definiti; la struttura è invece definita nell'include file
347 \begin{tabular}{|l|l|l|}
349 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Tipo}}&
350 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Descrizione}}&
351 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Header}} \\
354 \type{int8\_t} & intero a 8 bit con segno & \file{sys/types.h}\\
355 \type{uint8\_t} & intero a 8 bit senza segno & \file{sys/types.h}\\
356 \type{int16\_t} & intero a 16 bit con segno & \file{sys/types.h}\\
357 \type{uint16\_t} & intero a 16 bit senza segno& \file{sys/types.h}\\
358 \type{int32\_t} & intero a 32 bit con segno & \file{sys/types.h}\\
359 \type{uint32\_t} & intero a 32 bit senza segno& \file{sys/types.h}\\
361 \type{sa\_family\_t} & famiglia degli indirizzi& \file{sys/socket.h}\\
362 \type{socklen\_t} & lunghezza (\type{uint32\_t}) dell'indirizzo di
363 un socket& \file{sys/socket.h}\\
365 \type{in\_addr\_t} & indirizzo IPv4 (\type{uint32\_t}) &
366 \file{netinet/in.h}\\
367 \type{in\_port\_t} & porta TCP o UDP (\type{uint16\_t})&
368 \file{netinet/in.h}\\
371 \caption{Tipi di dati usati nelle strutture degli indirizzi, secondo quanto
372 stabilito dallo standard POSIX.1g.}
373 \label{tab:sock_data_types}
376 In alcuni sistemi la struttura è leggermente diversa e prevede un primo membro
377 aggiuntivo \var{uint8\_t sin\_len} (come riportato da R. Stevens nei suoi
378 libri). Questo campo non verrebbe usato direttamente dal programmatore e non è
379 richiesto dallo standard POSIX.1g, in Linux pertanto non esiste. Il campo
380 \type{sa\_family\_t} era storicamente un \ctyp{unsigned short}.
382 Dal punto di vista del programmatore l'unico uso di questa struttura è quello
383 di fare da riferimento per il casting, per il kernel le cose sono un po'
384 diverse, in quanto esso usa il puntatore per recuperare il campo
385 \var{sa\_family} con cui determinare il tipo di indirizzo; per questo
386 motivo, anche se l'uso di un puntatore \ctyp{void *} sarebbe più immediato
387 per l'utente (che non dovrebbe più eseguire il casting), è stato mantenuto
388 l'uso di questa struttura.
391 \subsection{La struttura degli indirizzi IPv4}
392 \label{sec:sock_sa_ipv4}
394 I socket di tipo \macro{PF\_INET} vengono usati per la comunicazione
395 attraverso internet; la struttura per gli indirizzi per un socket internet
396 (IPv4) è definita come \type{sockaddr\_in} nell'header file
397 \file{netinet/in.h} e secondo le pagine di manuale ha la forma mostrata in
398 \figref{fig:sock_sa_ipv4_struct}, conforme allo standard POSIX.1g.
402 \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
404 sa_family_t sin_family; /* address family: AF_INET */
405 u_int16_t sin_port; /* port in network byte order */
406 struct in_addr sin_addr; /* internet address */
408 /* Internet address. */
410 u_int32_t s_addr; /* address in network byte order */
413 \caption{La struttura degli indirizzi dei socket internet (IPv4)
414 \type{sockaddr\_in}.}
415 \label{fig:sock_sa_ipv4_struct}
418 L'indirizzo di un socket internet (secondo IPv4) comprende l'indirizzo
419 internet di un'interfaccia più un numero di porta. Il protocollo IP non
420 prevede numeri di porta, che sono utilizzati solo dai protocolli di livello
421 superiore come TCP e UDP. Questa struttura però viene usata anche per i socket
422 RAW che accedono direttamente al livello di IP, nel qual caso il numero della
423 porta viene impostato al numero di protocollo.
425 Il membro \var{sin\_family} deve essere sempre impostato; \var{sin\_port}
426 specifica il numero di porta (vedi \secref{sec:TCPel_port_num}; i numeri di
427 porta sotto il 1024 sono chiamati \textsl{riservati} in quanto utilizzati da
428 servizi standard. Soltanto processi con i privilegi di root (con userid
429 effettivo uguale a zero) o con la capability \macro{CAP\_NET\_BIND\_SERVICE}
430 possono usare la funzione \func{bind} su queste porte.
432 Il membro \var{sin\_addr} contiene l'indirizzo internet dell'altro capo
433 della comunicazione, e viene acceduto sia come struttura (un resto di una
434 implementazione precedente in cui questa era una \texttt{union} usata per
435 accedere alle diverse classi di indirizzi) che come intero.
437 Infine è da sottolineare che sia gli indirizzi che i numeri di porta devono
438 essere specificati in quello che viene chiamato \textit{network order}, cioè
439 con i bit ordinati in formato \textit{big endian}, questo comporta la
440 necessità di usare apposite funzioni di conversione per mantenere la
441 portabilità del codice (vedi \secref{sec:sock_addr_func} per i dettagli del
442 problema e le relative soluzioni).
445 \subsection{La struttura degli indirizzi IPv6}
446 \label{sec:sock_sa_ipv6}
448 Essendo IPv6 un'estensione di IPv4 i socket di tipo \macro{PF\_INET6} sono
449 sostanzialmente identici ai precedenti; la parte in cui si trovano
450 praticamente tutte le differenze è quella della struttura degli indirizzi. La
451 struttura degli indirizzi è definita ancora in \file{netinet/in.h}.
455 \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
456 struct sockaddr_in6 {
457 u_int16_t sin6_family; /* AF_INET6 */
458 u_int16_t sin6_port; /* port number */
459 u_int32_t sin6_flowinfo; /* IPv6 flow information */
460 struct in6_addr sin6_addr; /* IPv6 address */
461 u_int32_t sin6_scope_id; /* Scope id (new in 2.4) */
465 unsigned char s6_addr[16]; /* IPv6 address */
468 \caption{La struttura degli indirizzi dei socket IPv6
469 \type{sockaddr\_in6}.}
470 \label{fig:sock_sa_ipv6_struct}
473 Il campo \var{sin6\_family} deve essere sempre impostato ad
474 \macro{AF\_INET6}, il campo \var{sin6\_port} è analogo a quello di IPv4 e
475 segue le stesse regole; il campo \var{sin6\_flowinfo} è a sua volta diviso
476 in tre parti di cui i 24 bit inferiori indicano l'etichetta di flusso, i
477 successivi 4 bit la priorità e gli ultimi 4 sono riservati; questi valori
478 fanno riferimento ad alcuni campi specifici dell'header dei pacchetti IPv6
479 (vedi \secref{sec:IP_ipv6head}) ed il loro uso è sperimentale.
481 Il campo \var{sin6\_addr} contiene l'indirizzo a 128 bit usato da IPv6,
482 infine il campo \var{sin6\_scope\_id} è un campo introdotto con il kernel
483 2.4 per gestire alcune operazioni riguardanti il multicasting.
485 Si noti che questa struttura è più grande di una \var{sockaddr} generica,
486 quindi occorre stare attenti a non avere fatto assunzioni riguardo alla
487 possibilità di contenere i dati nelle dimensioni di quest'ultima.
490 \subsection{La struttura degli indirizzi locali}
491 \label{sec:sock_sa_local}
493 I socket di tipo \macro{PF\_UNIX} o \macro{PF\_LOCAL} vengono usati per una
494 comunicazione fra processi che stanno sulla stessa macchina (per vengono
495 chiamati \textit{local domain} o anche \textit{Unix domain}); essi rispetto ai
496 precedenti possono essere anche creati in maniera anonima attraverso la
497 funzione \func{socketpair} (vedi \secref{sec:ipc_socketpair}). Quando però si
498 vuole fare riferimento esplicito ad uno di questi socket si deve usare la
499 seguente struttura di indirizzi definita nel file di header \file{sys/un.h}.
503 \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
504 #define UNIX_PATH_MAX 108
506 sa_family_t sun_family; /* AF_UNIX */
507 char sun_path[UNIX_PATH_MAX]; /* pathname */
510 \caption{La struttura degli indirizzi dei socket locali
512 \label{fig:sock_sa_local_struct}
515 In questo caso il campo \var{sun\_family} deve essere \macro{AF\_UNIX},
516 mentre il campo \var{sun\_path} deve specificare un indirizzo; questo ha
517 due forme un file (di tipo socket) nel filesystem o una stringa univoca
518 (tenuta in uno spazio di nomi astratto). Nel primo caso l'indirizzo viene
519 specificato come una stringa (terminata da uno zero) corrispondente al
520 pathname del file; nel secondo invece \var{sun\_path} inizia con uno zero
521 vengono usati i restanti byte come stringa (senza terminazione).
524 % \subsection{Il passaggio delle strutture}
525 % \label{sec:sock_addr_pass}
527 % Come detto nelle funzioni della API dei socket le strutture degli indirizzi
528 % vengono sempre passate per riferimento usando un puntatore; anche la lunghezza
529 % della struttura è passata come argomento, ma in questo caso la modalità del
530 % passaggio dipende dalla direzione del medesimo, dal processo al kernel o
533 % In particolare le tre funzioni \texttt{bind}, \texttt{connect} e
534 % \texttt{sendto} passano la struttura al kernel, in questo caso è passata
535 % \textsl{per valore} anche la dimensione della medesima
538 % Le funzioni \texttt{accept}, \texttt{recvfrom}, \texttt{getsockname} e
539 % \texttt{getpeername} invece ricevono i valori del kernel
543 \section{Le funzioni di conversione degli indirizzi}
544 \label{sec:sock_addr_func}
546 In questa sezione tratteremo delle varie funzioni usate per manipolare gli
547 indirizzi, limitandoci però agli indirizzi internet.
549 Come accennato gli indirizzi e i numeri di porta usati nella rete devono
550 essere forniti in formato opportuno (il \textit{network order}). Per capire
551 cosa significa tutto ciò occorre introdurre un concetto generale che tornerà
552 utile anche in seguito.
555 \subsection{La \textit{endianess}}
556 \label{sec:sock_endianess}
558 La rappresentazione di un numero binario in un computer può essere fatta in
559 due modi, chiamati rispettivamente \textit{big endian} e \textit{little
560 endian} a seconda di come i singoli bit vengono aggregati per formare le
561 variabili intere (in diretta corrispondenza a come sono poi in realtà cablati
562 sui bus interni del computer).
564 Per capire meglio il problema si consideri un intero a 16 bit scritto in una
565 locazione di memoria posta ad un certo indirizzo. I singoli bit possono essere
566 disposti un memoria in due modi, a partire dal più significativo o a partire
567 dal meno significativo. Così nel primo caso si troverà il byte che contiene i
568 bit più significativi all'indirizzo menzionato e il byte con i bit meno
569 significativi nell'indirizzo successivo; questo ordinamento è detto
570 \textit{little endian} dato che il dato finale è la parte ``piccola'' del
571 numero. Il caso opposto, in cui si parte dal bit meno significativo è detto
572 per lo stesso motivo \textit{big endian}.
574 La \textit{endianess} di un computer dipende essenzialmente dalla architettura
575 hardware usata; Intel e Digital usano il \textit{little endian}, Motorola,
576 IBM, Sun (sostanzialmente tutti gli altri) usano il \textit{big endian}. Il
577 formato della rete è anch'esso \textit{big endian}, altri esempi sono quello
578 del bus PC, che è \textit{little endian}, o quello del bus VME che è
581 Esistono poi anche dei processori che possono scegliere il tipo di formato
582 all'avvio e alcuni che, come il PowerPC o l'Intel i860, possono pure passare
583 da un tipo di ordinamento all'altro con una specifica istruzione. In ogni caso
584 in Linux l'ordinamento è definito dall'architettura e dopo l'avvio del sistema
585 resta sempre lo stesso, anche quando il processore permetterebbe di eseguire
588 \subsection{Le funzioni per il riordinamento}
589 \label{sec:sock_func_ord}
591 Il problema connesso all'endianess è che quando si passano dei dati da un tipo
592 di architettura all'altra i dati vengono interpretati in maniera diversa, e ad
593 esempio nel caso dell'intero a 16 bit ci si ritroverà con i due byte in cui è
594 suddiviso scambiati di posto, e ne sarà quindi invertito l'ordine di lettura
595 per cui, per riavere il valore originale dovranno essere rovesciati.
597 Per questo motivo si usano le seguenti funzioni di conversione che servono a
598 tener conto automaticamente della possibile differenza fra l'ordinamento usato
599 sul computer e quello che viene usato nelle trasmissione sulla rete; queste
601 \begin{prototype}{netinet/in.h}
602 {unsigned long int htonl(unsigned long int hostlong)}
603 Converte l'intero a 32 bit \var{hostlong} dal formato della macchina a
606 \begin{prototype}{netinet/in.h}
607 {unsigned short int htons(unsigned short int hostshort)}
608 Converte l'intero a 16 bit \var{hostshort} dal formato della macchina a
611 \begin{prototype}{netinet/in.h}
612 {unsigned long int ntonl(unsigned long int netlong)}
613 Converte l'intero a 32 bit \var{netlong} dal formato della rete a quello
616 \begin{prototype}{netinet/in.h}
617 {unsigned sort int ntons(unsigned short int netshort)}
618 Converte l'intero a 16 bit \var{netshort} dal formato della rete a quello
621 I nomi sono assegnati usando la lettera \texttt{n} come mnemonico per indicare
622 l'ordinamento usato sulla rete (da \textit{network order}) e la lettera
623 \texttt{h} come mnemonico per l'ordinamento usato sulla macchina locale (da
624 \textit{host order}), mentre le lettere \texttt{s} e \texttt{l} stanno ad
625 indicare i tipi di dato (\ctyp{long} o \ctyp{short}, riportati anche dai
628 Usando queste funzioni si ha la conversione automatica: nel caso in cui la
629 macchina che si sta usando abbia una architettura \textit{big endian} queste
630 funzioni sono definite come macro che non fanno nulla. Per questo motivo vanno
631 sempre utilizzate, anche quando potrebbero non essere necessarie, in modo da
632 assicurare la portabilità del codice su tutte le architetture.
635 \subsection{Le funzioni \func{inet\_aton}, \func{inet\_addr} e
637 \label{sec:sock_func_ipv4}
639 Un secondo insieme di funzioni di manipolazione serve per passare dal formato
640 binario usato nelle strutture degli indirizzi alla rappresentazione dei numeri
641 IP che si usa normalmente.
643 Le prime tre funzioni di manipolazione riguardano la conversione degli
644 indirizzi IPv4 da una stringa in cui il numero di IP è espresso secondo la
645 cosiddetta notazione \textit{dotted-decimal}, (cioè nella forma
646 \texttt{192.160.0.1}) al formato binario (direttamente in \textit{network
647 order}) e viceversa; in questo caso si usa la lettera \texttt{a} come
648 mnemonico per indicare la stringa. Dette funzioni sono:
649 \begin{prototype}{arpa/inet.h}
650 {int inet\_aton(const char *src, struct in\_addr *dest)}
651 Converte la stringa puntata da \var{src} nell'indirizzo binario da
652 memorizzare all'indirizzo puntato da \var{dest}, restituendo 0 in caso di
653 successo e 1 in caso di fallimento (è espressa in questa forma in modo da
654 poterla usare direttamente con il puntatore usato per passare la struttura
655 degli indirizzi). Se usata con \var{dest} inizializzato a \macro{NULL}
656 effettua la validazione dell'indirizzo.
658 \begin{prototype}{arpa/inet.h}{in\_addr\_t inet\_addr(const char *strptr)}
659 Restituisce l'indirizzo a 32 bit in network order a partire dalla stringa
660 passata come parametro, in caso di errore restituisce il valore
661 \macro{INADDR\_NONE} che tipicamente sono trentadue bit a uno; questo
662 comporta che la stringa \texttt{255.255.255.255}, che pure è un indirizzo
663 valido, non può essere usata con questa funzione; per questo motivo essa è
664 generalmente deprecata in favore della precedente.
666 \begin{prototype}{arpa/inet.h}{char *inet\_ntoa(struct in\_addr addrptr)}
667 Converte il valore a 32 bit dell'indirizzo (espresso in \textit{network
668 order}) restituendo il puntatore alla stringa che contiene l'espressione
669 in formato dotted decimal. Si deve tenere presente che la stringa risiede in
670 memoria statica, per cui questa funzione non è rientrante.
674 \subsection{Le funzioni \func{inet\_pton} e \func{inet\_ntop}}
675 \label{sec:sock_conv_func_gen}
677 Le tre funzioni precedenti sono limitate solo ad indirizzi IPv4, per questo
678 motivo è preferibile usare le due nuove funzioni \func{inet\_pton} e
679 \func{inet\_ntop} che possono convertire anche gli indirizzi IPv6. Anche in
680 questo caso le lettere \texttt{n} e \texttt{p} sono degli mnemonici per
681 ricordare il tipo di conversione effettuata e stanno per \textit{presentation}
684 % \begin{figure}[htb]
687 % \caption{Schema della rappresentazioni utilizzate dalle funzioni di
688 % conversione \texttt{inet\_pton} e \texttt{inet\_ntop} }
689 % \label{fig:sock_inet_conv_func}
693 Entrambe le funzioni accettano l'argomento \param{af} che indica il tipo di
694 indirizzo e può essere \macro{AF\_INET} o \macro{AF\_INET6}. Se la famiglia
695 indicata non è valida entrambe le funzioni impostano la variabile \var{errno}
696 al valore \macro{EAFNOSUPPORT}. I prototipi delle suddette funzioni sono i
698 \begin{prototype}{sys/socket.h}
699 {int inet\_pton(int af, const char *src, void *addr\_ptr)} Converte la
700 stringa puntata da \var{src} nell'indirizzo IP da memorizzare
701 all'indirizzo puntato da \var{addr\_ptr}, la funzione restituisce un
702 valore positivo in caso di successo, e zero se la stringa non rappresenta un
703 indirizzo valido, e negativo se \var{af} specifica una famiglia di indirizzi
706 \begin{prototype}{sys/socket.h}
707 {char *inet\_ntop(int af, const void *addr\_ptr, char *dest, size\_t len)}
708 Converte la struttura dell'indirizzo puntata da \var{addr\_ptr} in una
709 stringa che viene copiata nel buffer puntato dall'indirizzo \var{dest};
710 questo deve essere preallocato dall'utente e la lunghezza deve essere almeno
711 \macro{INET\_ADDRSTRLEN} in caso di indirizzi IPv4 e
712 \macro{INET6\_ADDRSTRLEN} per indirizzi IPv6; la lunghezza del buffer deve
713 comunque venire specificata attraverso il parametro \var{len}.
715 \bodydesc{La funzione restituisce un puntatore non nullo a \var{dest} in
716 caso di successo e un puntatore nullo in caso di fallimento, in
717 quest'ultimo caso viene impostata la variabile \var{errno} con il valore
718 \macro{ENOSPC} in caso le dimensioni dell'indirizzo eccedano la lunghezza
719 specificata da \var{len} o \macro{ENOAFSUPPORT} in caso \var{af} non sia
720 una famiglia di indirizzi valida.}
723 Gli indirizzi vengono convertiti da/alle rispettive strutture di indirizzo
724 (\var{struct in\_addr} per IPv4, e \var{struct in6\_addr} per IPv6), che
725 devono essere precedentemente allocate e passate attraverso il puntatore
726 \var{addr\_ptr}; il parametro \var{dest} di \func{inet\_ntop} non può essere
727 nullo e deve essere allocato precedentemente.
729 Il formato usato per gli indirizzi in formato di presentazione è la notazione
730 \textit{dotted decimal} per IPv4 e quella descritta in
731 \secref{sec:IP_ipv6_notation} per IPv6.
735 \section{Un esempio di applicazione}
736 \label{sec:sock_appplication}
738 Per evitare di rendere questa introduzione ai socket puramente teorica
739 iniziamo con il mostrare un esempio di un client TCP elementare. Prima di
740 passare agli esempi del client e del server, esamineremo una caratteristica
741 delle funzioni di I/O sui socket che ci tornerà utile anche in seguito.
744 \subsection{Il comportamento delle funzioni di I/O}
745 \label{sec:sock_io_behav}
747 Una cosa di cui non sempre si è consapevoli quando si ha a che fare con i
748 socket è che le funzioni di input/output non sempre hanno lo stesso
749 comportamento che avrebbero con i normali files (in particolare questo accade
750 per i socket di tipo stream).
752 Infatti con i socket è comune che funzioni come \func{read} o \func{write}
753 possano restituire in input o scrivere in output un numero di byte minore di
754 quello richiesto. Come già accennato in \secref{sec:file_read} questo è un
755 comportamento normale anche per l'I/O su file, e succede
756 perché si eccede in lettura o scrittura il limite di buffer del kernel.
758 In questo caso tutto quello che il programma chiamante deve fare è di ripetere
759 la lettura (o scrittura) per la quantità di byte rimanenti (lo stesso può
760 avvenire scrivendo più di 4096 byte in una pipe, dato che quello è il limite
761 di solito adottato per il buffer di trasmissione del kernel).
769 ssize_t SockRead(int fd, void *buf, size_t count)
775 while (nleft > 0) { /* repeat until no left */
776 if ( (nread = read(fd, buf, nleft)) < 0) {
777 if (errno == EINTR) { /* if interrupted by system call */
778 continue; /* repeat the loop */
780 return(nread); /* otherwise exit */
782 } else if (nread == 0) { /* EOF */
783 break; /* break loop here */
785 nleft -= nread; /* set left to read */
786 buf +=nread; /* set pointer */
788 return (count - nleft);
791 \caption{Funzione \func{SockRead}, legge \var{count} byte da un socket }
792 \label{fig:sock_SockRead_code}
795 Per questo motivo seguendo l'esempio di W. R. Stevens si sono definite due
796 funzioni \func{SockRead} e \func{SockWrite} che eseguono la lettura da un
797 socket tenendo conto di questa caratteristica, ed in grado di ritornare dopo
798 avere letto o scritto esattamente il numero di byte specificato; il sorgente è
799 riportato in \figref{fig:sock_SockRead_code} e
800 \figref{fig:sock_SockWrite_code} ed è disponibile fra i sorgenti allegati alla
801 guida nei files \file{SockRead.c} e \file{SockWrite.c}.
809 ssize_t SockWrite(int fd, const void *buf, size_t count)
815 while (nleft > 0) { /* repeat until no left */
816 if ( (nwritten = write(fd, buf, nleft)) < 0) {
817 if (errno == EINTR) { /* if interrupted by system call */
818 continue; /* repeat the loop */
820 return(nwritten); /* otherwise exit with error */
823 nleft -= nwritten; /* set left to write */
824 buf +=nwritten; /* set pointer */
829 \caption{Funzione \func{SockWrite}, scrive \var{count} byte su un socket }
830 \label{fig:sock_SockWrite_code}
833 Come si può notare le funzioni ripetono la lettura/scrittura in un ciclo fino
834 all'esaurimento del numero di byte richiesti, in caso di errore viene
835 controllato se questo è \macro{EINTR} (cioè un'interruzione della system call
836 dovuta ad un segnale), nel qual caso l'accesso viene ripetuto, altrimenti
837 l'errore viene ritornato interrompendo il ciclo.
839 Nel caso della lettura, se il numero di byte letti è zero, significa che si è
840 arrivati alla fine del file e pertanto si ritorna senza aver concluso la
841 lettura di tutti i byte richiesti.
845 \subsection{Un primo esempio di client}
846 \label{sec:net_cli_sample}
848 Lo scopo di questo esempio è fornire un primo approccio alla programmazione di
849 rete e vedere come si usano le funzioni descritte in precedenza, alcune delle
850 funzioni usate nell'esempio saranno trattate in dettaglio nel capitolo
851 successivo; qui ci limiteremo a introdurre la nomenclatura senza fornire
852 definizioni precise e dettagli di funzionamento che saranno trattati
853 estensivamente più avanti.
855 In \figref{fig:net_cli_code} è riportata la sezione principale del codice del
856 nostro client elementare per il servizio \textit{daytime}, un servizio
857 standard che restituisce l'ora locale della macchina a cui si effettua la
863 #include <sys/types.h> /* predefined types */
864 #include <unistd.h> /* include unix standard library */
865 #include <arpa/inet.h> /* IP addresses conversion utilities */
866 #include <sys/socket.h> /* socket library */
867 #include <stdio.h> /* include standard I/O library */
869 int main(int argc, char *argv[])
873 struct sockaddr_in serv_add;
874 char buffer[MAXLINE];
877 if ( (sock_fd = socket(AF_INET, SOCK_STREAM, 0)) < 0) {
878 perror("Socket creation error");
881 /* initialize address */
882 memset((void *) &serv_add, 0, sizeof(serv_add)); /* clear server address */
883 serv_add.sin_family = AF_INET; /* address type is INET */
884 serv_add.sin_port = htons(13); /* daytime post is 13 */
885 /* build address using inet_pton */
886 if ( (inet_pton(AF_INET, argv[optind], &serv_add.sin_addr)) <= 0) {
887 perror("Address creation error");
890 /* extablish connection */
891 if (connect(sock_fd, (struct sockaddr *)&serv_add, sizeof(serv_add)) < 0) {
892 perror("Connection error");
895 /* read daytime from server */
896 while ( (nread = read(sock_fd, buffer, MAXLINE)) > 0) {
898 if (fputs(buffer, stdout) == EOF) { /* write daytime */
899 perror("fputs error");
905 perror("Read error");
912 \caption{Esempio di codice di un client elementare per il servizio daytime.}
913 \label{fig:net_cli_code}
916 Il sorgente completo del programma (\file{ElemDaytimeTCPClient.c}, che
917 comprende il trattamento delle opzioni e una funzione per stampare un
918 messaggio di aiuto) è allegato alla guida nella sezione dei codici sorgente e
919 può essere compilato su una qualunque macchina Linux.
921 Il programma anzitutto include gli header necessari (\texttt{\small 1--5});
922 dopo la dichiarazione delle variabili (\texttt{\small 9--12}) si è omessa
923 tutta la parte relativa al trattamento degli argomenti passati dalla linea di
924 comando (effettuata con le apposite routine illustrate in
925 \capref{sec:proc_opt_handling}).
927 Il primo passo (\texttt{\small 14--18}) è creare un \textit{socket} IPv4
928 (\macro{AF\_INET}), di tipo TCP \macro{SOCK\_STREAM}. La funzione
929 \macro{socket} ritorna il descrittore che viene usato per identificare il
930 socket in tutte le chiamate successive. Nel caso la chiamata fallisca si
931 stampa un errore con la relativa routine e si esce.
933 Il passo seguente (\texttt{\small 19--27}) è quello di costruire un'apposita
934 struttura \type{sockaddr\_in} in cui sarà inserito l'indirizzo del server ed
935 il numero della porta del servizio. Il primo passo è inizializzare tutto a
936 zero, per poi inserire il tipo di protocollo e la porta (usando per
937 quest'ultima la funzione \func{htons} per convertire il formato dell'intero
938 usato dal computer a quello usato nella rete), infine si utilizza la funzione
939 \func{inet\_pton} per convertire l'indirizzo numerico passato dalla linea di
942 Usando la funzione \func{connect} sul socket creato in precedenza
943 (\texttt{\small 28--32}) si provvede poi a stabilire la connessione con il
944 server specificato dall'indirizzo immesso nella struttura passata come secondo
945 argomento, il terzo argomento è la dimensione di detta struttura. Dato che
946 esistono diversi tipi di socket, si è dovuto effettuare un cast della
947 struttura inizializzata in precedenza, che è specifica per i socket IPv4. Un
948 valore di ritorno negativo implica il fallimento della connessione.
950 Completata con successo la connessione il passo successivo (\texttt{\small
951 34--40}) è leggere la data dal socket; il server invierà sempre una stringa
952 di 26 caratteri della forma \verb|Wed Apr 4 00:53:00 2001\r\n|, che viene
953 letta dalla funzione \func{read} e scritta su \file{stdout}.
955 Dato il funzionamento di TCP la risposta potrà tornare in un unico pacchetto
956 di 26 byte (come avverrà senz'altro nel caso in questione) ma potrebbe anche
957 arrivare in 26 pacchetti di un byte. Per questo nel caso generale non si può
958 mai assumere che tutti i dati arrivino con una singola lettura, pertanto
959 quest'ultima deve essere effettuata in un ciclo in cui si continui a leggere
960 fintanto che la funzione \func{read} non ritorni uno zero (che significa che
961 l'altro capo ha chiuso la connessione) o un numero minore di zero (che
962 significa un errore nella connessione).
964 Si noti come in questo caso la fine dei dati sia specificata dal server che
965 chiude la connessione; questa è una delle tecniche possibili (è quella usata
966 pure dal protocollo HTTP), ma ce ne possono essere altre, ad esempio FTP marca
967 la conclusione di un blocco di dati con la sequenza ASCII \verb|\r\n|
968 (carriage return e line feed), mentre il DNS mette la lunghezza in testa ad
969 ogni blocco che trasmette. Il punto essenziale è che TCP non provvede nessuna
970 indicazione che permetta di marcare dei blocchi di dati, per cui se questo è
971 necessario deve provvedere il programma stesso.
973 \subsection{Un primo esempio di server}
974 \label{sec:net_serv_sample}
976 Dopo aver illustrato il client daremo anche un esempio di un server
977 elementare, in grado di rispondere al precedente client. Il listato è
978 nuovamente mostrato in \figref{fig:net_serv_code}, il sorgente completo
979 (\file{ElemDaytimeTCPServer.c}) è allegato insieme agli altri file nella
980 directory \file{sources}.
982 \begin{figure}[!htbp]
985 #include <sys/types.h> /* predefined types */
986 #include <unistd.h> /* include unix standard library */
987 #include <arpa/inet.h> /* IP addresses conversion utilities */
988 #include <sys/socket.h> /* socket library */
989 #include <stdio.h> /* include standard I/O library */
993 int main(int argc, char *argv[])
996 * Variables definition
998 int list_fd, conn_fd;
1000 struct sockaddr_in serv_add;
1001 char buffer[MAXLINE];
1005 if ( (list_fd = socket(AF_INET, SOCK_STREAM, 0)) < 0) {
1006 perror("Socket creation error");
1009 /* initialize address */
1010 memset((void *)&serv_add, 0, sizeof(serv_add)); /* clear server address */
1011 serv_add.sin_family = AF_INET; /* address type is INET */
1012 serv_add.sin_port = htons(13); /* daytime port is 13 */
1013 serv_add.sin_addr.s_addr = htonl(INADDR_ANY); /* connect from anywhere */
1015 if (bind(list_fd, (struct sockaddr *)&serv_add, sizeof(serv_add)) < 0) {
1016 perror("bind error");
1019 /* listen on socket */
1020 if (listen(list_fd, BACKLOG) < 0 ) {
1021 perror("listen error");
1024 /* write daytime to client */
1026 if ( (conn_fd = accept(list_fd, (struct sockaddr *) NULL, NULL)) <0 ) {
1027 perror("accept error");
1030 timeval = time(NULL);
1031 snprintf(buffer, sizeof(buffer), "%.24s\r\n", ctime(&timeval));
1032 if ( (write(conn_fd, buffer, strlen(buffer))) < 0 ) {
1033 perror("write error");
1042 \caption{Esempio di codice di un semplice server per il servizio daytime.}
1043 \label{fig:net_serv_code}
1046 Come per il client si includono gli header necessari a cui è aggiunto quello
1047 per trattare i tempi, e si definiscono alcune costanti e le variabili
1048 necessarie in seguito (\texttt{\small 1--18}), come nel caso precedente si
1049 sono omesse le parti relative al trattamento delle opzioni da riga di comando.
1051 La creazione del socket (\texttt{\small 22--26}) è analoga al caso precedente,
1052 come pure l'inizializzazione della struttura \type{sockaddr\_in}, anche in
1053 questo caso si usa la porta standard del servizio daytime, ma come indirizzo
1054 IP si il valore predefinito \macro{INET\_ANY} che corrisponde ad un indirizzo
1055 generico (\texttt{\small 27--31}).
1057 Si effettua poi (\texttt{\small 32--36}) la chiamata alla funzione
1058 \func{bind} che permette di associare la precedente struttura al socket, in
1059 modo che quest'ultimo possa essere usato per accettare connessioni su una
1060 qualunque delle interfacce di rete locali.
1062 Il passo successivo (\texttt{\small 37--41}) è mettere ``in ascolto'' il
1063 socket, questo viene effettuato con la funzione \func{listen} che dice al
1064 kernel di accettare connessioni per il socket specificato, la funzione indica
1065 inoltre, con il secondo parametro, il numero massimo di connessioni che il
1066 kernel accetterà di mettere in coda per il suddetto socket.
1068 Questa ultima chiamata completa la preparazione del socket per l'ascolto (che
1069 viene chiamato anche \textit{listening descriptor}) a questo punto il processo
1070 è mandato in sleep (\texttt{\small 44--47}) con la successiva chiamata alla
1071 funzione \func{accept}, fin quando non arriva e viene accettata una
1072 connessione da un client.
1074 Quando questo avviene \func{accept} ritorna un secondo descrittore di socket,
1075 che viene chiamato \textit{connected descriptor} che è quello che viene usato
1076 dalla successiva chiamata alla \func{write} per scrivere la risposta al
1077 client, una volta che si è opportunamente (\texttt{\small 48--49}) costruita
1078 la stringa con la data da trasmettere. Completata la trasmissione il nuovo
1079 socket viene chiuso (\texttt{\small 54}). Il tutto è inserito in un ciclo
1080 infinito (\texttt{\small 42--55}) in modo da poter ripetere l'invio della data
1081 ad una successiva connessione.
1083 È importante notare che questo server è estremamente elementare, infatti a
1084 parte il fatto di essere dipendente da IPv4, esso è in grado di servire solo
1085 un client alla volta, è cioè un \textsl{server iterativo}, inoltre esso è
1086 scritto per essere lanciato da linea di comando, se lo si volesse utilizzare
1087 come demone di sistema (che è in esecuzione anche quando non c'è nessuna shell
1088 attiva e il terminale da cui lo si è lanciato è stato sconnesso),
1089 occorrerebbero delle opportune modifiche.
1091 %%% Local Variables:
1093 %%% TeX-master: "gapil"