3 %% Copyright (C) 2000-2009 Simone Piccardi. Permission is granted to
4 %% copy, distribute and/or modify this document under the terms of the GNU Free
5 %% Documentation License, Version 1.1 or any later version published by the
6 %% Free Software Foundation; with the Invariant Sections being "Un preambolo",
7 %% with no Front-Cover Texts, and with no Back-Cover Texts. A copy of the
8 %% license is included in the section entitled "GNU Free Documentation
12 \chapter{La gestione dei processi}
13 \label{cha:process_handling}
15 Come accennato nell'introduzione in un sistema Unix tutte le operazioni
16 vengono svolte tramite opportuni processi. In sostanza questi ultimi vengono
17 a costituire l'unità base per l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema.
19 Nel precedente capitolo abbiamo esaminato il funzionamento di un processo come
20 unità a se stante, in questo esamineremo il funzionamento dei processi
21 all'interno del sistema. Saranno cioè affrontati i dettagli della creazione e
22 della terminazione dei processi, della gestione dei loro attributi e
23 privilegi, e di tutte le funzioni a questo connesse. Infine nella sezione
24 finale introdurremo alcune problematiche generiche della programmazione in
25 ambiente multitasking.
28 \section{Introduzione}
31 Inizieremo con un'introduzione generale ai concetti che stanno alla base della
32 gestione dei processi in un sistema unix-like. Introdurremo in questa sezione
33 l'architettura della gestione dei processi e le sue principali
34 caratteristiche, dando una panoramica sull'uso delle principali funzioni di
38 \subsection{L'architettura della gestione dei processi}
39 \label{sec:proc_hierarchy}
41 A differenza di quanto avviene in altri sistemi (ad esempio nel VMS la
42 generazione di nuovi processi è un'operazione privilegiata) una delle
43 caratteristiche di Unix (che esamineremo in dettaglio più avanti) è che
44 qualunque processo può a sua volta generarne altri, detti processi figli
45 (\textit{child process}). Ogni processo è identificato presso il sistema da un
46 numero univoco, il cosiddetto \textit{process identifier} o, più brevemente,
47 \acr{pid}, assegnato in forma progressiva (vedi sez.~\ref{sec:proc_pid})
48 quando il processo viene creato.
50 Una seconda caratteristica di un sistema Unix è che la generazione di un
51 processo è un'operazione separata rispetto al lancio di un programma. In
52 genere la sequenza è sempre quella di creare un nuovo processo, il quale
53 eseguirà, in un passo successivo, il programma desiderato: questo è ad esempio
54 quello che fa la shell quando mette in esecuzione il programma che gli
55 indichiamo nella linea di comando.
57 Una terza caratteristica è che ogni processo è sempre stato generato da un
58 altro, che viene chiamato processo padre (\textit{parent process}). Questo
59 vale per tutti i processi, con una sola eccezione: dato che ci deve essere un
60 punto di partenza esiste un processo speciale (che normalmente è
61 \cmd{/sbin/init}), che viene lanciato dal kernel alla conclusione della fase
62 di avvio; essendo questo il primo processo lanciato dal sistema ha sempre il
63 \acr{pid} uguale a 1 e non è figlio di nessun altro processo.
65 Ovviamente \cmd{init} è un processo speciale che in genere si occupa di far
66 partire tutti gli altri processi necessari al funzionamento del sistema,
67 inoltre \cmd{init} è essenziale per svolgere una serie di compiti
68 amministrativi nelle operazioni ordinarie del sistema (torneremo su alcuni di
69 essi in sez.~\ref{sec:proc_termination}) e non può mai essere terminato. La
70 struttura del sistema comunque consente di lanciare al posto di \cmd{init}
71 qualunque altro programma, e in casi di emergenza (ad esempio se il file di
72 \cmd{init} si fosse corrotto) è ad esempio possibile lanciare una shell al suo
73 posto, passando la riga \cmd{init=/bin/sh} come parametro di avvio.
78 [piccardi@gont piccardi]$ pstree -n
95 |-bash---startx---xinit-+-XFree86
96 | `-WindowMaker-+-ssh-agent
104 | |-wterm---bash---pstree
105 | `-wterm---bash-+-emacs
111 \caption{L'albero dei processi, così come riportato dal comando
113 \label{fig:proc_tree}
116 Dato che tutti i processi attivi nel sistema sono comunque generati da
117 \cmd{init} o da uno dei suoi figli\footnote{in realtà questo non è del tutto
118 vero, in Linux ci sono alcuni processi speciali che pur comparendo come
119 figli di \cmd{init}, o con \acr{pid} successivi, sono in realtà generati
120 direttamente dal kernel, (come \cmd{keventd}, \cmd{kswapd}, ecc.).} si
121 possono classificare i processi con la relazione padre/figlio in
122 un'organizzazione gerarchica ad albero, in maniera analoga a come i file sono
123 organizzati in un albero di directory (si veda
124 sez.~\ref{sec:file_organization}); in fig.~\ref{fig:proc_tree} si è mostrato il
125 risultato del comando \cmd{pstree} che permette di visualizzare questa
126 struttura, alla cui base c'è \cmd{init} che è progenitore di tutti gli altri
129 Il kernel mantiene una tabella dei processi attivi, la cosiddetta
130 \itindex{process~table} \textit{process table}; per ciascun processo viene
131 mantenuta una voce, costituita da una struttura \struct{task\_struct}, nella
132 tabella dei processi che contiene tutte le informazioni rilevanti per quel
133 processo. Tutte le strutture usate a questo scopo sono dichiarate nell'header
134 file \file{linux/sched.h}, ed uno schema semplificato, che riporta la
135 struttura delle principali informazioni contenute nella \struct{task\_struct}
136 (che in seguito incontreremo a più riprese), è mostrato in
137 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}.
141 \includegraphics[width=12cm]{img/task_struct}
142 \caption{Schema semplificato dell'architettura delle strutture usate dal
143 kernel nella gestione dei processi.}
144 \label{fig:proc_task_struct}
147 % TODO la task_struct è cambiata per qualche dettaglio vedi anche
148 % http://www.ibm.com/developerworks/linux/library/l-linux-process-management/
149 % TODO completare la parte su quando viene chiamato lo scheduler.
151 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_unix_struct} è lo \itindex{scheduler}
152 \textit{scheduler} che decide quale processo mettere in esecuzione; esso viene
153 eseguito ad ogni system call ed ad ogni interrupt,\footnote{più in una serie
154 di altre occasioni.} (ma può essere anche attivato esplicitamente). Il timer
155 di sistema provvede comunque a che esso sia invocato periodicamente; generando
156 un interrupt periodico secondo la frequenza specificata dalla costante
157 \const{HZ},\footnote{fino al kernel 2.4 il valore usuale di questa costante
158 era 100, per tutte le architetture eccetto l'alpha, per la quale era 1000,
159 nel 2.6 è stato portato a 1000 su tutte le architetture; occorre fare
160 attenzione a non confondere questo valore con quello dei
161 \itindex{clock~tick} \textit{clock tick} (vedi
162 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}).} definita in \file{asm/param.h}, ed il cui
163 valore è espresso in Hertz.\footnote{a partire dal kernel 2.6.21 è stato
164 introdotto (a cura di Ingo Molnar) un meccanismo completamente diverso,
165 detto \textit{tickless}, in cui non c'è più una interruzione periodica con
166 frequenza prefissata, ma ad ogni chiamata del timer viene programmata
167 l'interruzione successiva sulla base di una stima; in questo modo si evita
168 di dover eseguire un migliaio di interruzioni al secondo anche su macchine
169 che non stanno facendo nulla, con un forte risparmio nell'uso dell'energia
170 da parte del processore che può essere messo in stato di sospensione anche
171 per lunghi periodi di tempo.}
173 Ogni volta che viene eseguito, lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler}
174 effettua il calcolo delle priorità dei vari processi attivi (torneremo su
175 questo in sez.~\ref{sec:proc_priority}) e stabilisce quale di essi debba
176 essere posto in esecuzione fino alla successiva invocazione.
179 \subsection{Una panoramica sulle funzioni fondamentali}
180 \label{sec:proc_handling_intro}
182 In un sistema unix-like i processi vengono sempre creati da altri processi
183 tramite la funzione \func{fork}; il nuovo processo (che viene chiamato
184 \textsl{figlio}) creato dalla \func{fork} è una copia identica del processo
185 processo originale (detto \textsl{padre}), ma ha un nuovo \acr{pid} e viene
186 eseguito in maniera indipendente (le differenze fra padre e figlio sono
187 affrontate in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_fork}).
189 Se si vuole che il processo padre si fermi fino alla conclusione del processo
190 figlio questo deve essere specificato subito dopo la \func{fork} chiamando la
191 funzione \func{wait} o la funzione \func{waitpid} (si veda
192 sez.~\ref{sec:proc_wait}); queste funzioni restituiscono anche un'informazione
193 abbastanza limitata sulle cause della terminazione del processo figlio.
195 Quando un processo ha concluso il suo compito o ha incontrato un errore non
196 risolvibile esso può essere terminato con la funzione \func{exit} (si veda
197 quanto discusso in sez.~\ref{sec:proc_conclusion}). La vita del processo però
198 termina completamente solo quando la notifica della sua conclusione viene
199 ricevuta dal processo padre, a quel punto tutte le risorse allocate nel
200 sistema ad esso associate vengono rilasciate.
202 Avere due processi che eseguono esattamente lo stesso codice non è molto
203 utile, normalmente si genera un secondo processo per affidargli l'esecuzione
204 di un compito specifico (ad esempio gestire una connessione dopo che questa è
205 stata stabilita), o fargli eseguire (come fa la shell) un altro programma. Per
206 quest'ultimo caso si usa la seconda funzione fondamentale per programmazione
207 coi processi che è la \func{exec}.
209 Il programma che un processo sta eseguendo si chiama immagine del processo (o
210 \textit{process image}), le funzioni della famiglia \func{exec} permettono di
211 caricare un altro programma da disco sostituendo quest'ultimo all'immagine
212 corrente; questo fa sì che l'immagine precedente venga completamente
213 cancellata. Questo significa che quando il nuovo programma termina, anche il
214 processo termina, e non si può tornare alla precedente immagine.
216 Per questo motivo la \func{fork} e la \func{exec} sono funzioni molto
217 particolari con caratteristiche uniche rispetto a tutte le altre, infatti la
218 prima ritorna due volte (nel processo padre e nel figlio) mentre la seconda
219 non ritorna mai (in quanto con essa viene eseguito un altro programma).
222 \section{Le funzioni di base}% della gestione dei processi}
223 \label{sec:proc_handling}
225 In questa sezione tratteremo le problematiche della gestione dei processi
226 all'interno del sistema, illustrandone tutti i dettagli. Inizieremo con le
227 funzioni elementari che permettono di leggerne gli identificatori, per poi
228 passare alla spiegazione delle funzioni base che si usano per la creazione e
229 la terminazione dei processi, e per la messa in esecuzione degli altri
233 \subsection{Gli identificatori dei processi}
236 Come accennato nell'introduzione, ogni processo viene identificato dal sistema
237 da un numero identificativo univoco, il \textit{process ID} o \acr{pid};
238 quest'ultimo è un tipo di dato standard, il \type{pid\_t} che in genere è un
239 intero con segno (nel caso di Linux e delle \acr{glibc} il tipo usato è
242 Il \acr{pid} viene assegnato in forma progressiva\footnote{in genere viene
243 assegnato il numero successivo a quello usato per l'ultimo processo creato,
244 a meno che questo numero non sia già utilizzato per un altro \acr{pid},
245 \acr{pgid} o \acr{sid} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}).} ogni volta
246 che un nuovo processo viene creato, fino ad un limite che, essendo il
247 \acr{pid} un numero positivo memorizzato in un intero a 16 bit, arriva ad un
248 massimo di 32768. Oltre questo valore l'assegnazione riparte dal numero più
249 basso disponibile a partire da un minimo di 300,\footnote{questi valori, fino
250 al kernel 2.4.x, sono definiti dalla macro \const{PID\_MAX} in
251 \file{threads.h} e direttamente in \file{fork.c}, con il kernel 2.5.x e la
252 nuova interfaccia per i \itindex{thread} \textit{thread} creata da Ingo
253 Molnar anche il meccanismo di allocazione dei \acr{pid} è stato modificato;
254 il valore massimo è impostabile attraverso il file
255 \procfile{/proc/sys/kernel/pid\_max} e di default vale 32768.} che serve a
256 riservare i \acr{pid} più bassi ai processi eseguiti direttamente dal kernel.
257 Per questo motivo, come visto in sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, il processo di
258 avvio (\cmd{init}) ha sempre il \acr{pid} uguale a uno.
260 Tutti i processi inoltre memorizzano anche il \acr{pid} del genitore da cui
261 sono stati creati, questo viene chiamato in genere \acr{ppid} (da
262 \textit{parent process ID}). Questi due identificativi possono essere
263 ottenuti usando le due funzioni \funcd{getpid} e \funcd{getppid}, i cui
266 \headdecl{sys/types.h}
268 \funcdecl{pid\_t getpid(void)}
270 Restituisce il \acr{pid} del processo corrente.
272 \funcdecl{pid\_t getppid(void)}
274 Restituisce il \acr{pid} del padre del processo corrente.
276 \bodydesc{Entrambe le funzioni non riportano condizioni di errore.}
278 \noindent esempi dell'uso di queste funzioni sono riportati in
279 fig.~\ref{fig:proc_fork_code}, nel programma \file{ForkTest.c}.
281 Il fatto che il \acr{pid} sia un numero univoco per il sistema lo rende un
282 candidato per generare ulteriori indicatori associati al processo di cui
283 diventa possibile garantire l'unicità: ad esempio in alcune implementazioni la
284 funzione \func{tempnam} (si veda sez.~\ref{sec:file_temp_file}) usa il
285 \acr{pid} per generare un \itindex{pathname} \textit{pathname} univoco, che
286 non potrà essere replicato da un altro processo che usi la stessa funzione.
288 Tutti i processi figli dello stesso processo padre sono detti
289 \textit{sibling}, questa è una delle relazioni usate nel \textsl{controllo di
290 sessione}, in cui si raggruppano i processi creati su uno stesso terminale,
291 o relativi allo stesso login. Torneremo su questo argomento in dettaglio in
292 cap.~\ref{cha:session}, dove esamineremo gli altri identificativi associati ad
293 un processo e le varie relazioni fra processi utilizzate per definire una
296 Oltre al \acr{pid} e al \acr{ppid}, (e a quelli che vedremo in
297 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}, relativi al controllo di sessione), ad ogni
298 processo vengono associati degli altri identificatori che vengono usati per il
299 controllo di accesso. Questi servono per determinare se un processo può
300 eseguire o meno le operazioni richieste, a seconda dei privilegi e
301 dell'identità di chi lo ha posto in esecuzione; l'argomento è complesso e sarà
302 affrontato in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_perms}.
305 \subsection{La funzione \func{fork} e le funzioni di creazione dei processi}
306 \label{sec:proc_fork}
308 La funzione \funcd{fork} è la funzione fondamentale della gestione dei
309 processi: come si è detto l'unico modo di creare un nuovo processo è
310 attraverso l'uso di questa funzione, essa quindi riveste un ruolo centrale
311 tutte le volte che si devono scrivere programmi che usano il multitasking. Il
312 prototipo della funzione è:
314 \headdecl{sys/types.h}
316 \funcdecl{pid\_t fork(void)}
317 Crea un nuovo processo.
319 \bodydesc{In caso di successo restituisce il \acr{pid} del figlio al padre e
320 zero al figlio; ritorna -1 al padre (senza creare il figlio) in caso di
321 errore; \var{errno} può assumere i valori:
323 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono risorse sufficienti per creare un altro
324 processo (per allocare la tabella delle pagine e le strutture del task) o
325 si è esaurito il numero di processi disponibili.
326 \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare la memoria per le
327 strutture necessarie al kernel per creare il nuovo processo.
331 Dopo il successo dell'esecuzione di una \func{fork} sia il processo padre che
332 il processo figlio continuano ad essere eseguiti normalmente a partire
333 dall'istruzione successiva alla \func{fork}; il processo figlio è però una
334 copia del padre, e riceve una copia dei \index{segmento!testo} segmenti di
335 testo, \itindex{stack} \textit{stack} e \index{segmento!dati} dati (vedi
336 sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}), ed esegue esattamente lo stesso codice del
337 padre. Si tenga presente però che la memoria è copiata, non condivisa,
338 pertanto padre e figlio vedono variabili diverse.
340 Per quanto riguarda la gestione della memoria, in generale il
341 \index{segmento!testo} segmento di testo, che è identico per i due processi, è
342 condiviso e tenuto in read-only per il padre e per i figli. Per gli altri
343 segmenti Linux utilizza la tecnica del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on
344 write}; questa tecnica comporta che una pagina di memoria viene
345 effettivamente copiata per il nuovo processo solo quando ci viene effettuata
346 sopra una scrittura (e si ha quindi una reale differenza fra padre e figlio).
347 In questo modo si rende molto più efficiente il meccanismo della creazione di
348 un nuovo processo, non essendo più necessaria la copia di tutto lo spazio
349 degli indirizzi virtuali del padre, ma solo delle pagine di memoria che sono
350 state modificate, e solo al momento della modifica stessa.
352 La differenza che si ha nei due processi è che nel processo padre il valore di
353 ritorno della funzione \func{fork} è il \acr{pid} del processo figlio, mentre
354 nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se viene
355 eseguito dal padre o dal figlio. Si noti come la funzione \func{fork} ritorni
356 \textbf{due} volte: una nel padre e una nel figlio.
358 La scelta di questi valori di ritorno non è casuale, un processo infatti può
359 avere più figli, ed il valore di ritorno di \func{fork} è l'unico modo che gli
360 permette di identificare quello appena creato; al contrario un figlio ha
361 sempre un solo padre (il cui \acr{pid} può sempre essere ottenuto con
362 \func{getppid}, vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) per cui si usa il valore nullo,
363 che non è il \acr{pid} di nessun processo.
366 \footnotesize \centering
367 \begin{minipage}[c]{15cm}
368 \includecodesample{listati/ForkTest.c}
371 \caption{Esempio di codice per la creazione di nuovi processi.}
372 \label{fig:proc_fork_code}
375 Normalmente la chiamata a \func{fork} può fallire solo per due ragioni, o ci
376 sono già troppi processi nel sistema (il che di solito è sintomo che
377 qualcos'altro non sta andando per il verso giusto) o si è ecceduto il limite
378 sul numero totale di processi permessi all'utente (vedi
379 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}, ed in particolare
380 tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values}).
382 L'uso di \func{fork} avviene secondo due modalità principali; la prima è
383 quella in cui all'interno di un programma si creano processi figli cui viene
384 affidata l'esecuzione di una certa sezione di codice, mentre il processo padre
385 ne esegue un'altra. È il caso tipico dei programmi server (il modello
386 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}) in cui il
387 padre riceve ed accetta le richieste da parte dei programmi client, per
388 ciascuna delle quali pone in esecuzione un figlio che è incaricato di fornire
391 La seconda modalità è quella in cui il processo vuole eseguire un altro
392 programma; questo è ad esempio il caso della shell. In questo caso il processo
393 crea un figlio la cui unica operazione è quella di fare una \func{exec} (di
394 cui parleremo in sez.~\ref{sec:proc_exec}) subito dopo la \func{fork}.
396 Alcuni sistemi operativi (il VMS ad esempio) combinano le operazioni di questa
397 seconda modalità (una \func{fork} seguita da una \func{exec}) in un'unica
398 operazione che viene chiamata \textit{spawn}. Nei sistemi unix-like è stato
399 scelto di mantenere questa separazione, dato che, come per la prima modalità
400 d'uso, esistono numerosi scenari in cui si può usare una \func{fork} senza
401 aver bisogno di eseguire una \func{exec}. Inoltre, anche nel caso della
402 seconda modalità d'uso, avere le due funzioni separate permette al figlio di
403 cambiare gli attributi del processo (maschera dei segnali, redirezione
404 dell'output, identificatori) prima della \func{exec}, rendendo così
405 relativamente facile intervenire sulle le modalità di esecuzione del nuovo
408 In fig.~\ref{fig:proc_fork_code} è riportato il corpo del codice del programma
409 di esempio \cmd{forktest}, che permette di illustrare molte caratteristiche
410 dell'uso della funzione \func{fork}. Il programma crea un numero di figli
411 specificato da linea di comando, e prende anche alcune opzioni per indicare
412 degli eventuali tempi di attesa in secondi (eseguiti tramite la funzione
413 \func{sleep}) per il padre ed il figlio (con \cmd{forktest -h} si ottiene la
414 descrizione delle opzioni); il codice completo, compresa la parte che gestisce
415 le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{ForkTest.c},
416 distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi su
417 \href{http://gapil.truelite.it/gapil_source.tgz}
418 {\textsf{http://gapil.truelite.it/gapil\_source.tgz}}.
420 Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
421 (\texttt{\small 24--40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
422 controllando il successo della chiamata a \func{fork} (\texttt{\small
423 25--29}); ciascun figlio (\texttt{\small 31--34}) si limita a stampare il
424 suo numero di successione, eventualmente attendere il numero di secondi
425 specificato e scrivere un messaggio prima di uscire. Il processo padre invece
426 (\texttt{\small 36--38}) stampa un messaggio di creazione, eventualmente
427 attende il numero di secondi specificato, e procede nell'esecuzione del ciclo;
428 alla conclusione del ciclo, prima di uscire, può essere specificato un altro
431 Se eseguiamo il comando\footnote{che è preceduto dall'istruzione \code{export
432 LD\_LIBRARY\_PATH=./} per permettere l'uso delle librerie dinamiche.}
433 senza specificare attese (come si può notare in (\texttt{\small 17--19}) i
434 valori predefiniti specificano di non attendere), otterremo come output sul
436 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
437 [piccardi@selidor sources]$ export LD_LIBRARY_PATH=./; ./forktest 3
438 Process 1963: forking 3 child
439 Spawned 1 child, pid 1964
440 Child 1 successfully executing
441 Child 1, parent 1963, exiting
443 Spawned 2 child, pid 1965
444 Child 2 successfully executing
445 Child 2, parent 1963, exiting
447 Child 3 successfully executing
448 Child 3, parent 1963, exiting
449 Spawned 3 child, pid 1966
454 Esaminiamo questo risultato: una prima conclusione che si può trarre è che non
455 si può dire quale processo fra il padre ed il figlio venga eseguito per primo
456 dopo la chiamata a \func{fork}; dall'esempio si può notare infatti come nei
457 primi due cicli sia stato eseguito per primo il padre (con la stampa del
458 \acr{pid} del nuovo processo) per poi passare all'esecuzione del figlio
459 (completata con i due avvisi di esecuzione ed uscita), e tornare
460 all'esecuzione del padre (con la stampa del passaggio al ciclo successivo),
461 mentre la terza volta è stato prima eseguito il figlio (fino alla conclusione)
464 In generale l'ordine di esecuzione dipenderà, oltre che dall'algoritmo di
465 \itindex{scheduler} scheduling usato dal kernel, dalla particolare situazione
466 in cui si trova la macchina al momento della chiamata, risultando del tutto
467 impredicibile. Eseguendo più volte il programma di prova e producendo un
468 numero diverso di figli, si sono ottenute situazioni completamente diverse,
469 compreso il caso in cui il processo padre ha eseguito più di una \func{fork}
470 prima che uno dei figli venisse messo in esecuzione.
472 Pertanto non si può fare nessuna assunzione sulla sequenza di esecuzione delle
473 istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
474 essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
475 occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
476 rischio di incorrere nelle cosiddette \itindex{race~condition} \textit{race
477 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
479 In realtà a partire dal kernel 2.5.2-pre10 il nuovo \itindex{scheduler}
480 \textit{scheduler} di Ingo Molnar esegue sempre per primo il
481 figlio;\footnote{i risultati precedenti sono stati ottenuti usando un kernel
482 della serie 2.4.} questa è una ottimizzazione che serve a evitare che il
483 padre, effettuando per primo una operazione di scrittura in memoria, attivi il
484 meccanismo del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write}. Questa
485 operazione infatti potrebbe risultare del tutto inutile qualora il figlio
486 fosse stato creato solo per eseguire una \func{exec}, in tal caso infatti si
487 invocherebbe un altro programma scartando completamente lo spazio degli
488 indirizzi, rendendo superflua la copia della memoria modificata dal padre.
490 Eseguendo sempre per primo il figlio la \func{exec} verrebbe effettuata subito
491 avendo così la certezza che il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write}
492 viene utilizzato solo quando necessario. Quanto detto in precedenza vale
493 allora soltanto per i kernel fino al 2.4; per mantenere la portabilità è però
494 opportuno non fare affidamento su questo comportamento, che non si riscontra
495 in altri Unix e nelle versioni del kernel precedenti a quella indicata.
497 Si noti inoltre che essendo i segmenti di memoria utilizzati dai singoli
498 processi completamente separati, le modifiche delle variabili nei processi
499 figli (come l'incremento di \var{i} in \texttt{\small 31}) sono visibili solo
500 a loro (ogni processo vede solo la propria copia della memoria), e non hanno
501 alcun effetto sul valore che le stesse variabili hanno nel processo padre (ed
502 in eventuali altri processi figli che eseguano lo stesso codice).
504 Un secondo aspetto molto importante nella creazione dei processi figli è
505 quello dell'interazione dei vari processi con i file; per illustrarlo meglio
506 proviamo a redirigere su un file l'output del nostro programma di test, quello
508 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
509 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest 3 > output
510 [piccardi@selidor sources]$ cat output
511 Process 1967: forking 3 child
512 Child 1 successfully executing
513 Child 1, parent 1967, exiting
514 Test for forking 3 child
515 Spawned 1 child, pid 1968
517 Child 2 successfully executing
518 Child 2, parent 1967, exiting
519 Test for forking 3 child
520 Spawned 1 child, pid 1968
522 Spawned 2 child, pid 1969
524 Child 3 successfully executing
525 Child 3, parent 1967, exiting
526 Test for forking 3 child
527 Spawned 1 child, pid 1968
529 Spawned 2 child, pid 1969
531 Spawned 3 child, pid 1970
534 che come si vede è completamente diverso da quanto ottenevamo sul terminale.
536 Il comportamento delle varie funzioni di interfaccia con i file è analizzato
537 in gran dettaglio in cap.~\ref{cha:file_unix_interface} e in
538 cap.~\ref{cha:files_std_interface}. Qui basta accennare che si sono usate le
539 funzioni standard della libreria del C che prevedono l'output bufferizzato; e
540 questa bufferizzazione (trattata in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_buffering})
541 varia a seconda che si tratti di un file su disco (in cui il buffer viene
542 scaricato su disco solo quando necessario) o di un terminale (nel qual caso il
543 buffer viene scaricato ad ogni carattere di a capo).
545 Nel primo esempio allora avevamo che ad ogni chiamata a \func{printf} il
546 buffer veniva scaricato, e le singole righe erano stampate a video subito dopo
547 l'esecuzione della \func{printf}. Ma con la redirezione su file la scrittura
548 non avviene più alla fine di ogni riga e l'output resta nel buffer. Dato che
549 ogni figlio riceve una copia della memoria del padre, esso riceverà anche
550 quanto c'è nel buffer delle funzioni di I/O, comprese le linee scritte dal
551 padre fino allora. Così quando il buffer viene scritto su disco all'uscita del
552 figlio, troveremo nel file anche tutto quello che il processo padre aveva
553 scritto prima della sua creazione. E alla fine del file (dato che in questo
554 caso il padre esce per ultimo) troveremo anche l'output completo del padre.
556 L'esempio ci mostra un altro aspetto fondamentale dell'interazione con i file,
557 valido anche per l'esempio precedente, ma meno evidente: il fatto cioè che non
558 solo processi diversi possono scrivere in contemporanea sullo stesso file
559 (l'argomento della condivisione dei file è trattato in dettaglio in
560 sez.~\ref{sec:file_sharing}), ma anche che, a differenza di quanto avviene per
561 le variabili, la posizione corrente sul file è condivisa fra il padre e tutti
564 Quello che succede è che quando lo standard output del padre viene rediretto
565 come si è fatto nell'esempio, lo stesso avviene anche per tutti i figli; la
566 funzione \func{fork} infatti ha la caratteristica di duplicare nei processi
567 figli tutti i file descriptor aperti nel processo padre (allo stesso modo in
568 cui lo fa la funzione \func{dup}, trattata in sez.~\ref{sec:file_dup}), il che
569 comporta che padre e figli condividono le stesse voci della
570 \itindex{file~table} \textit{file table} (per la spiegazione di questi termini
571 si veda sez.~\ref{sec:file_sharing}) fra cui c'è anche la posizione corrente
574 In questo modo se un processo scrive sul file aggiornerà la posizione corrente
575 sulla \itindex{file~table} \textit{file table}, e tutti gli altri processi,
576 che vedono la stessa \itindex{file~table} \textit{file table}, vedranno il
577 nuovo valore. In questo modo si evita, in casi come quello appena mostrato in
578 cui diversi processi scrivono sullo stesso file, che l'output successivo di un
579 processo vada a sovrapporsi a quello dei precedenti: l'output potrà risultare
580 mescolato, ma non ci saranno parti perdute per via di una sovrascrittura.
582 Questo tipo di comportamento è essenziale in tutti quei casi in cui il padre
583 crea un figlio e attende la sua conclusione per proseguire, ed entrambi
584 scrivono sullo stesso file; un caso tipico è la shell quando lancia un
585 programma, il cui output va sullo standard output. In questo modo, anche se
586 l'output viene rediretto, il padre potrà sempre continuare a scrivere in coda
587 a quanto scritto dal figlio in maniera automatica; se così non fosse ottenere
588 questo comportamento sarebbe estremamente complesso necessitando di una
589 qualche forma di comunicazione fra i due processi per far riprendere al padre
590 la scrittura al punto giusto.
592 In generale comunque non è buona norma far scrivere più processi sullo stesso
593 file senza una qualche forma di sincronizzazione in quanto, come visto anche
594 con il nostro esempio, le varie scritture risulteranno mescolate fra loro in
595 una sequenza impredicibile. Per questo le modalità con cui in genere si usano
596 i file dopo una \func{fork} sono sostanzialmente due:
598 \item Il processo padre aspetta la conclusione del figlio. In questo caso non
599 è necessaria nessuna azione riguardo ai file, in quanto la sincronizzazione
600 della posizione corrente dopo eventuali operazioni di lettura e scrittura
601 effettuate dal figlio è automatica.
602 \item L'esecuzione di padre e figlio procede indipendentemente. In questo caso
603 ciascuno dei due processi deve chiudere i file che non gli servono una volta
604 che la \func{fork} è stata eseguita, per evitare ogni forma di interferenza.
607 Oltre ai file aperti i processi figli ereditano dal padre una serie di altre
608 proprietà; la lista dettagliata delle proprietà che padre e figlio hanno in
609 comune dopo l'esecuzione di una \func{fork} è la seguente:
611 \item i file aperti e gli eventuali flag di \itindex{close-on-exec}
612 \textit{close-on-exec} impostati (vedi sez.~\ref{sec:proc_exec} e
613 sez.~\ref{sec:file_fcntl});
614 \item gli identificatori per il controllo di accesso: l'\textsl{user-ID
615 reale}, il \textsl{group-ID reale}, l'\textsl{user-ID effettivo}, il
616 \textsl{group-ID effettivo} ed i \textit{group-ID supplementari} (vedi
617 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
618 \item gli identificatori per il controllo di sessione: il
619 \itindex{process~group} \textit{process group-ID} e il \textit{session id}
620 ed il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group});
621 \item la directory di lavoro e la directory radice (vedi
622 sez.~\ref{sec:file_work_dir} e sez.~\ref{sec:file_chroot});
623 \item la maschera dei permessi di creazione (vedi
624 sez.~\ref{sec:file_perm_management});
625 \item la maschera dei segnali bloccati (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) e le
626 azioni installate (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha});
627 \item i segmenti di memoria condivisa agganciati al processo (vedi
628 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm});
629 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
630 \item il valori di \textit{nice}, le priorità real-time e le affinità di
631 processore (vedi sez.~\ref{sec:proc_sched_stand},
632 sez.~\ref{sec:proc_real_time} e sez.~\ref{sec:proc_sched_multiprocess});
633 \item le variabili di ambiente (vedi sez.~\ref{sec:proc_environ}).
635 Le differenze fra padre e figlio dopo la \func{fork} invece sono:
637 \item il valore di ritorno di \func{fork};
638 \item il \acr{pid} (\textit{process id});
639 \item il \acr{ppid} (\textit{parent process id}), quello del figlio viene
640 impostato al \acr{pid} del padre;
641 \item i valori dei tempi di esecuzione della struttura \struct{tms} (vedi
642 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) che nel figlio sono posti a zero;
643 \item i \textit{lock} sui file (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}), che non
644 vengono ereditati dal figlio;
645 \item gli allarmi ed i segnali pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che
646 per il figlio vengono cancellati.
649 Una seconda funzione storica usata per la creazione di un nuovo processo è
650 \func{vfork}, che è esattamente identica a \func{fork} ed ha la stessa
651 semantica e gli stessi errori; la sola differenza è che non viene creata la
652 tabella delle pagine né la struttura dei task per il nuovo processo. Il
653 processo padre è posto in attesa fintanto che il figlio non ha eseguito una
654 \func{execve} o non è uscito con una \func{\_exit}. Il figlio condivide la
655 memoria del padre (e modifiche possono avere effetti imprevedibili) e non deve
656 ritornare o uscire con \func{exit} ma usare esplicitamente \func{\_exit}.
658 Questa funzione è un rimasuglio dei vecchi tempi in cui eseguire una
659 \func{fork} comportava anche la copia completa del segmento dati del processo
660 padre, che costituiva un inutile appesantimento in tutti quei casi in cui la
661 \func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
662 venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
664 Dato che Linux supporta il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write} la
665 perdita di prestazioni è assolutamente trascurabile, e l'uso di questa
666 funzione, che resta un caso speciale della system call \func{clone} (che
667 tratteremo in dettaglio in sez.~\ref{sec:process_clone}) è deprecato; per
668 questo eviteremo di trattarla ulteriormente.
671 \subsection{La conclusione di un processo}
672 \label{sec:proc_termination}
674 In sez.~\ref{sec:proc_conclusion} abbiamo già affrontato le modalità con cui
675 chiudere un programma, ma dall'interno del programma stesso; avendo a che fare
676 con un sistema multitasking resta da affrontare l'argomento dal punto di vista
677 di come il sistema gestisce la conclusione dei processi.
679 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:proc_conclusion} le tre modalità con cui un
680 programma viene terminato in maniera normale: la chiamata di \func{exit} (che
681 esegue le funzioni registrate per l'uscita e chiude gli stream), il ritorno
682 dalla funzione \func{main} (equivalente alla chiamata di \func{exit}), e la
683 chiamata ad \func{\_exit} (che passa direttamente alle operazioni di
684 terminazione del processo da parte del kernel).
686 Ma abbiamo accennato che oltre alla conclusione normale esistono anche delle
687 modalità di conclusione anomala; queste sono in sostanza due: il programma può
688 chiamare la funzione \func{abort} per invocare una chiusura anomala, o essere
689 terminato da un segnale (torneremo sui segnali in cap.~\ref{cha:signals}). In
690 realtà anche la prima modalità si riconduce alla seconda, dato che
691 \func{abort} si limita a generare il segnale \const{SIGABRT}.
693 Qualunque sia la modalità di conclusione di un processo, il kernel esegue
694 comunque una serie di operazioni: chiude tutti i file aperti, rilascia la
695 memoria che stava usando, e così via; l'elenco completo delle operazioni
696 eseguite alla chiusura di un processo è il seguente:
698 \item tutti i file descriptor sono chiusi;
699 \item viene memorizzato lo stato di terminazione del processo;
700 \item ad ogni processo figlio viene assegnato un nuovo padre (in genere
702 \item viene inviato il segnale \const{SIGCHLD} al processo padre (vedi
703 sez.~\ref{sec:sig_sigchld});
704 \item se il processo è un leader di sessione ed il suo terminale di controllo
705 è quello della sessione viene mandato un segnale di \const{SIGHUP} a tutti i
706 processi del gruppo di \textit{foreground} e il terminale di controllo viene
707 disconnesso (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
708 \item se la conclusione di un processo rende orfano un \textit{process
709 group} ciascun membro del gruppo viene bloccato, e poi gli vengono
710 inviati in successione i segnali \const{SIGHUP} e \const{SIGCONT}
711 (vedi ancora sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
714 Oltre queste operazioni è però necessario poter disporre di un meccanismo
715 ulteriore che consenta di sapere come la terminazione è avvenuta: dato che in
716 un sistema unix-like tutto viene gestito attraverso i processi, il meccanismo
717 scelto consiste nel riportare lo stato di terminazione (il cosiddetto
718 \textit{termination status}) al processo padre.
720 Nel caso di conclusione normale, abbiamo visto in
721 sez.~\ref{sec:proc_conclusion} che lo stato di uscita del processo viene
722 caratterizzato tramite il valore del cosiddetto \textit{exit status}, cioè il
723 valore passato alle funzioni \func{exit} o \func{\_exit} (o dal valore di
724 ritorno per \func{main}). Ma se il processo viene concluso in maniera anomala
725 il programma non può specificare nessun \textit{exit status}, ed è il kernel
726 che deve generare autonomamente il \textit{termination status} per indicare le
727 ragioni della conclusione anomala.
729 Si noti la distinzione fra \textit{exit status} e \textit{termination status}:
730 quello che contraddistingue lo stato di chiusura del processo e viene
731 riportato attraverso le funzioni \func{wait} o \func{waitpid} (vedi
732 sez.~\ref{sec:proc_wait}) è sempre quest'ultimo; in caso di conclusione normale
733 il kernel usa il primo (nel codice eseguito da \func{\_exit}) per produrre il
736 La scelta di riportare al padre lo stato di terminazione dei figli, pur
737 essendo l'unica possibile, comporta comunque alcune complicazioni: infatti se
738 alla sua creazione è scontato che ogni nuovo processo ha un padre, non è detto
739 che sia così alla sua conclusione, dato che il padre potrebbe essere già
740 terminato; si potrebbe avere cioè quello che si chiama un processo
743 Questa complicazione viene superata facendo in modo che il processo orfano
744 venga \textsl{adottato} da \cmd{init}. Come già accennato quando un processo
745 termina, il kernel controlla se è il padre di altri processi in esecuzione: in
746 caso positivo allora il \acr{ppid} di tutti questi processi viene sostituito
747 con il \acr{pid} di \cmd{init} (e cioè con 1); in questo modo ogni processo
748 avrà sempre un padre (nel caso possiamo parlare di un padre \textsl{adottivo})
749 cui riportare il suo stato di terminazione. Come verifica di questo
750 comportamento possiamo eseguire il nostro programma \cmd{forktest} imponendo a
751 ciascun processo figlio due secondi di attesa prima di uscire, il risultato è:
752 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
753 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest -c2 3
754 Process 1972: forking 3 child
755 Spawned 1 child, pid 1973
756 Child 1 successfully executing
758 Spawned 2 child, pid 1974
759 Child 2 successfully executing
761 Child 3 successfully executing
762 Spawned 3 child, pid 1975
764 [piccardi@selidor sources]$ Child 3, parent 1, exiting
765 Child 2, parent 1, exiting
766 Child 1, parent 1, exiting
768 come si può notare in questo caso il processo padre si conclude prima dei
769 figli, tornando alla shell, che stampa il prompt sul terminale: circa due
770 secondi dopo viene stampato a video anche l'output dei tre figli che
771 terminano, e come si può notare in questo caso, al contrario di quanto visto
772 in precedenza, essi riportano 1 come \acr{ppid}.
774 Altrettanto rilevante è il caso in cui il figlio termina prima del padre,
775 perché non è detto che il padre possa ricevere immediatamente lo stato di
776 terminazione, quindi il kernel deve comunque conservare una certa quantità di
777 informazioni riguardo ai processi che sta terminando.
779 Questo viene fatto mantenendo attiva la voce nella tabella dei processi, e
780 memorizzando alcuni dati essenziali, come il \acr{pid}, i tempi di CPU usati
781 dal processo (vedi sez.~\ref{sec:sys_unix_time}) e lo stato di terminazione,
782 mentre la memoria in uso ed i file aperti vengono rilasciati immediatamente. I
783 processi che sono terminati, ma il cui stato di terminazione non è stato
784 ancora ricevuto dal padre sono chiamati \index{zombie} \textit{zombie}, essi
785 restano presenti nella tabella dei processi ed in genere possono essere
786 identificati dall'output di \cmd{ps} per la presenza di una \texttt{Z} nella
787 colonna che ne indica lo stato (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}). Quando
788 il padre effettuerà la lettura dello stato di uscita anche questa
789 informazione, non più necessaria, verrà scartata e la terminazione potrà dirsi
790 completamente conclusa.
792 Possiamo utilizzare il nostro programma di prova per analizzare anche questa
793 condizione: lanciamo il comando \cmd{forktest} in \textit{background} (vedi
794 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), indicando al processo padre di aspettare 10
795 secondi prima di uscire; in questo caso, usando \cmd{ps} sullo stesso
796 terminale (prima dello scadere dei 10 secondi) otterremo:
797 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
798 [piccardi@selidor sources]$ ps T
799 PID TTY STAT TIME COMMAND
800 419 pts/0 S 0:00 bash
801 568 pts/0 S 0:00 ./forktest -e10 3
802 569 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
803 570 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
804 571 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
805 572 pts/0 R 0:00 ps T
808 e come si vede, dato che non si è fatto nulla per riceverne lo
809 stato di terminazione, i tre processi figli sono ancora presenti pur essendosi
810 conclusi, con lo stato di \index{zombie} \textit{zombie} e l'indicazione che
811 sono stati terminati.
813 La possibilità di avere degli \index{zombie} \textit{zombie} deve essere
814 tenuta sempre presente quando si scrive un programma che deve essere mantenuto
815 in esecuzione a lungo e creare molti figli. In questo caso si deve sempre
816 avere cura di far leggere l'eventuale stato di uscita di tutti i figli (in
817 genere questo si fa attraverso un apposito \textit{signal handler}, che chiama
818 la funzione \func{wait}, vedi sez.~\ref{sec:sig_sigchld} e
819 sez.~\ref{sec:proc_wait}). Questa operazione è necessaria perché anche se gli
820 \index{zombie} \textit{zombie} non consumano risorse di memoria o processore,
821 occupano comunque una voce nella tabella dei processi, che a lungo andare
824 Si noti che quando un processo adottato da \cmd{init} termina, esso non
825 diviene uno \index{zombie} \textit{zombie}; questo perché una delle funzioni
826 di \cmd{init} è appunto quella di chiamare la funzione \func{wait} per i
827 processi cui fa da padre, completandone la terminazione. Questo è quanto
828 avviene anche quando, come nel caso del precedente esempio con \cmd{forktest},
829 il padre termina con dei figli in stato di \index{zombie} \textit{zombie}:
830 alla sua terminazione infatti tutti i suoi figli (compresi gli \index{zombie}
831 \textit{zombie}) verranno adottati da \cmd{init}, il quale provvederà a
832 completarne la terminazione.
834 Si tenga presente infine che siccome gli \index{zombie} \textit{zombie} sono
835 processi già usciti, non c'è modo di eliminarli con il comando \cmd{kill};
836 l'unica possibilità di cancellarli dalla tabella dei processi è quella di
837 terminare il processo che li ha generati, in modo che \cmd{init} possa
838 adottarli e provvedere a concluderne la terminazione.
841 \subsection{La funzione \func{waitpid} e le funzioni di ricezione degli stati
843 \label{sec:proc_wait}
845 Uno degli usi più comuni delle capacità multitasking di un sistema unix-like
846 consiste nella creazione di programmi di tipo server, in cui un processo
847 principale attende le richieste che vengono poi soddisfatte da una serie di
848 processi figli. Si è già sottolineato al paragrafo precedente come in questo
849 caso diventi necessario gestire esplicitamente la conclusione dei figli onde
850 evitare di riempire di \index{zombie} \textit{zombie} la tabella dei processi;
851 le funzioni deputate a questo compito sono principalmente due, \funcd{wait} e
852 \func{waitpid}. La prima, il cui prototipo è:
854 \headdecl{sys/types.h}
855 \headdecl{sys/wait.h}
856 \funcdecl{pid\_t wait(int *status)}
858 Sospende il processo corrente finché un figlio non è uscito, o finché un
859 segnale termina il processo o chiama una funzione di gestione.
861 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del figlio in caso di successo
862 e -1 in caso di errore; \var{errno} può assumere i valori:
864 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
868 è presente fin dalle prime versioni di Unix; la funzione ritorna non appena un
869 processo figlio termina. Se un figlio è già terminato la funzione ritorna
870 immediatamente, se più di un figlio è terminato occorre chiamare la funzione
871 più volte se si vuole recuperare lo stato di terminazione di tutti quanti.
873 Al ritorno della funzione lo stato di terminazione del figlio viene salvato
874 nella variabile puntata da \param{status} e tutte le risorse del kernel
875 relative al processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_termination}) vengono rilasciate.
876 Nel caso un processo abbia più figli il valore di ritorno (il \acr{pid} del
877 figlio) permette di identificare qual è quello che è uscito.
879 Questa funzione ha il difetto di essere poco flessibile, in quanto ritorna
880 all'uscita di un qualunque processo figlio. Nelle occasioni in cui è
881 necessario attendere la conclusione di un processo specifico occorrerebbe
882 predisporre un meccanismo che tenga conto dei processi già terminati, e
883 provvedere a ripetere la chiamata alla funzione nel caso il processo cercato
886 Per questo motivo lo standard POSIX.1 ha introdotto la funzione
887 \funcd{waitpid} che effettua lo stesso servizio, ma dispone di una serie di
888 funzionalità più ampie, legate anche al controllo di sessione (si veda
889 sez.~\ref{sec:sess_job_control}). Dato che è possibile ottenere lo stesso
890 comportamento di \func{wait}\footnote{in effetti il codice
891 \code{wait(\&status)} è del tutto equivalente a \code{waitpid(WAIT\_ANY,
892 \&status, 0)}.} si consiglia di utilizzare sempre questa funzione, il cui
895 \headdecl{sys/types.h}
896 \headdecl{sys/wait.h}
897 \funcdecl{pid\_t waitpid(pid\_t pid, int *status, int options)}
898 Attende la conclusione di un processo figlio.
900 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del processo che è uscito, 0 se
901 è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e il processo non è uscito e
902 -1 per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
904 \item[\errcode{EINTR}] non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
905 la funzione è stata interrotta da un segnale.
906 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
907 non è figlio del processo chiamante.
908 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
909 l'argomento \param{options}.
913 La prima differenza fra le due funzioni è che con \func{waitpid} si può
914 specificare in maniera flessibile quale processo attendere, sulla base del
915 valore fornito dall'argomento \param{pid}, questo può assumere diversi valori,
916 secondo lo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_waidpid_pid}, dove si
917 sono riportate anche le costanti definite per indicare alcuni di essi.
922 \begin{tabular}[c]{|c|c|p{8cm}|}
924 \textbf{Valore} & \textbf{Costante} &\textbf{Significato}\\
927 $<-1$& -- & Attende per un figlio il cui
928 \itindex{process~group} \textit{process group}
929 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è uguale
930 al valore assoluto di \param{pid}. \\
931 $-1$&\const{WAIT\_ANY} & Attende per un figlio qualsiasi, usata in
932 questa maniera senza specificare nessuna opzione
933 è equivalente a \func{wait}.\\
934 $ 0$&\const{WAIT\_MYPGRP}&Attende per un figlio il cui
935 \itindex{process~group} \textit{process group}
936 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è
937 uguale a quello del processo chiamante. \\
938 $>0$& -- & Attende per un figlio il cui \acr{pid} è uguale
939 al valore di \param{pid}.\\
942 \caption{Significato dei valori dell'argomento \param{pid} della funzione
944 \label{tab:proc_waidpid_pid}
947 Il comportamento di \func{waitpid} può inoltre essere modificato passando alla
948 funzione delle opportune opzioni tramite l'argomento \param{options}; questo
949 deve essere specificato come maschera binaria dei flag riportati in
950 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options},\footnote{oltre a queste in Linux sono
951 previste del altre opzioni non standard, relative al comportamento con i
952 \itindex{thread} \textit{thread}, che riprenderemo in
953 sez.~\ref{sec:thread_xxx}.} che possono essere combinati fra loro con un OR
956 L'uso dell'opzione \const{WNOHANG} consente di prevenire il blocco della
957 funzione qualora nessun figlio sia uscito (o non si siano verificate le altre
958 condizioni per l'uscita della funzione); in tal caso la funzione ritornerà un
959 valore nullo anziché positivo.\footnote{anche in questo caso un valore
960 positivo indicherà il \acr{pid} del processo di cui si è ricevuto lo stato
961 ed un valore negativo un errore.}
966 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
968 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
971 \const{WNOHANG} & La funzione ritorna immediatamente anche se non è
972 terminato nessun processo figlio. \\
973 \const{WUNTRACED} & Ritorna anche se un processo figlio è stato fermato. \\
974 \const{WCONTINUED}& Ritorna anche quando un processo figlio che era stato
975 fermato ha ripreso l'esecuzione.\footnotemark \\
978 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
979 della funzione \func{waitpid}.}
980 \label{tab:proc_waitpid_options}
983 \footnotetext{disponibile solo a partire dal kernel 2.6.10.}
985 Le altre due opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} consentono
986 rispettivamente di tracciare non la terminazione di un processo, ma il fatto
987 che esso sia stato fermato, o fatto ripartire, e sono utilizzate per la
988 gestione del controllo di sessione (vedi sez.~\ref{sec:sess_job_control}).
990 Nel caso di \const{WUNTRACED} la funzione ritorna, restituendone il \acr{pid},
991 quando un processo figlio entra nello stato \textit{stopped}\footnote{in
992 realtà viene notificato soltanto il caso in cui il processo è stato fermato
993 da un segnale di stop (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}), e non quello in
994 cui lo stato \textit{stopped} è dovuto all'uso di \func{ptrace} (vedi
995 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).} (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}), mentre
996 con \const{WCONTINUED} la funzione ritorna quando un processo in stato
997 \textit{stopped} riprende l'esecuzione per la ricezione del segnale
998 \const{SIGCONT} (l'uso di questi segnali per il controllo di sessione è
999 dettagliato in sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
1001 La terminazione di un processo figlio (così come gli altri eventi osservabili
1002 con \func{waitpid}) è chiaramente un evento asincrono rispetto all'esecuzione
1003 di un programma e può avvenire in un qualunque momento. Per questo motivo,
1004 come accennato nella sezione precedente, una delle azioni prese dal kernel
1005 alla conclusione di un processo è quella di mandare un segnale di
1006 \const{SIGCHLD} al padre. L'azione predefinita (si veda
1007 sez.~\ref{sec:sig_base}) per questo segnale è di essere ignorato, ma la sua
1008 generazione costituisce il meccanismo di comunicazione asincrona con cui il
1009 kernel avverte il processo padre che uno dei suoi figli è terminato.
1011 Il comportamento delle funzioni è però cambiato nel passaggio dal kernel 2.4
1012 al kernel 2.6, quest'ultimo infatti si è adeguato alle prescrizioni dello
1013 standard POSIX.1-2001,\footnote{una revisione del 2001 dello standard POSIX.1
1014 che ha aggiunto dei requisiti e delle nuove funzioni, come \func{waitid}.}
1015 e come da esso richiesto se \const{SIGCHLD} viene ignorato, o se si imposta il
1016 flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} nella ricezione dello stesso (si veda
1017 sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) i processi figli che terminano non diventano
1018 \textit{zombie} e sia \func{wait} che \func{waitpid} si bloccano fintanto che
1019 tutti i processi figli non sono terminati, dopo di che falliscono con un
1020 errore di \errcode{ENOCHLD}.\footnote{questo è anche il motivo per cui le
1021 opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} sono utilizzabili soltanto
1022 qualora non si sia impostato il flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} per il segnale
1025 Con i kernel della serie 2.4 e tutti i kernel delle serie precedenti entrambe
1026 le funzioni di attesa ignorano questa prescrizione\footnote{lo standard POSIX.1
1027 originale infatti lascia indefinito il comportamento di queste funzioni
1028 quando \const{SIGCHLD} viene ignorato.} e si comportano sempre nello stesso
1029 modo, indipendentemente dal fatto \const{SIGCHLD} sia ignorato o meno:
1030 attendono la terminazione di un processo figlio e ritornano il relativo
1031 \acr{pid} e lo stato di terminazione nell'argomento \param{status}.
1033 In generale in un programma non si vuole essere forzati ad attendere la
1034 conclusione di un processo figlio per proseguire l'esecuzione, specie se tutto
1035 questo serve solo per leggerne lo stato di chiusura (ed evitare eventualmente
1036 la presenza di \index{zombie} \textit{zombie}). Per questo la modalità più
1037 comune di chiamare queste funzioni è quella di utilizzarle all'interno di un
1038 \textit{signal handler} (vedremo un esempio di come gestire \const{SIGCHLD}
1039 con i segnali in sez.~\ref{sec:sig_example}). In questo caso infatti, dato che
1040 il segnale è generato dalla terminazione di un figlio, avremo la certezza che
1041 la chiamata a \func{waitpid} non si bloccherà.
1043 Come accennato sia \func{wait} che \func{waitpid} restituiscono lo stato di
1044 terminazione del processo tramite il puntatore \param{status} (se non
1045 interessa memorizzare lo stato si può passare un puntatore nullo). Il valore
1046 restituito da entrambe le funzioni dipende dall'implementazione, ma
1047 tradizionalmente alcuni bit (in genere 8) sono riservati per memorizzare lo
1048 stato di uscita, e altri per indicare il segnale che ha causato la
1049 terminazione (in caso di conclusione anomala), uno per indicare se è stato
1050 generato un \itindex{core~dump} \textit{core dump}, ecc.\footnote{le
1051 definizioni esatte si possono trovare in \file{<bits/waitstatus.h>} ma
1052 questo file non deve mai essere usato direttamente, esso viene incluso
1053 attraverso \file{<sys/wait.h>}.}
1055 Lo standard POSIX.1 definisce una serie di macro di preprocessore da usare per
1056 analizzare lo stato di uscita. Esse sono definite sempre in
1057 \file{<sys/wait.h>} ed elencate in tab.~\ref{tab:proc_status_macro} (si tenga
1058 presente che queste macro prendono come parametro la variabile di tipo
1059 \ctyp{int} puntata da \param{status}).
1064 \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
1066 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1069 \macro{WIFEXITED(s)} & Condizione vera (valore non nullo) per un processo
1070 figlio che sia terminato normalmente. \\
1071 \macro{WEXITSTATUS(s)} & Restituisce gli otto bit meno significativi dello
1072 stato di uscita del processo (passato attraverso
1073 \func{\_exit}, \func{exit} o come valore di
1074 ritorno di \func{main}); può essere valutata solo
1075 se \val{WIFEXITED} ha restituito un valore non
1077 \macro{WIFSIGNALED(s)} & Condizione vera se il processo figlio è terminato
1078 in maniera anomala a causa di un segnale che non
1079 è stato catturato (vedi
1080 sez.~\ref{sec:sig_notification}).\\
1081 \macro{WTERMSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha causato
1082 la terminazione anomala del processo; può essere
1083 valutata solo se \val{WIFSIGNALED} ha restituito
1084 un valore non nullo.\\
1085 \macro{WCOREDUMP(s)} & Vera se il processo terminato ha generato un
1086 file di \itindex{core~dump} \textit{core
1087 dump}; può essere valutata solo se
1088 \val{WIFSIGNALED} ha restituito un valore non
1089 nullo.\footnotemark \\
1090 \macro{WIFSTOPPED(s)} & Vera se il processo che ha causato il ritorno di
1091 \func{waitpid} è bloccato; l'uso è possibile solo
1092 con \func{waitpid} avendo specificato l'opzione
1093 \const{WUNTRACED}.\\
1094 \macro{WSTOPSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha bloccato
1095 il processo; può essere valutata solo se
1096 \val{WIFSTOPPED} ha restituito un valore non
1098 \macro{WIFCONTINUED(s)}& Vera se il processo che ha causato il ritorno è
1099 stato riavviato da un
1100 \const{SIGCONT}.\footnotemark \\
1103 \caption{Descrizione delle varie macro di preprocessore utilizzabili per
1104 verificare lo stato di terminazione \var{s} di un processo.}
1105 \label{tab:proc_status_macro}
1108 \footnotetext[18]{questa macro non è definita dallo standard POSIX.1-2001, ma è
1109 presente come estensione sia in Linux che in altri Unix, deve essere
1110 pertanto utilizzata con attenzione (ad esempio è il caso di usarla in un
1111 blocco \texttt{\#ifdef WCOREDUMP ... \#endif}.}
1113 \footnotetext{è presente solo a partire dal kernel 2.6.10.}
1115 Si tenga conto che nel caso di conclusione anomala il valore restituito da
1116 \val{WTERMSIG} può essere confrontato con le costanti definite in
1117 \file{signal.h} ed elencate in tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, e stampato
1118 usando le apposite funzioni trattate in sez.~\ref{sec:sig_strsignal}.
1120 A partire dal kernel 2.6.9, sempre in conformità allo standard POSIX.1-2001, è
1121 stata introdotta una nuova funzione di attesa che consente di avere un
1122 controllo molto più preciso sui possibili cambiamenti di stato dei processi
1123 figli e più dettagli sullo stato di uscita; la funzione è \funcd{waitid} ed il
1126 \headdecl{sys/types.h}
1128 \headdecl{sys/wait.h}
1130 \funcdecl{int waitid(idtype\_t idtype, id\_t id, siginfo\_t *infop, int
1133 Attende la conclusione di un processo figlio.
1135 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 per un errore,
1136 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1138 \item[\errcode{EINTR}] se non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
1139 la funzione è stata interrotta da un segnale.
1140 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
1141 non è figlio del processo chiamante.
1142 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
1143 l'argomento \param{options}.
1147 La funzione prevede che si specifichi quali processi si intendono osservare
1148 usando i due argomenti \param{idtype} ed \param{id}; il primo indica se si
1149 vuole porsi in attesa su un singolo processo, un gruppo di processi o un
1150 processo qualsiasi, e deve essere specificato secondo uno dei valori di
1151 tab.~\ref{tab:proc_waitid_idtype}; il secondo indica, a seconda del valore del
1152 primo, quale processo o quale gruppo di processi selezionare.
1158 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1160 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1163 \const{P\_PID} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1164 il cui \acr{pid} corrisponda al valore dell'argomento
1166 \const{P\_PGID}& Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1167 appartenente al \textit{process group} (vedi
1168 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) il cui \acr{pgid}
1169 corrisponda al valore dell'argomento \param{id}.\\
1170 \const{P\_ALL} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1171 generico, il valore dell'argomento \param{id} viene
1175 \caption{Costanti per i valori dell'argomento \param{idtype} della funzione
1177 \label{tab:proc_waitid_idtype}
1180 Come per \func{waitpid} anche il comportamento di \func{waitid} viene
1181 controllato dall'argomento \param{options}, da specificare come maschera
1182 binaria dei valori riportati in tab.~\ref{tab:proc_waitid_options}. Benché
1183 alcuni di questi siano identici come significato ed effetto ai precedenti di
1184 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options}, ci sono delle differenze significative:
1185 in questo caso si dovrà specificare esplicitamente l'attesa della terminazione
1186 di un processo impostando l'opzione \const{WEXITED}, mentre il precedente
1187 \const{WUNTRACED} è sostituito da \const{WSTOPPED}. Infine è stata aggiunta
1188 l'opzione \const{WNOWAIT} che consente una lettura dello stato mantenendo il
1189 processo in attesa di ricezione, così che una successiva chiamata possa di
1190 nuovo riceverne lo stato.
1195 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1197 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1200 \const{WEXITED} & Ritorna quando un processo figlio è terminato.\\
1201 \const{WNOHANG} & Ritorna immediatamente anche se non c'è niente da
1203 \const{WSTOPPED} & Ritorna quando un processo figlio è stato fermato.\\
1204 \const{WCONTINUED}& Ritorna quando un processo figlio che era stato
1205 fermato ha ripreso l'esecuzione.\\
1206 \const{WNOWAIT} & Lascia il processo ancora in attesa di ricezione, così
1207 che una successiva chiamata possa di nuovo riceverne
1211 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
1212 della funzione \func{waitid}.}
1213 \label{tab:proc_waitid_options}
1216 La funzione \func{waitid} restituisce un valore nullo in caso di successo, e
1217 $-1$ in caso di errore; viene restituito un valore nullo anche se è stata
1218 specificata l'opzione \const{WNOHANG} e la funzione è ritornata immediatamente
1219 senza che nessun figlio sia terminato. Pertanto per verificare il motivo del
1220 ritorno della funzione occorre analizzare le informazioni che essa
1221 restituisce; queste, al contrario delle precedenti \func{wait} e
1222 \func{waitpid} che usavano un semplice valore numerico, sono ritornate in una
1223 struttura di tipo \struct{siginfo\_t} (vedi fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t})
1224 all'indirizzo puntato dall'argomento \param{infop}.
1226 Tratteremo nei dettagli la struttura \struct{siginfo\_t} ed il significato dei
1227 suoi vari campi in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}, per quanto ci interessa qui
1228 basta dire che al ritorno di \func{waitid} verranno avvalorati i seguenti
1230 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
1231 \item[\var{si\_pid}] con il \acr{pid} del figlio.
1232 \item[\var{si\_uid}] con l'user-ID reale (vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}) del
1234 \item[\var{si\_signo}] con \const{SIGCHLD}.
1235 \item[\var{si\_status}] con lo stato di uscita del figlio o con il segnale che
1236 lo ha terminato, fermato o riavviato.
1237 \item[\var{si\_code}] con uno fra \const{CLD\_EXITED}, \const{CLD\_KILLED},
1238 \const{CLD\_STOPPED}, \const{CLD\_CONTINUED}, \const{CLD\_TRAPPED} e
1239 \const{CLD\_DUMPED} a indicare la ragione del ritorno della funzione, il cui
1240 significato è, nell'ordine: uscita normale, terminazione da segnale,
1241 processo fermato, processo riavviato, processo terminato in \textit{core
1245 Infine Linux, seguendo un'estensione di BSD, supporta altre due funzioni per
1246 la lettura dello stato di terminazione di un processo, analoghe alle
1247 precedenti ma che prevedono un ulteriore argomento attraverso il quale il
1248 kernel può restituire al padre informazioni sulle risorse (vedi
1249 sez.~\ref{sec:sys_res_limits}) usate dal processo terminato e dai vari figli.
1250 Le due funzioni sono \funcd{wait3} e \funcd{wait4}, che diventano accessibili
1251 definendo la macro \macro{\_USE\_BSD}; i loro prototipi sono:
1253 \headdecl{sys/times.h} \headdecl{sys/types.h} \headdecl{sys/wait.h}
1254 \headdecl{sys/resource.h}
1256 \funcdecl{pid\_t wait4(pid\_t pid, int *status, int options, struct rusage
1258 È identica a \func{waitpid} sia per comportamento che per i valori degli
1259 argomenti, ma restituisce in \param{rusage} un sommario delle risorse usate
1262 \funcdecl{pid\_t wait3(int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1263 Prima versione, equivalente a \code{wait4(-1, \&status, opt, rusage)} è
1264 ormai deprecata in favore di \func{wait4}.
1267 la struttura \struct{rusage} è definita in \file{sys/resource.h}, e viene
1268 utilizzata anche dalla funzione \func{getrusage} (vedi
1269 sez.~\ref{sec:sys_resource_use}) per ottenere le risorse di sistema usate da un
1270 processo; la sua definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}.
1272 \subsection{La funzione \func{exec} e le funzioni di esecuzione dei programmi}
1273 \label{sec:proc_exec}
1275 Abbiamo già detto che una delle modalità principali con cui si utilizzano i
1276 processi in Unix è quella di usarli per lanciare nuovi programmi: questo viene
1277 fatto attraverso una delle funzioni della famiglia \func{exec}. Quando un
1278 processo chiama una di queste funzioni esso viene completamente sostituito dal
1279 nuovo programma; il \acr{pid} del processo non cambia, dato che non viene
1280 creato un nuovo processo, la funzione semplicemente rimpiazza lo
1281 \itindex{stack} \textit{stack}, lo \itindex{heap} \textit{heap}, i
1282 \index{segmento!dati} dati ed il \index{segmento!testo} testo del processo
1283 corrente con un nuovo programma letto da disco.
1285 Ci sono sei diverse versioni di \func{exec} (per questo la si è chiamata
1286 famiglia di funzioni) che possono essere usate per questo compito, in realtà
1287 (come mostrato in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}), sono tutte un front-end a
1288 \funcd{execve}. Il prototipo di quest'ultima è:
1289 \begin{prototype}{unistd.h}
1290 {int execve(const char *filename, char *const argv[], char *const envp[])}
1291 Esegue il programma contenuto nel file \param{filename}.
1293 \bodydesc{La funzione ritorna solo in caso di errore, restituendo -1; nel
1294 qual caso \var{errno} può assumere i valori:
1296 \item[\errcode{EACCES}] il file non è eseguibile, oppure il filesystem è
1297 montato in \cmd{noexec}, oppure non è un file regolare o un interprete.
1298 \item[\errcode{EPERM}] il file ha i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1299 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}, l'utente non è root, il processo viene
1300 tracciato, o il filesystem è montato con l'opzione \cmd{nosuid}.
1301 \item[\errcode{ENOEXEC}] il file è in un formato non eseguibile o non
1302 riconosciuto come tale, o compilato per un'altra architettura.
1303 \item[\errcode{ENOENT}] il file o una delle librerie dinamiche o l'interprete
1304 necessari per eseguirlo non esistono.
1305 \item[\errcode{ETXTBSY}] l'eseguibile è aperto in scrittura da uno o più
1307 \item[\errcode{EINVAL}] l'eseguibile ELF ha più di un segmento
1308 \const{PF\_INTERP}, cioè chiede di essere eseguito da più di un
1310 \item[\errcode{ELIBBAD}] un interprete ELF non è in un formato
1312 \item[\errcode{E2BIG}] la lista degli argomenti è troppo grande.
1314 ed inoltre anche \errval{EFAULT}, \errval{ENOMEM}, \errval{EIO},
1315 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ELOOP}, \errval{ENOTDIR}, \errval{ENFILE},
1319 La funzione \func{exec} esegue il file o lo script indicato da
1320 \param{filename}, passandogli la lista di argomenti indicata da \param{argv}
1321 e come ambiente la lista di stringhe indicata da \param{envp}; entrambe le
1322 liste devono essere terminate da un puntatore nullo. I vettori degli
1323 argomenti e dell'ambiente possono essere acceduti dal nuovo programma
1324 quando la sua funzione \func{main} è dichiarata nella forma
1325 \code{main(int argc, char *argv[], char *envp[])}.
1327 Le altre funzioni della famiglia servono per fornire all'utente una serie di
1328 possibili diverse interfacce per la creazione di un nuovo processo. I loro
1332 \funcdecl{int execl(const char *path, const char *arg, ...)}
1333 \funcdecl{int execv(const char *path, char *const argv[])}
1334 \funcdecl{int execle(const char *path, const char *arg, ..., char
1336 \funcdecl{int execlp(const char *file, const char *arg, ...)}
1337 \funcdecl{int execvp(const char *file, char *const argv[])}
1339 Sostituiscono l'immagine corrente del processo con quella indicata nel primo
1340 argomento. Gli argomenti successivi consentono di specificare gli argomenti a
1341 linea di comando e l'ambiente ricevuti dal nuovo processo.
1343 \bodydesc{Queste funzioni ritornano solo in caso di errore, restituendo -1;
1344 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori visti in precedenza per
1348 Per capire meglio le differenze fra le funzioni della famiglia si può fare
1349 riferimento allo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_exec_scheme}. La
1350 prima differenza riguarda le modalità di passaggio dei valori che poi andranno
1351 a costituire gli argomenti a linea di comando (cioè i valori di
1352 \param{argv} e \param{argc} visti dalla funzione \func{main} del programma
1355 Queste modalità sono due e sono riassunte dagli mnemonici \code{v} e \code{l}
1356 che stanno rispettivamente per \textit{vector} e \textit{list}. Nel primo caso
1357 gli argomenti sono passati tramite il vettore di puntatori \var{argv[]} a
1358 stringhe terminate con zero che costituiranno gli argomenti a riga di comando,
1359 questo vettore \emph{deve} essere terminato da un puntatore nullo.
1361 Nel secondo caso le stringhe degli argomenti sono passate alla funzione come
1362 lista di puntatori, nella forma:
1363 \includecodesnip{listati/char_list.c}
1364 che deve essere terminata da un puntatore nullo. In entrambi i casi vale la
1365 convenzione che il primo argomento (\var{arg0} o \var{argv[0]}) viene usato
1366 per indicare il nome del file che contiene il programma che verrà eseguito.
1371 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|c|c|}
1373 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Caratteristiche}} &
1374 \multicolumn{6}{|c|}{\textbf{Funzioni}} \\
1376 &\func{execl}\texttt{ }&\func{execlp}&\func{execle}
1377 &\func{execv}\texttt{ }& \func{execvp}& \func{execve} \\
1380 argomenti a lista &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$&&& \\
1381 argomenti a vettore &&&&$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$\\
1383 filename completo &$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$\\
1384 ricerca su \var{PATH} &&$\bullet$&&&$\bullet$& \\
1386 ambiente a vettore &&&$\bullet$&&&$\bullet$ \\
1387 uso di \var{environ} &$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$& \\
1390 \caption{Confronto delle caratteristiche delle varie funzioni della
1391 famiglia \func{exec}.}
1392 \label{tab:proc_exec_scheme}
1395 La seconda differenza fra le funzioni riguarda le modalità con cui si
1396 specifica il programma che si vuole eseguire. Con lo mnemonico \code{p} si
1397 indicano le due funzioni che replicano il comportamento della shell nello
1398 specificare il comando da eseguire; quando l'argomento \param{file} non
1399 contiene una ``\texttt{/}'' esso viene considerato come un nome di programma,
1400 e viene eseguita automaticamente una ricerca fra i file presenti nella lista
1401 di directory specificate dalla variabile di ambiente \var{PATH}. Il file che
1402 viene posto in esecuzione è il primo che viene trovato. Se si ha un errore
1403 relativo a permessi di accesso insufficienti (cioè l'esecuzione della
1404 sottostante \func{execve} ritorna un \errcode{EACCES}), la ricerca viene
1405 proseguita nelle eventuali ulteriori directory indicate in \var{PATH}; solo se
1406 non viene trovato nessun altro file viene finalmente restituito
1409 Le altre quattro funzioni si limitano invece a cercare di eseguire il file
1410 indicato dall'argomento \param{path}, che viene interpretato come il
1411 \itindex{pathname} \textit{pathname} del programma.
1415 \includegraphics[width=15cm]{img/exec_rel}
1416 \caption{La interrelazione fra le sei funzioni della famiglia \func{exec}.}
1417 \label{fig:proc_exec_relat}
1420 La terza differenza è come viene passata la lista delle variabili di ambiente.
1421 Con lo mnemonico \texttt{e} vengono indicate quelle funzioni che necessitano
1422 di un vettore di parametri \var{envp[]} analogo a quello usato per gli
1423 argomenti a riga di comando (terminato quindi da un \val{NULL}), le altre
1424 usano il valore della variabile \var{environ} (vedi
1425 sez.~\ref{sec:proc_environ}) del processo di partenza per costruire
1428 Oltre a mantenere lo stesso \acr{pid}, il nuovo programma fatto partire da
1429 \func{exec} assume anche una serie di altre proprietà del processo chiamante;
1430 la lista completa è la seguente:
1432 \item il \textit{process id} (\acr{pid}) ed il \textit{parent process id}
1434 \item l'\textsl{user-ID reale}, il \textit{group-ID reale} ed i
1435 \textsl{group-ID supplementari} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1436 \item il \textit{session ID} (\acr{sid}) ed il \itindex{process~group}
1437 \textit{process group ID} (\acr{pgid}), vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group};
1438 \item il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
1439 \item il tempo restante ad un allarme (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort});
1440 \item la directory radice e la directory di lavoro corrente (vedi
1441 sez.~\ref{sec:file_work_dir});
1442 \item la maschera di creazione dei file \itindex{umask} (\textit{umask}, vedi
1443 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) ed i \textit{lock} sui file (vedi
1444 sez.~\ref{sec:file_locking});
1445 \item i segnali sospesi (\textit{pending}) e la maschera dei segnali (si veda
1446 sez.~\ref{sec:sig_sigmask});
1447 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
1448 \item i valori delle variabili \var{tms\_utime}, \var{tms\_stime},
1449 \var{tms\_cutime}, \var{tms\_ustime} (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}).
1452 Inoltre i segnali che sono stati impostati per essere ignorati nel processo
1453 chiamante mantengono la stessa impostazione pure nel nuovo programma, tutti
1454 gli altri segnali vengono impostati alla loro azione predefinita. Un caso
1455 speciale è il segnale \const{SIGCHLD} che, quando impostato a
1456 \const{SIG\_IGN}, può anche non essere reimpostato a \const{SIG\_DFL} (si veda
1457 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}).
1459 La gestione dei file aperti dipende dal valore che ha il flag di
1460 \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec} (vedi anche
1461 sez.~\ref{sec:file_fcntl}) per ciascun file descriptor. I file per cui è
1462 impostato vengono chiusi, tutti gli altri file restano aperti. Questo
1463 significa che il comportamento predefinito è che i file restano aperti
1464 attraverso una \func{exec}, a meno di una chiamata esplicita a \func{fcntl}
1465 che imposti il suddetto flag. Per le directory, lo standard POSIX.1 richiede
1466 che esse vengano chiuse attraverso una \func{exec}, in genere questo è fatto
1467 dalla funzione \func{opendir} (vedi sez.~\ref{sec:file_dir_read}) che effettua
1468 da sola l'impostazione del flag di \itindex{close-on-exec}
1469 \textit{close-on-exec} sulle directory che apre, in maniera trasparente
1472 Abbiamo detto che l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID reale}
1473 restano gli stessi all'esecuzione di \func{exec}; normalmente vale lo stesso
1474 anche per l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} (il
1475 significato di questi identificatori è trattato in
1476 sez.~\ref{sec:proc_access_id}), tranne quando il file di cui viene chiesta
1477 l'esecuzione ha o il \itindex{suid~bit} \acr{suid} bit o lo \itindex{sgid~bit}
1478 \acr{sgid} bit impostato, in questo caso l'\textsl{user-ID effettivo} ed il
1479 \textsl{group-ID effettivo} vengono impostati rispettivamente all'utente o al
1480 gruppo cui il file appartiene (per i dettagli di questo comportamento si veda
1481 sez.~\ref{sec:proc_perms}).
1483 Se il file da eseguire è in formato \emph{a.out} e necessita di librerie
1484 condivise, viene lanciato il \textit{linker} dinamico \cmd{/lib/ld.so} prima
1485 del programma per caricare le librerie necessarie ed effettuare il link
1486 dell'eseguibile.\footnote{il formato è ormai in completo disuso, per cui è
1487 molto probabile che non il relativo supporto non sia disponibile.} Se il
1488 programma è in formato ELF per caricare le librerie dinamiche viene usato
1489 l'interprete indicato nel segmento \const{PT\_INTERP} previsto dal formato
1490 stesso, in genere questo è \sysfile{/lib/ld-linux.so.1} per programmi
1491 collegati con le \acr{libc5}, e \sysfile{/lib/ld-linux.so.2} per programmi
1492 collegati con le \acr{glibc}.
1494 Infine nel caso il file sia uno script esso deve iniziare con una linea nella
1495 forma \cmd{\#!/path/to/interpreter [argomenti]} dove l'interprete indicato
1496 deve essere un programma valido (binario, non un altro script) che verrà
1497 chiamato come se si fosse eseguito il comando \cmd{interpreter [argomenti]
1498 filename}.\footnote{si tenga presente che con Linux quanto viene scritto
1499 come \texttt{argomenti} viene passato all'interprete come un unico argomento
1500 con una unica stringa di lunghezza massima di 127 caratteri e se questa
1501 dimensione viene ecceduta la stringa viene troncata; altri Unix hanno
1502 dimensioni massime diverse, e diversi comportamenti, ad esempio FreeBSD
1503 esegue la scansione della riga e la divide nei vari argomenti e se è troppo
1504 lunga restituisce un errore di \const{ENAMETOOLONG}, una comparazione dei
1505 vari comportamenti si trova su
1506 \href{http://www.in-ulm.de/~mascheck/various/shebang/}
1507 {\textsf{http://www.in-ulm.de/\tild mascheck/various/shebang/}}.}
1509 Con la famiglia delle \func{exec} si chiude il novero delle funzioni su cui è
1510 basata la gestione dei processi in Unix: con \func{fork} si crea un nuovo
1511 processo, con \func{exec} si lancia un nuovo programma, con \func{exit} e
1512 \func{wait} si effettua e verifica la conclusione dei processi. Tutte le
1513 altre funzioni sono ausiliarie e servono per la lettura e l'impostazione dei
1514 vari parametri connessi ai processi.
1518 \section{Il controllo di accesso}
1519 \label{sec:proc_perms}
1521 In questa sezione esamineremo le problematiche relative al controllo di
1522 accesso dal punto di vista dei processi; vedremo quali sono gli identificatori
1523 usati, come questi possono essere modificati nella creazione e nel lancio di
1524 nuovi processi, le varie funzioni per la loro manipolazione diretta e tutte le
1525 problematiche connesse ad una gestione accorta dei privilegi.
1528 \subsection{Gli identificatori del controllo di accesso}
1529 \label{sec:proc_access_id}
1531 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_multiuser} il modello base\footnote{in
1532 realtà già esistono estensioni di questo modello base, che lo rendono più
1533 flessibile e controllabile, come le \itindex{capabilities}
1534 \textit{capabilities} illustrate in sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, le ACL
1535 per i file (vedi sez.~\ref{sec:file_ACL}) o il
1536 \itindex{Mandatory~Access~Control~(MAC)} \textit{Mandatory Access Control}
1537 di \index{SELinux} SELinux; inoltre basandosi sul lavoro effettuato con
1538 SELinux, a partire dal kernel 2.5.x, è iniziato lo sviluppo di una
1539 infrastruttura di sicurezza, i \itindex{Linux~Security~Modules}
1540 \textit{Linux Security Modules}, o LSM, in grado di fornire diversi agganci
1541 a livello del kernel per modularizzare tutti i possibili controlli di
1542 accesso.} di sicurezza di un sistema unix-like è fondato sui concetti di
1543 utente e gruppo, e sulla separazione fra l'amministratore (\textsl{root},
1544 detto spesso anche \textit{superuser}) che non è sottoposto a restrizioni, ed
1545 il resto degli utenti, per i quali invece vengono effettuati i vari controlli
1548 Abbiamo già accennato come il sistema associ ad ogni utente e gruppo due
1549 identificatori univoci, lo user-ID ed il group-ID; questi servono al kernel per
1550 identificare uno specifico utente o un gruppo di utenti, per poi poter
1551 controllare che essi siano autorizzati a compiere le operazioni richieste. Ad
1552 esempio in sez.~\ref{sec:file_access_control} vedremo come ad ogni file vengano
1553 associati un utente ed un gruppo (i suoi \textsl{proprietari}, indicati
1554 appunto tramite un \acr{uid} ed un \acr{gid}) che vengono controllati dal
1555 kernel nella gestione dei permessi di accesso.
1557 Dato che tutte le operazioni del sistema vengono compiute dai processi, è
1558 evidente che per poter implementare un controllo sulle operazioni occorre
1559 anche poter identificare chi è che ha lanciato un certo programma, e pertanto
1560 anche a ciascun processo dovrà essere associato un utente e un gruppo.
1562 Un semplice controllo di una corrispondenza fra identificativi non garantisce
1563 però sufficiente flessibilità per tutti quei casi in cui è necessario poter
1564 disporre di privilegi diversi, o dover impersonare un altro utente per un
1565 limitato insieme di operazioni. Per questo motivo in generale tutti gli Unix
1566 prevedono che i processi abbiano almeno due gruppi di identificatori, chiamati
1567 rispettivamente \textit{real} ed \textit{effective} (cioè \textsl{reali} ed
1568 \textsl{effettivi}). Nel caso di Linux si aggiungono poi altri due gruppi, il
1569 \textit{saved} (\textsl{salvati}) ed il \textit{filesystem} (\textsl{di
1570 filesystem}), secondo la situazione illustrata in
1571 tab.~\ref{tab:proc_uid_gid}.
1576 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|p{7.3cm}|}
1578 \textbf{Suffisso} & \textbf{Gruppo} & \textbf{Denominazione}
1579 & \textbf{Significato} \\
1582 \acr{uid} & \textit{real} & \textsl{user-ID reale}
1583 & Indica l'utente che ha lanciato il programma.\\
1584 \acr{gid} & '' &\textsl{group-ID reale}
1585 & Indica il gruppo principale dell'utente che ha lanciato
1588 \acr{euid} & \textit{effective} &\textsl{user-ID effettivo}
1589 & Indica l'utente usato nel controllo di accesso.\\
1590 \acr{egid} & '' & \textsl{group-ID effettivo}
1591 & Indica il gruppo usato nel controllo di accesso.\\
1592 -- & -- & \textsl{group-ID supplementari}
1593 & Indicano gli ulteriori gruppi cui l'utente appartiene.\\
1595 -- & \textit{saved} & \textsl{user-ID salvato}
1596 & È una copia dell'\acr{euid} iniziale.\\
1597 -- & '' & \textsl{group-ID salvato}
1598 & È una copia dell'\acr{egid} iniziale.\\
1600 \acr{fsuid} & \textit{filesystem} &\textsl{user-ID di filesystem}
1601 & Indica l'utente effettivo per l'accesso al filesystem. \\
1602 \acr{fsgid} & '' & \textsl{group-ID di filesystem}
1603 & Indica il gruppo effettivo per l'accesso al filesystem.\\
1606 \caption{Identificatori di utente e gruppo associati a ciascun processo con
1607 indicazione dei suffissi usati dalle varie funzioni di manipolazione.}
1608 \label{tab:proc_uid_gid}
1611 Al primo gruppo appartengono l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID
1612 reale}: questi vengono impostati al login ai valori corrispondenti
1613 all'utente con cui si accede al sistema (e relativo gruppo principale).
1614 Servono per l'identificazione dell'utente e normalmente non vengono mai
1615 cambiati. In realtà vedremo (in sez.~\ref{sec:proc_setuid}) che è possibile
1616 modificarli, ma solo ad un processo che abbia i privilegi di amministratore;
1617 questa possibilità è usata proprio dal programma \cmd{login} che, una volta
1618 completata la procedura di autenticazione, lancia una shell per la quale
1619 imposta questi identificatori ai valori corrispondenti all'utente che entra
1622 Al secondo gruppo appartengono lo \textsl{user-ID effettivo} ed il
1623 \textsl{group-ID effettivo} (a cui si aggiungono gli eventuali \textsl{group-ID
1624 supplementari} dei gruppi dei quali l'utente fa parte). Questi sono invece
1625 gli identificatori usati nelle verifiche dei permessi del processo e per il
1626 controllo di accesso ai file (argomento affrontato in dettaglio in
1627 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1629 Questi identificatori normalmente sono identici ai corrispondenti del gruppo
1630 \textit{real} tranne nel caso in cui, come accennato in
1631 sez.~\ref{sec:proc_exec}, il programma che si è posto in esecuzione abbia i
1632 bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati
1633 (il significato di questi bit è affrontato in dettaglio in
1634 sez.~\ref{sec:file_special_perm}). In questo caso essi saranno impostati
1635 all'utente e al gruppo proprietari del file. Questo consente, per programmi in
1636 cui ci sia necessità, di dare a qualunque utente normale privilegi o permessi
1637 di un altro (o dell'amministratore).
1639 Come nel caso del \acr{pid} e del \acr{ppid}, anche tutti questi
1640 identificatori possono essere letti attraverso le rispettive funzioni:
1641 \funcd{getuid}, \funcd{geteuid}, \funcd{getgid} e \funcd{getegid}, i loro
1645 \headdecl{sys/types.h}
1646 \funcdecl{uid\_t getuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID reale} del
1649 \funcdecl{uid\_t geteuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID effettivo} del
1652 \funcdecl{gid\_t getgid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID reale} del
1655 \funcdecl{gid\_t getegid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID effettivo}
1656 del processo corrente.
1658 \bodydesc{Queste funzioni non riportano condizioni di errore.}
1661 In generale l'uso di privilegi superiori deve essere limitato il più
1662 possibile, per evitare abusi e problemi di sicurezza, per questo occorre anche
1663 un meccanismo che consenta ad un programma di rilasciare gli eventuali
1664 maggiori privilegi necessari, una volta che si siano effettuate le operazioni
1665 per i quali erano richiesti, e a poterli eventualmente recuperare in caso
1668 Questo in Linux viene fatto usando altri due gruppi di identificatori, il
1669 \textit{saved} ed il \textit{filesystem}. Il primo gruppo è lo stesso usato in
1670 SVr4, e previsto dallo standard POSIX quando è definita la costante
1671 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS},\footnote{in caso si abbia a cuore la portabilità
1672 del programma su altri Unix è buona norma controllare sempre la
1673 disponibilità di queste funzioni controllando se questa costante è
1674 definita.} il secondo gruppo è specifico di Linux e viene usato per
1675 migliorare la sicurezza con NFS.
1677 L'\textsl{user-ID salvato} ed il \textsl{group-ID salvato} sono copie
1678 dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo} del processo
1679 padre, e vengono impostati dalla funzione \func{exec} all'avvio del processo,
1680 come copie dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo}
1681 dopo che questi sono stati impostati tenendo conto di eventuali
1682 \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}. Essi quindi
1683 consentono di tenere traccia di quale fossero utente e gruppo effettivi
1684 all'inizio dell'esecuzione di un nuovo programma.
1686 L'\textsl{user-ID di filesystem} e il \textsl{group-ID di filesystem} sono
1687 un'estensione introdotta in Linux per rendere più sicuro l'uso di NFS
1688 (torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:proc_setuid}). Essi sono una
1689 replica dei corrispondenti identificatori del gruppo \textit{effective}, ai
1690 quali si sostituiscono per tutte le operazioni di verifica dei permessi
1691 relativi ai file (trattate in sez.~\ref{sec:file_perm_overview}). Ogni
1692 cambiamento effettuato sugli identificatori effettivi viene automaticamente
1693 riportato su di essi, per cui in condizioni normali si può tranquillamente
1694 ignorarne l'esistenza, in quanto saranno del tutto equivalenti ai precedenti.
1697 \subsection{Le funzioni di gestione degli identificatori dei processi}
1698 \label{sec:proc_setuid}
1700 Le due funzioni più comuni che vengono usate per cambiare identità (cioè
1701 utente e gruppo di appartenenza) ad un processo sono rispettivamente
1702 \funcd{setuid} e \funcd{setgid}; come accennato in
1703 sez.~\ref{sec:proc_access_id} in Linux esse seguono la semantica POSIX che
1704 prevede l'esistenza dell'\textit{user-ID salvato} e del \textit{group-ID
1705 salvato}; i loro prototipi sono:
1708 \headdecl{sys/types.h}
1710 \funcdecl{int setuid(uid\_t uid)} Imposta l'\textsl{user-ID} del processo
1713 \funcdecl{int setgid(gid\_t gid)} Imposta il \textsl{group-ID} del processo
1716 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1717 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1720 Il funzionamento di queste due funzioni è analogo, per cui considereremo solo
1721 la prima; la seconda si comporta esattamente allo stesso modo facendo
1722 riferimento al \textsl{group-ID} invece che all'\textsl{user-ID}. Gli
1723 eventuali \textsl{group-ID supplementari} non vengono modificati.
1725 L'effetto della chiamata è diverso a seconda dei privilegi del processo; se
1726 l'\textsl{user-ID effettivo} è zero (cioè è quello dell'amministratore di
1727 sistema) allora tutti gli identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e
1728 \textit{saved}) vengono impostati al valore specificato da \param{uid},
1729 altrimenti viene impostato solo l'\textsl{user-ID effettivo}, e soltanto se il
1730 valore specificato corrisponde o all'\textsl{user-ID reale} o
1731 all'\textsl{user-ID salvato}. Negli altri casi viene segnalato un errore (con
1734 Come accennato l'uso principale di queste funzioni è quello di poter
1735 consentire ad un programma con i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1736 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati (vedi sez.~\ref{sec:file_special_perm})
1737 di riportare l'\textsl{user-ID effettivo} a quello dell'utente che ha lanciato
1738 il programma, effettuare il lavoro che non necessita di privilegi aggiuntivi,
1739 ed eventualmente tornare indietro.
1741 Come esempio per chiarire l'uso di queste funzioni prendiamo quello con cui
1742 viene gestito l'accesso al file \sysfile{/var/log/utmp}. In questo file viene
1743 registrato chi sta usando il sistema al momento corrente; chiaramente non può
1744 essere lasciato aperto in scrittura a qualunque utente, che potrebbe
1745 falsificare la registrazione. Per questo motivo questo file (e l'analogo
1746 \sysfile{/var/log/wtmp} su cui vengono registrati login e logout) appartengono
1747 ad un gruppo dedicato (\acr{utmp}) ed i programmi che devono accedervi (ad
1748 esempio tutti i programmi di terminale in X, o il programma \cmd{screen} che
1749 crea terminali multipli su una console) appartengono a questo gruppo ed hanno
1750 il bit \acr{sgid} impostato.
1752 Quando uno di questi programmi (ad esempio \cmd{xterm}) viene lanciato, la
1753 situazione degli identificatori è la seguente:
1756 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (del chiamante)} \\
1757 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1758 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp}}
1760 in questo modo, dato che il \textsl{group-ID effettivo} è quello giusto, il
1761 programma può accedere a \sysfile{/var/log/utmp} in scrittura ed aggiornarlo.
1762 A questo punto il programma può eseguire una \code{setgid(getgid())} per
1763 impostare il \textsl{group-ID effettivo} a quello dell'utente (e dato che il
1764 \textsl{group-ID reale} corrisponde la funzione avrà successo), in questo modo
1765 non sarà possibile lanciare dal terminale programmi che modificano detto file,
1766 in tal caso infatti la situazione degli identificatori sarebbe:
1769 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1770 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{gid}} \\
1771 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1773 e ogni processo lanciato dal terminale avrebbe comunque \acr{gid} come
1774 \textsl{group-ID effettivo}. All'uscita dal terminale, per poter di nuovo
1775 aggiornare lo stato di \sysfile{/var/log/utmp} il programma eseguirà una
1776 \code{setgid(utmp)} (dove \var{utmp} è il valore numerico associato al gruppo
1777 \acr{utmp}, ottenuto ad esempio con una precedente \func{getegid}), dato che
1778 in questo caso il valore richiesto corrisponde al \textsl{group-ID salvato} la
1779 funzione avrà successo e riporterà la situazione a:
1782 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1783 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1784 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1786 consentendo l'accesso a \sysfile{/var/log/utmp}.
1788 Occorre però tenere conto che tutto questo non è possibile con un processo con
1789 i privilegi di amministratore, in tal caso infatti l'esecuzione di una
1790 \func{setuid} comporta il cambiamento di tutti gli identificatori associati al
1791 processo, rendendo impossibile riguadagnare i privilegi di amministratore.
1792 Questo comportamento è corretto per l'uso che ne fa \cmd{login} una volta che
1793 crea una nuova shell per l'utente; ma quando si vuole cambiare soltanto
1794 l'\textsl{user-ID effettivo} del processo per cedere i privilegi occorre
1795 ricorrere ad altre funzioni.
1797 Le due funzioni \funcd{setreuid} e \funcd{setregid} derivano da BSD che, non
1798 supportando\footnote{almeno fino alla versione 4.3+BSD.} gli identificatori
1799 del gruppo \textit{saved}, le usa per poter scambiare fra di loro
1800 \textit{effective} e \textit{real}. I rispettivi prototipi sono:
1803 \headdecl{sys/types.h}
1805 \funcdecl{int setreuid(uid\_t ruid, uid\_t euid)} Imposta l'\textsl{user-ID
1806 reale} e l'\textsl{user-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1807 specificati da \param{ruid} e \param{euid}.
1809 \funcdecl{int setregid(gid\_t rgid, gid\_t egid)} Imposta il \textsl{group-ID
1810 reale} ed il \textsl{group-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1811 specificati da \param{rgid} e \param{egid}.
1813 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1814 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1817 La due funzioni sono analoghe ed il loro comportamento è identico; quanto
1818 detto per la prima riguardo l'user-ID, si applica immediatamente alla seconda
1819 per il group-ID. I processi non privilegiati possono impostare solo i valori
1820 del loro user-ID effettivo o reale; valori diversi comportano il fallimento
1821 della chiamata; l'amministratore invece può specificare un valore qualunque.
1822 Specificando un argomento di valore -1 l'identificatore corrispondente verrà
1823 lasciato inalterato.
1825 Con queste funzioni si possono scambiare fra loro gli user-ID reale e
1826 effettivo, e pertanto è possibile implementare un comportamento simile a
1827 quello visto in precedenza per \func{setgid}, cedendo i privilegi con un primo
1828 scambio, e recuperandoli, eseguito il lavoro non privilegiato, con un secondo
1831 In questo caso però occorre porre molta attenzione quando si creano nuovi
1832 processi nella fase intermedia in cui si sono scambiati gli identificatori, in
1833 questo caso infatti essi avranno un user-ID reale privilegiato, che dovrà
1834 essere esplicitamente eliminato prima di porre in esecuzione un nuovo
1835 programma (occorrerà cioè eseguire un'altra chiamata dopo la \func{fork} e
1836 prima della \func{exec} per uniformare l'user-ID reale a quello effettivo) in
1837 caso contrario il nuovo programma potrebbe a sua volta effettuare uno scambio
1838 e riottenere privilegi non previsti.
1840 Lo stesso problema di propagazione dei privilegi ad eventuali processi figli
1841 si pone per l'user-ID salvato: questa funzione deriva da un'implementazione che
1842 non ne prevede la presenza, e quindi non è possibile usarla per correggere la
1843 situazione come nel caso precedente. Per questo motivo in Linux tutte le volte
1844 che si imposta un qualunque valore diverso da quello dall'user-ID reale
1845 corrente, l'user-ID salvato viene automaticamente uniformato al valore
1846 dell'user-ID effettivo.
1848 Altre due funzioni, \funcd{seteuid} e \funcd{setegid}, sono un'estensione
1849 dello standard POSIX.1, ma sono comunque supportate dalla maggior parte degli
1850 Unix; esse vengono usate per cambiare gli identificatori del gruppo
1851 \textit{effective} ed i loro prototipi sono:
1854 \headdecl{sys/types.h}
1856 \funcdecl{int seteuid(uid\_t uid)} Imposta l'user-ID effettivo del processo
1857 corrente a \param{uid}.
1859 \funcdecl{int setegid(gid\_t gid)} Imposta il group-ID effettivo del processo
1860 corrente a \param{gid}.
1862 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1863 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1866 Come per le precedenti le due funzioni sono identiche, per cui tratteremo solo
1867 la prima. Gli utenti normali possono impostare l'user-ID effettivo solo al
1868 valore dell'user-ID reale o dell'user-ID salvato, l'amministratore può
1869 specificare qualunque valore. Queste funzioni sono usate per permettere
1870 all'amministratore di impostare solo l'user-ID effettivo, dato che l'uso
1871 normale di \func{setuid} comporta l'impostazione di tutti gli identificatori.
1874 Le due funzioni \funcd{setresuid} e \funcd{setresgid} sono invece
1875 un'estensione introdotta in Linux,\footnote{per essere precisi a partire dal
1876 kernel 2.1.44.} e permettono un completo controllo su tutti e tre i gruppi
1877 di identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}), i loro
1881 \headdecl{sys/types.h}
1883 \funcdecl{int setresuid(uid\_t ruid, uid\_t euid, uid\_t suid)} Imposta
1884 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente
1885 ai valori specificati rispettivamente da \param{ruid}, \param{euid} e
1888 \funcdecl{int setresgid(gid\_t rgid, gid\_t egid, gid\_t sgid)} Imposta il
1889 group-ID reale, il group-ID effettivo ed il group-ID salvato del processo
1890 corrente ai valori specificati rispettivamente da \param{rgid}, \param{egid} e
1893 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1894 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1897 Le due funzioni sono identiche, quanto detto per la prima riguardo gli user-ID
1898 si applica alla seconda per i group-ID. I processi non privilegiati possono
1899 cambiare uno qualunque degli user-ID solo ad un valore corrispondente o
1900 all'user-ID reale, o a quello effettivo o a quello salvato, l'amministratore
1901 può specificare i valori che vuole; un valore di -1 per un qualunque argomento
1902 lascia inalterato l'identificatore corrispondente.
1904 Per queste funzioni esistono anche due controparti che permettono di leggere
1905 in blocco i vari identificatori: \funcd{getresuid} e \funcd{getresgid}; i loro
1909 \headdecl{sys/types.h}
1911 \funcdecl{int getresuid(uid\_t *ruid, uid\_t *euid, uid\_t *suid)} Legge
1912 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente.
1914 \funcdecl{int getresgid(gid\_t *rgid, gid\_t *egid, gid\_t *sgid)} Legge il
1915 group-ID reale, il group-ID effettivo e il group-ID salvato del processo
1918 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
1919 fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EFAULT} se gli indirizzi delle
1920 variabili di ritorno non sono validi.}
1923 Anche queste funzioni sono un'estensione specifica di Linux, e non richiedono
1924 nessun privilegio. I valori sono restituiti negli argomenti, che vanno
1925 specificati come puntatori (è un altro esempio di
1926 \itindex{value~result~argument} \textit{value result argument}). Si noti che
1927 queste funzioni sono le uniche in grado di leggere gli identificatori del
1928 gruppo \textit{saved}.
1931 Infine le funzioni \func{setfsuid} e \func{setfsgid} servono per impostare gli
1932 identificatori del gruppo \textit{filesystem} che sono usati da Linux per il
1933 controllo dell'accesso ai file. Come già accennato in
1934 sez.~\ref{sec:proc_access_id} Linux definisce questo ulteriore gruppo di
1935 identificatori, che in circostanze normali sono assolutamente equivalenti a
1936 quelli del gruppo \textit{effective}, dato che ogni cambiamento di questi
1937 ultimi viene immediatamente riportato su di essi.
1939 C'è un solo caso in cui si ha necessità di introdurre una differenza fra gli
1940 identificatori dei gruppi \textit{effective} e \textit{filesystem}, ed è per
1941 ovviare ad un problema di sicurezza che si presenta quando si deve
1942 implementare un server NFS.
1944 Il server NFS infatti deve poter cambiare l'identificatore con cui accede ai
1945 file per assumere l'identità del singolo utente remoto, ma se questo viene
1946 fatto cambiando l'user-ID effettivo o l'user-ID reale il server si espone alla
1947 ricezione di eventuali segnali ostili da parte dell'utente di cui ha
1948 temporaneamente assunto l'identità. Cambiando solo l'user-ID di filesystem si
1949 ottengono i privilegi necessari per accedere ai file, mantenendo quelli
1950 originari per quanto riguarda tutti gli altri controlli di accesso, così che
1951 l'utente non possa inviare segnali al server NFS.
1953 Le due funzioni usate per cambiare questi identificatori sono \funcd{setfsuid}
1954 e \funcd{setfsgid}, ovviamente sono specifiche di Linux e non devono essere
1955 usate se si intendono scrivere programmi portabili; i loro prototipi sono:
1957 \headdecl{sys/fsuid.h}
1959 \funcdecl{int setfsuid(uid\_t fsuid)} Imposta l'user-ID di filesystem del
1960 processo corrente a \param{fsuid}.
1962 \funcdecl{int setfsgid(gid\_t fsgid)} Imposta il group-ID di filesystem del
1963 processo corrente a \param{fsgid}.
1965 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1966 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1968 \noindent queste funzioni hanno successo solo se il processo chiamante ha i
1969 privilegi di amministratore o, per gli altri utenti, se il valore specificato
1970 coincide con uno dei di quelli del gruppo \textit{real}, \textit{effective} o
1974 \subsection{Le funzioni per la gestione dei gruppi associati a un processo}
1975 \label{sec:proc_setgroups}
1977 Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui
1978 gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere
1979 almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di
1980 gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
1981 sez.~\ref{sec:sys_sysconf}), leggendo il parametro
1982 \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono
1983 ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni.
1985 La funzione che permette di leggere i gruppi supplementari associati ad un
1986 processo è \funcd{getgroups}; questa funzione è definita nello standard
1987 POSIX.1, ed il suo prototipo è:
1989 \headdecl{sys/types.h}
1992 \funcdecl{int getgroups(int size, gid\_t list[])}
1994 Legge gli identificatori dei gruppi supplementari.
1996 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di gruppi letti in caso di
1997 successo e -1 in caso di fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà
2000 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2001 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è diverso da zero ma
2002 minore del numero di gruppi supplementari del processo.
2006 La funzione legge gli identificatori dei gruppi supplementari del processo sul
2007 vettore \param{list} di dimensione \param{size}. Non è specificato se la
2008 funzione inserisca o meno nella lista il group-ID effettivo del processo. Se si
2009 specifica un valore di \param{size} uguale a 0 \param{list} non viene
2010 modificato, ma si ottiene il numero di gruppi supplementari.
2012 Una seconda funzione, \funcd{getgrouplist}, può invece essere usata per
2013 ottenere tutti i gruppi a cui appartiene un certo utente; il suo prototipo è:
2015 \headdecl{sys/types.h}
2018 \funcdecl{int getgrouplist(const char *user, gid\_t group, gid\_t *groups,
2019 int *ngroups)} Legge i gruppi supplementari.
2021 \bodydesc{La funzione legge fino ad un massimo di \param{ngroups} valori,
2022 restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento.}
2025 La funzione legge i gruppi supplementari dell'utente specificato da
2026 \param{user}, eseguendo una scansione del database dei gruppi (si veda
2027 sez.~\ref{sec:sys_user_group}). Ritorna poi in \param{groups} la lista di
2028 quelli a cui l'utente appartiene. Si noti che \param{ngroups} è passato come
2029 puntatore perché, qualora il valore specificato sia troppo piccolo, la
2030 funzione ritorna -1, passando indietro il numero dei gruppi trovati.
2032 Per impostare i gruppi supplementari di un processo ci sono due funzioni, che
2033 possono essere usate solo se si hanno i privilegi di amministratore. La prima
2034 delle due è \funcd{setgroups}, ed il suo prototipo è:
2036 \headdecl{sys/types.h}
2039 \funcdecl{int setgroups(size\_t size, gid\_t *list)}
2041 Imposta i gruppi supplementari del processo.
2043 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2044 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2046 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2047 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
2048 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è maggiore del valore
2053 La funzione imposta i gruppi supplementari del processo corrente ai valori
2054 specificati nel vettore passato con l'argomento \param{list}, di dimensioni
2055 date dall'argomento \param{size}. Il numero massimo di gruppi supplementari è
2056 un parametro di sistema, che può essere ricavato con le modalità spiegate in
2057 sez.~\ref{sec:sys_characteristics}.
2059 Se invece si vogliono impostare i gruppi supplementari del processo a quelli di
2060 un utente specifico, si può usare \funcd{initgroups} il cui prototipo è:
2062 \headdecl{sys/types.h}
2065 \funcdecl{int initgroups(const char *user, gid\_t group)}
2067 Inizializza la lista dei gruppi supplementari.
2069 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2070 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà gli stessi valori di
2071 \func{setgroups} più \errval{ENOMEM} quando non c'è memoria sufficiente
2072 per allocare lo spazio per informazioni dei gruppi.}
2075 La funzione esegue la scansione del database dei gruppi (usualmente
2076 \conffile{/etc/group}) cercando i gruppi di cui è membro l'utente \param{user}
2077 con cui costruisce una lista di gruppi supplementari, a cui aggiunge anche
2078 \param{group}, infine imposta questa lista per il processo corrente usando
2079 \func{setgroups}. Si tenga presente che sia \func{setgroups} che
2080 \func{initgroups} non sono definite nello standard POSIX.1 e che pertanto non
2081 è possibile utilizzarle quando si definisce \macro{\_POSIX\_SOURCE} o si
2082 compila con il flag \cmd{-ansi}, è pertanto meglio evitarle se si vuole
2083 scrivere codice portabile.
2086 \section{La gestione della priorità dei processi}
2087 \label{sec:proc_priority}
2089 In questa sezione tratteremo più approfonditamente i meccanismi con il quale
2090 lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler} assegna la CPU ai vari processi
2091 attivi. In particolare prenderemo in esame i vari meccanismi con cui viene
2092 gestita l'assegnazione del tempo di CPU, ed illustreremo le varie funzioni di
2093 gestione. Tratteremo infine anche le altre priorità dei processi (come quelle
2094 per l'accesso a disco) divenute disponibili con i kernel più recenti.
2097 \subsection{I meccanismi di \textit{scheduling}}
2098 \label{sec:proc_sched}
2100 \itindbeg{scheduler}
2102 La scelta di un meccanismo che sia in grado di distribuire in maniera efficace
2103 il tempo di CPU per l'esecuzione dei processi è sempre una questione delicata,
2104 ed oggetto di numerose ricerche; in generale essa dipende in maniera
2105 essenziale anche dal tipo di utilizzo che deve essere fatto del sistema, per
2106 cui non esiste un meccanismo che sia valido per tutti gli usi.
2108 La caratteristica specifica di un sistema multitasking come Linux è quella del
2109 cosiddetto \itindex{preemptive~multitasking} \textit{preemptive
2110 multitasking}: questo significa che al contrario di altri sistemi (che usano
2111 invece il cosiddetto \itindex{cooperative~multitasking} \textit{cooperative
2112 multitasking}) non sono i singoli processi, ma il kernel stesso a decidere
2113 quando la CPU deve essere passata ad un altro processo. Come accennato in
2114 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} questa scelta viene eseguita da una sezione
2115 apposita del kernel, lo \textit{scheduler}, il cui scopo è quello di
2116 distribuire al meglio il tempo di CPU fra i vari processi.
2118 La cosa è resa ancora più complicata dal fatto che con le architetture
2119 multi-processore si deve anche scegliere quale sia la CPU più opportuna da
2120 utilizzare.\footnote{nei processori moderni la presenza di ampie cache può
2121 rendere poco efficiente trasferire l'esecuzione di un processo da una CPU ad
2122 un'altra, per cui effettuare la migliore scelta fra le diverse CPU non è
2123 banale.} Tutto questo comunque appartiene alle sottigliezze
2124 dell'implementazione del kernel; dal punto di vista dei programmi che girano
2125 in user space, anche quando si hanno più processori (e dei processi che sono
2126 eseguiti davvero in contemporanea), le politiche di scheduling riguardano
2127 semplicemente l'allocazione della risorsa \textsl{tempo di esecuzione}, la cui
2128 assegnazione sarà governata dai meccanismi di scelta delle priorità che
2129 restano gli stessi indipendentemente dal numero di processori.
2131 Si tenga conto poi che i processi non devono solo eseguire del codice: ad
2132 esempio molto spesso saranno impegnati in operazioni di I/O, o potranno
2133 venire bloccati da un comando dal terminale, o sospesi per un certo periodo di
2134 tempo. In tutti questi casi la CPU diventa disponibile ed è compito dello
2135 kernel provvedere a mettere in esecuzione un altro processo.
2137 Tutte queste possibilità sono caratterizzate da un diverso \textsl{stato} del
2138 processo, in Linux un processo può trovarsi in uno degli stati riportati in
2139 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}; ma soltanto i processi che sono nello stato
2140 \textbf{Runnable} concorrono per l'esecuzione. Questo vuol dire che, qualunque
2141 sia la sua priorità, un processo non potrà mai essere messo in esecuzione
2142 fintanto che esso si trova in uno qualunque degli altri stati.
2147 \begin{tabular}[c]{|p{2.4cm}|c|p{9cm}|}
2149 \textbf{Stato} & \texttt{STAT} & \textbf{Descrizione} \\
2152 \textbf{Runnable}& \texttt{R} & Il processo è in esecuzione o è pronto ad
2153 essere eseguito (cioè è in attesa che gli
2154 venga assegnata la CPU).\\
2155 \textbf{Sleep} & \texttt{S} & Il processo è in attesa di un
2156 risposta dal sistema, ma può essere
2157 interrotto da un segnale.\\
2158 \textbf{Uninterrutible Sleep}& \texttt{D} & Il processo è in
2159 attesa di un risposta dal sistema (in
2160 genere per I/O), e non può essere
2161 interrotto in nessuna circostanza.\\
2162 \textbf{Stopped} & \texttt{T} & Il processo è stato fermato con un
2163 \const{SIGSTOP}, o è tracciato.\\
2164 \textbf{Zombie}\index{zombie} & \texttt{Z} & Il processo è terminato ma il
2165 suo stato di terminazione non è ancora
2166 stato letto dal padre.\\
2167 \textbf{Killable}& \texttt{D} & Un nuovo stato introdotto con il kernel
2168 2.6.25, sostanzialmente identico
2169 all'\textbf{Uninterrutible Sleep} con la
2170 sola differenza che il processo può
2171 terminato con \const{SIGKILL} (usato per
2175 \caption{Elenco dei possibili stati di un processo in Linux, nella colonna
2176 \texttt{STAT} si è riportata la corrispondente lettera usata dal comando
2177 \cmd{ps} nell'omonimo campo.}
2178 \label{tab:proc_proc_states}
2181 Si deve quindi tenere presente che l'utilizzo della CPU è soltanto una delle
2182 risorse che sono necessarie per l'esecuzione di un programma, e a seconda
2183 dello scopo del programma non è detto neanche che sia la più importante (molti
2184 programmi dipendono in maniera molto più critica dall'I/O). Per questo motivo
2185 non è affatto detto che dare ad un programma la massima priorità di esecuzione
2186 abbia risultati significativi in termini di prestazioni.
2188 Il meccanismo tradizionale di scheduling di Unix (che tratteremo in
2189 sez.~\ref{sec:proc_sched_stand}) è sempre stato basato su delle
2190 \textsl{priorità dinamiche}, in modo da assicurare che tutti i processi, anche
2191 i meno importanti, possano ricevere un po' di tempo di CPU. In sostanza quando
2192 un processo ottiene la CPU la sua priorità viene diminuita. In questo modo
2193 alla fine, anche un processo con priorità iniziale molto bassa, finisce per
2194 avere una priorità sufficiente per essere eseguito.
2196 Lo standard POSIX.1b però ha introdotto il concetto di \textsl{priorità
2197 assoluta}, (chiamata anche \textsl{priorità statica}, in contrapposizione
2198 alla normale priorità dinamica), per tenere conto dei sistemi
2199 real-time,\footnote{per sistema real-time si intende un sistema in grado di
2200 eseguire operazioni in un tempo ben determinato; in genere si tende a
2201 distinguere fra l'\textit{hard real-time} in cui è necessario che i tempi di
2202 esecuzione di un programma siano determinabili con certezza assoluta (come
2203 nel caso di meccanismi di controllo di macchine, dove uno sforamento dei
2204 tempi avrebbe conseguenze disastrose), e \textit{soft-real-time} in cui un
2205 occasionale sforamento è ritenuto accettabile.} in cui è vitale che i
2206 processi che devono essere eseguiti in un determinato momento non debbano
2207 aspettare la conclusione di altri che non hanno questa necessità.
2209 Il concetto di priorità assoluta dice che quando due processi si contendono
2210 l'esecuzione, vince sempre quello con la priorità assoluta più alta.
2211 Ovviamente questo avviene solo per i processi che sono pronti per essere
2212 eseguiti (cioè nello stato \textit{runnable}). La priorità assoluta viene in
2213 genere indicata con un numero intero, ed un valore più alto comporta una
2214 priorità maggiore. Su questa politica di scheduling torneremo in
2215 sez.~\ref{sec:proc_real_time}.
2217 In generale quello che succede in tutti gli Unix moderni è che ai processi
2218 normali viene sempre data una priorità assoluta pari a zero, e la decisione di
2219 assegnazione della CPU è fatta solo con il meccanismo tradizionale della
2220 priorità dinamica. In Linux tuttavia è possibile assegnare anche una priorità
2221 assoluta, nel qual caso un processo avrà la precedenza su tutti gli altri di
2222 priorità inferiore, che saranno eseguiti solo quando quest'ultimo non avrà
2226 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling} standard}
2227 \label{sec:proc_sched_stand}
2229 A meno che non si abbiano esigenze specifiche,\footnote{per alcune delle quali
2230 sono state introdotte delle varianti specifiche.} l'unico meccanismo di
2231 scheduling con il quale si avrà a che fare è quello tradizionale, che prevede
2232 solo priorità dinamiche. È di questo che, di norma, ci si dovrà preoccupare
2233 nella programmazione. Come accennato in Linux i processi ordinari hanno tutti
2234 una priorità assoluta nulla; quello che determina quale, fra tutti i processi
2235 in attesa di esecuzione, sarà eseguito per primo, è la cosiddetta
2236 \textsl{priorità dinamica},\footnote{quella che viene mostrata nella colonna
2237 \texttt{PR} del comando \texttt{top}.} che è chiamata così proprio perché
2238 varia nel corso dell'esecuzione di un processo.
2240 Il meccanismo usato da Linux è in realtà piuttosto complesso,\footnote{e
2241 dipende strettamente dalla versione di kernel; in particolare a partire
2242 dalla serie 2.6.x lo scheduler è stato riscritto completamente, con molte
2243 modifiche susseguitesi per migliorarne le prestazioni, per un certo periodo
2244 ed è stata anche introdotta la possibilità di usare diversi algoritmi,
2245 selezionabili sia in fase di compilazione, che, nelle versioni più recenti,
2246 all'avvio (addirittura è stato ideato un sistema modulare che permette di
2247 cambiare lo scheduler a sistema attivo).} ma a grandi linee si può dire che
2248 ad ogni processo è assegnata una \textit{time-slice}, cioè un intervallo di
2249 tempo (letteralmente una fetta) per il quale, a meno di eventi esterni, esso
2250 viene eseguito senza essere interrotto. Inoltre la priorità dinamica viene
2251 calcolata dallo scheduler a partire da un valore iniziale che viene
2252 \textsl{diminuito} tutte le volte che un processo è in stato \textbf{Runnable}
2253 ma non viene posto in esecuzione.\footnote{in realtà il calcolo della priorità
2254 dinamica e la conseguente scelta di quale processo mettere in esecuzione
2255 avviene con un algoritmo molto più complicato, che tiene conto anche della
2256 \textsl{interattività} del processo, utilizzando diversi fattori, questa è
2257 una brutale semplificazione per rendere l'idea del funzionamento, per una
2258 trattazione più dettagliata, anche se non aggiornatissima, dei meccanismi di
2259 funzionamento dello scheduler si legga il quarto capitolo di
2260 \cite{LinKernDev}.} Lo scheduler infatti mette sempre in esecuzione, fra
2261 tutti i processi in stato \textbf{Runnable}, quello che ha il valore di
2262 priorità dinamica più basso.\footnote{con le priorità dinamiche il significato
2263 del valore numerico ad esse associato è infatti invertito, un valore più
2264 basso significa una priorità maggiore.} Il fatto che questo valore venga
2265 diminuito quando un processo non viene posto in esecuzione pur essendo pronto,
2266 significa che la priorità dei processi che non ottengono l'uso del processore
2267 viene progressivamente incrementata, così che anche questi alla fine hanno la
2268 possibilità di essere eseguiti.
2270 Sia la dimensione della \textit{time-slice} che il valore di partenza della
2271 priorità dinamica sono determinate dalla cosiddetta \textit{nice} (o
2272 \textit{niceness}) del processo.\footnote{questa è una delle tante proprietà
2273 che ciascun processo si porta dietro, essa viene ereditata dai processi
2274 figli e mantenuta attraverso una \func{exec}; fino alla serie 2.4 essa era
2275 mantenuta nell'omonimo campo \texttt{nice} della \texttt{task\_struct}, con
2276 la riscrittura dello scheduler eseguita nel 2.6 viene mantenuta nel campo
2277 \texttt{static\_prio} come per le priorità statiche.} L'origine del nome di
2278 questo parametro sta nel fatto che generalmente questo viene usato per
2279 \textsl{diminuire} la priorità di un processo, come misura di cortesia nei
2280 confronti degli altri. I processi infatti vengono creati dal sistema con un
2281 valore di \var{nice} nullo e nessuno è privilegiato rispetto agli altri;
2282 specificando un valore positivo si avrà una \textit{time-slice} più breve ed
2283 un valore di priorità dinamica iniziale più alto, mentre un valore negativo
2284 darà una \textit{time-slice} più lunga ed un valore di priorità dinamica
2287 Esistono diverse funzioni che consentono di modificare la \textit{niceness} di
2288 un processo; la più semplice è funzione \funcd{nice}, che opera sul processo
2289 corrente, il suo prototipo è:
2290 \begin{prototype}{unistd.h}
2292 Aumenta il valore di \var{nice} per il processo corrente.
2294 \bodydesc{La funzione ritorna zero o il nuovo valore di \var{nice} in caso
2295 di successo e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere
2298 \item[\errcode{EPERM}] non si ha il permesso di specificare un valore
2299 di \param{inc} negativo.
2303 L'argomento \param{inc} indica l'incremento da effettuare rispetto al valore
2304 di \var{nice} corrente: quest'ultimo può assumere valori compresi fra
2305 \const{PRIO\_MIN} e \const{PRIO\_MAX}; nel caso di Linux sono fra $-20$ e
2306 $19$,\footnote{in realtà l'intervallo varia a seconda delle versioni di
2307 kernel, ed è questo a partire dal kernel 1.3.43, anche se oggi si può avere
2308 anche l'intervallo fra $-20$ e $20$.} ma per \param{inc} si può specificare
2309 un valore qualunque, positivo o negativo, ed il sistema provvederà a troncare
2310 il risultato nell'intervallo consentito. Valori positivi comportano maggiore
2311 \textit{cortesia} e cioè una diminuzione della priorità, valori negativi
2312 comportano invece un aumento della priorità. Con i kernel precedenti il
2313 2.6.12 solo l'amministratore\footnote{o un processo con la
2314 \itindex{capabilities} \textit{capability} \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi
2315 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} può specificare valori negativi
2316 di \param{inc} che permettono di aumentare la priorità di un processo, a
2317 partire da questa versione è consentito anche agli utenti normali alzare
2318 (entro certi limiti, che vedremo più avanti) la priorità dei propri processi.
2320 Gli standard SUSv2 e POSIX.1 prevedono che la funzione ritorni il nuovo valore
2321 di \var{nice} del processo; tuttavia la system call di Linux non segue questa
2322 convenzione e restituisce sempre 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2323 errore; questo perché $-1$ è un valore di \var{nice} legittimo e questo
2324 comporta una confusione con una eventuale condizione di errore. La system call
2325 originaria inoltre non consente, se non dotati di adeguati privilegi, di
2326 diminuire un valore di \var{nice} precedentemente innalzato.
2328 Fino alle \acr{glibc} 2.2.4 la funzione di libreria riportava direttamente il
2329 risultato dalla system call, violando lo standard, per cui per ottenere il
2330 nuovo valore occorreva una successiva chiamata alla funzione
2331 \func{getpriority}. A partire dalla \acr{glibc} 2.2.4 \func{nice} è stata
2332 reimplementata e non viene più chiamata la omonima system call, con questa
2333 versione viene restituito come valore di ritorno il valore di \var{nice}, come
2334 richiesto dallo standard.\footnote{questo viene fatto chiamando al suo interno
2335 \func{setpriority}, che tratteremo a breve.} In questo caso l'unico modo
2336 per rilevare in maniera affidabile una condizione di errore è quello di
2337 azzerare \var{errno} prima della chiamata della funzione e verificarne il
2338 valore quando \func{nice} restituisce $-1$.
2340 Per leggere il valore di \textit{nice} di un processo occorre usare la
2341 funzione \funcd{getpriority}, derivata da BSD; il suo prototipo è:
2342 \begin{prototype}{sys/resource.h}
2343 {int getpriority(int which, int who)}
2345 Restituisce il valore di \var{nice} per l'insieme dei processi specificati.
2347 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
2348 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2350 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2351 \param{which} e \param{who}.
2352 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
2355 \noindent nelle vecchie versioni può essere necessario includere anche
2356 \file{<sys/time.h>}, questo non è più necessario con versioni recenti delle
2357 librerie, ma è comunque utile per portabilità.
2359 La funzione permette, a seconda del valore di \param{which}, di leggere la
2360 priorità di un processo, di un gruppo di processi (vedi
2361 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o di un utente, specificando un corrispondente
2362 valore per \param{who} secondo la legenda di tab.~\ref{tab:proc_getpriority};
2363 un valore nullo di quest'ultimo indica il processo, il gruppo di processi o
2369 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
2371 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
2374 \const{PRIO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo \\
2375 \const{PRIO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
2376 \textit{process group} \\
2377 \const{PRIO\_USER} & \type{uid\_t} & utente \\
2380 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
2381 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{getpriority} e
2382 \func{setpriority} per le tre possibili scelte.}
2383 \label{tab:proc_getpriority}
2386 La funzione restituisce la priorità più alta (cioè il valore più basso) fra
2387 quelle dei processi specificati; di nuovo, dato che $-1$ è un valore
2388 possibile, per poter rilevare una condizione di errore è necessario cancellare
2389 sempre \var{errno} prima della chiamata alla funzione per verificare che essa
2390 resti uguale a zero.
2392 Analoga a \func{getpriority} è la funzione \funcd{setpriority} che permette di
2393 impostare la priorità di uno o più processi; il suo prototipo è:
2394 \begin{prototype}{sys/resource.h}
2395 {int setpriority(int which, int who, int prio)}
2396 Imposta la priorità per l'insieme dei processi specificati.
2398 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
2399 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2401 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2402 \param{which} e \param{who}.
2403 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
2404 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto un aumento di priorità senza avere
2405 sufficienti privilegi.
2406 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2407 cercato di modificare la priorità di un processo di un altro utente.
2411 La funzione imposta la priorità al valore specificato da \param{prio} per
2412 tutti i processi indicati dagli argomenti \param{which} e \param{who}. In
2413 questo caso come valore di \param{prio} deve essere specificato il valore di
2414 \textit{nice} da assegnare, e non un incremento (positivo o negativo) come nel
2415 caso di \func{nice}. La funzione restituisce il valore di \textit{nice}
2416 assegnato in caso di successo e $-1$ in caso di errore, e come per \func{nice}
2417 anche in questo caso per rilevare un errore occorre sempre porre a zero
2418 \var{errno} prima della chiamata della funzione, essendo $-1$ un valore di
2419 \textit{nice} valido.
2421 Si tenga presente che solo l'amministratore\footnote{o più precisamente un
2422 processo con la \itindex{capabilities} \textit{capability}
2423 \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} ha la
2424 possibilità di modificare arbitrariamente le priorità di qualunque
2425 processo. Un utente normale infatti può modificare solo la priorità dei suoi
2426 processi ed in genere soltanto diminuirla. Fino alla versione di kernel
2427 2.6.12 Linux ha seguito le specifiche dello standard SUSv3, e come per tutti i
2428 sistemi derivati da SysV veniva richiesto che l'user-ID reale o quello
2429 effettivo del processo chiamante corrispondessero all'user-ID reale (e solo a
2430 quello) del processo di cui si intendeva cambiare la priorità. A partire dalla
2431 versione 2.6.12 è stata adottata la semantica in uso presso i sistemi derivati
2432 da BSD (SunOS, Ultrix, *BSD), in cui la corrispondenza può essere anche con
2433 l'user-ID effettivo.
2435 Sempre a partire dal kernel 2.6.12 è divenuto possibile anche per gli utenti
2436 ordinari poter aumentare la priorità dei propri processi specificando un
2437 valore di \param{prio} negativo. Questa operazione non è possibile però in
2438 maniera indiscriminata, ed in particolare può essere effettuata solo
2439 nell'intervallo consentito dal valore del limite \const{RLIMIT\_NICE}
2440 (torneremo su questo in sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}).
2443 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling real-time}}
2444 \label{sec:proc_real_time}
2446 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_sched} lo standard POSIX.1b ha introdotto
2447 le priorità assolute per permettere la gestione di processi real-time. In
2448 realtà nel caso di Linux non si tratta di un vero hard real-time, in quanto in
2449 presenza di eventuali interrupt il kernel interrompe l'esecuzione di un
2450 processo qualsiasi sia la sua priorità,\footnote{questo a meno che non si
2451 siano installate le patch di RTLinux, RTAI o Adeos, con i quali è possibile
2452 ottenere un sistema effettivamente hard real-time. In tal caso infatti gli
2453 interrupt vengono intercettati dall'interfaccia real-time (o nel caso di
2454 Adeos gestiti dalle code del nano-kernel), in modo da poterli controllare
2455 direttamente qualora ci sia la necessità di avere un processo con priorità
2456 più elevata di un \textit{interrupt handler}.} mentre con l'incorrere in un
2457 \itindex{page~fault} \textit{page fault} si possono avere ritardi non
2458 previsti. Se l'ultimo problema può essere aggirato attraverso l'uso delle
2459 funzioni di controllo della memoria virtuale (vedi
2460 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), il primo non è superabile e può comportare
2461 ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di esecuzione di qualunque processo.
2463 Nonostante questo, ed in particolare con una serie di miglioramenti che sono
2464 stati introdotti nello sviluppo del kernel,\footnote{in particolare a partire
2465 dalla versione 2.6.18 sono stati inserite nel kernel una serie di modifiche
2466 che consentono di avvicinarsi sempre di più ad un vero e proprio sistema
2467 \textit{real-time} estendendo il concetto di \textit{preemption} alle
2468 operazioni dello stesso kernel; esistono vari livelli a cui questo può
2469 essere fatto, ottenibili attivando in fase di compilazione una fra le
2470 opzioni \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_NONE}, \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_VOLUNTARY}
2471 e \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_DESKTOP}.} si può arrivare ad una ottima
2472 approssimazione di sistema real-time usando le priorità assolute; occorre
2473 farlo però con molta attenzione: se si dà ad un processo una priorità assoluta
2474 e questo finisce in un loop infinito, nessun altro processo potrà essere
2475 eseguito, ed esso sarà mantenuto in esecuzione permanentemente assorbendo
2476 tutta la CPU e senza nessuna possibilità di riottenere l'accesso al
2477 sistema. Per questo motivo è sempre opportuno, quando si lavora con processi
2478 che usano priorità assolute, tenere attiva una shell cui si sia assegnata la
2479 massima priorità assoluta, in modo da poter essere comunque in grado di
2480 rientrare nel sistema.
2482 Quando c'è un processo con priorità assoluta lo scheduler lo metterà in
2483 esecuzione prima di ogni processo normale. In caso di più processi sarà
2484 eseguito per primo quello con priorità assoluta più alta. Quando ci sono più
2485 processi con la stessa priorità assoluta questi vengono tenuti in una coda e
2486 tocca al kernel decidere quale deve essere eseguito. Il meccanismo con cui
2487 vengono gestiti questi processi dipende dalla politica di scheduling che si è
2488 scelta; lo standard ne prevede due:
2489 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2490 \item[\textsf{FIFO}] \textit{First In First Out}. Il processo viene eseguito
2491 fintanto che non cede volontariamente la CPU (con \func{sched\_yield}), si
2492 blocca, finisce o viene interrotto da un processo a priorità più alta. Se il
2493 processo viene interrotto da uno a priorità più alta esso resterà in cima
2494 alla lista e sarà il primo ad essere eseguito quando i processi a priorità
2495 più alta diverranno inattivi. Se invece lo si blocca volontariamente sarà
2496 posto in coda alla lista (ed altri processi con la stessa priorità potranno
2498 \item[\textsf{RR}] \textit{Round Robin}. Il comportamento è del tutto analogo
2499 a quello precedente, con la sola differenza che ciascun processo viene
2500 eseguito al massimo per un certo periodo di tempo (la cosiddetta
2501 \textit{time-slice}) dopo di che viene automaticamente posto in fondo alla
2502 coda dei processi con la stessa priorità. In questo modo si ha comunque una
2503 esecuzione a turno di tutti i processi, da cui il nome della politica. Solo
2504 i processi con la stessa priorità ed in stato \textbf{Runnable} entrano nel
2508 Lo standard POSIX.1-2001 prevede una funzione che consenta sia di modificare
2509 le politiche di scheduling, passando da real-time a ordinarie o viceversa, che
2510 di specificare, in caso di politiche real-time, la eventuale priorità statica;
2511 la funzione è \funcd{sched\_setscheduler} ed il suo prototipo è:
2512 \begin{prototype}{sched.h}
2513 {int sched\_setscheduler(pid\_t pid, int policy, const struct sched\_param *p)}
2514 Imposta priorità e politica di scheduling.
2516 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e $-$1 in caso
2517 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2519 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2520 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non esiste o il
2521 relativo valore di \param{p} non è valido.
2522 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi per attivare la
2527 La funzione esegue l'impostazione per il processo specificato dall'argomento
2528 \param{pid}; un valore nullo di questo argomento esegue l'impostazione per il
2529 processo corrente. La politica di scheduling è specificata
2530 dall'argomento \param{policy} i cui possibili valori sono riportati in
2531 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}; la parte alta della tabella indica le
2532 politiche real-time, quella bassa le politiche ordinarie. Un valore negativo
2533 per \param{policy} mantiene la politica di scheduling corrente.
2538 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2540 \textbf{Policy} & \textbf{Significato} \\
2543 \const{SCHED\_FIFO} & Scheduling real-time con politica \textit{FIFO}. \\
2544 \const{SCHED\_RR} & Scheduling real-time con politica \textit{Round
2547 \const{SCHED\_OTHER}& Scheduling ordinario.\\
2548 \const{SCHED\_BATCH}& Scheduling ordinario con l'assunzione ulteriore di
2549 lavoro \textit{CPU intensive}.\footnotemark\\
2550 \const{SCHED\_IDLE} & Scheduling di priorità estremamente
2551 bassa.\footnotemark\\
2554 \caption{Valori dell'argomento \param{policy} per la funzione
2555 \func{sched\_setscheduler}.}
2556 \label{tab:proc_sched_policy}
2559 \footnotetext[41]{introdotto con il kernel 2.6.16.}
2560 \footnotetext{introdotto con il kernel 2.6.23.}
2562 Con le versioni più recenti del kernel sono state introdotte anche delle
2563 varianti sulla politica di scheduling tradizionale per alcuni carichi di
2564 lavoro specifici, queste due nuove politiche sono specifiche di Linux e non
2565 devono essere usate se si vogliono scrivere programmi portabili.
2567 La politica \const{SCHED\_BATCH} è una variante della politica ordinaria con
2568 la sola differenza che i processi ad essa soggetti non ottengono, nel calcolo
2569 delle priorità dinamiche fatto dallo scheduler, il cosiddetto bonus di
2570 interattività che mira a favorire i processi che si svegliano dallo stato di
2571 \textbf{Sleep}.\footnote{cosa che accade con grande frequenza per i processi
2572 interattivi, dato che essi sono per la maggior parte del tempo in attesa di
2573 dati in ingresso da parte dell'utente.} La si usa pertanto, come indica il
2574 nome, per processi che usano molta CPU (come programmi di calcolo) che in
2575 questo modo sono leggermente sfavoriti rispetto ai processi interattivi che
2576 devono rispondere a dei dati in ingresso, pur non perdendo il loro valore di
2579 La politica \const{SCHED\_IDLE} invece è una politica dedicata ai processi che
2580 si desidera siano eseguiti con la più bassa priorità possibile, ancora più
2581 bassa di un processo con il minimo valore di \textit{nice}. In sostanza la si
2582 può utilizzare per processi che devono essere eseguiti se non c'è niente altro
2583 da fare. Va comunque sottolineato che anche un processo \const{SCHED\_IDLE}
2584 avrà comunque una sua possibilità di utilizzo della CPU, sia pure in
2585 percentuale molto bassa.
2587 Qualora si sia richiesta una politica real-time il valore della priorità
2588 statica viene impostato attraverso la struttura \struct{sched\_param},
2589 riportata in fig.~\ref{fig:sig_sched_param}, il cui solo campo attualmente
2590 definito è \var{sched\_priority}. Il campo deve contenere il valore della
2591 priorità statica da assegnare al processo; lo standard prevede che questo
2592 debba essere assegnato all'interno di un intervallo fra un massimo ed un
2593 minimo che nel caso di Linux sono rispettivamente 1 e 99.
2595 \begin{figure}[!bht]
2596 \footnotesize \centering
2597 \begin{minipage}[c]{15cm}
2598 \includestruct{listati/sched_param.c}
2601 \caption{La struttura \structd{sched\_param}.}
2602 \label{fig:sig_sched_param}
2605 I processi con politica di scheduling ordinaria devono sempre specificare un
2606 valore nullo di \var{sched\_priority} altrimenti si avrà un errore
2607 \errcode{EINVAL}, questo valore infatti non ha niente a che vedere con la
2608 priorità dinamica determinata dal valore di \textit{nice}, che deve essere
2609 impostato con le funzioni viste in precedenza.
2611 Lo standard POSIX.1b prevede comunque che i due valori della massima e minima
2612 priorità statica possano essere ottenuti, per ciascuna delle politiche di
2613 scheduling \textit{real-time}, tramite le due funzioni
2614 \funcd{sched\_get\_priority\_max} e \funcd{sched\_get\_priority\_min}, i cui
2619 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_max(int policy)} Legge il valore
2620 massimo della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
2623 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_min(int policy)} Legge il valore minimo
2624 della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
2626 \bodydesc{La funzioni ritornano il valore della priorità in caso di successo
2627 e $-1$ in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2629 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non è valido.
2633 Si tenga presente che quando si imposta una politica di scheduling real-time
2634 per un processo o se ne cambia la priorità statica questo viene messo in cima
2635 alla lista dei processi con la stessa priorità; questo comporta che verrà
2636 eseguito subito, interrompendo eventuali altri processi con la stessa priorità
2637 in quel momento in esecuzione.
2639 Il kernel mantiene i processi con la stessa priorità assoluta in una lista, ed
2640 esegue sempre il primo della lista, mentre un nuovo processo che torna in
2641 stato \textbf{Runnable} viene sempre inserito in coda alla lista. Se la
2642 politica scelta è \const{SCHED\_FIFO} quando il processo viene eseguito viene
2643 automaticamente rimesso in coda alla lista, e la sua esecuzione continua
2644 fintanto che non viene bloccato da una richiesta di I/O, o non rilascia
2645 volontariamente la CPU (in tal caso, tornando nello stato \textbf{Runnable}
2646 sarà reinserito in coda alla lista); l'esecuzione viene ripresa subito solo
2647 nel caso che esso sia stato interrotto da un processo a priorità più alta.
2649 Solo un processo con i privilegi di amministratore\footnote{più precisamente
2650 con la \itindex{capabilities} capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi
2651 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} può impostare senza restrizioni priorità
2652 assolute diverse da zero o politiche \const{SCHED\_FIFO} e
2653 \const{SCHED\_RR}. Un utente normale può modificare solo le priorità di
2654 processi che gli appartengono; è cioè richiesto che l'user-ID effettivo del
2655 processo chiamante corrisponda all'user-ID reale o effettivo del processo
2656 indicato con \param{pid}.
2658 Fino al kernel 2.6.12 gli utenti normali non potevano impostare politiche
2659 real-time o modificare la eventuale priorità statica di un loro processo. A
2660 partire da questa versione è divenuto possibile anche per gli utenti normali
2661 usare politiche real-time fintanto che la priorità assoluta che si vuole
2662 impostare è inferiore al limite \const{RLIMIT\_RTPRIO} (vedi
2663 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}) ad essi assegnato. Unica eccezione a questa
2664 possibilità sono i processi \const{SCHED\_IDLE}, che non possono cambiare
2665 politica di scheduling indipendentemente dal valore di
2666 \const{RLIMIT\_RTPRIO}. Inoltre, in caso di processo già sottoposto ad una
2667 politica real-time, un utente può sempre, indipendentemente dal valore di
2668 \const{RLIMIT\_RTPRIO}, diminuirne la priorità o portarlo ad una politica
2671 Se si intende operare solo sulla priorità statica di un processo si possono
2672 usare le due funzioni \funcd{sched\_setparam} e \funcd{sched\_getparam} che
2673 consentono rispettivamente di impostarne e leggerne il valore, i loro
2678 \funcdecl{int sched\_setparam(pid\_t pid, const struct sched\_param *param)}
2679 Imposta la priorità statica del processo \param{pid}.
2681 \funcdecl{int sched\_getparam(pid\_t pid, struct sched\_param *param)}
2682 Legge la priorità statica del processo \param{pid}.
2684 \bodydesc{Entrambe le funzioni ritornano 0 in caso di successo e $-1$ in
2685 caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2687 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2688 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{param} non ha senso per la
2689 politica usata dal processo.
2690 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno privilegi sufficienti per eseguire
2695 L'uso di \func{sched\_setparam}, compresi i controlli di accesso che vi si
2696 applicano, è del tutto equivalente a quello di \func{sched\_setscheduler} con
2697 argomento \param{policy} uguale a -1. Come per \func{sched\_setscheduler}
2698 specificando 0 come valore dell'argomento \param{pid} si opera sul processo
2699 corrente. Benché la funzione sia utilizzabile anche con processi sottoposti a
2700 politica ordinaria essa ha senso soltanto per quelli real-time, dato che per i
2701 primi la priorità statica può essere soltanto nulla. La disponibilità di
2702 entrambe le funzioni può essere verificata controllando la macro
2703 \macro{\_POSIX\_PRIORITY\_SCHEDULING} che è definita nell'header
2706 Se invece si vuole sapere quale è politica di scheduling di un processo si può
2707 usare la funzione \funcd{sched\_getscheduler}, il cui prototipo è:
2708 \begin{prototype}{sched.h}
2709 {int sched\_getscheduler(pid\_t pid)}
2710 Legge la politica di scheduling per il processo \param{pid}.
2712 \bodydesc{La funzione ritorna la politica di scheduling in caso di successo
2713 e $-1$ in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2715 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2716 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno privilegi sufficienti per eseguire
2721 La funzione restituisce il valore, secondo quanto elencato in
2722 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}, della politica di scheduling per il processo
2723 specificato; se l'argomento \param{pid} è nullo viene restituito il valore
2724 relativo al processo chiamante.
2726 L'ultima funzione che permette di leggere le informazioni relative ai processi
2727 real-time è \funcd{sched\_rr\_get\_interval}, che permette di ottenere la
2728 lunghezza della \textit{time-slice} usata dalla politica \textit{round robin};
2730 \begin{prototype}{sched.h}
2731 {int sched\_rr\_get\_interval(pid\_t pid, struct timespec *tp)} Legge in
2732 \param{tp} la durata della \textit{time-slice} per il processo \param{pid}.
2734 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
2735 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2737 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2738 \item[\errcode{ENOSYS}] la system call non è stata implementata.
2742 La funzione restituisce il valore dell'intervallo di tempo usato per la
2743 politica \textit{round robin} in una struttura \struct{timespec}, (la cui
2744 definizione si può trovare in fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}). In realtà
2745 dato che in Linux questo intervallo di tempo è prefissato e non modificabile,
2746 questa funzione ritorna sempre un valore di 150 millisecondi, e non importa
2747 specificare il PID di un processo reale.
2749 Come accennato ogni processo può rilasciare volontariamente la CPU in modo da
2750 consentire agli altri processi di essere eseguiti; la funzione che consente di
2751 fare tutto ciò è \funcd{sched\_yield}, il cui prototipo è:
2752 \begin{prototype}{sched.h}
2753 {int sched\_yield(void)}
2755 Rilascia volontariamente l'esecuzione.
2757 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
2758 nel qual caso \var{errno} viene impostata opportunamente.}
2761 Questa funzione ha un utilizzo effettivo soltanto quando si usa lo scheduling
2762 real-time, e serve a far sì che il processo corrente rilasci la CPU, in modo
2763 da essere rimesso in coda alla lista dei processi con la stessa priorità per
2764 permettere ad un altro di essere eseguito; se però il processo è l'unico ad
2765 essere presente sulla coda l'esecuzione non sarà interrotta. In genere usano
2766 questa funzione i processi con politica \const{SCHED\_FIFO}, per permettere
2767 l'esecuzione degli altri processi con pari priorità quando la sezione più
2770 La funzione può essere utilizzata anche con processi che usano lo scheduling
2771 ordinario, ma in questo caso il comportamento non è ben definito, e dipende
2772 dall'implementazione. Fino al kernel 2.6.23 questo comportava che i processi
2773 venissero messi in fondo alla coda di quelli attivi, con la possibilità di
2774 essere rimessi in esecuzione entro breve tempo, con l'introduzione del
2775 \textit{Completely Fair Scheduler} questo comportamento è cambiato ed un
2776 processo che chiama la funzione viene inserito nella lista dei processi
2777 inattivo, con un tempo molto maggiore.\footnote{è comunque possibile
2778 ripristinare un comportamento analogo al precedente scrivendo il valore 1
2779 nel file \texttt{/proc/sys/kernel/sched\_compat\_yield}.}
2783 \subsection{Il controllo dello \textit{scheduler} per i sistemi
2785 \label{sec:proc_sched_multiprocess}
2787 Infine con il supporto dei sistemi multiprocessore sono state introdotte delle
2788 funzioni che permettono di controllare in maniera più dettagliata la scelta di
2789 quale processore utilizzare per eseguire un certo programma. Uno dei problemi
2790 che si pongono nei sistemi multiprocessore è infatti quello del cosiddetto
2791 \index{effetto~ping-pong} \textsl{effetto ping-pong}. Può accadere cioè che lo
2792 scheduler, quando riavvia un processo precedentemente interrotto scegliendo il
2793 primo processore disponibile, lo faccia eseguire da un processore diverso
2794 rispetto a quello su cui era stato eseguito in precedenza. Se il processo
2795 passa da un processore all'altro in questo modo (cosa che avveniva abbastanza
2796 di frequente con i kernel della seria 2.4.x) si ha l'\textsl{effetto
2799 Questo tipo di comportamento può generare dei seri problemi di prestazioni;
2800 infatti tutti i processori moderni utilizzano una memoria interna (la
2801 \textit{cache}) contenente i dati più usati, che permette di evitare di
2802 eseguire un accesso (molto più lento) alla memoria principale sulla scheda
2803 madre. Chiaramente un processo sarà favorito se i suoi dati sono nella cache
2804 del processore, ma è ovvio che questo può essere vero solo per un processore
2805 alla volta, perché in presenza di più copie degli stessi dati su più
2806 processori, non si potrebbe determinare quale di questi ha la versione dei
2807 dati aggiornata rispetto alla memoria principale.
2809 Questo comporta che quando un processore inserisce un dato nella sua cache,
2810 tutti gli altri processori che hanno lo stesso dato devono invalidarlo, e
2811 questa operazione è molto costosa in termini di prestazioni. Il problema
2812 diventa serio quando si verifica l'\textsl{effetto ping-pong}, in tal caso
2813 infatti un processo \textsl{rimbalza} continuamente da un processore all'altro
2814 e si ha una continua invalidazione della cache, che non diventa mai
2817 \itindbeg{CPU~affinity}
2819 Per ovviare a questo tipo di problemi è nato il concetto di \textsl{affinità
2820 di processore} (o \textit{CPU affinity}); la possibilità cioè di far sì che
2821 un processo possa essere assegnato per l'esecuzione sempre allo stesso
2822 processore. Lo scheduler dei kernel della serie 2.4.x aveva una scarsa
2823 \textit{CPU affinity}, e \index{effetto~ping-pong} l'effetto ping-pong era
2824 comune; con il nuovo scheduler dei kernel della 2.6.x questo problema è stato
2825 risolto ed esso cerca di mantenere il più possibile ciascun processo sullo
2828 In certi casi però resta l'esigenza di poter essere sicuri che un processo sia
2829 sempre eseguito dallo stesso processore,\footnote{quella che viene detta
2830 \textit{hard CPU affinity}, in contrasto con quella fornita dallo scheduler,
2831 detta \textit{soft CPU affinity}, che di norma indica solo una preferenza,
2832 non un requisito assoluto.} e per poter risolvere questo tipo di
2833 problematiche nei nuovi kernel\footnote{le due system call per la gestione
2834 della \textit{CPU affinity} sono state introdotte nel kernel 2.5.8, e le
2835 funzioni di libreria nelle \textsl{glibc} 2.3.} è stata introdotta
2836 l'opportuna infrastruttura ed una nuova system call che permette di impostare
2837 su quali processori far eseguire un determinato processo attraverso una
2838 \textsl{maschera di affinità}. La corrispondente funzione di libreria è
2839 \funcd{sched\_setaffinity} ed il suo prototipo è:
2840 \begin{prototype}{sched.h}
2841 {int sched\_setaffinity (pid\_t pid, unsigned int cpusetsize, const
2842 cpu\_set\_t *cpuset)}
2843 Imposta la maschera di affinità del processo \param{pid}.
2845 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
2846 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2848 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2849 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{cpuset} contiene riferimenti a
2850 processori non esistenti nel sistema.
2851 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
2852 eseguire l'operazione.
2854 ed inoltre anche \errval{EFAULT}.}
2858 Questa funzione e la corrispondente \func{sched\_setaffinity} hanno una storia
2859 abbastanza complessa, la system call prevede l'uso di due ulteriori argomenti
2860 di tipo \texttt{unsigned int len} e \texttt{unsigned long *mask}, che
2861 corrispondono al fatto che la implementazione effettiva usa una semplice
2862 maschera binaria. Quando le funzioni vennero incluse nelle \acr{glibc}
2863 assunsero invece il prototipo appena mostrato. A complicare la cosa si
2864 aggiunge il fatto che nella versione 2.3.3 delle \acr{glibc} l'argomento
2865 \param{cpusetsize} è stato eliminato, per poi essere ripristinato nella
2866 versione 2.3.4.\footnote{pertanto se la vostra pagina di manuale non è
2867 aggiornata, o usate quella particolare versione delle \acr{glibc}, potrete
2868 trovare indicazioni diverse, il prototipo illustrato è quello riportato
2869 nella versione corrente (maggio 2008) delle pagine di manuale e
2870 corrispondente alla definizione presente in \file{sched.h}.}
2872 La funzione imposta, con l'uso del valore contenuto all'indirizzo
2873 \param{cpuset}, l'insieme dei processori sui quali deve essere eseguito il
2874 processo identificato tramite il valore passato in \param{pid}. Come in
2875 precedenza il valore nullo di \param{pid} indica il processo corrente. Per
2876 poter utilizzare questa funzione sono richiesti i privilegi di amministratore
2877 (è necessaria la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}) altrimenti essa fallirà con
2878 un errore di \errcode{EPERM}. Una volta impostata una maschera di affinità,
2879 questa viene ereditata attraverso una \func{fork}, in questo modo diventa
2880 possibile legare automaticamente un gruppo di processi ad un singolo
2883 Nell'uso comune, almeno con i kernel della serie 2.6.x, l'uso di questa
2884 funzione non è necessario, in quanto è lo scheduler stesso che provvede a
2885 mantenere al meglio l'affinità di processore. Esistono però esigenze
2886 particolari, ad esempio quando un processo (o un gruppo di processi) è
2887 utilizzato per un compito importante (ad esempio per applicazioni real-time o
2888 la cui risposta è critica) e si vuole la massima velocità, con questa
2889 interfaccia diventa possibile selezionare gruppi di processori utilizzabili in
2890 maniera esclusiva. Lo stesso dicasi quando l'accesso a certe risorse (memoria
2891 o periferiche) può avere un costo diverso a seconda del processore, come
2892 avviene nelle architetture NUMA (\textit{Non-Uniform Memory Access}).
2894 Infine se un gruppo di processi accede alle stesse risorse condivise (ad
2895 esempio una applicazione con più \itindex{thread} \textit{thread}) può avere
2896 senso usare lo stesso processore in modo da sfruttare meglio l'uso della sua
2897 cache; questo ovviamente riduce i benefici di un sistema multiprocessore
2898 nell'esecuzione contemporanea dei \itindex{thread} \textit{thread}, ma in
2899 certi casi (quando i \itindex{thread} \textit{thread} sono inerentemente
2900 serializzati nell'accesso ad una risorsa) possono esserci sufficienti vantaggi
2901 nell'evitare la perdita della cache da rendere conveniente l'uso dell'affinità
2904 Per facilitare l'uso dell'argomento \param{cpuset} le \acr{glibc} hanno
2905 introdotto un apposito dato di tipo, \ctyp{cpu\_set\_t},\footnote{questa è una
2906 estensione specifica delle \acr{glibc}, da attivare definendo la macro
2907 \macro{\_GNU\_SOURCE}, non esiste infatti una standardizzazione per
2908 questo tipo di interfaccia e POSIX al momento non prevede nulla al
2909 riguardo.} che permette di identificare un insieme di processori. Il dato è
2910 una maschera binaria: in generale è un intero a 32 bit in cui ogni bit
2911 corrisponde ad un processore, ma dato che per architetture particolari il
2912 numero di bit di un intero può non essere sufficiente, è stata creata questa
2913 che è una interfaccia generica che permette di usare a basso livello un tipo
2914 di dato qualunque rendendosi indipendenti dal numero di bit e dalla loro
2917 Questa interfaccia, oltre alla definizione del tipo di dato apposito, prevede
2918 anche una serie di macro di preprocessore per la manipolazione dello stesso,
2919 che consentono di svuotare un insieme, aggiungere o togliere un processore da
2920 esso o verificare se vi è già presente:
2923 \funcdecl{void \macro{CPU\_ZERO}(cpu\_set\_t *set)}
2924 Inizializza l'insieme (vuoto).
2926 \funcdecl{void \macro{CPU\_SET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
2927 Inserisce il processore \param{cpu} nell'insieme.
2929 \funcdecl{void \macro{CPU\_CLR}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
2930 Rimuove il processore \param{cpu} nell'insieme.
2932 \funcdecl{int \macro{CPU\_ISSET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
2933 Controlla se il processore \param{cpu} è nell'insieme.
2936 Oltre a queste macro, simili alle analoghe usate per gli insiemi di file
2937 descriptor (vedi sez.~\ref{sec:file_select}) è definita la costante
2938 \const{CPU\_SETSIZE} che indica il numero massimo di processori che possono
2939 far parte dell'insieme, e che costituisce un limite massimo al valore
2940 dell'argomento \param{cpu}.
2942 In generale la maschera di affinità è preimpostata in modo che un processo
2943 possa essere eseguito su qualunque processore, se può comunque leggere il
2944 valore per un processo specifico usando la funzione
2945 \funcd{sched\_getaffinity}, il suo prototipo è:
2946 \begin{prototype}{sched.h}
2947 {int sched\_getaffinity (pid\_t pid, unsigned int cpusetsize,
2948 const cpu\_set\_t *cpuset)}
2949 Legge la maschera di affinità del processo \param{pid}.
2951 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
2952 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2954 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2955 \item[\errcode{EFAULT}] il valore di \param{cpuset} non è un indirizzo
2960 La funzione restituirà all'indirizzo specificato da \param{cpuset} il valore
2961 della maschera di affinità del processo, così da poterla riutilizzare per una
2962 successiva reimpostazione. In questo caso non sono necessari privilegi
2965 È chiaro che queste funzioni per la gestione dell'affinità hanno significato
2966 soltanto su un sistema multiprocessore, esse possono comunque essere
2967 utilizzate anche in un sistema con un processore singolo, nel qual caso però
2968 non avranno alcun risultato effettivo.
2970 \itindend{scheduler}
2971 \itindend{CPU~affinity}
2974 \subsection{Le priorità per le operazioni di I/O}
2975 \label{sec:io_priority}
2977 A lungo l'unica priorità usata per i processi è stata quella relativa
2978 all'assegnazione dell'uso del processore. Ma il processore non è l'unica
2979 risorsa che i processi devono contendersi, un'altra, altrettanto importante
2980 per le prestazioni, è quella dell'accesso a disco. Per questo motivo sono
2981 stati introdotti diversi \textit{I/O scheduler} in grado di distribuire in
2982 maniera opportuna questa risorsa ai vari processi. Fino al kernel 2.6.17 era
2983 possibile soltanto differenziare le politiche generali di gestione, scegliendo
2984 di usare un diverso \textit{I/O scheduler}; a partire da questa versione, con
2985 l'introduzione dello scheduler CFQ (\textit{Completely Fair Queuing}) è
2986 divenuto possibile, qualora si usi questo scheduler, impostare anche delle
2987 diverse priorità di accesso per i singoli processi.\footnote{al momento
2988 (kernel 2.6.31), le priorità di I/O sono disponibili soltanto per questo
2991 La scelta dello scheduler di I/O si può fare in maniera generica a livello di
2992 avvio del kernel assegnando il nome dello stesso al parametro
2993 \texttt{elevator}, mentre se ne può indicare uno per l'accesso al singolo
2994 disco scrivendo nel file \texttt{/sys/block/\textit{dev}/queue/scheduler}
2995 (dove \texttt{\textit{dev}} è il nome del dispositivo associato al disco); gli
2996 scheduler disponibili sono mostrati dal contenuto dello stesso file che
2997 riporta fra parentesi quadre quello attivo, il default in tutti i kernel
2998 recenti è proprio il \texttt{cfq},\footnote{nome con cui si indica appunto lo
2999 scheduler \textit{Completely Fair Queuing}.} che supporta le priorità. Per i
3000 dettagli sulle caratteristiche specifiche degli altri scheduler, la cui
3001 discussione attiene a problematiche di ambito sistemistico, si consulti la
3002 documentazione nella directory \texttt{Documentation/block/} dei sorgenti del
3005 Una volta che si sia impostato lo scheduler CFQ ci sono due specifiche system
3006 call, specifiche di Linux, che consentono di leggere ed impostare le priorità
3007 di I/O.\footnote{se usate in corrispondenza ad uno scheduler diverso il loro
3008 utilizzo non avrà alcun effetto.} Dato che non esiste una interfaccia
3009 diretta nelle \acr{glibc} per queste due funzioni occorrerà invocarle tramite
3010 la funzione \func{syscall} (come illustrato in
3011 sez.~\ref{sec:intro_syscall}). Le due funzioni sono \funcd{ioprio\_get} ed
3012 \funcd{ioprio\_set}; i rispettivi prototipi sono:
3014 \headdecl{linux/ioprio.h}
3015 \funcdecl{int ioprio\_get(int which, int who)}
3016 \funcdecl{int ioprio\_set(int which, int who, int ioprio)}
3018 Rileva o imposta la priorità di I/O di un processo.
3020 \bodydesc{Le funzioni ritornano rispettivamente un intero positivo
3021 (indicante la priorità) o 0 in caso di successo e $-1$ in caso di errore,
3022 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3024 \item[\errcode{ESRCH}] non esiste il processo indicato.
3025 \item[\errcode{EINVAL}] i valori di \param{which} e \param{who} non sono
3027 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno i privilegi per eseguire
3028 l'impostazione (solo per \func{ioprio\_set}).
3032 Le funzioni leggono o impostano la priorità di I/O sulla base dell'indicazione
3033 dei due argomenti \param{which} e \param{who} che hanno lo stesso significato
3034 già visto per gli omonimi argomenti di \func{getpriority} e
3035 \func{setpriority}. Anche in questo caso si deve specificare il valore
3036 di \param{which} tramite le opportune costanti riportate in
3037 tab.~\ref{tab:ioprio_args} che consentono di indicare un singolo processo, i
3038 processi di un \textit{process group} (tratteremo questo argomento in
3039 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o tutti o processi di un utente.
3044 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
3046 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
3049 \const{IPRIO\_WHO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo\\
3050 \const{IPRIO\_WHO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
3051 \textit{process group}\\
3052 \const{IPRIO\_WHO\_USER} & \type{uid\_t} & utente\\
3055 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
3056 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{ioprio\_get} e
3057 \func{ioprio\_set} per le tre possibili scelte.}
3058 \label{tab:ioprio_args}
3061 In caso di successo \func{ioprio\_get} restituisce un intero positivo che
3062 esprime il valore della priorità di I/O, questo valore è una maschera binaria
3063 composta da due parti, una che esprime la \textsl{classe} di scheduling di I/O
3064 del processo, l'altra che esprime, quando la classe di scheduling lo prevede,
3065 la priorità del processo all'interno della classe stessa. Questo stesso
3066 formato viene utilizzato per indicare il valore della priorità da impostare
3067 con l'argomento \param{ioprio} di \func{ioprio\_set}.
3069 Per la gestione dei valori che esprimono le priorità di I/O sono state
3070 definite delle opportune macro di preprocessore, riportate in
3071 tab.~\ref{tab:IOsched_class_macro}. I valori delle priorità si ottengono o si
3072 impostano usando queste macro. Le prime due si usano con il valore restituito
3073 da \func{ioprio\_get} e per ottenere rispettivamente la classe di
3074 scheduling\footnote{restituita dalla macro con i valori di
3075 tab.~\ref{tab:IOsched_class}.} e l'eventuale valore della priorità. La terza
3076 macro viene invece usata per creare un valore di priorità da usare come
3077 argomento di \func{ioprio\_set} per eseguire una impostazione.
3082 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
3084 \textbf{Macro} & \textbf{Significato}\\
3087 \macro{IOPRIO\_PRIO\_CLASS}\texttt{(\textit{value})}
3088 & dato il valore di una priorità come
3089 restituito da \func{ioprio\_get} estrae il
3090 valore della classe.\\
3091 \macro{IOPRIO\_PRIO\_DATA}\texttt{(\textit{value})}
3092 & dato il valore di una priorità come
3093 restituito da \func{ioprio\_get} estrae il
3094 valore della priorità.\\
3095 \macro{IOPRIO\_PRIO\_VALUE}\texttt{(\textit{class},\textit{prio})}
3096 & dato un valore di priorità ed una classe
3097 ottiene il valore numerico da passare a
3098 \func{ioprio\_set}.\\
3101 \caption{Le macro per la gestione dei valori numerici .}
3102 \label{tab:IOsched_class_macro}
3105 Le classi di scheduling previste dallo scheduler CFQ sono tre, e ricalcano tre
3106 diverse modalità di distribuzione delle risorse analoghe a quelle già adottate
3107 anche nel funzionamento dello scheduler del processore. Ciascuna di esse è
3108 identificata tramite una opportuna costante, secondo quanto riportato in
3109 tab.~\ref{tab:IOsched_class}.
3111 La classe di priorità più bassa è \const{IOPRIO\_CLASS\_IDLE}; i processi in
3112 questa classe riescono ad accedere a disco soltanto quando nessun altro
3113 processo richiede l'accesso. Occorre pertanto usarla con molta attenzione,
3114 perché un processo in questa classe può venire completamente bloccato quando
3115 ci sono altri processi in una qualunque delle altre due classi che stanno
3116 accedendo al disco. Quando si usa questa classe non ha senso indicare un
3117 valore di priorità, dato che in questo caso non esiste nessuna gerarchia e la
3118 priorità è identica, la minima possibile, per tutti i processi.
3123 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
3125 \textbf{Classe} & \textbf{Significato} \\
3128 \const{IOPRIO\_CLASS\_RT} & Scheduling di I/O \textit{real time}.\\
3129 \const{IOPRIO\_CLASS\_BE} & Scheduling di I/O ordinario.\\
3130 \const{IOPRIO\_CLASS\_IDLE}& Scheduling di I/O di priorità minima.\\
3133 \caption{Costanti che identificano le classi di scheduling di I/O.}
3134 \label{tab:IOsched_class}
3137 La seconda classe di priorità di I/O è \const{IOPRIO\_CLASS\_BE} (il nome sta
3138 per \textit{best-effort}) che è quella usata ordinariamente da tutti
3139 processi. In questo caso esistono priorità diverse che consentono di
3140 assegnazione di una maggiore banda passante nell'accesso a disco ad un
3141 processo rispetto agli altri, con meccanismo simile a quello dei valori di
3142 \textit{nice} in cui si evita che un processo a priorità più alta possa
3143 bloccare indefinitamente quelli a priorità più bassa. In questo caso però le
3144 diverse priorità sono soltanto otto, indicate da un valore numerico fra 0 e 7
3145 e come per \textit{nice} anche in questo caso un valore più basso indica una
3149 Infine la classe di priorità di I/O \textit{real-time}
3150 \const{IOPRIO\_CLASS\_RT} ricalca le omonime priorità di processore: un
3151 processo in questa classe ha sempre la precedenza nell'accesso a disco
3152 rispetto a tutti i processi delle altre classi e di un processo nella stessa
3153 classe ma con priorità inferiore, ed è pertanto in grado di bloccare
3154 completamente tutti gli altri. Anche in questo caso ci sono 8 priorità diverse
3155 con un valore numerico fra 0 e 7, con una priorità più elevata per valori più
3158 In generale nel funzionamento ordinario la priorità di I/O di un processo
3159 viene impostata in maniera automatica nella classe \const{IOPRIO\_CLASS\_BE}
3160 con un valore ottenuto a partire dal corrispondente valore di \textit{nice}
3161 tramite la formula: $\mathtt{\mathit{prio}}=(\mathtt{\mathit{nice}}+20)/5$. Un
3162 utente ordinario può modificare con \func{ioprio\_set} soltanto le priorità
3163 dei processi che gli appartengono,\footnote{per la modifica delle priorità di
3164 altri processi occorrono privilegi amministrativi, ed in particolare la
3165 capacità \const{CAP\_SYS\_NICE} (vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}).}
3166 cioè quelli il cui user-ID reale corrisponde all'user-ID reale o effettivo del
3167 chiamante. Data la possibilità di ottenere un blocco totale dello stesso, solo
3168 l'amministratore\footnote{o un processo con la capacità
3169 \const{CAP\_SYS\_ADMIN} (vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}).} può
3170 impostare un processo ad una priorità di I/O nella classe
3171 \const{IOPRIO\_CLASS\_RT} o \const{IOPRIO\_CLASS\_IDLE}.
3174 %TODO trattare le funzionalità per il NUMA
3175 % vedi man numa e le pagine di manuale relative
3176 % vedere anche dove metterle...
3178 \section{Problematiche di programmazione multitasking}
3179 \label{sec:proc_multi_prog}
3181 Benché i processi siano strutturati in modo da apparire il più possibile come
3182 indipendenti l'uno dall'altro, nella programmazione in un sistema multitasking
3183 occorre tenere conto di una serie di problematiche che normalmente non
3184 esistono quando si ha a che fare con un sistema in cui viene eseguito un solo
3185 programma alla volta.
3187 Pur essendo questo argomento di carattere generale, ci è parso opportuno
3188 introdurre sinteticamente queste problematiche, che ritroveremo a più riprese
3189 in capitoli successivi, in questa sezione conclusiva del capitolo in cui
3190 abbiamo affrontato la gestione dei processi.
3193 \subsection{Le operazioni atomiche}
3194 \label{sec:proc_atom_oper}
3196 La nozione di \textsl{operazione atomica} deriva dal significato greco della
3197 parola atomo, cioè indivisibile; si dice infatti che un'operazione è atomica
3198 quando si ha la certezza che, qualora essa venga effettuata, tutti i passaggi
3199 che devono essere compiuti per realizzarla verranno eseguiti senza possibilità
3200 di interruzione in una fase intermedia.
3202 In un ambiente multitasking il concetto è essenziale, dato che un processo può
3203 essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in esecuzione un
3204 altro processo o dalla ricezione di un segnale; occorre pertanto essere
3205 accorti nei confronti delle possibili \itindex{race~condition} \textit{race
3206 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}) derivanti da operazioni
3207 interrotte in una fase in cui non erano ancora state completate.
3209 Nel caso dell'interazione fra processi la situazione è molto più semplice, ed
3210 occorre preoccuparsi della atomicità delle operazioni solo quando si ha a che
3211 fare con meccanismi di intercomunicazione (che esamineremo in dettaglio in
3212 cap.~\ref{cha:IPC}) o nelle operazioni con i file (vedremo alcuni esempi in
3213 sez.~\ref{sec:file_atomic}). In questi casi in genere l'uso delle appropriate
3214 funzioni di libreria per compiere le operazioni necessarie è garanzia
3215 sufficiente di atomicità in quanto le system call con cui esse sono realizzate
3216 non possono essere interrotte (o subire interferenze pericolose) da altri
3219 Nel caso dei segnali invece la situazione è molto più delicata, in quanto lo
3220 stesso processo, e pure alcune system call, possono essere interrotti in
3221 qualunque momento, e le operazioni di un eventuale \textit{signal handler}
3222 sono compiute nello stesso spazio di indirizzi del processo. Per questo, anche
3223 il solo accesso o l'assegnazione di una variabile possono non essere più
3224 operazioni atomiche (torneremo su questi aspetti in
3225 sez.~\ref{sec:sig_adv_control}).
3227 In questo caso il sistema provvede un tipo di dato, il \type{sig\_atomic\_t},
3228 il cui accesso è assicurato essere atomico. In pratica comunque si può
3229 assumere che, in ogni piattaforma su cui è implementato Linux, il tipo
3230 \ctyp{int}, gli altri interi di dimensione inferiore ed i puntatori sono
3231 atomici. Non è affatto detto che lo stesso valga per interi di dimensioni
3232 maggiori (in cui l'accesso può comportare più istruzioni in assembler) o per
3233 le strutture. In tutti questi casi è anche opportuno marcare come
3234 \direct{volatile} le variabili che possono essere interessate ad accesso
3235 condiviso, onde evitare problemi con le ottimizzazioni del codice.
3239 \subsection{Le \textit{race condition} ed i \textit{deadlock}}
3240 \label{sec:proc_race_cond}
3242 \itindbeg{race~condition}
3244 Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
3245 diversi operano su una risorsa comune, ed in cui il risultato viene a
3246 dipendere dall'ordine in cui essi effettuano le loro operazioni. Il caso
3247 tipico è quello di un'operazione che viene eseguita da un processo in più
3248 passi, e può essere compromessa dall'intervento di un altro processo che
3249 accede alla stessa risorsa quando ancora non tutti i passi sono stati
3252 Dato che in un sistema multitasking ogni processo può essere interrotto in
3253 qualunque momento per farne subentrare un altro in esecuzione, niente può
3254 assicurare un preciso ordine di esecuzione fra processi diversi o che una
3255 sezione di un programma possa essere eseguita senza interruzioni da parte di
3256 altri. Queste situazioni comportano pertanto errori estremamente subdoli e
3257 difficili da tracciare, in quanto nella maggior parte dei casi tutto
3258 funzionerà regolarmente, e solo occasionalmente si avranno degli errori.
3260 Per questo occorre essere ben consapevoli di queste problematiche, e del fatto
3261 che l'unico modo per evitarle è quello di riconoscerle come tali e prendere
3262 gli adeguati provvedimenti per far sì che non si verifichino. Casi tipici di
3263 \textit{race condition} si hanno quando diversi processi accedono allo stesso
3264 file, o nell'accesso a meccanismi di intercomunicazione come la memoria
3265 condivisa. In questi casi, se non si dispone della possibilità di eseguire
3266 atomicamente le operazioni necessarie, occorre che quelle parti di codice in
3267 cui si compiono le operazioni sulle risorse condivise (le cosiddette
3268 \index{sezione~critica} \textsl{sezioni critiche}) del programma, siano
3269 opportunamente protette da meccanismi di sincronizzazione (torneremo su queste
3270 problematiche di questo tipo in cap.~\ref{cha:IPC}).
3273 Un caso particolare di \textit{race condition} sono poi i cosiddetti
3274 \textit{deadlock}, particolarmente gravi in quanto comportano spesso il blocco
3275 completo di un servizio, e non il fallimento di una singola operazione. Per
3276 definizione un \textit{deadlock} è una situazione in cui due o più processi
3277 non sono più in grado di proseguire perché ciascuno aspetta il risultato di
3278 una operazione che dovrebbe essere eseguita dall'altro.
3281 L'esempio tipico di una situazione che può condurre ad un
3282 \textit{deadlock} è quello in cui un flag di
3283 ``\textsl{occupazione}'' viene rilasciato da un evento asincrono (come un
3284 segnale o un altro processo) fra il momento in cui lo si è controllato
3285 (trovandolo occupato) e la successiva operazione di attesa per lo sblocco. In
3286 questo caso, dato che l'evento di sblocco del flag è avvenuto senza che ce ne
3287 accorgessimo proprio fra il controllo e la messa in attesa, quest'ultima
3288 diventerà perpetua (da cui il nome di \textit{deadlock}).
3290 In tutti questi casi è di fondamentale importanza il concetto di atomicità
3291 visto in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper}; questi problemi infatti possono essere
3292 risolti soltanto assicurandosi, quando essa sia richiesta, che sia possibile
3293 eseguire in maniera atomica le operazioni necessarie.
3294 \itindend{race~condition}
3298 \subsection{Le funzioni rientranti}
3299 \label{sec:proc_reentrant}
3301 \index{funzioni!rientranti|(}
3303 Si dice \textsl{rientrante} una funzione che può essere interrotta in
3304 qualunque punto della sua esecuzione ed essere chiamata una seconda volta da
3305 un altro \itindex{thread} \textit{thread} di esecuzione senza che questo
3306 comporti nessun problema nell'esecuzione della stessa. La problematica è
3307 comune nella programmazione \itindex{thread} \textit{multi-thread}, ma si
3308 hanno gli stessi problemi quando si vogliono chiamare delle funzioni
3309 all'interno dei gestori dei segnali.
3311 Fintanto che una funzione opera soltanto con le variabili locali è rientrante;
3312 queste infatti vengono allocate nello \itindex{stack} \textit{stack}, ed
3313 un'altra invocazione non fa altro che allocarne un'altra copia. Una funzione
3314 può non essere rientrante quando opera su memoria che non è nello
3315 \itindex{stack} \textit{stack}. Ad esempio una funzione non è mai rientrante
3316 se usa una variabile globale o statica.
3318 Nel caso invece la funzione operi su un oggetto allocato dinamicamente, la
3319 cosa viene a dipendere da come avvengono le operazioni: se l'oggetto è creato
3320 ogni volta e ritornato indietro la funzione può essere rientrante, se invece
3321 esso viene individuato dalla funzione stessa due chiamate alla stessa funzione
3322 potranno interferire quando entrambe faranno riferimento allo stesso oggetto.
3323 Allo stesso modo una funzione può non essere rientrante se usa e modifica un
3324 oggetto che le viene fornito dal chiamante: due chiamate possono interferire
3325 se viene passato lo stesso oggetto; in tutti questi casi occorre molta cura da
3326 parte del programmatore.
3328 In genere le funzioni di libreria non sono rientranti, molte di esse ad
3329 esempio utilizzano variabili statiche, le \acr{glibc} però mettono a
3330 disposizione due macro di compilatore,\footnote{si ricordi quanto illustrato
3331 in sez.~\ref{sec:intro_gcc_glibc_std}.} \macro{\_REENTRANT} e
3332 \macro{\_THREAD\_SAFE}, la cui definizione attiva le versioni rientranti di
3333 varie funzioni di libreria, che sono identificate aggiungendo il suffisso
3334 \code{\_r} al nome della versione normale.
3336 \index{funzioni!rientranti|)}
3339 % LocalWords: multitasking like VMS child process identifier pid sez shell fig
3340 % LocalWords: parent kernel init pstree keventd kswapd table struct linux call
3341 % LocalWords: nell'header scheduler system interrupt timer HZ asm Hertz clock
3342 % LocalWords: l'alpha tick fork wait waitpid exit exec image glibc int pgid ps
3343 % LocalWords: sid thread Ingo Molnar ppid getpid getppid sys unistd LD threads
3344 % LocalWords: void ForkTest tempnam pathname sibling cap errno EAGAIN ENOMEM
3345 % LocalWords: stack read only copy write tab client spawn forktest sleep PATH
3346 % LocalWords: source LIBRARY scheduling race condition printf descriptor dup
3347 % LocalWords: close group session tms lock vfork execve BSD stream main abort
3348 % LocalWords: SIGABRT SIGCHLD SIGHUP foreground SIGCONT termination signal ANY
3349 % LocalWords: handler kill EINTR POSIX options WNOHANG ECHILD option WUNTRACED
3350 % LocalWords: dump bits rusage getrusage heap const filename argv envp EACCES
3351 % LocalWords: filesystem noexec EPERM suid sgid root nosuid ENOEXEC ENOENT ELF
3352 % LocalWords: ETXTBSY EINVAL ELIBBAD BIG EFAULT EIO ENAMETOOLONG ELOOP ENOTDIR
3353 % LocalWords: ENFILE EMFILE argc execl path execv execle execlp execvp vector
3354 % LocalWords: list environ NULL umask pending utime cutime ustime fcntl linker
3355 % LocalWords: opendir libc interpreter FreeBSD capabilities Mandatory Access
3356 % LocalWords: Control MAC SELinux Security Modules LSM superuser uid gid saved
3357 % LocalWords: effective euid egid dell' fsuid fsgid getuid geteuid getgid SVr
3358 % LocalWords: getegid IDS NFS setuid setgid all' logout utmp screen xterm TODO
3359 % LocalWords: setreuid setregid FIXME ruid rgid seteuid setegid setresuid size
3360 % LocalWords: setresgid getresuid getresgid value result argument setfsuid DAC
3361 % LocalWords: setfsgid NGROUPS sysconf getgroups getgrouplist groups ngroups
3362 % LocalWords: setgroups initgroups patch LIDS CHOWN OVERRIDE Discrectionary PF
3363 % LocalWords: SEARCH chattr sticky NOATIME socket domain immutable append mmap
3364 % LocalWords: broadcast multicast multicasting memory locking mlock mlockall
3365 % LocalWords: shmctl ioperm iopl chroot ptrace accounting swap reboot hangup
3366 % LocalWords: vhangup mknod lease permitted inherited inheritable bounding AND
3367 % LocalWords: capability capget capset header ESRCH undef version obj clear PT
3368 % LocalWords: pag ssize length proc capgetp preemptive cache runnable Stopped
3369 % LocalWords: Uninterrutible SIGSTOP soft slice nice niceness counter which SC
3370 % LocalWords: getpriority who setpriority RTLinux RTAI Adeos fault FIFO First
3371 % LocalWords: yield Robin setscheduler policy param OTHER priority setparam to
3372 % LocalWords: min getparam getscheduler interval robin ENOSYS fifo ping long
3373 % LocalWords: affinity setaffinity unsigned mask cpu NUMA CLR ISSET SETSIZE RR
3374 % LocalWords: getaffinity assembler deadlock REENTRANT SAFE tgz MYPGRP l'OR rr
3375 % LocalWords: WIFEXITED WEXITSTATUS WIFSIGNALED WTERMSIG WCOREDUMP WIFSTOPPED
3376 % LocalWords: WSTOPSIG opt char INTERP arg SIG IGN DFL mascheck grp FOWNER RAW
3377 % LocalWords: FSETID SETPCAP BIND SERVICE ADMIN PACKET IPC OWNER MODULE RAWIO
3378 % LocalWords: PACCT RESOURCE TTY CONFIG SETFCAP hdrp datap libcap lcap text tp
3379 % LocalWords: get ncap caps CapInh CapPrm fffffeff CapEff getcap STAT dall'I
3380 % LocalWords: inc PRIO SUSv PRGR prio SysV SunOS Ultrix sched timespec len sig
3381 % LocalWords: cpusetsize cpuset atomic tickless redirezione WCONTINUED stopped
3382 % LocalWords: waitid NOCLDSTOP ENOCHLD WIFCONTINUED ifdef endif idtype siginfo
3383 % LocalWords: infop ALL WEXITED WSTOPPED WNOWAIT signo CLD EXITED KILLED page
3384 % LocalWords: CONTINUED sources forking Spawned successfully executing exiting
3385 % LocalWords: next cat for COMMAND pts bash defunct TRAPPED DUMPED Killable PR
3386 % LocalWords: SIGKILL static RLIMIT preemption PREEMPT VOLUNTARY IDLE RTPRIO
3387 % LocalWords: Completely Fair compat Uniform CFQ Queuing elevator dev cfq RT
3388 % LocalWords: Documentation block syscall ioprio IPRIO CLASS class best effort
3390 %%% Local Variables:
3392 %%% TeX-master: "gapil"