3 %% Copyright (C) 2000-2005 Simone Piccardi. Permission is granted to
4 %% copy, distribute and/or modify this document under the terms of the GNU Free
5 %% Documentation License, Version 1.1 or any later version published by the
6 %% Free Software Foundation; with the Invariant Sections being "Un preambolo",
7 %% with no Front-Cover Texts, and with no Back-Cover Texts. A copy of the
8 %% license is included in the section entitled "GNU Free Documentation
11 \chapter{La gestione dei processi}
12 \label{cha:process_handling}
14 Come accennato nell'introduzione in un sistema Unix tutte le operazioni
15 vengono svolte tramite opportuni processi. In sostanza questi ultimi vengono
16 a costituire l'unità base per l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema.
18 Nel precedente capitolo abbiamo esaminato il funzionamento di un processo come
19 unità a se stante, in questo esamineremo il funzionamento dei processi
20 all'interno del sistema. Saranno cioè affrontati i dettagli della creazione e
21 della terminazione dei processi, della gestione dei loro attributi e
22 privilegi, e di tutte le funzioni a questo connesse. Infine nella sezione
23 finale introdurremo alcune problematiche generiche della programmazione in
24 ambiente multitasking.
27 \section{Introduzione}
30 Inizieremo con un'introduzione generale ai concetti che stanno alla base della
31 gestione dei processi in un sistema unix-like. Introdurremo in questa sezione
32 l'architettura della gestione dei processi e le sue principali
33 caratteristiche, dando una panoramica sull'uso delle principali funzioni di
37 \subsection{L'architettura della gestione dei processi}
38 \label{sec:proc_hierarchy}
40 A differenza di quanto avviene in altri sistemi (ad esempio nel VMS la
41 generazione di nuovi processi è un'operazione privilegiata) una delle
42 caratteristiche di Unix (che esamineremo in dettaglio più avanti) è che
43 qualunque processo può a sua volta generarne altri, detti processi figli
44 (\textit{child process}). Ogni processo è identificato presso il sistema da un
45 numero univoco, il cosiddetto \textit{process identifier} o, più brevemente,
46 \acr{pid}, assegnato in forma progressiva (vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) quando
47 il processo viene creato.
49 Una seconda caratteristica di un sistema Unix è che la generazione di un
50 processo è un'operazione separata rispetto al lancio di un programma. In
51 genere la sequenza è sempre quella di creare un nuovo processo, il quale
52 eseguirà, in un passo successivo, il programma desiderato: questo è ad esempio
53 quello che fa la shell quando mette in esecuzione il programma che gli
54 indichiamo nella linea di comando.
56 Una terza caratteristica è che ogni processo è sempre stato generato da un
57 altro, che viene chiamato processo padre (\textit{parent process}). Questo
58 vale per tutti i processi, con una sola eccezione: dato che ci deve essere un
59 punto di partenza esiste un processo speciale (che normalmente è
60 \cmd{/sbin/init}), che viene lanciato dal kernel alla conclusione della fase
61 di avvio; essendo questo il primo processo lanciato dal sistema ha sempre il
62 \acr{pid} uguale a 1 e non è figlio di nessun altro processo.
64 Ovviamente \cmd{init} è un processo speciale che in genere si occupa di far
65 partire tutti gli altri processi necessari al funzionamento del sistema,
66 inoltre \cmd{init} è essenziale per svolgere una serie di compiti
67 amministrativi nelle operazioni ordinarie del sistema (torneremo su alcuni di
68 essi in sez.~\ref{sec:proc_termination}) e non può mai essere terminato. La
69 struttura del sistema comunque consente di lanciare al posto di \cmd{init}
70 qualunque altro programma, e in casi di emergenza (ad esempio se il file di
71 \cmd{init} si fosse corrotto) è ad esempio possibile lanciare una shell al suo
72 posto, passando la riga \cmd{init=/bin/sh} come parametro di avvio.
77 [piccardi@gont piccardi]$ pstree -n
94 |-bash---startx---xinit-+-XFree86
95 | `-WindowMaker-+-ssh-agent
103 | |-wterm---bash---pstree
104 | `-wterm---bash-+-emacs
110 \caption{L'albero dei processi, così come riportato dal comando
112 \label{fig:proc_tree}
115 Dato che tutti i processi attivi nel sistema sono comunque generati da
116 \cmd{init} o da uno dei suoi figli\footnote{in realtà questo non è del tutto
117 vero, in Linux ci sono alcuni processi speciali che pur comparendo come
118 figli di \cmd{init}, o con \acr{pid} successivi, sono in realtà generati
119 direttamente dal kernel, (come \cmd{keventd}, \cmd{kswapd}, ecc.).} si
120 possono classificare i processi con la relazione padre/figlio in
121 un'organizzazione gerarchica ad albero, in maniera analoga a come i file sono
122 organizzati in un albero di directory (si veda
123 sez.~\ref{sec:file_organization}); in fig.~\ref{fig:proc_tree} si è mostrato il
124 risultato del comando \cmd{pstree} che permette di visualizzare questa
125 struttura, alla cui base c'è \cmd{init} che è progenitore di tutti gli altri
128 Il kernel mantiene una tabella dei processi attivi, la cosiddetta
129 \itindex{process~table} \textit{process table}; per ciascun processo viene
130 mantenuta una voce, costituita da una struttura \struct{task\_struct}, nella
131 tabella dei processi che contiene tutte le informazioni rilevanti per quel
132 processo. Tutte le strutture usate a questo scopo sono dichiarate nell'header
133 file \file{linux/sched.h}, ed uno schema semplificato, che riporta la
134 struttura delle principali informazioni contenute nella \struct{task\_struct}
135 (che in seguito incontreremo a più riprese), è mostrato in
136 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}.
140 \includegraphics[width=13cm]{img/task_struct}
141 \caption{Schema semplificato dell'architettura delle strutture usate dal
142 kernel nella gestione dei processi.}
143 \label{fig:proc_task_struct}
146 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_unix_struct} è lo
147 \textit{scheduler}\itindex{scheduler} che decide quale processo mettere in
148 esecuzione; esso viene eseguito ad ogni system call ed ad ogni
149 interrupt,\footnote{più in una serie di altre occasioni.}
150 % TODO completare questa parte.
151 (ma può essere anche attivato esplicitamente). Il timer di sistema provvede
152 comunque a che esso sia invocato periodicamente, generando un interrupt
153 periodico secondo la frequenza specificata dalla costante \const{HZ}, definita
154 in \file{asm/param.h}, ed il cui valore è espresso in Hertz.\footnote{Fino al
155 kernel 2.4 il valore usuale di questa costante era 100, per tutte le
156 architetture eccetto l'alpha, per la quale era 1000. Occorre fare attenzione
157 a non confondere questo valore con quello dei clock tick (vedi
158 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}).}
159 % TODO verificare gli ultimi cambiamenti del 2.6
160 % Si ha cioè un interrupt dal timer ogni centesimo di secondo.
162 Ogni volta che viene eseguito, lo \textit{scheduler}\itindex{scheduler}
163 effettua il calcolo delle priorità dei vari processi attivi (torneremo su
164 questo in sez.~\ref{sec:proc_priority}) e stabilisce quale di essi debba
165 essere posto in esecuzione fino alla successiva invocazione.
168 \subsection{Una panoramica sulle funzioni fondamentali}
169 \label{sec:proc_handling_intro}
171 In un sistema unix-like i processi vengono sempre creati da altri processi
172 tramite la funzione \func{fork}; il nuovo processo (che viene chiamato
173 \textsl{figlio}) creato dalla \func{fork} è una copia identica del processo
174 processo originale (detto \textsl{padre}), ma ha un nuovo \acr{pid} e viene
175 eseguito in maniera indipendente (le differenze fra padre e figlio sono
176 affrontate in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_fork}).
178 Se si vuole che il processo padre si fermi fino alla conclusione del processo
179 figlio questo deve essere specificato subito dopo la \func{fork} chiamando la
180 funzione \func{wait} o la funzione \func{waitpid} (si veda
181 sez.~\ref{sec:proc_wait}); queste funzioni restituiscono anche un'informazione
182 abbastanza limitata sulle cause della terminazione del processo figlio.
184 Quando un processo ha concluso il suo compito o ha incontrato un errore non
185 risolvibile esso può essere terminato con la funzione \func{exit} (si veda
186 quanto discusso in sez.~\ref{sec:proc_conclusion}). La vita del processo però
187 termina solo quando la notifica della sua conclusione viene ricevuta dal
188 processo padre, a quel punto tutte le risorse allocate nel sistema ad esso
189 associate vengono rilasciate.
191 Avere due processi che eseguono esattamente lo stesso codice non è molto
192 utile, normalmente si genera un secondo processo per affidargli l'esecuzione
193 di un compito specifico (ad esempio gestire una connessione dopo che questa è
194 stata stabilita), o fargli eseguire (come fa la shell) un altro programma. Per
195 quest'ultimo caso si usa la seconda funzione fondamentale per programmazione
196 coi processi che è la \func{exec}.
198 Il programma che un processo sta eseguendo si chiama immagine del processo (o
199 \textit{process image}), le funzioni della famiglia \func{exec} permettono di
200 caricare un altro programma da disco sostituendo quest'ultimo all'immagine
201 corrente; questo fa sì che l'immagine precedente venga completamente
202 cancellata. Questo significa che quando il nuovo programma termina, anche il
203 processo termina, e non si può tornare alla precedente immagine.
205 Per questo motivo la \func{fork} e la \func{exec} sono funzioni molto
206 particolari con caratteristiche uniche rispetto a tutte le altre, infatti la
207 prima ritorna due volte (nel processo padre e nel figlio) mentre la seconda
208 non ritorna mai (in quanto con essa viene eseguito un altro programma).
212 \section{Le funzioni di base}% della gestione dei processi}
213 \label{sec:proc_handling}
215 In questa sezione tratteremo le problematiche della gestione dei processi
216 all'interno del sistema, illustrandone tutti i dettagli. Inizieremo con le
217 funzioni elementari che permettono di leggerne gli identificatori, per poi
218 passare alla spiegazione delle funzioni base che si usano per la creazione e
219 la terminazione dei processi, e per la messa in esecuzione degli altri
223 \subsection{Gli identificatori dei processi}
226 Come accennato nell'introduzione, ogni processo viene identificato dal sistema
227 da un numero identificativo univoco, il \textit{process ID} o \acr{pid};
228 quest'ultimo è un tipo di dato standard, il \type{pid\_t} che in genere è un
229 intero con segno (nel caso di Linux e delle \acr{glibc} il tipo usato è
232 Il \acr{pid} viene assegnato in forma progressiva\footnote{in genere viene
233 assegnato il numero successivo a quello usato per l'ultimo processo creato,
234 a meno che questo numero non sia già utilizzato per un altro \acr{pid},
235 \acr{pgid} o \acr{sid} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}).} ogni volta
236 che un nuovo processo viene creato, fino ad un limite che, essendo il
237 \acr{pid} un numero positivo memorizzato in un intero a 16 bit, arriva ad un
238 massimo di 32768. Oltre questo valore l'assegnazione riparte dal numero più
239 basso disponibile a partire da un minimo di 300,\footnote{questi valori, fino
240 al kernel 2.4.x, sono definiti dalla macro \const{PID\_MAX} in
241 \file{threads.h} e direttamente in \file{fork.c}, con il kernel 2.5.x e la
242 nuova interfaccia per i thread creata da Ingo Molnar anche il meccanismo di
243 allocazione dei \acr{pid} è stato modificato.} che serve a riservare i
244 \acr{pid} più bassi ai processi eseguiti direttamente dal kernel. Per questo
245 motivo, come visto in sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, il processo di avvio
246 (\cmd{init}) ha sempre il \acr{pid} uguale a uno.
248 Tutti i processi inoltre memorizzano anche il \acr{pid} del genitore da cui
249 sono stati creati, questo viene chiamato in genere \acr{ppid} (da
250 \textit{parent process ID}). Questi due identificativi possono essere
251 ottenuti usando le due funzioni \funcd{getpid} e \funcd{getppid}, i cui
254 \headdecl{sys/types.h}
256 \funcdecl{pid\_t getpid(void)}
258 Restituisce il \acr{pid} del processo corrente.
260 \funcdecl{pid\_t getppid(void)}
262 Restituisce il \acr{pid} del padre del processo corrente.
264 \bodydesc{Entrambe le funzioni non riportano condizioni di errore.}
266 \noindent esempi dell'uso di queste funzioni sono riportati in
267 fig.~\ref{fig:proc_fork_code}, nel programma \file{ForkTest.c}.
269 Il fatto che il \acr{pid} sia un numero univoco per il sistema lo rende un
270 candidato per generare ulteriori indicatori associati al processo di cui
271 diventa possibile garantire l'unicità: ad esempio in alcune implementazioni la
272 funzione \func{tempnam} (si veda sez.~\ref{sec:file_temp_file}) usa il
273 \acr{pid} per generare un \itindex{pathname}\textit{pathname} univoco, che non
274 potrà essere replicato da un altro processo che usi la stessa funzione.
276 Tutti i processi figli dello stesso processo padre sono detti
277 \textit{sibling}, questa è una delle relazioni usate nel \textsl{controllo di
278 sessione}, in cui si raggruppano i processi creati su uno stesso terminale,
279 o relativi allo stesso login. Torneremo su questo argomento in dettaglio in
280 cap.~\ref{cha:session}, dove esamineremo gli altri identificativi associati ad
281 un processo e le varie relazioni fra processi utilizzate per definire una
284 Oltre al \acr{pid} e al \acr{ppid}, (e a quelli che vedremo in
285 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}, relativi al controllo di sessione), ad ogni
286 processo vengono associati degli altri identificatori che vengono usati per il
287 controllo di accesso. Questi servono per determinare se un processo può
288 eseguire o meno le operazioni richieste, a seconda dei privilegi e
289 dell'identità di chi lo ha posto in esecuzione; l'argomento è complesso e sarà
290 affrontato in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_perms}.
293 \subsection{La funzione \func{fork}}
294 \label{sec:proc_fork}
296 La funzione \funcd{fork} è la funzione fondamentale della gestione dei
297 processi: come si è detto l'unico modo di creare un nuovo processo è
298 attraverso l'uso di questa funzione, essa quindi riveste un ruolo centrale
299 tutte le volte che si devono scrivere programmi che usano il multitasking. Il
300 prototipo della funzione è:
302 \headdecl{sys/types.h}
304 \funcdecl{pid\_t fork(void)}
305 Crea un nuovo processo.
307 \bodydesc{In caso di successo restituisce il \acr{pid} del figlio al padre e
308 zero al figlio; ritorna -1 al padre (senza creare il figlio) in caso di
309 errore; \var{errno} può assumere i valori:
311 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono risorse sufficienti per creare un altro
312 processo (per allocare la tabella delle pagine e le strutture del task) o
313 si è esaurito il numero di processi disponibili.
314 \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare la memoria per le
315 strutture necessarie al kernel per creare il nuovo processo.
319 Dopo il successo dell'esecuzione di una \func{fork} sia il processo padre che
320 il processo figlio continuano ad essere eseguiti normalmente a partire
321 dall'istruzione successiva alla \func{fork}; il processo figlio è però una
322 copia del padre, e riceve una copia dei segmenti di testo, \itindex{stack}
323 stack e dati (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}), ed esegue esattamente lo
324 stesso codice del padre. Si tenga presente però che la memoria è copiata, non
325 condivisa, pertanto padre e figlio vedono variabili diverse.
327 Per quanto riguarda la gestione della memoria, in generale
328 il\index{segmento!testo} segmento di testo, che è identico per i due processi,
329 è condiviso e tenuto in read-only per il padre e per i figli. Per gli altri
330 segmenti Linux utilizza la tecnica del \textit{copy on write}
331 \itindex{copy~on~write}; questa tecnica comporta che una pagina di memoria
332 viene effettivamente copiata per il nuovo processo solo quando ci viene
333 effettuata sopra una scrittura (e si ha quindi una reale differenza fra padre
334 e figlio). In questo modo si rende molto più efficiente il meccanismo della
335 creazione di un nuovo processo, non essendo più necessaria la copia di tutto
336 lo spazio degli indirizzi virtuali del padre, ma solo delle pagine di memoria
337 che sono state modificate, e solo al momento della modifica stessa.
339 La differenza che si ha nei due processi è che nel processo padre il valore di
340 ritorno della funzione \func{fork} è il \acr{pid} del processo figlio, mentre
341 nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se viene
342 eseguito dal padre o dal figlio. Si noti come la funzione \func{fork} ritorni
343 \textbf{due} volte: una nel padre e una nel figlio.
345 La scelta di questi valori di ritorno non è casuale, un processo infatti può
346 avere più figli, ed il valore di ritorno di \func{fork} è l'unico modo che gli
347 permette di identificare quello appena creato; al contrario un figlio ha
348 sempre un solo padre (il cui \acr{pid} può sempre essere ottenuto con
349 \func{getppid}, vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) per cui si usa il valore nullo,
350 che non è il \acr{pid} di nessun processo.
353 \footnotesize \centering
354 \begin{minipage}[c]{15cm}
355 \includecodesample{listati/ForkTest.c}
358 \caption{Esempio di codice per la creazione di nuovi processi.}
359 \label{fig:proc_fork_code}
362 Normalmente la chiamata a \func{fork} può fallire solo per due ragioni, o ci
363 sono già troppi processi nel sistema (il che di solito è sintomo che
364 qualcos'altro non sta andando per il verso giusto) o si è ecceduto il limite
365 sul numero totale di processi permessi all'utente (vedi
366 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}, ed in particolare
367 tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values}).
369 L'uso di \func{fork} avviene secondo due modalità principali; la prima è
370 quella in cui all'interno di un programma si creano processi figli cui viene
371 affidata l'esecuzione di una certa sezione di codice, mentre il processo padre
372 ne esegue un'altra. È il caso tipico dei programmi server (il modello
373 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}) in cui il
374 padre riceve ed accetta le richieste da parte dei programmi client, per
375 ciascuna delle quali pone in esecuzione un figlio che è incaricato di fornire
378 La seconda modalità è quella in cui il processo vuole eseguire un altro
379 programma; questo è ad esempio il caso della shell. In questo caso il processo
380 crea un figlio la cui unica operazione è quella di fare una \func{exec} (di
381 cui parleremo in sez.~\ref{sec:proc_exec}) subito dopo la \func{fork}.
383 Alcuni sistemi operativi (il VMS ad esempio) combinano le operazioni di questa
384 seconda modalità (una \func{fork} seguita da una \func{exec}) in un'unica
385 operazione che viene chiamata \textit{spawn}. Nei sistemi unix-like è stato
386 scelto di mantenere questa separazione, dato che, come per la prima modalità
387 d'uso, esistono numerosi scenari in cui si può usare una \func{fork} senza
388 aver bisogno di eseguire una \func{exec}. Inoltre, anche nel caso della
389 seconda modalità d'uso, avere le due funzioni separate permette al figlio di
390 cambiare gli attributi del processo (maschera dei segnali, redirezione
391 dell'output, identificatori) prima della \func{exec}, rendendo così
392 relativamente facile intervenire sulle le modalità di esecuzione del nuovo
395 In fig.~\ref{fig:proc_fork_code} è riportato il corpo del codice del programma
396 di esempio \cmd{forktest}, che permette di illustrare molte caratteristiche
397 dell'uso della funzione \func{fork}. Il programma crea un numero di figli
398 specificato da linea di comando, e prende anche alcune opzioni per indicare
399 degli eventuali tempi di attesa in secondi (eseguiti tramite la funzione
400 \func{sleep}) per il padre ed il figlio (con \cmd{forktest -h} si ottiene la
401 descrizione delle opzioni); il codice completo, compresa la parte che gestisce
402 le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{ForkTest.c},
403 distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi su
404 \href{http://gapil.truelite.it/gapil_source.tgz}
405 {\textsf{http://gapil.truelite.it/gapil\_source.tgz}}.
407 Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
408 (\texttt{\small 24--40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
409 controllando il successo della chiamata a \func{fork} (\texttt{\small
410 25--29}); ciascun figlio (\texttt{\small 31--34}) si limita a stampare il
411 suo numero di successione, eventualmente attendere il numero di secondi
412 specificato e scrivere un messaggio prima di uscire. Il processo padre invece
413 (\texttt{\small 36--38}) stampa un messaggio di creazione, eventualmente
414 attende il numero di secondi specificato, e procede nell'esecuzione del ciclo;
415 alla conclusione del ciclo, prima di uscire, può essere specificato un altro
418 Se eseguiamo il comando\footnote{che è preceduto dall'istruzione \code{export
419 LD\_LIBRARY\_PATH=./} per permettere l'uso delle librerie dinamiche.}
420 senza specificare attese (come si può notare in (\texttt{\small 17--19}) i
421 valori predefiniti specificano di non attendere), otterremo come output sul
426 [piccardi@selidor sources]$ export LD_LIBRARY_PATH=./; ./forktest 3
427 Process 1963: forking 3 child
428 Spawned 1 child, pid 1964
429 Child 1 successfully executing
430 Child 1, parent 1963, exiting
432 Spawned 2 child, pid 1965
433 Child 2 successfully executing
434 Child 2, parent 1963, exiting
436 Child 3 successfully executing
437 Child 3, parent 1963, exiting
438 Spawned 3 child, pid 1966
443 Esaminiamo questo risultato: una prima conclusione che si può trarre è che non
444 si può dire quale processo fra il padre ed il figlio venga eseguito per
445 primo\footnote{a partire dal kernel 2.5.2-pre10 è stato introdotto il nuovo
446 scheduler\itindex{scheduler} di Ingo Molnar che esegue sempre per primo il
447 figlio; per mantenere la portabilità è opportuno non fare comunque
448 affidamento su questo comportamento.} dopo la chiamata a \func{fork};
449 dall'esempio si può notare infatti come nei primi due cicli sia stato eseguito
450 per primo il padre (con la stampa del \acr{pid} del nuovo processo) per poi
451 passare all'esecuzione del figlio (completata con i due avvisi di esecuzione
452 ed uscita), e tornare all'esecuzione del padre (con la stampa del passaggio al
453 ciclo successivo), mentre la terza volta è stato prima eseguito il figlio
454 (fino alla conclusione) e poi il padre.
456 In generale l'ordine di esecuzione dipenderà, oltre che dall'algoritmo di
457 \itindex{scheduler} scheduling usato dal kernel, dalla particolare situazione
458 in cui si trova la macchina al momento della chiamata, risultando del tutto
459 impredicibile. Eseguendo più volte il programma di prova e producendo un
460 numero diverso di figli, si sono ottenute situazioni completamente diverse,
461 compreso il caso in cui il processo padre ha eseguito più di una \func{fork}
462 prima che uno dei figli venisse messo in esecuzione.
464 Pertanto non si può fare nessuna assunzione sulla sequenza di esecuzione delle
465 istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
466 essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
467 occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
468 rischio di incorrere nelle cosiddette \textit{race condition}
469 \itindex{race~condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
471 Si noti inoltre che essendo i segmenti di memoria utilizzati dai singoli
472 processi completamente separati, le modifiche delle variabili nei processi
473 figli (come l'incremento di \var{i} in \texttt{\small 31}) sono visibili solo
474 a loro (ogni processo vede solo la propria copia della memoria), e non hanno
475 alcun effetto sul valore che le stesse variabili hanno nel processo padre (ed
476 in eventuali altri processi figli che eseguano lo stesso codice).
478 Un secondo aspetto molto importante nella creazione dei processi figli è
479 quello dell'interazione dei vari processi con i file; per illustrarlo meglio
480 proviamo a redirigere su un file l'output del nostro programma di test, quello
485 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest 3 > output
486 [piccardi@selidor sources]$ cat output
487 Process 1967: forking 3 child
488 Child 1 successfully executing
489 Child 1, parent 1967, exiting
490 Test for forking 3 child
491 Spawned 1 child, pid 1968
493 Child 2 successfully executing
494 Child 2, parent 1967, exiting
495 Test for forking 3 child
496 Spawned 1 child, pid 1968
498 Spawned 2 child, pid 1969
500 Child 3 successfully executing
501 Child 3, parent 1967, exiting
502 Test for forking 3 child
503 Spawned 1 child, pid 1968
505 Spawned 2 child, pid 1969
507 Spawned 3 child, pid 1970
511 che come si vede è completamente diverso da quanto ottenevamo sul terminale.
513 Il comportamento delle varie funzioni di interfaccia con i file è analizzato
514 in gran dettaglio in cap.~\ref{cha:file_unix_interface} e in
515 cap.~\ref{cha:files_std_interface}. Qui basta accennare che si sono usate le
516 funzioni standard della libreria del C che prevedono l'output bufferizzato; e
517 questa bufferizzazione (trattata in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_buffering})
518 varia a seconda che si tratti di un file su disco (in cui il buffer viene
519 scaricato su disco solo quando necessario) o di un terminale (nel qual caso il
520 buffer viene scaricato ad ogni carattere di a capo).
522 Nel primo esempio allora avevamo che ad ogni chiamata a \func{printf} il
523 buffer veniva scaricato, e le singole righe erano stampate a video subito dopo
524 l'esecuzione della \func{printf}. Ma con la redirezione su file la scrittura
525 non avviene più alla fine di ogni riga e l'output resta nel buffer. Dato che
526 ogni figlio riceve una copia della memoria del padre, esso riceverà anche
527 quanto c'è nel buffer delle funzioni di I/O, comprese le linee scritte dal
528 padre fino allora. Così quando il buffer viene scritto su disco all'uscita del
529 figlio, troveremo nel file anche tutto quello che il processo padre aveva
530 scritto prima della sua creazione. E alla fine del file (dato che in questo
531 caso il padre esce per ultimo) troveremo anche l'output completo del padre.
533 L'esempio ci mostra un altro aspetto fondamentale dell'interazione con i file,
534 valido anche per l'esempio precedente, ma meno evidente: il fatto cioè che non
535 solo processi diversi possono scrivere in contemporanea sullo stesso file
536 (l'argomento della condivisione dei file è trattato in dettaglio in
537 sez.~\ref{sec:file_sharing}), ma anche che, a differenza di quanto avviene per
538 le variabili, la posizione corrente sul file è condivisa fra il padre e tutti
541 Quello che succede è che quando lo standard output del padre viene rediretto,
542 lo stesso avviene anche per tutti i figli; la funzione \func{fork} infatti ha
543 la caratteristica di duplicare nei figli tutti i file descriptor aperti nel
544 padre (allo stesso modo in cui lo fa la funzione \func{dup}, trattata in
545 sez.~\ref{sec:file_dup}), il che comporta che padre e figli condividono le
546 stesse voci della \textit{file table} (per la spiegazione di questi termini si
547 veda sez.~\ref{sec:file_sharing}) fra cui c'è anche la posizione corrente nel
550 In questo modo se un processo scrive sul file aggiornerà la posizione corrente
551 sulla \textit{file table}, e tutti gli altri processi, che vedono la stessa
552 \textit{file table}, vedranno il nuovo valore. In questo modo si evita, in
553 casi come quello appena mostrato in cui diversi processi scrivono sullo stesso
554 file, che l'output successivo di un processo vada a sovrapporsi a quello dei
555 precedenti: l'output potrà risultare mescolato, ma non ci saranno parti
556 perdute per via di una sovrascrittura.
558 Questo tipo di comportamento è essenziale in tutti quei casi in cui il padre
559 crea un figlio e attende la sua conclusione per proseguire, ed entrambi
560 scrivono sullo stesso file (un caso tipico è la shell quando lancia un
561 programma, il cui output va sullo standard output).
563 In questo modo, anche se l'output viene rediretto, il padre potrà sempre
564 continuare a scrivere in coda a quanto scritto dal figlio in maniera
565 automatica; se così non fosse ottenere questo comportamento sarebbe
566 estremamente complesso necessitando di una qualche forma di comunicazione fra
567 i due processi per far riprendere al padre la scrittura al punto giusto.
569 In generale comunque non è buona norma far scrivere più processi sullo stesso
570 file senza una qualche forma di sincronizzazione in quanto, come visto anche
571 con il nostro esempio, le varie scritture risulteranno mescolate fra loro in
572 una sequenza impredicibile. Per questo le modalità con cui in genere si usano
573 i file dopo una \func{fork} sono sostanzialmente due:
575 \item Il processo padre aspetta la conclusione del figlio. In questo caso non
576 è necessaria nessuna azione riguardo ai file, in quanto la sincronizzazione
577 della posizione corrente dopo eventuali operazioni di lettura e scrittura
578 effettuate dal figlio è automatica.
579 \item L'esecuzione di padre e figlio procede indipendentemente. In questo caso
580 ciascuno dei due processi deve chiudere i file che non gli servono una volta
581 che la \func{fork} è stata eseguita, per evitare ogni forma di interferenza.
584 Oltre ai file aperti i processi figli ereditano dal padre una serie di altre
585 proprietà; la lista dettagliata delle proprietà che padre e figlio hanno in
586 comune dopo l'esecuzione di una \func{fork} è la seguente:
588 \item i file aperti e gli eventuali flag di
589 \textit{close-on-exec}\itindex{close-on-exec} impostati (vedi
590 sez.~\ref{sec:proc_exec} e sez.~\ref{sec:file_fcntl});
591 \item gli identificatori per il controllo di accesso: l'\textsl{user-ID
592 reale}, il \textsl{group-ID reale}, l'\textsl{user-ID effettivo}, il
593 \textsl{group-ID effettivo} ed i \textit{group-ID supplementari} (vedi
594 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
595 \item gli identificatori per il controllo di sessione: il \textit{process
596 group-ID} e il \textit{session id} ed il terminale di controllo (vedi
597 sez.~\ref{sec:sess_proc_group});
598 \item la directory di lavoro e la directory radice (vedi
599 sez.~\ref{sec:file_work_dir} e sez.~\ref{sec:file_chroot});
600 \item la maschera dei permessi di creazione (vedi sez.~\ref{sec:file_umask});
601 \item la maschera dei segnali bloccati (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) e le
602 azioni installate (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha});
603 \item i segmenti di memoria condivisa agganciati al processo (vedi
604 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm});
605 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
606 \item le priorità real-time e le affinità di processore (vedi
607 sez.~\ref{sec:proc_real_time});
608 \item le variabili di ambiente (vedi sez.~\ref{sec:proc_environ}).
610 Le differenze fra padre e figlio dopo la \func{fork} invece sono:
612 \item il valore di ritorno di \func{fork};
613 \item il \acr{pid} (\textit{process id});
614 \item il \acr{ppid} (\textit{parent process id}), quello del figlio viene
615 impostato al \acr{pid} del padre;
616 \item i valori dei tempi di esecuzione della struttura \struct{tms} (vedi
617 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) che nel figlio sono posti a zero;
618 \item i \textit{lock} sui file (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}), che non
619 vengono ereditati dal figlio;
620 \item gli allarmi ed i segnali pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che
621 per il figlio vengono cancellati.
625 \subsection{La funzione \func{vfork}}
626 \label{sec:proc_vfork}
628 La funzione \func{vfork} è esattamente identica a \func{fork} ed ha la stessa
629 semantica e gli stessi errori; la sola differenza è che non viene creata la
630 tabella delle pagine né la struttura dei task per il nuovo processo. Il
631 processo padre è posto in attesa fintanto che il figlio non ha eseguito una
632 \func{execve} o non è uscito con una \func{\_exit}. Il figlio condivide la
633 memoria del padre (e modifiche possono avere effetti imprevedibili) e non deve
634 ritornare o uscire con \func{exit} ma usare esplicitamente \func{\_exit}.
636 Questa funzione è un rimasuglio dei vecchi tempi in cui eseguire una
637 \func{fork} comportava anche la copia completa del segmento dati del processo
638 padre, che costituiva un inutile appesantimento in tutti quei casi in cui la
639 \func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
640 venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
642 Dato che Linux supporta il \textit{copy on write} \itindex{copy~on~write} la
643 perdita di prestazioni è assolutamente trascurabile, e l'uso di questa
644 funzione (che resta un caso speciale della system call \func{\_\_clone}) è
645 deprecato; per questo eviteremo di trattarla ulteriormente.
648 \subsection{La conclusione di un processo}
649 \label{sec:proc_termination}
651 In sez.~\ref{sec:proc_conclusion} abbiamo già affrontato le modalità con cui
652 chiudere un programma, ma dall'interno del programma stesso; avendo a che fare
653 con un sistema multitasking resta da affrontare l'argomento dal punto di vista
654 di come il sistema gestisce la conclusione dei processi.
656 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:proc_conclusion} le tre modalità con cui un
657 programma viene terminato in maniera normale: la chiamata di \func{exit} (che
658 esegue le funzioni registrate per l'uscita e chiude gli stream), il ritorno
659 dalla funzione \func{main} (equivalente alla chiamata di \func{exit}), e la
660 chiamata ad \func{\_exit} (che passa direttamente alle operazioni di
661 terminazione del processo da parte del kernel).
663 Ma abbiamo accennato che oltre alla conclusione normale esistono anche delle
664 modalità di conclusione anomala; queste sono in sostanza due: il programma può
665 chiamare la funzione \func{abort} per invocare una chiusura anomala, o essere
666 terminato da un segnale. In realtà anche la prima modalità si riconduce alla
667 seconda, dato che \func{abort} si limita a generare il segnale
670 Qualunque sia la modalità di conclusione di un processo, il kernel esegue
671 comunque una serie di operazioni: chiude tutti i file aperti, rilascia la
672 memoria che stava usando, e così via; l'elenco completo delle operazioni
673 eseguite alla chiusura di un processo è il seguente:
675 \item tutti i file descriptor sono chiusi;
676 \item viene memorizzato lo stato di terminazione del processo;
677 \item ad ogni processo figlio viene assegnato un nuovo padre (in genere
679 \item viene inviato il segnale \const{SIGCHLD} al processo padre (vedi
680 sez.~\ref{sec:sig_sigchld});
681 \item se il processo è un leader di sessione ed il suo terminale di controllo
682 è quello della sessione viene mandato un segnale di \const{SIGHUP} a tutti i
683 processi del gruppo di \textit{foreground} e il terminale di controllo viene
684 disconnesso (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
685 \item se la conclusione di un processo rende orfano un \textit{process
686 group} ciascun membro del gruppo viene bloccato, e poi gli vengono
687 inviati in successione i segnali \const{SIGHUP} e \const{SIGCONT}
688 (vedi ancora sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
691 Oltre queste operazioni è però necessario poter disporre di un meccanismo
692 ulteriore che consenta di sapere come la terminazione è avvenuta: dato che in
693 un sistema unix-like tutto viene gestito attraverso i processi, il meccanismo
694 scelto consiste nel riportare lo stato di terminazione (il cosiddetto
695 \textit{termination status}) al processo padre.
697 Nel caso di conclusione normale, abbiamo visto in
698 sez.~\ref{sec:proc_conclusion} che lo stato di uscita del processo viene
699 caratterizzato tramite il valore del cosiddetto \textit{exit status}, cioè il
700 valore passato alle funzioni \func{exit} o \func{\_exit} (o dal valore di
701 ritorno per \func{main}). Ma se il processo viene concluso in maniera anomala
702 il programma non può specificare nessun \textit{exit status}, ed è il kernel
703 che deve generare autonomamente il \textit{termination status} per indicare le
704 ragioni della conclusione anomala.
706 Si noti la distinzione fra \textit{exit status} e \textit{termination status}:
707 quello che contraddistingue lo stato di chiusura del processo e viene
708 riportato attraverso le funzioni \func{wait} o \func{waitpid} (vedi
709 sez.~\ref{sec:proc_wait}) è sempre quest'ultimo; in caso di conclusione normale
710 il kernel usa il primo (nel codice eseguito da \func{\_exit}) per produrre il
713 La scelta di riportare al padre lo stato di terminazione dei figli, pur
714 essendo l'unica possibile, comporta comunque alcune complicazioni: infatti se
715 alla sua creazione è scontato che ogni nuovo processo ha un padre, non è detto
716 che sia così alla sua conclusione, dato che il padre potrebbe essere già
717 terminato (si potrebbe avere cioè quello che si chiama un processo
720 Questa complicazione viene superata facendo in modo che il processo orfano
721 venga \textsl{adottato} da \cmd{init}. Come già accennato quando un processo
722 termina, il kernel controlla se è il padre di altri processi in esecuzione: in
723 caso positivo allora il \acr{ppid} di tutti questi processi viene sostituito
724 con il \acr{pid} di \cmd{init} (e cioè con 1); in questo modo ogni processo
725 avrà sempre un padre (nel caso possiamo parlare di un padre \textsl{adottivo})
726 cui riportare il suo stato di terminazione. Come verifica di questo
727 comportamento possiamo eseguire il nostro programma \cmd{forktest} imponendo a
728 ciascun processo figlio due secondi di attesa prima di uscire, il risultato è:
732 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest -c2 3
733 Process 1972: forking 3 child
734 Spawned 1 child, pid 1973
735 Child 1 successfully executing
737 Spawned 2 child, pid 1974
738 Child 2 successfully executing
740 Child 3 successfully executing
741 Spawned 3 child, pid 1975
743 [piccardi@selidor sources]$ Child 3, parent 1, exiting
744 Child 2, parent 1, exiting
745 Child 1, parent 1, exiting
748 come si può notare in questo caso il processo padre si conclude prima dei
749 figli, tornando alla shell, che stampa il prompt sul terminale: circa due
750 secondi dopo viene stampato a video anche l'output dei tre figli che
751 terminano, e come si può notare in questo caso, al contrario di quanto visto
752 in precedenza, essi riportano 1 come \acr{ppid}.
754 Altrettanto rilevante è il caso in cui il figlio termina prima del padre,
755 perché non è detto che il padre possa ricevere immediatamente lo stato di
756 terminazione, quindi il kernel deve comunque conservare una certa quantità di
757 informazioni riguardo ai processi che sta terminando.
759 Questo viene fatto mantenendo attiva la voce nella tabella dei processi, e
760 memorizzando alcuni dati essenziali, come il \acr{pid}, i tempi di CPU usati
761 dal processo (vedi sez.~\ref{sec:sys_unix_time}) e lo stato di terminazione,
762 mentre la memoria in uso ed i file aperti vengono rilasciati immediatamente. I
763 processi che sono terminati, ma il cui stato di terminazione non è stato
764 ancora ricevuto dal padre sono chiamati \textit{zombie}\index{zombie}, essi
765 restano presenti nella tabella dei processi ed in genere possono essere
766 identificati dall'output di \cmd{ps} per la presenza di una \texttt{Z} nella
767 colonna che ne indica lo stato (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}). Quando
768 il padre effettuerà la lettura dello stato di uscita anche questa
769 informazione, non più necessaria, verrà scartata e la terminazione potrà dirsi
770 completamente conclusa.
772 Possiamo utilizzare il nostro programma di prova per analizzare anche questa
773 condizione: lanciamo il comando \cmd{forktest} in \textit{background} (vedi
774 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), indicando al processo padre di aspettare 10
775 secondi prima di uscire; in questo caso, usando \cmd{ps} sullo stesso
776 terminale (prima dello scadere dei 10 secondi) otterremo:
780 [piccardi@selidor sources]$ ps T
781 PID TTY STAT TIME COMMAND
782 419 pts/0 S 0:00 bash
783 568 pts/0 S 0:00 ./forktest -e10 3
784 569 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
785 570 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
786 571 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
787 572 pts/0 R 0:00 ps T
789 \normalsize e come si vede, dato che non si è fatto nulla per riceverne lo
790 stato di terminazione, i tre processi figli sono ancora presenti pur essendosi
791 conclusi, con lo stato di zombie \index{zombie} e l'indicazione che sono stati
794 La possibilità di avere degli zombie \index{zombie} deve essere tenuta sempre
795 presente quando si scrive un programma che deve essere mantenuto in esecuzione
796 a lungo e creare molti figli. In questo caso si deve sempre avere cura di far
797 leggere l'eventuale stato di uscita di tutti i figli (in genere questo si fa
798 attraverso un apposito \textit{signal handler}, che chiama la funzione
799 \func{wait}, vedi sez.~\ref{sec:sig_sigchld} e sez.~\ref{sec:proc_wait}).
800 Questa operazione è necessaria perché anche se gli \textit{zombie}
801 \index{zombie} non consumano risorse di memoria o processore, occupano
802 comunque una voce nella tabella dei processi, che a lungo andare potrebbe
805 Si noti che quando un processo adottato da \cmd{init} termina, esso non
806 diviene uno \textit{zombie}\index{zombie}; questo perché una delle funzioni di
807 \cmd{init} è appunto quella di chiamare la funzione \func{wait} per i processi
808 cui fa da padre, completandone la terminazione. Questo è quanto avviene anche
809 quando, come nel caso del precedente esempio con \cmd{forktest}, il padre
810 termina con dei figli in stato di zombie\index{zombie}: alla sua terminazione
811 infatti tutti i suoi figli (compresi gli zombie\index{zombie}) verranno
812 adottati da \cmd{init}, il quale provvederà a completarne la terminazione.
814 Si tenga presente infine che siccome gli zombie\index{zombie} sono processi
815 già usciti, non c'è modo di eliminarli con il comando \cmd{kill}; l'unica
816 possibilità di cancellarli dalla tabella dei processi è quella di terminare il
817 processo che li ha generati, in modo che \cmd{init} possa adottarli e
818 provvedere a concluderne la terminazione.
821 \subsection{Le funzioni \func{wait} e \func{waitpid}}
822 \label{sec:proc_wait}
824 Uno degli usi più comuni delle capacità multitasking di un sistema unix-like
825 consiste nella creazione di programmi di tipo server, in cui un processo
826 principale attende le richieste che vengono poi soddisfatte da una serie di
827 processi figli. Si è già sottolineato al paragrafo precedente come in questo
828 caso diventi necessario gestire esplicitamente la conclusione dei figli onde
829 evitare di riempire di \textit{zombie}\index{zombie} la tabella dei processi;
830 le funzioni deputate a questo compito sono sostanzialmente due, \funcd{wait} e
831 \func{waitpid}. La prima, il cui prototipo è:
833 \headdecl{sys/types.h}
834 \headdecl{sys/wait.h}
835 \funcdecl{pid\_t wait(int *status)}
837 Sospende il processo corrente finché un figlio non è uscito, o finché un
838 segnale termina il processo o chiama una funzione di gestione.
840 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del figlio in caso di successo
841 e -1 in caso di errore; \var{errno} può assumere i valori:
843 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
847 è presente fin dalle prime versioni di Unix; la funzione ritorna non appena un
848 processo figlio termina. Se un figlio è già terminato la funzione ritorna
849 immediatamente, se più di un figlio è terminato occorre chiamare la funzione
850 più volte se si vuole recuperare lo stato di terminazione di tutti quanti.
852 Al ritorno della funzione lo stato di terminazione del figlio viene salvato
853 nella variabile puntata da \param{status} e tutte le risorse del kernel
854 relative al processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_termination}) vengono rilasciate.
855 Nel caso un processo abbia più figli il valore di ritorno (il \acr{pid} del
856 figlio) permette di identificare qual è quello che è uscito.
858 Questa funzione ha il difetto di essere poco flessibile, in quanto ritorna
859 all'uscita di un qualunque processo figlio. Nelle occasioni in cui è
860 necessario attendere la conclusione di un processo specifico occorrerebbe
861 predisporre un meccanismo che tenga conto dei processi già terminati, e
862 provvedere a ripetere la chiamata alla funzione nel caso il processo cercato
865 Per questo motivo lo standard POSIX.1 ha introdotto la funzione
866 \funcd{waitpid} che effettua lo stesso servizio, ma dispone di una serie di
867 funzionalità più ampie, legate anche al controllo di sessione (si veda
868 sez.~\ref{sec:sess_job_control}). Dato che è possibile ottenere lo stesso
869 comportamento di \func{wait} si consiglia di utilizzare sempre questa
870 funzione, il cui prototipo è:
872 \headdecl{sys/types.h}
873 \headdecl{sys/wait.h}
874 \funcdecl{pid\_t waitpid(pid\_t pid, int *status, int options)}
875 Attende la conclusione di un processo figlio.
877 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del processo che è uscito, 0 se
878 è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e il processo non è uscito e
879 -1 per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
881 \item[\errcode{EINTR}] se non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
882 la funzione è stata interrotta da un segnale.
883 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
884 non è figlio del processo chiamante.
888 Le differenze principali fra le due funzioni sono che \func{wait} si blocca
889 sempre fino a che un processo figlio non termina, mentre \func{waitpid} ha la
890 possibilità si specificare un'opzione \const{WNOHANG} che ne previene il
891 blocco; inoltre \func{waitpid} può specificare in maniera flessibile quale
892 processo attendere, sulla base del valore fornito dall'argomento \param{pid},
893 secondo lo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_waidpid_pid}.
898 \begin{tabular}[c]{|c|c|p{8cm}|}
900 \textbf{Valore} & \textbf{Opzione} &\textbf{Significato}\\
903 $<-1$& -- & attende per un figlio il cui
904 \itindex{process~group} \textit{process group}
905 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è uguale
906 al valore assoluto di \param{pid}. \\
907 $-1$& \const{WAIT\_ANY} & attende per un figlio qualsiasi, usata in
908 questa maniera è equivalente a \func{wait}.\\
909 $0$ &\const{WAIT\_MYPGRP}&attende per un figlio il cui
910 \itindex{process~group} \textit{process group} è
911 uguale a quello del processo chiamante. \\
912 $>0$& -- & attende per un figlio il cui \acr{pid} è uguale
913 al valore di \param{pid}.\\
916 \caption{Significato dei valori dell'argomento \param{pid} della funzione
918 \label{tab:proc_waidpid_pid}
921 Il comportamento di \func{waitpid} può inoltre essere modificato passando
922 delle opportune opzioni tramite l'argomento \param{option}. I valori possibili
923 sono il già citato \const{WNOHANG}, che previene il blocco della funzione
924 quando il processo figlio non è terminato, e \const{WUNTRACED} che permette di
925 tracciare i processi bloccati. Il valore dell'opzione deve essere specificato
926 come maschera binaria ottenuta con l'OR delle suddette costanti con zero.
928 In genere si utilizza \const{WUNTRACED} all'interno del controllo di sessione,
929 (l'argomento è trattato in sez.~\ref{sec:sess_job_control}). In tal caso
930 infatti la funzione ritorna, restituendone il \acr{pid}, quando c'è un
931 processo figlio che è entrato in stato di sleep (vedi
932 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}) e del quale non si è ancora letto lo stato
933 (con questa stessa opzione). In Linux sono previste altre opzioni non standard
934 relative al comportamento con i thread, che riprenderemo in
935 sez.~\ref{sec:thread_xxx}.
937 La terminazione di un processo figlio è chiaramente un evento asincrono
938 rispetto all'esecuzione di un programma e può avvenire in un qualunque
939 momento. Per questo motivo, come accennato nella sezione precedente, una delle
940 azioni prese dal kernel alla conclusione di un processo è quella di mandare un
941 segnale di \const{SIGCHLD} al padre. L'azione predefinita (si veda
942 sez.~\ref{sec:sig_base}) per questo segnale è di essere ignorato, ma la sua
943 generazione costituisce il meccanismo di comunicazione asincrona con cui il
944 kernel avverte il processo padre che uno dei suoi figli è terminato.
946 In genere in un programma non si vuole essere forzati ad attendere la
947 conclusione di un processo per proseguire, specie se tutto questo serve solo
948 per leggerne lo stato di chiusura (ed evitare la presenza di
949 \textit{zombie}\index{zombie}), per questo la modalità più usata per chiamare
950 queste funzioni è quella di utilizzarle all'interno di un \textit{signal
951 handler} (vedremo un esempio di come gestire \const{SIGCHLD} con i segnali
952 in sez.~\ref{sec:sig_example}). In questo caso infatti, dato che il segnale è
953 generato dalla terminazione di un figlio, avremo la certezza che la chiamata a
954 \func{wait} non si bloccherà.
959 \begin{tabular}[c]{|c|p{10cm}|}
961 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
964 \macro{WIFEXITED(s)} & Condizione vera (valore non nullo) per un processo
965 figlio che sia terminato normalmente. \\
966 \macro{WEXITSTATUS(s)} & Restituisce gli otto bit meno significativi dello
967 stato di uscita del processo (passato attraverso
968 \func{\_exit}, \func{exit} o come valore di
969 ritorno di \func{main}). Può essere valutata solo
970 se \val{WIFEXITED} ha restituito un valore non
972 \macro{WIFSIGNALED(s)} & Vera se il processo figlio è terminato
973 in maniera anomala a causa di un segnale che non
974 è stato catturato (vedi
975 sez.~\ref{sec:sig_notification}).\\
976 \macro{WTERMSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha causato
977 la terminazione anomala del processo. Può essere
978 valutata solo se \val{WIFSIGNALED} ha restituito
979 un valore non nullo.\\
980 \macro{WCOREDUMP(s)} & Vera se il processo terminato ha generato un
981 file di \itindex{core~dump}\textit{core
982 dump}. Può essere valutata solo se
983 \val{WIFSIGNALED} ha restituito un valore non
984 nullo.\footnotemark \\
985 \macro{WIFSTOPPED(s)} & Vera se il processo che ha causato il ritorno di
986 \func{waitpid} è bloccato. L'uso è possibile solo
987 avendo specificato l'opzione \const{WUNTRACED}. \\
988 \macro{WSTOPSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha bloccato
989 il processo. Può essere valutata solo se
990 \val{WIFSTOPPED} ha restituito un valore non
994 \caption{Descrizione delle varie macro di preprocessore utilizzabili per
995 verificare lo stato di terminazione \var{s} di un processo.}
996 \label{tab:proc_status_macro}
999 \footnotetext{questa macro non è definita dallo standard POSIX.1, ma è
1000 presente come estensione sia in Linux che in altri Unix.}
1002 Entrambe le funzioni di attesa restituiscono lo stato di terminazione del
1003 processo tramite il puntatore \param{status} (se non interessa memorizzare
1004 lo stato si può passare un puntatore nullo). Il valore restituito da
1005 entrambe le funzioni dipende dall'implementazione, e tradizionalmente alcuni
1006 bit (in genere 8) sono riservati per memorizzare lo stato di uscita, e altri
1007 per indicare il segnale che ha causato la terminazione (in caso di
1008 conclusione anomala), uno per indicare se è stato generato un
1009 \itindex{core~dump}\textit{core dump}, ecc.\footnote{le definizioni esatte
1010 si possono trovare in \file{<bits/waitstatus.h>} ma questo file non deve
1011 mai essere usato direttamente, esso viene incluso attraverso
1012 \file{<sys/wait.h>}.}
1014 Lo standard POSIX.1 definisce una serie di macro di preprocessore da usare per
1015 analizzare lo stato di uscita. Esse sono definite sempre in
1016 \file{<sys/wait.h>} ed elencate in tab.~\ref{tab:proc_status_macro} (si tenga
1017 presente che queste macro prendono come parametro la variabile di tipo
1018 \ctyp{int} puntata da \param{status}).
1020 Si tenga conto che nel caso di conclusione anomala il valore restituito da
1021 \val{WTERMSIG} può essere confrontato con le costanti definite in
1022 \file{signal.h} ed elencate in tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, e stampato
1023 usando le apposite funzioni trattate in sez.~\ref{sec:sig_strsignal}.
1026 \subsection{Le funzioni \func{wait3} e \func{wait4}}
1027 \label{sec:proc_wait4}
1029 Linux, seguendo un'estensione di BSD, supporta altre due funzioni per la
1030 lettura dello stato di terminazione di un processo, analoghe alle precedenti
1031 ma che prevedono un ulteriore argomento attraverso il quale il kernel può
1032 restituire al padre informazioni sulle risorse usate dal processo terminato e
1033 dai vari figli. Le due funzioni sono \funcd{wait3} e \funcd{wait4}, che
1034 diventano accessibili definendo la macro \macro{\_USE\_BSD}; i loro prototipi
1037 \headdecl{sys/times.h} \headdecl{sys/types.h} \headdecl{sys/wait.h}
1038 \headdecl{sys/resource.h}
1040 \funcdecl{pid\_t wait4(pid\_t pid, int *status, int options, struct rusage
1042 È identica a \func{waitpid} sia per comportamento che per i valori degli
1043 argomenti, ma restituisce in \param{rusage} un sommario delle risorse usate
1046 \funcdecl{pid\_t wait3(int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1047 Prima versione, equivalente a \code{wait4(-1, \&status, opt, rusage)} è
1048 ormai deprecata in favore di \func{wait4}.
1051 la struttura \struct{rusage} è definita in \file{sys/resource.h}, e viene
1052 utilizzata anche dalla funzione \func{getrusage} (vedi
1053 sez.~\ref{sec:sys_resource_use}) per ottenere le risorse di sistema usate da un
1054 processo; la sua definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}.
1057 \subsection{Le funzioni \func{exec}}
1058 \label{sec:proc_exec}
1060 Abbiamo già detto che una delle modalità principali con cui si utilizzano i
1061 processi in Unix è quella di usarli per lanciare nuovi programmi: questo viene
1062 fatto attraverso una delle funzioni della famiglia \func{exec}. Quando un
1063 processo chiama una di queste funzioni esso viene completamente sostituito dal
1064 nuovo programma; il \acr{pid} del processo non cambia, dato che non viene
1065 creato un nuovo processo, la funzione semplicemente rimpiazza lo
1066 \itindex{stack} stack, lo \itindex{heap} heap, i dati ed il testo del processo
1067 corrente con un nuovo programma letto da disco.
1069 Ci sono sei diverse versioni di \func{exec} (per questo la si è chiamata
1070 famiglia di funzioni) che possono essere usate per questo compito, in realtà
1071 (come mostrato in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}), sono tutte un front-end a
1072 \funcd{execve}. Il prototipo di quest'ultima è:
1073 \begin{prototype}{unistd.h}
1074 {int execve(const char *filename, char *const argv[], char *const envp[])}
1075 Esegue il programma contenuto nel file \param{filename}.
1077 \bodydesc{La funzione ritorna solo in caso di errore, restituendo -1; nel
1078 qual caso \var{errno} può assumere i valori:
1080 \item[\errcode{EACCES}] il file non è eseguibile, oppure il filesystem è
1081 montato in \cmd{noexec}, oppure non è un file regolare o un interprete.
1082 \item[\errcode{EPERM}] il file ha i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1083 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}, l'utente non è root, il processo viene
1084 tracciato, o il filesystem è montato con l'opzione \cmd{nosuid}.
1085 \item[\errcode{ENOEXEC}] il file è in un formato non eseguibile o non
1086 riconosciuto come tale, o compilato per un'altra architettura.
1087 \item[\errcode{ENOENT}] il file o una delle librerie dinamiche o l'interprete
1088 necessari per eseguirlo non esistono.
1089 \item[\errcode{ETXTBSY}] l'eseguibile è aperto in scrittura da uno o più
1091 \item[\errcode{EINVAL}] l'eseguibile ELF ha più di un segmento
1092 \const{PF\_INTERP}, cioè chiede di essere eseguito da più di un
1094 \item[\errcode{ELIBBAD}] un interprete ELF non è in un formato
1096 \item[\errcode{E2BIG}] la lista degli argomenti è troppo grande.
1098 ed inoltre anche \errval{EFAULT}, \errval{ENOMEM}, \errval{EIO},
1099 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ELOOP}, \errval{ENOTDIR}, \errval{ENFILE},
1103 La funzione \func{exec} esegue il file o lo script indicato da
1104 \param{filename}, passandogli la lista di argomenti indicata da \param{argv}
1105 e come ambiente la lista di stringhe indicata da \param{envp}; entrambe le
1106 liste devono essere terminate da un puntatore nullo. I vettori degli
1107 argomenti e dell'ambiente possono essere acceduti dal nuovo programma
1108 quando la sua funzione \func{main} è dichiarata nella forma
1109 \code{main(int argc, char *argv[], char *envp[])}.
1111 Le altre funzioni della famiglia servono per fornire all'utente una serie di
1112 possibili diverse interfacce per la creazione di un nuovo processo. I loro
1116 \funcdecl{int execl(const char *path, const char *arg, ...)}
1117 \funcdecl{int execv(const char *path, char *const argv[])}
1118 \funcdecl{int execle(const char *path, const char *arg, ..., char
1120 \funcdecl{int execlp(const char *file, const char *arg, ...)}
1121 \funcdecl{int execvp(const char *file, char *const argv[])}
1123 Sostituiscono l'immagine corrente del processo con quella indicata nel primo
1124 argomento. Gli argomenti successivi consentono di specificare gli argomenti a
1125 linea di comando e l'ambiente ricevuti dal nuovo processo.
1127 \bodydesc{Queste funzioni ritornano solo in caso di errore, restituendo -1;
1128 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori visti in precedenza per
1132 Per capire meglio le differenze fra le funzioni della famiglia si può fare
1133 riferimento allo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_exec_scheme}. La
1134 prima differenza riguarda le modalità di passaggio dei valori che poi andranno
1135 a costituire gli argomenti a linea di comando (cioè i valori di
1136 \param{argv} e \param{argc} visti dalla funzione \func{main} del programma
1139 Queste modalità sono due e sono riassunte dagli mnemonici \code{v} e \code{l}
1140 che stanno rispettivamente per \textit{vector} e \textit{list}. Nel primo caso
1141 gli argomenti sono passati tramite il vettore di puntatori \var{argv[]} a
1142 stringhe terminate con zero che costituiranno gli argomenti a riga di comando,
1143 questo vettore \emph{deve} essere terminato da un puntatore nullo.
1145 Nel secondo caso le stringhe degli argomenti sono passate alla funzione come
1146 lista di puntatori, nella forma:
1147 \includecodesnip{listati/char_list.c}
1148 che deve essere terminata da un puntatore nullo. In entrambi i casi vale la
1149 convenzione che il primo argomento (\var{arg0} o \var{argv[0]}) viene usato
1150 per indicare il nome del file che contiene il programma che verrà eseguito.
1155 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|c|c|}
1157 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Caratteristiche}} &
1158 \multicolumn{6}{|c|}{\textbf{Funzioni}} \\
1160 &\func{execl}\texttt{ }&\func{execlp}&\func{execle}
1161 &\func{execv}\texttt{ }& \func{execvp}& \func{execve} \\
1164 argomenti a lista &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$&&& \\
1165 argomenti a vettore &&&&$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$\\
1167 filename completo &$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$\\
1168 ricerca su \var{PATH} &&$\bullet$&&&$\bullet$& \\
1170 ambiente a vettore &&&$\bullet$&&&$\bullet$ \\
1171 uso di \var{environ} &$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$& \\
1174 \caption{Confronto delle caratteristiche delle varie funzioni della
1175 famiglia \func{exec}.}
1176 \label{tab:proc_exec_scheme}
1179 La seconda differenza fra le funzioni riguarda le modalità con cui si
1180 specifica il programma che si vuole eseguire. Con lo mnemonico \code{p} si
1181 indicano le due funzioni che replicano il comportamento della shell nello
1182 specificare il comando da eseguire; quando l'argomento \param{file} non
1183 contiene una ``\texttt{/}'' esso viene considerato come un nome di programma,
1184 e viene eseguita automaticamente una ricerca fra i file presenti nella lista
1185 di directory specificate dalla variabile di ambiente \var{PATH}. Il file che
1186 viene posto in esecuzione è il primo che viene trovato. Se si ha un errore
1187 relativo a permessi di accesso insufficienti (cioè l'esecuzione della
1188 sottostante \func{execve} ritorna un \errcode{EACCES}), la ricerca viene
1189 proseguita nelle eventuali ulteriori directory indicate in \var{PATH}; solo se
1190 non viene trovato nessun altro file viene finalmente restituito
1193 Le altre quattro funzioni si limitano invece a cercare di eseguire il file
1194 indicato dall'argomento \param{path}, che viene interpretato come il
1195 \itindex{pathname}\textit{pathname} del programma.
1199 \includegraphics[width=15cm]{img/exec_rel}
1200 \caption{La interrelazione fra le sei funzioni della famiglia \func{exec}.}
1201 \label{fig:proc_exec_relat}
1204 La terza differenza è come viene passata la lista delle variabili di ambiente.
1205 Con lo mnemonico \texttt{e} vengono indicate quelle funzioni che necessitano
1206 di un vettore di parametri \var{envp[]} analogo a quello usato per gli
1207 argomenti a riga di comando (terminato quindi da un \val{NULL}), le altre
1208 usano il valore della variabile \var{environ} (vedi
1209 sez.~\ref{sec:proc_environ}) del processo di partenza per costruire
1212 Oltre a mantenere lo stesso \acr{pid}, il nuovo programma fatto partire da
1213 \func{exec} assume anche una serie di altre proprietà del processo chiamante;
1214 la lista completa è la seguente:
1216 \item il \textit{process id} (\acr{pid}) ed il \textit{parent process id}
1218 \item l'\textsl{user-ID reale}, il \textit{group-ID reale} ed i
1219 \textsl{group-ID supplementari} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1220 \item il \textit{session ID} (\acr{sid}) ed il \itindex{process~group}
1221 \textit{process group ID} (\acr{pgid}), vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group};
1222 \item il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
1223 \item il tempo restante ad un allarme (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort});
1224 \item la directory radice e la directory di lavoro corrente (vedi
1225 sez.~\ref{sec:file_work_dir});
1226 \item la maschera di creazione dei file (\var{umask}, vedi
1227 sez.~\ref{sec:file_umask}) ed i \textit{lock} sui file (vedi
1228 sez.~\ref{sec:file_locking});
1229 \item i segnali sospesi (\textit{pending}) e la maschera dei segnali (si veda
1230 sez.~\ref{sec:sig_sigmask});
1231 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
1232 \item i valori delle variabili \var{tms\_utime}, \var{tms\_stime},
1233 \var{tms\_cutime}, \var{tms\_ustime} (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}).
1236 Inoltre i segnali che sono stati impostati per essere ignorati nel processo
1237 chiamante mantengono la stessa impostazione pure nel nuovo programma, tutti
1238 gli altri segnali vengono impostati alla loro azione predefinita. Un caso
1239 speciale è il segnale \const{SIGCHLD} che, quando impostato a
1240 \const{SIG\_IGN}, può anche non essere reimpostato a \const{SIG\_DFL} (si veda
1241 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}).
1243 La gestione dei file aperti dipende dal valore che ha il flag di
1244 \textit{close-on-exec}\itindex{close-on-exec} (vedi anche
1245 sez.~\ref{sec:file_fcntl}) per ciascun file descriptor. I file per cui è
1246 impostato vengono chiusi, tutti gli altri file restano aperti. Questo
1247 significa che il comportamento predefinito è che i file restano aperti
1248 attraverso una \func{exec}, a meno di una chiamata esplicita a \func{fcntl}
1249 che imposti il suddetto flag.
1251 Per le directory, lo standard POSIX.1 richiede che esse vengano chiuse
1252 attraverso una \func{exec}, in genere questo è fatto dalla funzione
1253 \func{opendir} (vedi sez.~\ref{sec:file_dir_read}) che effettua da sola
1254 l'impostazione del flag di \textit{close-on-exec}\itindex{close-on-exec} sulle
1255 directory che apre, in maniera trasparente all'utente.
1257 Abbiamo detto che l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID reale}
1258 restano gli stessi all'esecuzione di \func{exec}; lo stesso vale per
1259 l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} (il significato
1260 di questi identificatori è trattato in sez.~\ref{sec:proc_access_id}), tranne
1261 quando il file che si va ad eseguire abbia o il \itindex{suid~bit}\acr{suid}
1262 bit o lo \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} bit impostato, in questo caso
1263 l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} vengono
1264 impostati rispettivamente all'utente o al gruppo cui il file appartiene (per i
1265 dettagli vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}).
1267 Se il file da eseguire è in formato \emph{a.out} e necessita di librerie
1268 condivise, viene lanciato il \textit{linker} dinamico \cmd{/lib/ld.so} prima
1269 del programma per caricare le librerie necessarie ed effettuare il link
1270 dell'eseguibile. Se il programma è in formato ELF per caricare le librerie
1271 dinamiche viene usato l'interprete indicato nel segmento \const{PT\_INTERP},
1272 in genere questo è \file{/lib/ld-linux.so.1} per programmi linkati con le
1273 \acr{libc5}, e \file{/lib/ld-linux.so.2} per programmi linkati con le
1276 Infine nel caso il file sia uno script esso deve iniziare con una linea nella
1277 forma \cmd{\#!/path/to/interpreter [argomenti]} dove l'interprete indicato
1278 deve essere un programma valido (binario, non un altro script) che verrà
1279 chiamato come se si fosse eseguito il comando \cmd{interpreter [argomenti]
1280 filename}.\footnote{si tenga presente che con Linux quanto viene scritto
1281 come \texttt{argomenti} viene passato all'interprete come un unico argomento
1282 con una unica stringa di lunghezza massima di 127 caratteri e se questa
1283 dimensione viene ecceduta la stringa viene troncata; altri Unix hanno
1284 dimensioni massime diverse, e diversi comportamenti, ad esempio FreeBSD
1285 esegue la scansione della riga e la divide nei vari argomenti e se è troppo
1286 lunga restituisce un errore di \const{ENAMETOOLONG}, una comparazione dei
1287 vari comportamenti si trova su
1288 \href{http://www.in-ulm.de/~mascheck/various/shebang/}
1289 {\texttt{http://www.in-ulm.de/\tild mascheck/various/shebang/}}.}
1291 Con la famiglia delle \func{exec} si chiude il novero delle funzioni su cui è
1292 basata la gestione dei processi in Unix: con \func{fork} si crea un nuovo
1293 processo, con \func{exec} si lancia un nuovo programma, con \func{exit} e
1294 \func{wait} si effettua e verifica la conclusione dei processi. Tutte le
1295 altre funzioni sono ausiliarie e servono per la lettura e l'impostazione dei
1296 vari parametri connessi ai processi.
1300 \section{Il controllo di accesso}
1301 \label{sec:proc_perms}
1303 In questa sezione esamineremo le problematiche relative al controllo di
1304 accesso dal punto di vista dei processi; vedremo quali sono gli identificatori
1305 usati, come questi possono essere modificati nella creazione e nel lancio di
1306 nuovi processi, le varie funzioni per la loro manipolazione diretta e tutte le
1307 problematiche connesse ad una gestione accorta dei privilegi.
1310 \subsection{Gli identificatori del controllo di accesso}
1311 \label{sec:proc_access_id}
1313 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_multiuser} il modello base\footnote{in
1314 realtà già esistono estensioni di questo modello base, che lo rendono più
1315 flessibile e controllabile, come le \itindex{capabilities}
1316 \textit{capabilities} illustrate in sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, le ACL
1317 per i file o il \textit{Mandatory Access Control}
1318 \itindex{Mandatory~Access~Control~(MAC)} di SELinux; inoltre basandosi sul
1319 lavoro effettuato con SELinux, a partire dal kernel 2.5.x, è iniziato lo
1320 sviluppo di una infrastruttura di sicurezza, il \textit{Linux Security
1321 Modules}, o LSM, in grado di fornire diversi agganci a livello del kernel
1322 per modularizzare tutti i possibili controlli di accesso.} di sicurezza di
1323 un sistema unix-like è fondato sui concetti di utente e gruppo, e sulla
1324 separazione fra l'amministratore (\textsl{root}, detto spesso anche
1325 \textit{superuser}) che non è sottoposto a restrizioni, ed il resto degli
1326 utenti, per i quali invece vengono effettuati i vari controlli di accesso.
1328 Abbiamo già accennato come il sistema associ ad ogni utente e gruppo due
1329 identificatori univoci, lo user-ID ed il group-ID; questi servono al kernel per
1330 identificare uno specifico utente o un gruppo di utenti, per poi poter
1331 controllare che essi siano autorizzati a compiere le operazioni richieste. Ad
1332 esempio in sez.~\ref{sec:file_access_control} vedremo come ad ogni file vengano
1333 associati un utente ed un gruppo (i suoi \textsl{proprietari}, indicati
1334 appunto tramite un \acr{uid} ed un \acr{gid}) che vengono controllati dal
1335 kernel nella gestione dei permessi di accesso.
1337 Dato che tutte le operazioni del sistema vengono compiute dai processi, è
1338 evidente che per poter implementare un controllo sulle operazioni occorre
1339 anche poter identificare chi è che ha lanciato un certo programma, e pertanto
1340 anche a ciascun processo dovrà essere associato un utente e un gruppo.
1342 Un semplice controllo di una corrispondenza fra identificativi non garantisce
1343 però sufficiente flessibilità per tutti quei casi in cui è necessario poter
1344 disporre di privilegi diversi, o dover impersonare un altro utente per un
1345 limitato insieme di operazioni. Per questo motivo in generale tutti gli Unix
1346 prevedono che i processi abbiano almeno due gruppi di identificatori, chiamati
1347 rispettivamente \textit{real} ed \textit{effective} (cioè \textsl{reali} ed
1348 \textsl{effettivi}). Nel caso di Linux si aggiungono poi altri due gruppi, il
1349 \textit{saved} (\textsl{salvati}) ed il \textit{filesystem} (\textsl{di
1350 filesystem}), secondo la situazione illustrata in
1351 tab.~\ref{tab:proc_uid_gid}.
1356 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|p{7.3cm}|}
1358 \textbf{Suffisso} & \textbf{Gruppo} & \textbf{Denominazione}
1359 & \textbf{Significato} \\
1362 \acr{uid} & \textit{real} & \textsl{user-ID reale}
1363 & indica l'utente che ha lanciato il programma\\
1364 \acr{gid} & '' &\textsl{group-ID reale}
1365 & indica il gruppo principale dell'utente che ha lanciato
1368 \acr{euid} & \textit{effective} &\textsl{user-ID effettivo}
1369 & indica l'utente usato nel controllo di accesso \\
1370 \acr{egid} & '' & \textsl{group-ID effettivo}
1371 & indica il gruppo usato nel controllo di accesso \\
1372 -- & -- & \textsl{group-ID supplementari}
1373 & indicano gli ulteriori gruppi cui l'utente appartiene \\
1375 -- & \textit{saved} & \textsl{user-ID salvato}
1376 & è una copia dell'\acr{euid} iniziale\\
1377 -- & '' & \textsl{group-ID salvato}
1378 & è una copia dell'\acr{egid} iniziale \\
1380 \acr{fsuid} & \textit{filesystem} &\textsl{user-ID di filesystem}
1381 & indica l'utente effettivo per l'accesso al filesystem \\
1382 \acr{fsgid} & '' & \textsl{group-ID di filesystem}
1383 & indica il gruppo effettivo per l'accesso al filesystem \\
1386 \caption{Identificatori di utente e gruppo associati a ciascun processo con
1387 indicazione dei suffissi usati dalle varie funzioni di manipolazione.}
1388 \label{tab:proc_uid_gid}
1391 Al primo gruppo appartengono l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID
1392 reale}: questi vengono impostati al login ai valori corrispondenti
1393 all'utente con cui si accede al sistema (e relativo gruppo principale).
1394 Servono per l'identificazione dell'utente e normalmente non vengono mai
1395 cambiati. In realtà vedremo (in sez.~\ref{sec:proc_setuid}) che è possibile
1396 modificarli, ma solo ad un processo che abbia i privilegi di amministratore;
1397 questa possibilità è usata proprio dal programma \cmd{login} che, una volta
1398 completata la procedura di autenticazione, lancia una shell per la quale
1399 imposta questi identificatori ai valori corrispondenti all'utente che entra
1402 Al secondo gruppo appartengono lo \textsl{user-ID effettivo} ed il
1403 \textsl{group-ID effettivo} (a cui si aggiungono gli eventuali \textsl{group-ID
1404 supplementari} dei gruppi dei quali l'utente fa parte). Questi sono invece
1405 gli identificatori usati nelle verifiche dei permessi del processo e per il
1406 controllo di accesso ai file (argomento affrontato in dettaglio in
1407 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1409 Questi identificatori normalmente sono identici ai corrispondenti del gruppo
1410 \textit{real} tranne nel caso in cui, come accennato in
1411 sez.~\ref{sec:proc_exec}, il programma che si è posto in esecuzione abbia i
1412 bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati
1413 (il significato di questi bit è affrontato in dettaglio in
1414 sez.~\ref{sec:file_suid_sgid}). In questo caso essi saranno impostati
1415 all'utente e al gruppo proprietari del file. Questo consente, per programmi in
1416 cui ci sia necessità, di dare a qualunque utente normale privilegi o permessi
1417 di un altro (o dell'amministratore).
1419 Come nel caso del \acr{pid} e del \acr{ppid}, anche tutti questi
1420 identificatori possono essere letti attraverso le rispettive funzioni:
1421 \funcd{getuid}, \funcd{geteuid}, \funcd{getgid} e \funcd{getegid}, i loro
1425 \headdecl{sys/types.h}
1426 \funcdecl{uid\_t getuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID reale} del
1429 \funcdecl{uid\_t geteuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID effettivo} del
1432 \funcdecl{gid\_t getgid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID reale} del
1435 \funcdecl{gid\_t getegid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID effettivo}
1436 del processo corrente.
1438 \bodydesc{Queste funzioni non riportano condizioni di errore.}
1441 In generale l'uso di privilegi superiori deve essere limitato il più
1442 possibile, per evitare abusi e problemi di sicurezza, per questo occorre anche
1443 un meccanismo che consenta ad un programma di rilasciare gli eventuali
1444 maggiori privilegi necessari, una volta che si siano effettuate le operazioni
1445 per i quali erano richiesti, e a poterli eventualmente recuperare in caso
1448 Questo in Linux viene fatto usando altri due gruppi di identificatori, il
1449 \textit{saved} ed il \textit{filesystem}. Il primo gruppo è lo stesso usato in
1450 SVr4, e previsto dallo standard POSIX quando è definita la costante
1451 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS},\footnote{in caso si abbia a cuore la portabilità
1452 del programma su altri Unix è buona norma controllare sempre la
1453 disponibilità di queste funzioni controllando se questa costante è
1454 definita.} il secondo gruppo è specifico di Linux e viene usato per
1455 migliorare la sicurezza con NFS.
1457 L'\textsl{user-ID salvato} ed il \textsl{group-ID salvato} sono copie
1458 dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo} del processo
1459 padre, e vengono impostati dalla funzione \func{exec} all'avvio del processo,
1460 come copie dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo}
1461 dopo che questi sono stati impostati tenendo conto di eventuali
1462 \itindex{suid~bit}\acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}. Essi quindi
1463 consentono di tenere traccia di quale fossero utente e gruppo effettivi
1464 all'inizio dell'esecuzione di un nuovo programma.
1466 L'\textsl{user-ID di filesystem} e il \textsl{group-ID di filesystem} sono
1467 un'estensione introdotta in Linux per rendere più sicuro l'uso di NFS
1468 (torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:proc_setuid}). Essi sono una
1469 replica dei corrispondenti identificatori del gruppo \textit{effective}, ai
1470 quali si sostituiscono per tutte le operazioni di verifica dei permessi
1471 relativi ai file (trattate in sez.~\ref{sec:file_perm_overview}). Ogni
1472 cambiamento effettuato sugli identificatori effettivi viene automaticamente
1473 riportato su di essi, per cui in condizioni normali si può tranquillamente
1474 ignorarne l'esistenza, in quanto saranno del tutto equivalenti ai precedenti.
1477 \subsection{Le funzioni di gestione degli identificatori dei processi}
1478 \label{sec:proc_setuid}
1480 Le due funzioni più comuni che vengono usate per cambiare identità (cioè
1481 utente e gruppo di appartenenza) ad un processo sono rispettivamente
1482 \funcd{setuid} e \funcd{setgid}; come accennato in
1483 sez.~\ref{sec:proc_access_id} in Linux esse seguono la semantica POSIX che
1484 prevede l'esistenza dell'\textit{user-ID salvato} e del \textit{group-ID
1485 salvato}; i loro prototipi sono:
1488 \headdecl{sys/types.h}
1490 \funcdecl{int setuid(uid\_t uid)} Imposta l'\textsl{user-ID} del processo
1493 \funcdecl{int setgid(gid\_t gid)} Imposta il \textsl{group-ID} del processo
1496 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1497 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1500 Il funzionamento di queste due funzioni è analogo, per cui considereremo solo
1501 la prima; la seconda si comporta esattamente allo stesso modo facendo
1502 riferimento al \textsl{group-ID} invece che all'\textsl{user-ID}. Gli
1503 eventuali \textsl{group-ID supplementari} non vengono modificati.
1505 L'effetto della chiamata è diverso a seconda dei privilegi del processo; se
1506 l'\textsl{user-ID effettivo} è zero (cioè è quello dell'amministratore di
1507 sistema) allora tutti gli identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e
1508 \textit{saved}) vengono impostati al valore specificato da \param{uid},
1509 altrimenti viene impostato solo l'\textsl{user-ID effettivo}, e soltanto se il
1510 valore specificato corrisponde o all'\textsl{user-ID reale} o
1511 all'\textsl{user-ID salvato}. Negli altri casi viene segnalato un errore (con
1514 Come accennato l'uso principale di queste funzioni è quello di poter
1515 consentire ad un programma con i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1516 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati (vedi sez.~\ref{sec:file_suid_sgid})
1517 di riportare l'\textsl{user-ID effettivo} a quello dell'utente che ha lanciato
1518 il programma, effettuare il lavoro che non necessita di privilegi aggiuntivi,
1519 ed eventualmente tornare indietro.
1521 Come esempio per chiarire l'uso di queste funzioni prendiamo quello con cui
1522 viene gestito l'accesso al file \file{/var/log/utmp}. In questo file viene
1523 registrato chi sta usando il sistema al momento corrente; chiaramente non può
1524 essere lasciato aperto in scrittura a qualunque utente, che potrebbe
1525 falsificare la registrazione. Per questo motivo questo file (e l'analogo
1526 \file{/var/log/wtmp} su cui vengono registrati login e logout) appartengono ad
1527 un gruppo dedicato (\acr{utmp}) ed i programmi che devono accedervi (ad
1528 esempio tutti i programmi di terminale in X, o il programma \cmd{screen} che
1529 crea terminali multipli su una console) appartengono a questo gruppo ed hanno
1530 il bit \acr{sgid} impostato.
1532 Quando uno di questi programmi (ad esempio \cmd{xterm}) viene lanciato, la
1533 situazione degli identificatori è la seguente:
1536 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (del chiamante)} \\
1537 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1538 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp}}
1540 in questo modo, dato che il \textsl{group-ID effettivo} è quello giusto, il
1541 programma può accedere a \file{/var/log/utmp} in scrittura ed aggiornarlo. A
1542 questo punto il programma può eseguire una \code{setgid(getgid())} per
1543 impostare il \textsl{group-ID effettivo} a quello dell'utente (e dato che il
1544 \textsl{group-ID reale} corrisponde la funzione avrà successo), in questo modo
1545 non sarà possibile lanciare dal terminale programmi che modificano detto file,
1546 in tal caso infatti la situazione degli identificatori sarebbe:
1549 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1550 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{gid}} \\
1551 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1553 e ogni processo lanciato dal terminale avrebbe comunque \acr{gid} come
1554 \textsl{group-ID effettivo}. All'uscita dal terminale, per poter di nuovo
1555 aggiornare lo stato di \file{/var/log/utmp} il programma eseguirà una
1556 \code{setgid(utmp)} (dove \var{utmp} è il valore numerico associato al gruppo
1557 \acr{utmp}, ottenuto ad esempio con una precedente \func{getegid}), dato che
1558 in questo caso il valore richiesto corrisponde al \textsl{group-ID salvato} la
1559 funzione avrà successo e riporterà la situazione a:
1562 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1563 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1564 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1566 consentendo l'accesso a \file{/var/log/utmp}.
1568 Occorre però tenere conto che tutto questo non è possibile con un processo con
1569 i privilegi di amministratore, in tal caso infatti l'esecuzione di una
1570 \func{setuid} comporta il cambiamento di tutti gli identificatori associati al
1571 processo, rendendo impossibile riguadagnare i privilegi di amministratore.
1572 Questo comportamento è corretto per l'uso che ne fa \cmd{login} una volta che
1573 crea una nuova shell per l'utente; ma quando si vuole cambiare soltanto
1574 l'\textsl{user-ID effettivo} del processo per cedere i privilegi occorre
1575 ricorrere ad altre funzioni.
1577 Le due funzioni \funcd{setreuid} e \funcd{setregid} derivano da BSD che, non
1578 supportando\footnote{almeno fino alla versione 4.3+BSD.} gli identificatori
1579 del gruppo \textit{saved}, le usa per poter scambiare fra di loro
1580 \textit{effective} e \textit{real}. I rispettivi prototipi sono:
1583 \headdecl{sys/types.h}
1585 \funcdecl{int setreuid(uid\_t ruid, uid\_t euid)} Imposta l'\textsl{user-ID
1586 reale} e l'\textsl{user-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1587 specificati da \param{ruid} e \param{euid}.
1589 \funcdecl{int setregid(gid\_t rgid, gid\_t egid)} Imposta il \textsl{group-ID
1590 reale} ed il \textsl{group-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1591 specificati da \param{rgid} e \param{egid}.
1593 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1594 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1597 La due funzioni sono analoghe ed il loro comportamento è identico; quanto
1598 detto per la prima riguardo l'user-ID, si applica immediatamente alla seconda
1599 per il group-ID. I processi non privilegiati possono impostare solo i valori
1600 del loro user-ID effettivo o reale; valori diversi comportano il fallimento
1601 della chiamata; l'amministratore invece può specificare un valore qualunque.
1602 Specificando un argomento di valore -1 l'identificatore corrispondente verrà
1603 lasciato inalterato.
1605 Con queste funzioni si possono scambiare fra loro gli user-ID reale e
1606 effettivo, e pertanto è possibile implementare un comportamento simile a
1607 quello visto in precedenza per \func{setgid}, cedendo i privilegi con un primo
1608 scambio, e recuperandoli, eseguito il lavoro non privilegiato, con un secondo
1611 In questo caso però occorre porre molta attenzione quando si creano nuovi
1612 processi nella fase intermedia in cui si sono scambiati gli identificatori, in
1613 questo caso infatti essi avranno un user-ID reale privilegiato, che dovrà
1614 essere esplicitamente eliminato prima di porre in esecuzione un nuovo
1615 programma (occorrerà cioè eseguire un'altra chiamata dopo la \func{fork} e
1616 prima della \func{exec} per uniformare l'user-ID reale a quello effettivo) in
1617 caso contrario il nuovo programma potrebbe a sua volta effettuare uno scambio
1618 e riottenere privilegi non previsti.
1620 Lo stesso problema di propagazione dei privilegi ad eventuali processi figli
1621 si pone per l'user-ID salvato: questa funzione deriva da un'implementazione che
1622 non ne prevede la presenza, e quindi non è possibile usarla per correggere la
1623 situazione come nel caso precedente. Per questo motivo in Linux tutte le volte
1624 che si imposta un qualunque valore diverso da quello dall'user-ID reale
1625 corrente, l'user-ID salvato viene automaticamente uniformato al valore
1626 dell'user-ID effettivo.
1628 Altre due funzioni, \funcd{seteuid} e \funcd{setegid}, sono un'estensione
1629 dello standard POSIX.1, ma sono comunque supportate dalla maggior parte degli
1630 Unix; esse vengono usate per cambiare gli identificatori del gruppo
1631 \textit{effective} ed i loro prototipi sono:
1634 \headdecl{sys/types.h}
1636 \funcdecl{int seteuid(uid\_t uid)} Imposta l'user-ID effettivo del processo
1637 corrente a \param{uid}.
1639 \funcdecl{int setegid(gid\_t gid)} Imposta il group-ID effettivo del processo
1640 corrente a \param{gid}.
1642 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1643 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1646 Come per le precedenti le due funzioni sono identiche, per cui tratteremo solo
1647 la prima. Gli utenti normali possono impostare l'user-ID effettivo solo al
1648 valore dell'user-ID reale o dell'user-ID salvato, l'amministratore può
1649 specificare qualunque valore. Queste funzioni sono usate per permettere
1650 all'amministratore di impostare solo l'user-ID effettivo, dato che l'uso
1651 normale di \func{setuid} comporta l'impostazione di tutti gli identificatori.
1654 Le due funzioni \funcd{setresuid} e \funcd{setresgid} sono invece
1655 un'estensione introdotta in Linux,\footnote{per essere precisi a partire dal
1656 kernel 2.1.44.} e permettono un completo controllo su tutti e tre i gruppi
1657 di identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}), i loro
1661 \headdecl{sys/types.h}
1663 \funcdecl{int setresuid(uid\_t ruid, uid\_t euid, uid\_t suid)} Imposta
1664 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente
1665 ai valori specificati rispettivamente da \param{ruid}, \param{euid} e
1668 \funcdecl{int setresgid(gid\_t rgid, gid\_t egid, gid\_t sgid)} Imposta il
1669 group-ID reale, il group-ID effettivo ed il group-ID salvato del processo
1670 corrente ai valori specificati rispettivamente da \param{rgid}, \param{egid} e
1673 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1674 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1677 Le due funzioni sono identiche, quanto detto per la prima riguardo gli user-ID
1678 si applica alla seconda per i group-ID. I processi non privilegiati possono
1679 cambiare uno qualunque degli user-ID solo ad un valore corrispondente o
1680 all'user-ID reale, o a quello effettivo o a quello salvato, l'amministratore
1681 può specificare i valori che vuole; un valore di -1 per un qualunque argomento
1682 lascia inalterato l'identificatore corrispondente.
1684 Per queste funzioni esistono anche due controparti che permettono di leggere
1685 in blocco i vari identificatori: \funcd{getresuid} e \funcd{getresgid}; i loro
1689 \headdecl{sys/types.h}
1691 \funcdecl{int getresuid(uid\_t *ruid, uid\_t *euid, uid\_t *suid)} Legge
1692 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente.
1694 \funcdecl{int getresgid(gid\_t *rgid, gid\_t *egid, gid\_t *sgid)} Legge il
1695 group-ID reale, il group-ID effettivo e il group-ID salvato del processo
1698 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
1699 fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EFAULT} se gli indirizzi delle
1700 variabili di ritorno non sono validi.}
1703 Anche queste funzioni sono un'estensione specifica di Linux, e non richiedono
1704 nessun privilegio. I valori sono restituiti negli argomenti, che vanno
1705 specificati come puntatori (è un altro esempio di
1706 \itindex{value~result~argument}\textit{value result argument}). Si noti che
1707 queste funzioni sono le uniche in grado di leggere gli identificatori del
1708 gruppo \textit{saved}.
1711 Infine le funzioni \func{setfsuid} e \func{setfsgid} servono per impostare gli
1712 identificatori del gruppo \textit{filesystem} che sono usati da Linux per il
1713 controllo dell'accesso ai file. Come già accennato in
1714 sez.~\ref{sec:proc_access_id} Linux definisce questo ulteriore gruppo di
1715 identificatori, che in circostanze normali sono assolutamente equivalenti a
1716 quelli del gruppo \textit{effective}, dato che ogni cambiamento di questi
1717 ultimi viene immediatamente riportato su di essi.
1719 C'è un solo caso in cui si ha necessità di introdurre una differenza fra gli
1720 identificatori dei gruppi \textit{effective} e \textit{filesystem}, ed è per
1721 ovviare ad un problema di sicurezza che si presenta quando si deve
1722 implementare un server NFS.
1724 Il server NFS infatti deve poter cambiare l'identificatore con cui accede ai
1725 file per assumere l'identità del singolo utente remoto, ma se questo viene
1726 fatto cambiando l'user-ID effettivo o l'user-ID reale il server si espone alla
1727 ricezione di eventuali segnali ostili da parte dell'utente di cui ha
1728 temporaneamente assunto l'identità. Cambiando solo l'user-ID di filesystem si
1729 ottengono i privilegi necessari per accedere ai file, mantenendo quelli
1730 originari per quanto riguarda tutti gli altri controlli di accesso, così che
1731 l'utente non possa inviare segnali al server NFS.
1733 Le due funzioni usate per cambiare questi identificatori sono \funcd{setfsuid}
1734 e \funcd{setfsgid}, ovviamente sono specifiche di Linux e non devono essere
1735 usate se si intendono scrivere programmi portabili; i loro prototipi sono:
1737 \headdecl{sys/fsuid.h}
1739 \funcdecl{int setfsuid(uid\_t fsuid)} Imposta l'user-ID di filesystem del
1740 processo corrente a \param{fsuid}.
1742 \funcdecl{int setfsgid(gid\_t fsgid)} Imposta il group-ID di filesystem del
1743 processo corrente a \param{fsgid}.
1745 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1746 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1748 \noindent queste funzioni hanno successo solo se il processo chiamante ha i
1749 privilegi di amministratore o, per gli altri utenti, se il valore specificato
1750 coincide con uno dei di quelli del gruppo \textit{real}, \textit{effective} o
1754 \subsection{Le funzioni per la gestione dei gruppi associati a un processo}
1755 \label{sec:proc_setgroups}
1757 Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui
1758 gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere
1759 almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di
1760 gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
1761 sez.~\ref{sec:sys_sysconf}), leggendo il parametro
1762 \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono
1763 ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni.
1765 La funzione che permette di leggere i gruppi supplementari associati ad un
1766 processo è \funcd{getgroups}; questa funzione è definita nello standard
1767 POSIX.1, ed il suo prototipo è:
1769 \headdecl{sys/types.h}
1772 \funcdecl{int getgroups(int size, gid\_t list[])}
1774 Legge gli identificatori dei gruppi supplementari.
1776 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di gruppi letti in caso di
1777 successo e -1 in caso di fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà
1780 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
1781 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è diverso da zero ma
1782 minore del numero di gruppi supplementari del processo.
1786 La funzione legge gli identificatori dei gruppi supplementari del processo sul
1787 vettore \param{list} di dimensione \param{size}. Non è specificato se la
1788 funzione inserisca o meno nella lista il group-ID effettivo del processo. Se si
1789 specifica un valore di \param{size} uguale a 0 \param{list} non viene
1790 modificato, ma si ottiene il numero di gruppi supplementari.
1792 Una seconda funzione, \funcd{getgrouplist}, può invece essere usata per
1793 ottenere tutti i gruppi a cui appartiene un certo utente; il suo prototipo è:
1795 \headdecl{sys/types.h}
1798 \funcdecl{int getgrouplist(const char *user, gid\_t group, gid\_t *groups,
1799 int *ngroups)} Legge i gruppi supplementari.
1801 \bodydesc{La funzione legge fino ad un massimo di \param{ngroups} valori,
1802 restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento.}
1805 La funzione legge i gruppi supplementari dell'utente specificato da
1806 \param{user}, eseguendo una scansione del database dei gruppi (si veda
1807 sez.~\ref{sec:sys_user_group}). Ritorna poi in \param{groups} la lista di
1808 quelli a cui l'utente appartiene. Si noti che \param{ngroups} è passato come
1809 puntatore perché, qualora il valore specificato sia troppo piccolo, la
1810 funzione ritorna -1, passando indietro il numero dei gruppi trovati.
1812 Per impostare i gruppi supplementari di un processo ci sono due funzioni, che
1813 possono essere usate solo se si hanno i privilegi di amministratore. La prima
1814 delle due è \funcd{setgroups}, ed il suo prototipo è:
1816 \headdecl{sys/types.h}
1819 \funcdecl{int setgroups(size\_t size, gid\_t *list)}
1821 Imposta i gruppi supplementari del processo.
1823 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1824 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1826 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
1827 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
1828 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è maggiore del valore
1833 La funzione imposta i gruppi supplementari del processo corrente ai valori
1834 specificati nel vettore passato con l'argomento \param{list}, di dimensioni
1835 date dall'argomento \param{size}. Il numero massimo di gruppi supplementari è
1836 un parametro di sistema, che può essere ricavato con le modalità spiegate in
1837 sez.~\ref{sec:sys_characteristics}.
1839 Se invece si vogliono impostare i gruppi supplementari del processo a quelli di
1840 un utente specifico, si può usare \funcd{initgroups} il cui prototipo è:
1842 \headdecl{sys/types.h}
1845 \funcdecl{int initgroups(const char *user, gid\_t group)}
1847 Inizializza la lista dei gruppi supplementari.
1849 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1850 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà gli stessi valori di
1851 \func{setgroups} più \errval{ENOMEM} quando non c'è memoria sufficiente
1852 per allocare lo spazio per informazioni dei gruppi.}
1855 La funzione esegue la scansione del database dei gruppi (usualmente
1856 \file{/etc/groups}) cercando i gruppi di cui è membro l'utente \param{user}
1857 con cui costruisce una lista di gruppi supplementari, a cui aggiunge anche
1858 \param{group}, infine imposta questa lista per il processo corrente usando
1859 \func{setgroups}. Si tenga presente che sia \func{setgroups} che
1860 \func{initgroups} non sono definite nello standard POSIX.1 e che pertanto non
1861 è possibile utilizzarle quando si definisce \macro{\_POSIX\_SOURCE} o si
1862 compila con il flag \cmd{-ansi}, è pertanto meglio evitarle se si vuole
1863 scrivere codice portabile.
1866 \subsection{La gestione delle \textit{capabilities}}
1867 \label{sec:proc_capabilities}
1869 \itindbeg{capabilities}
1871 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_access_id} l'architettura classica della
1872 gestione dei privilegi in un sistema unix-like ha il sostanziale problema di
1873 fornire all'amministratore dei poteri troppo ampi, questo comporta che anche
1874 quando si siano predisposte delle misure di protezione per in essere in grado
1875 di difendersi dagli effetti di una eventuale compromissione del
1876 sistema,\footnote{come montare un filesystem in sola lettura per impedirne
1877 modifiche, o marcare un file come immutabile.} una volta che questa sia
1878 stata effettuata e si siano ottenuti i privilegi di amministratore, queste
1879 potranno essere comunque rimosse.\footnote{nei casi elencati nella precedente
1880 nota si potrà sempre rimontare il sistema in lettura-scrittura, o togliere
1881 la marcatura di immutabilità.}
1883 Il problema consiste nel fatto che nell'architettura tradizionale di un
1884 sistema unix-like i controlli di accesso sono basati su un solo livello di
1885 separazione: per i processi normali essi sono posti in atto, mentre per i
1886 processi con i privilegi di amministratore essi non vengono neppure eseguiti;
1887 per questo motivo non era previsto alcun modo per evitare che un processo con
1888 diritti di amministratore non potesse eseguire certe operazioni, o per cedere
1889 definitivamente alcuni privilegi da un certo momento in poi.
1891 Per ovviare a tutto ciò, a partire dai kernel della serie 2.2, è stato
1892 introdotto un meccanismo, detto \textit{capabilities}, che consentisse di
1893 suddividere i vari privilegi tradizionalmente associati all'amministratore in
1894 un insieme di \textsl{capacità} distinte. L'idea era che queste capacità
1895 potessero essere abilitate e disabilitate in maniera indipendente per ciascun
1896 processo con privilegi di amministratore, permettendo così una granularità
1897 molto più fine nella distribuzione degli stessi che evitasse la originaria
1898 situazione di \textsl{tutto o nulla}.
1900 Il meccanismo completo delle \textit{capabilities}\footnote{l'implementazione
1901 di Linux si rifà ad una bozza per quello che dovrebbe divenire lo standard
1902 POSIX.1e, che prevede questa funzionalità.} prevederebbe anche la
1903 possibilità di associare le stesse \textit{capabilities} anche ai singoli file
1904 eseguibili,\footnote{una descrizione sommaria di questa funzionalità è
1905 riportata nella pagina di manuale che descrive l'implementazione delle
1906 \textit{capabilities} con Linux (accessibile con \texttt{man capabilities}),
1907 ma non essendo implementata non ne tratteremo qui.} in modo da poter
1908 stabilire quali capacità possono essere utilizzate quando viene messo in
1909 esecuzione uno specifico programma; attualmente però questa funzionalità non è
1910 implementata.\footnote{per attualmente si intende fino al kernel 2.6.13, e
1911 finora non è disponibile al momento neanche presente nessuna realizzazione
1912 sperimentale delle specifiche POSIX.1e, anche se esistono dei patch di
1913 sicurezza del kernel, come LIDS (vedi
1914 \href{http://www.lids.org}{\texttt{http://www.lids.org/})} che realizzano
1915 qualcosa di simile.}
1918 \begin{table}[!h!bt]
1921 \begin{tabular}{|l|p{12cm}|}
1923 \textbf{Capacità}&\textbf{Descrizione}\\
1927 % POSIX-draft defined capabilities.
1929 \const{CAP\_CHOWN} & la capacità di cambiare proprietario e gruppo
1930 proprietario di un file (vedi
1931 sez.~\ref{sec:file_chown}).\\
1932 \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE}& la capacità di evitare il controllo dei
1933 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione dei
1934 file, (vedi sez.~\ref{sec:file_access_control})
1935 caratteristici del modello classico del
1936 controllo di accesso chiamato
1937 \itindex{Discrectionary~Access~Control~(DAC)}
1938 \textit{Discrectionary Access Control} (da cui
1940 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}& la capacità di evitare il controllo dei
1941 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione per
1943 sez.~\ref{sec:file_access_control}).\\
1944 \const{CAP\_FOWNER} & la capacità di evitare il controllo che
1945 l'user-ID effettivo del processo (o meglio il
1946 \textit{filesystem user-ID}, vedi
1947 sez.~\ref{sec:proc_setuid}) coincida con
1948 quello del proprietario di un file per tutte
1949 le operazioni privilegiate non coperte dalle
1950 precedenti \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE} e
1951 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}. Queste
1952 comprendono i cambiamenti dei permessi e dei
1953 tempi del file (vedi sez.~\ref{sec:file_chmod} e
1954 sez.~\ref{sec:file_utime}), le impostazioni degli
1955 attributi estesi (con il comando \cmd{chattr}) e
1956 delle ACL, poter ignorare lo
1957 \itindex{sticky~bit} \textit{sticky bit} nella
1958 cancellazione dei file (vedi
1959 sez.~\ref{sec:file_sticky}), la possibilità di
1960 impostare il flag di \const{O\_NOATIME} con
1961 \func{open} e \func{fcntl} (vedi
1962 sez.~\ref{sec:file_open} e
1963 sez.~\ref{sec:file_fcntl}).\\
1964 \const{CAP\_FSETID} & la capacità di evitare la cancellazione
1965 automatica dei bit \itindex{suid~bit} \acr{suid}
1966 e \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} quando un file
1967 per i quali sono impostati viene modificato da
1968 un processo senza questa capacità e la capacità
1969 di impostare il bit \acr{sgid} su un file anche
1970 quando questo è relativo ad un gruppo cui non si
1971 appartiene (vedi sez.~\ref{sec:file_chmod}).\\
1972 \const{CAP\_KILL} & la capacità di mandare segnali a qualunque
1973 processo (vedi sez.~\ref{sec:sig_kill_raise}).\\
1974 \const{CAP\_SETGID} & la capacità di manipolare i group ID dei
1975 processi, sia il principale che i supplementari,
1976 (vedi sez.~\ref{sec:proc_setgroups} che quelli
1977 trasmessi tramite i \index{socket} socket
1978 \textit{unix domain} (vedi
1979 sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
1980 \const{CAP\_SETUID} & la capacità di manipolare gli user ID del
1981 processo (con \func{setuid}, \func{setreuid},
1982 \func{setresuid}, \func{setfsuid}) e di
1983 trasmettere un valore arbitrario
1984 dell'\textsl{uid} nel passaggio delle
1985 credenziali coi socket unix domain (vedi
1986 sez.~\ref{sec:unix_socket_xxx}).\\
1988 % Linux specific capabilities
1991 \const{CAP\_SETPCAP} & la capacità di impostare o rimuovere una capacità
1992 (limitatamente a quelle che il processo
1993 chiamante ha nel suo insieme di capacità
1994 permesse) da qualunque processo.\\
1995 \const{CAP\_LINUX\_IMMUTABLE}& la capacità di impostare gli attributi
1996 \textit{immutable} e \textit{append only} per i
1997 file su un filesystem che supporta questi
1999 \const{CAP\_NET\_BIND\_SERVICE}& la capacità di porre in ascolto server
2000 su porte riservate (vedi
2001 sez.~\ref{sec:TCP_func_bind}).\\
2002 \const{CAP\_NET\_BROADCAST}& la capacità di consentire l'uso di socket in
2003 broadcast e multicast.\\
2004 \const{CAP\_NET\_ADMIN} & la capacità di eseguire alcune operazioni
2005 privilegiate sulla rete (impostare le opzioni
2006 privilegiate dei socket, abilitare il
2007 multicasting, impostare interfacce di rete e
2008 tabella di instradamento).\\
2009 \const{CAP\_NET\_RAW} & la capacità di usare socket \texttt{RAW} e
2010 \texttt{PACKET} (quelli che permettono di creare
2011 pacchetti nei protocolli di basso livello).\\
2012 \const{CAP\_IPC\_LOCK} & la capacità di effettuare il \textit{memory
2013 locking} \itindex{memory~locking} con le
2014 funzioni \func{mlock}, \func{mlockall},
2015 \func{shmctl}, \func{mmap} (vedi
2016 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock} e
2017 sez.~\ref{sec:file_memory_map}). \\
2018 \const{CAP\_IPC\_OWNER} & la capacità di evitare il controllo dei permessi
2019 per le operazioni sugli oggetti di
2020 intercomunicazione fra processi (vedi
2021 sez.~\ref{sec:ipc_sysv}).\\
2022 \const{CAP\_SYS\_MODULE}& la capacità di caricare e rimuovere moduli del
2024 \const{CAP\_SYS\_RAWIO} & la capacità di eseguire operazioni sulle porte
2025 di I/O con \func{ioperm} e \func{iopl} (vedi
2026 sez.~\ref{sec:file_io_port}).\\
2027 \const{CAP\_SYS\_CHROOT}& la capacità di eseguire la funzione
2029 sez.~\ref{sec:file_chroot}).\\
2030 \const{CAP\_SYS\_PTRACE}& consente di tracciare qualunque processo con
2032 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).\\
2033 % TODO documentatare ptrace
2034 \const{CAP\_SYS\_PACCT} & la capacità di usare le funzioni di
2035 \textit{accounting} dei processi (vedi
2036 sez.~\ref{sec:sys_bsd_accounting}).\\
2037 \const{CAP\_SYS\_ADMIN} & la capacità di eseguire una serie di compiti
2038 amministrativi (come impostare le quote,
2039 attivare e disattivare la swap, montare,
2040 rimontare e smontare filesystem, ecc.). \\
2041 \const{CAP\_SYS\_BOOT} & la capacità di fare eseguire un riavvio del
2043 \const{CAP\_SYS\_NICE} & la capacità di modificare le priorità dei
2044 processi (vedi sez.~\ref{sec:proc_priority}). \\
2045 \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}& la capacità di superare le limitazioni sulle
2046 risorse, aumentare le quote disco, usare lo
2047 spazio disco riservato all'amministratore.\\
2048 \const{CAP\_SYS\_TIME} & la capacità di modificare il tempo di sistema
2049 (vedi sez.~\ref{sec:sys_time}).\\
2050 \const{CAP\_SYS\_TTY\_CONFIG}& la capacità di simulare un \textit{hangup}
2051 della console, con la funzione
2053 \const{CAP\_MKNOD} & la capacità di creare file di dispositivo con la
2054 funzione \func{mknod} (vedi
2055 sez.~\ref{sec:file_mknod}).\footnotemark\\
2056 \const{CAP\_LEASE} & la capacità di creare dei \textit{file lease}
2057 \index{file!lease} su di un file (vedi
2058 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_lease})
2059 indipendentemente dalla proprietà dello
2060 stesso.\footnotemark\\
2061 \const{CAP\_SETFCAP} & la capacità di impostare le
2062 \textit{capabilities} di un file (non
2066 \caption{Le costanti che identificano le \textit{capabilities} presenti nel
2068 \label{tab:proc_capabilities}
2071 \footnotetext[21]{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel
2074 \footnotetext{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel della
2077 Per gestire questo nuovo meccanismo ciascun processo porta con sé tre distinti
2078 insiemi di \textit{capabilities}, che vengono denominati rispettivamente
2079 \textit{effective}, \textit{permitted} ed \textit{inherited}. Questi insiemi
2080 vengono mantenuti in forma di tre diverse maschere binarie,\footnote{il kernel
2081 li mantiene, come i vari identificatori di sez.~\ref{sec:proc_setuid},
2082 all'interno della \struct{task\_struct} di ciascun processo (vedi
2083 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}), nei tre campi \texttt{cap\_effective},
2084 \texttt{cap\_inheritable}, \texttt{cap\_permitted} del tipo
2085 \texttt{kernel\_cap\_t}; questo è attualmente definito come intero a 32 bit,
2086 il che comporta un massimo di 32 \textit{capabilities} distinte.} in cui
2087 ciascun bit corrisponde ad una capacità diversa; se ne è riportato
2088 l'elenco,\footnote{si tenga presente che l'elenco delle \textit{capabilities}
2089 presentato questa tabella, ripreso dalla relativa pagina di manuale
2090 (accessibile con \texttt{man capabilities}) e dalle definizioni in
2091 \texttt{sys/capabilities.h}, è quello aggiornato al kernel 2.6.6.} con una
2092 breve descrizione, ed il nome delle costanti che identificano i singoli bit,
2093 in tab.~\ref{tab:proc_capabilities}; la tabella è divisa in due parti, la
2094 prima riporta le \textit{capabilities} previste nella bozza dello standard
2095 POSIX1.e, la seconda quelle specifiche di Linux.
2097 L'utilizzo di tre distinti insiemi serve a fornire una interfaccia flessibile
2098 per l'uso delle \textit{capabilities}, con scopi analoghi a quelli per cui
2099 sono mantenuti i diversi insiemi di identificatori di
2100 sez.~\ref{sec:proc_setuid}; il loro significato è il seguente:
2101 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2102 \item[\textit{effective}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2103 ``\textsl{effettive}'', cioè di quelle che vengono effettivamente usate dal
2104 kernel quando deve eseguire il controllo di accesso per le varie operazioni
2105 compiute dal processo.
2106 \item[\textit{permitted}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2107 ``\textsl{permesse}'', cioè l'insieme di quelle capacità che un processo
2108 \textsl{può} impostare come \textsl{effettive}. Se un processo cancella una
2109 capacità da questo insieme non potrà più riassumerla (almeno che non esegua
2110 un programma che è \acr{suid} di root).
2111 \item[\textit{inherited}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2112 ``\textsl{ereditabili}'', cioè quelle che vengono trasmesse ad un nuovo
2113 programma eseguito attraverso una chiamata ad \func{exec} (con l'eccezione
2114 del caso che questo sia \acr{suid} di root).
2115 \label{sec:capabilities_set}
2118 Oltre a questi tre insiemi, che sono relativi al singolo processo, il kernel
2119 mantiene un insieme generale valido per tutto il sistema, chiamato
2120 \itindex{capabilities~bounding~set} \textit{capabilities bounding set}. Ogni
2121 volta che un programma viene posto in esecuzione con \func{exec} il contenuto
2122 degli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted} vengono mascherati con
2123 un \textsl{AND} binario del contenuto corrente del \textit{capabilities
2124 bounding set}, così che il nuovo processo potrà disporre soltanto delle
2125 capacità in esso elencate.
2127 Il \textit{capabilities bounding set} è un parametro di sistema, accessibile
2128 attraverso il contenuto del file \file{/proc/sys/kernel/cap-bound}, che per
2129 questa sua caratteristica consente di impostare un limite generale alle
2130 capacità che possono essere accordate ai vari processi. Questo valore può
2131 essere impostato ad un valore arbitrario esclusivamente dal primo processo
2132 eseguito nel sistema (di norma cioè da \texttt{/sbin/init}), ogni processo
2133 eseguito successivamente (cioè con \textsl{pid} diverso da 1) anche se
2134 eseguito con privilegi di amministratore potrà soltanto rimuovere uno dei bit
2135 già presenti dell'insieme: questo significa che una volta rimossa una
2136 \textit{capability} dal \textit{capabilities bounding set} essa non sarà più
2137 disponibile, neanche per l'amministratore, a meno di un riavvio.
2139 Quando un programma viene messo in esecuzione\footnote{cioè quando viene
2140 eseguita la \func{execve} con cui lo si lancia; in corrispondenza di una
2141 \func{fork} le \textit{capabilities} non vengono modificate.} esso eredita
2142 (nel senso che assume negli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted})
2143 le \textit{capabilities} mantenute nell'insieme \textit{inherited}, a meno che
2144 non sia eseguito un programma \acr{suid} di root o la \func{exec} sia stata
2145 eseguita da un programma con \textsl{uid} reale zero; in tal caso il programma
2146 ottiene tutte le \textit{capabilities} presenti nel \textit{capabilities
2147 bounding set}. In questo modo si può far si che ad un processo eseguito in
2148 un secondo tempo possano essere trasmesse solo un insieme limitato di
2149 capacità, impedendogli di recuperare quelle assenti nell'insieme
2150 \textit{inherited}. Si tenga presente invece che attraverso una \func{fork}
2151 vengono mantenute le stesse capacità del processo padre.
2153 Per la gestione delle \textit{capabilities} il kernel mette a disposizione due
2154 funzioni che permettono rispettivamente di leggere ed impostare i valori dei
2155 tre insiemi illustrati in precedenza. Queste due funzioni sono \funcd{capget}
2156 e \funcd{capset} e costituiscono l'interfaccia di gestione basso livello; i
2157 loro rispettivi prototipi sono:
2159 \headdecl{sys/capability.h}
2161 \funcdecl{int capget(cap\_user\_header\_t hdrp, cap\_user\_data\_t datap)}
2162 Legge le \textit{capabilities}.
2164 \funcdecl{int capset(cap\_user\_header\_t hdrp, const cap\_user\_data\_t
2166 Imposta le \textit{capabilities}.
2169 \bodydesc{Entrambe le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso
2170 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2172 \item[\errcode{ESRCH}] si è fatto riferimento ad un processo inesistente.
2173 \item[\errcode{EPERM}] si è tentato di aggiungere una capacità
2174 nell'insieme delle \textit{capabilities} permesse, o di impostare una
2175 capacità non presente nell'insieme di quelle permesse negli insieme
2176 delle effettive o ereditate, o si è cercato di impostare una
2177 \textit{capability} di un altro processo senza avare
2178 \const{CAP\_SETPCAP}.
2180 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
2185 Queste due funzioni prendono come argomenti due tipi di dati dedicati,
2186 definiti come puntatori a due strutture specifiche di Linux, illustrate in
2187 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}. Per poterle utilizzare occorre anche
2188 cancellare la macro \macro{\_POSIX\_SOURCE}.\footnote{per farlo occorre
2189 utilizzare la direttiva di preprocessore \direct{undef}; si dovrà cioè
2190 inserire una istruzione \texttt{\#undef \_POSIX\_SOURCE} prima di includere
2191 \texttt{sys/capability.h}.} Si tenga presente che le strutture di
2192 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}, come i prototipi delle due funzioni
2193 \func{capget} e \func{capset}, sono soggette ad essere modificate con il
2194 cambiamento del kernel (in particolare i tipi di dati delle strutture) ed
2195 anche se finora l'interfaccia è risultata stabile, non c'è nessuna
2196 assicurazione che questa venga mantenuta. Pertanto se si vogliono scrivere
2197 programmi portabili che possano essere eseguiti su qualunque versione del
2198 kernel è opportuno utilizzare le interfacce di alto livello.
2200 \begin{figure}[!htb]
2203 \begin{minipage}[c]{15cm}
2204 \includestruct{listati/cap_user_header_t.h}
2207 \caption{Definizione delle strutture a cui fanno riferimento i puntatori
2208 \structd{cap\_user\_header\_t} e \structd{cap\_user\_data\_t} usati per
2209 l'interfaccia di gestione di basso livello delle \textit{capabilities}.}
2210 \label{fig:cap_kernel_struct}
2213 La struttura a cui deve puntare l'argomento \param{hdrp} serve ad indicare,
2214 tramite il campo \var{pid}, il processo del quale si vogliono leggere o
2215 modificare le \textit{capabilities}. Il campo \var{version} deve essere
2216 impostato al valore della versione delle usata dal kernel (quello indicato
2217 dalla costante \const{\_LINUX\_CAPABILITY\_VERSION} di
2218 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}) altrimenti le funzioni ritorneranno con un
2219 errore di \errcode{EINVAL}, restituendo nel campo stesso il valore corretto
2220 della versione in uso. La struttura a cui deve puntare l'argomento
2221 \param{datap} invece conterrà i valori letti o da impostare per i tre insiemi
2222 delle capacità del processo.
2224 Dato che le precedenti funzioni, oltre ad essere specifiche di Linux, non
2225 garantiscono la stabilità nell'interfaccia, è sempre opportuno effettuare la
2226 gestione delle \textit{capabilities} utilizzando le funzioni di libreria a
2227 questo dedicate. Queste funzioni, che seguono quanto previsto nelle bozze
2228 dello standard POSIX.1e, non fanno parte delle \acr{glibc} e sono fornite in
2229 una libreria a parte,\footnote{la libreria è \texttt{libcap2}, nel caso di
2230 Debian può essere installata con il pacchetto omonimo.} pertanto se un
2231 programma le utilizza si dovrà indicare esplicitamente l'uso della suddetta
2232 libreria attraverso l'opzione \texttt{-lcap} del compilatore.
2234 Le funzioni dell'interfaccia delle bozze di POSIX.1e prevedono l'uso di uno
2235 tipo di dato opaco, \type{cap\_t}, come puntatore ai dati mantenuti nel
2236 cosiddetto \textit{capability state},\footnote{si tratta in sostanza di un
2237 puntatore ad una struttura interna utilizzata dalle librerie, i cui campi
2238 non devono mai essere acceduti direttamente.} in sono memorizzati tutti i
2239 dati delle \textit{capabilities}. In questo modo è possibile mascherare i
2240 dettagli della gestione di basso livello, che potranno essere modificati senza
2241 dover cambiare le funzioni dell'interfaccia, che faranno riferimento soltanto
2242 ad oggetti di questo tipo. L'interfaccia pertanto non soltanto fornisce le
2243 funzioni per modificare e leggere le \textit{capabilities}, ma anche quelle
2244 per gestire i dati attraverso \type{cap\_t}.
2246 La prima funzione dell'interfaccia è quella che permette di inizializzare un
2247 \textit{capability state}, allocando al contempo la memoria necessaria per i
2248 relativi dati. La funzione è \funcd{cap\_init} ed il suo prototipo è:
2250 \headdecl{sys/capability.h}
2252 \funcdecl{cap\_t cap\_init(void)}
2253 Crea ed inizializza un \textit{capability state}.
2255 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2256 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il
2257 valore \errval{ENOMEM}.
2261 La funzione restituisce il puntatore \type{cap\_t} ad uno stato inizializzato
2262 con tutte le \textit{capabilities} azzerate. In caso di errore (cioè quando
2263 non c'è memoria sufficiente ad allocare i dati) viene restituito \macro{NULL}
2264 ed \var{errno} viene impostata a \errval{ENOMEM}. La memoria necessaria a
2265 mantenere i dati viene automaticamente allocata da \func{cap\_init}, ma dovrà
2266 essere disallocata esplicitamente quando non più necessaria utilizzando la
2267 funzione \funcd{cap\_free}, il cui prototipo è:
2269 \headdecl{sys/capability.h}
2271 \funcdecl{int cap\_free(void *obj\_d)}
2272 Disalloca la memoria allocata per i dati delle \textit{capabilities}.
2274 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2275 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2279 La funzione permette di liberare la memoria allocata dalle altre funzioni
2280 della libreria sia per un \textit{capability state}, nel qual caso l'argomento
2281 dovrà essere un dato di tipo \type{cap\_t}, che per una descrizione testuale
2282 dello stesso,\footnote{cioè quanto ottenuto tramite la funzione
2283 \func{cap\_to\_text}.} nel qual caso l'argomento dovrà essere di tipo
2284 \texttt{char *}. L'argomento \param{obj\_d} deve corrispondere ad un oggetto
2285 ottenuto tramite altre funzioni della libreria, altrimenti la funzione fallirà
2286 con un errore di \errval{EINVAL}.
2288 Infine si può creare una copia di un \textit{capability state} ottenuto in
2289 precedenza tramite la funzione \funcd{cap\_dup}, il cui prototipo è:
2291 \headdecl{sys/capability.h}
2293 \funcdecl{cap\_t cap\_dup(cap\_t cap\_p)}
2294 Duplica un \textit{capability state} restituendone una copia.
2296 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2297 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} potrà assumere i
2298 valori \errval{ENOMEM} o \errval{EINVAL}.
2302 La funzione crea una copia del \textit{capability state} posto all'indirizzo
2303 \param{cap\_p} che si è passato come argomento, restituendo il puntatore alla
2304 copia, che conterrà gli stessi valori delle \textit{capabilities} presenti
2305 nell'originale. La memoria necessaria viene allocata automaticamente dalla
2306 funzione. Una volta effettuata la copia i due \textit{capability state}
2307 potranno essere modificati in maniera completamente indipendente.
2309 Una seconda classe di funzioni di servizio sono quelle per la gestione dei
2310 dati contenuti all'interno di un \textit{capability state}; la prima di esse è
2311 \funcd{cap\_clear}, il cui prototipo è:
2313 \headdecl{sys/capability.h}
2315 \funcdecl{int cap\_clear(cap\_t cap\_p)}
2316 Inizializza un \textit{capability state} cancellando tutte le
2317 \textit{capabilities}.
2319 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2320 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2324 La funzione si limita ad azzerare tutte le \textit{capabilities} presenti nel
2325 \textit{capability state} all'indirizzo \param{cap\_p} passato come argomento,
2326 restituendo uno stato \textsl{vuoto}, analogo a quello che si ottiene nella
2327 creazione con \func{cap\_init}.
2329 Per la gestione dei valori delle \textit{capabilities} presenti in un
2330 \textit{capability state} l'interfaccia prevede due funzioni,
2331 \funcd{cap\_get\_flag} e \funcd{cap\_set\_flag}, che permettono
2332 rispettivamente di leggere o impostare il valore di un flag delle
2333 \textit{capabilities}; i rispettivi prototipi sono:
2335 \headdecl{sys/capability.h}
2337 \funcdecl{int cap\_get\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_value\_t cap, cap\_flag\_t
2338 flag, cap\_flag\_value\_t *value\_p)}
2339 Legge il valore di una \textit{capability}.
2341 \funcdecl{int cap\_set\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_flag\_t flag, int ncap,
2342 cap\_value\_t *caps, cap\_flag\_value\_t value)}
2343 Imposta il valore di una \textit{capability}.
2345 \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2346 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2350 In entrambe le funzioni l'argomento \param{cap\_p} indica il puntatore al
2351 \textit{capability state} su cui operare, mentre l'argomento \param{flag}
2352 indica su quale dei tre insiemi illustrati a
2353 pag.~\pageref{sec:capabilities_set} si intende operare. Questi devono essere
2354 specificati con una variabile di tipo \type{cap\_flag\_t} che può assumere
2355 esclusivamente\footnote{si tratta in effetti di un tipo enumerato, come si può
2356 verificare dalla sua definizione che si trova in
2357 \texttt{/usr/include/sys/capability.h}.} uno dei valori illustrati in
2358 tab.~\ref{tab:cap_set_identifier}.
2363 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2365 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2368 \const{CAP\_EFFECTIVE} & Capacità dell'insieme \textsl{effettivo}.\\
2369 \const{CAP\_PERMITTED} & Capacità dell'insieme \textsl{permesso}.\\
2370 \const{CAP\_INHERITABLE}& Capacità dell'insieme \textsl{ereditabile}.\\
2373 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_t} che
2374 identifica gli insiemi delle \textit{capabilities}.}
2375 \label{tab:cap_set_identifier}
2378 La capacità che si intende controllare o impostare invece deve essere
2379 specificata attraverso una variabile di tipo \type{cap\_value\_t}, che può
2380 prendere come valore uno qualunque di quelli riportati in
2381 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}, in questo caso però non è possibile
2382 combinare diversi valori in una maschera binaria, una variabile di tipo
2383 \type{cap\_value\_t} deve indicare una sola capacità.\footnote{nel file di
2384 header citato nella nota precedente il tipo \type{cap\_value\_t} è definito
2385 come \ctyp{int}, ma i valori validi sono soltanto quelli di
2386 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}.} Infine lo stato di una capacità è
2387 descritto ad una variabile di tipo \type{cap\_flag\_value\_t}, che a sua volta
2388 può assumere soltanto uno\footnote{anche questo è un tipo enumerato.} dei
2389 valori di tab.~\ref{tab:cap_value_type}.
2394 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2396 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2399 \const{CAP\_CLEAR}& La capacità non è impostata.\\
2400 \const{CAP\_SET} & La capacità è impostata.\\
2403 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_value\_t} che
2404 indica lo stato di una capacità.}
2405 \label{tab:cap_value_type}
2408 La funzione \func{cap\_get\_flag} legge lo stato della capacità indicata
2409 dall'argomento \param{cap} all'interno dell'insieme indicato dall'argomento
2410 \param{flag} e ne restituisce il valore nella variabile posta all'indirizzo
2411 puntato dall'argomento \param{value\_p}; è possibile cioè leggere soltanto uno
2412 stato di una capacità alla volta.
2414 La funzione \func{cap\_set\_flag} può invece impostare in una sola chiamata
2415 più capacità, anche se solo all'interno dello stesso insieme; per questo essa
2416 prende un vettore di valori di tipo \type{cap\_value\_t} nell'argomento
2417 \param{caps}, la cui dimensione è specificata dall'argomento \param{ncap}. Il
2418 tipo di impostazione da eseguire (cancellazione o impostazione) viene indicato
2419 dall'argomento \param{value}.
2421 Per la visualizzazione dello stato delle \textit{capabilities} l'interfaccia
2422 prevede una funzione apposita, \funcd{cap\_to\_text}, il cui prototipo è:
2424 \headdecl{sys/capability.h}
2426 \funcdecl{char * cap\_to\_text(cap\_t caps, ssize\_t * length\_p)}
2428 Genera una visualizzazione testuale delle \textit{capabilities}.
2430 \bodydesc{La funzione ritorna un puntatore alla stringa con la descrizione
2431 delle \textit{capabilities} in caso di successo e \val{NULL} in caso di
2432 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL} o
2437 La funzione ritorna l'indirizzo di una stringa contente la descrizione
2438 testuale del contenuto del \textit{capabilities state} \param{caps} passato
2439 come argomento, e, qualora l'argomento \param{length\_p} sia diverso da
2440 \val{NULL}, restituisce nella variabile intera da questo puntata la lunghezza
2441 della stringa. La stringa restituita viene allocata automaticamente dalla
2442 funzione e deve essere liberata con \func{cap\_free}.
2444 Fin quei abbiamo trattato delle funzioni di manipolazione dei
2445 \textit{capabilities state}; quando si vuole eseguire la lettura delle
2446 \textit{capabilities} del processo corrente si deve usare la funzione
2447 \funcd{cap\_get\_proc}, il cui prototipo è:
2449 \headdecl{sys/capability.h}
2451 \funcdecl{cap\_t cap\_get\_proc(void)}
2452 Legge le \textit{capabilities} del processo corrente.
2454 \bodydesc{La funzione ritorna un valore diverso da \val{NULL} in caso di
2455 successo e \val{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può
2456 assumere i valori \errval{EINVAL}, \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}. }
2459 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo corrente
2460 e restituisce il puntatore ad un \textit{capabilities state} contenente il
2461 risultato, che provvede ad allocare autonomamente, e che occorrerà liberare
2462 con \func{cap\_free} quando non sarà più utilizzato.
2464 Se invece si vogliono leggere le \textit{capabilities} di un processo
2465 specifico occorre usare la funzione \funcd{capgetp}, il cui
2466 prototipo\footnote{su alcune pagine di manuale la funzione è descritta con un
2467 prototipo sbagliato, che prevede un valore di ritorno di tipo \type{cap\_t},
2468 ma il valore di ritorno è intero, come si può verificare anche dalla
2469 dichiarazione della stessa in \texttt{sys/capability.h}.} è:
2471 \headdecl{sys/capability.h}
2473 \funcdecl{int capgetp(pid\_t pid, cap\_t cap\_d)}
2474 Legge le \textit{capabilities} del processo indicato da \param{pid}.
2476 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2477 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2478 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2482 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo indicato
2483 con l'argomento \param{pid}, salvando il risultato nel \textit{capabilities
2484 state} all'indirizzo \param{cap\_d} che deve essere stato creato in
2485 precedenza. Qualora il processo non esista si avrà un errore di
2486 \errval{ESRCH}. Gli stessi valori possono essere letti direttamente nel
2487 filesystem \textit{proc}, nei file \texttt{/proc/<pid>/status}; ad esempio per
2488 \texttt{init} si otterrà qualcosa del tipo:
2491 CapInh: 0000000000000000
2492 CapPrm: 00000000fffffeff
2493 CapEff: 00000000fffffeff
2496 Infine per impostare le \textit{capabilities} del processo corrente (non
2497 esiste una funzione che permetta di cambiare le \textit{capabilities} di un
2498 altro processo) si deve usare la funzione \funcd{cap\_set\_proc}, il cui
2501 \headdecl{sys/capability.h}
2503 \funcdecl{int cap\_set\_proc(cap\_t cap\_p)}
2504 Imposta le \textit{capabilities} del processo corrente.
2506 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2507 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2508 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2512 La funzione modifica le \textit{capabilities} del processo corrente secondo
2513 quanto specificato con l'argomento \param{cap\_p}, posto che questo sia
2514 possibile nei termini spiegati in precedenza (non sarà ad esempio possibile
2515 impostare capacità non presenti nell'insieme di quelle permesse). In caso di
2516 successo i nuovi valori saranno effettivi al ritorno della funzione, in caso
2517 di fallimento invece lo stato delle capacità resterà invariato. Si tenga
2518 presente che \textsl{tutte} le capacità specificate tramite \param{cap\_p}
2519 devono essere permesse; se anche una sola non lo è la funzione fallirà, e per
2520 quanto appena detto, lo stato delle \textit{capabilities} non verrà modificato
2521 (neanche per le parti eventualmente permesse).
2523 Come esempio di utilizzo di queste funzioni nei sorgenti allegati alla guida
2524 si è distribuito il programma \texttt{getcap.c}, che consente di leggere le
2525 \textit{capabilities} del processo corrente\footnote{vale a dire di sé stesso,
2526 quando lo si lancia, il che può sembrare inutile, ma serve a mostrarci quali
2527 sono le \textit{capabilities} standard che ottiene un processo lanciato
2528 dalla riga di comando.} o tramite l'opzione \texttt{-p}, quelle di un
2529 processo qualunque il cui pid viene passato come parametro dell'opzione.
2532 \footnotesize \centering
2533 \begin{minipage}[c]{15cm}
2534 \includecodesample{listati/getcap.c}
2537 \caption{Corpo principale del programma \texttt{getcap.c}.}
2538 \label{fig:proc_getcap}
2541 La sezione principale del programma è riportata in fig.~\ref{fig:proc_getcap},
2542 e si basa su una condizione sulla variabile \var{pid} che se si è usato
2543 l'opzione \texttt{-p} è impostata (nella sezione di gestione delle opzioni,
2544 che si è tralasciata) al valore del \textsl{pid} del processo di cui si vuole
2545 leggere le \textit{capabilities} e nulla altrimenti. Nel primo caso
2546 (\texttt{\small 1--6}) si utilizza direttamente (\texttt{\small 2})
2547 \func{cap\_get\_proc} per ottenere lo stato delle capacità del processo, nel
2548 secondo (\texttt{\small 7--14}) prima si inizializza (\texttt{\small 8}) uno
2549 stato vuoto e poi (\texttt{\small 9}) si legge il valore delle capacità del
2552 Il passo successivo è utilizzare (\texttt{\small 16}) \func{cap\_to\_text} per
2553 tradurre in una stringa lo stato, e poi (\texttt{\small 17}) stamparlo; infine
2554 (\texttt{\small 19--20}) si libera la memoria allocata dalle precedenti
2555 funzioni con \func{cap\_free} per poi ritornare dal ciclo principale della
2558 \itindend{capabilities}
2563 \section{La gestione della priorità di esecuzione}
2564 \label{sec:proc_priority}
2566 In questa sezione tratteremo più approfonditamente i meccanismi con il quale
2567 lo \textit{scheduler}\itindex{scheduler} assegna la CPU ai vari processi
2568 attivi. In particolare prenderemo in esame i vari meccanismi con cui viene
2569 gestita l'assegnazione del tempo di CPU, ed illustreremo le varie funzioni di
2573 \subsection{I meccanismi di \textit{scheduling}}
2574 \label{sec:proc_sched}
2576 \itindbeg{scheduler}
2577 La scelta di un meccanismo che sia in grado di distribuire in maniera efficace
2578 il tempo di CPU per l'esecuzione dei processi è sempre una questione delicata,
2579 ed oggetto di numerose ricerche; in generale essa dipende in maniera
2580 essenziale anche dal tipo di utilizzo che deve essere fatto del sistema, per
2581 cui non esiste un meccanismo che sia valido per tutti gli usi.
2583 La caratteristica specifica di un sistema multitasking come Linux è quella del
2584 cosiddetto \itindex{prehemptive~multitasking}\textit{prehemptive
2585 multitasking}: questo significa che al contrario di altri sistemi (che usano
2586 invece il cosiddetto \itindex{cooperative~multitasking}\textit{cooperative
2587 multitasking}) non sono i singoli processi, ma il kernel stesso a decidere
2588 quando la CPU deve essere passata ad un altro processo. Come accennato in
2589 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} questa scelta viene eseguita da una sezione
2590 apposita del kernel, lo \textit{scheduler}, il cui scopo è quello di
2591 distribuire al meglio il tempo di CPU fra i vari processi.
2593 La cosa è resa ancora più complicata dal fatto che con le architetture
2594 multi-processore si deve anche scegliere quale sia la CPU più opportuna da
2595 utilizzare.\footnote{nei processori moderni la presenza di ampie cache può
2596 rendere poco efficiente trasferire l'esecuzione di un processo da una CPU ad
2597 un'altra, per cui effettuare la migliore scelta fra le diverse CPU non è
2598 banale.} Tutto questo comunque appartiene alle sottigliezze
2599 dell'implementazione del kernel; dal punto di vista dei programmi che girano
2600 in user space, anche quando si hanno più processori (e dei processi che sono
2601 eseguiti davvero in contemporanea), le politiche di scheduling riguardano
2602 semplicemente l'allocazione della risorsa \textsl{tempo di esecuzione}, la cui
2603 assegnazione sarà governata dai meccanismi di scelta delle priorità che
2604 restano gli stessi indipendentemente dal numero di processori.
2606 Si tenga conto poi che i processi non devono solo eseguire del codice: ad
2607 esempio molto spesso saranno impegnati in operazioni di I/O, o potranno
2608 venire bloccati da un comando dal terminale, o sospesi per un certo periodo di
2609 tempo. In tutti questi casi la CPU diventa disponibile ed è compito dello
2610 kernel provvedere a mettere in esecuzione un altro processo.
2612 Tutte queste possibilità sono caratterizzate da un diverso \textsl{stato} del
2613 processo, in Linux un processo può trovarsi in uno degli stati riportati in
2614 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}; ma soltanto i processi che sono nello stato
2615 \textit{runnable} concorrono per l'esecuzione. Questo vuol dire che, qualunque
2616 sia la sua priorità, un processo non potrà mai essere messo in esecuzione
2617 fintanto che esso si trova in uno qualunque degli altri stati.
2622 \begin{tabular}[c]{|p{2.8cm}|c|p{10cm}|}
2624 \textbf{Stato} & \texttt{STAT} & \textbf{Descrizione} \\
2627 \textbf{Runnable}& \texttt{R} & Il processo è in esecuzione o è pronto ad
2628 essere eseguito (cioè è in attesa che gli
2629 venga assegnata la CPU). \\
2630 \textbf{Sleep} & \texttt{S} & Il processo è in attesa di un
2631 risposta dal sistema, ma può essere
2632 interrotto da un segnale. \\
2633 \textbf{Uninterrutible Sleep}& \texttt{D} & Il processo è in
2634 attesa di un risposta dal sistema (in
2635 genere per I/O), e non può essere
2636 interrotto in nessuna circostanza. \\
2637 \textbf{Stopped} & \texttt{T} & Il processo è stato fermato con un
2638 \const{SIGSTOP}, o è tracciato.\\
2639 \textbf{Zombie}\index{zombie} & \texttt{Z} & Il processo è terminato ma il
2640 suo stato di terminazione non è ancora
2641 stato letto dal padre. \\
2644 \caption{Elenco dei possibili stati di un processo in Linux, nella colonna
2645 \texttt{STAT} si è riportata la corrispondente lettera usata dal comando
2646 \cmd{ps} nell'omonimo campo.}
2647 \label{tab:proc_proc_states}
2650 Si deve quindi tenere presente che l'utilizzo della CPU è soltanto una delle
2651 risorse che sono necessarie per l'esecuzione di un programma, e a seconda
2652 dello scopo del programma non è detto neanche che sia la più importante (molti
2653 programmi dipendono in maniera molto più critica dall'I/O). Per questo motivo
2654 non è affatto detto che dare ad un programma la massima priorità di esecuzione
2655 abbia risultati significativi in termini di prestazioni.
2657 Il meccanismo tradizionale di scheduling di Unix (che tratteremo in
2658 sez.~\ref{sec:proc_sched_stand}) è sempre stato basato su delle
2659 \textsl{priorità dinamiche}, in modo da assicurare che tutti i processi, anche
2660 i meno importanti, possano ricevere un po' di tempo di CPU. In sostanza quando
2661 un processo ottiene la CPU la sua priorità viene diminuita. In questo modo
2662 alla fine, anche un processo con priorità iniziale molto bassa, finisce per
2663 avere una priorità sufficiente per essere eseguito.
2665 Lo standard POSIX.1b però ha introdotto il concetto di \textsl{priorità
2666 assoluta}, (chiamata anche \textsl{priorità statica}, in contrapposizione
2667 alla normale priorità dinamica), per tenere conto dei sistemi
2668 real-time,\footnote{per sistema real-time si intende un sistema in grado di
2669 eseguire operazioni in un tempo ben determinato; in genere si tende a
2670 distinguere fra l'\textit{hard real-time} in cui è necessario che i tempi di
2671 esecuzione di un programma siano determinabili con certezza assoluta (come
2672 nel caso di meccanismi di controllo di macchine, dove uno sforamento dei
2673 tempi avrebbe conseguenze disastrose), e \textit{soft-real-time} in cui un
2674 occasionale sforamento è ritenuto accettabile.} in cui è vitale che i
2675 processi che devono essere eseguiti in un determinato momento non debbano
2676 aspettare la conclusione di altri che non hanno questa necessità.
2678 Il concetto di priorità assoluta dice che quando due processi si contendono
2679 l'esecuzione, vince sempre quello con la priorità assoluta più alta.
2680 Ovviamente questo avviene solo per i processi che sono pronti per essere
2681 eseguiti (cioè nello stato \textit{runnable}). La priorità assoluta viene in
2682 genere indicata con un numero intero, ed un valore più alto comporta una
2683 priorità maggiore. Su questa politica di scheduling torneremo in
2684 sez.~\ref{sec:proc_real_time}.
2686 In generale quello che succede in tutti gli Unix moderni è che ai processi
2687 normali viene sempre data una priorità assoluta pari a zero, e la decisione di
2688 assegnazione della CPU è fatta solo con il meccanismo tradizionale della
2689 priorità dinamica. In Linux tuttavia è possibile assegnare anche una priorità
2690 assoluta, nel qual caso un processo avrà la precedenza su tutti gli altri di
2691 priorità inferiore, che saranno eseguiti solo quando quest'ultimo non avrà
2695 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling} standard}
2696 \label{sec:proc_sched_stand}
2698 A meno che non si abbiano esigenze specifiche, l'unico meccanismo di
2699 scheduling con il quale si avrà a che fare è quello tradizionale, che prevede
2700 solo priorità dinamiche. È di questo che, di norma, ci si dovrà preoccupare
2701 nella programmazione.
2703 Come accennato in Linux tutti i processi ordinari hanno la stessa priorità
2704 assoluta. Quello che determina quale, fra tutti i processi in attesa di
2705 esecuzione, sarà eseguito per primo, è la priorità dinamica, che è chiamata
2706 così proprio perché varia nel corso dell'esecuzione di un processo. Oltre a
2707 questo la priorità dinamica determina quanto a lungo un processo continuerà ad
2708 essere eseguito, e quando un processo potrà subentrare ad un altro
2711 Il meccanismo usato da Linux è piuttosto semplice,\footnote{in realtà nella
2712 serie 2.6.x lo scheduler è stato riscritto da zero e può usare diversi
2713 algoritmi, selezionabili sia in fase di compilazione, che, nelle versioni
2714 più recenti, all'avvio (addirittura è stato ideato un sistema modulare che
2715 permette di cambiare lo scheduler al volo, che comunque non è incluso nel
2716 kernel ufficiale).} ad ogni processo è assegnata una \textit{time-slice},
2717 cioè un intervallo di tempo (letteralmente una fetta) per il quale esso deve
2718 essere eseguito. Il valore della \textit{time-slice} è controllato dalla
2719 cosiddetta \textit{nice} (o \textit{niceness}) del processo. Essa è contenuta
2720 nel campo \var{nice} di \struct{task\_struct}; tutti i processi vengono creati
2721 con lo stesso valore, ed essa specifica il valore della durata iniziale della
2722 \textit{time-slice} che viene assegnato ad un altro campo della struttura
2723 (\var{counter}) quando il processo viene eseguito per la prima volta e
2724 diminuito progressivamente ad ogni interruzione del timer.
2726 Durante la sua esecuzione lo scheduler scandisce la coda dei processi in stato
2727 \textit{runnable} associando, in base al valore di \var{counter}, un peso ad
2728 ogni processo in attesa di esecuzione,\footnote{il calcolo del peso in realtà
2729 è un po' più complicato, ad esempio nei sistemi multiprocessore viene
2730 favorito un processo eseguito sulla stessa CPU, e a parità del valore di
2731 \var{counter} viene favorito chi ha una priorità più elevata.} chi ha il
2732 peso più alto verrà posto in esecuzione, ed il precedente processo sarà
2733 spostato in fondo alla coda. Dato che ad ogni interruzione del timer il
2734 valore di \var{counter} del processo corrente viene diminuito, questo assicura
2735 che anche i processi con priorità più bassa verranno messi in esecuzione.
2737 La priorità di un processo è così controllata attraverso il valore di
2738 \var{nice}, che stabilisce la durata della \textit{time-slice}; per il
2739 meccanismo appena descritto infatti un valore più lungo assicura una maggiore
2740 attribuzione di CPU. L'origine del nome di questo parametro sta nel fatto che
2741 generalmente questo viene usato per diminuire la priorità di un processo, come
2742 misura di cortesia nei confronti degli altri. I processi infatti vengono
2743 creati dal sistema con lo stesso valore di \var{nice} (nullo) e nessuno è
2744 privilegiato rispetto agli altri; il valore può essere modificato solo
2745 attraverso la funzione \funcd{nice}, il cui prototipo è:
2746 \begin{prototype}{unistd.h}
2748 Aumenta il valore di \var{nice} per il processo corrente.
2750 \bodydesc{La funzione ritorna zero in caso di successo e -1 in caso di
2751 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2753 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2754 specificato un valore di \param{inc} negativo.
2758 L'argomento \param{inc} indica l'incremento del valore di \var{nice}:
2759 quest'ultimo può assumere valori compresi fra \const{PRIO\_MIN} e
2760 \const{PRIO\_MAX} (che nel caso di Linux sono $-19$ e $20$), ma per
2761 \param{inc} si può specificare un valore qualunque, positivo o negativo, ed il
2762 sistema provvederà a troncare il risultato nell'intervallo consentito. Valori
2763 positivi comportano maggiore \textit{cortesia} e cioè una diminuzione della
2764 priorità, ogni utente può solo innalzare il valore di un suo processo. Solo
2765 l'amministratore può specificare valori negativi che permettono di aumentare
2766 la priorità di un processo.
2768 In SUSv2 la funzione ritorna il nuovo valore di \var{nice}; Linux non segue
2769 questa convenzione, e per leggere il nuovo valore occorre invece usare la
2770 funzione \funcd{getpriority}, derivata da BSD, il cui prototipo è:
2771 \begin{prototype}{sys/resource.h}
2772 {int getpriority(int which, int who)}
2774 Restituisce il valore di \var{nice} per l'insieme dei processi specificati.
2776 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
2777 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2779 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2780 \param{which} e \param{who}.
2781 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
2784 \noindent nelle vecchie versioni può essere necessario includere anche
2785 \file{<sys/time.h>}, questo non è più necessario con versioni recenti delle
2786 librerie, ma è comunque utile per portabilità.
2788 La funzione permette, a seconda del valore di \param{which}, di leggere la
2789 priorità di un processo, di un gruppo di processi (vedi
2790 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o di un utente, specificando un corrispondente
2791 valore per \param{who} secondo la legenda di tab.~\ref{tab:proc_getpriority};
2792 un valore nullo di quest'ultimo indica il processo, il gruppo di processi o
2798 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
2800 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
2803 \const{PRIO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo \\
2804 \const{PRIO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
2805 \textit{process group} \\
2806 \const{PRIO\_USER} & \type{uid\_t} & utente \\
2809 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
2810 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{getpriority} e
2811 \func{setpriority} per le tre possibili scelte.}
2812 \label{tab:proc_getpriority}
2815 La funzione restituisce la priorità più alta (cioè il valore più basso) fra
2816 quelle dei processi specificati; dato che -1 è un valore possibile, per poter
2817 rilevare una condizione di errore è necessario cancellare sempre \var{errno}
2818 prima della chiamata alla funzione, per verificare che essa resti uguale a
2821 Analoga a \func{getpriority} la funzione \funcd{setpriority} permette di
2822 impostare la priorità di uno o più processi; il suo prototipo è:
2823 \begin{prototype}{sys/resource.h}
2824 {int setpriority(int which, int who, int prio)}
2825 Imposta la priorità per l'insieme dei processi specificati.
2827 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
2828 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2830 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2831 \param{which} e \param{who}.
2832 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
2833 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2834 specificato un valore di \param{inc} negativo.
2835 \item[\errcode{EACCES}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2836 cercato di modificare la priorità di un processo di un altro utente.
2840 La funzione imposta la priorità al valore specificato da \param{prio} per
2841 tutti i processi indicati dagli argomenti \param{which} e \param{who}. La
2842 gestione dei permessi dipende dalle varie implementazioni; in Linux, secondo
2843 le specifiche dello standard SUSv3, e come avviene per tutti i sistemi che
2844 derivano da SysV, è richiesto che l'user-ID reale o effettivo del processo
2845 chiamante corrispondano al real user-ID (e solo quello) del processo di cui si
2846 vuole cambiare la priorità; per i sistemi derivati da BSD invece (SunOS,
2847 Ultrix, *BSD) la corrispondenza può essere anche con l'user-ID effettivo.
2851 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling real-time}}
2852 \label{sec:proc_real_time}
2854 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_sched} lo standard POSIX.1b ha introdotto
2855 le priorità assolute per permettere la gestione di processi real-time. In
2856 realtà nel caso di Linux non si tratta di un vero hard real-time, in quanto in
2857 presenza di eventuali interrupt il kernel interrompe l'esecuzione di un
2858 processo qualsiasi sia la sua priorità,\footnote{questo a meno che non si
2859 siano installate le patch di RTLinux, RTAI o Adeos, con i quali è possibile
2860 ottenere un sistema effettivamente hard real-time. In tal caso infatti gli
2861 interrupt vengono intercettati dall'interfaccia real-time (o nel caso di
2862 Adeos gestiti dalle code del nano-kernel), in modo da poterli controllare
2863 direttamente qualora ci sia la necessità di avere un processo con priorità
2864 più elevata di un \textit{interrupt handler}.} mentre con l'incorrere in un
2865 \textit{page fault}\itindex{page~fault} si possono avere ritardi non previsti.
2866 Se l'ultimo problema può essere aggirato attraverso l'uso delle funzioni di
2867 controllo della memoria virtuale (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), il primo
2868 non è superabile e può comportare ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di
2869 esecuzione di qualunque processo.
2871 Occorre usare le priorità assolute con molta attenzione: se si dà ad un
2872 processo una priorità assoluta e questo finisce in un loop infinito, nessun
2873 altro processo potrà essere eseguito, ed esso sarà mantenuto in esecuzione
2874 permanentemente assorbendo tutta la CPU e senza nessuna possibilità di
2875 riottenere l'accesso al sistema. Per questo motivo è sempre opportuno, quando
2876 si lavora con processi che usano priorità assolute, tenere attiva una shell
2877 cui si sia assegnata la massima priorità assoluta, in modo da poter essere
2878 comunque in grado di rientrare nel sistema.
2880 Quando c'è un processo con priorità assoluta lo scheduler lo metterà in
2881 esecuzione prima di ogni processo normale. In caso di più processi sarà
2882 eseguito per primo quello con priorità assoluta più alta. Quando ci sono più
2883 processi con la stessa priorità assoluta questi vengono tenuti in una coda e
2884 tocca al kernel decidere quale deve essere eseguito. Il meccanismo con cui
2885 vengono gestiti questi processi dipende dalla politica di scheduling che si è
2886 scelta; lo standard ne prevede due:
2887 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2888 \item[\textit{FIFO}] \textit{First In First Out}. Il processo viene eseguito
2889 fintanto che non cede volontariamente la CPU (con \func{sched\_yield}), si
2890 blocca, finisce o viene interrotto da un processo a priorità più alta. Se il
2891 processo viene interrotto da uno a priorità più alta esso resterà in cima
2892 alla lista e sarà il primo ad essere eseguito quando i processi a priorità
2893 più alta diverranno inattivi. Se invece lo si blocca volontariamente sarà
2894 posto in coda alla lista (ed altri processi con la stessa priorità potranno
2896 \item[\textit{RR}] \textit{Round Robin}. Il comportamento è del tutto analogo
2897 a quello precedente, con la sola differenza che ciascun processo viene
2898 eseguito al massimo per un certo periodo di tempo (la cosiddetta
2899 \textit{time slice}) dopo di che viene automaticamente posto in fondo alla
2900 coda dei processi con la stessa priorità. In questo modo si ha comunque una
2901 esecuzione a turno di tutti i processi, da cui il nome della politica. Solo
2902 i processi con la stessa priorità ed in stato \textit{runnable} entrano nel
2906 La funzione per impostare le politiche di scheduling (sia real-time che
2907 ordinarie) ed i relativi parametri è \funcd{sched\_setscheduler}; il suo
2909 \begin{prototype}{sched.h}
2910 {int sched\_setscheduler(pid\_t pid, int policy, const struct sched\_param *p)}
2911 Imposta priorità e politica di scheduling.
2913 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso
2914 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2916 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2917 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non esiste o il
2918 relativo valore di \param{p} non è valido.
2919 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi per attivare la
2924 La funzione esegue l'impostazione per il processo specificato dall'argomento
2925 \param{pid}; un valore nullo esegue l'impostazione per il processo corrente.
2926 La politica di scheduling è specificata dall'argomento \param{policy} i cui
2927 possibili valori sono riportati in tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}; un valore
2928 negativo per \param{policy} mantiene la politica di scheduling corrente.
2929 Solo un processo con i privilegi di amministratore può impostare priorità
2930 assolute diverse da zero o politiche \const{SCHED\_FIFO} e \const{SCHED\_RR}.
2935 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2937 \textbf{Policy} & \textbf{Significato} \\
2940 \const{SCHED\_FIFO} & Scheduling real-time con politica \textit{FIFO} \\
2941 \const{SCHED\_RR} & Scheduling real-time con politica \textit{Round
2943 \const{SCHED\_OTHER}& Scheduling ordinario\\
2946 \caption{Valori dell'argomento \param{policy} per la funzione
2947 \func{sched\_setscheduler}.}
2948 \label{tab:proc_sched_policy}
2951 Il valore della priorità è passato attraverso la struttura
2952 \struct{sched\_param} (riportata in fig.~\ref{fig:sig_sched_param}), il cui
2953 solo campo attualmente definito è \var{sched\_priority}, che nel caso delle
2954 priorità assolute deve essere specificato nell'intervallo fra un valore
2955 massimo ed uno minimo, che nel caso sono rispettivamente 1 e 99; il valore
2956 nullo è legale, ma indica i processi normali.
2958 \begin{figure}[!bht]
2959 \footnotesize \centering
2960 \begin{minipage}[c]{15cm}
2961 \includestruct{listati/sched_param.c}
2964 \caption{La struttura \structd{sched\_param}.}
2965 \label{fig:sig_sched_param}
2968 Si tenga presente che quando si imposta una politica di scheduling real-time
2969 per un processo (o se ne cambia la priorità con \func{sched\_setparam}) questo
2970 viene messo in cima alla lista dei processi con la stessa priorità; questo
2971 comporta che verrà eseguito subito, interrompendo eventuali altri processi con
2972 la stessa priorità in quel momento in esecuzione.
2974 Lo standard POSIX.1b prevede comunque che i due valori della massima e minima
2975 priorità statica possano essere ottenuti, per ciascuna delle politiche di
2976 scheduling \textit{real-time}, tramite le due funzioni
2977 \funcd{sched\_get\_priority\_max} e \funcd{sched\_get\_priority\_min}, i cui
2982 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_max(int policy)} Legge il valore
2983 massimo della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
2986 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_min(int policy)} Legge il valore minimo
2987 della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
2989 \bodydesc{La funzioni ritornano il valore della priorità in caso di successo
2990 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2992 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non è valido.
2997 I processi con politica di scheduling \const{SCHED\_OTHER} devono specificare
2998 un valore nullo (altrimenti si avrà un errore \errcode{EINVAL}), questo valore
2999 infatti non ha niente a che vedere con la priorità dinamica determinata dal
3000 valore di \var{nice}, che deve essere impostato con le funzioni viste in
3003 Il kernel mantiene i processi con la stessa priorità assoluta in una lista, ed
3004 esegue sempre il primo della lista, mentre un nuovo processo che torna in
3005 stato \textit{runnable} viene sempre inserito in coda alla lista. Se la
3006 politica scelta è \const{SCHED\_FIFO} quando il processo viene eseguito viene
3007 automaticamente rimesso in coda alla lista, e la sua esecuzione continua
3008 fintanto che non viene bloccato da una richiesta di I/O, o non rilascia
3009 volontariamente la CPU (in tal caso, tornando nello stato \textit{runnable}
3010 sarà reinserito in coda alla lista); l'esecuzione viene ripresa subito solo
3011 nel caso che esso sia stato interrotto da un processo a priorità più alta.
3013 Se si intende operare solo sulla priorità assoluta di un processo si possono
3014 usare le funzioni \funcd{sched\_setparam} e \funcd{sched\_getparam}, i cui
3019 \funcdecl{int sched\_setparam(pid\_t pid, const struct sched\_param *p)}
3020 Imposta la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3022 \funcdecl{int sched\_getparam(pid\_t pid, struct sched\_param *p)}
3023 Legge la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3025 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo
3026 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3028 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3029 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{p} non ha senso per la
3031 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3032 eseguire l'operazione.
3036 L'uso di \func{sched\_setparam} che è del tutto equivalente a
3037 \func{sched\_setscheduler} con \param{priority} uguale a -1. Come per
3038 \func{sched\_setscheduler} specificando 0 come valore di \param{pid} si opera
3039 sul processo corrente. La disponibilità di entrambe le funzioni può essere
3040 verificata controllando la macro \macro{\_POSIX\_PRIORITY\_SCHEDULING} che è
3041 definita nell'header \file{sched.h}.
3043 Si tenga presente che per eseguire la funzione il processo chiamante deve
3044 avere un user-ID effettivo uguale all'user-ID reale o a quello effettivo del
3045 processo di cui vuole cambiare la priorità, oppure deve avere i privilegi di
3046 amministratore (con la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}).
3048 La priorità assoluta può essere riletta indietro dalla funzione
3049 \funcd{sched\_getscheduler}, il cui prototipo è:
3050 \begin{prototype}{sched.h}
3051 {int sched\_getscheduler(pid\_t pid)}
3052 Legge la politica di scheduling per il processo \param{pid}.
3054 \bodydesc{La funzione ritorna la politica di scheduling in caso di successo
3055 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3057 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3058 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{pid} è negativo.
3062 La funzione restituisce il valore (secondo quanto elencato in
3063 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}) della politica di scheduling per il processo
3064 specificato; se \param{pid} è nullo viene restituito quello del processo
3067 L'ultima funzione che permette di leggere le informazioni relative ai processi
3068 real-time è \funcd{sched\_rr\_get\_interval}, che permette di ottenere la
3069 lunghezza della \textit{time slice} usata dalla politica \textit{round robin};
3071 \begin{prototype}{sched.h}
3072 {int sched\_rr\_get\_interval(pid\_t pid, struct timespec *tp)} Legge in
3073 \param{tp} la durata della \textit{time slice} per il processo \param{pid}.
3075 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3076 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3078 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3079 \item[\errcode{ENOSYS}] la system call non è stata implementata.
3083 La funzione restituisce il valore dell'intervallo di tempo usato per la
3084 politica \textit{round robin} in una struttura \struct{timespec}, (la cui
3085 definizione si può trovare in fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}). In realtà
3086 dato che in Linux questo intervallo di tempo è prefissato e non modificabile,
3087 questa funzione ritorna sempre un valore di 150 millisecondi, e non importa
3088 specificare il PID di un processo reale.
3091 Come accennato ogni processo che usa lo scheduling real-time può rilasciare
3092 volontariamente la CPU; questo viene fatto attraverso la funzione
3093 \funcd{sched\_yield}, il cui prototipo è:
3094 \begin{prototype}{sched.h}
3095 {int sched\_yield(void)}
3097 Rilascia volontariamente l'esecuzione.
3099 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3100 nel qual caso \var{errno} viene impostata opportunamente.}
3103 La funzione fa sì che il processo rilasci la CPU, in modo da essere rimesso in
3104 coda alla lista dei processi da eseguire, e permettere l'esecuzione di un
3105 altro processo; se però il processo è l'unico ad essere presente sulla coda
3106 l'esecuzione non sarà interrotta. In genere usano questa funzione i processi
3107 in modalità \textit{fifo}, per permettere l'esecuzione degli altri processi
3108 con pari priorità quando la sezione più urgente è finita.
3110 Infine con il supporto dei sistemi multiprocessore sono state introdotte delle
3111 funzioni che permettono di controllare in maniera più dettagliata la scelta di
3112 quale processore utilizzare per eseguire un certo programma. Uno dei problemi
3113 che si pongono nei sistemi multiprocessore è infatti quello
3114 dell'\textsl{effetto ping-pong}.\index{effetto~ping-pong} Può accadere cioè
3115 che lo scheduler, quando riavvia un processo precedentemente interrotto,
3116 scegliendo il primo processore disponibile lo faccia eseguire da un processore
3117 diverso rispetto a quello su cui era stato eseguito in precedenza. Se il
3118 processo passa da un processore all'altro in questo modo (cosa che avveniva
3119 abbastanza di frequente con i kernel della seria 2.4.x) si ha
3120 l'\textsl{effetto ping-pong}.
3122 Questo tipo di comportamento può generare dei seri problemi di prestazioni;
3123 infatti tutti i processori moderni utilizzano una memoria interna (la
3124 \textit{cache}) contenente i dati più usati, che permette di evitare di
3125 eseguire un accesso (molto più lento) alla memoria principale sulla scheda
3126 madre. Chiaramente un processo sarà favorito se i suoi dati sono nella cache
3127 del processore, ma è ovvio che questo può essere vero solo per un processore
3128 alla volta, perché in presenza di più copie degli stessi dati su più
3129 processori, non si potrebbe determinare quale di questi ha la versione dei
3130 dati aggiornata rispetto alla memoria principale.
3132 Questo comporta che quando un processore inserisce un dato nella sua cache,
3133 tutti gli altri processori che hanno lo stesso dato devono invalidarlo, e
3134 questa operazione è molto costosa in termini di prestazioni. Il problema
3135 diventa serio quando si verifica l'\textsl{effetto ping-pong}, in tal caso
3136 infatti un processo \textsl{rimbalza} continuamente da un processore all'altro
3137 e si ha una continua invalidazione della cache, che non diventa mai
3140 \itindbeg{CPU~affinity}
3141 Per ovviare a questo tipo di problemi è nato il concetto di \textsl{affinità
3142 di processore} (o \textit{CPU affinity}); la
3143 possibilità cioè di far sì che un processo possa essere assegnato per
3144 l'esecuzione sempre allo stesso processore. Lo scheduler dei kernel della
3145 serie 2.4.x aveva una scarsa \textit{CPU affinity}, e
3146 \index{effetto~ping-pong} l'effetto ping-pong era comune; con il nuovo
3147 scheduler dei kernel della 2.6.x questo problema è stato risolto ed esso cerca
3148 di mantenere il più possibile ciascun processo sullo stesso processore.
3150 In certi casi però resta l'esigenza di poter essere sicuri che un processo sia
3151 sempre eseguito dallo stesso processore,\footnote{quella che viene detta
3152 \textit{hard CPU affinity}, in contrasto con quella fornita dallo scheduler,
3153 detta \textit{soft CPU affinity}, che di norma indica solo una preferenza,
3154 non un requisito assoluto.} e per poter risolvere questo tipo di
3155 problematiche nei nuovi kernel\footnote{le due system call per la gestione
3156 della \textit{CPU affinity} sono state introdotte nel kernel 2.5.8, e le
3157 funzioni di libreria nelle \textsl{glibc} 2.3.} è stata introdotta
3158 l'opportuna infrastruttura ed una nuova system call che permette di impostare
3159 su quali processori far eseguire un determinato processo attraverso una
3160 \textsl{maschera di affinità}. La corrispondente funzione di libreria è
3161 \funcd{sched\_setaffinity} ed il suo prototipo\footnote{di questa funzione (e
3162 della corrispondente \func{sched\_setaffinity}) esistono versioni diverse
3163 per gli argomenti successivi a \param{pid}: la prima (quella riportata nella
3164 pagina di manuale) prevedeva due ulteriori argomenti di tipo
3165 \texttt{unsigned int len} e \texttt{unsigned long *mask}, poi l'argomento
3166 \texttt{len} è stato eliminato, successivamente si è introdotta la versione
3167 riportata con però un secondo argomento di tipo \texttt{size\_t cpusetsize}
3168 (anche questa citata nella pagina di manuale); la versione citata è quella
3169 riportata nel manuale delle \textsl{glibc} e corrispondente alla definizione
3170 presente in \file{sched.h}.} è:
3171 \begin{prototype}{sched.h}
3172 {int sched\_setaffinity (pid\_t pid, const cpu\_set\_t *cpuset)}
3173 Imposta la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3175 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3176 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3178 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3179 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{cpuset} contiene riferimenti a
3180 processori non esistenti nel sistema.
3181 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3182 eseguire l'operazione.
3184 ed inoltre anche \errval{EFAULT}.}
3187 La funzione imposta, con l'uso del valore contenuto all'indirizzo
3188 \param{cpuset}, l'insieme dei processori sui quali deve essere eseguito il
3189 processo identificato tramite il valore passato in \param{pid}. Come in
3190 precedenza il valore nullo di \param{pid} indica il processo corrente. Per
3191 poter utilizzare questa funzione sono richiesti i privilegi di amministratore
3192 (è necessaria la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}) altrimenti essa fallirà con
3193 un errore di \errcode{EPERM}. Una volta impostata una maschera di affinità,
3194 questa viene ereditata attraverso una \func{fork}, in questo modo diventa
3195 possibile legare automaticamente un gruppo di processi ad un singolo
3198 Nell'uso comune, almeno con i kernel della serie 2.6.x, l'uso di questa
3199 funzione non è necessario, in quanto è lo scheduler stesso che provvede a
3200 mantenere al meglio l'affinità di processore. Esistono però esigenze
3201 particolari, ad esempio quando un processo (o un gruppo di processi) è
3202 utilizzato per un compito importante (ad esempio per applicazioni real-time o
3203 la cui risposta è critica) e si vuole la massima velocità, con questa
3204 interfaccia diventa possibile selezionare gruppi di processori utilizzabili in
3205 maniera esclusiva. Lo stesso dicasi quando l'accesso a certe risorse (memoria
3206 o periferiche) può avere un costo diverso a seconda del processore (come
3207 avviene nelle architetture NUMA).
3209 Infine se un gruppo di processi accede alle stesse risorse condivise (ad
3210 esempio una applicazione con più thread) può avere senso usare lo stesso
3211 processore in modo da sfruttare meglio l'uso della sua cache; questo
3212 ovviamente riduce i benefici di un sistema multiprocessore nell'esecuzione
3213 contemporanea dei thread, ma in certi casi (quando i thread sono inerentemente
3214 serializzati nell'accesso ad una risorsa) possono esserci sufficienti vantaggi
3215 nell'evitare la perdita della cache da rendere conveniente l'uso dell'affinità
3218 Per facilitare l'uso dell'argomento \param{cpuset} le \acr{glibc} hanno
3219 introdotto un apposito dato di tipo, \ctyp{cpu\_set\_t},\footnote{questa è una
3220 estensione specifica delle \acr{glibc}, da attivare definendo la macro
3221 \macro{\_GNU\_SOURCE}, non esiste infatti una standardizzazione per
3222 questo tipo di interfaccia e POSIX al momento non prevede nulla al
3223 riguardo.} che permette di identificare un insieme di processori. Il dato è
3224 una maschera binaria: in generale è un intero a 32 bit in cui ogni bit
3225 corrisponde ad un processore, ma dato che per architetture particolari il
3226 numero di bit di un intero può non essere sufficiente, è stata creata questa
3227 che è una interfaccia generica che permette di usare a basso livello un tipo
3228 di dato qualunque rendendosi indipendenti dal numero di bit e dalla loro
3231 Questa interfaccia, oltre alla definizione del tipo di dato apposito, prevede
3232 anche una serie di macro di preprocessore per la manipolazione dello stesso,
3233 che consentono di svuotare un insieme, aggiungere o togliere un processore da
3234 esso o verificare se vi è già presente:
3237 \funcdecl{void \macro{CPU\_ZERO}(cpu\_set\_t *set)}
3238 Inizializza l'insieme (vuoto).
3240 \funcdecl{void \macro{CPU\_SET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3241 Inserisce il processore \param{cpu} nell'insieme.
3243 \funcdecl{void \macro{CPU\_CLR}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3244 Rimuove il processore \param{cpu} nell'insieme.
3246 \funcdecl{int \macro{CPU\_ISSET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3247 Controlla se il processore \param{cpu} è nell'insieme.
3250 Oltre a queste macro, simili alle analoghe usate per gli insiemi di file
3251 descriptor (vedi sez.~\ref{sec:file_select}) è definita la costante
3252 \const{CPU\_SETSIZE} che indica il numero massimo di processori che possono
3253 far parte dell'insieme, e che costituisce un limite massimo al valore
3254 dell'argomento \param{cpu}.
3256 In generale la maschera di affinità è preimpostata in modo che un processo
3257 possa essere eseguito su qualunque processore, se può comunque leggere il
3258 valore per un processo specifico usando la funzione
3259 \funcd{sched\_getaffinity}, il suo prototipo è:
3260 \begin{prototype}{sched.h}
3261 {int sched\_getaffinity (pid\_t pid, const cpu\_set\_t *cpuset)}
3262 Legge la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3264 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3265 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3267 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3268 \item[\errcode{EFAULT}] il valore di \param{cpuset} non è un indirizzo
3273 La funzione restituirà all'indirizzo specificato da \param{cpuset} il valore
3274 della maschera di affinità del processo, così da poterla riutilizzare per una
3275 successiva reimpostazione. In questo caso non sono necessari privilegi
3278 È chiaro che queste funzioni per la gestione dell'affinità hanno significato
3279 soltanto su un sistema multiprocessore, esse possono comunque essere
3280 utilizzate anche in un sistema con un processore singolo, nel qual caso però
3281 non avranno alcun risultato effettivo.
3282 \itindend{scheduler}
3283 \itindend{CPU~affinity}
3287 \section{Problematiche di programmazione multitasking}
3288 \label{sec:proc_multi_prog}
3290 Benché i processi siano strutturati in modo da apparire il più possibile come
3291 indipendenti l'uno dall'altro, nella programmazione in un sistema multitasking
3292 occorre tenere conto di una serie di problematiche che normalmente non
3293 esistono quando si ha a che fare con un sistema in cui viene eseguito un solo
3294 programma alla volta.
3296 Pur essendo questo argomento di carattere generale, ci è parso opportuno
3297 introdurre sinteticamente queste problematiche, che ritroveremo a più riprese
3298 in capitoli successivi, in questa sezione conclusiva del capitolo in cui
3299 abbiamo affrontato la gestione dei processi.
3302 \subsection{Le operazioni atomiche}
3303 \label{sec:proc_atom_oper}
3305 La nozione di \textsl{operazione atomica} deriva dal significato greco della
3306 parola atomo, cioè indivisibile; si dice infatti che un'operazione è atomica
3307 quando si ha la certezza che, qualora essa venga effettuata, tutti i passaggi
3308 che devono essere compiuti per realizzarla verranno eseguiti senza possibilità
3309 di interruzione in una fase intermedia.
3311 In un ambiente multitasking il concetto è essenziale, dato che un processo può
3312 essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in esecuzione un
3313 altro processo o dalla ricezione di un segnale; occorre pertanto essere
3314 accorti nei confronti delle possibili \textit{race
3315 condition}\itindex{race~condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond})
3316 derivanti da operazioni interrotte in una fase in cui non erano ancora state
3319 Nel caso dell'interazione fra processi la situazione è molto più semplice, ed
3320 occorre preoccuparsi della atomicità delle operazioni solo quando si ha a che
3321 fare con meccanismi di intercomunicazione (che esamineremo in dettaglio in
3322 cap.~\ref{cha:IPC}) o nelle operazioni con i file (vedremo alcuni esempi in
3323 sez.~\ref{sec:file_atomic}). In questi casi in genere l'uso delle appropriate
3324 funzioni di libreria per compiere le operazioni necessarie è garanzia
3325 sufficiente di atomicità in quanto le system call con cui esse sono realizzate
3326 non possono essere interrotte (o subire interferenze pericolose) da altri
3329 Nel caso dei segnali invece la situazione è molto più delicata, in quanto lo
3330 stesso processo, e pure alcune system call, possono essere interrotti in
3331 qualunque momento, e le operazioni di un eventuale \textit{signal handler}
3332 sono compiute nello stesso spazio di indirizzi del processo. Per questo, anche
3333 il solo accesso o l'assegnazione di una variabile possono non essere più
3334 operazioni atomiche (torneremo su questi aspetti in
3335 sez.~\ref{sec:sig_control}).
3337 In questo caso il sistema provvede un tipo di dato, il \type{sig\_atomic\_t},
3338 il cui accesso è assicurato essere atomico. In pratica comunque si può
3339 assumere che, in ogni piattaforma su cui è implementato Linux, il tipo
3340 \ctyp{int}, gli altri interi di dimensione inferiore ed i puntatori sono
3341 atomici. Non è affatto detto che lo stesso valga per interi di dimensioni
3342 maggiori (in cui l'accesso può comportare più istruzioni in assembler) o per
3343 le strutture. In tutti questi casi è anche opportuno marcare come
3344 \direct{volatile} le variabili che possono essere interessate ad accesso
3345 condiviso, onde evitare problemi con le ottimizzazioni del codice.
3349 \subsection{Le \textit{race condition} ed i \textit{deadlock}}
3350 \label{sec:proc_race_cond}
3352 \itindbeg{race~condition}
3353 Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
3354 diversi operano su una risorsa comune, ed in cui il risultato viene a
3355 dipendere dall'ordine in cui essi effettuano le loro operazioni. Il caso
3356 tipico è quello di un'operazione che viene eseguita da un processo in più
3357 passi, e può essere compromessa dall'intervento di un altro processo che
3358 accede alla stessa risorsa quando ancora non tutti i passi sono stati
3361 Dato che in un sistema multitasking ogni processo può essere interrotto in
3362 qualunque momento per farne subentrare un altro in esecuzione, niente può
3363 assicurare un preciso ordine di esecuzione fra processi diversi o che una
3364 sezione di un programma possa essere eseguita senza interruzioni da parte di
3365 altri. Queste situazioni comportano pertanto errori estremamente subdoli e
3366 difficili da tracciare, in quanto nella maggior parte dei casi tutto
3367 funzionerà regolarmente, e solo occasionalmente si avranno degli errori.
3369 Per questo occorre essere ben consapevoli di queste problematiche, e del fatto
3370 che l'unico modo per evitarle è quello di riconoscerle come tali e prendere
3371 gli adeguati provvedimenti per far sì che non si verifichino. Casi tipici di
3372 \textit{race condition} si hanno quando diversi processi accedono allo stesso
3373 file, o nell'accesso a meccanismi di intercomunicazione come la memoria
3374 condivisa. In questi casi, se non si dispone della possibilità di eseguire
3375 atomicamente le operazioni necessarie, occorre che quelle parti di codice in
3376 cui si compiono le operazioni sulle risorse condivise (le cosiddette
3377 \textsl{sezioni critiche}\index{sezione~critica}) del programma, siano
3378 opportunamente protette da meccanismi di sincronizzazione (torneremo su queste
3379 problematiche di questo tipo in cap.~\ref{cha:IPC}).
3382 Un caso particolare di \textit{race condition} sono poi i cosiddetti
3383 \textit{deadlock}, particolarmente gravi in quanto comportano spesso il blocco
3384 completo di un servizio, e non il fallimento di una singola operazione. Per
3385 definizione un \textit{deadlock} è una situazione in cui due o più processi
3386 non sono più in grado di proseguire perché ciascuno aspetta il risultato di
3387 una operazione che dovrebbe essere eseguita dall'altro.
3390 L'esempio tipico di una situazione che può condurre ad un
3391 \textit{deadlock} è quello in cui un flag di
3392 ``\textsl{occupazione}'' viene rilasciato da un evento asincrono (come un
3393 segnale o un altro processo) fra il momento in cui lo si è controllato
3394 (trovandolo occupato) e la successiva operazione di attesa per lo sblocco. In
3395 questo caso, dato che l'evento di sblocco del flag è avvenuto senza che ce ne
3396 accorgessimo proprio fra il controllo e la messa in attesa, quest'ultima
3397 diventerà perpetua (da cui il nome di \textit{deadlock}).
3399 In tutti questi casi è di fondamentale importanza il concetto di atomicità
3400 visto in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper}; questi problemi infatti possono essere
3401 risolti soltanto assicurandosi, quando essa sia richiesta, che sia possibile
3402 eseguire in maniera atomica le operazioni necessarie.
3403 \itindend{race~condition}
3407 \subsection{Le funzioni rientranti}
3408 \label{sec:proc_reentrant}
3410 Si dice \textsl{rientrante} una funzione che può essere interrotta in
3411 qualunque punto della sua esecuzione ed essere chiamata una seconda volta da
3412 un altro thread di esecuzione senza che questo comporti nessun problema
3413 nell'esecuzione della stessa. La problematica è comune nella programmazione
3414 multi-thread, ma si hanno gli stessi problemi quando si vogliono chiamare
3415 delle funzioni all'interno dei gestori dei segnali.
3417 Fintanto che una funzione opera soltanto con le variabili locali è rientrante;
3418 queste infatti vengono allocate nello \itindex{stack} stack, e un'altra
3419 invocazione non fa altro che allocarne un'altra copia. Una funzione può non
3420 essere rientrante quando opera su memoria che non è nello \itindex{stack}
3421 stack. Ad esempio una funzione non è mai rientrante se usa una variabile
3424 Nel caso invece la funzione operi su un oggetto allocato dinamicamente, la
3425 cosa viene a dipendere da come avvengono le operazioni: se l'oggetto è creato
3426 ogni volta e ritornato indietro la funzione può essere rientrante, se invece
3427 esso viene individuato dalla funzione stessa due chiamate alla stessa funzione
3428 potranno interferire quando entrambe faranno riferimento allo stesso oggetto.
3429 Allo stesso modo una funzione può non essere rientrante se usa e modifica un
3430 oggetto che le viene fornito dal chiamante: due chiamate possono interferire
3431 se viene passato lo stesso oggetto; in tutti questi casi occorre molta cura da
3432 parte del programmatore.
3434 In genere le funzioni di libreria non sono rientranti, molte di esse ad
3435 esempio utilizzano variabili statiche, le \acr{glibc} però mettono a
3436 disposizione due macro di compilatore, \macro{\_REENTRANT} e
3437 \macro{\_THREAD\_SAFE}, la cui definizione attiva le versioni rientranti di
3438 varie funzioni di libreria, che sono identificate aggiungendo il suffisso
3439 \code{\_r} al nome della versione normale.
3443 %%% Local Variables:
3445 %%% TeX-master: "gapil"
3448 % LocalWords: multitasking like VMS child process identifier pid sez shell fig
3449 % LocalWords: parent kernel init pstree keventd kswapd table struct linux call
3450 % LocalWords: nell'header scheduler system interrupt timer HZ asm Hertz clock
3451 % LocalWords: l'alpha tick fork wait waitpid exit exec image glibc int pgid ps
3452 % LocalWords: sid threads thread Ingo Molnar ppid getpid getppid sys unistd
3453 % LocalWords: void ForkTest tempnam pathname sibling cap errno EAGAIN ENOMEM
3454 % LocalWords: stack read only copy write tab client spawn forktest sleep PATH
3455 % LocalWords: source LIBRARY scheduling race condition printf descriptor dup
3456 % LocalWords: close group session tms lock vfork execve BSD stream main abort
3457 % LocalWords: SIGABRT SIGCHLD SIGHUP foreground SIGCONT termination signal ANY
3458 % LocalWords: handler kill EINTR POSIX options WNOHANG ECHILD option WUNTRACED
3459 % LocalWords: dump bits rusage getrusage heap const filename argv envp EACCES
3460 % LocalWords: filesystem noexec EPERM suid sgid root nosuid ENOEXEC ENOENT ELF
3461 % LocalWords: ETXTBSY EINVAL ELIBBAD BIG EFAULT EIO ENAMETOOLONG ELOOP ENOTDIR
3462 % LocalWords: ENFILE EMFILE argc execl path execv execle execlp execvp vector
3463 % LocalWords: list environ NULL umask pending utime cutime ustime fcntl linker
3464 % LocalWords: opendir libc interpreter FreeBSD capabilities Mandatory Access
3465 % LocalWords: Control MAC SELinux Security Modules LSM superuser uid gid saved
3466 % LocalWords: effective euid egid dell' fsuid fsgid getuid geteuid getgid SVr
3467 % LocalWords: getegid IDS NFS setuid setgid all' logout utmp screen xterm TODO
3468 % LocalWords: setreuid setregid FIXME ruid rgid seteuid setegid setresuid size
3469 % LocalWords: setresgid getresuid getresgid value result argument setfsuid DAC
3470 % LocalWords: setfsgid NGROUPS sysconf getgroups getgrouplist groups ngroups
3471 % LocalWords: setgroups initgroups patch LIDS CHOWN OVERRIDE Discrectionary
3472 % LocalWords: SEARCH chattr sticky NOATIME socket domain immutable append mmap
3473 % LocalWords: broadcast multicast multicasting memory locking mlock mlockall
3474 % LocalWords: shmctl ioperm iopl chroot ptrace accounting swap reboot hangup
3475 % LocalWords: vhangup mknod lease permitted inherited inheritable bounding AND
3476 % LocalWords: capability capget capset header ESRCH undef version obj clear
3477 % LocalWords: pag ssize length proc capgetp prehemptive cache runnable Stopped
3478 % LocalWords: Uninterrutible SIGSTOP soft slice nice niceness counter which
3479 % LocalWords: getpriority who setpriority RTLinux RTAI Adeos fault FIFO First
3480 % LocalWords: yield Robin setscheduler policy param OTHER priority setparam
3481 % LocalWords: min getparam getscheduler interval robin ENOSYS fifo ping long
3482 % LocalWords: affinity setaffinity unsigned mask cpu NUMA CLR ISSET SETSIZE
3483 % LocalWords: getaffinity assembler deadlock REENTRANT SAFE