4 I segnali sono il primo e più semplice meccanismo di comunicazione nei
5 confronti dei processi. Nella loro versione originale essi portano con sé
6 nessuna informazione che non sia il loro tipo; si tratta in sostanza di
7 un'interruzione software portata ad un processo.
9 In genere essi vengono usati dal kernel per riportare ai processi situazioni
10 eccezionali (come errori di accesso, eccezioni aritmetiche, etc.) ma possono
11 anche essere usati come forma elementare di comunicazione fra processi (ad
12 esempio vengono usati per il controllo di sessione), per notificare eventi
13 (come la terminazione di un processo figlio), ecc.
15 In questo capitolo esamineremo i vari aspetti della gestione dei segnali,
16 partendo da una introduzione relativa ai concetti base con cui essi vengono
17 realizzati, per poi affrontarne la classificazione a secondo di uso e modalità
18 di generazione fino ad esaminare in dettaglio funzioni e le metodologie di
19 gestione avanzate e le estensioni fatte all'interfaccia classica nelle nuovi
20 versioni dello standard POSIX.
23 \section{Introduzione}
26 In questa sezione esamineremo i concetti generali relativi ai segnali, vedremo
27 le loro caratteristiche di base, introdurremo le nozioni di fondo relative
28 all'architettura del funzionamento dei segnali e alle modalità con cui il
29 sistema gestisce l'interazione fra di essi ed i processi.
32 \subsection{I concetti base}
35 Come il nome stesso indica i segnali sono usati per notificare ad un processo
36 l'occorrenza di un qualche evento. Gli eventi che possono generare un segnale
37 sono vari; un breve elenco di possibili cause per l'emissione di un segnale è
41 \item un errore del programma, come una divisione per zero o un tentativo di
42 accesso alla memoria fuori dai limiti validi.
43 \item la terminazione di un processo figlio.
44 \item la scadenza di un timer o di un allarme.
45 \item il tentativo di effettuare un'operazione di input/output che non può
47 \item una richiesta dell'utente di terminare o fermare il programma. In genere
48 si realizza attraverso un segnale mandato dalla shell in corrispondenza
49 della pressione di tasti del terminale come \code{C-c} o
50 \code{C-z}.\footnote{indichiamo con \code{C-x} la pressione simultanea al
51 tasto \code{x} del tasto control (ctrl in molte tastiere).}
52 \item l'esecuzione di una \func{kill} o di una \func{raise} da parte del
53 processo stesso o di un'altro (solo nel caso della \func{kill}).
56 Ciascuno di questi eventi (compresi gli ultimi due che pure sono controllati
57 dall'utente o da un altro processo) comporta l'intervento diretto da parte del
58 kernel che causa la generazione un particolare tipo di segnale.
60 Quando un processo riceve un segnale, invece del normale corso del programma,
61 viene eseguita una azione di default o una apposita routine di gestione (il
62 cosiddetto \textit{signal handler} o \textsl{manipolatore}) che può essere
63 stata specificata dall'utente (nel qual caso si dice che si
64 \textsl{intercetta} il segnale).
67 \subsection{Le \textsl{semantiche} del funzionamento dei segnali}
68 \label{sec:sig_semantics}
70 Negli anni il comportamento del sistema in risposta ai segnali è stato
71 modificato in vari modi nelle differenti implementazioni di Unix. Si possono
72 individuare due tipologie fondamentali di comportamento dei segnali (dette
73 \textsl{semantiche}) che vengono chiamate rispettivamente \textsl{semantica
74 affidabile} (o \textit{reliable}) e \textsl{semantica inaffidabile} (o
77 Nella \textsl{semantica inaffidabile} (quella implementata dalle prime
78 versioni di Unix) la routine di gestione del segnale specificata dall'utente
79 non resta attiva una volta che è stata eseguita; è perciò compito dell'utente
80 stesso ripetere l'installazione della stessa all'interno della routine di
81 gestione, in tutti i casi in cui si vuole che il manipolatore esterno resti
84 In questo caso è possibile una situazione in cui i segnali possono essere
85 perduti. Si consideri il segmento di codice riportato in
86 \secref{fig:sig_old_handler}, nel programma principale viene installato un
87 manipolatore (\texttt{\small 5}), ed in quest'ultimo la prima operazione
88 (\texttt{\small 11}) è quella di reinstallare se stesso. Se nell'esecuzione
89 del manipolatore un secondo segnale arriva prima che esso abbia potuto
90 eseguire la reinstallazione, verrà eseguito il comportamento di default
91 assegnato al segnale stesso, il che può comportare, a seconda dei casi, che il
92 segnale viene perso (se il default era quello di ignorarlo) o la terminazione
93 immediata del processo; in entrambi i casi l'azione prevista non verrà
97 \footnotesize \centering
98 \begin{minipage}[c]{15cm}
100 int sig_handler(); /* handler function */
104 signal(SIGINT, sig_handler); /* establish handler */
110 signal(SIGINT, sig_handler); /* restablish handler */
111 ... /* process signal */
116 \caption{Esempio di codice di un manipolatore di segnale per la semantica
118 \label{fig:sig_old_handler}
121 Questa è la ragione per cui l'implementazione dei segnali secondo questa
122 semantica viene chiamata \textsl{inaffidabile}; infatti la ricezione del
123 segnale e la reinstallazione del suo manipolatore non sono operazioni
124 atomiche, e sono sempre possibili delle race condition\index{race condition}
125 (sull'argomento vedi quanto detto in \secref{sec:proc_multi_prog}).
127 Un'altro problema è che in questa semantica non esiste un modo per bloccare i
128 segnali quando non si vuole che arrivino; i processi possono ignorare il
129 segnale, ma non è possibile istruire il sistema a non fare nulla in occasione
130 di un segnale, pur mantenendo memoria del fatto che è avvenuto.
132 Nella semantica \textsl{affidabile} (quella utilizzata da Linux e da ogni Unix
133 moderno) il manipolatore una volta installato resta attivo e non si hanno
134 tutti i problemi precedenti. In questa semantica i segnali vengono
135 \textsl{generati} dal kernel per un processo all'occorrenza dell'evento che
136 causa il segnale. In genere questo viene fatto dal kernel settando l'apposito
137 campo della \var{task\_struct} del processo nella process table (si veda
138 \figref{fig:proc_task_struct}).
140 Si dice che il segnale viene \textsl{consegnato} al processo (dall'inglese
141 \textit{delivered}) quando viene eseguita l'azione per esso prevista, mentre
142 per tutto il tempo che passa fra la generazione del segnale e la sua consegna
143 esso è detto \textsl{pendente} (o \textit{pending}). In genere questa
144 procedura viene effettuata dallo scheduler quando, riprendendo l'esecuzione
145 del processo in questione, verifica la presenza del segnale nella
146 \var{task\_struct} e mette in esecuzione il manipolatore.
148 In questa semantica un processo ha la possibilità di bloccare la consegna dei
149 segnali, in questo caso, se l'azione per il suddetto segnale non è quella di
150 ignorarlo, il segnale resta \textsl{pendente} fintanto che il processo non lo
151 sblocca (nel qual caso viene consegnato) o setta l'azione di default per
154 Si tenga presente che il kernel stabilisce cosa fare con un segnale che è
155 stato bloccato al momento della consegna, non quando viene generato; questo
156 consente di cambiare l'azione per il segnale prima che esso venga consegnato,
157 e si può usare la funzione \func{sigpending} (vedi \secref{sec:sig_sigmask})
158 per determinare quali segnali sono bloccati e quali sono pendenti.
161 \subsection{Tipi di segnali}
162 \label{sec:sig_types}
164 In generale gli eventi che generano segnali si possono dividere in tre
165 categorie principali: errori, eventi esterni e richieste esplicite.
167 Un errore significa che un programma ha fatto qualcosa di sbagliato e non può
168 continuare ad essere eseguito. Non tutti gli errori causano dei segnali, in
169 genere la condizione di errore più comune comporta la restituzione di un
170 codice di errore da parte di una funzione di libreria, sono gli errori che
171 possono avvenire ovunque in un programma che causano l'emissione di un
172 segnale, come le divisioni per zero o l'uso di indirizzi di memoria non validi.
174 Un evento esterno ha in genere a che fare con l'I/O o con altri processi;
175 esempi di segnali di questo tipo sono quelli legati all'arrivo di dati di
176 input, scadenze di un timer, terminazione di processi figli.
178 Una richiesta esplicita significa l'uso di una chiamata di sistema (come
179 \func{kill} o \func{raise}) per la generazione di un segnale, cosa che
180 viene fatta usualmente dalla shell quando l'utente invoca la sequenza di tasti
181 di stop o di suspend, ma può essere pure inserita all'interno di un programma.
183 Si dice poi che i segnali possono essere \textsl{asincroni} o
184 \textsl{sincroni}. Un segnale \textsl{sincrono} è legato ad una azione
185 specifica di un programma ed è inviato (a meno che non sia bloccato) durante
186 tale azione; molti errori generano segnali \textsl{sincroni}, così come la
187 richiesta esplicita da parte del processo tramite le chiamate al sistema.
188 Alcuni errori come la divisione per zero non sono completamente sincroni e
189 possono arrivare dopo qualche istruzione.
191 I segnali \textsl{asincroni} sono generati da eventi fuori dal controllo del
192 processo che li riceve, e arrivano in tempi impredicibili nel corso
193 dell'esecuzione del programma. Eventi esterni come la terminazione di un
194 processo figlio generano segnali \textsl{asincroni}, così come le richieste di
195 generazione di un segnale effettuate da altri processi.
197 In generale un tipo di segnale o è sincrono o è asincrono, salvo il caso in
198 cui esso sia generato attraverso una richiesta esplicita tramite chiamata al
199 sistema, nel qual caso qualunque tipo di segnale (quello scelto nella
200 chiamata) può diventare sincrono o asincrono a seconda che sia generato
201 internamente o esternamente al processo.
204 \subsection{La notifica dei segnali}
205 \label{sec:sig_notification}
207 Come accennato quando un segnale viene generato, se la sua azione di default
208 non è quella di essere ignorato, il kernel prende nota del fatto nella
209 \var{task\_struct} del processo; si dice così che il segnale diventa
210 \textsl{pendente} (o \textit{pending}), e rimane tale fino al momento in cui
211 verrà notificato al processo (o verrà specificata come azione di default
212 quella di ignorarlo).
214 Normalmente l'invio al processo che deve ricevere il segnale è immediato ed
215 avviene non appena questo viene rimesso in esecuzione dallo scheduler che
216 esegue l'azione specificata. Questo a meno che il segnale in questione non sia
217 stato bloccato prima della notifica, nel qual caso l'invio non avviene ed il
218 segnale resta \textsl{pendente} indefinitamente. Quando lo si sblocca il
219 segnale \textsl{pendente} sarà subito notificato.
221 Si ricordi però che se l'azione specificata per un segnale è quella di essere
222 ignorato questo sarà scartato immediatamente al momento della sua generazione,
223 e questo anche se in quel momento il segnale è bloccato (perché ciò che viene
224 bloccata è la notifica). Per questo motivo un segnale, fintanto che viene
225 ignorato, non sarà mai notificato, anche se è stato bloccato ed in seguito si
226 è specificata una azione diversa (nel qual caso solo i segnali successivi alla
227 nuova specificazione saranno notificati).
229 Una volta che un segnale viene notificato (che questo avvenga subito o dopo
230 una attesa più o meno lunga) viene eseguita l'azione specificata per il
231 segnale. Per alcuni segnali (\macro{SIGKILL} e \macro{SIGSTOP}) questa azione
232 è fissa e non può essere cambiata, ma per tutti gli altri si può selezionare
233 una delle tre possibilità seguenti:
236 \item ignorare il segnale.
237 \item catturare il segnale, ed utilizzare il manipolatore specificato.
238 \item accettare l'azione di default per quel segnale.
241 Un programma può specificare queste scelte usando le due funzioni
242 \func{signal} e \func{sigaction} (vedi \secref{sec:sig_signal} e
243 \secref{sec:sig_sigaction}). Se si è installato un manipolatore sarà
244 quest'ultimo ad essere eseguito alla notifica del segnale. Inoltre il sistema
245 farà si che mentre viene eseguito il manipolatore di un segnale, quest'ultimo
246 venga automaticamente bloccato (così si possono evitare race
247 condition\index{race condition}).
249 Nel caso non sia stata specificata un'azione, viene utilizzata l'azione
250 standard che (come vedremo in \secref{sec:sig_standard}) è propria di ciascun
251 segnale; nella maggior parte dei casi essa porta alla terminazione del
252 processo, ma alcuni segnali che rappresentano eventi innocui vengono ignorati.
254 Quando un segnale termina un processo, il padre può determinare la causa della
255 terminazione esaminando il codice di stato riportato delle funzioni
256 \func{wait} e \func{waitpid} (vedi \secref{sec:proc_wait}); questo è il modo
257 in cui la shell determina i motivi della terminazione di un programma e scrive
258 un eventuale messaggio di errore.
260 I segnali che rappresentano errori del programma (divisione per zero o
261 violazioni di accesso) hanno anche la caratteristica di scrivere un file di
262 \textit{core dump} che registra lo stato del processo (ed in particolare della
263 memoria e dello stack) prima della terminazione. Questo può essere esaminato
264 in seguito con un debugger per investigare sulla causa dell'errore. Lo stesso
265 avviene se i suddetti segnale vengono generati con una \func{kill}.
268 \section{La classificazione dei segnali}
269 \label{sec:sig_classification}
271 Esamineremo in questa sezione quali sono i vari segnali definiti nel sistema,
272 le loro caratteristiche e tipologia, le varie macro e costanti che permettono
273 di identificarli, e le funzioni che ne stampano la descrizione.
276 \subsection{I segnali standard}
277 \label{sec:sig_standard}
279 Ciascun segnale è identificato rispetto al sistema da un numero, ma l'uso
280 diretto di questo numero da parte dei programmi è da evitare, in quanto esso
281 può variare a seconda dell'implementazione del sistema, e nel caso si Linux,
282 anche a seconda dell'architettura hardware.
283 Per questo motivo ad ogni segnale viene associato un nome, definendo con una
284 macro di preprocessore una costante uguale al suddetto numero. Sono questi
285 nomi, che sono standardizzati e sostanzialmente uniformi rispetto alle varie
286 implementazioni, che si devono usare nei programmi. Tutti i nomi e le funzioni
287 che concernono i segnali sono definiti nell'header di sistema \file{signal.h}.
289 Il numero totale di segnali presenti è dato dalla macro \macro{NSIG}, e dato
290 che i numeri dei segnali sono allocati progressivamente, essa corrisponde
291 anche al successivo del valore numerico assegnato all'ultimo segnale definito.
292 In \tabref{tab:sig_signal_list} si è riportato l'elenco completo dei segnali
293 definiti in Linux (estratto dalle man page), comparati con quelli definiti in
299 \begin{tabular}[c]{|c|p{8cm}|}
301 \textbf{Sigla} & \textbf{Significato} \\
304 A & L'azione di default è terminare il processo. \\
305 B & L'azione di default è ignorare il segnale. \\
306 C & L'azione di default è terminare il processo e scrivere un \textit{core
308 D & L'azione di default è fermare il processo. \\
309 E & Il segnale non può essere intercettato. \\
310 F & Il segnale non può essere ignorato.\\
313 \caption{Legenda delle azioni di default dei segnali riportate in
314 \tabref{tab:sig_signal_list}.}
315 \label{tab:sig_action_leg}
318 In \tabref{tab:sig_signal_list} si sono anche riportate le azioni di default
319 di ciascun segnale (riassunte con delle lettere, la cui legenda completa è in
320 \tabref{tab:sig_action_leg}), quando nessun manipolatore è installato un
321 segnale può essere ignorato o causare la terminazione del processo. Nella
322 colonna standard sono stati indicati anche gli standard in cui ciascun segnale
323 è definito, secondo lo schema di \tabref{tab:sig_standard_leg}.
329 \begin{tabular}[c]{|c|l|}
331 \textbf{Sigla} & \textbf{Standard} \\
340 \caption{Legenda dei valori della colonna \textbf{Standard} di
341 \tabref{tab:sig_signal_list}.}
342 \label{tab:sig_standard_leg}
345 In alcuni casi alla terminazione del processo è associata la creazione di un
346 file (posto nella directory corrente del processo e chiamato \file{core}) su
347 cui viene salvata un'immagine della memoria del processo (il cosiddetto
348 \textit{core dump}), che può essere usata da un debugger per esaminare lo
349 stato dello stack e delle variabili al momento della ricezione del segnale.
354 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|p{8cm}|}
356 \textbf{Segnale} &\textbf{Standard}&\textbf{Azione}&\textbf{Descrizione} \\
359 \macro{SIGHUP} &PL & A & Hangup o terminazione del processo di
361 \macro{SIGINT} &PL & A & Interrupt da tastiera (\cmd{C-c}) \\
362 \macro{SIGQUIT} &PL & C & Quit da tastiera (\cmd{C-y}) \\
363 \macro{SIGILL} &PL & C & Istruzione illegale \\
364 \macro{SIGABRT} &PL & C & Segnale di abort da \func{abort} \\
365 \macro{SIGFPE} &PL & C & Errore aritmetico \\
366 \macro{SIGKILL} &PL &AEF& Segnale di terminazione forzata \\
367 \macro{SIGSEGV} &PL & C & Errore di accesso in memoria \\
368 \macro{SIGPIPE} &PL & A & Pipe spezzata \\
369 \macro{SIGALRM} &PL & A & Segnale del timer da \func{alarm} \\
370 \macro{SIGTERM} &PL & A & Segnale di terminazione \verb|C-\| \\
371 \macro{SIGUSR1} &PL & A & Segnale utente numero 1 \\
372 \macro{SIGUSR2} &PL & A & Segnale utente numero 2 \\
373 \macro{SIGCHLD} &PL & B & Figlio terminato o fermato \\
374 \macro{SIGCONT} &PL & & Continua se fermato \\
375 \macro{SIGSTOP} &PL &DEF& Ferma il processo \\
376 \macro{SIGTSTP} &PL & D & Pressione del tasto di stop sul terminale \\
377 \macro{SIGTTIN} &PL & D & Input sul terminale per un processo
379 \macro{SIGTTOU} &PL & D & Output sul terminale per un processo
381 \macro{SIGBUS} &SL & C & Errore sul bus (bad memory access) \\
382 \macro{SIGPOLL} &SL & A & \textit{Pollable event} (Sys V).
383 Sinonimo di \macro{SIGIO} \\
384 \macro{SIGPROF} &SL & A & Timer del profiling scaduto \\
385 \macro{SIGSYS} &SL & C & Argomento sbagliato per una subroutine (SVID) \\
386 \macro{SIGTRAP} &SL & C & Trappole per un Trace/breakpoint \\
387 \macro{SIGURG} &SLB& B & Ricezione di una urgent condition su un socket\\
388 \macro{SIGVTALRM}&SLB& A & Virtual alarm clock \\
389 \macro{SIGXCPU} &SLB& C & Ecceduto il limite sul CPU time \\
390 \macro{SIGXFSZ} &SLB& C & Ecceduto il limite sulla dimensione dei file \\
391 \macro{SIGIOT} &L & C & IOT trap. Sinonimo di \macro{SIGABRT} \\
392 \macro{SIGEMT} &L & & \\
393 \macro{SIGSTKFLT}&L & A & Errore sullo stack del coprocessore \\
394 \macro{SIGIO} &LB & A & L'I/O è possibile (4.2 BSD) \\
395 \macro{SIGCLD} &L & & Sinonimo di \macro{SIGCHLD} \\
396 \macro{SIGPWR} &L & A & Fallimento dell'alimentazione \\
397 \macro{SIGINFO} &L & & Sinonimo di \macro{SIGPWR} \\
398 \macro{SIGLOST} &L & A & Perso un lock sul file (per NFS) \\
399 \macro{SIGWINCH} &LB & B & Finestra ridimensionata (4.3 BSD, Sun) \\
400 \macro{SIGUNUSED}&L & A & Segnale inutilizzato (diventerà
404 \caption{Lista dei segnali in Linux.}
405 \label{tab:sig_signal_list}
408 La descrizione dettagliata del significato dei vari segnali, raggruppati per
409 tipologia, verrà affrontate nei paragrafi successivi.
412 \subsection{Segnali di errore di programma}
413 \label{sec:sig_prog_error}
415 Questi segnali sono generati quando il sistema, o in certi casi direttamente
416 l'hardware (come per i \textit{page fault} non validi) rileva un qualche
417 errore insanabile nel programma in esecuzione. In generale la generazione di
418 questi segnali significa che il programma ha dei gravi problemi (ad esempio ha
419 dereferenziato un puntatore non valido o ha eseguito una operazione aritmetica
420 proibita) e l'esecuzione non può essere proseguita.
422 In genere si intercettano questi segnali per permettere al programma di
423 terminare in maniera pulita, ad esempio per ripristinare i settaggi della
424 console o eliminare i file di lock prima dell'uscita. In questo caso il
425 manipolatore deve concludersi ripristinando l'azione di default e rialzando il
426 segnale, in questo modo il programma si concluderà senza effetti spiacevoli,
427 ma riportando lo stesso stato di uscita che avrebbe avuto se il manipolatore
430 L'azione di default per tutti questi segnali è causare la terminazione del
431 processo che li ha causati. In genere oltre a questo il segnale provoca pure
432 la registrazione su disco di un file di \textit{core dump} che viene scritto
433 in un file \file{core} nella directory corrente del processo al momento
434 dell'errore, che il debugger può usare per ricostruire lo stato del programma
435 al momento della terminazione.
438 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
439 \item[\macro{SIGFPE}] Riporta un errore aritmetico fatale. Benché il nome
440 derivi da \textit{floating point exception} si applica a tutti gli errori
441 aritmetici compresa la divisione per zero e l'overflow.
443 Se il manipolatore ritorna il comportamento del processo è indefinito, ed
444 ignorare questo segnale può condurre ad un ciclo infinito.
446 % Per questo segnale le cose sono complicate dal fatto che possono esserci
447 % molte diverse eccezioni che \texttt{SIGFPE} non distingue, mentre lo
448 % standard IEEE per le operazioni in virgola mobile definisce varie eccezioni
449 % aritmetiche e richiede che esse siano notificate.
451 \item[\macro{SIGILL}] Il nome deriva da \textit{illegal instruction},
452 significa che il programma sta cercando di eseguire una istruzione
453 privilegiata o inesistente, in generale del codice illegale. Poiché il
454 compilatore del C genera del codice valido si ottiene questo segnale se il
455 file eseguibile è corrotto o si stanno cercando di eseguire dei dati.
456 Quest'ultimo caso può accadere quando si passa un puntatore sbagliato al
457 posto di un puntatore a funzione, o si eccede la scrittura di un vettore di
458 una variabile locale, andando a corrompere lo stack. Lo stesso segnale viene
459 generato in caso di overflow dello stack o di problemi nell'esecuzione di un
460 manipolatore. Se il manipolatore ritorna il comportamento del processo è
462 \item[\macro{SIGSEGV}] Il nome deriva da \textit{segment violation}, e
463 significa che il programma sta cercando di leggere o scrivere in una zona di
464 memoria protetta al di fuori di quella che gli è stata riservata dal
465 sistema. In genere è il meccanismo della protezione della memoria che si
466 accorge dell'errore ed il kernel genera il segnale. Se il manipolatore
467 ritorna il comportamento del processo è indefinito.
469 È tipico ottenere questo segnale dereferenziando un puntatore nullo o non
470 inizializzato leggendo al di la della fine di un vettore.
471 \item[\macro{SIGBUS}] Il nome deriva da \textit{bus error}. Come
472 \macro{SIGSEGV} questo è un segnale che viene generato di solito quando si
473 dereferenzia un puntatore non inizializzato, la differenza è che
474 \macro{SIGSEGV} indica un accesso non permesso su un indirizzo esistente
475 (tipo fuori dallo heap o dallo stack), mentre \macro{SIGBUS} indica
476 l'accesso ad un indirizzo non valido, come nel caso di un puntatore non
478 \item[\macro{SIGABRT}] Il nome deriva da \textit{abort}. Il segnale indica che
479 il programma stesso ha rilevato un errore che viene riportato chiamando la
480 funzione \func{abort} che genera questo segnale.
481 \item[\macro{SIGTRAP}] È il segnale generato da un'istruzione di breakpoint o
482 dall'attivazione del tracciamento per il processo. È usato dai programmi per
483 il debugging e se un programma normale non dovrebbe ricevere questo segnale.
484 \item[\macro{SIGSYS}] Sta ad indicare che si è eseguita una istruzione che
485 richiede l'esecuzione di una system call, ma si è fornito un codice
486 sbagliato per quest'ultima.
490 \subsection{I segnali di terminazione}
491 \label{sec:sig_termination}
493 Questo tipo di segnali sono usati per terminare un processo; hanno vari nomi a
494 causa del differente uso che se ne può fare, ed i programmi possono
495 trattarli in maniera differente.
497 La ragione per cui può essere necessario trattare questi segnali è che il
498 programma può dover eseguire una serie di azioni di pulizia prima di
499 terminare, come salvare informazioni sullo stato in cui si trova, cancellare
500 file temporanei, o ripristinare delle condizioni alterate durante il
501 funzionamento (come il modo del terminale o i settaggi di una qualche
504 L'azione di default di questi segnali è di terminare il processo, questi
506 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
507 \item[\macro{SIGTERM}] Il nome sta per \textit{terminate}. È un segnale
508 generico usato per causare la conclusione di un programma. Al contrario di
509 \macro{SIGKILL} può essere intercettato, ignorato, bloccato. In genere lo si
510 usa per chiedere in maniera ``educata'' ad un processo di concludersi.
511 \item[\macro{SIGINT}] Il nome sta per \textit{interrupt}. È il segnale di
512 interruzione per il programma. È quello che viene generato di default dal
513 comando \cmd{kill} o dall'invio sul terminale del carattere di controllo
514 INTR (interrupt, generato dalla sequenza \macro{C-c}).
515 \item[\macro{SIGQUIT}] È analogo a \macro{SIGINT} con la differenze che è
516 controllato da un'altro carattere di controllo, QUIT, corrispondente alla
517 sequenza \verb|C-\|. A differenza del precedente l'azione di default,
518 oltre alla terminazione del processo, comporta anche la creazione di un core
521 In genere lo si può pensare come corrispondente ad una condizione di
522 errore del programma rilevata dall'utente. Per questo motivo non è opportuno
523 fare eseguire al manipolatore di questo segnale le operazioni di pulizia
524 normalmente previste (tipo la cancellazione di file temporanei), dato che in
525 certi casi esse possono eliminare informazioni utili nell'esame dei core
527 \item[\macro{SIGKILL}] Il nome è utilizzato per terminare in maniera immediata
528 qualunque programma. Questo segnale non può essere né intercettato, né
529 ignorato, né bloccato, per cui causa comunque la terminazione del processo.
530 In genere esso viene generato solo per richiesta esplicita dell'utente dal
531 comando (o tramite la funzione) \cmd{kill}. Dato che non lo si può
532 intercettare è sempre meglio usarlo come ultima risorsa quando metodi meno
533 brutali, come \macro{SIGTERM} o \macro{C-c} non funzionano.
535 Se un processo non risponde a nessun altro segnale \macro{SIGKILL} ne causa
536 sempre la terminazione (in effetti il fallimento della terminazione di un
537 processo da parte di \macro{SIGKILL} costituirebbe un malfunzionamento del
538 kernel). Talvolta è il sistema stesso che può generare questo segnale quando
539 per condizioni particolari il processo non può più essere eseguito neanche
540 per eseguire un manipolatore.
541 \item[\macro{SIGHUP}] Il nome sta per \textit{hang-up}. Segnala che il
542 terminale dell'utente si è disconnesso (ad esempio perché si è interrotta la
543 rete). Viene usato anche per riportare la terminazione del processo di
544 controllo di un terminale a tutti i processi della sessione, in modo che
545 essi possano disconnettersi dal relativo terminale.
547 Viene inoltre usato in genere per segnalare ai demoni (che non hanno un
548 terminale di controllo) la necessità di reinizializzarsi e rileggere il/i
549 file di configurazione.
553 \subsection{I segnali di allarme}
554 \label{sec:sig_alarm}
556 Questi segnali sono generati dalla scadenza di un timer. Il loro comportamento
557 di default è quello di causare la terminazione del programma, ma con questi
558 segnali la scelta di default è irrilevante, in quanto il loro uso presuppone
559 sempre la necessità di un manipolatore. Questi segnali sono:
560 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
561 \item[\macro{SIGALRM}] Il nome sta per \textit{alarm}. Segnale la scadenza di
562 un timer misurato sul tempo reale o sull'orologio di sistema. È normalmente
563 usato dalla funzione \func{alarm}.
564 \item[\macro{SIGVTALRM}] Il nome sta per \textit{virtual alarm}. È analogo al
565 precedente ma segnala la scadenza di un timer sul tempo di CPU usato dal
567 \item[\macro{SIGPROF}] Il nome sta per \textit{profiling}. Indica la scadenza
568 di un timer che misura sia il tempo di CPU speso direttamente dal processo
569 che quello che il sistema ha speso per conto di quest'ultimo. In genere
570 viene usato dagli strumenti che servono a fare la profilazione dell'utilizzo
571 del tempo di CPU da parte del processo.
575 \subsection{I segnali di I/O asincrono}
576 \label{sec:sig_asyncio}
578 Questi segnali operano in congiunzione con le funzioni di I/O asincrono. Per
579 questo occorre comunque usare \func{fcntl} per abilitare un file descriptor a
580 generare questi segnali.
582 L'azione di default è di essere ignorati. Questi segnali sono:
583 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
584 \item[\macro{SIGIO}] Questo segnale viene inviato quando un file descriptor è
585 pronto per eseguire dell'input/output. In molti sistemi solo i socket e i
586 terminali possono generare questo segnale, in Linux questo può essere usato
587 anche per i file, posto che la \func{fcntl} abbia avuto successo.
588 \item[\macro{SIGURG}] Questo segnale è inviato quando arrivano dei dati
589 urgenti o \textit{out of band} su di un socket; per maggiori dettagli al
590 proposito si veda \secref{sec:xxx_urgent_data}.
591 \item[\macro{SIGPOLL}] Questo segnale è equivalente a \macro{SIGIO}, è
592 definito solo per compatibilità con i sistemi System V.
596 \subsection{I segnali per il controllo di sessione}
597 \label{sec:sig_job_control}
599 Questi sono i segnali usati dal controllo delle sessioni e dei processi, il
600 loro uso è specifico e viene trattato in maniera specifica nelle sezioni in
601 cui si trattano gli argomenti relativi. Questi segnali sono:
602 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
603 \item[\macro{SIGCHLD}] Questo è il segnale mandato al processo padre quando un
604 figlio termina o viene fermato. L'azione di default è di ignorare il
605 segnale, la sua gestione è trattata in \secref{sec:proc_wait}.
606 \item[\macro{SIGCLD}] Per Linux questo è solo un segnale identico al
607 precedente, il nome è obsoleto e andrebbe evitato.
608 \item[\macro{SIGCONT}] Il nome sta per \textit{continue}. Il segnale viene
609 usato per fare ripartire un programma precedentemente fermato da
610 \macro{SIGSTOP}. Questo segnale ha un comportamento speciale, e fa sempre
611 ripartire il processo prima della sua consegna. Il comportamento di default
612 è di fare solo questo; il segnale non può essere bloccato. Si può anche
613 installare un manipolatore, ma il segnale provoca comunque il riavvio del
616 La maggior pare dei programmi non hanno necessità di intercettare il
617 segnale, in quanto esso è completamente trasparente rispetto all'esecuzione
618 che riparte senza che il programma noti niente. Si possono installare dei
619 manipolatori per far si che un programma produca una qualche azione speciale
620 se viene fermato e riavviato, come per esempio riscrivere un prompt, o
622 \item[\macro{SIGSTOP}] Il segnale ferma un processo (lo porta in uno stato di
623 sleep); il segnale non può essere né intercettato, né ignorato, né bloccato.
624 \item[\macro{SIGTSTP}] Il nome sta per \textit{interactive stop}. Il segnale
625 ferma il processo interattivamente, ed è generato dal carattere SUSP
626 (prodotto dalla combinazione \macro{C-z}), ed al contrario di
627 \macro{SIGSTOP} può essere intercettato e ignorato. In genere un programma
628 installa un manipolatore per questo segnale quando vuole lasciare il sistema
629 o il terminale in uno stato definito prima di fermarsi; se per esempio un
630 programma ha disabilitato l'eco sul terminale può installare un manipolatore
631 per riabilitarlo prima di fermarsi.
632 \item[\macro{SIGTTIN}] Un processo non può leggere dal terminale se esegue una
633 sessione di lavoro in background. Quando un processo in background tenta di
634 leggere da un terminale viene inviato questo segnale a tutti i processi
635 della sessione di lavoro. L'azione di default è di fermare il processo.
636 L'argomento è trattato in \secref{sec:sess_xxx}.
637 \item[\macro{SIGTTOU}] Segnale analogo al precedente \macro{SIGTTIN}, ma
638 generato quando si tenta di scrivere o modificare uno dei modi del
639 terminale. L'azione di default è di fermare il processo, l'argomento è
640 trattato in \secref{sec:sess_xxx}.
644 \subsection{I segnali di operazioni errate}
645 \label{sec:sig_oper_error}
647 Questi segnali sono usati per riportare al programma errori generati da
648 operazioni da lui eseguite; non indicano errori del programma quanto errori
649 che impediscono il completamento dell'esecuzione dovute all'interazione con il
652 L'azione di default di questi segnali è di terminare il processo, questi
654 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
655 \item[\macro{SIGPIPE}] Sta per \textit{Broken pipe}. Se si usano delle pipe o
656 delle FIFO è necessario che, prima che un processo inizi a scrivere su di
657 essa, un'altro abbia aperto la pipe in lettura (si veda
658 \secref{sec:ipc_pipes}). Se il processo in lettura non è partito o è
659 terminato inavvertitamente alla scrittura sulla pipe il kernel genera questo
660 segnale. Se il segnale è bloccato, intercettato o ignorato la chiamata che
661 lo ha causato fallisce restituendo l'errore \macro{EPIPE}
662 \item[\macro{SIGLOST}] Sta per \textit{Resource lost}. Viene generato quando
663 c'è un advisory lock su un file NFS, ed il server riparte dimenticando la
664 situazione precedente.
665 \item[\macro{SIGXCPU}] Sta per \textit{CPU time limit exceeded}. Questo
666 segnale è generato quando un processo eccede il limite impostato per il
667 tempo di CPU disponibile, vedi \secref{sec:sys_resource_limit}.
668 \item[\macro{SIGXFSZ}] Sta per \textit{File size limit exceeded}. Questo
669 segnale è generato quando un processo tenta di estendere un file oltre le
670 dimensioni specificate dal limite impostato per le dimensioni massime di un
671 file, vedi \secref{sec:sys_resource_limit}.
675 \subsection{Ulteriori segnali}
676 \label{sec:sig_misc_sig}
678 Raccogliamo qui infine usa serie di segnali che hanno scopi differenti non
679 classificabili in maniera omogenea. Questi segnali sono:
680 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
681 \item[\macro{SIGUSR1}] Vedi \macro{SIGUSR2}.
682 \item[\macro{SIGUSR2}] Insieme a \macro{SIGUSR1} è un segnale a disposizione
683 dell'utente che li può usare per quello che vuole. Possono essere utili per
684 implementare una comunicazione elementare fra processi diversi, o per
685 eseguire a richiesta una operazione utilizzando un manipolatore. L'azione di
686 default è terminare il processo.
687 \item[\macro{SIGWINCH}] Il nome sta per \textit{window (size) change} e viene
688 generato in molti sistemi (GNU/Linux compreso) quando le dimensioni (in
689 righe e colonne) di un terminale vengono cambiate. Viene usato da alcuni
690 programmi testuali per riformattare l'uscita su schermo quando si cambia
691 dimensione a quest'ultimo. L'azione di default è di essere ignorato.
692 \item[\macro{SIGINFO}] Il segnale indica una richiesta di informazioni. È
693 usato con il controllo di sessione, causa la stampa di informazioni da parte
694 del processo leader del gruppo associato al terminale di controllo, gli
695 altri processi lo ignorano.
699 \subsection{Le funzioni \func{strsignal} e \func{psignal}}
700 \label{sec:sig_strsignal}
702 Per la descrizione dei segnali il sistema mette a disposizione due funzioni,
703 \func{strsignal} e \func{psignal}, che stampano un messaggio di descrizione
704 dato il numero. In genere si usano quando si vuole notificare all'utente il
705 segnale avvenuto (nel caso di terminazione di un processo figlio o di un
706 manipolatore che gestisce più segnali); la prima funzione è una estensione
707 GNU, accessibile avendo definito \macro{\_GNU\_SOURCE}, ed è analoga alla
708 funzione \func{strerror} (si veda \secref{sec:sys_strerror}) per gli errori:
709 \begin{prototype}{string.h}{char *strsignal(int signum)}
710 Ritorna il puntatore ad una stringa che contiene la descrizione del segnale
713 \noindent dato che la stringa è allocata staticamente non se ne deve
714 modificare il contenuto, che resta valido solo fino alla successiva chiamata
715 di \func{strsignal}. Nel caso si debba mantenere traccia del messaggio sarà
718 La seconda funzione deriva da BSD ed è analoga alla funzione \func{perror}
719 descritta sempre in \secref{sec:sys_strerror}; il suo prototipo è:
720 \begin{prototype}{signal.h}{void psignal(int sig, const char *s)}
721 Stampa sullo standard error un messaggio costituito dalla stringa \param{s},
722 seguita da due punti ed una descrizione del segnale indicato da \param{sig}.
725 Una modalità alternativa per utilizzare le descrizioni restituite da
726 \func{strsignal} e \func{psignal} è quello di fare usare la variabile
727 \var{sys\_siglist}, che è definita in \file{signal.h} e può essere acceduta
728 con la dichiarazione:
729 \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
730 extern const char *const sys_siglist[]
732 l'array \var{sys\_siglist} contiene i puntatori alle stringhe di descrizione,
733 indicizzate per numero di segnale, per cui una chiamata del tipo di \code{char
734 *decr = strsignal(SIGINT)} può essere sostituita dall'equivalente \code{char
735 *decr = sys\_siglist[SIGINT]}.
739 \section{La gestione dei segnali}
740 \label{sec:sig_management}
742 I segnali sono il primo e più classico esempio di eventi asincroni, cioè di
743 eventi che possono accadere in un qualunque momento durante l'esecuzione di un
744 programma. Per questa loro caratteristica la loro gestione non può essere
745 effettuata all'interno del normale flusso di esecuzione dello stesso, ma è
746 delegata appunto agli eventuali manipolatori che si sono installati.
748 In questa sezione vedremo come si effettua gestione dei segnali, a partire
749 dalla loro interazione con le system call, passando per le varie funzioni che
750 permettono di installare i manipolatori e controllare le reazioni di un
751 processo alla loro occorrenza.
754 \subsection{Il comportamento generale del sistema.}
755 \label{sec:sig_gen_beha}
757 Abbiamo già trattato in \secref{sec:sig_intro} le modalità con cui il sistema
758 gestisce l'interazione fra segnali e processi, ci resta da esaminare però il
759 comportamento delle system call; in particolare due di esse, \func{fork} ed
760 \func{exec}, dovranno essere prese esplicitamente in considerazione, data la
761 loro stretta relazione con la creazione di nuovi processi.
763 Come accennato in \secref{sec:proc_fork} quando viene creato un nuovo processo
764 esso eredita dal padre sia le azioni che sono state settate per i singoli
765 segnali, che la maschera dei segnali bloccati (vedi \secref{sec:sig_sigmask}).
766 Invece tutti i segnali pendenti e gli allarmi vengono cancellati; essi infatti
767 devono essere recapitati solo al padre, al figlio dovranno arrivare solo i
768 segnali dovuti alle sue azioni.
770 Quando si mette in esecuzione un nuovo programma con \func{exec} (si ricordi
771 quanto detto in \secref{sec:proc_exec}) tutti i segnali per i quali è stato
772 installato un manipolatore vengono resettati a \macro{SIG\_DFL}. Non ha più
773 senso infatti fare riferimento a funzioni definite nel programma originario,
774 che non sono presenti nello spazio di indirizzi del nuovo programma.
776 Si noti che questo vale solo per le azioni per le quali è stato installato un
777 manipolatore; viene mantenuto invece ogni eventuale settaggio dell'azione a
778 \macro{SIG\_IGN}. Questo permette ad esempio alla shell di settare ad
779 \macro{SIG\_IGN} le risposte per \macro{SIGINT} e \macro{SIGQUIT} per i
780 programmi eseguiti in background, che altrimenti sarebbero interrotti da una
781 successiva pressione di \texttt{C-c} o \texttt{C-y}.
783 Per quanto riguarda il comportamento di tutte le altre system call si danno
784 sostanzialmente due casi, a seconda che esse siano \textsl{lente}
785 (\textit{slow}) o \textsl{veloci} (\textit{fast}). La gran parte di esse
786 appartiene a quest'ultima categoria, che non è influenzata dall'arrivo di un
787 segnale. Esse sono dette \textsl{veloci} in quanto la loro esecuzione è
788 sostanzialmente immediata; la risposta al segnale viene sempre data dopo che
789 la system call è stata completata, in quanto attendere per eseguire un
790 manipolatore non comporta nessun inconveniente.
792 In alcuni casi però alcune system call (che per questo motivo vengono chiamate
793 \textsl{lente}) possono bloccarsi indefinitamente. In questo caso non si può
794 attendere la conclusione della sistem call, perché questo renderebbe
795 impossibile una risposta pronta al segnale, per cui il manipolatore viene
796 eseguito prima che la system call sia ritornata. Un elenco dei casi in cui si
797 presenta questa situazione è il seguente:
799 \item la lettura da file che possono bloccarsi in attesa di dati non ancora
800 presenti (come per certi file di dispositivo, i socket o le pipe).
801 \item la scrittura sugli stessi file, nel caso in cui dati non possano essere
802 accettati immediatamente.
803 \item l'apertura di un file di dispositivo che richiede operazioni non
804 immediate per una una risposta.
805 \item le operazioni eseguite con \func{ioctl} che non è detto possano essere
806 eseguite immediatamente.
807 \item le funzioni di intercomunicazione che si bloccano in attesa di risposte
809 \item la funzione \func{pause} (usata appunto per attendere l'arrivo di un
811 \item la funzione \func{wait} (se nessun processo figlio è ancora terminato).
814 In questo caso si pone il problema di cosa fare una volta che il manipolatore
815 sia ritornato. La scelta originaria dei primi Unix era quella di far ritornare
816 anche la system call restituendo l'errore di \macro{EINTR}. Questa è a
817 tutt'oggi una scelta corrente, ma comporta che i programmi che usano dei
818 manipolatori controllino lo stato di uscita delle funzioni per ripeterne la
819 chiamata qualora l'errore fosse questo.
821 Dimenticarsi di richiamare una system call interrotta da un segnale è un
822 errore comune, tanto che le \acr{glibc} provvedono una macro
823 \code{TEMP\_FAILURE\_RETRY(expr)} che esegue l'operazione automaticamente,
824 ripetendo l'esecuzione dell'espressione \var{expr} fintanto che il risultato
825 non è diverso dall'uscita con un errore \macro{EINTR}.
827 La soluzione è comunque poco elegante e BSD ha scelto un approccio molto
828 diverso, che è quello di fare ripartire automaticamente la system call invece
829 di farla fallire. In questo caso ovviamente non c'è da preoccuparsi di
830 controllare il codice di errore; si perde però la possibilità di eseguire
831 azioni specifiche all'occorrenza di questa particolare condizione.
833 Linux e le \acr{glibc} consentono di utilizzare entrambi gli approcci,
834 attraverso una opportuna opzione di \func{sigaction} (vedi
835 \secref{sec:sig_sigaction}). È da chiarire comunque che nel caso di
836 interruzione nel mezzo di un trasferimento parziale di dati, le system call
837 ritornano sempre indicando i byte trasferiti.
840 \subsection{La funzione \func{signal}}
841 \label{sec:sig_signal}
843 L'interfaccia più semplice per la gestione dei segnali è costituita dalla
844 funzione \func{signal} che è definita fin dallo standard ANSI C. Quest'ultimo
845 però non considera sistemi multitasking, per cui la definizione è tanto vaga
846 da essere del tutto inutile in un sistema Unix; è questo il motivo per cui
847 ogni implementazione successiva ne ha modificato e ridefinito il
848 comportamento, pur mantenendone immutato il prototipo\footnote{in realtà in
849 alcune vecchie implementazioni (SVr4 e 4.3+BSD in particolare) vengono usati
850 alcuni parametri aggiuntivi per definire il comportamento della funzione,
851 vedremo in \secref{sec:sig_sigaction} che questo è possibile usando la
852 funzione \func{sigaction}.} che è:
853 \begin{prototype}{signal.h}
854 {sighandler\_t signal(int signum, sighandler\_t handler)}
856 Installa la funzione di gestione \param{handler} (il manipolatore) per il
857 segnale \param{signum}.
859 \bodydesc{La funzione ritorna il precedente manipolatore in caso di successo
860 o \macro{SIG\_ERR} in caso di errore.}
863 In questa definizione si è usato un tipo di dato, \type{sighandler\_t}, che è
864 una estensione GNU, definita dalle \acr{glibc}, esso permette di riscrivere il
865 prototipo di \func{signal} nella forma appena vista, che risulta molto più
866 leggibile di quanto non sia la versione originaria che di norma è definita
869 void (*signal(int signum, void (*handler)(int)))int)
871 questa infatti, per la poca chiarezza della sintassi del C quando si vanno a
872 trattare puntatori a funzioni, è molto meno comprensibile. Da un confronto
873 con il precedente prototipo si può dedurre la definizione di
874 \type{sighandler\_t} che è:
876 typedef void (* sighandler_t)(int)
878 e cioè un puntatore ad una funzione \ctyp{void} (cioè senza valore di ritorno)
879 e che prende un argomento di tipo \ctyp{int}.\footnote{si devono usare le
880 parentesi intorno al nome della funzione per via delle precedenze degli
881 operatori del C, senza di esse si sarebbe definita una funzione che ritorna
882 un puntatore a \ctyp{void} e non un puntatore ad una funzione \ctyp{void}.}
883 La funzione \func{signal} quindi restituisce e prende come secondo argomento
884 un puntatore a una funzione di questo tipo, che è appunto il manipolatore del
887 Il numero di segnale passato in \param{signum} può essere indicato
888 direttamente con una delle costanti definite in \secref{sec:sig_standard}. Il
889 manipolatore \param{handler} invece, oltre all'indirizzo della funzione da
890 chiamare all'occorrenza del segnale, può assumere anche i due valori costanti
891 \macro{SIG\_IGN} con cui si dice ignorare il segnale e \macro{SIG\_DFL} per
892 installare l'azione di di default.\footnote{si ricordi però che i due segnali
893 \macro{SIGKILL} e \macro{SIGSTOP} non possono essere ignorati né
896 La funzione restituisce l'indirizzo dell'azione precedente, che può essere
897 salvato per poterlo ripristinare (con un'altra chiamata a \func{signal}) in un
898 secondo tempo. Si ricordi che se si setta come azione \macro{SIG\_IGN} (o si
899 setta un \macro{SIG\_DFL} per un segnale il cui default è di essere ignorato),
900 tutti i segnali pendenti saranno scartati, e non verranno mai notificati.
902 L'uso di \func{signal} è soggetto a problemi di compatibilità, dato che essa
903 si comporta in maniera diversa per sistemi derivati da BSD o da System V. In
904 questi ultimi infatti la funzione è conforme al comportamento originale dei
905 primi Unix in cui il manipolatore viene disinstallato alla sua chiamata,
906 secondo la semantica inaffidabile; Linux seguiva questa convenzione fino alle
907 \acr{libc5}. Al contrario BSD segue la semantica affidabile, non resettando il
908 manipolatore e bloccando il segnale durante l'esecuzione dello stesso. Con
909 l'utilizzo delle \acr{glibc} dalla versione 2 anche Linux è passato a questo
910 comportamento; quello della versione originale della funzione, il cui uso è
911 deprecato per i motivi visti in \secref{sec:sig_semantics}, può essere
912 ottenuto chiamando \func{sysv\_signal}. In generale, per evitare questi
913 problemi, tutti i nuovi programmi dovrebbero usare \func{sigaction}.
915 È da tenere presente che, seguendo lo standard POSIX, il comportamento di un
916 processo che ignora i segnali \macro{SIGFPE}, \macro{SIGILL}, o
917 \macro{SIGSEGV} (qualora non originino da una \func{kill} o una \func{raise})
918 è indefinito. Un manipolatore che ritorna da questi segnali può dare luogo ad
922 \subsection{Le funzioni \func{kill} e \func{raise}}
923 \label{sec:sig_kill_raise}
925 Come accennato in \secref{sec:sig_types}, un segnale può essere generato
926 direttamente da un processo. L'invio di un segnale generico può essere
927 effettuato attraverso delle funzioni \func{kill} e \func{raise}. La prima
928 serve per inviare un segnale al processo corrente, ed il suo prototipo è:
929 \begin{prototype}{signal.h}{int raise(int sig)}
930 Invia il segnale \param{sig} al processo corrente.
932 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
933 errore, il solo errore restituito è \macro{EINVAL} qualora si sia
934 specificato un numero di segnale invalido.}
937 Il valore di \param{sig} specifica il segnale che si vuole inviare e può
938 essere specificato con una delle macro definite in
939 \secref{sec:sig_classification}. In genere questa funzione viene usata per
940 riprodurre il comportamento di default di un segnale che sia stato
941 intercettato. In questo caso, una volta eseguite le operazioni volute, il
942 manipolatore potrà reinstallare l'azione di default, e attivarla con
945 Se invece si vuole inviare un segnale ad un altro processo occorre utilizzare
946 la funzione \func{kill}; il cui prototipo è:
948 \headdecl{sys/types.h}
950 \funcdecl{int kill(pid\_t pid, int sig)} Invia il segnale \param{sig} al
951 processo specificato con \param{pid}.
953 \bodydesc{ La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
954 errore nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
956 \item[\macro{EINVAL}] Il segnale specificato non esiste.
957 \item[\macro{ESRCH}] Il processo selezionato non esiste.
958 \item[\macro{EPERM}] Non si hanno privilegi sufficienti ad inviare il
963 Lo standard POSIX prevede che il valore 0 per \param{sig} sia usato per
964 specificare il segnale nullo. Se le funzioni vengono chiamate con questo
965 valore non viene inviato nessun segnale, ma viene eseguito il controllo degli
966 errori, in tal caso si otterrà un errore \macro{EPERM} se non si hanno i
967 permessi necessari ed un errore \macro{ESRCH} se il processo specificato non
968 esiste. Si tenga conto però che il sistema ricicla i \acr{pid} (come accennato
969 in \secref{sec:proc_pid}) per cui l'esistenza di un processo non significa che
970 esso sia realmente quello a cui si intendeva mandare il segnale.
972 Il valore dell'argomento \param{pid} specifica il processo (o i processi) di
973 destinazione a cui il segnale deve essere inviato e può assumere i valori
974 riportati in \tabref{tab:sig_kill_values}.
978 \begin{tabular}[c]{|r|l|}
980 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
983 $>0$ & il segnale è mandato al processo con il \acr{pid} indicato.\\
984 0 & il segnale è mandato ad ogni processo del \textit{process group}
986 $-1$ & il segnale è mandato ad ogni processo (eccetto \cmd{init}).\\
987 $<-1$ & il segnale è mandato ad ogni processo del process group
991 \caption{Valori dell'argomento \param{pid} per la funzione
993 \label{tab:sig_kill_values}
996 Si noti pertanto che la funzione \code{raise(sig)} può essere definita in
997 termini di \func{kill}, ed è sostanzialmente equivalente ad una
998 \code{kill(getpid(), sig)}. Siccome \func{raise}, che è definita nello
999 standard ISO C, non esiste in alcune vecchie versioni di Unix, in generale
1000 l'uso di \func{kill} finisce per essere più portabile.
1002 Una seconda funzione che può essere definita in termini di \func{kill} è
1003 \func{killpg}, che è sostanzialmente equivalente a
1004 \code{kill(-pidgrp, signal)}; il suo prototipo è:
1005 \begin{prototype}{signal.h}{int killpg(pid\_t pidgrp, int signal)}
1007 Invia il segnale \param{signal} al process group \param{pidgrp}.
1008 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1009 errore, gli errori sono gli stessi di \func{kill}.}
1011 e che permette di inviare un segnale a tutto un \textit{process group} (vedi
1012 \secref{sec:sess_xxx}).
1014 Solo l'amministratore può inviare un segnale ad un processo qualunque, in
1015 tutti gli altri casi il \textit{real user id} o l'\textit{effective user id}
1016 del processo chiamante devono corrispondere al \textit{real user id} o al
1017 \textit{saved user id} della destinazione. Fa eccezione il caso in cui il
1018 segnale inviato sia \macro{SIGCONT}, nel quale occorre che entrambi i processi
1019 appartengano alla stessa sessione. Inoltre, dato il ruolo fondamentale che
1020 riveste nel sistema (si ricordi quanto visto in \secref{sec:sig_termination}),
1021 non è possibile inviare al processo 1 (cioè a \cmd{init}) segnali per i quali
1022 esso non abbia un manipolatore installato.
1024 Infine, seguendo le specifiche POSIX 1003.1-2001, l'uso della chiamata
1025 \code{kill(-1, sig)} comporta che il segnale sia inviato (con la solita
1026 eccezione di \cmd{init}) a tutti i processi per i quali i permessi lo
1027 consentano. Lo standard permette comunque alle varie implementazione di
1028 escludere alcuni processi specifici: nel caso in questione Linux non invia il
1029 segnale al processo che ha effettuato la chiamata.
1032 \subsection{Le funzioni \func{alarm} e \func{abort}}
1033 \label{sec:sig_alarm_abort}
1035 Un caso particolare di segnali generati a richiesta è quello che riguarda i
1036 vari segnali di temporizzazione e \macro{SIGABRT}, per ciascuno di questi
1037 segnali sono previste funzioni specifiche che ne effettuino l'invio. La più
1038 comune delle funzioni usate per la temporizzazione è \func{alarm} il cui
1040 \begin{prototype}{unistd.h}{unsigned int alarm(unsigned int seconds)}
1041 Predispone l'invio di \macro{SIGALRM} dopo \param{seconds} secondi.
1043 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di secondi rimanenti ad un
1044 precedente allarme, o zero se non c'erano allarmi pendenti.}
1047 La funzione fornisce un meccanismo che consente ad un processo di predisporre
1048 un'interruzione nel futuro, (ad esempio per effettuare una qualche operazione
1049 dopo un certo periodo di tempo), programmando l'emissione di un segnale (nel
1050 caso in questione \macro{SIGALRM}) dopo il numero di secondi specificato da
1053 Se si specifica per \param{seconds} un valore nullo non verrà inviato nessun
1054 segnale; siccome alla chiamata viene cancellato ogni precedente allarme,
1055 questo può essere usato per cancellare una programmazione precedente.
1057 La funzione inoltre ritorna il numero di secondi rimanenti all'invio
1058 dell'allarme precedentemente programmato, in modo che sia possibile
1059 controllare se non si cancella un precedente allarme ed eventualmente
1060 predisporre le opportune misure per gestire il caso di necessità di più
1063 In \secref{sec:sys_unix_time} abbiamo visto che ad ogni processo sono
1064 associati tre tempi diversi: il \textit{clock time}, l'\textit{user time} ed
1065 il \textit{system time}. Per poterli calcolare il kernel mantiene per ciascun
1066 processo tre diversi timer:
1068 \item un \textit{real-time timer} che calcola il tempo reale trascorso (che
1069 corrisponde al \textit{clock time}). La scadenza di questo timer provoca
1070 l'emissione di \macro{SIGALRM}.
1071 \item un \textit{virtual timer} che calcola il tempo di processore usato dal
1072 processo in user space (che corrisponde all'\textit{user time}). La scadenza
1073 di questo timer provoca l'emissione di \macro{SIGVTALRM}.
1074 \item un \textit{profiling timer} che calcola la somma dei tempi di processore
1075 utilizzati direttamente dal processo in user space, e dal kernel nelle
1076 system call ad esso relative (che corrisponde a quello che in
1077 \secref{sec:sys_unix_time} abbiamo chiamato \textit{CPU time}). La scadenza
1078 di questo timer provoca l'emissione di \macro{SIGPROF}.
1081 Il timer usato da \func{alarm} è il \textit{clock time}, e corrisponde cioè al
1082 tempo reale. La funzione come abbiamo visto è molto semplice, ma proprio per
1083 questo presenta numerosi limiti: non consente di usare gli altri timer, non
1084 può specificare intervalli di tempo con precisione maggiore del secondo e
1085 genera il segnale una sola volta.
1087 Per ovviare a questi limiti Linux deriva da BSD la funzione \func{setitimer}
1088 che permette di usare un timer qualunque e l'invio di segnali periodici, al
1089 costo però di una maggiore complessità d'uso e di una minore portabilità. Il
1091 \begin{prototype}{sys/time.h}{int setitimer(int which, const struct
1092 itimerval *value, struct itimerval *ovalue)}
1094 Predispone l'invio di un segnale di allarme alla scadenza dell'intervallo
1095 \param{value} sul timer specificato da \func{which}.
1097 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1098 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \macro{EINVAL} e
1102 Il valore di \param{which} permette di specificare quale dei tre timer
1103 illustrati in precedenza usare; i possibili valori sono riportati in
1104 \tabref{tab:sig_setitimer_values}.
1108 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
1110 \textbf{Valore} & \textbf{Timer} \\
1113 \macro{ITIMER\_REAL} & \textit{real-time timer}\\
1114 \macro{ITIMER\_VIRTUAL} & \textit{virtual timer}\\
1115 \macro{ITIMER\_PROF} & \textit{profiling timer}\\
1118 \caption{Valori dell'argomento \param{which} per la funzione
1120 \label{tab:sig_setitimer_values}
1123 Il valore della struttura specificata \param{value} viene usato per settare il
1124 timer, se il puntatore \param{ovalue} non è nullo il precedente valore viene
1125 salvato qui. I valori dei timer devono essere indicati attraverso una
1126 struttura \type{itimerval}, definita in \figref{fig:file_stat_struct}.
1128 La struttura è composta da due membri, il primo, \var{it\_interval} definisce
1129 il periodo del timer; il secondo, \var{it\_value} il tempo mancante alla
1130 scadenza. Entrambi esprimono i tempi tramite una struttura \var{timeval} che
1131 permette una precisione fino al microsecondo.
1133 Ciascun timer decrementa il valore di \var{it\_value} fino a zero, poi invia
1134 il segnale e resetta \var{it\_value} al valore di \var{it\_interval}, in
1135 questo modo il ciclo verrà ripetuto; se invece il valore di \var{it\_interval}
1136 è nullo il timer si ferma.
1138 \begin{figure}[!htb]
1139 \footnotesize \centering
1140 \begin{minipage}[c]{15cm}
1141 \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
1144 struct timeval it_interval; /* next value */
1145 struct timeval it_value; /* current value */
1150 \caption{La struttura \type{itimerval}, che definisce i valori dei timer di
1152 \label{fig:sig_itimerval}
1155 L'uso di \func{setitimer} consente dunque un controllo completo di tutte le
1156 caratteristiche dei timer, ed in effetti la stessa \func{alarm}, benché
1157 definita direttamente nello standard POSIX.1, può a sua volta essere espressa
1158 in termini di \func{setitimer}, come evidenziato dal manuale delle \acr{glibc}
1159 \cite{glibc} che ne riporta la definizione mostrata in
1160 \figref{fig:sig_alarm_def}.
1162 \begin{figure}[!htb]
1163 \footnotesize \centering
1164 \begin{minipage}[c]{15cm}
1165 \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
1166 unsigned int alarm(unsigned int seconds)
1168 struct itimerval old, new;
1169 new.it_interval.tv_usec = 0;
1170 new.it_interval.tv_sec = 0;
1171 new.it_value.tv_usec = 0;
1172 new.it_value.tv_sec = (long int) seconds;
1173 if (setitimer(ITIMER_REAL, &new, &old) < 0) {
1177 return old.it_value.tv_sec;
1183 \caption{Definizione di \func{alarm} in termini di \func{setitimer}.}
1184 \label{fig:sig_alarm_def}
1187 Si deve comunque tenere presente che la precisione di queste funzioni è
1188 limitata da quella della frequenza del timer di sistema (che nel caso dei PC
1189 significa circa 10~ms). Il sistema assicura comunque che il segnale non sarà
1190 mai generato prima della scadenza programmata (l'arrotondamento cioè è sempre
1191 effettuato per eccesso).
1193 Una seconda causa di potenziali ritardi è che il segnale viene generato alla
1194 scadenza del timer, ma poi deve essere consegnato al processo; se quest'ultimo
1195 è attivo (questo è sempre vero per \macro{ITIMER\_VIRT}) la consegna è
1196 immediata, altrimenti può esserci un ulteriore ritardo che può variare a
1197 seconda del carico del sistema.
1199 Questo ha una conseguenza che può indurre ad errori molto subdoli, si tenga
1200 conto poi che in caso di sistema molto carico, si può avere il caso patologico
1201 in cui un timer scade prima che il segnale di una precedente scadenza sia
1202 stato consegnato; in questo caso, per il comportamento dei segnali descritto
1203 in \secref{sec:sig_sigchld}, un solo segnale sarà consegnato.
1206 Dato che sia \func{alarm} che \func{setitimer} non consentono di leggere il
1207 valore corrente di un timer senza modificarlo, è possibile usare la funzione
1208 \func{getitimer}, il cui prototipo è:
1209 \begin{prototype}{sys/time.h}{int getitimer(int which, struct
1212 Legge in \param{value} il valore del timer specificato da \func{which}.
1214 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1215 errore e restituisce gli stessi errori di \func{getitimer}}
1217 \noindent i cui parametri hanno lo stesso significato e formato di quelli di
1221 L'ultima funzione che permette l'invio diretto di un segnale è \func{abort};
1222 che, come accennato in \ref{sec:proc_termination}, permette di abortire
1223 l'esecuzione di un programma tramite l'invio di \macro{SIGABRT}. Il suo
1225 \begin{prototype}{stdlib.h}{void abort(void)}
1227 Abortisce il processo corrente.
1229 \bodydesc{La funzione non ritorna, il processo è terminato inviando il
1230 segnale di \macro{SIGABRT}.}
1233 La differenza fra questa funzione e l'uso di \func{raise} è che anche se il
1234 segnale è bloccato o ignorato, la funzione ha effetto lo stesso. Il segnale
1235 può però essere intercettato per effettuare eventuali operazioni di chiusura
1236 prima della terminazione del processo.
1238 Lo standard ANSI C richiede inoltre che anche se il manipolatore ritorna, la
1239 funzione non ritorni comunque. Lo standard POSIX.1 va oltre e richiede che se
1240 il processo non viene terminato direttamente dal manipolatore sia la stessa
1241 \func{abort} a farlo al ritorno dello stesso. Inoltre, sempre seguendo lo
1242 standard POSIX, prima della terminazione tutti i file aperti e gli stream
1243 saranno chiusi ed i buffer scaricati su disco. Non verranno invece eseguite le
1244 eventuali funzioni registrate con \func{at\_exit} e \func{on\_exit}.
1247 \subsection{Le funzioni \func{pause} e \func{sleep}}
1248 \label{sec:sig_pause_sleep}
1250 Il metodo tradizionale per fare attendere\footnote{cioè di porre
1251 temporaneamente il processo in stato di \textit{sleep}, vedi
1252 \ref{sec:proc_sched}.} ad un processo fino all'arrivo di un segnale è
1253 quello di usare la funzione \func{pause}, il cui prototipo è:
1254 \begin{prototype}{unistd.h}{int pause(void)}
1256 Pone il processo in stato di sleep fino al ritorno di un manipolatore.
1258 \bodydesc{La funzione ritorna solo dopo che un segnale è stato ricevuto ed
1259 il relativo manipolatore è ritornato, nel qual caso restituisce -1 e setta
1260 \var{errno} a \macro{EINTR}.}
1263 La funzione segnala sempre una condizione di errore (il successo sarebbe
1264 quello di aspettare indefinitamente). In genere si usa questa funzione quando
1265 si vuole mettere un processo in attesa di un qualche evento specifico che non
1266 è sotto il suo diretto controllo (ad esempio la si può usare per far reagire
1267 il processo ad un segnale inviato da un altro processo).
1269 Se invece si vuole fare attendere un processo per un determinato intervallo di
1270 tempo nello standard POSIX.1 viene definita la funzione \func{sleep}, il cui
1272 \begin{prototype}{unistd.h}{unsigned int sleep(unsigned int seconds)}
1274 Pone il processo in stato di sleep per \param{seconds} secondi.
1276 \bodydesc{La funzione restituisce zero se l'attesa viene completata, o il
1277 numero di secondi restanti se viene interrotta da un segnale.}
1280 La funzione attende per il tempo specificato, a meno di non essere interrotta
1281 da un segnale. In questo caso non è una buona idea ripetere la chiamata per il
1282 tempo rimanente, in quanto la riattivazione del processo può avvenire in un
1283 qualunque momento, ma il valore restituito sarà sempre arrotondato al secondo,
1284 con la conseguenza che, se la successione dei segnali è particolarmente
1285 sfortunata e le differenze si accumulano, si potranno avere ritardi anche di
1286 parecchi secondi. In genere la scelta più sicura è quella di stabilire un
1287 termine per l'attesa, e ricalcolare tutte le volte il numero di secondi da
1290 In alcune implementazioni inoltre l'uso di \func{sleep} può avere conflitti
1291 con quello di \macro{SIGALRM}, dato che la funzione può essere realizzata con
1292 l'uso di \func{pause} e \func{alarm} (in maniera analoga all'esempio che
1293 vedremo in \secref{sec:sig_example}). In tal caso mescolare chiamata di
1294 \func{alarm} e \func{sleep} o modificare l'azione di \macro{SIGALRM}, può
1295 causare risultati indefiniti. Nel caso delle \acr{glibc} è stata usata una
1296 implementazione completamente indipendente e questi problemi non ci sono.
1298 La granularità di \func{sleep} permette di specificare attese in secondi, per
1299 questo sia sotto BSD4.3 che in SUSv2 è stata definita la funzione
1300 \func{usleep} (dove la \texttt{u} è intesa come sostituzione di $\mu$); i due
1301 standard hanno delle definizioni diverse, ma le \acr{glibc}
1302 seguono\footnote{secondo la man page almeno dalla versione 2.2.2.} seguono
1303 quella di SUSv2 che prevede il seguente prototipo:
1304 \begin{prototype}{unistd.h}{int usleep(unsigned long usec)}
1306 Pone il processo in stato di sleep per \param{usec} microsecondi.
1308 \bodydesc{La funzione restituisce zero se l'attesa viene completata, o -1 in
1309 caso di errore, nel qual caso \var{errno} è settata a \macro{EINTR}.}
1313 Anche questa funzione, a seconda delle implementazioni, può presentare
1314 problemi nell'interazione con \func{alarm} e \macro{SIGALRM}. È pertanto
1315 deprecata in favore della funzione \func{nanosleep}, definita dallo standard
1316 POSIX1.b, il cui prototipo è:
1317 \begin{prototype}{unistd.h}{int nanosleep(const struct timespec *req, struct
1320 Pone il processo in stato di sleep per il tempo specificato da \param{req}.
1321 In caso di interruzione restituisce il tempo restante in \param{rem}.
1323 \bodydesc{La funzione restituisce zero se l'attesa viene completata, o -1 in
1324 caso di errore, nel qual caso \var{errno} è settata a
1326 \item[\macro{EINVAL}] si è specificato un numero di secondi negativo o un
1327 numero di nanosecondi maggiore di 999.999.999.
1328 \item[\macro{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
1332 Lo standard richiede che la funzione sia implementata in maniera del tutto
1333 indipendente da \func{alarm}\footnote{nel caso di Linux questo è fatto
1334 utilizzando direttamente il timer del kernel.} e sia utilizzabile senza
1335 interferenze con l'uso di \macro{SIGALRM}. La funzione prende come parametri
1336 delle strutture di tipo \var{timespec}, la cui definizione è riportata in
1337 \figref{fig:sys_timeval_struct}, che permettono di specificare un tempo con
1338 una precisione (teorica) fino al nanosecondo.
1340 La funzione risolve anche il problema di proseguire l'attesa dopo
1341 l'interruzione dovuta ad un segnale; infatti in tal caso in \param{rem} viene
1342 restituito il tempo rimanente rispetto a quanto richiesto inizialmente, e
1343 basta richiamare la funzione per completare l'attesa.
1345 Chiaramente, anche se il tempo può essere specificato con risoluzioni fino al
1346 nanosecondo, la precisione di \func{nanosleep} è determinata dalla risoluzione
1347 temporale del timer di sistema. Perciò la funzione attenderà comunque il tempo
1348 specificato, ma prima che il processo possa tornare ad essere eseguito
1349 occorrerà almeno attendere il successivo giro di scheduler e cioè un tempo che
1350 a seconda dei casi può arrivare fino a 1/\macro{HZ}, (sempre che il sistema
1351 sia scarico ed il processa venga immediatamente rimesso in esecuzione); per
1352 questo motivo il valore restituito in \param{rem} è sempre arrotondato al
1353 multiplo successivo di 1/\macro{HZ}.
1355 In realtà è possibile ottenere anche pause più precise del centesimo di
1356 secondo usando politiche di scheduling real time come \macro{SCHED\_FIFO} o
1357 \macro{SCHED\_RR}; in tal caso infatti il meccanismo di scheduling ordinario
1358 viene evitato, e si raggiungono pause fino ai 2~ms con precisioni del $\mu$s.
1362 \subsection{Un esempio elementare}
1363 \label{sec:sig_sigchld}
1365 Un semplice esempio per illustrare il funzionamento di un manipolatore di
1366 segnale è quello della gestione di \macro{SIGCHLD}. Abbiamo visto in
1367 \secref{sec:proc_termination} che una delle azioni eseguite dal kernel alla
1368 conclusione di un processo è quella di inviare questo segnale al
1369 padre.\footnote{in realtà in SVr4 eredita la semantica di System V, in cui il
1370 segnale si chiama \macro{SIGCLD} e viene trattato in maniera speciale; in
1371 System V infatti se si setta esplicitamente l'azione a \macro{SIG\_IGN} il
1372 segnale non viene generato ed il sistema non genera zombie (lo stato di
1373 terminazione viene scartato senza dover chiamare una \func{wait}). L'azione
1374 di default è sempre quella di ignorare il segnale, ma non attiva questo
1375 comportamento. Linux, come BSD e POSIX, non supporta questa semantica ed usa
1376 il nome di \macro{SIGCLD} come sinonimo di \macro{SIGCHLD}.} In generale
1377 dunque, quando non interessa elaborare lo stato di uscita di un processo, si
1378 può completare la gestione della terminazione installando un manipolatore per
1379 \macro{SIGCHLD} il cui unico compito sia quello chiamare \func{waitpid} per
1380 completare la procedura di terminazione in modo da evitare la formazione di
1383 In \figref{fig:sig_sigchld_handl} è mostrato il codice della nostra
1384 implementazione del manipolatore; se aggiungiamo al codice di
1385 \file{ForkTest.c} l'installazione di questo manipolatore potremo verificare che
1386 ripetendo l'esempio visto in \secref{sec:proc_termination} che non si ha più
1387 la creazione di zombie.
1390 % naturale usare un esempio che ci permette di concludere la trattazione della
1391 % terminazione dei processi.
1392 % In questo caso si è tratterà di illustrare un esempio relativo ad un
1393 % manipolatore per che è previsto ritornare,
1396 \begin{figure}[!htb]
1397 \footnotesize \centering
1398 \begin{minipage}[c]{15cm}
1399 \begin{lstlisting}{}
1400 #include <errno.h> /* error symbol definitions */
1401 #include <signal.h> /* signal handling declarations */
1402 #include <sys/types.h>
1403 #include <sys/wait.h>
1406 void sigchld_hand(int sig)
1411 /* save errno current value */
1416 pid = waitpid(WAIT_ANY, &status, WNOHANG);
1418 debug("child %d terminated with status %x\n", pid, status);
1420 } while ((pid > 0) && (errno == EINTR));
1421 /* restore errno value */
1429 \caption{Un manipolatore per il segnale \texttt{SIGCHLD}.}
1430 \label{fig:sig_sigchld_handl}
1433 Il codice del manipolatore è di lettura immediata; come buona norma di
1434 programmazione (si ricordi quanto accennato \secref{sec:sys_errno}) si
1435 comincia (\texttt{\small 12-13}) con il salvare lo stato corrente di
1436 \var{errno}, in modo da poterlo ripristinare prima del ritorno del
1437 manipolatore (\texttt{\small 22-23}). In questo modo si preserva il valore
1438 della variabile visto dal corso di esecuzione principale del processo, che
1439 sarebbe altrimenti sarebbe sovrascritto dal valore restituito nella successiva
1440 chiamata di \func{wait}.
1442 Il compito principale del manipolatore è quello di ricevere lo stato di
1443 terminazione del processo, cosa che viene eseguita nel ciclo in
1444 (\texttt{\small 15-21}). Il ciclo è necessario a causa di una caratteristica
1445 fondamentale della gestione dei segnali: abbiamo già accennato come fra la
1446 generazione di un segnale e l'esecuzione del manipolatore possa passare un
1447 certo lasso di tempo e niente ci assicura che il manipolatore venga eseguito
1448 prima della generazione di ulteriori segnali dello stesso tipo. In questo caso
1449 normalmente i segnali segnali successivi vengono ``fusi'' col primo ed al
1450 processo ne viene recapitato soltanto uno.
1452 Questo può essere un caso comune proprio con \macro{SIGCHLD}, qualora capiti
1453 che molti processi figli terminino in rapida successione. Esso inoltre si
1454 presenta tutte le volte che un segnale viene bloccato: per quanti siano i
1455 segnali emessi durante il periodo di blocco, una volta che quest'ultimo sarà
1456 rimosso sarà recapitato un solo segnale.
1458 Allora, nel caso della terminazione dei processi figli, se si chiamasse
1459 \func{waitpid} una sola volta, essa leggerebbe lo stato di terminazione per un
1460 solo processo, anche se i processi terminati sono più di uno, e gli altri
1461 resterebbero in stato di zombie per un tempo indefinito.
1463 Per questo occorre ripetere la chiamata di \func{waitpid} fino a che essa non
1464 ritorni un valore nullo, segno che non resta nessun processo di cui si debba
1465 ancora ricevere lo stato di terminazione (si veda \secref{sec:proc_wait} per
1466 la sintassi della funzione). Si noti anche come la funzione venga invocata con
1467 il parametro \macro{WNOHANG} che permette di evitare il suo blocco quando
1468 tutti gli stati di terminazione sono stati ricevuti.
1472 \section{Gestione avanzata}
1473 \label{sec:sig_control}
1475 Le funzioni esaminate finora fanno riferimento ad alle modalità più elementari
1476 della gestione dei segnali; non si sono pertanto ancora prese in
1477 considerazione le tematiche più complesse, collegate alle varie race
1478 condition\index{race condition} che i segnali possono generare e alla natura
1479 asincrona degli stessi.
1481 Affronteremo queste problematiche in questa sezione, partendo da un esempio
1482 che le evidenzi, per poi prendere in esame le varie funzioni che permettono di
1483 risolvere i problemi più complessi connessi alla programmazione con i segnali,
1484 fino a trattare le caratteristiche generali della gestione dei medesimi nella
1485 casistica ordinaria.
1488 \subsection{Alcune problematiche aperte}
1489 \label{sec:sig_example}
1491 Come accennato in \secref{sec:sig_pause_sleep} è possibile implementare
1492 \func{sleep} a partire dall'uso di \func{pause} e \func{alarm}. A prima vista
1493 questo può sembrare di implementazione immediata; ad esempio una semplice
1494 versione di \func{sleep} potrebbe essere quella illustrata in
1495 \figref{fig:sig_sleep_wrong}.
1497 Dato che è nostra intenzione utilizzare \macro{SIGALRM} il primo passo della
1498 nostra implementazione di sarà quello di installare il relativo manipolatore
1499 salvando il precedente (\texttt{\small 14-17}). Si effettuerà poi una
1500 chiamata ad \func{alarm} per specificare il tempo d'attesa per l'invio del
1501 segnale a cui segue la chiamata a \func{pause} per fermare il programma
1502 (\texttt{\small 17-19}) fino alla sua ricezione. Al ritorno di \func{pause},
1503 causato dal ritorno del manipolatore (\texttt{\small 1-9}), si ripristina il
1504 manipolatore originario (\texttt{\small 20-21}) restituendo l'eventuale tempo
1505 rimanente (\texttt{\small 22-23}) che potrà essere diverso da zero qualora
1506 l'interruzione di \func{pause} venisse causata da un altro segnale.
1508 \begin{figure}[!htb]
1509 \footnotesize \centering
1510 \begin{minipage}[c]{15cm}
1511 \begin{lstlisting}{}
1512 void alarm_hand(int sig) {
1513 /* check if the signal is the right one */
1514 if (sig != SIGALRM) { /* if not exit with error */
1515 printf("Something wrong, handler for SIGALRM\n");
1517 } else { /* do nothing, just interrupt pause */
1521 unsigned int sleep(unsigned int seconds)
1523 sighandler_t prev_handler;
1524 /* install and check new handler */
1525 if ((prev_handler = signal(SIGALRM, alarm_hand)) == SIG_ERR) {
1526 printf("Cannot set handler for alarm\n");
1529 /* set alarm and go to sleep */
1532 /* restore previous signal handler */
1533 signal(SIGALRM, prev_handler);
1534 /* return remaining time */
1540 \caption{Una implementazione pericolosa di \func{sleep}.}
1541 \label{fig:sig_sleep_wrong}
1544 Questo codice però, a parte il non gestire il caso in cui si è avuta una
1545 precedente chiamata a \func{alarm} (che si è tralasciato per brevità),
1546 presenta una pericolosa race condition\index{race condition}. Infatti se il
1547 processo viene interrotto fra la chiamata di \func{alarm} e \func{pause} può
1548 capitare (ad esempio se il sistema è molto carico) che il tempo di attesa
1549 scada prima dell'esecuzione quest'ultima, cosicché essa sarebbe eseguita dopo
1550 l'arrivo di \macro{SIGALRM}. In questo caso ci si troverebbe di fronte ad un
1551 deadlock, in quanto \func{pause} non verrebbe mai più interrotta (se non in
1552 caso di un altro segnale).
1554 Questo problema può essere risolto (ed è la modalità con cui veniva fatto in
1555 SVr2) usando la funzione \func{longjmp} (vedi \secref{sec:proc_longjmp}) per
1556 uscire dal manipolatore; in questo modo, con una condizione sullo stato di
1557 uscita di quest'ultima, si può evitare la chiamata a \func{pause}, usando un
1558 codice del tipo di quello riportato in \figref{fig:sig_sleep_incomplete}.
1560 \begin{figure}[!htb]
1561 \footnotesize \centering
1562 \begin{minipage}[c]{15cm}
1563 \begin{lstlisting}{}
1564 static jmp_buff alarm_return;
1565 unsigned int sleep(unsigned int seconds)
1567 signandler_t prev_handler;
1568 if ((prev_handler = signal(SIGALRM, alarm_hand)) == SIG_ERR) {
1569 printf("Cannot set handler for alarm\n");
1572 if (setjmp(alarm_return) == 0) { /* if not returning from handler */
1573 alarm(second); /* call alarm */
1574 pause(); /* then wait */
1576 /* restore previous signal handler */
1577 signal(SIGALRM, prev_handler);
1578 /* remove alarm, return remaining time */
1581 void alarm_hand(int sig)
1583 /* check if the signal is the right one */
1584 if (sig != SIGALRM) { /* if not exit with error */
1585 printf("Something wrong, handler for SIGALRM\n");
1587 } else { /* return in main after the call to pause */
1588 longjump(alarm_return, 1);
1594 \caption{Una implementazione ancora malfunzionante di \func{sleep}.}
1595 \label{fig:sig_sleep_incomplete}
1598 In questo caso il manipolatore (\texttt{\small 18-26}) non ritorna come in
1599 \figref{fig:sig_sleep_wrong}, ma usa \func{longjmp} (\texttt{\small 24}) per
1600 rientrare nel corpo principale del programma; dato che in questo caso il
1601 valore di uscita di \func{setjmp} è 1, grazie alla condizione in
1602 (\texttt{\small 9-12}) si evita comunque che \func{pause} sia chiamata a
1605 Ma anche questa implementazione comporta dei problemi; in questo caso infatti
1606 non viene gestita correttamente l'interazione con gli altri segnali; se
1607 infatti il segnale di allarme interrompe un altro manipolatore, in questo caso
1608 l'esecuzione non riprenderà nel manipolatore in questione, ma nel ciclo
1609 principale, interrompendone inopportunamente l'esecuzione. Lo stesso tipo di
1610 problemi si presenterebbero se si volesse usare \func{alarm} per stabilire un
1611 timeout su una qualunque system call bloccante.
1613 Un secondo esempio è quello in cui si usa il segnale per notificare una
1614 qualche forma di evento; in genere quello che si fa in questo caso è settare
1615 nel manipolatore un opportuno flag da controllare nel corpo principale del
1616 programma (con un codice del tipo di quello riportato in
1617 \figref{fig:sig_event_wrong}).
1619 \begin{figure}[!htb]
1620 \footnotesize \centering
1621 \begin{minipage}[c]{15cm}
1622 \begin{lstlisting}{}
1628 if (flag) { /* test if signal occurred */
1629 flag = 0; /* reset flag */
1630 do_response(); /* do things */
1632 do_other(); /* do other things */
1636 void alarm_hand(int sig)
1645 \caption{Un esempio non funzionante del codice per il controllo di un
1646 evento generato da un segnale.}
1647 \label{fig:sig_event_wrong}
1650 La logica è quella di far settare al manipolatore (\texttt{\small 14-19}) una
1651 variabile globale preventivamente inizializzata nel programma principale, il
1652 quale potrà determinare, osservandone il contenuto, l'occorrenza o meno del
1653 segnale, e prendere le relative azioni conseguenti (\texttt{\small 6-11}).
1655 Questo è il tipico esempio di caso, già citato in \secref{sec:proc_race_cond},
1656 in cui si genera una race condition\index{race condition}; se infatti il
1657 segnale arriva immediatamente dopo l'esecuzione del controllo (\texttt{\small
1658 6}) ma prima della cancellazione del flag (\texttt{\small 7}), la sua
1659 occorrenza sarà perduta.
1661 Questi esempi ci mostrano che per una gestione effettiva dei segnali occorrono
1662 funzioni più sofisticate di quelle illustrate finora, che hanno origine dalla
1663 interfaccia semplice, ma poco sofisticata, dei primi sistemi Unix, in modo da
1664 consentire la gestione di tutti i possibili aspetti con cui un processo deve
1665 reagire alla ricezione di un segnale.
1669 \subsection{Gli \textsl{insiemi di segnali} o \textit{signal set}}
1670 \label{sec:sig_sigset}
1672 Come evidenziato nel paragrafo precedente, le funzioni di gestione dei segnali
1673 dei primi Unix, nate con la semantica inaffidabile, hanno dei limiti non
1674 superabili; in particolare non è prevista nessuna funzione che permetta di
1675 gestire gestire il blocco dei segnali o di verificare lo stato dei segnali
1678 Per questo motivo lo standard POSIX.1, insieme alla nuova semantica dei
1679 segnali ha introdotto una interfaccia di gestione completamente nuova, che
1680 permette di ottenete un controllo molto più dettagliato. In particolare lo
1681 standard ha introdotto un nuovo tipo di dato \type{sigset\_t}, che permette di
1682 rappresentare un \textsl{insieme di segnali} (un \textit{signal set}, come
1683 viene usualmente chiamato), che è il tipo di dato che viene usato per gestire
1684 il blocco dei segnali.
1686 In genere un \textsl{insieme di segnali} è rappresentato da un intero di
1687 dimensione opportuna, di solito si pari al numero di bit dell'architettura
1688 della macchina\footnote{nel caso dei PC questo comporta un massimo di 32
1689 segnali distinti, dato che in Linux questi sono sufficienti non c'è
1690 necessità di nessuna struttura più complicata.}, ciascun bit del quale è
1691 associato ad uno specifico segnale; in questo modo è di solito possibile
1692 implementare le operazioni direttamente con istruzioni elementari del
1693 processore; lo standard POSIX.1 definisce cinque funzioni per la manipolazione
1694 degli insiemi di segnali: \func{sigemptyset}, \func{sigfillset},
1695 \func{sigaddset}, \func{sigdelset} e \func{sigismember}, i cui prototipi sono:
1699 \funcdecl{int sigemptyset(sigset\_t *set)} Inizializza un insieme di segnali
1700 vuoto (in cui non c'è nessun segnale).
1702 \funcdecl{int sigfillset(sigset\_t *set)} Inizializza un insieme di segnali
1703 pieno (in cui ci sono tutti i segnali).
1705 \funcdecl{int sigaddset(sigset\_t *set, int signum)} Aggiunge il segnale
1706 \param{signum} all'insieme di segnali \param{set}.
1708 \funcdecl{int sigdelset(sigset\_t *set, int signum)} Toglie il segnale
1709 \param{signum} dall'insieme di segnali \param{set}.
1711 \funcdecl{int sigismember(const sigset\_t *set, int signum)} Controlla se il
1712 segnale \param{signum} è nell'insieme di segnali \param{set}.
1714 \bodydesc{Le prime quattro funzioni ritornano 0 in caso di successo, mentre
1715 \func{sigismember} ritorna 1 se \param{signum} è in \param{set} e 0
1716 altrimenti. In caso di errore tutte ritornano -1, con \var{errno} settata a
1717 \macro{EINVAL} (il solo errore possibile è che \param{signum} non sia un
1721 Dato che in generale non si può fare conto sulle caratteristiche di una
1722 implementazione (non è detto che si disponga di un numero di bit sufficienti
1723 per mettere tutti i segnali in un intero, o in \type{sigset\_t} possono essere
1724 immagazzinate ulteriori informazioni) tutte le operazioni devono essere
1725 comunque eseguite attraverso queste funzioni.
1727 In genere si usa un insieme di segnali per specificare quali segnali si vuole
1728 bloccare, o per riottenere dalle varie funzioni di gestione la maschera dei
1729 segnali attivi (vedi \secref{sec:sig_sigmask}). Essi possono essere definiti
1730 in due diverse maniere, aggiungendo i segnali voluti ad un insieme vuoto
1731 ottenuto con \func{sigemptyset} o togliendo quelli che non servono da un
1732 insieme completo ottenuto con \func{sigfillset}. Infine \func{sigismember}
1733 permette di verificare la presenza di uno specifico segnale in un
1737 \subsection{La funzione \func{sigaction}}
1738 \label{sec:sig_sigaction}
1740 La funzione principale dell'interfaccia standard POSIX.1 per i segnali è
1741 \func{sigaction}, essa ha sostanzialemente lo stesso uso di \func{signal},
1742 permette cioè di specificare le modalità con cui un segnale può essere gestito
1743 da un processo. Il suo prototipo è:
1744 \begin{prototype}{signal.h}{int sigaction(int signum, const struct sigaction
1745 *act, struct sigaction *oldact)}
1747 Installa una nuova azione per il segnale \param{signum}.
1749 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
1750 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1752 \item[\macro{EINVAL}] Si è specificato un numero di segnale invalido o si è
1753 cercato di installare il manipolatore per \macro{SIGKILL} o
1755 \item[\macro{EFAULT}] Si sono specificati indirizzi non validi.
1759 La funzione serve ad installare una nuova \textsl{azione} per il segnale
1760 \param{signum}; si parla di \textsl{azione} e non di \textsl{manipolatore}
1761 come nel caso di \func{signal}, in quanto la funzione consente di specificare
1762 le varie caratteristiche della risposta al segnale, non solo la funzione che
1763 verrà eseguita alla sua occorrenza. Per questo lo standard raccomanda di
1764 usare sempre questa funzione al posto di \func{signal} (che in genere viene
1765 definita tramite essa), in quanto permette un controllo completo su tutti gli
1766 aspetti della gestione di un segnale, sia pure al prezzo di una maggiore
1769 Se il puntatore \param{act} non è nullo, la funzione installa la nuova azione
1770 da esso specificata, se \param{oldact} non è nullo il valore dell'azione
1771 corrente viene restituito indietro. Questo permette (specificando \param{act}
1772 nullo e \param{oldact} non nullo) di superare uno dei limiti di \func{signal},
1773 che non consente di ottenere l'azione corrente senza installarne una nuova.
1775 Entrambi i puntatori fanno riferimento alla struttura \var{sigaction}, tramite
1776 la quale si specificano tutte le caratteristiche dell'azione associata ad un
1777 segnale. Anch'essa è descritta dallo standard POSIX.1 ed in Linux è definita
1778 secondo quanto riportato in \figref{fig:sig_sigaction}. Il campo
1779 \var{sa\_restorer}, non previsto dallo standard, è obsoleto e non deve essere
1782 \begin{figure}[!htb]
1783 \footnotesize \centering
1784 \begin{minipage}[c]{15cm}
1785 \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
1788 void (*sa_handler)(int);
1789 void (*sa_sigaction)(int, siginfo_t *, void *);
1792 void (*sa_restorer)(void);
1797 \caption{La struttura \var{sigaction}.}
1798 \label{fig:sig_sigaction}
1801 Il campo \var{sa\_mask} serve ad indicare l'insieme dei segnali che devono
1802 essere bloccati durante l'esecuzione del manipolatore, ad essi viene comunque
1803 sempre aggiunto il segnale che ne ha causato la chiamata, a meno che non si
1804 sia specificato con \var{sa\_flag} un comportamento diverso. Quando il
1805 manipolatore ritorna comunque la maschera dei segnali bloccati (vedi
1806 \secref{sec:sig_sigmask}) viene ripristinata al valore precedente
1809 L'uso di questo campo permette ad esempio di risolvere il problema residuo
1810 dell'implementazione di \code{sleep} mostrata in
1811 \secref{fig:sig_sleep_incomplete}. In quel caso infatti se il segnale di
1812 allarme avesse interrotto un altro manipolatore questo non sarebbe stato
1813 eseguito correttamente; la cosa poteva essere prevenuta installando gli altri
1814 manipolatori usando \var{sa\_mask} per bloccare \macro{SIGALRM} durante la
1815 loro esecuzione. Il valore di \var{sa\_flag} permette di specificare vari
1816 aspetti del comportamento di \func{sigaction}, e della reazione del processo
1817 ai vari segnali; i valori possibili ed il relativo significato sono riportati
1818 in \tabref{tab:sig_sa_flag}.
1823 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1825 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
1828 \macro{SA\_NOCLDSTOP}& Se il segnale è \macro{SIGCHLD} allora non deve
1829 essere notificato quando il processo figlio viene
1830 fermato da uno dei segnali \macro{SIGSTOP},
1831 \macro{SIGTSTP}, \macro{SIGTTIN} o
1833 \macro{SA\_ONESHOT} & Ristabilisce l'azione per il segnale al valore di
1834 default una volta che il manipolatore è stato
1835 lanciato, riproduce cioè il comportamento della
1836 semantica inaffidabile.\\
1837 \macro{SA\_RESETHAND}& Sinonimo di \macro{SA\_ONESHOT}. \\
1838 \macro{SA\_RESTART} & Riavvia automaticamente le \textit{slow system
1839 call} quando vengono interrotte dal suddetto
1840 segnale; riproduce cioè il comportamento standard
1842 \macro{SA\_NOMASK} & Evita che il segnale corrente sia bloccato durante
1843 l'esecuzione del manipolatore.\\
1844 \macro{SA\_NODEFER} & Sinonimo di \macro{SA\_NOMASK}.\\
1845 \macro{SA\_SIGINFO} & Deve essere specificato quando si vuole usare un
1846 manipolatore in forma estesa usando
1847 \var{sa\_sigaction} al posto di \var{sa\_handler}.\\
1848 \macro{SA\_ONSTACK} & Stabilisce l'uso di uno stack alternativo per
1849 l'esecuzione del manipolatore (vedi
1850 \secref{sec:sig_specific_features}).\\
1853 \caption{Valori del campo \var{sa\_flag} della struttura \var{sigaction}.}
1854 \label{tab:sig_sa_flag}
1857 Come si può notare in \figref{fig:sig_sigaction} \func{sigaction}
1858 permette\footnote{La possibilità è prevista dallo standard POSIX.1b, ed è
1859 stata aggiunta nei kernel della serie 2.1.x con l'introduzione dei segnali
1860 real-time (vedi \secref{sec:sig_real_time}). In precedenza era possibile
1861 ottenere alcune informazioni addizionali usando \var{sa\_handler} con un
1862 secondo parametro addizionale di tipo \var{struct sigcontext}, che adesso è
1863 deprecato.} di utilizzare due forme diverse di manipolatore, da
1864 specificare, a seconda dell'uso o meno del flag \macro{SA\_SIGINFO},
1865 rispettivamente attraverso i campi \var{sa\_sigaction} o \var{sa\_handler},
1866 (che devono essere usati in maniera alternativa, in certe implementazioni
1867 questi vengono addirittura definiti come \ctyp{union}): la prima è quella
1868 classica usata anche con \func{signal}, la seconda permette invece di usare un
1869 manipolatore in grado di ricevere informazioni più dettagliate dal sistema,
1870 attraverso la struttura \type{siginfo\_t}, riportata in
1871 \figref{fig:sig_siginfo_t}.
1873 \begin{figure}[!htb]
1874 \footnotesize \centering
1875 \begin{minipage}[c]{15cm}
1876 \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
1878 int si_signo; /* Signal number */
1879 int si_errno; /* An errno value */
1880 int si_code; /* Signal code */
1881 pid_t si_pid; /* Sending process ID */
1882 uid_t si_uid; /* Real user ID of sending process */
1883 int si_status; /* Exit value or signal */
1884 clock_t si_utime; /* User time consumed */
1885 clock_t si_stime; /* System time consumed */
1886 sigval_t si_value; /* Signal value */
1887 int si_int; /* POSIX.1b signal */
1888 void * si_ptr; /* POSIX.1b signal */
1889 void * si_addr; /* Memory location which caused fault */
1890 int si_band; /* Band event */
1891 int si_fd; /* File descriptor */
1896 \caption{La struttura \type{siginfo\_t}.}
1897 \label{fig:sig_siginfo_t}
1900 Installando un manipolatore di tipo \var{sa\_sigaction} diventa allora
1901 possibile accedere alle informazioni restituite attraverso il puntatore a
1902 questa struttura. Tutti i segnali settano i campi \var{si\_signo}, che riporta
1903 il numero del segnale ricevuto, \var{si\_errno}, che riporta, quando diverso
1904 da zero, il codice dell'errore associato al segnale, e \var{si\_code}, che
1905 viene usato dal kernel per specificare maggiori dettagli riguardo l'evento che
1906 ha causato l'emissione del segnale.
1908 In generale \var{si\_code} contiene, per i segnali generici, per quelli
1909 real-time e per tutti quelli inviati tramite \func{kill}, informazioni circa
1910 l'origine del segnale (se generato dal kernel, da un timer, da \func{kill},
1911 ecc.). Alcuni segnali però usano \var{si\_code} per fornire una informazione
1912 specifica: ad esempio i vari segnali di errore (\macro{SIGFPE},
1913 \macro{SIGILL}, \macro{SIGBUS} e \macro{SIGSEGV}) lo usano per fornire
1914 maggiori dettagli riguardo l'errore (come il tipo di errore aritmetico, di
1915 istruzione illecita o di violazione di memoria) mentre alcuni segnali di
1916 controllo (\macro{SIGCHLD}, \macro{SIGTRAP} e \macro{SIGPOLL}) forniscono
1917 altre informazioni speecifiche. In tutti i casi il valore del campo è
1918 riportato attraverso delle costanti (le cui definizioni si trovano
1919 \file{bits/siginfo.h}) il cui elenco dettagliato è disponibile nella man page
1920 di \func{sigaction}.
1922 Il resto della struttura è definito come \ctyp{union} ed i valori
1923 eventualmente presenti dipendono dal segnale, così \macro{SIGCHLD} ed i
1924 segnali real-time (vedi \secref{sec:sig_real_time}) inviati tramite
1925 \func{kill} avvalorano \var{si\_pid} e \var{si\_uid} coi valori corrispondenti
1926 al processo che ha emesso il segnale, \macro{SIGILL}, \macro{SIGFPE},
1927 \macro{SIGSEGV} e \macro{SIGBUS} avvalorano \var{si\_addr} con l'indirizzo cui
1928 è avvenuto l'errore, \macro{SIGIO} (vedi \secref{sec:file_asyncronous_io})
1929 avvalora \var{si\_fd} con il numero del file descriptor e \var{si\_band} per i
1930 dati urgenti su un socket.
1932 Benché sia possibile usare nello stesso programma sia \func{sigaction} che
1933 \func{signal} occorre molta attenzione, in quanto le due funzioni possono
1934 interagire in maniera anomala. Infatti l'azione specificata con
1935 \var{sigaction} contiene un maggior numero di informazioni rispetto al
1936 semplice indirizzo del manipolatore restituito da \func{signal}. Per questo
1937 motivo se si usa quest'ultima per installare un manipolatore sostituendone uno
1938 precedentemente installato con \func{sigaction}, non sarà possibile effettuare
1939 un ripristino corretto dello stesso.
1941 Per questo è sempre opportuno usare \func{sigaction}, che è in grado di
1942 ripristinare correttamente un manipolatore precedente, anche se questo è stato
1943 installato con \func{signal}. In generale poi non è il caso di usare il valore
1944 di ritorno di \func{signal} come campo \var{sa\_handler}, o viceversa, dato
1945 che in certi sistemi questi possono essere diversi. In definitiva dunque, a
1946 meno che non si sia vincolati all'aderenza stretta allo standard ISO C, è
1947 sempre il caso di evitare l'uso di \func{signal} a favore di \func{sigaction}.
1949 \begin{figure}[!htb]
1950 \footnotesize \centering
1951 \begin{minipage}[c]{15cm}
1952 \begin{lstlisting}{}
1953 typedef void SigFunc(int);
1954 inline SigFunc * Signal(int signo, SigFunc *func)
1956 struct sigaction new_handl, old_handl;
1957 new_handl.sa_handler=func;
1958 /* clear signal mask: no signal blocked during execution of func */
1959 if (sigemptyset(&new_handl.sa_mask)!=0){ /* initialize signal set */
1960 perror("cannot initializes the signal set to empty"); /* see mess. */
1963 new_handl.sa_flags=0; /* init to 0 all flags */
1964 /* change action for signo signal */
1965 if (sigaction(signo,&new_handl,&old_handl)){
1966 perror("sigaction failed on signal action setting");
1969 return (old_handl.sa_handler);
1974 \caption{Una funzione equivalente a \func{signal} definita attraverso
1976 \label{fig:sig_Signal_code}
1979 Per questo motivo si è provveduto, per mantenere un'interfaccia semplificata
1980 che abbia le stesse caratteristiche di \func{signal}, a definire una funzione
1981 equivalente attraverso \func{sigaction}; la funzione è \code{Signal}, e si
1982 trova definita come \code{inline} nel file \file{wrapper.h} (nei sorgenti
1983 allegati), riportata in \figref{fig:sig_Signal_code}. La riutilizzeremo spesso
1986 \subsection{La gestione della \textsl{maschera dei segnali} o
1987 \textit{signal mask}}
1988 \label{sec:sig_sigmask}
1990 Come spiegato in \secref{sec:sig_semantics} tutti i moderni sistemi unix-like
1991 permettono si bloccare temporaneamente (o di eliminare completamente, settando
1992 \macro{SIG\_IGN} come azione) la consegna dei segnali ad un processo. Questo è
1993 fatto specificando la cosiddetta \textsl{maschera dei segnali} (o
1994 \textit{signal mask}) del processo\footnote{nel caso di Linux essa è mantenuta
1995 dal campo \var{blocked} della \var{task\_struct} del processo.} cioè
1996 l'insieme dei segnali la cui consegna è bloccata. Abbiamo accennato in
1997 \secref{sec:proc_fork} che la \textit{signal mask} viene ereditata dal padre
1998 alla creazione di un processo figlio, e abbiamo visto al paragrafo precedente
1999 che essa può essere modificata, durante l'esecuzione di un manipolatore,
2000 attraverso l'uso dal campo \var{sa\_mask} di \var{sigaction}.
2002 Uno dei problemi evidenziatisi con l'esempio di \secref{fig:sig_event_wrong} è
2003 che in molti casi è necessario proteggere delle sezioni di codice (nel caso in
2004 questione la sezione fra il controllo e la eventuale cancellazione del flag
2005 che testimoniava l'avvenuta occorrenza del segnale) in modo da essere sicuri
2006 che essi siano eseguiti senza interruzioni.
2008 Le operazioni più semplici, come l'assegnazione o il controllo di una
2009 variabile (per essere sicuri si può usare il tipo \type{sig\_atomic\_t}) di
2010 norma sono atomiche, quando occorrono operazioni più complesse si può invece
2011 usare la funzione \func{sigprocmask} che permette di bloccare uno o più
2012 segnali; il suo prototipo è:
2013 \begin{prototype}{signal.h}
2014 {int sigprocmask(int how, const sigset\_t *set, sigset\_t *oldset)}
2016 Cambia la \textsl{maschera dei segnali} del processo corrente.
2018 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
2019 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2021 \item[\macro{EINVAL}] Si è specificato un numero di segnale invalido.
2022 \item[\macro{EFAULT}] Si sono specificati indirizzi non validi.
2026 La funzione usa l'insieme di segnali dato all'indirizzo \param{set} per
2027 modificare la maschera dei segnali del processo corrente. La modifica viene
2028 effettuata a seconda del valore dell'argomento \param{how}, secondo le modalità
2029 specificate in \tabref{tab:sig_procmask_how}. Qualora si specifichi un valore
2030 non nullo per \param{oldset} la maschera dei segnali corrente viene salvata a
2036 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
2038 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2041 \macro{SIG\_BLOCK} & L'insieme dei segnali bloccati è l'unione fra
2042 quello specificato e quello corrente.\\
2043 \macro{SIG\_UNBLOCK} & I segnali specificati in \param{set} sono rimossi
2044 dalla maschera dei segnali, specificare la
2045 cancellazione di un segnale non bloccato è legale.\\
2046 \macro{SIG\_SETMASK} & La maschera dei segnali è settata al valore
2047 specificato da \param{set}.\\
2050 \caption{Valori e significato dell'argomento \param{how} della funzione
2051 \func{sigprocmask}.}
2052 \label{tab:sig_procmask_how}
2055 In questo modo diventa possibile proteggere delle sezioni di codice bloccando
2056 l'insieme di segnali voluto per poi riabilitarli alla fine della sezione
2057 critica. La funzione permette di risolvere problemi come quelli mostrati in
2058 \secref{fig:sig_event_wrong}, proteggendo la sezione fra il controllo del flag
2059 e la sua cancellazione.
2061 La funzione può essere usata anche all'interno di un manipolatore, ad esempio
2062 per riabilitare la consegna del segnale che l'ha invocato, in questo caso però
2063 occorre ricordare che qualunque modifica alla maschera dei segnali viene
2064 perduta alla conclusione del terminatore.
2066 Benché con l'uso di \func{sigprocmask} si possano risolvere la maggior parte
2067 dei casi di race condition\index{race condition} restano aperte alcune
2068 possibilità legate all'uso di \func{pause}; il caso è simile a quello del
2069 problema illustrato nell'esempio di \secref{fig:sig_sleep_incomplete}, e cioè
2070 la possibilità che il processo riceva il segnale che si intende usare per
2071 uscire dallo stato di attesa invocato con \func{pause} immediatamente prima
2072 dell'esecuzione di quest'ultima. Per poter effettuare atomicamente la modifica
2073 della maschera dei segnali (di solito attivandone uno specifico) insieme alla
2074 sospensione del processo lo standard POSIX ha previsto la funzione
2075 \func{sigsuspend}, il cui prototipo è:
2076 \begin{prototype}{signal.h}
2077 {int sigsuspend(const sigset\_t *mask)}
2079 Setta la \textit{signal mask} specificata, mettendo in attesa il processo.
2081 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
2082 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2084 \item[\macro{EINVAL}] Si è specificato un numero di segnale invalido.
2085 \item[\macro{EFAULT}] Si sono specificati indirizzi non validi.
2089 Come esempio dell'uso di queste funzioni proviamo a riscrivere un'altra volta
2090 l'esempio di implementazione di \code{sleep}. Abbiamo accennato in
2091 \secref{sec:sig_sigaction} come con \func{sigaction} sia possibile bloccare
2092 \macro{SIGALRM} nell'installazione dei manipolatori degli altri segnali, per
2093 poter usare l'implementazione vista in \secref{fig:sig_sleep_incomplete} senza
2094 interferenze. Questo però comporta una precauzione ulteriore al semplice uso
2095 della funzione, vediamo allora come usando la nuova interfaccia è possibile
2096 ottenere un'implementazione, riportata in \figref{fig:sig_sleep_ok} che non
2097 presenta neanche questa necessità.
2099 \begin{figure}[!htb]
2100 \footnotesize \centering
2101 \begin{minipage}[c]{15cm}
2102 \begin{lstlisting}{}
2103 void alarm_hand(int);
2104 unsigned int sleep(unsigned int seconds)
2106 struct sigaction new_action, old_action;
2107 sigset_t old_mask, stop_mask, sleep_mask;
2108 /* set the signal handler */
2109 sigemptyset(&new_action.sa_mask); /* no signal blocked */
2110 new_action.sa_handler = alarm_hand; /* set handler */
2111 new_action.sa_flags = 0; /* no flags */
2112 sigaction(SIGALRM, &new_action, &old_action); /* install action */
2113 /* block SIGALRM to avoid race conditions */
2114 sigemptyset(&stop_mask); /* init mask to empty */
2115 sigaddset(&stop_mask, SIGALRM); /* add SIGALRM */
2116 sigprocmask(SIG_BLOCK, &stop_mask, &old_mask); /* add SIGALRM to blocked */
2117 /* send the alarm */
2119 /* going to sleep enabling SIGALRM */
2120 sleep_mask = old_mask; /* take mask */
2121 sigdelset(&sleep_mask, SIGALRM); /* remove SIGALRM */
2122 sigsuspend(&sleep_mask); /* go to sleep */
2123 /* restore previous settings */
2124 sigprocmask(SIG_SETMASK, &old_mask, NULL); /* reset signal mask */
2125 sigaction(SIGALRM, &old_action, NULL); /* reset signal action */
2126 /* return remaining time */
2129 void alarm_hand(int sig)
2131 return; /* just return to interrupt sigsuspend */
2136 \caption{Una implementazione completa di \func{sleep}.}
2137 \label{fig:sig_sleep_ok}
2140 Per evitare i problemi di interferenza con gli altri segnali in questo caso
2141 non si è usato l'approccio di \figref{fig:sig_sleep_incomplete} evitando l'uso
2142 di \func{longjmp}. Come in precedenza il manipolatore (\texttt{\small 35-37})
2143 non esegue nessuna operazione, limitandosi a ritornare per interrompere il
2144 programma messo in attesa.
2146 La prima parte della funzione (\texttt{\small 11-15}) provvede ad installare
2147 l'opportuno manipolatore per \macro{SIGALRM}, salvando quello originario, che
2148 sarà ripristinato alla conclusione della stessa (\texttt{\small 28}); il passo
2149 successivo è quello di bloccare \macro{SIGALRM} (\texttt{\small 17-19}) per
2150 evitare che esso possa essere ricevuto dal processo fra l'esecuzione di
2151 \func{alarm} (\texttt{\small 21}) e la sospensione dello stesso. Nel fare
2152 questo si salva la maschera corrente dei segnali, che sarà ripristinata alla
2153 fine (\texttt{\small 27}), e al contempo si prepara la maschera dei segnali
2154 \var{sleep\_mask} per riattivare \macro{SIGALRM} all'esecuzione di
2157 In questo modo non sono più possibili race condition\index{race condition}
2158 dato che \macro{SIGALRM} viene disabilitato con \func{sigprocmask} fino alla
2159 chiamata di \func{sigsuspend}. Questo metodo è assolutamente generale e può
2160 essere applicato a qualunque altra situazione in cui si deve attendere per un
2161 segnale, i passi sono sempre i seguenti:
2163 \item Leggere la maschera dei segnali corrente e bloccare il segnale voluto
2164 con \func{sigprocmask}.
2165 \item Mandare il processo in attesa con \func{sigsuspend} abilitando la
2166 ricezione del segnale voluto.
2167 \item Ripristinare la maschera dei segnali originaria.
2169 Per quanto possa sembrare strano bloccare la ricezione di un segnale per poi
2170 riabilitarla immediatamente dopo, in questo modo si evita il deadlock dovuto
2171 all'arrivo del segnale prima dell'esecuzione di \func{sigsuspend}.
2174 \subsection{Ulteriori funzioni di gestione}
2175 \label{sec:sig_specific_features}
2177 In questa ultimo paragrafo esamineremo varie funzioni di gestione dei segnali
2178 non descritte finora, relative agli aspetti meno utilizzati. La prima di esse
2179 è \func{sigpending}, anch'essa introdotta dallo standard POSIX.1; il suo
2181 \begin{prototype}{signal.h}
2182 {int sigpending(sigset\_t *set)}
2184 Scrive in \param{set} l'insieme dei segnali pendenti.
2186 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
2190 La funzione permette di ricavare quali sono i segnali pendenti per il processo
2191 in corso, cioè i segnali che sono stato inviati dal kernel ma non sono stati
2192 ancora ricevuti dal processo in quanto bloccati. Non esiste una funzione
2193 equivalente nella vecchia interfaccia, ma essa è tutto sommato poco utile,
2194 dato che essa può solo assicurare che un segnale è stato inviato, dato che
2195 escluderne l'avvenuto invio al momento della chiamata non significa nulla
2196 rispetto a quanto potrebbe essere in un qualunque momento successivo.
2198 Una delle caratteristiche di BSD, disponibile anche in Linux, è la possibilità
2199 di usare uno stack alternativo per i segnali; è cioè possibile fare usare al
2200 sistema un altro stack (invece di quello relativo al processo, vedi
2201 \secref{sec:proc_mem_layout}) solo durante l'esecuzione di un
2202 manipolatore. L'uso di uno stack alternativo è del tutto trasparente ai
2203 manipolatori, occorre però seguire una certa procedura:
2205 \item Allocare un'area di memoria di dimensione sufficiente da usare come
2207 \item Usare la funzione \func{sigaltstack} per rendere noto al sistema
2208 l'esistenza e la locazione dello stack alternativo.
2209 \item Quando si installa un manipolatore occorre usare \func{sigaction}
2210 specificando il flag \macro{SA\_ONSTACK} (vedi \tabref{tab:sig_sa_flag}) per
2211 dire al sistema di usare lo stack alternativo durante l'esecuzione del
2215 In genere il primo passo viene effettuato allocando un'opportuna area di
2216 memoria con \code{malloc}; in \file{signal.h} sono definite due costanti,
2217 \macro{SIGSTKSZ} e \macro{MINSIGSTKSZ}, che possono essere utilizzate per
2218 allocare una quantità di spazio opportuna, in modo da evitare overflow. La
2219 prima delle due è la dimensione canonica per uno stack di segnali e di norma è
2220 sufficiente per tutti gli usi normali. La seconda è lo spazio che occorre al
2221 sistema per essere in grado di lanciare il manipolatore e la dimensione di uno
2222 stack alternativo deve essere sempre maggiore di questo valore. Quando si
2223 conosce esattamente quanto è lo spazio necessario al manipolatore gli si può
2224 aggiungere questo valore per allocare uno stack di dimensione sufficiente.
2226 Come accennato per poter essere usato lo stack per i segnali deve essere
2227 indicato al sistema attraverso la funzione \func{sigaltstack}; il suo
2229 \begin{prototype}{signal.h}
2230 {int sigaltstack(const stack\_t *ss, stack\_t *oss)}
2232 Installa un nuovo stack per i segnali.
2234 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
2235 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2238 \item[\macro{ENOMEM}] La dimensione specificata per il nuovo stack è minore
2239 di \macro{MINSIGSTKSZ}.
2240 \item[\macro{EPERM}] Uno degli indirizzi non è valido.
2241 \item[\macro{EFAULT}] Si è cercato di cambiare lo stack alternativo mentre
2242 questo è attivo (cioè il processo è in esecuzione su di esso).
2243 \item[\macro{EINVAL}] \param{ss} non è nullo e \var{ss\_flags} contiene un
2244 valore diverso da zero che non è \macro{SS\_DISABLE}.
2248 La funzione prende come argomenti puntatori ad una struttura di tipo
2249 \var{stack\_t}, definita in \figref{fig:sig_stack_t}. I due valori \param{ss}
2250 e \param{oss}, se non nulli, indicano rispettivamente il nuovo stack da
2251 installare e quello corrente (che viene restituito dalla funzione per un
2252 successivo ripristino).
2254 \begin{figure}[!htb]
2255 \footnotesize \centering
2256 \begin{minipage}[c]{15cm}
2257 \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
2259 void *ss_sp; /* Base address of stack */
2260 int ss_flags; /* Flags */
2261 size_t ss_size; /* Number of bytes in stack */
2266 \caption{La struttura \var{stack\_t}.}
2267 \label{fig:sig_stack_t}
2270 Il campo \var{ss\_sp} di \var{stack\_t} indica l'indirizzo base dello stack,
2271 mentre \var{ss\_size} ne indica la dimensione; il campo \var{ss\_flags} invece
2272 indica lo stato dello stack. Nell'indicare un nuovo stack occorre
2273 inizializzare \var{ss\_sp} e \var{ss\_size} rispettivamente al puntatore e
2274 alla dimensione della memoria allocata, mentre \var{ss\_flags} deve essere
2275 nullo. Se invece si vuole disabilitare uno stack occorre indicare
2276 \macro{SS\_DISABLE} come valore di \var{ss\_flags} e gli altri valori saranno
2279 Se \param{oss} non è nullo verrà restituito dalla funzione indirizzo e
2280 dimensione dello stack corrente nei relativi campi, mentre \var{ss\_flags}
2281 potrà assumere il valore \macro{SS\_ONSTACK} se il processo è in esecuzione
2282 sullo stack alternativo (nel qual caso non è possibile cambiarlo) e
2283 \macro{SS\_DISABLE} se questo non è abilitato.
2285 In genere si installa uno stack alternativo per i segnali quando si teme di
2286 avere problemi di esaurimento dello stack standard o di superamento di un
2287 limite imposto con chiamata de tipo \code{setrlimit(RLIMIT\_STACK, \&rlim)}.
2288 In tal caso infatti si avrebbe un segnale di \macro{SIGSEGV}, che potrebbe
2289 essere gestito soltanto avendo abilitato uno stack alternativo.
2291 Si tenga presente che le funzioni chiamate durante l'esecuzione sullo stack
2292 alternativo continueranno ad usare quest'ultimo, che, al contrario di quanto
2293 avviene per lo stack ordinario dei processi, non si accresce automaticamente
2294 (ed infatti eccederne le dimensioni può portare a conseguenze imprevedibili).
2295 Si ricordi infine che una chiamata ad una funzione della famiglia
2296 \func{exec} cancella ogni stack alternativo.
2298 Abbiamo visto in \secref{fig:sig_sleep_incomplete} come si possa usare
2299 \func{longjmp} per uscire da un manipolatore rientrando direttamente nel corpo
2300 del programma; sappiamo però che nell'esecuzione di un manipolatore il segnale
2301 che l'ha invocato viene bloccato, e abbiamo detto che possiamo ulteriormente
2302 modificarlo con \func{sigprocmask}.
2304 Resta quindi il problema di cosa succede alla maschera dei segnali quando si
2305 esce da un manipolatore usando questa funzione. Il comportamento dipende
2306 dall'implementazione; in particolare BSD ripristina la maschera dei segnali
2307 precedente l'invocazione, come per un normale ritorno, mentre System V no. Lo
2308 standard POSIX.1 non specifica questo comportamento per \func{setjmp} e
2309 \func{longjmp}, ed il comportamento delle \acr{glibc} dipende da quale delle
2310 caratteristiche si sono abilitate con le macro viste in
2311 \secref{sec:intro_gcc_glibc_std}.
2313 Lo standard POSIX però prevede anche la presenza di altre due funzioni
2314 \func{sigsetjmp} e \func{siglongjmp}, che permettono di decidere quale dei due
2315 comportamenti il programma deve assumere; i loro prototipi sono:
2319 \funcdecl{int sigsetjmp(sigjmp\_buf env, int savesigs)} Salva il contesto
2320 dello stack per un salto non locale.
2322 \funcdecl{void siglongjmp(sigjmp\_buf env, int val)} Esegue un salto non
2323 locale su un precedente contesto.
2325 \bodydesc{Le due funzioni sono identiche alle analoghe \func{setjmp} e
2326 \func{longjmp} di \secref{sec:proc_longjmp}, ma consentono di specificare
2327 il comportamento sul ripristino o meno della maschera dei segnali.}
2330 Le due funzioni prendono come primo argomento la variabile su cui viene
2331 salvato il contesto dello stack per permettere il salto non locale; nel caso
2332 specifico essa è di tipo \type{sigjmp\_buf}, e non \type{jmp\_buf} come per le
2333 analoghe di \secref{sec:proc_longjmp} in quanto in questo caso viene salvata
2334 anche la maschera dei segnali.
2336 Nel caso di \func{sigsetjmp} se si specifica un valore di \param{savesigs}
2337 diverso da zero la maschera dei valori sarà salvata in \param{env} e
2338 ripristinata in un successivo \func{siglongjmp}; quest'ultima funzione, a
2339 parte l'uso di \type{sigjmp\_buf} per \param{env}, è assolutamente identica a
2344 \subsection{I segnali real-time}
2345 \label{sec:sig_real_time}
2348 Lo standard POSIX.1b, nel definire una serie di nuove interfacce per i servizi
2349 real-time, ha introdotto una estensione del modello classico dei segnali che
2350 presenta dei significativi miglioramenti,\footnote{questa estensione è stata
2351 introdotta in Linux a partire dal kernel 2.1.43(?), e dalle \acr{glibc}
2352 2.1(?).} in particolare sono stati superati tre limiti fondamentali dei
2355 \item[I segnali non sono accumulati]
2357 se più segnali vengono generati prima dell'esecuzione di un manipolatore
2358 questo sarà eseguito una sola volta, ed il processo non sarà in grado di
2359 accorgersi di quante volte l'evento che ha generato il segnale è accaduto.
2360 \item[I segnali non trasportano informazione]
2362 i segnali classici non prevedono prevedono altra informazione sull'evento
2363 che li ha generati se non il fatto che sono stati emessi (tutta
2364 l'informazione che il kernel associa ad un segnale è il suo numero).
2365 \item[I segnali non hanno un ordine di consegna]
2367 l'ordine in cui diversi segnali vengono consegnati è casuale e non
2368 prevedibile. Non è possibile stabilire una priorità per cui la reazione a
2369 certi segnali ha la precedenza rispetto ad altri.
2373 Per poter superare queste limitazioni lo standard ha introdotto delle nuove
2374 caratteristiche, che sono state associate ad una nuova classe di segnali, che
2375 vengono chiamati \textsl{segnali real-time}, in particolare:
2378 \item i segnali sono inseriti in una coda che permette di consegnare istanze
2379 multiple dello stesso segnale qualora esso venga inviato più volte prima
2380 dell'esecuzione del manipolatore; si assicura così che il processo riceva un
2381 segnale per ogni occorrenza dell'evento che lo genera.
2382 \item è stata introdotta una priorità nella consegna dei segnali: i segnali
2383 vengono consegnati in ordine a seconda del loro valore, partendo da quelli
2384 con un numero minore, che pertanto hanno una priorità maggiore.
2385 \item è stata introdotta la possibilità di restituire dei dati al
2386 manipolatore, attraverso l'uso di un campo apposito nella struttura
2387 \type{siginfo\_t} accessibile tramite manipolatori di tipo
2388 \var{sa\_sigaction}.
2391 Queste nuove caratteristiche (eccetto l'ultima, che, come visto in
2392 \secref{sec:sig_sigaction}, è parzialmente disponibile anche con i segnali
2393 ordinari) si applicano solo ai nuovi segnali real-time; questi ultimi sono
2394 accessibili in un range di valori specificati dalle due macro \macro{SIGRTMIN}
2395 e \macro{SIGRTMAX},\footnote{in Linux di solito il primo valore è 32, ed il
2396 secondo \code{\_NSIG-1}, che di norma è 63, per un totale di 32 segnali
2397 disponibili, contro gli almeno 8 richiesti da POSIX.1b.} che specificano il
2398 numero minimo e massimo associato ad un segnale real-time.
2400 I segnali con un numero più basso hanno una priorità maggiore e vengono
2401 consegnati per primi, inoltre i segnali real-time non possono interrompere
2402 l'esecuzione di un manipolatore di un segnale a priorità più alta; la loro
2403 azione di default è quella di terminare il programma. I segnali ordinari
2404 hanno tutti la stessa priorità, che è più alta di quella di qualunque segnale
2407 Si tenga presente che questi nuovi segnali non sono associati a nessun evento
2408 sepcifico (a meno di non utilizzarli, come vedremo in
2409 \secref{sec:file_asyncronous_io}, per l'I/O asincrono) e devono essere inviati
2410 esplicitamente. Tutti i segnali real-time restituiscono al manipolatore, oltre
2411 ai campi \var{si\_pid} e \var{si\_uid} di \type{siginfo\_t} una struttura
2412 \type{sigval} (riportata in \figref{fig:sig_sigval}) in cui può essere
2413 restituito al processo un valore o un indirizzo, che costituisce il meccanismo
2414 con cui il segnale è in grado di inviare una ulteriore informazione al
2417 \begin{figure}[!htb]
2418 \footnotesize \centering
2419 \begin{minipage}[c]{15cm}
2420 \begin{lstlisting}[labelstep=0]{}%,frame=,indent=1cm]{}
2428 \caption{La struttura \type{sigval}, usata dai segnali real time per
2429 restituire dati al manipolatore.}
2430 \label{fig:sig_sigval}
2433 A causa di queste loro caratteristiche, la funzione \func{kill} non è adatta
2434 ad inviare un segnale real time, in quanto non è in grado di fornire alcun
2435 valore per \var{sigval}; per questo motivo lo standard ha previsto una nuova
2436 funzione, \func{sigqueue}, il cui prototipo è:
2437 \begin{prototype}{signal.h}
2438 {int sigqueue(pid\_t pid, int signo, const union sigval value)}
2440 Invia il segnale \param{signo} al processo \param{pid}, restituendo al
2441 manipolatore il valore \param{value}.
2443 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2444 errore, nel qual caso \var{errno} viene settata ai valori:
2446 \item[\macro{EAGAIN}] La coda è esarita, ci sono già \macro{SIGQUEUE\_MAX}
2447 segnali in attesa si consegna.
2448 \item[\macro{EPERM}] Non si hanno privilegi appropriati per inviare il
2449 segnale al processo specificato.
2450 \item[\macro{ESRCH}] Il processo \param{pid} non esiste.
2451 \item[\macro{EINVAL}] Si è specificato un valore non valido per
2454 ed inoltre \macro{ENOMEM}.}
2457 Il comportamento della funzione è analogo a quello di \func{kill}, ed i
2458 privilegi occorrenti ad inviare il segnale ad un determinato processo sono gli
2459 stessi; un valore nullo di \func{signo} permette di verificare le condizioni
2460 di errore senza inviare nessun segnale.
2462 Se il segnale è bloccato la funzione ritorna immediatamente, se si è
2463 installato un manipolatore con \macro{SA\_SIGINFO} e ci sono risorse
2464 disponibili, vale a dire che c'è posto nella coda\footnote{la profondità della
2465 coda è indicata dalla costante \macro{SIGQUEUE\_MAX}, una della tante
2466 costanti di sistema definite dallo standard POSIX, che non abbiamo riportato
2467 esplicitamente in \secref{sec:sys_limits}. Il suo valore minimo secondo lo
2468 standard, \macro{\_POSIX\_SIGQUEUE\_MAX}, è pari a 32.}, esso viene inserito
2469 e diventa pendente; una volta consegnato riporterà nel campo \var{si\_code} di
2470 \var{siginfo} il valore \macro{SI\_QUEUE} e il campo \var{si\_value} riceverà
2471 quanto inviato con \param{value}. Se invece si è installato un manipolatore
2472 nella forma classica il segnale sarà generato, ma tutte le caratteristiche
2473 tipiche dei segnali real-time (priorità e coda) saranno perse.
2475 Lo standard POSIX.1b definisce inoltre delle nuove funzioni che permettono di
2476 gestire l'attesa di segnali specifici su una coda, esse servono in particolar
2477 modo nel caso dei thread, in cui si possono usare i segnali real-time come
2478 meccanismi di comunicazione elementare; la prima di queste funzioni è
2479 \func{sigwait}, il cui prototipo è:
2480 \begin{prototype}{signal.h}
2481 {int sigwait(const sigset\_t *set, int *sig)}
2483 Attende che uno dei segnali specificati in \param{set} sia pendente.
2485 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2486 errore, nel qual caso \var{errno} viene settata ai valori:
2488 \item[\macro{EINTR}] La funzione è stata interrotta.
2489 \item[\macro{EINVAL}] Si è specificato un valore non valido per
2492 ed inoltre \macro{EFAULT}.}
2495 La funzione estrae dall'insieme dei segnali pendenti uno qualunque dei segnali
2496 specificati da \param{set}, il cui valore viene restituito in \param{sig}. Se
2497 sono pendenti più segnali, viene estratto quello a priorità più alta (cioè con
2498 il numero più basso). Se, nel caso di segnali real-time, c'è più di un segnale
2499 pendente, ne verrà estratto solo uno. Una volta estratto il segnale non verrà
2500 più consegnato, e se era in una coda il suo posto sarà liberato. Se non c'è
2501 nessun segnale pendente il processo viene bloccato fintanto che non ne arriva
2504 Per un funzionamento corretto la funzione richiede che alla sua chiamata i
2505 segnali di \param{set} siano bloccati. In caso contrario si avrebbe un
2506 conflitto con gli eventuali manipolatori: pertanto non si deve utilizzare per
2507 lo stesso segnale questa funzione e \func{sigaction}. Se questo non avviene il
2508 comportamento del sistema è indeterminato: il segnale può sia essere
2509 consegnato che essere ricevuto da \func{sigwait}, il tutto in maniera non
2512 Lo standard POSIX.1b definisce altre due funzioni, anch'esse usate
2513 prevalentemente con i thread; \func{sigwaitinfo} e \func{sigtimedwait}, i
2514 relativi prototipi sono:
2518 \funcdecl{int sigwaitinfo(const sigset\_t *set, siginfo\_t *info)}
2520 Analoga a \func{sigwait}, ma riceve anche le informazioni associate al
2521 segnale in \param{info}.
2523 \funcdecl{int sigtimedwait(const sigset\_t *set, siginfo\_t *value, const
2524 struct timespec *info)}
2526 Analoga a \func{sigwaitinfo}, con un la possibilità di specificare un
2527 timeout in \param{timeout}.
2530 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
2531 errore, nel qual caso \var{errno} viene settata ai valori già visti per
2532 \func{sigwait}, ai quali se aggiunge, per \func{sigtimedwait}:
2534 \item[\macro{EAGAIN}] Si è superato il timeout senza che un segnale atteso
2540 Entrambe le funzioni sono estensioni di \func{sigwait}. La prima permette di
2541 ricevere, oltre al numero del segnale, anche le informazioni ad esso associate
2542 tramite \param{info}; in particolare viene restituito il numero del segnale
2543 nel campo \var{si\_signo}, la sua causa in \var{si\_code}, e se il segnale è
2544 stato immesso sulla coda con \func{sigqueue}, il valore di ritorno ad esso
2545 associato viene riportato in \var{si\_value}, che altrimenti è indefinito.
2547 La seconda è identica alla prima ma in più permette di specificare un timeout,
2548 scaduto il quale ritornerà con un errore. Se si specifica un puntatore nullo
2549 il comportamento sarà identico a \func{sigwaitinfo}, se si specifica un tempo
2550 di timeout nullo, e non ci sono sengali pendenti la funzione ritornerà
2551 immediatamente; in questo modo si può eliminare un segnale dalla coda senza
2552 dover essere bloccati qualora esso non sia presente.
2555 L'uso di queste funzioni è principalmente associato alla gestione dei segnali
2556 com i thread. In genere esse vengono chiamate dal thread incaricato della
2557 gestione, che al ritorno della funzione esegue il codice che usualmente
2558 sarebbe messo nel manipolatore, per poi ripetere la chiamata per mettersi in
2559 attesa del segnale successivo. Questo ovviamente comporta che non devono
2560 essere installati manipolatori, che solo il thread di gestione deve usare
2561 \func{sigwait} e che, per evitare che venga eseguita l'azione di default, i
2562 segnali gestiti in questa maniera devono essere mascherati per tutti i thread,
2563 compreso quello dedicato alla gestione, che potrebbe riceverlo fra due
2564 chiamate successive.
2566 %%% Local Variables:
2568 %%% TeX-master: "gapil"