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12 \chapter{La gestione dei processi}
13 \label{cha:process_handling}
15 Come accennato nell'introduzione in un sistema Unix tutte le operazioni
16 vengono svolte tramite opportuni processi. In sostanza questi ultimi vengono
17 a costituire l'unità base per l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema.
19 Nel precedente capitolo abbiamo esaminato il funzionamento di un processo come
20 unità a se stante, in questo esamineremo il funzionamento dei processi
21 all'interno del sistema. Saranno cioè affrontati i dettagli della creazione e
22 della terminazione dei processi, della gestione dei loro attributi e
23 privilegi, e di tutte le funzioni a questo connesse. Infine nella sezione
24 finale introdurremo alcune problematiche generiche della programmazione in
25 ambiente multitasking.
28 \section{Introduzione}
31 Inizieremo con un'introduzione generale ai concetti che stanno alla base della
32 gestione dei processi in un sistema unix-like. Introdurremo in questa sezione
33 l'architettura della gestione dei processi e le sue principali
34 caratteristiche, dando una panoramica sull'uso delle principali funzioni di
38 \subsection{L'architettura della gestione dei processi}
39 \label{sec:proc_hierarchy}
41 A differenza di quanto avviene in altri sistemi (ad esempio nel VMS la
42 generazione di nuovi processi è un'operazione privilegiata) una delle
43 caratteristiche di Unix (che esamineremo in dettaglio più avanti) è che
44 qualunque processo può a sua volta generarne altri, detti processi figli
45 (\textit{child process}). Ogni processo è identificato presso il sistema da un
46 numero univoco, il cosiddetto \textit{process identifier} o, più brevemente,
47 \acr{pid}, assegnato in forma progressiva (vedi sez.~\ref{sec:proc_pid})
48 quando il processo viene creato.
50 Una seconda caratteristica di un sistema Unix è che la generazione di un
51 processo è un'operazione separata rispetto al lancio di un programma. In
52 genere la sequenza è sempre quella di creare un nuovo processo, il quale
53 eseguirà, in un passo successivo, il programma desiderato: questo è ad esempio
54 quello che fa la shell quando mette in esecuzione il programma che gli
55 indichiamo nella linea di comando.
57 Una terza caratteristica è che ogni processo è sempre stato generato da un
58 altro, che viene chiamato processo padre (\textit{parent process}). Questo
59 vale per tutti i processi, con una sola eccezione: dato che ci deve essere un
60 punto di partenza esiste un processo speciale (che normalmente è
61 \cmd{/sbin/init}), che viene lanciato dal kernel alla conclusione della fase
62 di avvio; essendo questo il primo processo lanciato dal sistema ha sempre il
63 \acr{pid} uguale a 1 e non è figlio di nessun altro processo.
65 Ovviamente \cmd{init} è un processo speciale che in genere si occupa di far
66 partire tutti gli altri processi necessari al funzionamento del sistema,
67 inoltre \cmd{init} è essenziale per svolgere una serie di compiti
68 amministrativi nelle operazioni ordinarie del sistema (torneremo su alcuni di
69 essi in sez.~\ref{sec:proc_termination}) e non può mai essere terminato. La
70 struttura del sistema comunque consente di lanciare al posto di \cmd{init}
71 qualunque altro programma, e in casi di emergenza (ad esempio se il file di
72 \cmd{init} si fosse corrotto) è ad esempio possibile lanciare una shell al suo
73 posto, passando la riga \cmd{init=/bin/sh} come parametro di avvio.
78 [piccardi@gont piccardi]$ pstree -n
95 |-bash---startx---xinit-+-XFree86
96 | `-WindowMaker-+-ssh-agent
104 | |-wterm---bash---pstree
105 | `-wterm---bash-+-emacs
111 \caption{L'albero dei processi, così come riportato dal comando
113 \label{fig:proc_tree}
116 Dato che tutti i processi attivi nel sistema sono comunque generati da
117 \cmd{init} o da uno dei suoi figli\footnote{in realtà questo non è del tutto
118 vero, in Linux ci sono alcuni processi speciali che pur comparendo come
119 figli di \cmd{init}, o con \acr{pid} successivi, sono in realtà generati
120 direttamente dal kernel, (come \cmd{keventd}, \cmd{kswapd}, ecc.).} si
121 possono classificare i processi con la relazione padre/figlio in
122 un'organizzazione gerarchica ad albero, in maniera analoga a come i file sono
123 organizzati in un albero di directory (si veda
124 sez.~\ref{sec:file_organization}); in fig.~\ref{fig:proc_tree} si è mostrato il
125 risultato del comando \cmd{pstree} che permette di visualizzare questa
126 struttura, alla cui base c'è \cmd{init} che è progenitore di tutti gli altri
129 Il kernel mantiene una tabella dei processi attivi, la cosiddetta
130 \itindex{process~table} \textit{process table}; per ciascun processo viene
131 mantenuta una voce, costituita da una struttura \struct{task\_struct}, nella
132 tabella dei processi che contiene tutte le informazioni rilevanti per quel
133 processo. Tutte le strutture usate a questo scopo sono dichiarate nell'header
134 file \file{linux/sched.h}, ed uno schema semplificato, che riporta la
135 struttura delle principali informazioni contenute nella \struct{task\_struct}
136 (che in seguito incontreremo a più riprese), è mostrato in
137 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}.
141 \includegraphics[width=12cm]{img/task_struct}
142 \caption{Schema semplificato dell'architettura delle strutture usate dal
143 kernel nella gestione dei processi.}
144 \label{fig:proc_task_struct}
147 % TODO la task_struct è cambiata per qualche dettaglio vedi anche
148 % http://www.ibm.com/developerworks/linux/library/l-linux-process-management/
150 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_unix_struct} è lo \itindex{scheduler}
151 \textit{scheduler} che decide quale processo mettere in esecuzione; esso viene
152 eseguito ad ogni system call ed ad ogni interrupt,\footnote{più in una serie
154 % TODO completare questa parte su quando viene chiamato lo scheduler.
155 (ma può essere anche attivato esplicitamente). Il timer di sistema provvede
156 comunque a che esso sia invocato periodicamente; generando un interrupt
157 periodico secondo la frequenza specificata dalla costante
158 \const{HZ},\footnote{fino al kernel 2.4 il valore usuale di questa costante
159 era 100, per tutte le architetture eccetto l'alpha, per la quale era 1000,
160 nel 2.6 è stato portato a 1000 su tutte le architetture; occorre fare
161 attenzione a non confondere questo valore con quello dei
162 \itindex{clock~tick} \textit{clock tick} (vedi
163 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}).} definita in \file{asm/param.h}, ed il cui
164 valore è espresso in Hertz.\footnote{a partire dal kernel 2.6.21 è stato
165 introdotto (a cura di Ingo Molnar) un meccanismo completamente diverso,
166 detto \textit{tickless}, in cui non c'è più una interruzione periodica con
167 frequenza prefissata, ma ad ogni chiamata del timer viene programmata
168 l'interruzione successiva sulla base di una stima; in questo modo si evita
169 di dover eseguire un migliaio di interruzioni al secondo anche su macchine
170 che non stanno facendo nulla, con un forte risparmio nell'uso dell'energia
171 da parte del processore che può essere messo in stato di sospensione anche
172 per lunghi periodi di tempo.}
175 Ogni volta che viene eseguito, lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler}
176 effettua il calcolo delle priorità dei vari processi attivi (torneremo su
177 questo in sez.~\ref{sec:proc_priority}) e stabilisce quale di essi debba
178 essere posto in esecuzione fino alla successiva invocazione.
181 \subsection{Una panoramica sulle funzioni fondamentali}
182 \label{sec:proc_handling_intro}
184 In un sistema unix-like i processi vengono sempre creati da altri processi
185 tramite la funzione \func{fork}; il nuovo processo (che viene chiamato
186 \textsl{figlio}) creato dalla \func{fork} è una copia identica del processo
187 processo originale (detto \textsl{padre}), ma ha un nuovo \acr{pid} e viene
188 eseguito in maniera indipendente (le differenze fra padre e figlio sono
189 affrontate in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_fork}).
191 Se si vuole che il processo padre si fermi fino alla conclusione del processo
192 figlio questo deve essere specificato subito dopo la \func{fork} chiamando la
193 funzione \func{wait} o la funzione \func{waitpid} (si veda
194 sez.~\ref{sec:proc_wait}); queste funzioni restituiscono anche un'informazione
195 abbastanza limitata sulle cause della terminazione del processo figlio.
197 Quando un processo ha concluso il suo compito o ha incontrato un errore non
198 risolvibile esso può essere terminato con la funzione \func{exit} (si veda
199 quanto discusso in sez.~\ref{sec:proc_conclusion}). La vita del processo però
200 termina completamente solo quando la notifica della sua conclusione viene
201 ricevuta dal processo padre, a quel punto tutte le risorse allocate nel
202 sistema ad esso associate vengono rilasciate.
204 Avere due processi che eseguono esattamente lo stesso codice non è molto
205 utile, normalmente si genera un secondo processo per affidargli l'esecuzione
206 di un compito specifico (ad esempio gestire una connessione dopo che questa è
207 stata stabilita), o fargli eseguire (come fa la shell) un altro programma. Per
208 quest'ultimo caso si usa la seconda funzione fondamentale per programmazione
209 coi processi che è la \func{exec}.
211 Il programma che un processo sta eseguendo si chiama immagine del processo (o
212 \textit{process image}), le funzioni della famiglia \func{exec} permettono di
213 caricare un altro programma da disco sostituendo quest'ultimo all'immagine
214 corrente; questo fa sì che l'immagine precedente venga completamente
215 cancellata. Questo significa che quando il nuovo programma termina, anche il
216 processo termina, e non si può tornare alla precedente immagine.
218 Per questo motivo la \func{fork} e la \func{exec} sono funzioni molto
219 particolari con caratteristiche uniche rispetto a tutte le altre, infatti la
220 prima ritorna due volte (nel processo padre e nel figlio) mentre la seconda
221 non ritorna mai (in quanto con essa viene eseguito un altro programma).
224 \section{Le funzioni di base}% della gestione dei processi}
225 \label{sec:proc_handling}
227 In questa sezione tratteremo le problematiche della gestione dei processi
228 all'interno del sistema, illustrandone tutti i dettagli. Inizieremo con le
229 funzioni elementari che permettono di leggerne gli identificatori, per poi
230 passare alla spiegazione delle funzioni base che si usano per la creazione e
231 la terminazione dei processi, e per la messa in esecuzione degli altri
235 \subsection{Gli identificatori dei processi}
238 Come accennato nell'introduzione, ogni processo viene identificato dal sistema
239 da un numero identificativo univoco, il \textit{process ID} o \acr{pid};
240 quest'ultimo è un tipo di dato standard, il \type{pid\_t} che in genere è un
241 intero con segno (nel caso di Linux e delle \acr{glibc} il tipo usato è
244 Il \acr{pid} viene assegnato in forma progressiva\footnote{in genere viene
245 assegnato il numero successivo a quello usato per l'ultimo processo creato,
246 a meno che questo numero non sia già utilizzato per un altro \acr{pid},
247 \acr{pgid} o \acr{sid} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}).} ogni volta
248 che un nuovo processo viene creato, fino ad un limite che, essendo il
249 \acr{pid} un numero positivo memorizzato in un intero a 16 bit, arriva ad un
250 massimo di 32768. Oltre questo valore l'assegnazione riparte dal numero più
251 basso disponibile a partire da un minimo di 300,\footnote{questi valori, fino
252 al kernel 2.4.x, sono definiti dalla macro \const{PID\_MAX} in
253 \file{threads.h} e direttamente in \file{fork.c}, con il kernel 2.5.x e la
254 nuova interfaccia per i \itindex{thread} \textit{thread} creata da Ingo
255 Molnar anche il meccanismo di allocazione dei \acr{pid} è stato modificato;
256 il valore massimo è impostabile attraverso il file
257 \procfile{/proc/sys/kernel/pid\_max} e di default vale 32768.} che serve a
258 riservare i \acr{pid} più bassi ai processi eseguiti direttamente dal kernel.
259 Per questo motivo, come visto in sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, il processo di
260 avvio (\cmd{init}) ha sempre il \acr{pid} uguale a uno.
262 Tutti i processi inoltre memorizzano anche il \acr{pid} del genitore da cui
263 sono stati creati, questo viene chiamato in genere \acr{ppid} (da
264 \textit{parent process ID}). Questi due identificativi possono essere
265 ottenuti usando le due funzioni \funcd{getpid} e \funcd{getppid}, i cui
268 \headdecl{sys/types.h}
270 \funcdecl{pid\_t getpid(void)}
272 Restituisce il \acr{pid} del processo corrente.
274 \funcdecl{pid\_t getppid(void)}
276 Restituisce il \acr{pid} del padre del processo corrente.
278 \bodydesc{Entrambe le funzioni non riportano condizioni di errore.}
280 \noindent esempi dell'uso di queste funzioni sono riportati in
281 fig.~\ref{fig:proc_fork_code}, nel programma \file{ForkTest.c}.
283 Il fatto che il \acr{pid} sia un numero univoco per il sistema lo rende un
284 candidato per generare ulteriori indicatori associati al processo di cui
285 diventa possibile garantire l'unicità: ad esempio in alcune implementazioni la
286 funzione \func{tempnam} (si veda sez.~\ref{sec:file_temp_file}) usa il
287 \acr{pid} per generare un \itindex{pathname} \textit{pathname} univoco, che
288 non potrà essere replicato da un altro processo che usi la stessa funzione.
290 Tutti i processi figli dello stesso processo padre sono detti
291 \textit{sibling}, questa è una delle relazioni usate nel \textsl{controllo di
292 sessione}, in cui si raggruppano i processi creati su uno stesso terminale,
293 o relativi allo stesso login. Torneremo su questo argomento in dettaglio in
294 cap.~\ref{cha:session}, dove esamineremo gli altri identificativi associati ad
295 un processo e le varie relazioni fra processi utilizzate per definire una
298 Oltre al \acr{pid} e al \acr{ppid}, (e a quelli che vedremo in
299 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}, relativi al controllo di sessione), ad ogni
300 processo vengono associati degli altri identificatori che vengono usati per il
301 controllo di accesso. Questi servono per determinare se un processo può
302 eseguire o meno le operazioni richieste, a seconda dei privilegi e
303 dell'identità di chi lo ha posto in esecuzione; l'argomento è complesso e sarà
304 affrontato in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_perms}.
307 \subsection{La funzione \func{fork} e le funzioni di creazione dei processi}
308 \label{sec:proc_fork}
310 La funzione \funcd{fork} è la funzione fondamentale della gestione dei
311 processi: come si è detto l'unico modo di creare un nuovo processo è
312 attraverso l'uso di questa funzione, essa quindi riveste un ruolo centrale
313 tutte le volte che si devono scrivere programmi che usano il multitasking. Il
314 prototipo della funzione è:
316 \headdecl{sys/types.h}
318 \funcdecl{pid\_t fork(void)}
319 Crea un nuovo processo.
321 \bodydesc{In caso di successo restituisce il \acr{pid} del figlio al padre e
322 zero al figlio; ritorna -1 al padre (senza creare il figlio) in caso di
323 errore; \var{errno} può assumere i valori:
325 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono risorse sufficienti per creare un altro
326 processo (per allocare la tabella delle pagine e le strutture del task) o
327 si è esaurito il numero di processi disponibili.
328 \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare la memoria per le
329 strutture necessarie al kernel per creare il nuovo processo.
333 Dopo il successo dell'esecuzione di una \func{fork} sia il processo padre che
334 il processo figlio continuano ad essere eseguiti normalmente a partire
335 dall'istruzione successiva alla \func{fork}; il processo figlio è però una
336 copia del padre, e riceve una copia dei \index{segmento!testo} segmenti di
337 testo, \itindex{stack} \textit{stack} e \index{segmento!dati} dati (vedi
338 sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}), ed esegue esattamente lo stesso codice del
339 padre. Si tenga presente però che la memoria è copiata, non condivisa,
340 pertanto padre e figlio vedono variabili diverse.
342 Per quanto riguarda la gestione della memoria, in generale il
343 \index{segmento!testo} segmento di testo, che è identico per i due processi, è
344 condiviso e tenuto in read-only per il padre e per i figli. Per gli altri
345 segmenti Linux utilizza la tecnica del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on
346 write}; questa tecnica comporta che una pagina di memoria viene
347 effettivamente copiata per il nuovo processo solo quando ci viene effettuata
348 sopra una scrittura (e si ha quindi una reale differenza fra padre e figlio).
349 In questo modo si rende molto più efficiente il meccanismo della creazione di
350 un nuovo processo, non essendo più necessaria la copia di tutto lo spazio
351 degli indirizzi virtuali del padre, ma solo delle pagine di memoria che sono
352 state modificate, e solo al momento della modifica stessa.
354 La differenza che si ha nei due processi è che nel processo padre il valore di
355 ritorno della funzione \func{fork} è il \acr{pid} del processo figlio, mentre
356 nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se viene
357 eseguito dal padre o dal figlio. Si noti come la funzione \func{fork} ritorni
358 \textbf{due} volte: una nel padre e una nel figlio.
360 La scelta di questi valori di ritorno non è casuale, un processo infatti può
361 avere più figli, ed il valore di ritorno di \func{fork} è l'unico modo che gli
362 permette di identificare quello appena creato; al contrario un figlio ha
363 sempre un solo padre (il cui \acr{pid} può sempre essere ottenuto con
364 \func{getppid}, vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) per cui si usa il valore nullo,
365 che non è il \acr{pid} di nessun processo.
368 \footnotesize \centering
369 \begin{minipage}[c]{15cm}
370 \includecodesample{listati/ForkTest.c}
373 \caption{Esempio di codice per la creazione di nuovi processi.}
374 \label{fig:proc_fork_code}
377 Normalmente la chiamata a \func{fork} può fallire solo per due ragioni, o ci
378 sono già troppi processi nel sistema (il che di solito è sintomo che
379 qualcos'altro non sta andando per il verso giusto) o si è ecceduto il limite
380 sul numero totale di processi permessi all'utente (vedi
381 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}, ed in particolare
382 tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values}).
384 L'uso di \func{fork} avviene secondo due modalità principali; la prima è
385 quella in cui all'interno di un programma si creano processi figli cui viene
386 affidata l'esecuzione di una certa sezione di codice, mentre il processo padre
387 ne esegue un'altra. È il caso tipico dei programmi server (il modello
388 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}) in cui il
389 padre riceve ed accetta le richieste da parte dei programmi client, per
390 ciascuna delle quali pone in esecuzione un figlio che è incaricato di fornire
393 La seconda modalità è quella in cui il processo vuole eseguire un altro
394 programma; questo è ad esempio il caso della shell. In questo caso il processo
395 crea un figlio la cui unica operazione è quella di fare una \func{exec} (di
396 cui parleremo in sez.~\ref{sec:proc_exec}) subito dopo la \func{fork}.
398 Alcuni sistemi operativi (il VMS ad esempio) combinano le operazioni di questa
399 seconda modalità (una \func{fork} seguita da una \func{exec}) in un'unica
400 operazione che viene chiamata \textit{spawn}. Nei sistemi unix-like è stato
401 scelto di mantenere questa separazione, dato che, come per la prima modalità
402 d'uso, esistono numerosi scenari in cui si può usare una \func{fork} senza
403 aver bisogno di eseguire una \func{exec}. Inoltre, anche nel caso della
404 seconda modalità d'uso, avere le due funzioni separate permette al figlio di
405 cambiare gli attributi del processo (maschera dei segnali, redirezione
406 dell'output, identificatori) prima della \func{exec}, rendendo così
407 relativamente facile intervenire sulle le modalità di esecuzione del nuovo
410 In fig.~\ref{fig:proc_fork_code} è riportato il corpo del codice del programma
411 di esempio \cmd{forktest}, che permette di illustrare molte caratteristiche
412 dell'uso della funzione \func{fork}. Il programma crea un numero di figli
413 specificato da linea di comando, e prende anche alcune opzioni per indicare
414 degli eventuali tempi di attesa in secondi (eseguiti tramite la funzione
415 \func{sleep}) per il padre ed il figlio (con \cmd{forktest -h} si ottiene la
416 descrizione delle opzioni); il codice completo, compresa la parte che gestisce
417 le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{ForkTest.c},
418 distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi su
419 \href{http://gapil.truelite.it/gapil_source.tgz}
420 {\textsf{http://gapil.truelite.it/gapil\_source.tgz}}.
422 Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
423 (\texttt{\small 24--40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
424 controllando il successo della chiamata a \func{fork} (\texttt{\small
425 25--29}); ciascun figlio (\texttt{\small 31--34}) si limita a stampare il
426 suo numero di successione, eventualmente attendere il numero di secondi
427 specificato e scrivere un messaggio prima di uscire. Il processo padre invece
428 (\texttt{\small 36--38}) stampa un messaggio di creazione, eventualmente
429 attende il numero di secondi specificato, e procede nell'esecuzione del ciclo;
430 alla conclusione del ciclo, prima di uscire, può essere specificato un altro
433 Se eseguiamo il comando\footnote{che è preceduto dall'istruzione \code{export
434 LD\_LIBRARY\_PATH=./} per permettere l'uso delle librerie dinamiche.}
435 senza specificare attese (come si può notare in (\texttt{\small 17--19}) i
436 valori predefiniti specificano di non attendere), otterremo come output sul
438 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
439 [piccardi@selidor sources]$ export LD_LIBRARY_PATH=./; ./forktest 3
440 Process 1963: forking 3 child
441 Spawned 1 child, pid 1964
442 Child 1 successfully executing
443 Child 1, parent 1963, exiting
445 Spawned 2 child, pid 1965
446 Child 2 successfully executing
447 Child 2, parent 1963, exiting
449 Child 3 successfully executing
450 Child 3, parent 1963, exiting
451 Spawned 3 child, pid 1966
456 Esaminiamo questo risultato: una prima conclusione che si può trarre è che non
457 si può dire quale processo fra il padre ed il figlio venga eseguito per primo
458 dopo la chiamata a \func{fork}; dall'esempio si può notare infatti come nei
459 primi due cicli sia stato eseguito per primo il padre (con la stampa del
460 \acr{pid} del nuovo processo) per poi passare all'esecuzione del figlio
461 (completata con i due avvisi di esecuzione ed uscita), e tornare
462 all'esecuzione del padre (con la stampa del passaggio al ciclo successivo),
463 mentre la terza volta è stato prima eseguito il figlio (fino alla conclusione)
466 In generale l'ordine di esecuzione dipenderà, oltre che dall'algoritmo di
467 \itindex{scheduler} scheduling usato dal kernel, dalla particolare situazione
468 in cui si trova la macchina al momento della chiamata, risultando del tutto
469 impredicibile. Eseguendo più volte il programma di prova e producendo un
470 numero diverso di figli, si sono ottenute situazioni completamente diverse,
471 compreso il caso in cui il processo padre ha eseguito più di una \func{fork}
472 prima che uno dei figli venisse messo in esecuzione.
474 Pertanto non si può fare nessuna assunzione sulla sequenza di esecuzione delle
475 istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
476 essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
477 occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
478 rischio di incorrere nelle cosiddette \itindex{race~condition} \textit{race
479 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
481 In realtà a partire dal kernel 2.5.2-pre10 il nuovo \itindex{scheduler}
482 \textit{scheduler} di Ingo Molnar esegue sempre per primo il
483 figlio;\footnote{i risultati precedenti sono stati ottenuti usando un kernel
484 della serie 2.4.} questa è una ottimizzazione che serve a evitare che il
485 padre, effettuando per primo una operazione di scrittura in memoria, attivi il
486 meccanismo del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write}. Questa
487 operazione infatti potrebbe risultare del tutto inutile qualora il figlio
488 fosse stato creato solo per eseguire una \func{exec}, in tal caso infatti si
489 invocherebbe un altro programma scartando completamente lo spazio degli
490 indirizzi, rendendo superflua la copia della memoria modificata dal padre.
492 Eseguendo sempre per primo il figlio la \func{exec} verrebbe effettuata subito
493 avendo così la certezza che il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write}
494 viene utilizzato solo quando necessario. Quanto detto in precedenza vale
495 allora soltanto per i kernel fino al 2.4; per mantenere la portabilità è però
496 opportuno non fare affidamento su questo comportamento, che non si riscontra
497 in altri Unix e nelle versioni del kernel precedenti a quella indicata.
499 Si noti inoltre che essendo i segmenti di memoria utilizzati dai singoli
500 processi completamente separati, le modifiche delle variabili nei processi
501 figli (come l'incremento di \var{i} in \texttt{\small 31}) sono visibili solo
502 a loro (ogni processo vede solo la propria copia della memoria), e non hanno
503 alcun effetto sul valore che le stesse variabili hanno nel processo padre (ed
504 in eventuali altri processi figli che eseguano lo stesso codice).
506 Un secondo aspetto molto importante nella creazione dei processi figli è
507 quello dell'interazione dei vari processi con i file; per illustrarlo meglio
508 proviamo a redirigere su un file l'output del nostro programma di test, quello
510 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
511 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest 3 > output
512 [piccardi@selidor sources]$ cat output
513 Process 1967: forking 3 child
514 Child 1 successfully executing
515 Child 1, parent 1967, exiting
516 Test for forking 3 child
517 Spawned 1 child, pid 1968
519 Child 2 successfully executing
520 Child 2, parent 1967, exiting
521 Test for forking 3 child
522 Spawned 1 child, pid 1968
524 Spawned 2 child, pid 1969
526 Child 3 successfully executing
527 Child 3, parent 1967, exiting
528 Test for forking 3 child
529 Spawned 1 child, pid 1968
531 Spawned 2 child, pid 1969
533 Spawned 3 child, pid 1970
536 che come si vede è completamente diverso da quanto ottenevamo sul terminale.
538 Il comportamento delle varie funzioni di interfaccia con i file è analizzato
539 in gran dettaglio in cap.~\ref{cha:file_unix_interface} e in
540 cap.~\ref{cha:files_std_interface}. Qui basta accennare che si sono usate le
541 funzioni standard della libreria del C che prevedono l'output bufferizzato; e
542 questa bufferizzazione (trattata in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_buffering})
543 varia a seconda che si tratti di un file su disco (in cui il buffer viene
544 scaricato su disco solo quando necessario) o di un terminale (nel qual caso il
545 buffer viene scaricato ad ogni carattere di a capo).
547 Nel primo esempio allora avevamo che ad ogni chiamata a \func{printf} il
548 buffer veniva scaricato, e le singole righe erano stampate a video subito dopo
549 l'esecuzione della \func{printf}. Ma con la redirezione su file la scrittura
550 non avviene più alla fine di ogni riga e l'output resta nel buffer. Dato che
551 ogni figlio riceve una copia della memoria del padre, esso riceverà anche
552 quanto c'è nel buffer delle funzioni di I/O, comprese le linee scritte dal
553 padre fino allora. Così quando il buffer viene scritto su disco all'uscita del
554 figlio, troveremo nel file anche tutto quello che il processo padre aveva
555 scritto prima della sua creazione. E alla fine del file (dato che in questo
556 caso il padre esce per ultimo) troveremo anche l'output completo del padre.
558 L'esempio ci mostra un altro aspetto fondamentale dell'interazione con i file,
559 valido anche per l'esempio precedente, ma meno evidente: il fatto cioè che non
560 solo processi diversi possono scrivere in contemporanea sullo stesso file
561 (l'argomento della condivisione dei file è trattato in dettaglio in
562 sez.~\ref{sec:file_sharing}), ma anche che, a differenza di quanto avviene per
563 le variabili, la posizione corrente sul file è condivisa fra il padre e tutti
566 Quello che succede è che quando lo standard output del padre viene rediretto
567 come si è fatto nell'esempio, lo stesso avviene anche per tutti i figli; la
568 funzione \func{fork} infatti ha la caratteristica di duplicare nei processi
569 figli tutti i file descriptor aperti nel processo padre (allo stesso modo in
570 cui lo fa la funzione \func{dup}, trattata in sez.~\ref{sec:file_dup}), il che
571 comporta che padre e figli condividono le stesse voci della
572 \itindex{file~table} \textit{file table} (per la spiegazione di questi termini
573 si veda sez.~\ref{sec:file_sharing}) fra cui c'è anche la posizione corrente
576 In questo modo se un processo scrive sul file aggiornerà la posizione corrente
577 sulla \itindex{file~table} \textit{file table}, e tutti gli altri processi,
578 che vedono la stessa \itindex{file~table} \textit{file table}, vedranno il
579 nuovo valore. In questo modo si evita, in casi come quello appena mostrato in
580 cui diversi processi scrivono sullo stesso file, che l'output successivo di un
581 processo vada a sovrapporsi a quello dei precedenti: l'output potrà risultare
582 mescolato, ma non ci saranno parti perdute per via di una sovrascrittura.
584 Questo tipo di comportamento è essenziale in tutti quei casi in cui il padre
585 crea un figlio e attende la sua conclusione per proseguire, ed entrambi
586 scrivono sullo stesso file; un caso tipico è la shell quando lancia un
587 programma, il cui output va sullo standard output. In questo modo, anche se
588 l'output viene rediretto, il padre potrà sempre continuare a scrivere in coda
589 a quanto scritto dal figlio in maniera automatica; se così non fosse ottenere
590 questo comportamento sarebbe estremamente complesso necessitando di una
591 qualche forma di comunicazione fra i due processi per far riprendere al padre
592 la scrittura al punto giusto.
594 In generale comunque non è buona norma far scrivere più processi sullo stesso
595 file senza una qualche forma di sincronizzazione in quanto, come visto anche
596 con il nostro esempio, le varie scritture risulteranno mescolate fra loro in
597 una sequenza impredicibile. Per questo le modalità con cui in genere si usano
598 i file dopo una \func{fork} sono sostanzialmente due:
600 \item Il processo padre aspetta la conclusione del figlio. In questo caso non
601 è necessaria nessuna azione riguardo ai file, in quanto la sincronizzazione
602 della posizione corrente dopo eventuali operazioni di lettura e scrittura
603 effettuate dal figlio è automatica.
604 \item L'esecuzione di padre e figlio procede indipendentemente. In questo caso
605 ciascuno dei due processi deve chiudere i file che non gli servono una volta
606 che la \func{fork} è stata eseguita, per evitare ogni forma di interferenza.
609 Oltre ai file aperti i processi figli ereditano dal padre una serie di altre
610 proprietà; la lista dettagliata delle proprietà che padre e figlio hanno in
611 comune dopo l'esecuzione di una \func{fork} è la seguente:
613 \item i file aperti e gli eventuali flag di \itindex{close-on-exec}
614 \textit{close-on-exec} impostati (vedi sez.~\ref{sec:proc_exec} e
615 sez.~\ref{sec:file_fcntl});
616 \item gli identificatori per il controllo di accesso: l'\textsl{user-ID
617 reale}, il \textsl{group-ID reale}, l'\textsl{user-ID effettivo}, il
618 \textsl{group-ID effettivo} ed i \textit{group-ID supplementari} (vedi
619 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
620 \item gli identificatori per il controllo di sessione: il
621 \itindex{process~group} \textit{process group-ID} e il \textit{session id}
622 ed il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group});
623 \item la directory di lavoro e la directory radice (vedi
624 sez.~\ref{sec:file_work_dir} e sez.~\ref{sec:file_chroot});
625 \item la maschera dei permessi di creazione (vedi
626 sez.~\ref{sec:file_perm_management});
627 \item la maschera dei segnali bloccati (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) e le
628 azioni installate (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha});
629 \item i segmenti di memoria condivisa agganciati al processo (vedi
630 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm});
631 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
632 \item il valori di \textit{nice}, le priorità real-time e le affinità di
633 processore (vedi sez.~\ref{sec:proc_sched_stand},
634 sez.~\ref{sec:proc_real_time} e sez.\ref{sec:proc_sched_multiprocess});
635 \item le variabili di ambiente (vedi sez.~\ref{sec:proc_environ}).
637 Le differenze fra padre e figlio dopo la \func{fork} invece sono:
639 \item il valore di ritorno di \func{fork};
640 \item il \acr{pid} (\textit{process id});
641 \item il \acr{ppid} (\textit{parent process id}), quello del figlio viene
642 impostato al \acr{pid} del padre;
643 \item i valori dei tempi di esecuzione della struttura \struct{tms} (vedi
644 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) che nel figlio sono posti a zero;
645 \item i \textit{lock} sui file (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}), che non
646 vengono ereditati dal figlio;
647 \item gli allarmi ed i segnali pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che
648 per il figlio vengono cancellati.
652 Una seconda funzione storica usata per la creazione di un nuovo processo è
653 \func{vfork}, che è esattamente identica a \func{fork} ed ha la stessa
654 semantica e gli stessi errori; la sola differenza è che non viene creata la
655 tabella delle pagine né la struttura dei task per il nuovo processo. Il
656 processo padre è posto in attesa fintanto che il figlio non ha eseguito una
657 \func{execve} o non è uscito con una \func{\_exit}. Il figlio condivide la
658 memoria del padre (e modifiche possono avere effetti imprevedibili) e non deve
659 ritornare o uscire con \func{exit} ma usare esplicitamente \func{\_exit}.
661 Questa funzione è un rimasuglio dei vecchi tempi in cui eseguire una
662 \func{fork} comportava anche la copia completa del segmento dati del processo
663 padre, che costituiva un inutile appesantimento in tutti quei casi in cui la
664 \func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
665 venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
667 Dato che Linux supporta il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write} la
668 perdita di prestazioni è assolutamente trascurabile, e l'uso di questa
669 funzione (che resta un caso speciale della system call \func{\_\_clone}) è
670 deprecato; per questo eviteremo di trattarla ulteriormente.
673 \subsection{La conclusione di un processo}
674 \label{sec:proc_termination}
676 In sez.~\ref{sec:proc_conclusion} abbiamo già affrontato le modalità con cui
677 chiudere un programma, ma dall'interno del programma stesso; avendo a che fare
678 con un sistema multitasking resta da affrontare l'argomento dal punto di vista
679 di come il sistema gestisce la conclusione dei processi.
681 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:proc_conclusion} le tre modalità con cui un
682 programma viene terminato in maniera normale: la chiamata di \func{exit} (che
683 esegue le funzioni registrate per l'uscita e chiude gli stream), il ritorno
684 dalla funzione \func{main} (equivalente alla chiamata di \func{exit}), e la
685 chiamata ad \func{\_exit} (che passa direttamente alle operazioni di
686 terminazione del processo da parte del kernel).
688 Ma abbiamo accennato che oltre alla conclusione normale esistono anche delle
689 modalità di conclusione anomala; queste sono in sostanza due: il programma può
690 chiamare la funzione \func{abort} per invocare una chiusura anomala, o essere
691 terminato da un segnale (torneremo sui segnali in cap.~\ref{cha:signals}). In
692 realtà anche la prima modalità si riconduce alla seconda, dato che
693 \func{abort} si limita a generare il segnale \const{SIGABRT}.
695 Qualunque sia la modalità di conclusione di un processo, il kernel esegue
696 comunque una serie di operazioni: chiude tutti i file aperti, rilascia la
697 memoria che stava usando, e così via; l'elenco completo delle operazioni
698 eseguite alla chiusura di un processo è il seguente:
700 \item tutti i file descriptor sono chiusi;
701 \item viene memorizzato lo stato di terminazione del processo;
702 \item ad ogni processo figlio viene assegnato un nuovo padre (in genere
704 \item viene inviato il segnale \const{SIGCHLD} al processo padre (vedi
705 sez.~\ref{sec:sig_sigchld});
706 \item se il processo è un leader di sessione ed il suo terminale di controllo
707 è quello della sessione viene mandato un segnale di \const{SIGHUP} a tutti i
708 processi del gruppo di \textit{foreground} e il terminale di controllo viene
709 disconnesso (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
710 \item se la conclusione di un processo rende orfano un \textit{process
711 group} ciascun membro del gruppo viene bloccato, e poi gli vengono
712 inviati in successione i segnali \const{SIGHUP} e \const{SIGCONT}
713 (vedi ancora sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
716 Oltre queste operazioni è però necessario poter disporre di un meccanismo
717 ulteriore che consenta di sapere come la terminazione è avvenuta: dato che in
718 un sistema unix-like tutto viene gestito attraverso i processi, il meccanismo
719 scelto consiste nel riportare lo stato di terminazione (il cosiddetto
720 \textit{termination status}) al processo padre.
722 Nel caso di conclusione normale, abbiamo visto in
723 sez.~\ref{sec:proc_conclusion} che lo stato di uscita del processo viene
724 caratterizzato tramite il valore del cosiddetto \textit{exit status}, cioè il
725 valore passato alle funzioni \func{exit} o \func{\_exit} (o dal valore di
726 ritorno per \func{main}). Ma se il processo viene concluso in maniera anomala
727 il programma non può specificare nessun \textit{exit status}, ed è il kernel
728 che deve generare autonomamente il \textit{termination status} per indicare le
729 ragioni della conclusione anomala.
731 Si noti la distinzione fra \textit{exit status} e \textit{termination status}:
732 quello che contraddistingue lo stato di chiusura del processo e viene
733 riportato attraverso le funzioni \func{wait} o \func{waitpid} (vedi
734 sez.~\ref{sec:proc_wait}) è sempre quest'ultimo; in caso di conclusione normale
735 il kernel usa il primo (nel codice eseguito da \func{\_exit}) per produrre il
738 La scelta di riportare al padre lo stato di terminazione dei figli, pur
739 essendo l'unica possibile, comporta comunque alcune complicazioni: infatti se
740 alla sua creazione è scontato che ogni nuovo processo ha un padre, non è detto
741 che sia così alla sua conclusione, dato che il padre potrebbe essere già
742 terminato; si potrebbe avere cioè quello che si chiama un processo
745 % TODO verificare il reparenting
747 Questa complicazione viene superata facendo in modo che il processo orfano
748 venga \textsl{adottato} da \cmd{init}. Come già accennato quando un processo
749 termina, il kernel controlla se è il padre di altri processi in esecuzione: in
750 caso positivo allora il \acr{ppid} di tutti questi processi viene sostituito
751 con il \acr{pid} di \cmd{init} (e cioè con 1); in questo modo ogni processo
752 avrà sempre un padre (nel caso possiamo parlare di un padre \textsl{adottivo})
753 cui riportare il suo stato di terminazione. Come verifica di questo
754 comportamento possiamo eseguire il nostro programma \cmd{forktest} imponendo a
755 ciascun processo figlio due secondi di attesa prima di uscire, il risultato è:
756 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
757 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest -c2 3
758 Process 1972: forking 3 child
759 Spawned 1 child, pid 1973
760 Child 1 successfully executing
762 Spawned 2 child, pid 1974
763 Child 2 successfully executing
765 Child 3 successfully executing
766 Spawned 3 child, pid 1975
768 [piccardi@selidor sources]$ Child 3, parent 1, exiting
769 Child 2, parent 1, exiting
770 Child 1, parent 1, exiting
772 come si può notare in questo caso il processo padre si conclude prima dei
773 figli, tornando alla shell, che stampa il prompt sul terminale: circa due
774 secondi dopo viene stampato a video anche l'output dei tre figli che
775 terminano, e come si può notare in questo caso, al contrario di quanto visto
776 in precedenza, essi riportano 1 come \acr{ppid}.
778 Altrettanto rilevante è il caso in cui il figlio termina prima del padre,
779 perché non è detto che il padre possa ricevere immediatamente lo stato di
780 terminazione, quindi il kernel deve comunque conservare una certa quantità di
781 informazioni riguardo ai processi che sta terminando.
783 Questo viene fatto mantenendo attiva la voce nella tabella dei processi, e
784 memorizzando alcuni dati essenziali, come il \acr{pid}, i tempi di CPU usati
785 dal processo (vedi sez.~\ref{sec:sys_unix_time}) e lo stato di terminazione,
786 mentre la memoria in uso ed i file aperti vengono rilasciati immediatamente. I
787 processi che sono terminati, ma il cui stato di terminazione non è stato
788 ancora ricevuto dal padre sono chiamati \index{zombie} \textit{zombie}, essi
789 restano presenti nella tabella dei processi ed in genere possono essere
790 identificati dall'output di \cmd{ps} per la presenza di una \texttt{Z} nella
791 colonna che ne indica lo stato (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}). Quando
792 il padre effettuerà la lettura dello stato di uscita anche questa
793 informazione, non più necessaria, verrà scartata e la terminazione potrà dirsi
794 completamente conclusa.
796 Possiamo utilizzare il nostro programma di prova per analizzare anche questa
797 condizione: lanciamo il comando \cmd{forktest} in \textit{background} (vedi
798 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), indicando al processo padre di aspettare 10
799 secondi prima di uscire; in questo caso, usando \cmd{ps} sullo stesso
800 terminale (prima dello scadere dei 10 secondi) otterremo:
801 \begin{Verbatim}[fontsize=\footnotesize,xleftmargin=1cm,xrightmargin=1.5cm]
802 [piccardi@selidor sources]$ ps T
803 PID TTY STAT TIME COMMAND
804 419 pts/0 S 0:00 bash
805 568 pts/0 S 0:00 ./forktest -e10 3
806 569 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
807 570 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
808 571 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
809 572 pts/0 R 0:00 ps T
812 e come si vede, dato che non si è fatto nulla per riceverne lo
813 stato di terminazione, i tre processi figli sono ancora presenti pur essendosi
814 conclusi, con lo stato di \index{zombie} \textit{zombie} e l'indicazione che
815 sono stati terminati.
817 La possibilità di avere degli \index{zombie} \textit{zombie} deve essere
818 tenuta sempre presente quando si scrive un programma che deve essere mantenuto
819 in esecuzione a lungo e creare molti figli. In questo caso si deve sempre
820 avere cura di far leggere l'eventuale stato di uscita di tutti i figli (in
821 genere questo si fa attraverso un apposito \textit{signal handler}, che chiama
822 la funzione \func{wait}, vedi sez.~\ref{sec:sig_sigchld} e
823 sez.~\ref{sec:proc_wait}). Questa operazione è necessaria perché anche se gli
824 \index{zombie} \textit{zombie} non consumano risorse di memoria o processore,
825 occupano comunque una voce nella tabella dei processi, che a lungo andare
828 Si noti che quando un processo adottato da \cmd{init} termina, esso non
829 diviene uno \index{zombie} \textit{zombie}; questo perché una delle funzioni
830 di \cmd{init} è appunto quella di chiamare la funzione \func{wait} per i
831 processi cui fa da padre, completandone la terminazione. Questo è quanto
832 avviene anche quando, come nel caso del precedente esempio con \cmd{forktest},
833 il padre termina con dei figli in stato di \index{zombie} \textit{zombie}:
834 alla sua terminazione infatti tutti i suoi figli (compresi gli \index{zombie}
835 \textit{zombie}) verranno adottati da \cmd{init}, il quale provvederà a
836 completarne la terminazione.
838 Si tenga presente infine che siccome gli \index{zombie} \textit{zombie} sono
839 processi già usciti, non c'è modo di eliminarli con il comando \cmd{kill};
840 l'unica possibilità di cancellarli dalla tabella dei processi è quella di
841 terminare il processo che li ha generati, in modo che \cmd{init} possa
842 adottarli e provvedere a concluderne la terminazione.
845 \subsection{La funzione \func{waitpid} e le funzioni di ricezione degli stati
847 \label{sec:proc_wait}
849 Uno degli usi più comuni delle capacità multitasking di un sistema unix-like
850 consiste nella creazione di programmi di tipo server, in cui un processo
851 principale attende le richieste che vengono poi soddisfatte da una serie di
852 processi figli. Si è già sottolineato al paragrafo precedente come in questo
853 caso diventi necessario gestire esplicitamente la conclusione dei figli onde
854 evitare di riempire di \index{zombie} \textit{zombie} la tabella dei processi;
855 le funzioni deputate a questo compito sono principalmente due, \funcd{wait} e
856 \func{waitpid}. La prima, il cui prototipo è:
858 \headdecl{sys/types.h}
859 \headdecl{sys/wait.h}
860 \funcdecl{pid\_t wait(int *status)}
862 Sospende il processo corrente finché un figlio non è uscito, o finché un
863 segnale termina il processo o chiama una funzione di gestione.
865 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del figlio in caso di successo
866 e -1 in caso di errore; \var{errno} può assumere i valori:
868 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
872 è presente fin dalle prime versioni di Unix; la funzione ritorna non appena un
873 processo figlio termina. Se un figlio è già terminato la funzione ritorna
874 immediatamente, se più di un figlio è terminato occorre chiamare la funzione
875 più volte se si vuole recuperare lo stato di terminazione di tutti quanti.
877 Al ritorno della funzione lo stato di terminazione del figlio viene salvato
878 nella variabile puntata da \param{status} e tutte le risorse del kernel
879 relative al processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_termination}) vengono rilasciate.
880 Nel caso un processo abbia più figli il valore di ritorno (il \acr{pid} del
881 figlio) permette di identificare qual è quello che è uscito.
883 Questa funzione ha il difetto di essere poco flessibile, in quanto ritorna
884 all'uscita di un qualunque processo figlio. Nelle occasioni in cui è
885 necessario attendere la conclusione di un processo specifico occorrerebbe
886 predisporre un meccanismo che tenga conto dei processi già terminati, e
887 provvedere a ripetere la chiamata alla funzione nel caso il processo cercato
890 Per questo motivo lo standard POSIX.1 ha introdotto la funzione
891 \funcd{waitpid} che effettua lo stesso servizio, ma dispone di una serie di
892 funzionalità più ampie, legate anche al controllo di sessione (si veda
893 sez.~\ref{sec:sess_job_control}). Dato che è possibile ottenere lo stesso
894 comportamento di \func{wait}\footnote{in effetti il codice
895 \code{wait(\&status)} è del tutto equivalente a \code{waitpid(WAIT\_ANY,
896 \&status, 0)}.} si consiglia di utilizzare sempre questa funzione, il cui
899 \headdecl{sys/types.h}
900 \headdecl{sys/wait.h}
901 \funcdecl{pid\_t waitpid(pid\_t pid, int *status, int options)}
902 Attende la conclusione di un processo figlio.
904 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del processo che è uscito, 0 se
905 è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e il processo non è uscito e
906 -1 per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
908 \item[\errcode{EINTR}] non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
909 la funzione è stata interrotta da un segnale.
910 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
911 non è figlio del processo chiamante.
912 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
913 l'argomento \param{options}.
917 La prima differenza fra le due funzioni è che con \func{waitpid} si può
918 specificare in maniera flessibile quale processo attendere, sulla base del
919 valore fornito dall'argomento \param{pid}, questo può assumere diversi valori,
920 secondo lo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_waidpid_pid}, dove si
921 sono riportate anche le costanti definite per indicare alcuni di essi.
926 \begin{tabular}[c]{|c|c|p{8cm}|}
928 \textbf{Valore} & \textbf{Costante} &\textbf{Significato}\\
931 $<-1$& -- & Attende per un figlio il cui
932 \itindex{process~group} \textit{process group}
933 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è uguale
934 al valore assoluto di \param{pid}. \\
935 $-1$&\const{WAIT\_ANY} & Attende per un figlio qualsiasi, usata in
936 questa maniera senza specificare nessuna opzione
937 è equivalente a \func{wait}.\\
938 $ 0$&\const{WAIT\_MYPGRP}&Attende per un figlio il cui
939 \itindex{process~group} \textit{process group}
940 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è
941 uguale a quello del processo chiamante. \\
942 $>0$& -- & Attende per un figlio il cui \acr{pid} è uguale
943 al valore di \param{pid}.\\
946 \caption{Significato dei valori dell'argomento \param{pid} della funzione
948 \label{tab:proc_waidpid_pid}
951 Il comportamento di \func{waitpid} può inoltre essere modificato passando alla
952 funzione delle opportune opzioni tramite l'argomento \param{options}; questo
953 deve essere specificato come maschera binaria dei flag riportati in
954 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options},\footnote{oltre a queste in Linux sono
955 previste del altre opzioni non standard, relative al comportamento con i
956 \itindex{thread} \textit{thread}, che riprenderemo in
957 sez.~\ref{sec:thread_xxx}.} che possono essere combinati fra loro con un OR
960 L'uso dell'opzione \const{WNOHANG} consente di prevenire il blocco della
961 funzione qualora nessun figlio sia uscito (o non si siano verificate le altre
962 condizioni per l'uscita della funzione); in tal caso la funzione ritornerà un
963 valore nullo anziché positivo.\footnote{anche in questo caso un valore
964 positivo indicherà il \acr{pid} del processo di cui si è ricevuto lo stato
965 ed un valore negativo un errore.}
970 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
972 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
975 \const{WNOHANG} & La funzione ritorna immediatamente anche se non è
976 terminato nessun processo figlio. \\
977 \const{WUNTRACED} & Ritorna anche se un processo figlio è stato fermato. \\
978 \const{WCONTINUED}& Ritorna anche quando un processo figlio che era stato
979 fermato ha ripreso l'esecuzione.\footnotemark \\
982 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
983 della funzione \func{waitpid}.}
984 \label{tab:proc_waitpid_options}
987 \footnotetext{disponibile solo a partire dal kernel 2.6.10.}
989 Le altre due opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} consentono
990 rispettivamente di tracciare non la terminazione di un processo, ma il fatto
991 che esso sia stato fermato, o fatto ripartire, e sono utilizzate per la
992 gestione del controllo di sessione (vedi sez.~\ref{sec:sess_job_control}).
994 Nel caso di \const{WUNTRACED} la funzione ritorna, restituendone il \acr{pid},
995 quando un processo figlio entra nello stato \textit{stopped}\footnote{in
996 realtà viene notificato soltanto il caso in cui il processo è stato fermato
997 da un segnale di stop (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}), e non quello in
998 cui lo stato \textit{stopped} è dovuto all'uso di \func{ptrace} (vedi
999 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).} (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}), mentre
1000 con \const{WCONTINUED} la funzione ritorna quando un processo in stato
1001 \textit{stopped} riprende l'esecuzione per la ricezione del segnale
1002 \const{SIGCONT} (l'uso di questi segnali per il controllo di sessione è
1003 dettagliato in sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
1005 La terminazione di un processo figlio (così come gli altri eventi osservabili
1006 con \func{waitpid}) è chiaramente un evento asincrono rispetto all'esecuzione
1007 di un programma e può avvenire in un qualunque momento. Per questo motivo,
1008 come accennato nella sezione precedente, una delle azioni prese dal kernel
1009 alla conclusione di un processo è quella di mandare un segnale di
1010 \const{SIGCHLD} al padre. L'azione predefinita (si veda
1011 sez.~\ref{sec:sig_base}) per questo segnale è di essere ignorato, ma la sua
1012 generazione costituisce il meccanismo di comunicazione asincrona con cui il
1013 kernel avverte il processo padre che uno dei suoi figli è terminato.
1015 Il comportamento delle funzioni è però cambiato nel passaggio dal kernel 2.4
1016 al kernel 2.6, quest'ultimo infatti si è adeguato alle prescrizioni dello
1017 standard POSIX.1-2001,\footnote{una revisione del 2001 dello standard POSIX.1
1018 che ha aggiunto dei requisiti e delle nuove funzioni, come \func{waitid}.}
1019 e come da esso richiesto se \const{SIGCHLD} viene ignorato, o se si imposta il
1020 flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} nella ricezione dello stesso (si veda
1021 sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) i processi figli che terminano non diventano
1022 \textit{zombie} e sia \func{wait} che \func{waitpid} si bloccano fintanto che
1023 tutti i processi figli non sono terminati, dopo di che falliscono con un
1024 errore di \errcode{ENOCHLD}.\footnote{questo è anche il motivo per cui le
1025 opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} sono utilizzabili soltanto
1026 qualora non si sia impostato il flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} per il segnale
1029 Con i kernel della serie 2.4 e tutti i kernel delle serie precedenti entrambe
1030 le funzioni di attesa ignorano questa prescrizione\footnote{lo standard POSIX.1
1031 originale infatti lascia indefinito il comportamento di queste funzioni
1032 quando \const{SIGCHLD} viene ignorato.} e si comportano sempre nello stesso
1033 modo, indipendentemente dal fatto \const{SIGCHLD} sia ignorato o meno:
1034 attendono la terminazione di un processo figlio e ritornano il relativo
1035 \acr{pid} e lo stato di terminazione nell'argomento \param{status}.
1037 In generale in un programma non si vuole essere forzati ad attendere la
1038 conclusione di un processo figlio per proseguire l'esecuzione, specie se tutto
1039 questo serve solo per leggerne lo stato di chiusura (ed evitare eventualmente
1040 la presenza di \index{zombie} \textit{zombie}). Per questo la modalità più
1041 comune di chiamare queste funzioni è quella di utilizzarle all'interno di un
1042 \textit{signal handler} (vedremo un esempio di come gestire \const{SIGCHLD}
1043 con i segnali in sez.~\ref{sec:sig_example}). In questo caso infatti, dato che
1044 il segnale è generato dalla terminazione di un figlio, avremo la certezza che
1045 la chiamata a \func{waitpid} non si bloccherà.
1047 Come accennato sia \func{wait} che \func{waitpid} restituiscono lo stato di
1048 terminazione del processo tramite il puntatore \param{status} (se non
1049 interessa memorizzare lo stato si può passare un puntatore nullo). Il valore
1050 restituito da entrambe le funzioni dipende dall'implementazione, ma
1051 tradizionalmente alcuni bit (in genere 8) sono riservati per memorizzare lo
1052 stato di uscita, e altri per indicare il segnale che ha causato la
1053 terminazione (in caso di conclusione anomala), uno per indicare se è stato
1054 generato un \itindex{core~dump} \textit{core dump}, ecc.\footnote{le
1055 definizioni esatte si possono trovare in \file{<bits/waitstatus.h>} ma
1056 questo file non deve mai essere usato direttamente, esso viene incluso
1057 attraverso \file{<sys/wait.h>}.}
1059 Lo standard POSIX.1 definisce una serie di macro di preprocessore da usare per
1060 analizzare lo stato di uscita. Esse sono definite sempre in
1061 \file{<sys/wait.h>} ed elencate in tab.~\ref{tab:proc_status_macro} (si tenga
1062 presente che queste macro prendono come parametro la variabile di tipo
1063 \ctyp{int} puntata da \param{status}).
1068 \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
1070 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1073 \macro{WIFEXITED(s)} & Condizione vera (valore non nullo) per un processo
1074 figlio che sia terminato normalmente. \\
1075 \macro{WEXITSTATUS(s)} & Restituisce gli otto bit meno significativi dello
1076 stato di uscita del processo (passato attraverso
1077 \func{\_exit}, \func{exit} o come valore di
1078 ritorno di \func{main}); può essere valutata solo
1079 se \val{WIFEXITED} ha restituito un valore non
1081 \macro{WIFSIGNALED(s)} & Condizione vera se il processo figlio è terminato
1082 in maniera anomala a causa di un segnale che non
1083 è stato catturato (vedi
1084 sez.~\ref{sec:sig_notification}).\\
1085 \macro{WTERMSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha causato
1086 la terminazione anomala del processo; può essere
1087 valutata solo se \val{WIFSIGNALED} ha restituito
1088 un valore non nullo.\\
1089 \macro{WCOREDUMP(s)} & Vera se il processo terminato ha generato un
1090 file di \itindex{core~dump} \textit{core
1091 dump}; può essere valutata solo se
1092 \val{WIFSIGNALED} ha restituito un valore non
1093 nullo.\footnotemark \\
1094 \macro{WIFSTOPPED(s)} & Vera se il processo che ha causato il ritorno di
1095 \func{waitpid} è bloccato; l'uso è possibile solo
1096 con \func{waitpid} avendo specificato l'opzione
1097 \const{WUNTRACED}.\\
1098 \macro{WSTOPSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha bloccato
1099 il processo; può essere valutata solo se
1100 \val{WIFSTOPPED} ha restituito un valore non
1102 \macro{WIFCONTINUED(s)}& Vera se il processo che ha causato il ritorno è
1103 stato riavviato da un
1104 \const{SIGCONT}.\footnotemark \\
1107 \caption{Descrizione delle varie macro di preprocessore utilizzabili per
1108 verificare lo stato di terminazione \var{s} di un processo.}
1109 \label{tab:proc_status_macro}
1112 \footnotetext[18]{questa macro non è definita dallo standard POSIX.1-2001, ma è
1113 presente come estensione sia in Linux che in altri Unix, deve essere
1114 pertanto utilizzata con attenzione (ad esempio è il caso di usarla in un
1115 blocco \texttt{\#ifdef WCOREDUMP ... \#endif}.}
1117 \footnotetext{è presente solo a partire dal kernel 2.6.10.}
1119 Si tenga conto che nel caso di conclusione anomala il valore restituito da
1120 \val{WTERMSIG} può essere confrontato con le costanti definite in
1121 \file{signal.h} ed elencate in tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, e stampato
1122 usando le apposite funzioni trattate in sez.~\ref{sec:sig_strsignal}.
1124 A partire dal kernel 2.6.9, sempre in conformità allo standard POSIX.1-2001, è
1125 stata introdotta una nuova funzione di attesa che consente di avere un
1126 controllo molto più preciso sui possibili cambiamenti di stato dei processi
1127 figli e più dettagli sullo stato di uscita; la funzione è \funcd{waitid} ed il
1130 \headdecl{sys/types.h}
1132 \headdecl{sys/wait.h}
1134 \funcdecl{int waitid(idtype\_t idtype, id\_t id, siginfo\_t *infop, int
1137 Attende la conclusione di un processo figlio.
1139 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 per un errore,
1140 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1142 \item[\errcode{EINTR}] se non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
1143 la funzione è stata interrotta da un segnale.
1144 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
1145 non è figlio del processo chiamante.
1146 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
1147 l'argomento \param{options}.
1151 La funzione prevede che si specifichi quali processi si intendono osservare
1152 usando i due argomenti \param{idtype} ed \param{id}; il primo indica se si
1153 vuole porsi in attesa su un singolo processo, un gruppo di processi o un
1154 processo qualsiasi, e deve essere specificato secondo uno dei valori di
1155 tab.~\ref{tab:proc_waitid_idtype}; il secondo indica, a seconda del valore del
1156 primo, quale processo o quale gruppo di processi selezionare.
1162 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1164 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1167 \const{P\_PID} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1168 il cui \acr{pid} corrisponda al valore dell'argomento
1170 \const{P\_PGID}& Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1171 appartenente al \textit{process group} (vedi
1172 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) il cui \acr{pgid}
1173 corrisponda al valore dell'argomento \param{id}.\\
1174 \const{P\_ALL} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1175 generico, il valore dell'argomento \param{id} viene
1179 \caption{Costanti per i valori dell'argomento \param{idtype} della funzione
1181 \label{tab:proc_waitid_idtype}
1184 Come per \func{waitpid} anche il comportamento di \func{waitid} viene
1185 controllato dall'argomento \param{options}, da specificare come maschera
1186 binaria dei valori riportati in tab.~\ref{tab:proc_waitid_options}. Benché
1187 alcuni di questi siano identici come significato ed effetto ai precedenti di
1188 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options}, ci sono delle differenze significative:
1189 in questo caso si dovrà specificare esplicitamente l'attesa della terminazione
1190 di un processo impostando l'opzione \const{WEXITED}, mentre il precedente
1191 \const{WUNTRACED} è sostituito da \const{WSTOPPED}. Infine è stata aggiunta
1192 l'opzione \const{WNOWAIT} che consente una lettura dello stato mantenendo il
1193 processo in attesa di ricezione, così che una successiva chiamata possa di
1194 nuovo riceverne lo stato.
1199 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1201 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1204 \const{WEXITED} & Ritorna quando un processo figlio è terminato.\\
1205 \const{WNOHANG} & Ritorna immediatamente anche se non c'è niente da
1207 \const{WSTOPPED} & Ritorna quando un processo figlio è stato fermato.\\
1208 \const{WCONTINUED}& Ritorna quando un processo figlio che era stato
1209 fermato ha ripreso l'esecuzione.\\
1210 \const{WNOWAIT} & Lascia il processo ancora in attesa di ricezione, così
1211 che una successiva chiamata possa di nuovo riceverne
1215 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
1216 della funzione \func{waitid}.}
1217 \label{tab:proc_waitid_options}
1220 La funzione \func{waitid} restituisce un valore nullo in caso di successo, e
1221 $-1$ in caso di errore; viene restituito un valore nullo anche se è stata
1222 specificata l'opzione \const{WNOHANG} e la funzione è ritornata immediatamente
1223 senza che nessun figlio sia terminato. Pertanto per verificare il motivo del
1224 ritorno della funzione occorre analizzare le informazioni che essa
1225 restituisce; queste, al contrario delle precedenti \func{wait} e
1226 \func{waitpid} che usavano un semplice valore numerico, sono ritornate in una
1227 struttura di tipo \struct{siginfo\_t} (vedi fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t})
1228 all'indirizzo puntato dall'argomento \param{infop}.
1230 Tratteremo nei dettagli la struttura \struct{siginfo\_t} ed il significato dei
1231 suoi vari campi in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}, per quanto ci interessa qui
1232 basta dire che al ritorno di \func{waitid} verranno avvalorati i seguenti
1234 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
1235 \item[\var{si\_pid}] con il \acr{pid} del figlio.
1236 \item[\var{si\_uid}] con l'user-ID reale (vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}) del
1238 \item[\var{si\_signo}] con \const{SIGCHLD}.
1239 \item[\var{si\_status}] con lo stato di uscita del figlio o con il segnale che
1240 lo ha terminato, fermato o riavviato.
1241 \item[\var{si\_code}] con uno fra \const{CLD\_EXITED}, \const{CLD\_KILLED},
1242 \const{CLD\_STOPPED}, \const{CLD\_CONTINUED}, \const{CLD\_TRAPPED} e
1243 \const{CLD\_DUMPED} a indicare la ragione del ritorno della funzione, il cui
1244 significato è, nell'ordine: uscita normale, terminazione da segnale,
1245 processo fermato, processo riavviato, processo terminato in \textit{core
1249 Infine Linux, seguendo un'estensione di BSD, supporta altre due funzioni per
1250 la lettura dello stato di terminazione di un processo, analoghe alle
1251 precedenti ma che prevedono un ulteriore argomento attraverso il quale il
1252 kernel può restituire al padre informazioni sulle risorse (vedi
1253 sez.~\ref{sec:sys_res_limits}) usate dal processo terminato e dai vari figli.
1254 Le due funzioni sono \funcd{wait3} e \funcd{wait4}, che diventano accessibili
1255 definendo la macro \macro{\_USE\_BSD}; i loro prototipi sono:
1257 \headdecl{sys/times.h} \headdecl{sys/types.h} \headdecl{sys/wait.h}
1258 \headdecl{sys/resource.h}
1260 \funcdecl{pid\_t wait4(pid\_t pid, int *status, int options, struct rusage
1262 È identica a \func{waitpid} sia per comportamento che per i valori degli
1263 argomenti, ma restituisce in \param{rusage} un sommario delle risorse usate
1266 \funcdecl{pid\_t wait3(int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1267 Prima versione, equivalente a \code{wait4(-1, \&status, opt, rusage)} è
1268 ormai deprecata in favore di \func{wait4}.
1271 la struttura \struct{rusage} è definita in \file{sys/resource.h}, e viene
1272 utilizzata anche dalla funzione \func{getrusage} (vedi
1273 sez.~\ref{sec:sys_resource_use}) per ottenere le risorse di sistema usate da un
1274 processo; la sua definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}.
1276 \subsection{La funzione \func{exec} e le funzioni di esecuzione dei programmi}
1277 \label{sec:proc_exec}
1279 Abbiamo già detto che una delle modalità principali con cui si utilizzano i
1280 processi in Unix è quella di usarli per lanciare nuovi programmi: questo viene
1281 fatto attraverso una delle funzioni della famiglia \func{exec}. Quando un
1282 processo chiama una di queste funzioni esso viene completamente sostituito dal
1283 nuovo programma; il \acr{pid} del processo non cambia, dato che non viene
1284 creato un nuovo processo, la funzione semplicemente rimpiazza lo
1285 \itindex{stack} \textit{stack}, lo \itindex{heap} \textit{heap}, i
1286 \index{segmento!dati} dati ed il \index{segmento!testo} testo del processo
1287 corrente con un nuovo programma letto da disco.
1289 Ci sono sei diverse versioni di \func{exec} (per questo la si è chiamata
1290 famiglia di funzioni) che possono essere usate per questo compito, in realtà
1291 (come mostrato in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}), sono tutte un front-end a
1292 \funcd{execve}. Il prototipo di quest'ultima è:
1293 \begin{prototype}{unistd.h}
1294 {int execve(const char *filename, char *const argv[], char *const envp[])}
1295 Esegue il programma contenuto nel file \param{filename}.
1297 \bodydesc{La funzione ritorna solo in caso di errore, restituendo -1; nel
1298 qual caso \var{errno} può assumere i valori:
1300 \item[\errcode{EACCES}] il file non è eseguibile, oppure il filesystem è
1301 montato in \cmd{noexec}, oppure non è un file regolare o un interprete.
1302 \item[\errcode{EPERM}] il file ha i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1303 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}, l'utente non è root, il processo viene
1304 tracciato, o il filesystem è montato con l'opzione \cmd{nosuid}.
1305 \item[\errcode{ENOEXEC}] il file è in un formato non eseguibile o non
1306 riconosciuto come tale, o compilato per un'altra architettura.
1307 \item[\errcode{ENOENT}] il file o una delle librerie dinamiche o l'interprete
1308 necessari per eseguirlo non esistono.
1309 \item[\errcode{ETXTBSY}] l'eseguibile è aperto in scrittura da uno o più
1311 \item[\errcode{EINVAL}] l'eseguibile ELF ha più di un segmento
1312 \const{PF\_INTERP}, cioè chiede di essere eseguito da più di un
1314 \item[\errcode{ELIBBAD}] un interprete ELF non è in un formato
1316 \item[\errcode{E2BIG}] la lista degli argomenti è troppo grande.
1318 ed inoltre anche \errval{EFAULT}, \errval{ENOMEM}, \errval{EIO},
1319 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ELOOP}, \errval{ENOTDIR}, \errval{ENFILE},
1323 La funzione \func{exec} esegue il file o lo script indicato da
1324 \param{filename}, passandogli la lista di argomenti indicata da \param{argv}
1325 e come ambiente la lista di stringhe indicata da \param{envp}; entrambe le
1326 liste devono essere terminate da un puntatore nullo. I vettori degli
1327 argomenti e dell'ambiente possono essere acceduti dal nuovo programma
1328 quando la sua funzione \func{main} è dichiarata nella forma
1329 \code{main(int argc, char *argv[], char *envp[])}.
1331 Le altre funzioni della famiglia servono per fornire all'utente una serie di
1332 possibili diverse interfacce per la creazione di un nuovo processo. I loro
1336 \funcdecl{int execl(const char *path, const char *arg, ...)}
1337 \funcdecl{int execv(const char *path, char *const argv[])}
1338 \funcdecl{int execle(const char *path, const char *arg, ..., char
1340 \funcdecl{int execlp(const char *file, const char *arg, ...)}
1341 \funcdecl{int execvp(const char *file, char *const argv[])}
1343 Sostituiscono l'immagine corrente del processo con quella indicata nel primo
1344 argomento. Gli argomenti successivi consentono di specificare gli argomenti a
1345 linea di comando e l'ambiente ricevuti dal nuovo processo.
1347 \bodydesc{Queste funzioni ritornano solo in caso di errore, restituendo -1;
1348 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori visti in precedenza per
1352 Per capire meglio le differenze fra le funzioni della famiglia si può fare
1353 riferimento allo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_exec_scheme}. La
1354 prima differenza riguarda le modalità di passaggio dei valori che poi andranno
1355 a costituire gli argomenti a linea di comando (cioè i valori di
1356 \param{argv} e \param{argc} visti dalla funzione \func{main} del programma
1359 Queste modalità sono due e sono riassunte dagli mnemonici \code{v} e \code{l}
1360 che stanno rispettivamente per \textit{vector} e \textit{list}. Nel primo caso
1361 gli argomenti sono passati tramite il vettore di puntatori \var{argv[]} a
1362 stringhe terminate con zero che costituiranno gli argomenti a riga di comando,
1363 questo vettore \emph{deve} essere terminato da un puntatore nullo.
1365 Nel secondo caso le stringhe degli argomenti sono passate alla funzione come
1366 lista di puntatori, nella forma:
1367 \includecodesnip{listati/char_list.c}
1368 che deve essere terminata da un puntatore nullo. In entrambi i casi vale la
1369 convenzione che il primo argomento (\var{arg0} o \var{argv[0]}) viene usato
1370 per indicare il nome del file che contiene il programma che verrà eseguito.
1375 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|c|c|}
1377 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Caratteristiche}} &
1378 \multicolumn{6}{|c|}{\textbf{Funzioni}} \\
1380 &\func{execl}\texttt{ }&\func{execlp}&\func{execle}
1381 &\func{execv}\texttt{ }& \func{execvp}& \func{execve} \\
1384 argomenti a lista &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$&&& \\
1385 argomenti a vettore &&&&$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$\\
1387 filename completo &$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$\\
1388 ricerca su \var{PATH} &&$\bullet$&&&$\bullet$& \\
1390 ambiente a vettore &&&$\bullet$&&&$\bullet$ \\
1391 uso di \var{environ} &$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$& \\
1394 \caption{Confronto delle caratteristiche delle varie funzioni della
1395 famiglia \func{exec}.}
1396 \label{tab:proc_exec_scheme}
1399 La seconda differenza fra le funzioni riguarda le modalità con cui si
1400 specifica il programma che si vuole eseguire. Con lo mnemonico \code{p} si
1401 indicano le due funzioni che replicano il comportamento della shell nello
1402 specificare il comando da eseguire; quando l'argomento \param{file} non
1403 contiene una ``\texttt{/}'' esso viene considerato come un nome di programma,
1404 e viene eseguita automaticamente una ricerca fra i file presenti nella lista
1405 di directory specificate dalla variabile di ambiente \var{PATH}. Il file che
1406 viene posto in esecuzione è il primo che viene trovato. Se si ha un errore
1407 relativo a permessi di accesso insufficienti (cioè l'esecuzione della
1408 sottostante \func{execve} ritorna un \errcode{EACCES}), la ricerca viene
1409 proseguita nelle eventuali ulteriori directory indicate in \var{PATH}; solo se
1410 non viene trovato nessun altro file viene finalmente restituito
1413 Le altre quattro funzioni si limitano invece a cercare di eseguire il file
1414 indicato dall'argomento \param{path}, che viene interpretato come il
1415 \itindex{pathname} \textit{pathname} del programma.
1419 \includegraphics[width=15cm]{img/exec_rel}
1420 \caption{La interrelazione fra le sei funzioni della famiglia \func{exec}.}
1421 \label{fig:proc_exec_relat}
1424 La terza differenza è come viene passata la lista delle variabili di ambiente.
1425 Con lo mnemonico \texttt{e} vengono indicate quelle funzioni che necessitano
1426 di un vettore di parametri \var{envp[]} analogo a quello usato per gli
1427 argomenti a riga di comando (terminato quindi da un \val{NULL}), le altre
1428 usano il valore della variabile \var{environ} (vedi
1429 sez.~\ref{sec:proc_environ}) del processo di partenza per costruire
1432 Oltre a mantenere lo stesso \acr{pid}, il nuovo programma fatto partire da
1433 \func{exec} assume anche una serie di altre proprietà del processo chiamante;
1434 la lista completa è la seguente:
1436 \item il \textit{process id} (\acr{pid}) ed il \textit{parent process id}
1438 \item l'\textsl{user-ID reale}, il \textit{group-ID reale} ed i
1439 \textsl{group-ID supplementari} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1440 \item il \textit{session ID} (\acr{sid}) ed il \itindex{process~group}
1441 \textit{process group ID} (\acr{pgid}), vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group};
1442 \item il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
1443 \item il tempo restante ad un allarme (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort});
1444 \item la directory radice e la directory di lavoro corrente (vedi
1445 sez.~\ref{sec:file_work_dir});
1446 \item la maschera di creazione dei file \itindex{umask} (\textit{umask}, vedi
1447 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) ed i \textit{lock} sui file (vedi
1448 sez.~\ref{sec:file_locking});
1449 \item i segnali sospesi (\textit{pending}) e la maschera dei segnali (si veda
1450 sez.~\ref{sec:sig_sigmask});
1451 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
1452 \item i valori delle variabili \var{tms\_utime}, \var{tms\_stime},
1453 \var{tms\_cutime}, \var{tms\_ustime} (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}).
1456 Inoltre i segnali che sono stati impostati per essere ignorati nel processo
1457 chiamante mantengono la stessa impostazione pure nel nuovo programma, tutti
1458 gli altri segnali vengono impostati alla loro azione predefinita. Un caso
1459 speciale è il segnale \const{SIGCHLD} che, quando impostato a
1460 \const{SIG\_IGN}, può anche non essere reimpostato a \const{SIG\_DFL} (si veda
1461 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}).
1463 La gestione dei file aperti dipende dal valore che ha il flag di
1464 \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec} (vedi anche
1465 sez.~\ref{sec:file_fcntl}) per ciascun file descriptor. I file per cui è
1466 impostato vengono chiusi, tutti gli altri file restano aperti. Questo
1467 significa che il comportamento predefinito è che i file restano aperti
1468 attraverso una \func{exec}, a meno di una chiamata esplicita a \func{fcntl}
1469 che imposti il suddetto flag. Per le directory, lo standard POSIX.1 richiede
1470 che esse vengano chiuse attraverso una \func{exec}, in genere questo è fatto
1471 dalla funzione \func{opendir} (vedi sez.~\ref{sec:file_dir_read}) che effettua
1472 da sola l'impostazione del flag di \itindex{close-on-exec}
1473 \textit{close-on-exec} sulle directory che apre, in maniera trasparente
1476 Abbiamo detto che l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID reale}
1477 restano gli stessi all'esecuzione di \func{exec}; normalmente vale lo stesso
1478 anche per l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} (il
1479 significato di questi identificatori è trattato in
1480 sez.~\ref{sec:proc_access_id}), tranne quando il file di cui viene chiesta
1481 l'esecuzione ha o il \itindex{suid~bit} \acr{suid} bit o lo \itindex{sgid~bit}
1482 \acr{sgid} bit impostato, in questo caso l'\textsl{user-ID effettivo} ed il
1483 \textsl{group-ID effettivo} vengono impostati rispettivamente all'utente o al
1484 gruppo cui il file appartiene (per i dettagli di questo comportamento si veda
1485 sez.~\ref{sec:proc_perms}).
1487 Se il file da eseguire è in formato \emph{a.out} e necessita di librerie
1488 condivise, viene lanciato il \textit{linker} dinamico \cmd{/lib/ld.so} prima
1489 del programma per caricare le librerie necessarie ed effettuare il link
1490 dell'eseguibile.\footnote{il formato è ormai in completo disuso, per cui è
1491 molto probabile che non il relativo supporto non sia disponibile.} Se il
1492 programma è in formato ELF per caricare le librerie dinamiche viene usato
1493 l'interprete indicato nel segmento \const{PT\_INTERP} previsto dal formato
1494 stesso, in genere questo è \sysfile{/lib/ld-linux.so.1} per programmi
1495 collegati con le \acr{libc5}, e \sysfile{/lib/ld-linux.so.2} per programmi
1496 collegati con le \acr{glibc}.
1498 Infine nel caso il file sia uno script esso deve iniziare con una linea nella
1499 forma \cmd{\#!/path/to/interpreter [argomenti]} dove l'interprete indicato
1500 deve essere un programma valido (binario, non un altro script) che verrà
1501 chiamato come se si fosse eseguito il comando \cmd{interpreter [argomenti]
1502 filename}.\footnote{si tenga presente che con Linux quanto viene scritto
1503 come \texttt{argomenti} viene passato all'interprete come un unico argomento
1504 con una unica stringa di lunghezza massima di 127 caratteri e se questa
1505 dimensione viene ecceduta la stringa viene troncata; altri Unix hanno
1506 dimensioni massime diverse, e diversi comportamenti, ad esempio FreeBSD
1507 esegue la scansione della riga e la divide nei vari argomenti e se è troppo
1508 lunga restituisce un errore di \const{ENAMETOOLONG}, una comparazione dei
1509 vari comportamenti si trova su
1510 \href{http://www.in-ulm.de/~mascheck/various/shebang/}
1511 {\textsf{http://www.in-ulm.de/\tild mascheck/various/shebang/}}.}
1513 Con la famiglia delle \func{exec} si chiude il novero delle funzioni su cui è
1514 basata la gestione dei processi in Unix: con \func{fork} si crea un nuovo
1515 processo, con \func{exec} si lancia un nuovo programma, con \func{exit} e
1516 \func{wait} si effettua e verifica la conclusione dei processi. Tutte le
1517 altre funzioni sono ausiliarie e servono per la lettura e l'impostazione dei
1518 vari parametri connessi ai processi.
1522 \section{Il controllo di accesso}
1523 \label{sec:proc_perms}
1525 In questa sezione esamineremo le problematiche relative al controllo di
1526 accesso dal punto di vista dei processi; vedremo quali sono gli identificatori
1527 usati, come questi possono essere modificati nella creazione e nel lancio di
1528 nuovi processi, le varie funzioni per la loro manipolazione diretta e tutte le
1529 problematiche connesse ad una gestione accorta dei privilegi.
1532 \subsection{Gli identificatori del controllo di accesso}
1533 \label{sec:proc_access_id}
1535 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_multiuser} il modello base\footnote{in
1536 realtà già esistono estensioni di questo modello base, che lo rendono più
1537 flessibile e controllabile, come le \itindex{capabilities}
1538 \textit{capabilities} illustrate in sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, le ACL
1539 per i file (vedi sez.~\ref{sec:file_ACL}) o il
1540 \itindex{Mandatory~Access~Control~(MAC)} \textit{Mandatory Access Control}
1541 di \index{SELinux} SELinux; inoltre basandosi sul lavoro effettuato con
1542 SELinux, a partire dal kernel 2.5.x, è iniziato lo sviluppo di una
1543 infrastruttura di sicurezza, i \itindex{Linux~Security~Modules}
1544 \textit{Linux Security Modules}, o LSM, in grado di fornire diversi agganci
1545 a livello del kernel per modularizzare tutti i possibili controlli di
1546 accesso.} di sicurezza di un sistema unix-like è fondato sui concetti di
1547 utente e gruppo, e sulla separazione fra l'amministratore (\textsl{root},
1548 detto spesso anche \textit{superuser}) che non è sottoposto a restrizioni, ed
1549 il resto degli utenti, per i quali invece vengono effettuati i vari controlli
1552 Abbiamo già accennato come il sistema associ ad ogni utente e gruppo due
1553 identificatori univoci, lo user-ID ed il group-ID; questi servono al kernel per
1554 identificare uno specifico utente o un gruppo di utenti, per poi poter
1555 controllare che essi siano autorizzati a compiere le operazioni richieste. Ad
1556 esempio in sez.~\ref{sec:file_access_control} vedremo come ad ogni file vengano
1557 associati un utente ed un gruppo (i suoi \textsl{proprietari}, indicati
1558 appunto tramite un \acr{uid} ed un \acr{gid}) che vengono controllati dal
1559 kernel nella gestione dei permessi di accesso.
1561 Dato che tutte le operazioni del sistema vengono compiute dai processi, è
1562 evidente che per poter implementare un controllo sulle operazioni occorre
1563 anche poter identificare chi è che ha lanciato un certo programma, e pertanto
1564 anche a ciascun processo dovrà essere associato un utente e un gruppo.
1566 Un semplice controllo di una corrispondenza fra identificativi non garantisce
1567 però sufficiente flessibilità per tutti quei casi in cui è necessario poter
1568 disporre di privilegi diversi, o dover impersonare un altro utente per un
1569 limitato insieme di operazioni. Per questo motivo in generale tutti gli Unix
1570 prevedono che i processi abbiano almeno due gruppi di identificatori, chiamati
1571 rispettivamente \textit{real} ed \textit{effective} (cioè \textsl{reali} ed
1572 \textsl{effettivi}). Nel caso di Linux si aggiungono poi altri due gruppi, il
1573 \textit{saved} (\textsl{salvati}) ed il \textit{filesystem} (\textsl{di
1574 filesystem}), secondo la situazione illustrata in
1575 tab.~\ref{tab:proc_uid_gid}.
1580 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|p{7.3cm}|}
1582 \textbf{Suffisso} & \textbf{Gruppo} & \textbf{Denominazione}
1583 & \textbf{Significato} \\
1586 \acr{uid} & \textit{real} & \textsl{user-ID reale}
1587 & Indica l'utente che ha lanciato il programma.\\
1588 \acr{gid} & '' &\textsl{group-ID reale}
1589 & Indica il gruppo principale dell'utente che ha lanciato
1592 \acr{euid} & \textit{effective} &\textsl{user-ID effettivo}
1593 & Indica l'utente usato nel controllo di accesso.\\
1594 \acr{egid} & '' & \textsl{group-ID effettivo}
1595 & Indica il gruppo usato nel controllo di accesso.\\
1596 -- & -- & \textsl{group-ID supplementari}
1597 & Indicano gli ulteriori gruppi cui l'utente appartiene.\\
1599 -- & \textit{saved} & \textsl{user-ID salvato}
1600 & È una copia dell'\acr{euid} iniziale.\\
1601 -- & '' & \textsl{group-ID salvato}
1602 & È una copia dell'\acr{egid} iniziale.\\
1604 \acr{fsuid} & \textit{filesystem} &\textsl{user-ID di filesystem}
1605 & Indica l'utente effettivo per l'accesso al filesystem. \\
1606 \acr{fsgid} & '' & \textsl{group-ID di filesystem}
1607 & Indica il gruppo effettivo per l'accesso al filesystem.\\
1610 \caption{Identificatori di utente e gruppo associati a ciascun processo con
1611 indicazione dei suffissi usati dalle varie funzioni di manipolazione.}
1612 \label{tab:proc_uid_gid}
1615 Al primo gruppo appartengono l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID
1616 reale}: questi vengono impostati al login ai valori corrispondenti
1617 all'utente con cui si accede al sistema (e relativo gruppo principale).
1618 Servono per l'identificazione dell'utente e normalmente non vengono mai
1619 cambiati. In realtà vedremo (in sez.~\ref{sec:proc_setuid}) che è possibile
1620 modificarli, ma solo ad un processo che abbia i privilegi di amministratore;
1621 questa possibilità è usata proprio dal programma \cmd{login} che, una volta
1622 completata la procedura di autenticazione, lancia una shell per la quale
1623 imposta questi identificatori ai valori corrispondenti all'utente che entra
1626 Al secondo gruppo appartengono lo \textsl{user-ID effettivo} ed il
1627 \textsl{group-ID effettivo} (a cui si aggiungono gli eventuali \textsl{group-ID
1628 supplementari} dei gruppi dei quali l'utente fa parte). Questi sono invece
1629 gli identificatori usati nelle verifiche dei permessi del processo e per il
1630 controllo di accesso ai file (argomento affrontato in dettaglio in
1631 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1633 Questi identificatori normalmente sono identici ai corrispondenti del gruppo
1634 \textit{real} tranne nel caso in cui, come accennato in
1635 sez.~\ref{sec:proc_exec}, il programma che si è posto in esecuzione abbia i
1636 bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati
1637 (il significato di questi bit è affrontato in dettaglio in
1638 sez.~\ref{sec:file_special_perm}). In questo caso essi saranno impostati
1639 all'utente e al gruppo proprietari del file. Questo consente, per programmi in
1640 cui ci sia necessità, di dare a qualunque utente normale privilegi o permessi
1641 di un altro (o dell'amministratore).
1643 Come nel caso del \acr{pid} e del \acr{ppid}, anche tutti questi
1644 identificatori possono essere letti attraverso le rispettive funzioni:
1645 \funcd{getuid}, \funcd{geteuid}, \funcd{getgid} e \funcd{getegid}, i loro
1649 \headdecl{sys/types.h}
1650 \funcdecl{uid\_t getuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID reale} del
1653 \funcdecl{uid\_t geteuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID effettivo} del
1656 \funcdecl{gid\_t getgid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID reale} del
1659 \funcdecl{gid\_t getegid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID effettivo}
1660 del processo corrente.
1662 \bodydesc{Queste funzioni non riportano condizioni di errore.}
1665 In generale l'uso di privilegi superiori deve essere limitato il più
1666 possibile, per evitare abusi e problemi di sicurezza, per questo occorre anche
1667 un meccanismo che consenta ad un programma di rilasciare gli eventuali
1668 maggiori privilegi necessari, una volta che si siano effettuate le operazioni
1669 per i quali erano richiesti, e a poterli eventualmente recuperare in caso
1672 Questo in Linux viene fatto usando altri due gruppi di identificatori, il
1673 \textit{saved} ed il \textit{filesystem}. Il primo gruppo è lo stesso usato in
1674 SVr4, e previsto dallo standard POSIX quando è definita la costante
1675 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS},\footnote{in caso si abbia a cuore la portabilità
1676 del programma su altri Unix è buona norma controllare sempre la
1677 disponibilità di queste funzioni controllando se questa costante è
1678 definita.} il secondo gruppo è specifico di Linux e viene usato per
1679 migliorare la sicurezza con NFS.
1681 L'\textsl{user-ID salvato} ed il \textsl{group-ID salvato} sono copie
1682 dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo} del processo
1683 padre, e vengono impostati dalla funzione \func{exec} all'avvio del processo,
1684 come copie dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo}
1685 dopo che questi sono stati impostati tenendo conto di eventuali
1686 \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}. Essi quindi
1687 consentono di tenere traccia di quale fossero utente e gruppo effettivi
1688 all'inizio dell'esecuzione di un nuovo programma.
1690 L'\textsl{user-ID di filesystem} e il \textsl{group-ID di filesystem} sono
1691 un'estensione introdotta in Linux per rendere più sicuro l'uso di NFS
1692 (torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:proc_setuid}). Essi sono una
1693 replica dei corrispondenti identificatori del gruppo \textit{effective}, ai
1694 quali si sostituiscono per tutte le operazioni di verifica dei permessi
1695 relativi ai file (trattate in sez.~\ref{sec:file_perm_overview}). Ogni
1696 cambiamento effettuato sugli identificatori effettivi viene automaticamente
1697 riportato su di essi, per cui in condizioni normali si può tranquillamente
1698 ignorarne l'esistenza, in quanto saranno del tutto equivalenti ai precedenti.
1701 \subsection{Le funzioni di gestione degli identificatori dei processi}
1702 \label{sec:proc_setuid}
1704 Le due funzioni più comuni che vengono usate per cambiare identità (cioè
1705 utente e gruppo di appartenenza) ad un processo sono rispettivamente
1706 \funcd{setuid} e \funcd{setgid}; come accennato in
1707 sez.~\ref{sec:proc_access_id} in Linux esse seguono la semantica POSIX che
1708 prevede l'esistenza dell'\textit{user-ID salvato} e del \textit{group-ID
1709 salvato}; i loro prototipi sono:
1712 \headdecl{sys/types.h}
1714 \funcdecl{int setuid(uid\_t uid)} Imposta l'\textsl{user-ID} del processo
1717 \funcdecl{int setgid(gid\_t gid)} Imposta il \textsl{group-ID} del processo
1720 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1721 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1724 Il funzionamento di queste due funzioni è analogo, per cui considereremo solo
1725 la prima; la seconda si comporta esattamente allo stesso modo facendo
1726 riferimento al \textsl{group-ID} invece che all'\textsl{user-ID}. Gli
1727 eventuali \textsl{group-ID supplementari} non vengono modificati.
1729 L'effetto della chiamata è diverso a seconda dei privilegi del processo; se
1730 l'\textsl{user-ID effettivo} è zero (cioè è quello dell'amministratore di
1731 sistema) allora tutti gli identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e
1732 \textit{saved}) vengono impostati al valore specificato da \param{uid},
1733 altrimenti viene impostato solo l'\textsl{user-ID effettivo}, e soltanto se il
1734 valore specificato corrisponde o all'\textsl{user-ID reale} o
1735 all'\textsl{user-ID salvato}. Negli altri casi viene segnalato un errore (con
1738 Come accennato l'uso principale di queste funzioni è quello di poter
1739 consentire ad un programma con i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1740 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati (vedi sez.~\ref{sec:file_special_perm})
1741 di riportare l'\textsl{user-ID effettivo} a quello dell'utente che ha lanciato
1742 il programma, effettuare il lavoro che non necessita di privilegi aggiuntivi,
1743 ed eventualmente tornare indietro.
1745 Come esempio per chiarire l'uso di queste funzioni prendiamo quello con cui
1746 viene gestito l'accesso al file \sysfile{/var/log/utmp}. In questo file viene
1747 registrato chi sta usando il sistema al momento corrente; chiaramente non può
1748 essere lasciato aperto in scrittura a qualunque utente, che potrebbe
1749 falsificare la registrazione. Per questo motivo questo file (e l'analogo
1750 \sysfile{/var/log/wtmp} su cui vengono registrati login e logout) appartengono
1751 ad un gruppo dedicato (\acr{utmp}) ed i programmi che devono accedervi (ad
1752 esempio tutti i programmi di terminale in X, o il programma \cmd{screen} che
1753 crea terminali multipli su una console) appartengono a questo gruppo ed hanno
1754 il bit \acr{sgid} impostato.
1756 Quando uno di questi programmi (ad esempio \cmd{xterm}) viene lanciato, la
1757 situazione degli identificatori è la seguente:
1760 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (del chiamante)} \\
1761 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1762 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp}}
1764 in questo modo, dato che il \textsl{group-ID effettivo} è quello giusto, il
1765 programma può accedere a \sysfile{/var/log/utmp} in scrittura ed aggiornarlo.
1766 A questo punto il programma può eseguire una \code{setgid(getgid())} per
1767 impostare il \textsl{group-ID effettivo} a quello dell'utente (e dato che il
1768 \textsl{group-ID reale} corrisponde la funzione avrà successo), in questo modo
1769 non sarà possibile lanciare dal terminale programmi che modificano detto file,
1770 in tal caso infatti la situazione degli identificatori sarebbe:
1773 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1774 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{gid}} \\
1775 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1777 e ogni processo lanciato dal terminale avrebbe comunque \acr{gid} come
1778 \textsl{group-ID effettivo}. All'uscita dal terminale, per poter di nuovo
1779 aggiornare lo stato di \sysfile{/var/log/utmp} il programma eseguirà una
1780 \code{setgid(utmp)} (dove \var{utmp} è il valore numerico associato al gruppo
1781 \acr{utmp}, ottenuto ad esempio con una precedente \func{getegid}), dato che
1782 in questo caso il valore richiesto corrisponde al \textsl{group-ID salvato} la
1783 funzione avrà successo e riporterà la situazione a:
1786 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1787 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1788 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1790 consentendo l'accesso a \sysfile{/var/log/utmp}.
1792 Occorre però tenere conto che tutto questo non è possibile con un processo con
1793 i privilegi di amministratore, in tal caso infatti l'esecuzione di una
1794 \func{setuid} comporta il cambiamento di tutti gli identificatori associati al
1795 processo, rendendo impossibile riguadagnare i privilegi di amministratore.
1796 Questo comportamento è corretto per l'uso che ne fa \cmd{login} una volta che
1797 crea una nuova shell per l'utente; ma quando si vuole cambiare soltanto
1798 l'\textsl{user-ID effettivo} del processo per cedere i privilegi occorre
1799 ricorrere ad altre funzioni.
1801 Le due funzioni \funcd{setreuid} e \funcd{setregid} derivano da BSD che, non
1802 supportando\footnote{almeno fino alla versione 4.3+BSD.} gli identificatori
1803 del gruppo \textit{saved}, le usa per poter scambiare fra di loro
1804 \textit{effective} e \textit{real}. I rispettivi prototipi sono:
1807 \headdecl{sys/types.h}
1809 \funcdecl{int setreuid(uid\_t ruid, uid\_t euid)} Imposta l'\textsl{user-ID
1810 reale} e l'\textsl{user-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1811 specificati da \param{ruid} e \param{euid}.
1813 \funcdecl{int setregid(gid\_t rgid, gid\_t egid)} Imposta il \textsl{group-ID
1814 reale} ed il \textsl{group-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1815 specificati da \param{rgid} e \param{egid}.
1817 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1818 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1821 La due funzioni sono analoghe ed il loro comportamento è identico; quanto
1822 detto per la prima riguardo l'user-ID, si applica immediatamente alla seconda
1823 per il group-ID. I processi non privilegiati possono impostare solo i valori
1824 del loro user-ID effettivo o reale; valori diversi comportano il fallimento
1825 della chiamata; l'amministratore invece può specificare un valore qualunque.
1826 Specificando un argomento di valore -1 l'identificatore corrispondente verrà
1827 lasciato inalterato.
1829 Con queste funzioni si possono scambiare fra loro gli user-ID reale e
1830 effettivo, e pertanto è possibile implementare un comportamento simile a
1831 quello visto in precedenza per \func{setgid}, cedendo i privilegi con un primo
1832 scambio, e recuperandoli, eseguito il lavoro non privilegiato, con un secondo
1835 In questo caso però occorre porre molta attenzione quando si creano nuovi
1836 processi nella fase intermedia in cui si sono scambiati gli identificatori, in
1837 questo caso infatti essi avranno un user-ID reale privilegiato, che dovrà
1838 essere esplicitamente eliminato prima di porre in esecuzione un nuovo
1839 programma (occorrerà cioè eseguire un'altra chiamata dopo la \func{fork} e
1840 prima della \func{exec} per uniformare l'user-ID reale a quello effettivo) in
1841 caso contrario il nuovo programma potrebbe a sua volta effettuare uno scambio
1842 e riottenere privilegi non previsti.
1844 Lo stesso problema di propagazione dei privilegi ad eventuali processi figli
1845 si pone per l'user-ID salvato: questa funzione deriva da un'implementazione che
1846 non ne prevede la presenza, e quindi non è possibile usarla per correggere la
1847 situazione come nel caso precedente. Per questo motivo in Linux tutte le volte
1848 che si imposta un qualunque valore diverso da quello dall'user-ID reale
1849 corrente, l'user-ID salvato viene automaticamente uniformato al valore
1850 dell'user-ID effettivo.
1852 Altre due funzioni, \funcd{seteuid} e \funcd{setegid}, sono un'estensione
1853 dello standard POSIX.1, ma sono comunque supportate dalla maggior parte degli
1854 Unix; esse vengono usate per cambiare gli identificatori del gruppo
1855 \textit{effective} ed i loro prototipi sono:
1858 \headdecl{sys/types.h}
1860 \funcdecl{int seteuid(uid\_t uid)} Imposta l'user-ID effettivo del processo
1861 corrente a \param{uid}.
1863 \funcdecl{int setegid(gid\_t gid)} Imposta il group-ID effettivo del processo
1864 corrente a \param{gid}.
1866 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1867 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1870 Come per le precedenti le due funzioni sono identiche, per cui tratteremo solo
1871 la prima. Gli utenti normali possono impostare l'user-ID effettivo solo al
1872 valore dell'user-ID reale o dell'user-ID salvato, l'amministratore può
1873 specificare qualunque valore. Queste funzioni sono usate per permettere
1874 all'amministratore di impostare solo l'user-ID effettivo, dato che l'uso
1875 normale di \func{setuid} comporta l'impostazione di tutti gli identificatori.
1878 Le due funzioni \funcd{setresuid} e \funcd{setresgid} sono invece
1879 un'estensione introdotta in Linux,\footnote{per essere precisi a partire dal
1880 kernel 2.1.44.} e permettono un completo controllo su tutti e tre i gruppi
1881 di identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}), i loro
1885 \headdecl{sys/types.h}
1887 \funcdecl{int setresuid(uid\_t ruid, uid\_t euid, uid\_t suid)} Imposta
1888 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente
1889 ai valori specificati rispettivamente da \param{ruid}, \param{euid} e
1892 \funcdecl{int setresgid(gid\_t rgid, gid\_t egid, gid\_t sgid)} Imposta il
1893 group-ID reale, il group-ID effettivo ed il group-ID salvato del processo
1894 corrente ai valori specificati rispettivamente da \param{rgid}, \param{egid} e
1897 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1898 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1901 Le due funzioni sono identiche, quanto detto per la prima riguardo gli user-ID
1902 si applica alla seconda per i group-ID. I processi non privilegiati possono
1903 cambiare uno qualunque degli user-ID solo ad un valore corrispondente o
1904 all'user-ID reale, o a quello effettivo o a quello salvato, l'amministratore
1905 può specificare i valori che vuole; un valore di -1 per un qualunque argomento
1906 lascia inalterato l'identificatore corrispondente.
1908 Per queste funzioni esistono anche due controparti che permettono di leggere
1909 in blocco i vari identificatori: \funcd{getresuid} e \funcd{getresgid}; i loro
1913 \headdecl{sys/types.h}
1915 \funcdecl{int getresuid(uid\_t *ruid, uid\_t *euid, uid\_t *suid)} Legge
1916 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente.
1918 \funcdecl{int getresgid(gid\_t *rgid, gid\_t *egid, gid\_t *sgid)} Legge il
1919 group-ID reale, il group-ID effettivo e il group-ID salvato del processo
1922 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
1923 fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EFAULT} se gli indirizzi delle
1924 variabili di ritorno non sono validi.}
1927 Anche queste funzioni sono un'estensione specifica di Linux, e non richiedono
1928 nessun privilegio. I valori sono restituiti negli argomenti, che vanno
1929 specificati come puntatori (è un altro esempio di
1930 \itindex{value~result~argument} \textit{value result argument}). Si noti che
1931 queste funzioni sono le uniche in grado di leggere gli identificatori del
1932 gruppo \textit{saved}.
1935 Infine le funzioni \func{setfsuid} e \func{setfsgid} servono per impostare gli
1936 identificatori del gruppo \textit{filesystem} che sono usati da Linux per il
1937 controllo dell'accesso ai file. Come già accennato in
1938 sez.~\ref{sec:proc_access_id} Linux definisce questo ulteriore gruppo di
1939 identificatori, che in circostanze normali sono assolutamente equivalenti a
1940 quelli del gruppo \textit{effective}, dato che ogni cambiamento di questi
1941 ultimi viene immediatamente riportato su di essi.
1943 C'è un solo caso in cui si ha necessità di introdurre una differenza fra gli
1944 identificatori dei gruppi \textit{effective} e \textit{filesystem}, ed è per
1945 ovviare ad un problema di sicurezza che si presenta quando si deve
1946 implementare un server NFS.
1948 Il server NFS infatti deve poter cambiare l'identificatore con cui accede ai
1949 file per assumere l'identità del singolo utente remoto, ma se questo viene
1950 fatto cambiando l'user-ID effettivo o l'user-ID reale il server si espone alla
1951 ricezione di eventuali segnali ostili da parte dell'utente di cui ha
1952 temporaneamente assunto l'identità. Cambiando solo l'user-ID di filesystem si
1953 ottengono i privilegi necessari per accedere ai file, mantenendo quelli
1954 originari per quanto riguarda tutti gli altri controlli di accesso, così che
1955 l'utente non possa inviare segnali al server NFS.
1957 Le due funzioni usate per cambiare questi identificatori sono \funcd{setfsuid}
1958 e \funcd{setfsgid}, ovviamente sono specifiche di Linux e non devono essere
1959 usate se si intendono scrivere programmi portabili; i loro prototipi sono:
1961 \headdecl{sys/fsuid.h}
1963 \funcdecl{int setfsuid(uid\_t fsuid)} Imposta l'user-ID di filesystem del
1964 processo corrente a \param{fsuid}.
1966 \funcdecl{int setfsgid(gid\_t fsgid)} Imposta il group-ID di filesystem del
1967 processo corrente a \param{fsgid}.
1969 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1970 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1972 \noindent queste funzioni hanno successo solo se il processo chiamante ha i
1973 privilegi di amministratore o, per gli altri utenti, se il valore specificato
1974 coincide con uno dei di quelli del gruppo \textit{real}, \textit{effective} o
1978 \subsection{Le funzioni per la gestione dei gruppi associati a un processo}
1979 \label{sec:proc_setgroups}
1981 Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui
1982 gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere
1983 almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di
1984 gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
1985 sez.~\ref{sec:sys_sysconf}), leggendo il parametro
1986 \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono
1987 ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni.
1989 La funzione che permette di leggere i gruppi supplementari associati ad un
1990 processo è \funcd{getgroups}; questa funzione è definita nello standard
1991 POSIX.1, ed il suo prototipo è:
1993 \headdecl{sys/types.h}
1996 \funcdecl{int getgroups(int size, gid\_t list[])}
1998 Legge gli identificatori dei gruppi supplementari.
2000 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di gruppi letti in caso di
2001 successo e -1 in caso di fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà
2004 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2005 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è diverso da zero ma
2006 minore del numero di gruppi supplementari del processo.
2010 La funzione legge gli identificatori dei gruppi supplementari del processo sul
2011 vettore \param{list} di dimensione \param{size}. Non è specificato se la
2012 funzione inserisca o meno nella lista il group-ID effettivo del processo. Se si
2013 specifica un valore di \param{size} uguale a 0 \param{list} non viene
2014 modificato, ma si ottiene il numero di gruppi supplementari.
2016 Una seconda funzione, \funcd{getgrouplist}, può invece essere usata per
2017 ottenere tutti i gruppi a cui appartiene un certo utente; il suo prototipo è:
2019 \headdecl{sys/types.h}
2022 \funcdecl{int getgrouplist(const char *user, gid\_t group, gid\_t *groups,
2023 int *ngroups)} Legge i gruppi supplementari.
2025 \bodydesc{La funzione legge fino ad un massimo di \param{ngroups} valori,
2026 restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento.}
2029 La funzione legge i gruppi supplementari dell'utente specificato da
2030 \param{user}, eseguendo una scansione del database dei gruppi (si veda
2031 sez.~\ref{sec:sys_user_group}). Ritorna poi in \param{groups} la lista di
2032 quelli a cui l'utente appartiene. Si noti che \param{ngroups} è passato come
2033 puntatore perché, qualora il valore specificato sia troppo piccolo, la
2034 funzione ritorna -1, passando indietro il numero dei gruppi trovati.
2036 Per impostare i gruppi supplementari di un processo ci sono due funzioni, che
2037 possono essere usate solo se si hanno i privilegi di amministratore. La prima
2038 delle due è \funcd{setgroups}, ed il suo prototipo è:
2040 \headdecl{sys/types.h}
2043 \funcdecl{int setgroups(size\_t size, gid\_t *list)}
2045 Imposta i gruppi supplementari del processo.
2047 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2048 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2050 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2051 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
2052 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è maggiore del valore
2057 La funzione imposta i gruppi supplementari del processo corrente ai valori
2058 specificati nel vettore passato con l'argomento \param{list}, di dimensioni
2059 date dall'argomento \param{size}. Il numero massimo di gruppi supplementari è
2060 un parametro di sistema, che può essere ricavato con le modalità spiegate in
2061 sez.~\ref{sec:sys_characteristics}.
2063 Se invece si vogliono impostare i gruppi supplementari del processo a quelli di
2064 un utente specifico, si può usare \funcd{initgroups} il cui prototipo è:
2066 \headdecl{sys/types.h}
2069 \funcdecl{int initgroups(const char *user, gid\_t group)}
2071 Inizializza la lista dei gruppi supplementari.
2073 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2074 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà gli stessi valori di
2075 \func{setgroups} più \errval{ENOMEM} quando non c'è memoria sufficiente
2076 per allocare lo spazio per informazioni dei gruppi.}
2079 La funzione esegue la scansione del database dei gruppi (usualmente
2080 \conffile{/etc/group}) cercando i gruppi di cui è membro l'utente \param{user}
2081 con cui costruisce una lista di gruppi supplementari, a cui aggiunge anche
2082 \param{group}, infine imposta questa lista per il processo corrente usando
2083 \func{setgroups}. Si tenga presente che sia \func{setgroups} che
2084 \func{initgroups} non sono definite nello standard POSIX.1 e che pertanto non
2085 è possibile utilizzarle quando si definisce \macro{\_POSIX\_SOURCE} o si
2086 compila con il flag \cmd{-ansi}, è pertanto meglio evitarle se si vuole
2087 scrivere codice portabile.
2090 \section{La gestione della priorità di esecuzione}
2091 \label{sec:proc_priority}
2093 In questa sezione tratteremo più approfonditamente i meccanismi con il quale
2094 lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler} assegna la CPU ai vari processi
2095 attivi. In particolare prenderemo in esame i vari meccanismi con cui viene
2096 gestita l'assegnazione del tempo di CPU, ed illustreremo le varie funzioni di
2099 % TODO: rivedere alla luce degli aggiornamenti del 2.6 (man sched_setscheduler)
2101 \subsection{I meccanismi di \textit{scheduling}}
2102 \label{sec:proc_sched}
2104 \itindbeg{scheduler}
2106 La scelta di un meccanismo che sia in grado di distribuire in maniera efficace
2107 il tempo di CPU per l'esecuzione dei processi è sempre una questione delicata,
2108 ed oggetto di numerose ricerche; in generale essa dipende in maniera
2109 essenziale anche dal tipo di utilizzo che deve essere fatto del sistema, per
2110 cui non esiste un meccanismo che sia valido per tutti gli usi.
2112 La caratteristica specifica di un sistema multitasking come Linux è quella del
2113 cosiddetto \itindex{preemptive~multitasking} \textit{preemptive
2114 multitasking}: questo significa che al contrario di altri sistemi (che usano
2115 invece il cosiddetto \itindex{cooperative~multitasking} \textit{cooperative
2116 multitasking}) non sono i singoli processi, ma il kernel stesso a decidere
2117 quando la CPU deve essere passata ad un altro processo. Come accennato in
2118 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} questa scelta viene eseguita da una sezione
2119 apposita del kernel, lo \textit{scheduler}, il cui scopo è quello di
2120 distribuire al meglio il tempo di CPU fra i vari processi.
2122 La cosa è resa ancora più complicata dal fatto che con le architetture
2123 multi-processore si deve anche scegliere quale sia la CPU più opportuna da
2124 utilizzare.\footnote{nei processori moderni la presenza di ampie cache può
2125 rendere poco efficiente trasferire l'esecuzione di un processo da una CPU ad
2126 un'altra, per cui effettuare la migliore scelta fra le diverse CPU non è
2127 banale.} Tutto questo comunque appartiene alle sottigliezze
2128 dell'implementazione del kernel; dal punto di vista dei programmi che girano
2129 in user space, anche quando si hanno più processori (e dei processi che sono
2130 eseguiti davvero in contemporanea), le politiche di scheduling riguardano
2131 semplicemente l'allocazione della risorsa \textsl{tempo di esecuzione}, la cui
2132 assegnazione sarà governata dai meccanismi di scelta delle priorità che
2133 restano gli stessi indipendentemente dal numero di processori.
2135 Si tenga conto poi che i processi non devono solo eseguire del codice: ad
2136 esempio molto spesso saranno impegnati in operazioni di I/O, o potranno
2137 venire bloccati da un comando dal terminale, o sospesi per un certo periodo di
2138 tempo. In tutti questi casi la CPU diventa disponibile ed è compito dello
2139 kernel provvedere a mettere in esecuzione un altro processo.
2141 Tutte queste possibilità sono caratterizzate da un diverso \textsl{stato} del
2142 processo, in Linux un processo può trovarsi in uno degli stati riportati in
2143 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}; ma soltanto i processi che sono nello stato
2144 \textbf{Runnable} concorrono per l'esecuzione. Questo vuol dire che, qualunque
2145 sia la sua priorità, un processo non potrà mai essere messo in esecuzione
2146 fintanto che esso si trova in uno qualunque degli altri stati.
2151 \begin{tabular}[c]{|p{2.8cm}|c|p{10cm}|}
2153 \textbf{Stato} & \texttt{STAT} & \textbf{Descrizione} \\
2156 \textbf{Runnable}& \texttt{R} & Il processo è in esecuzione o è pronto ad
2157 essere eseguito (cioè è in attesa che gli
2158 venga assegnata la CPU). \\
2159 \textbf{Sleep} & \texttt{S} & Il processo è in attesa di un
2160 risposta dal sistema, ma può essere
2161 interrotto da un segnale. \\
2162 \textbf{Uninterrutible Sleep}& \texttt{D} & Il processo è in
2163 attesa di un risposta dal sistema (in
2164 genere per I/O), e non può essere
2165 interrotto in nessuna circostanza. \\
2166 \textbf{Stopped} & \texttt{T} & Il processo è stato fermato con un
2167 \const{SIGSTOP}, o è tracciato.\\
2168 \textbf{Zombie}\index{zombie} & \texttt{Z} & Il processo è terminato ma il
2169 suo stato di terminazione non è ancora
2170 stato letto dal padre.\\
2171 \textbf{Killable}& \texttt{D} & Un nuovo stato introdotto con il kernel
2172 2.6.25, sostanzialmente identico
2173 all'\textbf{Uninterrutible Sleep} con la
2174 sola differenza che il processo può
2175 terminato (con \const{SIGKILL}).\\
2178 \caption{Elenco dei possibili stati di un processo in Linux, nella colonna
2179 \texttt{STAT} si è riportata la corrispondente lettera usata dal comando
2180 \cmd{ps} nell'omonimo campo.}
2181 \label{tab:proc_proc_states}
2184 % TODO nel 2.6.25 è stato aggiunto TASK_KILLABLE, da capire dova va messo.
2186 Si deve quindi tenere presente che l'utilizzo della CPU è soltanto una delle
2187 risorse che sono necessarie per l'esecuzione di un programma, e a seconda
2188 dello scopo del programma non è detto neanche che sia la più importante (molti
2189 programmi dipendono in maniera molto più critica dall'I/O). Per questo motivo
2190 non è affatto detto che dare ad un programma la massima priorità di esecuzione
2191 abbia risultati significativi in termini di prestazioni.
2193 Il meccanismo tradizionale di scheduling di Unix (che tratteremo in
2194 sez.~\ref{sec:proc_sched_stand}) è sempre stato basato su delle
2195 \textsl{priorità dinamiche}, in modo da assicurare che tutti i processi, anche
2196 i meno importanti, possano ricevere un po' di tempo di CPU. In sostanza quando
2197 un processo ottiene la CPU la sua priorità viene diminuita. In questo modo
2198 alla fine, anche un processo con priorità iniziale molto bassa, finisce per
2199 avere una priorità sufficiente per essere eseguito.
2201 Lo standard POSIX.1b però ha introdotto il concetto di \textsl{priorità
2202 assoluta}, (chiamata anche \textsl{priorità statica}, in contrapposizione
2203 alla normale priorità dinamica), per tenere conto dei sistemi
2204 real-time,\footnote{per sistema real-time si intende un sistema in grado di
2205 eseguire operazioni in un tempo ben determinato; in genere si tende a
2206 distinguere fra l'\textit{hard real-time} in cui è necessario che i tempi di
2207 esecuzione di un programma siano determinabili con certezza assoluta (come
2208 nel caso di meccanismi di controllo di macchine, dove uno sforamento dei
2209 tempi avrebbe conseguenze disastrose), e \textit{soft-real-time} in cui un
2210 occasionale sforamento è ritenuto accettabile.} in cui è vitale che i
2211 processi che devono essere eseguiti in un determinato momento non debbano
2212 aspettare la conclusione di altri che non hanno questa necessità.
2214 Il concetto di priorità assoluta dice che quando due processi si contendono
2215 l'esecuzione, vince sempre quello con la priorità assoluta più alta.
2216 Ovviamente questo avviene solo per i processi che sono pronti per essere
2217 eseguiti (cioè nello stato \textit{runnable}). La priorità assoluta viene in
2218 genere indicata con un numero intero, ed un valore più alto comporta una
2219 priorità maggiore. Su questa politica di scheduling torneremo in
2220 sez.~\ref{sec:proc_real_time}.
2222 In generale quello che succede in tutti gli Unix moderni è che ai processi
2223 normali viene sempre data una priorità assoluta pari a zero, e la decisione di
2224 assegnazione della CPU è fatta solo con il meccanismo tradizionale della
2225 priorità dinamica. In Linux tuttavia è possibile assegnare anche una priorità
2226 assoluta, nel qual caso un processo avrà la precedenza su tutti gli altri di
2227 priorità inferiore, che saranno eseguiti solo quando quest'ultimo non avrà
2231 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling} standard}
2232 \label{sec:proc_sched_stand}
2234 A meno che non si abbiano esigenze specifiche,\footnote{per alcune delle quali
2235 sono state introdotte delle varianti specifiche.} l'unico meccanismo di
2236 scheduling con il quale si avrà a che fare è quello tradizionale, che prevede
2237 solo priorità dinamiche. È di questo che, di norma, ci si dovrà preoccupare
2238 nella programmazione. Come accennato in Linux i processi ordinari hanno tutti
2239 una priorità assoluta nulla; quello che determina quale, fra tutti i processi
2240 in attesa di esecuzione, sarà eseguito per primo, è la cosiddetta
2241 \textsl{priorità dinamica},\footnote{quella che viene mostrata nella colonna
2242 \texttt{PR} del comando \texttt{top}.} che è chiamata così proprio perché
2243 varia nel corso dell'esecuzione di un processo.
2245 Il meccanismo usato da Linux è in realtà piuttosto complesso,\footnote{e
2246 dipende strettamente dalla versione di kernel; in particolare a partire
2247 dalla serie 2.6.x lo scheduler è stato riscritto completamente, con molte
2248 modifiche susseguitesi per migliorarne le prestazioni, per un certo periodo
2249 ed è stata anche introdotta la possibilità di usare diversi algoritmi,
2250 selezionabili sia in fase di compilazione, che, nelle versioni più recenti,
2251 all'avvio (addirittura è stato ideato un sistema modulare che permette di
2252 cambiare lo scheduler a sistema attivo).} ma a grandi linee si può dire che
2253 ad ogni processo è assegnata una \textit{time-slice}, cioè un intervallo di
2254 tempo (letteralmente una fetta) per il quale, a meno di eventi esterni, esso
2255 viene eseguito senza essere interrotto. Inoltre la priorità dinamica viene
2256 calcolata dallo scheduler a partire da un valore iniziale che viene
2257 \textsl{diminuito} tutte le volte che un processo è in stato \textbf{Runnable}
2258 ma non viene posto in esecuzione.\footnote{in realtà il calcolo della priorità
2259 dinamica e la conseguente scelta di quale processo mettere in esecuzione
2260 avviene con un algoritmo molto più complicato, che tiene conto anche della
2261 \textsl{interattività} del processo, utilizzando diversi fattori, questa è
2262 una brutale semplificazione per rendere l'idea del funzionamento, per una
2263 trattazione più dettagliata, anche se non aggiornatissima, dei meccanismi di
2264 funzionamento dello scheduler si legga il quarto capitolo di
2265 \cite{LinKernDev}.} Lo scheduler infatti mette sempre in esecuzione, fra
2266 tutti i processi in stato \textbf{Runnable}, quello che ha il valore di
2267 priorità dinamica più basso.\footnote{con le priorità dinamiche il significato
2268 del valore numerico ad esse associato è infatti invertito, un valore più
2269 basso significa una priorità maggiore.} Il fatto che questo valore venga
2270 diminuito quando un processo non viene posto in esecuzione pur essendo pronto,
2271 significa che la priorità dei processi che non ottengono l'uso del processore
2272 viene progressivamente incrementata, così che anche questi alla fine hanno la
2273 possibilità di essere eseguiti.
2275 Sia la dimensione della \textit{time-slice} che il valore di partenza della
2276 priorità dinamica sono determinate dalla cosiddetta \textit{nice} (o
2277 \textit{niceness}) del processo.\footnote{questa è una delle tante proprietà
2278 che ciascun processo si porta dietro, essa viene ereditata dai processi
2279 figli e mantenuta attraverso una \func{exec}; fino alla serie 2.4 essa era
2280 mantenuta nell'omonimo campo \texttt{nice} della \texttt{task\_struct}, con
2281 la riscrittura dello scheduler eseguita nel 2.6 viene mantenuta nel campo
2282 \texttt{static\_prio} come per le priorità statiche.} L'origine del nome di
2283 questo parametro sta nel fatto che generalmente questo viene usato per
2284 \textsl{diminuire} la priorità di un processo, come misura di cortesia nei
2285 confronti degli altri. I processi infatti vengono creati dal sistema con un
2286 valore di \var{nice} nullo e nessuno è privilegiato rispetto agli altri;
2287 specificando un valore positivo si avrà una \textit{time-slice} più breve ed
2288 un valore di priorità dinamica iniziale più alto, mentre un valore negativo
2289 darà una \textit{time-slice} più lunga ed un valore di priorità dinamica
2292 Esistono diverse funzioni che consentono di modificare la \textit{niceness} di
2293 un processo; la più semplice è funzione \funcd{nice}, che opera sul processo
2294 corrente, il suo prototipo è:
2295 \begin{prototype}{unistd.h}
2297 Aumenta il valore di \var{nice} per il processo corrente.
2299 \bodydesc{La funzione ritorna zero o il nuovo valore di \var{nice} in caso
2300 di successo e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere
2303 \item[\errcode{EPERM}] non si ha il permesso di specificare un valore
2304 di \param{inc} negativo.
2308 L'argomento \param{inc} indica l'incremento da effettuare rispetto al valore
2309 di \var{nice} corrente: quest'ultimo può assumere valori compresi fra
2310 \const{PRIO\_MIN} e \const{PRIO\_MAX}; nel caso di Linux sono fra $-20$ e
2311 $19$,\footnote{in realtà l'intervallo varia a seconda delle versioni di
2312 kernel, ed è questo a partire dal kernel 1.3.43, anche se oggi si può avere
2313 anche l'intervallo fra $-20$ e $20$.} ma per \param{inc} si può specificare
2314 un valore qualunque, positivo o negativo, ed il sistema provvederà a troncare
2315 il risultato nell'intervallo consentito. Valori positivi comportano maggiore
2316 \textit{cortesia} e cioè una diminuzione della priorità, valori negativi
2317 comportano invece un aumento della priorità. Con i kernel precedenti il
2318 2.6.12 solo l'amministratore\footnote{o un processo con la
2319 \itindex{capabilities} \textit{capability} \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi
2320 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} può specificare valori negativi
2321 di \param{inc} che permettono di aumentare la priorità di un processo, a
2322 partire da questa versione è consentito anche agli utenti normali alzare
2323 (entro certi limiti, che vedremo più avanti) la priorità dei propri processi.
2325 Gli standard SUSv2 e POSIX.1 prevedono che la funzione ritorni il nuovo valore
2326 di \var{nice} del processo; tuttavia la system call di Linux non segue questa
2327 convenzione e restituisce sempre 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2328 errore; questo perché $-1$ è un valore di \var{nice} legittimo e questo
2329 comporta una confusione con una eventuale condizione di errore. La system call
2330 originaria inoltre non consente, se non dotati di adeguati privilegi, di
2331 diminuire un valore di \var{nice} precedentemente innalzato.
2333 Fino alle \acr{glibc} 2.2.4 la funzione di libreria riportava direttamente il
2334 risultato dalla system call, violando lo standard, per cui per ottenere il
2335 nuovo valore occorreva una successiva chiamata alla funzione
2336 \func{getpriority}. A partire dalla \acr{glibc} 2.2.4 \func{nice} è stata
2337 reimplementata e non viene più chiamata la omonima system call, con questa
2338 versione viene restituito come valore di ritorno il valore di \var{nice}, come
2339 richiesto dallo standard.\footnote{questo viene fatto chiamando al suo interno
2340 \func{setpriority}, che tratteremo a breve.} In questo caso l'unico modo
2341 per rilevare in maniera affidabile una condizione di errore è quello di
2342 azzerare \var{errno} prima della chiamata della funzione e verificarne il
2343 valore quando \func{nice} restituisce $-1$.
2345 Per leggere il valore di \textit{nice} di un processo occorre usare la
2346 funzione \funcd{getpriority}, derivata da BSD; il suo prototipo è:
2347 \begin{prototype}{sys/resource.h}
2348 {int getpriority(int which, int who)}
2350 Restituisce il valore di \var{nice} per l'insieme dei processi specificati.
2352 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
2353 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2355 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2356 \param{which} e \param{who}.
2357 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
2360 \noindent nelle vecchie versioni può essere necessario includere anche
2361 \file{<sys/time.h>}, questo non è più necessario con versioni recenti delle
2362 librerie, ma è comunque utile per portabilità.
2364 La funzione permette, a seconda del valore di \param{which}, di leggere la
2365 priorità di un processo, di un gruppo di processi (vedi
2366 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o di un utente, specificando un corrispondente
2367 valore per \param{who} secondo la legenda di tab.~\ref{tab:proc_getpriority};
2368 un valore nullo di quest'ultimo indica il processo, il gruppo di processi o
2374 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
2376 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
2379 \const{PRIO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo \\
2380 \const{PRIO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
2381 \textit{process group} \\
2382 \const{PRIO\_USER} & \type{uid\_t} & utente \\
2385 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
2386 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{getpriority} e
2387 \func{setpriority} per le tre possibili scelte.}
2388 \label{tab:proc_getpriority}
2391 La funzione restituisce la priorità più alta (cioè il valore più basso) fra
2392 quelle dei processi specificati; di nuovo, dato che $-1$ è un valore
2393 possibile, per poter rilevare una condizione di errore è necessario cancellare
2394 sempre \var{errno} prima della chiamata alla funzione per verificare che essa
2395 resti uguale a zero.
2397 Analoga a \func{getpriority} è la funzione \funcd{setpriority} che permette di
2398 impostare la priorità di uno o più processi; il suo prototipo è:
2399 \begin{prototype}{sys/resource.h}
2400 {int setpriority(int which, int who, int prio)}
2401 Imposta la priorità per l'insieme dei processi specificati.
2403 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
2404 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2406 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2407 \param{which} e \param{who}.
2408 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
2409 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto un aumento di priorità senza avere
2410 sufficienti privilegi.
2411 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2412 cercato di modificare la priorità di un processo di un altro utente.
2416 La funzione imposta la priorità al valore specificato da \param{prio} per
2417 tutti i processi indicati dagli argomenti \param{which} e \param{who}. In
2418 questo caso come valore di \param{prio} deve essere specificato il valore di
2419 \textit{nice} da assegnare, e non un incremento (positivo o negativo) come nel
2420 caso di \func{nice}. La funzione restituisce il valore di \textit{nice}
2421 assegnato in caso di successo e $-1$ in caso di errore, e come per \func{nice}
2422 anche in questo caso per rilevare un errore occorre sempre porre a zero
2423 \var{errno} prima della chiamata della funzione, essendo $-1$ un valore di
2424 \textit{nice} valido.
2426 Si tenga presente che solo l'amministratore\footnote{o più precisamente un
2427 processo con la \itindex{capabilities} \textit{capability}
2428 \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} ha la
2429 possibilità di modificare arbitrariamente le priorità di qualunque
2430 processo. Un utente normale infatti può modificare solo la priorità dei suoi
2431 processi ed in genere soltanto diminuirla. Fino alla versione di kernel
2432 2.6.12 Linux ha seguito le specifiche dello standard SUSv3, e come per tutti i
2433 sistemi derivati da SysV veniva richiesto che l'user-ID reale o quello
2434 effettivo del processo chiamante corrispondessero all'user-ID reale (e solo a
2435 quello) del processo di cui si intendeva cambiare la priorità. A partire dalla
2436 versione 2.6.12 è stata adottata la semantica in uso presso i sistemi derivati
2437 da BSD (SunOS, Ultrix, *BSD), in cui la corrispondenza può essere anche con
2438 l'user-ID effettivo.
2440 Sempre a partire dal kernel 2.6.12 è divenuto possibile anche per gli utenti
2441 ordinari poter aumentare la priorità dei propri processi specificando un
2442 valore di \param{prio} negativo. Questa operazione non è possibile però in
2443 maniera indiscriminata, ed in particolare può essere effettuata solo
2444 nell'intervallo consentito dal valore del limite \const{RLIMIT\_NICE}
2445 (torneremo su questo in sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}).
2448 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling real-time}}
2449 \label{sec:proc_real_time}
2451 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_sched} lo standard POSIX.1b ha introdotto
2452 le priorità assolute per permettere la gestione di processi real-time. In
2453 realtà nel caso di Linux non si tratta di un vero hard real-time, in quanto in
2454 presenza di eventuali interrupt il kernel interrompe l'esecuzione di un
2455 processo qualsiasi sia la sua priorità,\footnote{questo a meno che non si
2456 siano installate le patch di RTLinux, RTAI o Adeos, con i quali è possibile
2457 ottenere un sistema effettivamente hard real-time. In tal caso infatti gli
2458 interrupt vengono intercettati dall'interfaccia real-time (o nel caso di
2459 Adeos gestiti dalle code del nano-kernel), in modo da poterli controllare
2460 direttamente qualora ci sia la necessità di avere un processo con priorità
2461 più elevata di un \textit{interrupt handler}.} mentre con l'incorrere in un
2462 \itindex{page~fault} \textit{page fault} si possono avere ritardi non
2463 previsti. Se l'ultimo problema può essere aggirato attraverso l'uso delle
2464 funzioni di controllo della memoria virtuale (vedi
2465 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), il primo non è superabile e può comportare
2466 ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di esecuzione di qualunque processo.
2468 Nonostante questo, ed in particolare con una serie di miglioramenti che sono
2469 stati introdotti nello sviluppo del kernel,\footnote{in particolare a partire
2470 dalla versione 2.6.18 sono stati inserite nel kernel una serie di modifiche
2471 che consentono di avvicinarsi sempre di più ad un vero e proprio sistema
2472 \textit{real-time} estendendo il concetto di \textit{preemption} alle
2473 operazioni dello stesso kernel; esistono vari livelli a cui questo può
2474 essere fatto, ottenibili attivando in fase di compilazione una fra le
2475 opzioni \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_NONE}, \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_VOLUNTARY}
2476 e \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_DESKTOP}.} si può arrivare ad una ottima
2477 approssimazione di sistema real-time usando le priorità assolute; occorre
2478 farlo però con molta attenzione: se si dà ad un processo una priorità assoluta
2479 e questo finisce in un loop infinito, nessun altro processo potrà essere
2480 eseguito, ed esso sarà mantenuto in esecuzione permanentemente assorbendo
2481 tutta la CPU e senza nessuna possibilità di riottenere l'accesso al
2482 sistema. Per questo motivo è sempre opportuno, quando si lavora con processi
2483 che usano priorità assolute, tenere attiva una shell cui si sia assegnata la
2484 massima priorità assoluta, in modo da poter essere comunque in grado di
2485 rientrare nel sistema.
2487 Quando c'è un processo con priorità assoluta lo scheduler lo metterà in
2488 esecuzione prima di ogni processo normale. In caso di più processi sarà
2489 eseguito per primo quello con priorità assoluta più alta. Quando ci sono più
2490 processi con la stessa priorità assoluta questi vengono tenuti in una coda e
2491 tocca al kernel decidere quale deve essere eseguito. Il meccanismo con cui
2492 vengono gestiti questi processi dipende dalla politica di scheduling che si è
2493 scelta; lo standard ne prevede due:
2494 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2495 \item[\textsf{FIFO}] \textit{First In First Out}. Il processo viene eseguito
2496 fintanto che non cede volontariamente la CPU (con \func{sched\_yield}), si
2497 blocca, finisce o viene interrotto da un processo a priorità più alta. Se il
2498 processo viene interrotto da uno a priorità più alta esso resterà in cima
2499 alla lista e sarà il primo ad essere eseguito quando i processi a priorità
2500 più alta diverranno inattivi. Se invece lo si blocca volontariamente sarà
2501 posto in coda alla lista (ed altri processi con la stessa priorità potranno
2503 \item[\textsf{RR}] \textit{Round Robin}. Il comportamento è del tutto analogo
2504 a quello precedente, con la sola differenza che ciascun processo viene
2505 eseguito al massimo per un certo periodo di tempo (la cosiddetta
2506 \textit{time-slice}) dopo di che viene automaticamente posto in fondo alla
2507 coda dei processi con la stessa priorità. In questo modo si ha comunque una
2508 esecuzione a turno di tutti i processi, da cui il nome della politica. Solo
2509 i processi con la stessa priorità ed in stato \textbf{Runnable} entrano nel
2513 Lo standard POSIX.1-2001 prevede una funzione che consenta sia di modificare
2514 le politiche di scheduling, passando da real-time a ordinarie o viceversa, che
2515 di specificare, in caso di politiche real-time, la eventuale priorità statica;
2516 la funzione è \funcd{sched\_setscheduler} ed il suo prototipo è:
2517 \begin{prototype}{sched.h}
2518 {int sched\_setscheduler(pid\_t pid, int policy, const struct sched\_param *p)}
2519 Imposta priorità e politica di scheduling.
2521 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e $-$1 in caso
2522 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2524 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2525 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non esiste o il
2526 relativo valore di \param{p} non è valido.
2527 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi per attivare la
2532 La funzione esegue l'impostazione per il processo specificato dall'argomento
2533 \param{pid}; un valore nullo di questo argomento esegue l'impostazione per il
2534 processo corrente. La politica di scheduling è specificata
2535 dall'argomento \param{policy} i cui possibili valori sono riportati in
2536 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}; la parte alta della tabella indica le
2537 politiche real-time, quella bassa le politiche ordinarie. Un valore negativo
2538 per \param{policy} mantiene la politica di scheduling corrente.
2543 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2545 \textbf{Policy} & \textbf{Significato} \\
2548 \const{SCHED\_FIFO} & Scheduling real-time con politica \textit{FIFO}. \\
2549 \const{SCHED\_RR} & Scheduling real-time con politica \textit{Round
2552 \const{SCHED\_OTHER}& Scheduling ordinario.\\
2553 \const{SCHED\_BATCH}& Scheduling ordinario con l'assunzione ulteriore di
2554 lavoro \textit{CPU intensive}.\footnotemark\\
2555 \const{SCHED\_IDLE} & Scheduling di priorità estremamente
2556 bassa.\footnotemark\\
2559 \caption{Valori dell'argomento \param{policy} per la funzione
2560 \func{sched\_setscheduler}.}
2561 \label{tab:proc_sched_policy}
2564 \footnotetext[41]{introdotto con il kernel 2.6.16.}
2565 \footnotetext{introdotto con il kernel 2.6.23.}
2567 Con le versioni più recenti del kernel sono state introdotte anche delle
2568 varianti sulla politica di scheduling tradizionale per alcuni carichi di
2569 lavoro specifici, queste due nuove politiche sono specifiche di Linux e non
2570 devono essere usate se si vogliono scrivere programmi portabili.
2572 La politica \const{SCHED\_BATCH} è una variante della politica ordinaria con
2573 la sola differenza che i processi ad essa soggetti non ottengono, nel calcolo
2574 delle priorità dinamiche fatto dallo scheduler, il cosiddetto bonus di
2575 interattività che mira a favorire i processi che si svegliano dallo stato di
2576 \textbf{Sleep}.\footnote{cosa che accade con grande frequenza per i processi
2577 interattivi, dato che essi sono per la maggior parte del tempo in attesa di
2578 dati in ingresso da parte dell'utente.} La si usa pertanto, come indica il
2579 nome, per processi che usano molta CPU (come programmi di calcolo) che in
2580 questo modo sono leggermente sfavoriti rispetto ai processi interattivi che
2581 devono rispondere a dei dati in ingresso, pur non perdendo il loro valore di
2584 La politica \const{SCHED\_IDLE} invece è una politica dedicata ai processi che
2585 si desidera siano eseguiti con la più bassa priorità possibile, ancora più
2586 bassa di un processo con il minimo valore di \textit{nice}. In sostanza la si
2587 può utilizzare per processi che devono essere eseguiti se non c'è niente altro
2588 da fare. Va comunque sottolineato che anche un processo \const{SCHED\_IDLE}
2589 avrà comunque una sua possibilità di utilizzo della CPU, sia pure in
2590 percentuale molto bassa.
2592 Qualora si sia richiesta una politica real-time il valore della priorità
2593 statica viene impostato attraverso la struttura \struct{sched\_param},
2594 riportata in fig.~\ref{fig:sig_sched_param}, il cui solo campo attualmente
2595 definito è \var{sched\_priority}. Il campo deve contenere il valore della
2596 priorità statica da assegnare al processo; lo standard prevede che questo
2597 debba essere assegnato all'interno di un intervallo fra un massimo ed un
2598 minimo che nel caso di Linux sono rispettivamente 1 e 99.
2600 \begin{figure}[!bht]
2601 \footnotesize \centering
2602 \begin{minipage}[c]{15cm}
2603 \includestruct{listati/sched_param.c}
2606 \caption{La struttura \structd{sched\_param}.}
2607 \label{fig:sig_sched_param}
2610 I processi con politica di scheduling ordinaria devono sempre specificare un
2611 valore nullo di \var{sched\_priority} altrimenti si avrà un errore
2612 \errcode{EINVAL}, questo valore infatti non ha niente a che vedere con la
2613 priorità dinamica determinata dal valore di \textit{nice}, che deve essere
2614 impostato con le funzioni viste in precedenza.
2616 Lo standard POSIX.1b prevede comunque che i due valori della massima e minima
2617 priorità statica possano essere ottenuti, per ciascuna delle politiche di
2618 scheduling \textit{real-time}, tramite le due funzioni
2619 \funcd{sched\_get\_priority\_max} e \funcd{sched\_get\_priority\_min}, i cui
2624 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_max(int policy)} Legge il valore
2625 massimo della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
2628 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_min(int policy)} Legge il valore minimo
2629 della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
2631 \bodydesc{La funzioni ritornano il valore della priorità in caso di successo
2632 e $-1$ in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2634 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non è valido.
2638 Si tenga presente che quando si imposta una politica di scheduling real-time
2639 per un processo o se ne cambia la priorità statica questo viene messo in cima
2640 alla lista dei processi con la stessa priorità; questo comporta che verrà
2641 eseguito subito, interrompendo eventuali altri processi con la stessa priorità
2642 in quel momento in esecuzione.
2644 Il kernel mantiene i processi con la stessa priorità assoluta in una lista, ed
2645 esegue sempre il primo della lista, mentre un nuovo processo che torna in
2646 stato \textbf{Runnable} viene sempre inserito in coda alla lista. Se la
2647 politica scelta è \const{SCHED\_FIFO} quando il processo viene eseguito viene
2648 automaticamente rimesso in coda alla lista, e la sua esecuzione continua
2649 fintanto che non viene bloccato da una richiesta di I/O, o non rilascia
2650 volontariamente la CPU (in tal caso, tornando nello stato \textbf{Runnable}
2651 sarà reinserito in coda alla lista); l'esecuzione viene ripresa subito solo
2652 nel caso che esso sia stato interrotto da un processo a priorità più alta.
2654 Solo un processo con i privilegi di amministratore\footnote{più precisamente
2655 con la \itindex{capabilities} capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi
2656 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} può impostare senza restrizioni priorità
2657 assolute diverse da zero o politiche \const{SCHED\_FIFO} e
2658 \const{SCHED\_RR}. Un utente normale può modificare solo le priorità di
2659 processi che gli appartengono; è cioè richiesto che l'user-ID effettivo del
2660 processo chiamante corrisponda all'user-ID reale o effettivo del processo
2661 indicato con \param{pid}.
2663 Fino al kernel 2.6.12 gli utenti normali non potevano impostare politiche
2664 real-time o modificare la eventuale priorità statica di un loro processo. A
2665 partire da questa versione è divenuto possibile anche per gli utenti normali
2666 usare politiche real-time fintanto che la priorità assoluta che si vuole
2667 impostare è inferiore al limite \const{RLIMIT\_RTPRIO} (vedi
2668 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}) ad essi assegnato. Unica eccezione a questa
2669 possibilità sono i processi \const{SCHED\_IDLE}, che non possono cambiare
2670 politica di scheduling indipendentemente dal valore di
2671 \const{RLIMIT\_RTPRIO}. Inoltre, in caso di processo già sottoposto ad una
2672 politica real-time, un utente può sempre, indipendentemente dal valore di
2673 \const{RLIMIT\_RTPRIO}, diminuirne la priorità o portarlo ad una politica
2676 Se si intende operare solo sulla priorità statica di un processo si possono
2677 usare le due funzioni \funcd{sched\_setparam} e \funcd{sched\_getparam} che
2678 consentono rispettivamente di impostarne e leggerne il valore, i loro
2683 \funcdecl{int sched\_setparam(pid\_t pid, const struct sched\_param *param)}
2684 Imposta la priorità statica del processo \param{pid}.
2686 \funcdecl{int sched\_getparam(pid\_t pid, struct sched\_param *param)}
2687 Legge la priorità statica del processo \param{pid}.
2689 \bodydesc{Entrambe le funzioni ritornano 0 in caso di successo e $-1$ in
2690 caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2692 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2693 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{param} non ha senso per la
2694 politica usata dal processo.
2695 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno privilegi sufficienti per eseguire
2700 L'uso di \func{sched\_setparam}, compresi i controlli di accesso che vi si
2701 applicano, è del tutto equivalente a quello di \func{sched\_setscheduler} con
2702 argomento \param{policy} uguale a -1. Come per \func{sched\_setscheduler}
2703 specificando 0 come valore dell'argomento \param{pid} si opera sul processo
2704 corrente. Benché la funzione sia utilizzabile anche con processi sottoposti a
2705 politica ordinaria essa ha senso soltanto per quelli real-time, dato che per i
2706 primi la priorità statica può essere soltanto nulla. La disponibilità di
2707 entrambe le funzioni può essere verificata controllando la macro
2708 \macro{\_POSIX\_PRIORITY\_SCHEDULING} che è definita nell'header
2711 Se invece si vuole sapere quale è politica di scheduling di un processo si può
2712 usare la funzione \funcd{sched\_getscheduler}, il cui prototipo è:
2713 \begin{prototype}{sched.h}
2714 {int sched\_getscheduler(pid\_t pid)}
2715 Legge la politica di scheduling per il processo \param{pid}.
2717 \bodydesc{La funzione ritorna la politica di scheduling in caso di successo
2718 e $-1$ in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2720 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2721 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno privilegi sufficienti per eseguire
2726 La funzione restituisce il valore, secondo quanto elencato in
2727 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}, della politica di scheduling per il processo
2728 specificato; se l'argomento \param{pid} è nullo viene restituito il valore
2729 relativo al processo chiamante.
2731 L'ultima funzione che permette di leggere le informazioni relative ai processi
2732 real-time è \funcd{sched\_rr\_get\_interval}, che permette di ottenere la
2733 lunghezza della \textit{time-slice} usata dalla politica \textit{round robin};
2735 \begin{prototype}{sched.h}
2736 {int sched\_rr\_get\_interval(pid\_t pid, struct timespec *tp)} Legge in
2737 \param{tp} la durata della \textit{time-slice} per il processo \param{pid}.
2739 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
2740 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2742 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2743 \item[\errcode{ENOSYS}] la system call non è stata implementata.
2747 La funzione restituisce il valore dell'intervallo di tempo usato per la
2748 politica \textit{round robin} in una struttura \struct{timespec}, (la cui
2749 definizione si può trovare in fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}). In realtà
2750 dato che in Linux questo intervallo di tempo è prefissato e non modificabile,
2751 questa funzione ritorna sempre un valore di 150 millisecondi, e non importa
2752 specificare il PID di un processo reale.
2754 Come accennato ogni processo può rilasciare volontariamente la CPU in modo da
2755 consentire agli altri processi di essere eseguiti; la funzione che consente di
2756 fare tutto ciò è \funcd{sched\_yield}, il cui prototipo è:
2757 \begin{prototype}{sched.h}
2758 {int sched\_yield(void)}
2760 Rilascia volontariamente l'esecuzione.
2762 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
2763 nel qual caso \var{errno} viene impostata opportunamente.}
2766 Questa funzione ha un utilizzo effettivo soltanto quando si usa lo scheduling
2767 real-time, e serve a far sì che il processo corrente rilasci la CPU, in modo
2768 da essere rimesso in coda alla lista dei processi con la stessa priorità per
2769 permettere ad un altro di essere eseguito; se però il processo è l'unico ad
2770 essere presente sulla coda l'esecuzione non sarà interrotta. In genere usano
2771 questa funzione i processi in modalità \textit{fifo}, per permettere
2772 l'esecuzione degli altri processi con pari priorità quando la sezione più
2775 % TODO: con il 2.6.23 il comportamento è stato leggermente modificato ed è
2776 % stato introdotto /proc/sys/kernel/sched_compat_yield da mettere a 1 per aver
2777 % la compatibilità con il precedente.
2779 \subsection{Il controllo dello \textit{scheduler} per i sistemi
2781 \label{sec:proc_sched_multiprocess}
2783 Infine con il supporto dei sistemi multiprocessore sono state introdotte delle
2784 funzioni che permettono di controllare in maniera più dettagliata la scelta di
2785 quale processore utilizzare per eseguire un certo programma. Uno dei problemi
2786 che si pongono nei sistemi multiprocessore è infatti quello del cosiddetto
2787 \index{effetto~ping-pong} \textsl{effetto ping-pong}. Può accadere cioè che lo
2788 scheduler, quando riavvia un processo precedentemente interrotto scegliendo il
2789 primo processore disponibile, lo faccia eseguire da un processore diverso
2790 rispetto a quello su cui era stato eseguito in precedenza. Se il processo
2791 passa da un processore all'altro in questo modo (cosa che avveniva abbastanza
2792 di frequente con i kernel della seria 2.4.x) si ha l'\textsl{effetto
2795 Questo tipo di comportamento può generare dei seri problemi di prestazioni;
2796 infatti tutti i processori moderni utilizzano una memoria interna (la
2797 \textit{cache}) contenente i dati più usati, che permette di evitare di
2798 eseguire un accesso (molto più lento) alla memoria principale sulla scheda
2799 madre. Chiaramente un processo sarà favorito se i suoi dati sono nella cache
2800 del processore, ma è ovvio che questo può essere vero solo per un processore
2801 alla volta, perché in presenza di più copie degli stessi dati su più
2802 processori, non si potrebbe determinare quale di questi ha la versione dei
2803 dati aggiornata rispetto alla memoria principale.
2805 Questo comporta che quando un processore inserisce un dato nella sua cache,
2806 tutti gli altri processori che hanno lo stesso dato devono invalidarlo, e
2807 questa operazione è molto costosa in termini di prestazioni. Il problema
2808 diventa serio quando si verifica l'\textsl{effetto ping-pong}, in tal caso
2809 infatti un processo \textsl{rimbalza} continuamente da un processore all'altro
2810 e si ha una continua invalidazione della cache, che non diventa mai
2813 \itindbeg{CPU~affinity}
2815 Per ovviare a questo tipo di problemi è nato il concetto di \textsl{affinità
2816 di processore} (o \textit{CPU affinity}); la possibilità cioè di far sì che
2817 un processo possa essere assegnato per l'esecuzione sempre allo stesso
2818 processore. Lo scheduler dei kernel della serie 2.4.x aveva una scarsa
2819 \textit{CPU affinity}, e \index{effetto~ping-pong} l'effetto ping-pong era
2820 comune; con il nuovo scheduler dei kernel della 2.6.x questo problema è stato
2821 risolto ed esso cerca di mantenere il più possibile ciascun processo sullo
2824 In certi casi però resta l'esigenza di poter essere sicuri che un processo sia
2825 sempre eseguito dallo stesso processore,\footnote{quella che viene detta
2826 \textit{hard CPU affinity}, in contrasto con quella fornita dallo scheduler,
2827 detta \textit{soft CPU affinity}, che di norma indica solo una preferenza,
2828 non un requisito assoluto.} e per poter risolvere questo tipo di
2829 problematiche nei nuovi kernel\footnote{le due system call per la gestione
2830 della \textit{CPU affinity} sono state introdotte nel kernel 2.5.8, e le
2831 funzioni di libreria nelle \textsl{glibc} 2.3.} è stata introdotta
2832 l'opportuna infrastruttura ed una nuova system call che permette di impostare
2833 su quali processori far eseguire un determinato processo attraverso una
2834 \textsl{maschera di affinità}. La corrispondente funzione di libreria è
2835 \funcd{sched\_setaffinity} ed il suo prototipo è:
2836 \begin{prototype}{sched.h}
2837 {int sched\_setaffinity (pid\_t pid, unsigned int cpusetsize, const
2838 cpu\_set\_t *cpuset)}
2839 Imposta la maschera di affinità del processo \param{pid}.
2841 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
2842 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2844 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2845 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{cpuset} contiene riferimenti a
2846 processori non esistenti nel sistema.
2847 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
2848 eseguire l'operazione.
2850 ed inoltre anche \errval{EFAULT}.}
2854 Questa funzione e la corrispondente \func{sched\_setaffinity} hanno una storia
2855 abbastanza complessa, la system call prevede l'uso di due ulteriori argomenti
2856 di tipo \texttt{unsigned int len} e \texttt{unsigned long *mask}, che
2857 corrispondono al fatto che la implementazione effettiva usa una semplice
2858 maschera binaria. Quando le funzioni vennero incluse nelle \acr{glibc}
2859 assunsero invece il prototipo appena mostrato. A complicare la cosa si
2860 aggiunge il fatto che nella versione 2.3.3 delle \acr{glibc} l'argomento
2861 \param{cpusetsize} è stato eliminato, per poi essere ripristinato nella
2862 versione 2.3.4.\footnote{pertanto se la vostra pagina di manuale non è
2863 aggiornata, o usate quella particolare versione delle \acr{glibc}, potrete
2864 trovare indicazioni diverse, il prototipo illustrato è quello riportato
2865 nella versione corrente (maggio 2008) delle pagine di manuale e
2866 corrispondente alla definizione presente in \file{sched.h}.}
2868 La funzione imposta, con l'uso del valore contenuto all'indirizzo
2869 \param{cpuset}, l'insieme dei processori sui quali deve essere eseguito il
2870 processo identificato tramite il valore passato in \param{pid}. Come in
2871 precedenza il valore nullo di \param{pid} indica il processo corrente. Per
2872 poter utilizzare questa funzione sono richiesti i privilegi di amministratore
2873 (è necessaria la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}) altrimenti essa fallirà con
2874 un errore di \errcode{EPERM}. Una volta impostata una maschera di affinità,
2875 questa viene ereditata attraverso una \func{fork}, in questo modo diventa
2876 possibile legare automaticamente un gruppo di processi ad un singolo
2879 Nell'uso comune, almeno con i kernel della serie 2.6.x, l'uso di questa
2880 funzione non è necessario, in quanto è lo scheduler stesso che provvede a
2881 mantenere al meglio l'affinità di processore. Esistono però esigenze
2882 particolari, ad esempio quando un processo (o un gruppo di processi) è
2883 utilizzato per un compito importante (ad esempio per applicazioni real-time o
2884 la cui risposta è critica) e si vuole la massima velocità, con questa
2885 interfaccia diventa possibile selezionare gruppi di processori utilizzabili in
2886 maniera esclusiva. Lo stesso dicasi quando l'accesso a certe risorse (memoria
2887 o periferiche) può avere un costo diverso a seconda del processore (come
2888 avviene nelle architetture NUMA).
2890 Infine se un gruppo di processi accede alle stesse risorse condivise (ad
2891 esempio una applicazione con più \itindex{thread} \textit{thread}) può avere
2892 senso usare lo stesso processore in modo da sfruttare meglio l'uso della sua
2893 cache; questo ovviamente riduce i benefici di un sistema multiprocessore
2894 nell'esecuzione contemporanea dei \itindex{thread} \textit{thread}, ma in
2895 certi casi (quando i \itindex{thread} \textit{thread} sono inerentemente
2896 serializzati nell'accesso ad una risorsa) possono esserci sufficienti vantaggi
2897 nell'evitare la perdita della cache da rendere conveniente l'uso dell'affinità
2900 Per facilitare l'uso dell'argomento \param{cpuset} le \acr{glibc} hanno
2901 introdotto un apposito dato di tipo, \ctyp{cpu\_set\_t},\footnote{questa è una
2902 estensione specifica delle \acr{glibc}, da attivare definendo la macro
2903 \macro{\_GNU\_SOURCE}, non esiste infatti una standardizzazione per
2904 questo tipo di interfaccia e POSIX al momento non prevede nulla al
2905 riguardo.} che permette di identificare un insieme di processori. Il dato è
2906 una maschera binaria: in generale è un intero a 32 bit in cui ogni bit
2907 corrisponde ad un processore, ma dato che per architetture particolari il
2908 numero di bit di un intero può non essere sufficiente, è stata creata questa
2909 che è una interfaccia generica che permette di usare a basso livello un tipo
2910 di dato qualunque rendendosi indipendenti dal numero di bit e dalla loro
2913 Questa interfaccia, oltre alla definizione del tipo di dato apposito, prevede
2914 anche una serie di macro di preprocessore per la manipolazione dello stesso,
2915 che consentono di svuotare un insieme, aggiungere o togliere un processore da
2916 esso o verificare se vi è già presente:
2919 \funcdecl{void \macro{CPU\_ZERO}(cpu\_set\_t *set)}
2920 Inizializza l'insieme (vuoto).
2922 \funcdecl{void \macro{CPU\_SET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
2923 Inserisce il processore \param{cpu} nell'insieme.
2925 \funcdecl{void \macro{CPU\_CLR}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
2926 Rimuove il processore \param{cpu} nell'insieme.
2928 \funcdecl{int \macro{CPU\_ISSET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
2929 Controlla se il processore \param{cpu} è nell'insieme.
2932 Oltre a queste macro, simili alle analoghe usate per gli insiemi di file
2933 descriptor (vedi sez.~\ref{sec:file_select}) è definita la costante
2934 \const{CPU\_SETSIZE} che indica il numero massimo di processori che possono
2935 far parte dell'insieme, e che costituisce un limite massimo al valore
2936 dell'argomento \param{cpu}.
2938 In generale la maschera di affinità è preimpostata in modo che un processo
2939 possa essere eseguito su qualunque processore, se può comunque leggere il
2940 valore per un processo specifico usando la funzione
2941 \funcd{sched\_getaffinity}, il suo prototipo è:
2942 \begin{prototype}{sched.h}
2943 {int sched\_getaffinity (pid\_t pid, unsigned int cpusetsize,
2944 const cpu\_set\_t *cpuset)}
2945 Legge la maschera di affinità del processo \param{pid}.
2947 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
2948 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2950 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2951 \item[\errcode{EFAULT}] il valore di \param{cpuset} non è un indirizzo
2956 La funzione restituirà all'indirizzo specificato da \param{cpuset} il valore
2957 della maschera di affinità del processo, così da poterla riutilizzare per una
2958 successiva reimpostazione. In questo caso non sono necessari privilegi
2961 È chiaro che queste funzioni per la gestione dell'affinità hanno significato
2962 soltanto su un sistema multiprocessore, esse possono comunque essere
2963 utilizzate anche in un sistema con un processore singolo, nel qual caso però
2964 non avranno alcun risultato effettivo.
2966 \itindend{scheduler}
2967 \itindend{CPU~affinity}
2971 \section{Problematiche di programmazione multitasking}
2972 \label{sec:proc_multi_prog}
2974 Benché i processi siano strutturati in modo da apparire il più possibile come
2975 indipendenti l'uno dall'altro, nella programmazione in un sistema multitasking
2976 occorre tenere conto di una serie di problematiche che normalmente non
2977 esistono quando si ha a che fare con un sistema in cui viene eseguito un solo
2978 programma alla volta.
2980 Pur essendo questo argomento di carattere generale, ci è parso opportuno
2981 introdurre sinteticamente queste problematiche, che ritroveremo a più riprese
2982 in capitoli successivi, in questa sezione conclusiva del capitolo in cui
2983 abbiamo affrontato la gestione dei processi.
2986 \subsection{Le operazioni atomiche}
2987 \label{sec:proc_atom_oper}
2989 La nozione di \textsl{operazione atomica} deriva dal significato greco della
2990 parola atomo, cioè indivisibile; si dice infatti che un'operazione è atomica
2991 quando si ha la certezza che, qualora essa venga effettuata, tutti i passaggi
2992 che devono essere compiuti per realizzarla verranno eseguiti senza possibilità
2993 di interruzione in una fase intermedia.
2995 In un ambiente multitasking il concetto è essenziale, dato che un processo può
2996 essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in esecuzione un
2997 altro processo o dalla ricezione di un segnale; occorre pertanto essere
2998 accorti nei confronti delle possibili \itindex{race~condition} \textit{race
2999 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}) derivanti da operazioni
3000 interrotte in una fase in cui non erano ancora state completate.
3002 Nel caso dell'interazione fra processi la situazione è molto più semplice, ed
3003 occorre preoccuparsi della atomicità delle operazioni solo quando si ha a che
3004 fare con meccanismi di intercomunicazione (che esamineremo in dettaglio in
3005 cap.~\ref{cha:IPC}) o nelle operazioni con i file (vedremo alcuni esempi in
3006 sez.~\ref{sec:file_atomic}). In questi casi in genere l'uso delle appropriate
3007 funzioni di libreria per compiere le operazioni necessarie è garanzia
3008 sufficiente di atomicità in quanto le system call con cui esse sono realizzate
3009 non possono essere interrotte (o subire interferenze pericolose) da altri
3012 Nel caso dei segnali invece la situazione è molto più delicata, in quanto lo
3013 stesso processo, e pure alcune system call, possono essere interrotti in
3014 qualunque momento, e le operazioni di un eventuale \textit{signal handler}
3015 sono compiute nello stesso spazio di indirizzi del processo. Per questo, anche
3016 il solo accesso o l'assegnazione di una variabile possono non essere più
3017 operazioni atomiche (torneremo su questi aspetti in
3018 sez.~\ref{sec:sig_adv_control}).
3020 In questo caso il sistema provvede un tipo di dato, il \type{sig\_atomic\_t},
3021 il cui accesso è assicurato essere atomico. In pratica comunque si può
3022 assumere che, in ogni piattaforma su cui è implementato Linux, il tipo
3023 \ctyp{int}, gli altri interi di dimensione inferiore ed i puntatori sono
3024 atomici. Non è affatto detto che lo stesso valga per interi di dimensioni
3025 maggiori (in cui l'accesso può comportare più istruzioni in assembler) o per
3026 le strutture. In tutti questi casi è anche opportuno marcare come
3027 \direct{volatile} le variabili che possono essere interessate ad accesso
3028 condiviso, onde evitare problemi con le ottimizzazioni del codice.
3032 \subsection{Le \textit{race condition} ed i \textit{deadlock}}
3033 \label{sec:proc_race_cond}
3035 \itindbeg{race~condition}
3037 Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
3038 diversi operano su una risorsa comune, ed in cui il risultato viene a
3039 dipendere dall'ordine in cui essi effettuano le loro operazioni. Il caso
3040 tipico è quello di un'operazione che viene eseguita da un processo in più
3041 passi, e può essere compromessa dall'intervento di un altro processo che
3042 accede alla stessa risorsa quando ancora non tutti i passi sono stati
3045 Dato che in un sistema multitasking ogni processo può essere interrotto in
3046 qualunque momento per farne subentrare un altro in esecuzione, niente può
3047 assicurare un preciso ordine di esecuzione fra processi diversi o che una
3048 sezione di un programma possa essere eseguita senza interruzioni da parte di
3049 altri. Queste situazioni comportano pertanto errori estremamente subdoli e
3050 difficili da tracciare, in quanto nella maggior parte dei casi tutto
3051 funzionerà regolarmente, e solo occasionalmente si avranno degli errori.
3053 Per questo occorre essere ben consapevoli di queste problematiche, e del fatto
3054 che l'unico modo per evitarle è quello di riconoscerle come tali e prendere
3055 gli adeguati provvedimenti per far sì che non si verifichino. Casi tipici di
3056 \textit{race condition} si hanno quando diversi processi accedono allo stesso
3057 file, o nell'accesso a meccanismi di intercomunicazione come la memoria
3058 condivisa. In questi casi, se non si dispone della possibilità di eseguire
3059 atomicamente le operazioni necessarie, occorre che quelle parti di codice in
3060 cui si compiono le operazioni sulle risorse condivise (le cosiddette
3061 \index{sezione~critica} \textsl{sezioni critiche}) del programma, siano
3062 opportunamente protette da meccanismi di sincronizzazione (torneremo su queste
3063 problematiche di questo tipo in cap.~\ref{cha:IPC}).
3066 Un caso particolare di \textit{race condition} sono poi i cosiddetti
3067 \textit{deadlock}, particolarmente gravi in quanto comportano spesso il blocco
3068 completo di un servizio, e non il fallimento di una singola operazione. Per
3069 definizione un \textit{deadlock} è una situazione in cui due o più processi
3070 non sono più in grado di proseguire perché ciascuno aspetta il risultato di
3071 una operazione che dovrebbe essere eseguita dall'altro.
3074 L'esempio tipico di una situazione che può condurre ad un
3075 \textit{deadlock} è quello in cui un flag di
3076 ``\textsl{occupazione}'' viene rilasciato da un evento asincrono (come un
3077 segnale o un altro processo) fra il momento in cui lo si è controllato
3078 (trovandolo occupato) e la successiva operazione di attesa per lo sblocco. In
3079 questo caso, dato che l'evento di sblocco del flag è avvenuto senza che ce ne
3080 accorgessimo proprio fra il controllo e la messa in attesa, quest'ultima
3081 diventerà perpetua (da cui il nome di \textit{deadlock}).
3083 In tutti questi casi è di fondamentale importanza il concetto di atomicità
3084 visto in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper}; questi problemi infatti possono essere
3085 risolti soltanto assicurandosi, quando essa sia richiesta, che sia possibile
3086 eseguire in maniera atomica le operazioni necessarie.
3087 \itindend{race~condition}
3091 \subsection{Le funzioni rientranti}
3092 \label{sec:proc_reentrant}
3094 \index{funzioni!rientranti|(}
3096 Si dice \textsl{rientrante} una funzione che può essere interrotta in
3097 qualunque punto della sua esecuzione ed essere chiamata una seconda volta da
3098 un altro \itindex{thread} \textit{thread} di esecuzione senza che questo
3099 comporti nessun problema nell'esecuzione della stessa. La problematica è
3100 comune nella programmazione \itindex{thread} \textit{multi-thread}, ma si
3101 hanno gli stessi problemi quando si vogliono chiamare delle funzioni
3102 all'interno dei gestori dei segnali.
3104 Fintanto che una funzione opera soltanto con le variabili locali è rientrante;
3105 queste infatti vengono allocate nello \itindex{stack} \textit{stack}, ed
3106 un'altra invocazione non fa altro che allocarne un'altra copia. Una funzione
3107 può non essere rientrante quando opera su memoria che non è nello
3108 \itindex{stack} \textit{stack}. Ad esempio una funzione non è mai rientrante
3109 se usa una variabile globale o statica.
3111 Nel caso invece la funzione operi su un oggetto allocato dinamicamente, la
3112 cosa viene a dipendere da come avvengono le operazioni: se l'oggetto è creato
3113 ogni volta e ritornato indietro la funzione può essere rientrante, se invece
3114 esso viene individuato dalla funzione stessa due chiamate alla stessa funzione
3115 potranno interferire quando entrambe faranno riferimento allo stesso oggetto.
3116 Allo stesso modo una funzione può non essere rientrante se usa e modifica un
3117 oggetto che le viene fornito dal chiamante: due chiamate possono interferire
3118 se viene passato lo stesso oggetto; in tutti questi casi occorre molta cura da
3119 parte del programmatore.
3121 In genere le funzioni di libreria non sono rientranti, molte di esse ad
3122 esempio utilizzano variabili statiche, le \acr{glibc} però mettono a
3123 disposizione due macro di compilatore,\footnote{si ricordi quanto illustrato
3124 in sez.~\ref{sec:intro_gcc_glibc_std}.} \macro{\_REENTRANT} e
3125 \macro{\_THREAD\_SAFE}, la cui definizione attiva le versioni rientranti di
3126 varie funzioni di libreria, che sono identificate aggiungendo il suffisso
3127 \code{\_r} al nome della versione normale.
3129 \index{funzioni!rientranti|)}
3132 % LocalWords: multitasking like VMS child process identifier pid sez shell fig
3133 % LocalWords: parent kernel init pstree keventd kswapd table struct linux call
3134 % LocalWords: nell'header scheduler system interrupt timer HZ asm Hertz clock
3135 % LocalWords: l'alpha tick fork wait waitpid exit exec image glibc int pgid ps
3136 % LocalWords: sid thread Ingo Molnar ppid getpid getppid sys unistd LD threads
3137 % LocalWords: void ForkTest tempnam pathname sibling cap errno EAGAIN ENOMEM
3138 % LocalWords: stack read only copy write tab client spawn forktest sleep PATH
3139 % LocalWords: source LIBRARY scheduling race condition printf descriptor dup
3140 % LocalWords: close group session tms lock vfork execve BSD stream main abort
3141 % LocalWords: SIGABRT SIGCHLD SIGHUP foreground SIGCONT termination signal ANY
3142 % LocalWords: handler kill EINTR POSIX options WNOHANG ECHILD option WUNTRACED
3143 % LocalWords: dump bits rusage getrusage heap const filename argv envp EACCES
3144 % LocalWords: filesystem noexec EPERM suid sgid root nosuid ENOEXEC ENOENT ELF
3145 % LocalWords: ETXTBSY EINVAL ELIBBAD BIG EFAULT EIO ENAMETOOLONG ELOOP ENOTDIR
3146 % LocalWords: ENFILE EMFILE argc execl path execv execle execlp execvp vector
3147 % LocalWords: list environ NULL umask pending utime cutime ustime fcntl linker
3148 % LocalWords: opendir libc interpreter FreeBSD capabilities Mandatory Access
3149 % LocalWords: Control MAC SELinux Security Modules LSM superuser uid gid saved
3150 % LocalWords: effective euid egid dell' fsuid fsgid getuid geteuid getgid SVr
3151 % LocalWords: getegid IDS NFS setuid setgid all' logout utmp screen xterm TODO
3152 % LocalWords: setreuid setregid FIXME ruid rgid seteuid setegid setresuid size
3153 % LocalWords: setresgid getresuid getresgid value result argument setfsuid DAC
3154 % LocalWords: setfsgid NGROUPS sysconf getgroups getgrouplist groups ngroups
3155 % LocalWords: setgroups initgroups patch LIDS CHOWN OVERRIDE Discrectionary PF
3156 % LocalWords: SEARCH chattr sticky NOATIME socket domain immutable append mmap
3157 % LocalWords: broadcast multicast multicasting memory locking mlock mlockall
3158 % LocalWords: shmctl ioperm iopl chroot ptrace accounting swap reboot hangup
3159 % LocalWords: vhangup mknod lease permitted inherited inheritable bounding AND
3160 % LocalWords: capability capget capset header ESRCH undef version obj clear PT
3161 % LocalWords: pag ssize length proc capgetp preemptive cache runnable Stopped
3162 % LocalWords: Uninterrutible SIGSTOP soft slice nice niceness counter which SC
3163 % LocalWords: getpriority who setpriority RTLinux RTAI Adeos fault FIFO First
3164 % LocalWords: yield Robin setscheduler policy param OTHER priority setparam to
3165 % LocalWords: min getparam getscheduler interval robin ENOSYS fifo ping long
3166 % LocalWords: affinity setaffinity unsigned mask cpu NUMA CLR ISSET SETSIZE RR
3167 % LocalWords: getaffinity assembler deadlock REENTRANT SAFE tgz MYPGRP l'OR rr
3168 % LocalWords: WIFEXITED WEXITSTATUS WIFSIGNALED WTERMSIG WCOREDUMP WIFSTOPPED
3169 % LocalWords: WSTOPSIG opt char INTERP arg SIG IGN DFL mascheck grp FOWNER RAW
3170 % LocalWords: FSETID SETPCAP BIND SERVICE ADMIN PACKET IPC OWNER MODULE RAWIO
3171 % LocalWords: PACCT RESOURCE TTY CONFIG SETFCAP hdrp datap libcap lcap text tp
3172 % LocalWords: get ncap caps CapInh CapPrm fffffeff CapEff getcap STAT dall'I
3173 % LocalWords: inc PRIO SUSv PRGR prio SysV SunOS Ultrix sched timespec len sig
3174 % LocalWords: cpusetsize cpuset atomic tickless redirezione WCONTINUED stopped
3175 % LocalWords: waitid NOCLDSTOP ENOCHLD WIFCONTINUED ifdef endif idtype siginfo
3176 % LocalWords: infop ALL WEXITED WSTOPPED WNOWAIT signo CLD EXITED KILLED page
3177 % LocalWords: CONTINUED sources forking Spawned successfully executing exiting
3178 % LocalWords: next cat for COMMAND pts bash defunct TRAPPED DUMPED Killable PR
3179 % LocalWords: SIGKILL static RLIMIT preemption PREEMPT VOLUNTARY IDLE
3181 %%% Local Variables:
3183 %%% TeX-master: "gapil"