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12 \chapter{La gestione dei processi}
13 \label{cha:process_handling}
15 Come accennato nell'introduzione in un sistema Unix tutte le operazioni
16 vengono svolte tramite opportuni processi. In sostanza questi ultimi vengono
17 a costituire l'unità base per l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema.
19 Nel precedente capitolo abbiamo esaminato il funzionamento di un processo come
20 unità a se stante, in questo esamineremo il funzionamento dei processi
21 all'interno del sistema. Saranno cioè affrontati i dettagli della creazione e
22 della terminazione dei processi, della gestione dei loro attributi e
23 privilegi, e di tutte le funzioni a questo connesse. Infine nella sezione
24 finale introdurremo alcune problematiche generiche della programmazione in
25 ambiente multitasking.
28 \section{Introduzione}
31 Inizieremo con un'introduzione generale ai concetti che stanno alla base della
32 gestione dei processi in un sistema unix-like. Introdurremo in questa sezione
33 l'architettura della gestione dei processi e le sue principali
34 caratteristiche, dando una panoramica sull'uso delle principali funzioni di
38 \subsection{L'architettura della gestione dei processi}
39 \label{sec:proc_hierarchy}
41 A differenza di quanto avviene in altri sistemi (ad esempio nel VMS la
42 generazione di nuovi processi è un'operazione privilegiata) una delle
43 caratteristiche di Unix (che esamineremo in dettaglio più avanti) è che
44 qualunque processo può a sua volta generarne altri, detti processi figli
45 (\textit{child process}). Ogni processo è identificato presso il sistema da un
46 numero univoco, il cosiddetto \textit{process identifier} o, più brevemente,
47 \acr{pid}, assegnato in forma progressiva (vedi sez.~\ref{sec:proc_pid})
48 quando il processo viene creato.
50 Una seconda caratteristica di un sistema Unix è che la generazione di un
51 processo è un'operazione separata rispetto al lancio di un programma. In
52 genere la sequenza è sempre quella di creare un nuovo processo, il quale
53 eseguirà, in un passo successivo, il programma desiderato: questo è ad esempio
54 quello che fa la shell quando mette in esecuzione il programma che gli
55 indichiamo nella linea di comando.
57 Una terza caratteristica è che ogni processo è sempre stato generato da un
58 altro, che viene chiamato processo padre (\textit{parent process}). Questo
59 vale per tutti i processi, con una sola eccezione: dato che ci deve essere un
60 punto di partenza esiste un processo speciale (che normalmente è
61 \cmd{/sbin/init}), che viene lanciato dal kernel alla conclusione della fase
62 di avvio; essendo questo il primo processo lanciato dal sistema ha sempre il
63 \acr{pid} uguale a 1 e non è figlio di nessun altro processo.
65 Ovviamente \cmd{init} è un processo speciale che in genere si occupa di far
66 partire tutti gli altri processi necessari al funzionamento del sistema,
67 inoltre \cmd{init} è essenziale per svolgere una serie di compiti
68 amministrativi nelle operazioni ordinarie del sistema (torneremo su alcuni di
69 essi in sez.~\ref{sec:proc_termination}) e non può mai essere terminato. La
70 struttura del sistema comunque consente di lanciare al posto di \cmd{init}
71 qualunque altro programma, e in casi di emergenza (ad esempio se il file di
72 \cmd{init} si fosse corrotto) è ad esempio possibile lanciare una shell al suo
73 posto, passando la riga \cmd{init=/bin/sh} come parametro di avvio.
78 [piccardi@gont piccardi]$ pstree -n
95 |-bash---startx---xinit-+-XFree86
96 | `-WindowMaker-+-ssh-agent
104 | |-wterm---bash---pstree
105 | `-wterm---bash-+-emacs
111 \caption{L'albero dei processi, così come riportato dal comando
113 \label{fig:proc_tree}
116 Dato che tutti i processi attivi nel sistema sono comunque generati da
117 \cmd{init} o da uno dei suoi figli\footnote{in realtà questo non è del tutto
118 vero, in Linux ci sono alcuni processi speciali che pur comparendo come
119 figli di \cmd{init}, o con \acr{pid} successivi, sono in realtà generati
120 direttamente dal kernel, (come \cmd{keventd}, \cmd{kswapd}, ecc.).} si
121 possono classificare i processi con la relazione padre/figlio in
122 un'organizzazione gerarchica ad albero, in maniera analoga a come i file sono
123 organizzati in un albero di directory (si veda
124 sez.~\ref{sec:file_organization}); in fig.~\ref{fig:proc_tree} si è mostrato il
125 risultato del comando \cmd{pstree} che permette di visualizzare questa
126 struttura, alla cui base c'è \cmd{init} che è progenitore di tutti gli altri
129 Il kernel mantiene una tabella dei processi attivi, la cosiddetta
130 \itindex{process~table} \textit{process table}; per ciascun processo viene
131 mantenuta una voce, costituita da una struttura \struct{task\_struct}, nella
132 tabella dei processi che contiene tutte le informazioni rilevanti per quel
133 processo. Tutte le strutture usate a questo scopo sono dichiarate nell'header
134 file \file{linux/sched.h}, ed uno schema semplificato, che riporta la
135 struttura delle principali informazioni contenute nella \struct{task\_struct}
136 (che in seguito incontreremo a più riprese), è mostrato in
137 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}.
141 \includegraphics[width=11cm]{img/task_struct}
142 \caption{Schema semplificato dell'architettura delle strutture usate dal
143 kernel nella gestione dei processi.}
144 \label{fig:proc_task_struct}
147 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_unix_struct} è lo \itindex{scheduler}
148 \textit{scheduler} che decide quale processo mettere in esecuzione; esso viene
149 eseguito ad ogni system call ed ad ogni interrupt,\footnote{più in una serie
151 % TODO completare questa parte su quando viene chiamato lo scheduler.
152 (ma può essere anche attivato esplicitamente). Il timer di sistema provvede
153 comunque a che esso sia invocato periodicamente; generando un interrupt
154 periodico secondo la frequenza specificata dalla costante
155 \const{HZ},\footnote{fino al kernel 2.4 il valore usuale di questa costante
156 era 100, per tutte le architetture eccetto l'alpha, per la quale era 1000,
157 nel 2.6 è stato portato a 1000 su tutte le architetture; occorre fare
158 attenzione a non confondere questo valore con quello dei
159 \itindex{clock~tick} \textit{clock tick} (vedi
160 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}).} definita in \file{asm/param.h}, ed il cui
161 valore è espresso in Hertz.\footnote{a partire dal kernel 2.6.21 è stato
162 introdotto (a cura di Ingo Molnar) un meccanismo completamente diverso,
163 detto \textit{tickless}, in cui non c'è più una interruzione periodica con
164 frequenza prefissata, ma ad ogni chiamata del time viene programmata
165 l'interruzione successiva sulla base di una stima; in questo modo si evita
166 di dover eseguire un migliaio di interruzioni al secondo anche su macchine
167 che non stanno facendo nulla, con un forte risparmio nell'uso dell'energia
168 da parte del processore che può essere messo in stato di sospensione anche
169 per lunghi periodi di tempo.}
172 Ogni volta che viene eseguito, lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler}
173 effettua il calcolo delle priorità dei vari processi attivi (torneremo su
174 questo in sez.~\ref{sec:proc_priority}) e stabilisce quale di essi debba
175 essere posto in esecuzione fino alla successiva invocazione.
178 \subsection{Una panoramica sulle funzioni fondamentali}
179 \label{sec:proc_handling_intro}
181 In un sistema unix-like i processi vengono sempre creati da altri processi
182 tramite la funzione \func{fork}; il nuovo processo (che viene chiamato
183 \textsl{figlio}) creato dalla \func{fork} è una copia identica del processo
184 processo originale (detto \textsl{padre}), ma ha un nuovo \acr{pid} e viene
185 eseguito in maniera indipendente (le differenze fra padre e figlio sono
186 affrontate in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_fork}).
188 Se si vuole che il processo padre si fermi fino alla conclusione del processo
189 figlio questo deve essere specificato subito dopo la \func{fork} chiamando la
190 funzione \func{wait} o la funzione \func{waitpid} (si veda
191 sez.~\ref{sec:proc_wait}); queste funzioni restituiscono anche un'informazione
192 abbastanza limitata sulle cause della terminazione del processo figlio.
194 Quando un processo ha concluso il suo compito o ha incontrato un errore non
195 risolvibile esso può essere terminato con la funzione \func{exit} (si veda
196 quanto discusso in sez.~\ref{sec:proc_conclusion}). La vita del processo però
197 termina completamente solo quando la notifica della sua conclusione viene
198 ricevuta dal processo padre, a quel punto tutte le risorse allocate nel
199 sistema ad esso associate vengono rilasciate.
201 Avere due processi che eseguono esattamente lo stesso codice non è molto
202 utile, normalmente si genera un secondo processo per affidargli l'esecuzione
203 di un compito specifico (ad esempio gestire una connessione dopo che questa è
204 stata stabilita), o fargli eseguire (come fa la shell) un altro programma. Per
205 quest'ultimo caso si usa la seconda funzione fondamentale per programmazione
206 coi processi che è la \func{exec}.
208 Il programma che un processo sta eseguendo si chiama immagine del processo (o
209 \textit{process image}), le funzioni della famiglia \func{exec} permettono di
210 caricare un altro programma da disco sostituendo quest'ultimo all'immagine
211 corrente; questo fa sì che l'immagine precedente venga completamente
212 cancellata. Questo significa che quando il nuovo programma termina, anche il
213 processo termina, e non si può tornare alla precedente immagine.
215 Per questo motivo la \func{fork} e la \func{exec} sono funzioni molto
216 particolari con caratteristiche uniche rispetto a tutte le altre, infatti la
217 prima ritorna due volte (nel processo padre e nel figlio) mentre la seconda
218 non ritorna mai (in quanto con essa viene eseguito un altro programma).
221 \section{Le funzioni di base}% della gestione dei processi}
222 \label{sec:proc_handling}
224 In questa sezione tratteremo le problematiche della gestione dei processi
225 all'interno del sistema, illustrandone tutti i dettagli. Inizieremo con le
226 funzioni elementari che permettono di leggerne gli identificatori, per poi
227 passare alla spiegazione delle funzioni base che si usano per la creazione e
228 la terminazione dei processi, e per la messa in esecuzione degli altri
232 \subsection{Gli identificatori dei processi}
235 Come accennato nell'introduzione, ogni processo viene identificato dal sistema
236 da un numero identificativo univoco, il \textit{process ID} o \acr{pid};
237 quest'ultimo è un tipo di dato standard, il \type{pid\_t} che in genere è un
238 intero con segno (nel caso di Linux e delle \acr{glibc} il tipo usato è
241 Il \acr{pid} viene assegnato in forma progressiva\footnote{in genere viene
242 assegnato il numero successivo a quello usato per l'ultimo processo creato,
243 a meno che questo numero non sia già utilizzato per un altro \acr{pid},
244 \acr{pgid} o \acr{sid} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}).} ogni volta
245 che un nuovo processo viene creato, fino ad un limite che, essendo il
246 \acr{pid} un numero positivo memorizzato in un intero a 16 bit, arriva ad un
247 massimo di 32768. Oltre questo valore l'assegnazione riparte dal numero più
248 basso disponibile a partire da un minimo di 300,\footnote{questi valori, fino
249 al kernel 2.4.x, sono definiti dalla macro \const{PID\_MAX} in
250 \file{threads.h} e direttamente in \file{fork.c}, con il kernel 2.5.x e la
251 nuova interfaccia per i thread creata da Ingo Molnar anche il meccanismo di
252 allocazione dei \acr{pid} è stato modificato; il valore massimo è
253 impostabile attraverso il file \procfile{/proc/sys/kernel/pid\_max} e di
254 default vale 32768.} che serve a riservare i \acr{pid} più bassi ai processi
255 eseguiti direttamente dal kernel. Per questo motivo, come visto in
256 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, il processo di avvio (\cmd{init}) ha sempre il
257 \acr{pid} uguale a uno.
259 Tutti i processi inoltre memorizzano anche il \acr{pid} del genitore da cui
260 sono stati creati, questo viene chiamato in genere \acr{ppid} (da
261 \textit{parent process ID}). Questi due identificativi possono essere
262 ottenuti usando le due funzioni \funcd{getpid} e \funcd{getppid}, i cui
265 \headdecl{sys/types.h}
267 \funcdecl{pid\_t getpid(void)}
269 Restituisce il \acr{pid} del processo corrente.
271 \funcdecl{pid\_t getppid(void)}
273 Restituisce il \acr{pid} del padre del processo corrente.
275 \bodydesc{Entrambe le funzioni non riportano condizioni di errore.}
277 \noindent esempi dell'uso di queste funzioni sono riportati in
278 fig.~\ref{fig:proc_fork_code}, nel programma \file{ForkTest.c}.
280 Il fatto che il \acr{pid} sia un numero univoco per il sistema lo rende un
281 candidato per generare ulteriori indicatori associati al processo di cui
282 diventa possibile garantire l'unicità: ad esempio in alcune implementazioni la
283 funzione \func{tempnam} (si veda sez.~\ref{sec:file_temp_file}) usa il
284 \acr{pid} per generare un \itindex{pathname} \textit{pathname} univoco, che
285 non potrà essere replicato da un altro processo che usi la stessa funzione.
287 Tutti i processi figli dello stesso processo padre sono detti
288 \textit{sibling}, questa è una delle relazioni usate nel \textsl{controllo di
289 sessione}, in cui si raggruppano i processi creati su uno stesso terminale,
290 o relativi allo stesso login. Torneremo su questo argomento in dettaglio in
291 cap.~\ref{cha:session}, dove esamineremo gli altri identificativi associati ad
292 un processo e le varie relazioni fra processi utilizzate per definire una
295 Oltre al \acr{pid} e al \acr{ppid}, (e a quelli che vedremo in
296 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}, relativi al controllo di sessione), ad ogni
297 processo vengono associati degli altri identificatori che vengono usati per il
298 controllo di accesso. Questi servono per determinare se un processo può
299 eseguire o meno le operazioni richieste, a seconda dei privilegi e
300 dell'identità di chi lo ha posto in esecuzione; l'argomento è complesso e sarà
301 affrontato in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_perms}.
304 \subsection{La funzione \func{fork} e le funzioni di creazione dei processi}
305 \label{sec:proc_fork}
307 La funzione \funcd{fork} è la funzione fondamentale della gestione dei
308 processi: come si è detto l'unico modo di creare un nuovo processo è
309 attraverso l'uso di questa funzione, essa quindi riveste un ruolo centrale
310 tutte le volte che si devono scrivere programmi che usano il multitasking. Il
311 prototipo della funzione è:
313 \headdecl{sys/types.h}
315 \funcdecl{pid\_t fork(void)}
316 Crea un nuovo processo.
318 \bodydesc{In caso di successo restituisce il \acr{pid} del figlio al padre e
319 zero al figlio; ritorna -1 al padre (senza creare il figlio) in caso di
320 errore; \var{errno} può assumere i valori:
322 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono risorse sufficienti per creare un altro
323 processo (per allocare la tabella delle pagine e le strutture del task) o
324 si è esaurito il numero di processi disponibili.
325 \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare la memoria per le
326 strutture necessarie al kernel per creare il nuovo processo.
330 Dopo il successo dell'esecuzione di una \func{fork} sia il processo padre che
331 il processo figlio continuano ad essere eseguiti normalmente a partire
332 dall'istruzione successiva alla \func{fork}; il processo figlio è però una
333 copia del padre, e riceve una copia dei \index{segmento!testo} segmenti di
334 testo, \itindex{stack} stack e \index{segmento!dati} dati (vedi
335 sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}), ed esegue esattamente lo stesso codice del
336 padre. Si tenga presente però che la memoria è copiata, non condivisa,
337 pertanto padre e figlio vedono variabili diverse.
339 Per quanto riguarda la gestione della memoria, in generale il
340 \index{segmento!testo} segmento di testo, che è identico per i due processi, è
341 condiviso e tenuto in read-only per il padre e per i figli. Per gli altri
342 segmenti Linux utilizza la tecnica del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on
343 write}; questa tecnica comporta che una pagina di memoria viene
344 effettivamente copiata per il nuovo processo solo quando ci viene effettuata
345 sopra una scrittura (e si ha quindi una reale differenza fra padre e figlio).
346 In questo modo si rende molto più efficiente il meccanismo della creazione di
347 un nuovo processo, non essendo più necessaria la copia di tutto lo spazio
348 degli indirizzi virtuali del padre, ma solo delle pagine di memoria che sono
349 state modificate, e solo al momento della modifica stessa.
351 La differenza che si ha nei due processi è che nel processo padre il valore di
352 ritorno della funzione \func{fork} è il \acr{pid} del processo figlio, mentre
353 nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se viene
354 eseguito dal padre o dal figlio. Si noti come la funzione \func{fork} ritorni
355 \textbf{due} volte: una nel padre e una nel figlio.
357 La scelta di questi valori di ritorno non è casuale, un processo infatti può
358 avere più figli, ed il valore di ritorno di \func{fork} è l'unico modo che gli
359 permette di identificare quello appena creato; al contrario un figlio ha
360 sempre un solo padre (il cui \acr{pid} può sempre essere ottenuto con
361 \func{getppid}, vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) per cui si usa il valore nullo,
362 che non è il \acr{pid} di nessun processo.
365 \footnotesize \centering
366 \begin{minipage}[c]{15cm}
367 \includecodesample{listati/ForkTest.c}
370 \caption{Esempio di codice per la creazione di nuovi processi.}
371 \label{fig:proc_fork_code}
374 Normalmente la chiamata a \func{fork} può fallire solo per due ragioni, o ci
375 sono già troppi processi nel sistema (il che di solito è sintomo che
376 qualcos'altro non sta andando per il verso giusto) o si è ecceduto il limite
377 sul numero totale di processi permessi all'utente (vedi
378 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}, ed in particolare
379 tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values}).
381 L'uso di \func{fork} avviene secondo due modalità principali; la prima è
382 quella in cui all'interno di un programma si creano processi figli cui viene
383 affidata l'esecuzione di una certa sezione di codice, mentre il processo padre
384 ne esegue un'altra. È il caso tipico dei programmi server (il modello
385 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}) in cui il
386 padre riceve ed accetta le richieste da parte dei programmi client, per
387 ciascuna delle quali pone in esecuzione un figlio che è incaricato di fornire
390 La seconda modalità è quella in cui il processo vuole eseguire un altro
391 programma; questo è ad esempio il caso della shell. In questo caso il processo
392 crea un figlio la cui unica operazione è quella di fare una \func{exec} (di
393 cui parleremo in sez.~\ref{sec:proc_exec}) subito dopo la \func{fork}.
395 Alcuni sistemi operativi (il VMS ad esempio) combinano le operazioni di questa
396 seconda modalità (una \func{fork} seguita da una \func{exec}) in un'unica
397 operazione che viene chiamata \textit{spawn}. Nei sistemi unix-like è stato
398 scelto di mantenere questa separazione, dato che, come per la prima modalità
399 d'uso, esistono numerosi scenari in cui si può usare una \func{fork} senza
400 aver bisogno di eseguire una \func{exec}. Inoltre, anche nel caso della
401 seconda modalità d'uso, avere le due funzioni separate permette al figlio di
402 cambiare gli attributi del processo (maschera dei segnali, redirezione
403 dell'output, identificatori) prima della \func{exec}, rendendo così
404 relativamente facile intervenire sulle le modalità di esecuzione del nuovo
407 In fig.~\ref{fig:proc_fork_code} è riportato il corpo del codice del programma
408 di esempio \cmd{forktest}, che permette di illustrare molte caratteristiche
409 dell'uso della funzione \func{fork}. Il programma crea un numero di figli
410 specificato da linea di comando, e prende anche alcune opzioni per indicare
411 degli eventuali tempi di attesa in secondi (eseguiti tramite la funzione
412 \func{sleep}) per il padre ed il figlio (con \cmd{forktest -h} si ottiene la
413 descrizione delle opzioni); il codice completo, compresa la parte che gestisce
414 le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{ForkTest.c},
415 distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi su
416 \href{http://gapil.truelite.it/gapil_source.tgz}
417 {\textsf{http://gapil.truelite.it/gapil\_source.tgz}}.
419 Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
420 (\texttt{\small 24--40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
421 controllando il successo della chiamata a \func{fork} (\texttt{\small
422 25--29}); ciascun figlio (\texttt{\small 31--34}) si limita a stampare il
423 suo numero di successione, eventualmente attendere il numero di secondi
424 specificato e scrivere un messaggio prima di uscire. Il processo padre invece
425 (\texttt{\small 36--38}) stampa un messaggio di creazione, eventualmente
426 attende il numero di secondi specificato, e procede nell'esecuzione del ciclo;
427 alla conclusione del ciclo, prima di uscire, può essere specificato un altro
430 Se eseguiamo il comando\footnote{che è preceduto dall'istruzione \code{export
431 LD\_LIBRARY\_PATH=./} per permettere l'uso delle librerie dinamiche.}
432 senza specificare attese (come si può notare in (\texttt{\small 17--19}) i
433 valori predefiniti specificano di non attendere), otterremo come output sul
437 [piccardi@selidor sources]$ export LD_LIBRARY_PATH=./; ./forktest 3
438 Process 1963: forking 3 child
439 Spawned 1 child, pid 1964
440 Child 1 successfully executing
441 Child 1, parent 1963, exiting
443 Spawned 2 child, pid 1965
444 Child 2 successfully executing
445 Child 2, parent 1963, exiting
447 Child 3 successfully executing
448 Child 3, parent 1963, exiting
449 Spawned 3 child, pid 1966
454 Esaminiamo questo risultato: una prima conclusione che si può trarre è che non
455 si può dire quale processo fra il padre ed il figlio venga eseguito per primo
456 dopo la chiamata a \func{fork}; dall'esempio si può notare infatti come nei
457 primi due cicli sia stato eseguito per primo il padre (con la stampa del
458 \acr{pid} del nuovo processo) per poi passare all'esecuzione del figlio
459 (completata con i due avvisi di esecuzione ed uscita), e tornare
460 all'esecuzione del padre (con la stampa del passaggio al ciclo successivo),
461 mentre la terza volta è stato prima eseguito il figlio (fino alla conclusione)
464 In generale l'ordine di esecuzione dipenderà, oltre che dall'algoritmo di
465 \itindex{scheduler} scheduling usato dal kernel, dalla particolare situazione
466 in cui si trova la macchina al momento della chiamata, risultando del tutto
467 impredicibile. Eseguendo più volte il programma di prova e producendo un
468 numero diverso di figli, si sono ottenute situazioni completamente diverse,
469 compreso il caso in cui il processo padre ha eseguito più di una \func{fork}
470 prima che uno dei figli venisse messo in esecuzione.
472 Pertanto non si può fare nessuna assunzione sulla sequenza di esecuzione delle
473 istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
474 essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
475 occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
476 rischio di incorrere nelle cosiddette \itindex{race~condition} \textit{race
477 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
479 In realtà a partire dal kernel 2.5.2-pre10 il nuovo \itindex{scheduler}
480 \textit{scheduler} di Ingo Molnar esegue sempre per primo il
481 figlio;\footnote{i risultati precedenti sono stati ottenuti usando un kernel
482 della serie 2.4.} questa è una ottimizzazione che serve a evitare che il
483 padre, effettuando per primo una operazione di scrittura in memoria, attivi il
484 meccanismo del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write}. Questa
485 operazione infatti potrebbe risultare del tutto inutile qualora il figlio
486 fosse stato creato solo per eseguire una \func{exec}, in tal caso infatti si
487 invocherebbe un'altro proramma scartando completamente lo spazio degli
488 indirizzi, rendendo superflua la copia della memoria modificata dal padre.
490 Eseguendo sempre per primo il figlio la \func{exec} verrebbe effettuata subito
491 avendo così la certezza che il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write}
492 viene utilizzato solo quando necessario. Quanto detto in precedenza vale
493 allora soltanto per i kernel fino al 2.4; per mantenere la portabilità è però
494 opportuno non fare affidamento su questo comportamento, che non si riscontra
495 in altri Unix e nelle versioni del kernel precendenti a quella indicata.
497 Si noti inoltre che essendo i segmenti di memoria utilizzati dai singoli
498 processi completamente separati, le modifiche delle variabili nei processi
499 figli (come l'incremento di \var{i} in \texttt{\small 31}) sono visibili solo
500 a loro (ogni processo vede solo la propria copia della memoria), e non hanno
501 alcun effetto sul valore che le stesse variabili hanno nel processo padre (ed
502 in eventuali altri processi figli che eseguano lo stesso codice).
504 Un secondo aspetto molto importante nella creazione dei processi figli è
505 quello dell'interazione dei vari processi con i file; per illustrarlo meglio
506 proviamo a redirigere su un file l'output del nostro programma di test, quello
510 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest 3 > output
511 [piccardi@selidor sources]$ cat output
512 Process 1967: forking 3 child
513 Child 1 successfully executing
514 Child 1, parent 1967, exiting
515 Test for forking 3 child
516 Spawned 1 child, pid 1968
518 Child 2 successfully executing
519 Child 2, parent 1967, exiting
520 Test for forking 3 child
521 Spawned 1 child, pid 1968
523 Spawned 2 child, pid 1969
525 Child 3 successfully executing
526 Child 3, parent 1967, exiting
527 Test for forking 3 child
528 Spawned 1 child, pid 1968
530 Spawned 2 child, pid 1969
532 Spawned 3 child, pid 1970
536 che come si vede è completamente diverso da quanto ottenevamo sul terminale.
538 Il comportamento delle varie funzioni di interfaccia con i file è analizzato
539 in gran dettaglio in cap.~\ref{cha:file_unix_interface} e in
540 cap.~\ref{cha:files_std_interface}. Qui basta accennare che si sono usate le
541 funzioni standard della libreria del C che prevedono l'output bufferizzato; e
542 questa bufferizzazione (trattata in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_buffering})
543 varia a seconda che si tratti di un file su disco (in cui il buffer viene
544 scaricato su disco solo quando necessario) o di un terminale (nel qual caso il
545 buffer viene scaricato ad ogni carattere di a capo).
547 Nel primo esempio allora avevamo che ad ogni chiamata a \func{printf} il
548 buffer veniva scaricato, e le singole righe erano stampate a video subito dopo
549 l'esecuzione della \func{printf}. Ma con la redirezione su file la scrittura
550 non avviene più alla fine di ogni riga e l'output resta nel buffer. Dato che
551 ogni figlio riceve una copia della memoria del padre, esso riceverà anche
552 quanto c'è nel buffer delle funzioni di I/O, comprese le linee scritte dal
553 padre fino allora. Così quando il buffer viene scritto su disco all'uscita del
554 figlio, troveremo nel file anche tutto quello che il processo padre aveva
555 scritto prima della sua creazione. E alla fine del file (dato che in questo
556 caso il padre esce per ultimo) troveremo anche l'output completo del padre.
558 L'esempio ci mostra un altro aspetto fondamentale dell'interazione con i file,
559 valido anche per l'esempio precedente, ma meno evidente: il fatto cioè che non
560 solo processi diversi possono scrivere in contemporanea sullo stesso file
561 (l'argomento della condivisione dei file è trattato in dettaglio in
562 sez.~\ref{sec:file_sharing}), ma anche che, a differenza di quanto avviene per
563 le variabili, la posizione corrente sul file è condivisa fra il padre e tutti
566 Quello che succede è che quando lo standard output del padre viene rediretto,
567 lo stesso avviene anche per tutti i figli; la funzione \func{fork} infatti ha
568 la caratteristica di duplicare nei figli tutti i file descriptor aperti nel
569 padre (allo stesso modo in cui lo fa la funzione \func{dup}, trattata in
570 sez.~\ref{sec:file_dup}), il che comporta che padre e figli condividono le
571 stesse voci della \itindex{file~table} \textit{file table} (per la spiegazione
572 di questi termini si veda sez.~\ref{sec:file_sharing}) fra cui c'è anche la
573 posizione corrente nel file.
575 In questo modo se un processo scrive sul file aggiornerà la posizione corrente
576 sulla \itindex{file~table} \textit{file table}, e tutti gli altri processi,
577 che vedono la stessa \itindex{file~table} \textit{file table}, vedranno il
578 nuovo valore. In questo modo si evita, in casi come quello appena mostrato in
579 cui diversi processi scrivono sullo stesso file, che l'output successivo di un
580 processo vada a sovrapporsi a quello dei precedenti: l'output potrà risultare
581 mescolato, ma non ci saranno parti perdute per via di una sovrascrittura.
583 Questo tipo di comportamento è essenziale in tutti quei casi in cui il padre
584 crea un figlio e attende la sua conclusione per proseguire, ed entrambi
585 scrivono sullo stesso file (un caso tipico è la shell quando lancia un
586 programma, il cui output va sullo standard output).
588 In questo modo, anche se l'output viene rediretto, il padre potrà sempre
589 continuare a scrivere in coda a quanto scritto dal figlio in maniera
590 automatica; se così non fosse ottenere questo comportamento sarebbe
591 estremamente complesso necessitando di una qualche forma di comunicazione fra
592 i due processi per far riprendere al padre la scrittura al punto giusto.
594 In generale comunque non è buona norma far scrivere più processi sullo stesso
595 file senza una qualche forma di sincronizzazione in quanto, come visto anche
596 con il nostro esempio, le varie scritture risulteranno mescolate fra loro in
597 una sequenza impredicibile. Per questo le modalità con cui in genere si usano
598 i file dopo una \func{fork} sono sostanzialmente due:
600 \item Il processo padre aspetta la conclusione del figlio. In questo caso non
601 è necessaria nessuna azione riguardo ai file, in quanto la sincronizzazione
602 della posizione corrente dopo eventuali operazioni di lettura e scrittura
603 effettuate dal figlio è automatica.
604 \item L'esecuzione di padre e figlio procede indipendentemente. In questo caso
605 ciascuno dei due processi deve chiudere i file che non gli servono una volta
606 che la \func{fork} è stata eseguita, per evitare ogni forma di interferenza.
609 Oltre ai file aperti i processi figli ereditano dal padre una serie di altre
610 proprietà; la lista dettagliata delle proprietà che padre e figlio hanno in
611 comune dopo l'esecuzione di una \func{fork} è la seguente:
613 \item i file aperti e gli eventuali flag di \itindex{close-on-exec}
614 \textit{close-on-exec} impostati (vedi sez.~\ref{sec:proc_exec} e
615 sez.~\ref{sec:file_fcntl});
616 \item gli identificatori per il controllo di accesso: l'\textsl{user-ID
617 reale}, il \textsl{group-ID reale}, l'\textsl{user-ID effettivo}, il
618 \textsl{group-ID effettivo} ed i \textit{group-ID supplementari} (vedi
619 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
620 \item gli identificatori per il controllo di sessione: il
621 \itindex{process~group} \textit{process group-ID} e il \textit{session id}
622 ed il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group});
623 \item la directory di lavoro e la directory radice (vedi
624 sez.~\ref{sec:file_work_dir} e sez.~\ref{sec:file_chroot});
625 \item la maschera dei permessi di creazione (vedi
626 sez.~\ref{sec:file_perm_management});
627 \item la maschera dei segnali bloccati (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) e le
628 azioni installate (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha});
629 \item i segmenti di memoria condivisa agganciati al processo (vedi
630 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm});
631 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
632 \item le priorità real-time e le affinità di processore (vedi
633 sez.~\ref{sec:proc_real_time} e sez.\ref{sec:proc_sched_multiprocess});
634 \item le variabili di ambiente (vedi sez.~\ref{sec:proc_environ}).
636 Le differenze fra padre e figlio dopo la \func{fork} invece sono:
638 \item il valore di ritorno di \func{fork};
639 \item il \acr{pid} (\textit{process id});
640 \item il \acr{ppid} (\textit{parent process id}), quello del figlio viene
641 impostato al \acr{pid} del padre;
642 \item i valori dei tempi di esecuzione della struttura \struct{tms} (vedi
643 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) che nel figlio sono posti a zero;
644 \item i \textit{lock} sui file (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}), che non
645 vengono ereditati dal figlio;
646 \item gli allarmi ed i segnali pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che
647 per il figlio vengono cancellati.
651 Una seconda funzione storica usata per la creazione di un nuovo processo è
652 \func{vfork}, che è esattamente identica a \func{fork} ed ha la stessa
653 semantica e gli stessi errori; la sola differenza è che non viene creata la
654 tabella delle pagine né la struttura dei task per il nuovo processo. Il
655 processo padre è posto in attesa fintanto che il figlio non ha eseguito una
656 \func{execve} o non è uscito con una \func{\_exit}. Il figlio condivide la
657 memoria del padre (e modifiche possono avere effetti imprevedibili) e non deve
658 ritornare o uscire con \func{exit} ma usare esplicitamente \func{\_exit}.
660 Questa funzione è un rimasuglio dei vecchi tempi in cui eseguire una
661 \func{fork} comportava anche la copia completa del segmento dati del processo
662 padre, che costituiva un inutile appesantimento in tutti quei casi in cui la
663 \func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
664 venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
666 Dato che Linux supporta il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write} la
667 perdita di prestazioni è assolutamente trascurabile, e l'uso di questa
668 funzione (che resta un caso speciale della system call \func{\_\_clone}) è
669 deprecato; per questo eviteremo di trattarla ulteriormente.
672 \subsection{La conclusione di un processo}
673 \label{sec:proc_termination}
675 In sez.~\ref{sec:proc_conclusion} abbiamo già affrontato le modalità con cui
676 chiudere un programma, ma dall'interno del programma stesso; avendo a che fare
677 con un sistema multitasking resta da affrontare l'argomento dal punto di vista
678 di come il sistema gestisce la conclusione dei processi.
680 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:proc_conclusion} le tre modalità con cui un
681 programma viene terminato in maniera normale: la chiamata di \func{exit} (che
682 esegue le funzioni registrate per l'uscita e chiude gli stream), il ritorno
683 dalla funzione \func{main} (equivalente alla chiamata di \func{exit}), e la
684 chiamata ad \func{\_exit} (che passa direttamente alle operazioni di
685 terminazione del processo da parte del kernel).
687 Ma abbiamo accennato che oltre alla conclusione normale esistono anche delle
688 modalità di conclusione anomala; queste sono in sostanza due: il programma può
689 chiamare la funzione \func{abort} per invocare una chiusura anomala, o essere
690 terminato da un segnale (torneremo sui segnali in cap.~\ref{cha:signals}). In
691 realtà anche la prima modalità si riconduce alla seconda, dato che
692 \func{abort} si limita a generare il segnale \const{SIGABRT}.
694 Qualunque sia la modalità di conclusione di un processo, il kernel esegue
695 comunque una serie di operazioni: chiude tutti i file aperti, rilascia la
696 memoria che stava usando, e così via; l'elenco completo delle operazioni
697 eseguite alla chiusura di un processo è il seguente:
699 \item tutti i file descriptor sono chiusi;
700 \item viene memorizzato lo stato di terminazione del processo;
701 \item ad ogni processo figlio viene assegnato un nuovo padre (in genere
703 \item viene inviato il segnale \const{SIGCHLD} al processo padre (vedi
704 sez.~\ref{sec:sig_sigchld});
705 \item se il processo è un leader di sessione ed il suo terminale di controllo
706 è quello della sessione viene mandato un segnale di \const{SIGHUP} a tutti i
707 processi del gruppo di \textit{foreground} e il terminale di controllo viene
708 disconnesso (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
709 \item se la conclusione di un processo rende orfano un \textit{process
710 group} ciascun membro del gruppo viene bloccato, e poi gli vengono
711 inviati in successione i segnali \const{SIGHUP} e \const{SIGCONT}
712 (vedi ancora sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
715 Oltre queste operazioni è però necessario poter disporre di un meccanismo
716 ulteriore che consenta di sapere come la terminazione è avvenuta: dato che in
717 un sistema unix-like tutto viene gestito attraverso i processi, il meccanismo
718 scelto consiste nel riportare lo stato di terminazione (il cosiddetto
719 \textit{termination status}) al processo padre.
721 Nel caso di conclusione normale, abbiamo visto in
722 sez.~\ref{sec:proc_conclusion} che lo stato di uscita del processo viene
723 caratterizzato tramite il valore del cosiddetto \textit{exit status}, cioè il
724 valore passato alle funzioni \func{exit} o \func{\_exit} (o dal valore di
725 ritorno per \func{main}). Ma se il processo viene concluso in maniera anomala
726 il programma non può specificare nessun \textit{exit status}, ed è il kernel
727 che deve generare autonomamente il \textit{termination status} per indicare le
728 ragioni della conclusione anomala.
730 Si noti la distinzione fra \textit{exit status} e \textit{termination status}:
731 quello che contraddistingue lo stato di chiusura del processo e viene
732 riportato attraverso le funzioni \func{wait} o \func{waitpid} (vedi
733 sez.~\ref{sec:proc_wait}) è sempre quest'ultimo; in caso di conclusione normale
734 il kernel usa il primo (nel codice eseguito da \func{\_exit}) per produrre il
737 La scelta di riportare al padre lo stato di terminazione dei figli, pur
738 essendo l'unica possibile, comporta comunque alcune complicazioni: infatti se
739 alla sua creazione è scontato che ogni nuovo processo ha un padre, non è detto
740 che sia così alla sua conclusione, dato che il padre potrebbe essere già
741 terminato (si potrebbe avere cioè quello che si chiama un processo
744 % TODO verificare il reparenting
746 Questa complicazione viene superata facendo in modo che il processo orfano
747 venga \textsl{adottato} da \cmd{init}. Come già accennato quando un processo
748 termina, il kernel controlla se è il padre di altri processi in esecuzione: in
749 caso positivo allora il \acr{ppid} di tutti questi processi viene sostituito
750 con il \acr{pid} di \cmd{init} (e cioè con 1); in questo modo ogni processo
751 avrà sempre un padre (nel caso possiamo parlare di un padre \textsl{adottivo})
752 cui riportare il suo stato di terminazione. Come verifica di questo
753 comportamento possiamo eseguire il nostro programma \cmd{forktest} imponendo a
754 ciascun processo figlio due secondi di attesa prima di uscire, il risultato è:
757 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest -c2 3
758 Process 1972: forking 3 child
759 Spawned 1 child, pid 1973
760 Child 1 successfully executing
762 Spawned 2 child, pid 1974
763 Child 2 successfully executing
765 Child 3 successfully executing
766 Spawned 3 child, pid 1975
768 [piccardi@selidor sources]$ Child 3, parent 1, exiting
769 Child 2, parent 1, exiting
770 Child 1, parent 1, exiting
773 come si può notare in questo caso il processo padre si conclude prima dei
774 figli, tornando alla shell, che stampa il prompt sul terminale: circa due
775 secondi dopo viene stampato a video anche l'output dei tre figli che
776 terminano, e come si può notare in questo caso, al contrario di quanto visto
777 in precedenza, essi riportano 1 come \acr{ppid}.
779 Altrettanto rilevante è il caso in cui il figlio termina prima del padre,
780 perché non è detto che il padre possa ricevere immediatamente lo stato di
781 terminazione, quindi il kernel deve comunque conservare una certa quantità di
782 informazioni riguardo ai processi che sta terminando.
784 Questo viene fatto mantenendo attiva la voce nella tabella dei processi, e
785 memorizzando alcuni dati essenziali, come il \acr{pid}, i tempi di CPU usati
786 dal processo (vedi sez.~\ref{sec:sys_unix_time}) e lo stato di terminazione,
787 mentre la memoria in uso ed i file aperti vengono rilasciati immediatamente. I
788 processi che sono terminati, ma il cui stato di terminazione non è stato
789 ancora ricevuto dal padre sono chiamati \index{zombie} \textit{zombie}, essi
790 restano presenti nella tabella dei processi ed in genere possono essere
791 identificati dall'output di \cmd{ps} per la presenza di una \texttt{Z} nella
792 colonna che ne indica lo stato (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}). Quando
793 il padre effettuerà la lettura dello stato di uscita anche questa
794 informazione, non più necessaria, verrà scartata e la terminazione potrà dirsi
795 completamente conclusa.
797 Possiamo utilizzare il nostro programma di prova per analizzare anche questa
798 condizione: lanciamo il comando \cmd{forktest} in \textit{background} (vedi
799 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), indicando al processo padre di aspettare 10
800 secondi prima di uscire; in questo caso, usando \cmd{ps} sullo stesso
801 terminale (prima dello scadere dei 10 secondi) otterremo:
805 [piccardi@selidor sources]$ ps T
806 PID TTY STAT TIME COMMAND
807 419 pts/0 S 0:00 bash
808 568 pts/0 S 0:00 ./forktest -e10 3
809 569 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
810 570 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
811 571 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
812 572 pts/0 R 0:00 ps T
814 \normalsize e come si vede, dato che non si è fatto nulla per riceverne lo
815 stato di terminazione, i tre processi figli sono ancora presenti pur essendosi
816 conclusi, con lo stato di \index{zombie} \textit{zombie} e l'indicazione che
817 sono stati terminati.
819 La possibilità di avere degli \index{zombie} \textit{zombie} deve essere
820 tenuta sempre presente quando si scrive un programma che deve essere mantenuto
821 in esecuzione a lungo e creare molti figli. In questo caso si deve sempre
822 avere cura di far leggere l'eventuale stato di uscita di tutti i figli (in
823 genere questo si fa attraverso un apposito \textit{signal handler}, che chiama
824 la funzione \func{wait}, vedi sez.~\ref{sec:sig_sigchld} e
825 sez.~\ref{sec:proc_wait}). Questa operazione è necessaria perché anche se gli
826 \index{zombie} \textit{zombie} non consumano risorse di memoria o processore,
827 occupano comunque una voce nella tabella dei processi, che a lungo andare
830 Si noti che quando un processo adottato da \cmd{init} termina, esso non
831 diviene uno \index{zombie} \textit{zombie}; questo perché una delle funzioni
832 di \cmd{init} è appunto quella di chiamare la funzione \func{wait} per i
833 processi cui fa da padre, completandone la terminazione. Questo è quanto
834 avviene anche quando, come nel caso del precedente esempio con \cmd{forktest},
835 il padre termina con dei figli in stato di \index{zombie} \textit{zombie}:
836 alla sua terminazione infatti tutti i suoi figli (compresi gli \index{zombie}
837 \textit{zombie}) verranno adottati da \cmd{init}, il quale provvederà a
838 completarne la terminazione.
840 Si tenga presente infine che siccome gli \index{zombie} \textit{zombie} sono
841 processi già usciti, non c'è modo di eliminarli con il comando \cmd{kill};
842 l'unica possibilità di cancellarli dalla tabella dei processi è quella di
843 terminare il processo che li ha generati, in modo che \cmd{init} possa
844 adottarli e provvedere a concluderne la terminazione.
847 \subsection{La funzione \func{waitpid} e le funzioni di ricezione degli stati
849 \label{sec:proc_wait}
851 Uno degli usi più comuni delle capacità multitasking di un sistema unix-like
852 consiste nella creazione di programmi di tipo server, in cui un processo
853 principale attende le richieste che vengono poi soddisfatte da una serie di
854 processi figli. Si è già sottolineato al paragrafo precedente come in questo
855 caso diventi necessario gestire esplicitamente la conclusione dei figli onde
856 evitare di riempire di \index{zombie} \textit{zombie} la tabella dei processi;
857 le funzioni deputate a questo compito sono principalmente due, \funcd{wait} e
858 \func{waitpid}. La prima, il cui prototipo è:
860 \headdecl{sys/types.h}
861 \headdecl{sys/wait.h}
862 \funcdecl{pid\_t wait(int *status)}
864 Sospende il processo corrente finché un figlio non è uscito, o finché un
865 segnale termina il processo o chiama una funzione di gestione.
867 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del figlio in caso di successo
868 e -1 in caso di errore; \var{errno} può assumere i valori:
870 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
874 è presente fin dalle prime versioni di Unix; la funzione ritorna non appena un
875 processo figlio termina. Se un figlio è già terminato la funzione ritorna
876 immediatamente, se più di un figlio è terminato occorre chiamare la funzione
877 più volte se si vuole recuperare lo stato di terminazione di tutti quanti.
879 Al ritorno della funzione lo stato di terminazione del figlio viene salvato
880 nella variabile puntata da \param{status} e tutte le risorse del kernel
881 relative al processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_termination}) vengono rilasciate.
882 Nel caso un processo abbia più figli il valore di ritorno (il \acr{pid} del
883 figlio) permette di identificare qual è quello che è uscito.
885 Questa funzione ha il difetto di essere poco flessibile, in quanto ritorna
886 all'uscita di un qualunque processo figlio. Nelle occasioni in cui è
887 necessario attendere la conclusione di un processo specifico occorrerebbe
888 predisporre un meccanismo che tenga conto dei processi già terminati, e
889 provvedere a ripetere la chiamata alla funzione nel caso il processo cercato
892 Per questo motivo lo standard POSIX.1 ha introdotto la funzione
893 \funcd{waitpid} che effettua lo stesso servizio, ma dispone di una serie di
894 funzionalità più ampie, legate anche al controllo di sessione (si veda
895 sez.~\ref{sec:sess_job_control}). Dato che è possibile ottenere lo stesso
896 comportamento di \func{wait}\footnote{in effetti il codice
897 \code{wait(\&status)} è del tutto equivalente a \code{waitpid(WAIT\_ANY,
898 \&status, 0)}.} si consiglia di utilizzare sempre questa funzione, il cui
901 \headdecl{sys/types.h}
902 \headdecl{sys/wait.h}
903 \funcdecl{pid\_t waitpid(pid\_t pid, int *status, int options)}
904 Attende la conclusione di un processo figlio.
906 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del processo che è uscito, 0 se
907 è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e il processo non è uscito e
908 -1 per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
910 \item[\errcode{EINTR}] non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
911 la funzione è stata interrotta da un segnale.
912 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
913 non è figlio del processo chiamante.
914 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
915 l'argomento \param{options}.
919 La prima differenza fra le due funzioni è che con \func{waitpid} si può
920 specificare in maniera flessibile quale processo attendere, sulla base del
921 valore fornito dall'argomento \param{pid}, questo può assumere diversi valori,
922 secondo lo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_waidpid_pid}, dove si
923 sono riportate anche le costanti definite per indicare alcuni di essi.
928 \begin{tabular}[c]{|c|c|p{8cm}|}
930 \textbf{Valore} & \textbf{Costante} &\textbf{Significato}\\
933 $<-1$& -- & Attende per un figlio il cui
934 \itindex{process~group} \textit{process group}
935 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è uguale
936 al valore assoluto di \param{pid}. \\
937 $-1$&\const{WAIT\_ANY} & Attende per un figlio qualsiasi, usata in
938 questa maniera senza specificare nessuna opzione
939 è equivalente a \func{wait}.\\
940 $ 0$&\const{WAIT\_MYPGRP}&Attende per un figlio il cui
941 \itindex{process~group} \textit{process group}
942 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è
943 uguale a quello del processo chiamante. \\
944 $>0$& -- & Attende per un figlio il cui \acr{pid} è uguale
945 al valore di \param{pid}.\\
948 \caption{Significato dei valori dell'argomento \param{pid} della funzione
950 \label{tab:proc_waidpid_pid}
953 Il comportamento di \func{waitpid} può inoltre essere modificato passando alla
954 funzione delle opportune opzioni tramite l'argomento \param{options}; questo
955 deve essere specificato come maschera binaria dei flag riportati in
956 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options},\footnote{oltre a queste in Linux sono
957 previste del altre opzioni non standard, relative al comportamento con i
958 thread, che riprenderemo in sez.~\ref{sec:thread_xxx}.} che possono essere
959 combinati fra loro con un OR aritmetico.
961 L'uso dell'opzione \const{WNOHANG} consente di prevenire il blocco della
962 funzione qualora nessun figlio sia uscito (o non si siano verificate le altre
963 condizioni per l'uscita della funzione); in tal caso la funzione ritornerà un
964 valore nullo anziché positivo.\footnote{anche in questo caso un valore
965 positivo indicherà il \acr{pid} del processo di cui si è ricevuto lo stato
966 ed un valore negativo un errore.}
971 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
973 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
976 \const{WNOHANG} & La funzione ritorna immediatamente anche se non è
977 terminato nessun processo figlio. \\
978 \const{WUNTRACED} & Ritorna anche se un processo figlio è stato fermato. \\
979 \const{WCONTINUED}& Ritorna anche quando un processo figlio che era stato
980 fermato ha ripreso l'esecuzione.\footnotemark \\
983 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
984 della funzione \func{waitpid}.}
985 \label{tab:proc_waitpid_options}
988 \footnotetext{disponibile solo a partire dal kernel 2.6.10.}
990 Le altre due opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} consentono
991 rispettivamente di tracciare non la terminazione di un processo, ma il fatto
992 che esso sia stato fermato, o fatto ripartire, e sono utilizzate per la
993 gestione del controllo di sessione (vedi sez.~\ref{sec:sess_job_control}).
995 Nel caso di \const{WUNTRACED} la funzione ritorna, restituendone il \acr{pid},
996 quando un processo figlio entra nello stato \textit{stopped}\footnote{in
997 realtà viene notificato soltanto il caso in cui il processo è stato fermato
998 da un segnale di stop (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}), e non quello in
999 cui lo stato \textit{stopped} è dovuto all'uso di \func{ptrace} (vedi
1000 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).} (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}), mentre
1001 con \const{WCONTINUED} la funzione ritorna quando un processo in stato
1002 \textit{stopped} riprende l'esecuzione per la ricezione del segnale
1003 \const{SIGCONT} (l'uso di questi segnali per il controllo di sessione è
1004 dettagliato in sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
1006 La terminazione di un processo figlio (così come gli altri eventi osservabili
1007 con \func{waitpid}) è chiaramente un evento asincrono rispetto all'esecuzione
1008 di un programma e può avvenire in un qualunque momento. Per questo motivo,
1009 come accennato nella sezione precedente, una delle azioni prese dal kernel
1010 alla conclusione di un processo è quella di mandare un segnale di
1011 \const{SIGCHLD} al padre. L'azione predefinita (si veda
1012 sez.~\ref{sec:sig_base}) per questo segnale è di essere ignorato, ma la sua
1013 generazione costituisce il meccanismo di comunicazione asincrona con cui il
1014 kernel avverte il processo padre che uno dei suoi figli è terminato.
1016 Il comportamento delle funzioni è però cambiato nel passaggio dal kernel 2.4
1017 al kernel 2.6, quest'ultimo infatti si è adeguato alle prescrizioni dello
1018 standard POSIX.1-2001,\footnote{una revisione del 2001 dello standard POSIX.1
1019 che ha aggiunto dei requisiti e delle nuove funzioni, come \func{waitid}.}
1020 e come da esso richiesto se \const{SIGCHLD} viene ignorato, o se si imposta il
1021 flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} nella ricezione dello stesso (si veda
1022 sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) i processi figli che terminano non diventano
1023 \textit{zombie} e sia \func{wait} che \func{waitpid} si bloccano fintanto che
1024 tutti i processi figli non sono terminati, dopo di che falliscono con un
1025 errore di \errcode{ENOCHLD}.\footnote{questo è anche il motivo per cui le
1026 opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} sono utilizzabili soltanto
1027 qualora non si sia impostato il flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} per il segnale
1030 Con i kernel della serie 2.4 e tutti i kernel delle serie precedenti entrambe
1031 le funzioni di attesa ignorano questa prescrizione\footnote{lo standard POSIX.1
1032 originale infatti lascia indefinito il comportamento di queste funzioni
1033 quando \const{SIGCHLD} viene ignorato.} e si comportano sempre nello stesso
1034 modo, indipendentemente dal fatto \const{SIGCHLD} sia ignorato o meno:
1035 attendono la terminazione di un processo figlio e ritornano il relativo
1036 \acr{pid} e lo stato di terminazione nell'argomento \param{status}.
1038 In generale in un programma non si vuole essere forzati ad attendere la
1039 conclusione di un processo figlio per proseguire l'esecuzione, specie se tutto
1040 questo serve solo per leggerne lo stato di chiusura (ed evitare eventualmente
1041 la presenza di \index{zombie} \textit{zombie}). Per questo la modalità più
1042 comune di chiamare queste funzioni è quella di utilizzarle all'interno di un
1043 \textit{signal handler} (vedremo un esempio di come gestire \const{SIGCHLD}
1044 con i segnali in sez.~\ref{sec:sig_example}). In questo caso infatti, dato che
1045 il segnale è generato dalla terminazione di un figlio, avremo la certezza che
1046 la chiamata a \func{waitpid} non si bloccherà.
1048 Come accennato sia \func{wait} che \func{waitpid} restituiscono lo stato di
1049 terminazione del processo tramite il puntatore \param{status} (se non
1050 interessa memorizzare lo stato si può passare un puntatore nullo). Il valore
1051 restituito da entrambe le funzioni dipende dall'implementazione, ma
1052 tradizionalmente alcuni bit (in genere 8) sono riservati per memorizzare lo
1053 stato di uscita, e altri per indicare il segnale che ha causato la
1054 terminazione (in caso di conclusione anomala), uno per indicare se è stato
1055 generato un \itindex{core~dump} \textit{core dump}, ecc.\footnote{le
1056 definizioni esatte si possono trovare in \file{<bits/waitstatus.h>} ma
1057 questo file non deve mai essere usato direttamente, esso viene incluso
1058 attraverso \file{<sys/wait.h>}.}
1060 Lo standard POSIX.1 definisce una serie di macro di preprocessore da usare per
1061 analizzare lo stato di uscita. Esse sono definite sempre in
1062 \file{<sys/wait.h>} ed elencate in tab.~\ref{tab:proc_status_macro} (si tenga
1063 presente che queste macro prendono come parametro la variabile di tipo
1064 \ctyp{int} puntata da \param{status}).
1069 \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
1071 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1074 \macro{WIFEXITED(s)} & Condizione vera (valore non nullo) per un processo
1075 figlio che sia terminato normalmente. \\
1076 \macro{WEXITSTATUS(s)} & Restituisce gli otto bit meno significativi dello
1077 stato di uscita del processo (passato attraverso
1078 \func{\_exit}, \func{exit} o come valore di
1079 ritorno di \func{main}); può essere valutata solo
1080 se \val{WIFEXITED} ha restituito un valore non
1082 \macro{WIFSIGNALED(s)} & Condizione vera se il processo figlio è terminato
1083 in maniera anomala a causa di un segnale che non
1084 è stato catturato (vedi
1085 sez.~\ref{sec:sig_notification}).\\
1086 \macro{WTERMSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha causato
1087 la terminazione anomala del processo; può essere
1088 valutata solo se \val{WIFSIGNALED} ha restituito
1089 un valore non nullo.\\
1090 \macro{WCOREDUMP(s)} & Vera se il processo terminato ha generato un
1091 file di \itindex{core~dump} \textit{core
1092 dump}; può essere valutata solo se
1093 \val{WIFSIGNALED} ha restituito un valore non
1094 nullo.\footnotemark \\
1095 \macro{WIFSTOPPED(s)} & Vera se il processo che ha causato il ritorno di
1096 \func{waitpid} è bloccato; l'uso è possibile solo
1097 con \func{waitpid} avendo specificato l'opzione
1098 \const{WUNTRACED}.\\
1099 \macro{WSTOPSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha bloccato
1100 il processo; può essere valutata solo se
1101 \val{WIFSTOPPED} ha restituito un valore non
1103 \macro{WIFCONTINUED(s)}& Vera se il processo che ha causato il ritorno è
1104 stato riavviato da un
1105 \const{SIGCONT}.\footnotemark \\
1108 \caption{Descrizione delle varie macro di preprocessore utilizzabili per
1109 verificare lo stato di terminazione \var{s} di un processo.}
1110 \label{tab:proc_status_macro}
1113 \footnotetext[18]{questa macro non è definita dallo standard POSIX.1-2001, ma è
1114 presente come estensione sia in Linux che in altri Unix, deve essere
1115 pertanto utilizzata con attenzione (ad esempio è il caso di usarla in un
1116 blocco \texttt{\#ifdef WCOREDUMP ... \#endif}.}
1118 \footnotetext{è presente solo a partire dal kernel 2.6.10.}
1120 Si tenga conto che nel caso di conclusione anomala il valore restituito da
1121 \val{WTERMSIG} può essere confrontato con le costanti definite in
1122 \file{signal.h} ed elencate in tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, e stampato
1123 usando le apposite funzioni trattate in sez.~\ref{sec:sig_strsignal}.
1125 A partire dal kernel 2.6.9, sempre in conformità allo standard POSIX.1-2001, è
1126 stata introdotta una nuova funzione di attesa che consente di avere un
1127 controllo molto più preciso sui possibili cambiamenti di stato dei processi
1128 figli e più dettagli sullo stato di uscita; la funzione è \funcd{waitid} ed il
1131 \headdecl{sys/types.h}
1133 \headdecl{sys/wait.h}
1135 \funcdecl{int waitid(idtype\_t idtype, id\_t id, siginfo\_t *infop, int
1138 Attende la conclusione di un processo figlio.
1140 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 per un errore,
1141 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1143 \item[\errcode{EINTR}] se non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
1144 la funzione è stata interrotta da un segnale.
1145 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
1146 non è figlio del processo chiamante.
1147 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
1148 l'argomento \param{options}.
1152 La funzione prevede che si specifichi quali processi si intendono osservare
1153 usando i due argomenti \param{idtype} ed \param{id}; il primo indica se si
1154 vuole porsi in attesa su un singolo processo, un gruppo di processi o un
1155 processo qualsiasi, e deve essere specificato secondo uno dei valori di
1156 tab.~\ref{tab:proc_waitid_idtype}; il secondo indica, a seconda del valore del
1157 primo, quale processo o quale gruppo di processi selezionare.
1163 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1165 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1168 \const{P\_PID} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1169 il cui \acr{pid} corrisponda al valore dell'argomento
1171 \const{P\_PGID}& Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1172 appartenente al \textit{process group} (vedi
1173 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) il cui \acr{pgid}
1174 corrisponda al valore dell'argomento \param{id}.\\
1175 \const{P\_ALL} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1176 generico, il valore dell'argomento \param{id} viene
1180 \caption{Costanti per i valori dell'argomento \param{idtype} della funzione
1182 \label{tab:proc_waitid_idtype}
1185 Come per \func{waitpid} anche il comportamento di \func{waitid} viene
1186 controllato dall'argomento \param{options}, da specificare come maschera
1187 binaria dei valori riportati in tab.~\ref{tab:proc_waitid_options}. Benché
1188 alcuni di questi siano identici come significato ed effetto ai precedenti di
1189 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options}, ci sono delle differenze significative:
1190 in questo caso si dovrà specificare esplicitamente l'attesa della terminazione
1191 di un processo impostando l'opzione \const{WEXITED}, mentre il precedente
1192 \const{WUNTRACED} è sostituito da \const{WSTOPPED}. Infine è stata aggiunta
1193 l'opzione \const{WNOWAIT} che consente una lettura dello stato mantenendo il
1194 processo in attesa di ricezione, così che una successiva chiamata possa di
1195 nuovo riceverne lo stato.
1200 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1202 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1205 \const{WEXITED} & Ritorna quando un processo figlio è terminato.\\
1206 \const{WNOHANG} & Ritorna immediatamente anche se non c'è niente da
1208 \const{WSTOPPED} & Ritorna quando un processo figlio è stato fermato.\\
1209 \const{WCONTINUED}& Ritorna quando un processo figlio che era stato
1210 fermato ha ripreso l'esecuzione.\\
1211 \const{WNOWAIT} & Lascia il processo ancora in attesa di ricezione, così
1212 che una successiva chiamata possa di nuovo riceverne
1216 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
1217 della funzione \func{waitid}.}
1218 \label{tab:proc_waitid_options}
1221 La funzione \func{waitid} restituisce un valore nullo in caso di successo, e
1222 $-1$ in caso di errore; viene restituito un valore nullo anche se è stata
1223 specificata l'opzione \const{WNOHANG} e la funzione è ritornata immediatamente
1224 senza che nessun figlio sia terminato. Pertanto per verificare il motivo del
1225 ritorno della funzione occorre analizzare le informazioni che essa
1226 restituisce; queste, al contrario delle precedenti \func{wait} e
1227 \func{waitpid}, sono ritornate nella struttura di tipo \struct{siginfo\_t}
1228 (vedi fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t}) all'indirizzo puntato dall'argomento
1231 Tratteremo nei dettagli questa struttura ed il significato dei suoi vari campi
1232 in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}, per quanto ci interessa qui basta dire che al
1233 ritorno di \func{waitid} verranno avvalorati i seguenti campi:
1234 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
1235 \item[\var{si\_pid}] con il \acr{pid} del figlio.
1236 \item[\var{si\_uid}] con l'user-ID reale (vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}) del
1238 \item[\var{si\_signo}] con \const{SIGCHLD}.
1239 \item[\var{si\_status}] con lo stato di uscita del figlio o con il segnale che
1240 lo ha terminato, fermato o riavviato.
1241 \item[\var{si\_code}] con uno fra \const{CLD\_EXITED}, \const{CLD\_KILLED},
1242 \const{CLD\_STOPPED}, \const{CLD\_CONTINUED} (vedi tab.~\ref{xxx_si_code}).
1245 %TODO mettere riferimento alla tabella giusta (vedere man credentials e man
1248 Infine Linux, seguendo un'estensione di BSD, supporta altre due funzioni per
1249 la lettura dello stato di terminazione di un processo, analoghe alle
1250 precedenti ma che prevedono un ulteriore argomento attraverso il quale il
1251 kernel può restituire al padre informazioni sulle risorse usate dal processo
1252 terminato e dai vari figli. Le due funzioni sono \funcd{wait3} e
1253 \funcd{wait4}, che diventano accessibili definendo la macro
1254 \macro{\_USE\_BSD}; i loro prototipi sono:
1256 \headdecl{sys/times.h} \headdecl{sys/types.h} \headdecl{sys/wait.h}
1257 \headdecl{sys/resource.h}
1259 \funcdecl{pid\_t wait4(pid\_t pid, int *status, int options, struct rusage
1261 È identica a \func{waitpid} sia per comportamento che per i valori degli
1262 argomenti, ma restituisce in \param{rusage} un sommario delle risorse usate
1265 \funcdecl{pid\_t wait3(int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1266 Prima versione, equivalente a \code{wait4(-1, \&status, opt, rusage)} è
1267 ormai deprecata in favore di \func{wait4}.
1270 la struttura \struct{rusage} è definita in \file{sys/resource.h}, e viene
1271 utilizzata anche dalla funzione \func{getrusage} (vedi
1272 sez.~\ref{sec:sys_resource_use}) per ottenere le risorse di sistema usate da un
1273 processo; la sua definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}.
1275 \subsection{La funzione \func{exec} e le funzioni di esecuzione dei programmi}
1276 \label{sec:proc_exec}
1278 Abbiamo già detto che una delle modalità principali con cui si utilizzano i
1279 processi in Unix è quella di usarli per lanciare nuovi programmi: questo viene
1280 fatto attraverso una delle funzioni della famiglia \func{exec}. Quando un
1281 processo chiama una di queste funzioni esso viene completamente sostituito dal
1282 nuovo programma; il \acr{pid} del processo non cambia, dato che non viene
1283 creato un nuovo processo, la funzione semplicemente rimpiazza lo
1284 \itindex{stack} \textit{stack}, lo \itindex{heap} \textit{heap}, i
1285 \index{segmento!dati} dati ed il \index{segmento!testo} testo del processo
1286 corrente con un nuovo programma letto da disco.
1288 Ci sono sei diverse versioni di \func{exec} (per questo la si è chiamata
1289 famiglia di funzioni) che possono essere usate per questo compito, in realtà
1290 (come mostrato in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}), sono tutte un front-end a
1291 \funcd{execve}. Il prototipo di quest'ultima è:
1292 \begin{prototype}{unistd.h}
1293 {int execve(const char *filename, char *const argv[], char *const envp[])}
1294 Esegue il programma contenuto nel file \param{filename}.
1296 \bodydesc{La funzione ritorna solo in caso di errore, restituendo -1; nel
1297 qual caso \var{errno} può assumere i valori:
1299 \item[\errcode{EACCES}] il file non è eseguibile, oppure il filesystem è
1300 montato in \cmd{noexec}, oppure non è un file regolare o un interprete.
1301 \item[\errcode{EPERM}] il file ha i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1302 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}, l'utente non è root, il processo viene
1303 tracciato, o il filesystem è montato con l'opzione \cmd{nosuid}.
1304 \item[\errcode{ENOEXEC}] il file è in un formato non eseguibile o non
1305 riconosciuto come tale, o compilato per un'altra architettura.
1306 \item[\errcode{ENOENT}] il file o una delle librerie dinamiche o l'interprete
1307 necessari per eseguirlo non esistono.
1308 \item[\errcode{ETXTBSY}] l'eseguibile è aperto in scrittura da uno o più
1310 \item[\errcode{EINVAL}] l'eseguibile ELF ha più di un segmento
1311 \const{PF\_INTERP}, cioè chiede di essere eseguito da più di un
1313 \item[\errcode{ELIBBAD}] un interprete ELF non è in un formato
1315 \item[\errcode{E2BIG}] la lista degli argomenti è troppo grande.
1317 ed inoltre anche \errval{EFAULT}, \errval{ENOMEM}, \errval{EIO},
1318 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ELOOP}, \errval{ENOTDIR}, \errval{ENFILE},
1322 La funzione \func{exec} esegue il file o lo script indicato da
1323 \param{filename}, passandogli la lista di argomenti indicata da \param{argv}
1324 e come ambiente la lista di stringhe indicata da \param{envp}; entrambe le
1325 liste devono essere terminate da un puntatore nullo. I vettori degli
1326 argomenti e dell'ambiente possono essere acceduti dal nuovo programma
1327 quando la sua funzione \func{main} è dichiarata nella forma
1328 \code{main(int argc, char *argv[], char *envp[])}.
1330 Le altre funzioni della famiglia servono per fornire all'utente una serie di
1331 possibili diverse interfacce per la creazione di un nuovo processo. I loro
1335 \funcdecl{int execl(const char *path, const char *arg, ...)}
1336 \funcdecl{int execv(const char *path, char *const argv[])}
1337 \funcdecl{int execle(const char *path, const char *arg, ..., char
1339 \funcdecl{int execlp(const char *file, const char *arg, ...)}
1340 \funcdecl{int execvp(const char *file, char *const argv[])}
1342 Sostituiscono l'immagine corrente del processo con quella indicata nel primo
1343 argomento. Gli argomenti successivi consentono di specificare gli argomenti a
1344 linea di comando e l'ambiente ricevuti dal nuovo processo.
1346 \bodydesc{Queste funzioni ritornano solo in caso di errore, restituendo -1;
1347 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori visti in precedenza per
1351 Per capire meglio le differenze fra le funzioni della famiglia si può fare
1352 riferimento allo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_exec_scheme}. La
1353 prima differenza riguarda le modalità di passaggio dei valori che poi andranno
1354 a costituire gli argomenti a linea di comando (cioè i valori di
1355 \param{argv} e \param{argc} visti dalla funzione \func{main} del programma
1358 Queste modalità sono due e sono riassunte dagli mnemonici \code{v} e \code{l}
1359 che stanno rispettivamente per \textit{vector} e \textit{list}. Nel primo caso
1360 gli argomenti sono passati tramite il vettore di puntatori \var{argv[]} a
1361 stringhe terminate con zero che costituiranno gli argomenti a riga di comando,
1362 questo vettore \emph{deve} essere terminato da un puntatore nullo.
1364 Nel secondo caso le stringhe degli argomenti sono passate alla funzione come
1365 lista di puntatori, nella forma:
1366 \includecodesnip{listati/char_list.c}
1367 che deve essere terminata da un puntatore nullo. In entrambi i casi vale la
1368 convenzione che il primo argomento (\var{arg0} o \var{argv[0]}) viene usato
1369 per indicare il nome del file che contiene il programma che verrà eseguito.
1374 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|c|c|}
1376 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Caratteristiche}} &
1377 \multicolumn{6}{|c|}{\textbf{Funzioni}} \\
1379 &\func{execl}\texttt{ }&\func{execlp}&\func{execle}
1380 &\func{execv}\texttt{ }& \func{execvp}& \func{execve} \\
1383 argomenti a lista &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$&&& \\
1384 argomenti a vettore &&&&$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$\\
1386 filename completo &$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$\\
1387 ricerca su \var{PATH} &&$\bullet$&&&$\bullet$& \\
1389 ambiente a vettore &&&$\bullet$&&&$\bullet$ \\
1390 uso di \var{environ} &$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$& \\
1393 \caption{Confronto delle caratteristiche delle varie funzioni della
1394 famiglia \func{exec}.}
1395 \label{tab:proc_exec_scheme}
1398 La seconda differenza fra le funzioni riguarda le modalità con cui si
1399 specifica il programma che si vuole eseguire. Con lo mnemonico \code{p} si
1400 indicano le due funzioni che replicano il comportamento della shell nello
1401 specificare il comando da eseguire; quando l'argomento \param{file} non
1402 contiene una ``\texttt{/}'' esso viene considerato come un nome di programma,
1403 e viene eseguita automaticamente una ricerca fra i file presenti nella lista
1404 di directory specificate dalla variabile di ambiente \var{PATH}. Il file che
1405 viene posto in esecuzione è il primo che viene trovato. Se si ha un errore
1406 relativo a permessi di accesso insufficienti (cioè l'esecuzione della
1407 sottostante \func{execve} ritorna un \errcode{EACCES}), la ricerca viene
1408 proseguita nelle eventuali ulteriori directory indicate in \var{PATH}; solo se
1409 non viene trovato nessun altro file viene finalmente restituito
1412 Le altre quattro funzioni si limitano invece a cercare di eseguire il file
1413 indicato dall'argomento \param{path}, che viene interpretato come il
1414 \itindex{pathname} \textit{pathname} del programma.
1418 \includegraphics[width=15cm]{img/exec_rel}
1419 \caption{La interrelazione fra le sei funzioni della famiglia \func{exec}.}
1420 \label{fig:proc_exec_relat}
1423 La terza differenza è come viene passata la lista delle variabili di ambiente.
1424 Con lo mnemonico \texttt{e} vengono indicate quelle funzioni che necessitano
1425 di un vettore di parametri \var{envp[]} analogo a quello usato per gli
1426 argomenti a riga di comando (terminato quindi da un \val{NULL}), le altre
1427 usano il valore della variabile \var{environ} (vedi
1428 sez.~\ref{sec:proc_environ}) del processo di partenza per costruire
1431 Oltre a mantenere lo stesso \acr{pid}, il nuovo programma fatto partire da
1432 \func{exec} assume anche una serie di altre proprietà del processo chiamante;
1433 la lista completa è la seguente:
1435 \item il \textit{process id} (\acr{pid}) ed il \textit{parent process id}
1437 \item l'\textsl{user-ID reale}, il \textit{group-ID reale} ed i
1438 \textsl{group-ID supplementari} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1439 \item il \textit{session ID} (\acr{sid}) ed il \itindex{process~group}
1440 \textit{process group ID} (\acr{pgid}), vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group};
1441 \item il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
1442 \item il tempo restante ad un allarme (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort});
1443 \item la directory radice e la directory di lavoro corrente (vedi
1444 sez.~\ref{sec:file_work_dir});
1445 \item la maschera di creazione dei file \itindex{umask} (\textit{umask}, vedi
1446 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) ed i \textit{lock} sui file (vedi
1447 sez.~\ref{sec:file_locking});
1448 \item i segnali sospesi (\textit{pending}) e la maschera dei segnali (si veda
1449 sez.~\ref{sec:sig_sigmask});
1450 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
1451 \item i valori delle variabili \var{tms\_utime}, \var{tms\_stime},
1452 \var{tms\_cutime}, \var{tms\_ustime} (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}).
1455 Inoltre i segnali che sono stati impostati per essere ignorati nel processo
1456 chiamante mantengono la stessa impostazione pure nel nuovo programma, tutti
1457 gli altri segnali vengono impostati alla loro azione predefinita. Un caso
1458 speciale è il segnale \const{SIGCHLD} che, quando impostato a
1459 \const{SIG\_IGN}, può anche non essere reimpostato a \const{SIG\_DFL} (si veda
1460 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}).
1462 La gestione dei file aperti dipende dal valore che ha il flag di
1463 \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec} (vedi anche
1464 sez.~\ref{sec:file_fcntl}) per ciascun file descriptor. I file per cui è
1465 impostato vengono chiusi, tutti gli altri file restano aperti. Questo
1466 significa che il comportamento predefinito è che i file restano aperti
1467 attraverso una \func{exec}, a meno di una chiamata esplicita a \func{fcntl}
1468 che imposti il suddetto flag.
1470 Per le directory, lo standard POSIX.1 richiede che esse vengano chiuse
1471 attraverso una \func{exec}, in genere questo è fatto dalla funzione
1472 \func{opendir} (vedi sez.~\ref{sec:file_dir_read}) che effettua da sola
1473 l'impostazione del flag di \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec}
1474 sulle directory che apre, in maniera trasparente all'utente.
1476 Abbiamo detto che l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID reale}
1477 restano gli stessi all'esecuzione di \func{exec}; lo stesso vale per
1478 l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} (il significato
1479 di questi identificatori è trattato in sez.~\ref{sec:proc_access_id}), tranne
1480 quando il file che si va ad eseguire abbia o il \itindex{suid~bit} \acr{suid}
1481 bit o lo \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} bit impostato, in questo caso
1482 l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} vengono
1483 impostati rispettivamente all'utente o al gruppo cui il file appartiene (per i
1484 dettagli vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}).
1486 Se il file da eseguire è in formato \emph{a.out} e necessita di librerie
1487 condivise, viene lanciato il \textit{linker} dinamico \cmd{/lib/ld.so} prima
1488 del programma per caricare le librerie necessarie ed effettuare il link
1489 dell'eseguibile. Se il programma è in formato ELF per caricare le librerie
1490 dinamiche viene usato l'interprete indicato nel segmento \const{PT\_INTERP},
1491 in genere questo è \sysfile{/lib/ld-linux.so.1} per programmi collegati con le
1492 \acr{libc5}, e \sysfile{/lib/ld-linux.so.2} per programmi collegati con le
1495 Infine nel caso il file sia uno script esso deve iniziare con una linea nella
1496 forma \cmd{\#!/path/to/interpreter [argomenti]} dove l'interprete indicato
1497 deve essere un programma valido (binario, non un altro script) che verrà
1498 chiamato come se si fosse eseguito il comando \cmd{interpreter [argomenti]
1499 filename}.\footnote{si tenga presente che con Linux quanto viene scritto
1500 come \texttt{argomenti} viene passato all'interprete come un unico argomento
1501 con una unica stringa di lunghezza massima di 127 caratteri e se questa
1502 dimensione viene ecceduta la stringa viene troncata; altri Unix hanno
1503 dimensioni massime diverse, e diversi comportamenti, ad esempio FreeBSD
1504 esegue la scansione della riga e la divide nei vari argomenti e se è troppo
1505 lunga restituisce un errore di \const{ENAMETOOLONG}, una comparazione dei
1506 vari comportamenti si trova su
1507 \href{http://www.in-ulm.de/~mascheck/various/shebang/}
1508 {\textsf{http://www.in-ulm.de/\tild mascheck/various/shebang/}}.}
1510 Con la famiglia delle \func{exec} si chiude il novero delle funzioni su cui è
1511 basata la gestione dei processi in Unix: con \func{fork} si crea un nuovo
1512 processo, con \func{exec} si lancia un nuovo programma, con \func{exit} e
1513 \func{wait} si effettua e verifica la conclusione dei processi. Tutte le
1514 altre funzioni sono ausiliarie e servono per la lettura e l'impostazione dei
1515 vari parametri connessi ai processi.
1519 \section{Il controllo di accesso}
1520 \label{sec:proc_perms}
1522 In questa sezione esamineremo le problematiche relative al controllo di
1523 accesso dal punto di vista dei processi; vedremo quali sono gli identificatori
1524 usati, come questi possono essere modificati nella creazione e nel lancio di
1525 nuovi processi, le varie funzioni per la loro manipolazione diretta e tutte le
1526 problematiche connesse ad una gestione accorta dei privilegi.
1529 \subsection{Gli identificatori del controllo di accesso}
1530 \label{sec:proc_access_id}
1532 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_multiuser} il modello base\footnote{in
1533 realtà già esistono estensioni di questo modello base, che lo rendono più
1534 flessibile e controllabile, come le \itindex{capabilities}
1535 \textit{capabilities} illustrate in sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, le ACL
1536 per i file (vedi sez.~\ref{sec:file_ACL}) o il
1537 \itindex{Mandatory~Access~Control~(MAC)} \textit{Mandatory Access Control}
1538 di \index{SELinux} SELinux; inoltre basandosi sul lavoro effettuato con
1539 SELinux, a partire dal kernel 2.5.x, è iniziato lo sviluppo di una
1540 infrastruttura di sicurezza, i \itindex{Linux~Security~Modules}
1541 \textit{Linux Security Modules}, o LSM, in grado di fornire diversi agganci
1542 a livello del kernel per modularizzare tutti i possibili controlli di
1543 accesso.} di sicurezza di un sistema unix-like è fondato sui concetti di
1544 utente e gruppo, e sulla separazione fra l'amministratore (\textsl{root},
1545 detto spesso anche \textit{superuser}) che non è sottoposto a restrizioni, ed
1546 il resto degli utenti, per i quali invece vengono effettuati i vari controlli
1549 Abbiamo già accennato come il sistema associ ad ogni utente e gruppo due
1550 identificatori univoci, lo user-ID ed il group-ID; questi servono al kernel per
1551 identificare uno specifico utente o un gruppo di utenti, per poi poter
1552 controllare che essi siano autorizzati a compiere le operazioni richieste. Ad
1553 esempio in sez.~\ref{sec:file_access_control} vedremo come ad ogni file vengano
1554 associati un utente ed un gruppo (i suoi \textsl{proprietari}, indicati
1555 appunto tramite un \acr{uid} ed un \acr{gid}) che vengono controllati dal
1556 kernel nella gestione dei permessi di accesso.
1558 Dato che tutte le operazioni del sistema vengono compiute dai processi, è
1559 evidente che per poter implementare un controllo sulle operazioni occorre
1560 anche poter identificare chi è che ha lanciato un certo programma, e pertanto
1561 anche a ciascun processo dovrà essere associato un utente e un gruppo.
1563 Un semplice controllo di una corrispondenza fra identificativi non garantisce
1564 però sufficiente flessibilità per tutti quei casi in cui è necessario poter
1565 disporre di privilegi diversi, o dover impersonare un altro utente per un
1566 limitato insieme di operazioni. Per questo motivo in generale tutti gli Unix
1567 prevedono che i processi abbiano almeno due gruppi di identificatori, chiamati
1568 rispettivamente \textit{real} ed \textit{effective} (cioè \textsl{reali} ed
1569 \textsl{effettivi}). Nel caso di Linux si aggiungono poi altri due gruppi, il
1570 \textit{saved} (\textsl{salvati}) ed il \textit{filesystem} (\textsl{di
1571 filesystem}), secondo la situazione illustrata in
1572 tab.~\ref{tab:proc_uid_gid}.
1577 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|p{7.3cm}|}
1579 \textbf{Suffisso} & \textbf{Gruppo} & \textbf{Denominazione}
1580 & \textbf{Significato} \\
1583 \acr{uid} & \textit{real} & \textsl{user-ID reale}
1584 & Indica l'utente che ha lanciato il programma.\\
1585 \acr{gid} & '' &\textsl{group-ID reale}
1586 & Indica il gruppo principale dell'utente che ha lanciato
1589 \acr{euid} & \textit{effective} &\textsl{user-ID effettivo}
1590 & Indica l'utente usato nel controllo di accesso.\\
1591 \acr{egid} & '' & \textsl{group-ID effettivo}
1592 & Indica il gruppo usato nel controllo di accesso.\\
1593 -- & -- & \textsl{group-ID supplementari}
1594 & Indicano gli ulteriori gruppi cui l'utente appartiene.\\
1596 -- & \textit{saved} & \textsl{user-ID salvato}
1597 & È una copia dell'\acr{euid} iniziale.\\
1598 -- & '' & \textsl{group-ID salvato}
1599 & È una copia dell'\acr{egid} iniziale.\\
1601 \acr{fsuid} & \textit{filesystem} &\textsl{user-ID di filesystem}
1602 & Indica l'utente effettivo per l'accesso al filesystem. \\
1603 \acr{fsgid} & '' & \textsl{group-ID di filesystem}
1604 & Indica il gruppo effettivo per l'accesso al filesystem.\\
1607 \caption{Identificatori di utente e gruppo associati a ciascun processo con
1608 indicazione dei suffissi usati dalle varie funzioni di manipolazione.}
1609 \label{tab:proc_uid_gid}
1612 Al primo gruppo appartengono l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID
1613 reale}: questi vengono impostati al login ai valori corrispondenti
1614 all'utente con cui si accede al sistema (e relativo gruppo principale).
1615 Servono per l'identificazione dell'utente e normalmente non vengono mai
1616 cambiati. In realtà vedremo (in sez.~\ref{sec:proc_setuid}) che è possibile
1617 modificarli, ma solo ad un processo che abbia i privilegi di amministratore;
1618 questa possibilità è usata proprio dal programma \cmd{login} che, una volta
1619 completata la procedura di autenticazione, lancia una shell per la quale
1620 imposta questi identificatori ai valori corrispondenti all'utente che entra
1623 Al secondo gruppo appartengono lo \textsl{user-ID effettivo} ed il
1624 \textsl{group-ID effettivo} (a cui si aggiungono gli eventuali \textsl{group-ID
1625 supplementari} dei gruppi dei quali l'utente fa parte). Questi sono invece
1626 gli identificatori usati nelle verifiche dei permessi del processo e per il
1627 controllo di accesso ai file (argomento affrontato in dettaglio in
1628 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1630 Questi identificatori normalmente sono identici ai corrispondenti del gruppo
1631 \textit{real} tranne nel caso in cui, come accennato in
1632 sez.~\ref{sec:proc_exec}, il programma che si è posto in esecuzione abbia i
1633 bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati
1634 (il significato di questi bit è affrontato in dettaglio in
1635 sez.~\ref{sec:file_special_perm}). In questo caso essi saranno impostati
1636 all'utente e al gruppo proprietari del file. Questo consente, per programmi in
1637 cui ci sia necessità, di dare a qualunque utente normale privilegi o permessi
1638 di un altro (o dell'amministratore).
1640 Come nel caso del \acr{pid} e del \acr{ppid}, anche tutti questi
1641 identificatori possono essere letti attraverso le rispettive funzioni:
1642 \funcd{getuid}, \funcd{geteuid}, \funcd{getgid} e \funcd{getegid}, i loro
1646 \headdecl{sys/types.h}
1647 \funcdecl{uid\_t getuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID reale} del
1650 \funcdecl{uid\_t geteuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID effettivo} del
1653 \funcdecl{gid\_t getgid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID reale} del
1656 \funcdecl{gid\_t getegid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID effettivo}
1657 del processo corrente.
1659 \bodydesc{Queste funzioni non riportano condizioni di errore.}
1662 In generale l'uso di privilegi superiori deve essere limitato il più
1663 possibile, per evitare abusi e problemi di sicurezza, per questo occorre anche
1664 un meccanismo che consenta ad un programma di rilasciare gli eventuali
1665 maggiori privilegi necessari, una volta che si siano effettuate le operazioni
1666 per i quali erano richiesti, e a poterli eventualmente recuperare in caso
1669 Questo in Linux viene fatto usando altri due gruppi di identificatori, il
1670 \textit{saved} ed il \textit{filesystem}. Il primo gruppo è lo stesso usato in
1671 SVr4, e previsto dallo standard POSIX quando è definita la costante
1672 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS},\footnote{in caso si abbia a cuore la portabilità
1673 del programma su altri Unix è buona norma controllare sempre la
1674 disponibilità di queste funzioni controllando se questa costante è
1675 definita.} il secondo gruppo è specifico di Linux e viene usato per
1676 migliorare la sicurezza con NFS.
1678 L'\textsl{user-ID salvato} ed il \textsl{group-ID salvato} sono copie
1679 dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo} del processo
1680 padre, e vengono impostati dalla funzione \func{exec} all'avvio del processo,
1681 come copie dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo}
1682 dopo che questi sono stati impostati tenendo conto di eventuali
1683 \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}. Essi quindi
1684 consentono di tenere traccia di quale fossero utente e gruppo effettivi
1685 all'inizio dell'esecuzione di un nuovo programma.
1687 L'\textsl{user-ID di filesystem} e il \textsl{group-ID di filesystem} sono
1688 un'estensione introdotta in Linux per rendere più sicuro l'uso di NFS
1689 (torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:proc_setuid}). Essi sono una
1690 replica dei corrispondenti identificatori del gruppo \textit{effective}, ai
1691 quali si sostituiscono per tutte le operazioni di verifica dei permessi
1692 relativi ai file (trattate in sez.~\ref{sec:file_perm_overview}). Ogni
1693 cambiamento effettuato sugli identificatori effettivi viene automaticamente
1694 riportato su di essi, per cui in condizioni normali si può tranquillamente
1695 ignorarne l'esistenza, in quanto saranno del tutto equivalenti ai precedenti.
1698 \subsection{Le funzioni di gestione degli identificatori dei processi}
1699 \label{sec:proc_setuid}
1701 Le due funzioni più comuni che vengono usate per cambiare identità (cioè
1702 utente e gruppo di appartenenza) ad un processo sono rispettivamente
1703 \funcd{setuid} e \funcd{setgid}; come accennato in
1704 sez.~\ref{sec:proc_access_id} in Linux esse seguono la semantica POSIX che
1705 prevede l'esistenza dell'\textit{user-ID salvato} e del \textit{group-ID
1706 salvato}; i loro prototipi sono:
1709 \headdecl{sys/types.h}
1711 \funcdecl{int setuid(uid\_t uid)} Imposta l'\textsl{user-ID} del processo
1714 \funcdecl{int setgid(gid\_t gid)} Imposta il \textsl{group-ID} del processo
1717 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1718 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1721 Il funzionamento di queste due funzioni è analogo, per cui considereremo solo
1722 la prima; la seconda si comporta esattamente allo stesso modo facendo
1723 riferimento al \textsl{group-ID} invece che all'\textsl{user-ID}. Gli
1724 eventuali \textsl{group-ID supplementari} non vengono modificati.
1726 L'effetto della chiamata è diverso a seconda dei privilegi del processo; se
1727 l'\textsl{user-ID effettivo} è zero (cioè è quello dell'amministratore di
1728 sistema) allora tutti gli identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e
1729 \textit{saved}) vengono impostati al valore specificato da \param{uid},
1730 altrimenti viene impostato solo l'\textsl{user-ID effettivo}, e soltanto se il
1731 valore specificato corrisponde o all'\textsl{user-ID reale} o
1732 all'\textsl{user-ID salvato}. Negli altri casi viene segnalato un errore (con
1735 Come accennato l'uso principale di queste funzioni è quello di poter
1736 consentire ad un programma con i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1737 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati (vedi sez.~\ref{sec:file_special_perm})
1738 di riportare l'\textsl{user-ID effettivo} a quello dell'utente che ha lanciato
1739 il programma, effettuare il lavoro che non necessita di privilegi aggiuntivi,
1740 ed eventualmente tornare indietro.
1742 Come esempio per chiarire l'uso di queste funzioni prendiamo quello con cui
1743 viene gestito l'accesso al file \sysfile{/var/log/utmp}. In questo file viene
1744 registrato chi sta usando il sistema al momento corrente; chiaramente non può
1745 essere lasciato aperto in scrittura a qualunque utente, che potrebbe
1746 falsificare la registrazione. Per questo motivo questo file (e l'analogo
1747 \sysfile{/var/log/wtmp} su cui vengono registrati login e logout) appartengono
1748 ad un gruppo dedicato (\acr{utmp}) ed i programmi che devono accedervi (ad
1749 esempio tutti i programmi di terminale in X, o il programma \cmd{screen} che
1750 crea terminali multipli su una console) appartengono a questo gruppo ed hanno
1751 il bit \acr{sgid} impostato.
1753 Quando uno di questi programmi (ad esempio \cmd{xterm}) viene lanciato, la
1754 situazione degli identificatori è la seguente:
1757 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (del chiamante)} \\
1758 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1759 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp}}
1761 in questo modo, dato che il \textsl{group-ID effettivo} è quello giusto, il
1762 programma può accedere a \sysfile{/var/log/utmp} in scrittura ed aggiornarlo.
1763 A questo punto il programma può eseguire una \code{setgid(getgid())} per
1764 impostare il \textsl{group-ID effettivo} a quello dell'utente (e dato che il
1765 \textsl{group-ID reale} corrisponde la funzione avrà successo), in questo modo
1766 non sarà possibile lanciare dal terminale programmi che modificano detto file,
1767 in tal caso infatti la situazione degli identificatori sarebbe:
1770 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1771 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{gid}} \\
1772 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1774 e ogni processo lanciato dal terminale avrebbe comunque \acr{gid} come
1775 \textsl{group-ID effettivo}. All'uscita dal terminale, per poter di nuovo
1776 aggiornare lo stato di \sysfile{/var/log/utmp} il programma eseguirà una
1777 \code{setgid(utmp)} (dove \var{utmp} è il valore numerico associato al gruppo
1778 \acr{utmp}, ottenuto ad esempio con una precedente \func{getegid}), dato che
1779 in questo caso il valore richiesto corrisponde al \textsl{group-ID salvato} la
1780 funzione avrà successo e riporterà la situazione a:
1783 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1784 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1785 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1787 consentendo l'accesso a \sysfile{/var/log/utmp}.
1789 Occorre però tenere conto che tutto questo non è possibile con un processo con
1790 i privilegi di amministratore, in tal caso infatti l'esecuzione di una
1791 \func{setuid} comporta il cambiamento di tutti gli identificatori associati al
1792 processo, rendendo impossibile riguadagnare i privilegi di amministratore.
1793 Questo comportamento è corretto per l'uso che ne fa \cmd{login} una volta che
1794 crea una nuova shell per l'utente; ma quando si vuole cambiare soltanto
1795 l'\textsl{user-ID effettivo} del processo per cedere i privilegi occorre
1796 ricorrere ad altre funzioni.
1798 Le due funzioni \funcd{setreuid} e \funcd{setregid} derivano da BSD che, non
1799 supportando\footnote{almeno fino alla versione 4.3+BSD.} gli identificatori
1800 del gruppo \textit{saved}, le usa per poter scambiare fra di loro
1801 \textit{effective} e \textit{real}. I rispettivi prototipi sono:
1804 \headdecl{sys/types.h}
1806 \funcdecl{int setreuid(uid\_t ruid, uid\_t euid)} Imposta l'\textsl{user-ID
1807 reale} e l'\textsl{user-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1808 specificati da \param{ruid} e \param{euid}.
1810 \funcdecl{int setregid(gid\_t rgid, gid\_t egid)} Imposta il \textsl{group-ID
1811 reale} ed il \textsl{group-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1812 specificati da \param{rgid} e \param{egid}.
1814 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1815 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1818 La due funzioni sono analoghe ed il loro comportamento è identico; quanto
1819 detto per la prima riguardo l'user-ID, si applica immediatamente alla seconda
1820 per il group-ID. I processi non privilegiati possono impostare solo i valori
1821 del loro user-ID effettivo o reale; valori diversi comportano il fallimento
1822 della chiamata; l'amministratore invece può specificare un valore qualunque.
1823 Specificando un argomento di valore -1 l'identificatore corrispondente verrà
1824 lasciato inalterato.
1826 Con queste funzioni si possono scambiare fra loro gli user-ID reale e
1827 effettivo, e pertanto è possibile implementare un comportamento simile a
1828 quello visto in precedenza per \func{setgid}, cedendo i privilegi con un primo
1829 scambio, e recuperandoli, eseguito il lavoro non privilegiato, con un secondo
1832 In questo caso però occorre porre molta attenzione quando si creano nuovi
1833 processi nella fase intermedia in cui si sono scambiati gli identificatori, in
1834 questo caso infatti essi avranno un user-ID reale privilegiato, che dovrà
1835 essere esplicitamente eliminato prima di porre in esecuzione un nuovo
1836 programma (occorrerà cioè eseguire un'altra chiamata dopo la \func{fork} e
1837 prima della \func{exec} per uniformare l'user-ID reale a quello effettivo) in
1838 caso contrario il nuovo programma potrebbe a sua volta effettuare uno scambio
1839 e riottenere privilegi non previsti.
1841 Lo stesso problema di propagazione dei privilegi ad eventuali processi figli
1842 si pone per l'user-ID salvato: questa funzione deriva da un'implementazione che
1843 non ne prevede la presenza, e quindi non è possibile usarla per correggere la
1844 situazione come nel caso precedente. Per questo motivo in Linux tutte le volte
1845 che si imposta un qualunque valore diverso da quello dall'user-ID reale
1846 corrente, l'user-ID salvato viene automaticamente uniformato al valore
1847 dell'user-ID effettivo.
1849 Altre due funzioni, \funcd{seteuid} e \funcd{setegid}, sono un'estensione
1850 dello standard POSIX.1, ma sono comunque supportate dalla maggior parte degli
1851 Unix; esse vengono usate per cambiare gli identificatori del gruppo
1852 \textit{effective} ed i loro prototipi sono:
1855 \headdecl{sys/types.h}
1857 \funcdecl{int seteuid(uid\_t uid)} Imposta l'user-ID effettivo del processo
1858 corrente a \param{uid}.
1860 \funcdecl{int setegid(gid\_t gid)} Imposta il group-ID effettivo del processo
1861 corrente a \param{gid}.
1863 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1864 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1867 Come per le precedenti le due funzioni sono identiche, per cui tratteremo solo
1868 la prima. Gli utenti normali possono impostare l'user-ID effettivo solo al
1869 valore dell'user-ID reale o dell'user-ID salvato, l'amministratore può
1870 specificare qualunque valore. Queste funzioni sono usate per permettere
1871 all'amministratore di impostare solo l'user-ID effettivo, dato che l'uso
1872 normale di \func{setuid} comporta l'impostazione di tutti gli identificatori.
1875 Le due funzioni \funcd{setresuid} e \funcd{setresgid} sono invece
1876 un'estensione introdotta in Linux,\footnote{per essere precisi a partire dal
1877 kernel 2.1.44.} e permettono un completo controllo su tutti e tre i gruppi
1878 di identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}), i loro
1882 \headdecl{sys/types.h}
1884 \funcdecl{int setresuid(uid\_t ruid, uid\_t euid, uid\_t suid)} Imposta
1885 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente
1886 ai valori specificati rispettivamente da \param{ruid}, \param{euid} e
1889 \funcdecl{int setresgid(gid\_t rgid, gid\_t egid, gid\_t sgid)} Imposta il
1890 group-ID reale, il group-ID effettivo ed il group-ID salvato del processo
1891 corrente ai valori specificati rispettivamente da \param{rgid}, \param{egid} e
1894 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1895 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1898 Le due funzioni sono identiche, quanto detto per la prima riguardo gli user-ID
1899 si applica alla seconda per i group-ID. I processi non privilegiati possono
1900 cambiare uno qualunque degli user-ID solo ad un valore corrispondente o
1901 all'user-ID reale, o a quello effettivo o a quello salvato, l'amministratore
1902 può specificare i valori che vuole; un valore di -1 per un qualunque argomento
1903 lascia inalterato l'identificatore corrispondente.
1905 Per queste funzioni esistono anche due controparti che permettono di leggere
1906 in blocco i vari identificatori: \funcd{getresuid} e \funcd{getresgid}; i loro
1910 \headdecl{sys/types.h}
1912 \funcdecl{int getresuid(uid\_t *ruid, uid\_t *euid, uid\_t *suid)} Legge
1913 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente.
1915 \funcdecl{int getresgid(gid\_t *rgid, gid\_t *egid, gid\_t *sgid)} Legge il
1916 group-ID reale, il group-ID effettivo e il group-ID salvato del processo
1919 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
1920 fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EFAULT} se gli indirizzi delle
1921 variabili di ritorno non sono validi.}
1924 Anche queste funzioni sono un'estensione specifica di Linux, e non richiedono
1925 nessun privilegio. I valori sono restituiti negli argomenti, che vanno
1926 specificati come puntatori (è un altro esempio di
1927 \itindex{value~result~argument} \textit{value result argument}). Si noti che
1928 queste funzioni sono le uniche in grado di leggere gli identificatori del
1929 gruppo \textit{saved}.
1932 Infine le funzioni \func{setfsuid} e \func{setfsgid} servono per impostare gli
1933 identificatori del gruppo \textit{filesystem} che sono usati da Linux per il
1934 controllo dell'accesso ai file. Come già accennato in
1935 sez.~\ref{sec:proc_access_id} Linux definisce questo ulteriore gruppo di
1936 identificatori, che in circostanze normali sono assolutamente equivalenti a
1937 quelli del gruppo \textit{effective}, dato che ogni cambiamento di questi
1938 ultimi viene immediatamente riportato su di essi.
1940 C'è un solo caso in cui si ha necessità di introdurre una differenza fra gli
1941 identificatori dei gruppi \textit{effective} e \textit{filesystem}, ed è per
1942 ovviare ad un problema di sicurezza che si presenta quando si deve
1943 implementare un server NFS.
1945 Il server NFS infatti deve poter cambiare l'identificatore con cui accede ai
1946 file per assumere l'identità del singolo utente remoto, ma se questo viene
1947 fatto cambiando l'user-ID effettivo o l'user-ID reale il server si espone alla
1948 ricezione di eventuali segnali ostili da parte dell'utente di cui ha
1949 temporaneamente assunto l'identità. Cambiando solo l'user-ID di filesystem si
1950 ottengono i privilegi necessari per accedere ai file, mantenendo quelli
1951 originari per quanto riguarda tutti gli altri controlli di accesso, così che
1952 l'utente non possa inviare segnali al server NFS.
1954 Le due funzioni usate per cambiare questi identificatori sono \funcd{setfsuid}
1955 e \funcd{setfsgid}, ovviamente sono specifiche di Linux e non devono essere
1956 usate se si intendono scrivere programmi portabili; i loro prototipi sono:
1958 \headdecl{sys/fsuid.h}
1960 \funcdecl{int setfsuid(uid\_t fsuid)} Imposta l'user-ID di filesystem del
1961 processo corrente a \param{fsuid}.
1963 \funcdecl{int setfsgid(gid\_t fsgid)} Imposta il group-ID di filesystem del
1964 processo corrente a \param{fsgid}.
1966 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1967 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1969 \noindent queste funzioni hanno successo solo se il processo chiamante ha i
1970 privilegi di amministratore o, per gli altri utenti, se il valore specificato
1971 coincide con uno dei di quelli del gruppo \textit{real}, \textit{effective} o
1975 \subsection{Le funzioni per la gestione dei gruppi associati a un processo}
1976 \label{sec:proc_setgroups}
1978 Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui
1979 gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere
1980 almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di
1981 gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
1982 sez.~\ref{sec:sys_sysconf}), leggendo il parametro
1983 \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono
1984 ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni.
1986 La funzione che permette di leggere i gruppi supplementari associati ad un
1987 processo è \funcd{getgroups}; questa funzione è definita nello standard
1988 POSIX.1, ed il suo prototipo è:
1990 \headdecl{sys/types.h}
1993 \funcdecl{int getgroups(int size, gid\_t list[])}
1995 Legge gli identificatori dei gruppi supplementari.
1997 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di gruppi letti in caso di
1998 successo e -1 in caso di fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà
2001 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2002 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è diverso da zero ma
2003 minore del numero di gruppi supplementari del processo.
2007 La funzione legge gli identificatori dei gruppi supplementari del processo sul
2008 vettore \param{list} di dimensione \param{size}. Non è specificato se la
2009 funzione inserisca o meno nella lista il group-ID effettivo del processo. Se si
2010 specifica un valore di \param{size} uguale a 0 \param{list} non viene
2011 modificato, ma si ottiene il numero di gruppi supplementari.
2013 Una seconda funzione, \funcd{getgrouplist}, può invece essere usata per
2014 ottenere tutti i gruppi a cui appartiene un certo utente; il suo prototipo è:
2016 \headdecl{sys/types.h}
2019 \funcdecl{int getgrouplist(const char *user, gid\_t group, gid\_t *groups,
2020 int *ngroups)} Legge i gruppi supplementari.
2022 \bodydesc{La funzione legge fino ad un massimo di \param{ngroups} valori,
2023 restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento.}
2026 La funzione legge i gruppi supplementari dell'utente specificato da
2027 \param{user}, eseguendo una scansione del database dei gruppi (si veda
2028 sez.~\ref{sec:sys_user_group}). Ritorna poi in \param{groups} la lista di
2029 quelli a cui l'utente appartiene. Si noti che \param{ngroups} è passato come
2030 puntatore perché, qualora il valore specificato sia troppo piccolo, la
2031 funzione ritorna -1, passando indietro il numero dei gruppi trovati.
2033 Per impostare i gruppi supplementari di un processo ci sono due funzioni, che
2034 possono essere usate solo se si hanno i privilegi di amministratore. La prima
2035 delle due è \funcd{setgroups}, ed il suo prototipo è:
2037 \headdecl{sys/types.h}
2040 \funcdecl{int setgroups(size\_t size, gid\_t *list)}
2042 Imposta i gruppi supplementari del processo.
2044 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2045 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2047 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2048 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
2049 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è maggiore del valore
2054 La funzione imposta i gruppi supplementari del processo corrente ai valori
2055 specificati nel vettore passato con l'argomento \param{list}, di dimensioni
2056 date dall'argomento \param{size}. Il numero massimo di gruppi supplementari è
2057 un parametro di sistema, che può essere ricavato con le modalità spiegate in
2058 sez.~\ref{sec:sys_characteristics}.
2060 Se invece si vogliono impostare i gruppi supplementari del processo a quelli di
2061 un utente specifico, si può usare \funcd{initgroups} il cui prototipo è:
2063 \headdecl{sys/types.h}
2066 \funcdecl{int initgroups(const char *user, gid\_t group)}
2068 Inizializza la lista dei gruppi supplementari.
2070 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2071 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà gli stessi valori di
2072 \func{setgroups} più \errval{ENOMEM} quando non c'è memoria sufficiente
2073 per allocare lo spazio per informazioni dei gruppi.}
2076 La funzione esegue la scansione del database dei gruppi (usualmente
2077 \conffile{/etc/group}) cercando i gruppi di cui è membro l'utente \param{user}
2078 con cui costruisce una lista di gruppi supplementari, a cui aggiunge anche
2079 \param{group}, infine imposta questa lista per il processo corrente usando
2080 \func{setgroups}. Si tenga presente che sia \func{setgroups} che
2081 \func{initgroups} non sono definite nello standard POSIX.1 e che pertanto non
2082 è possibile utilizzarle quando si definisce \macro{\_POSIX\_SOURCE} o si
2083 compila con il flag \cmd{-ansi}, è pertanto meglio evitarle se si vuole
2084 scrivere codice portabile.
2087 \subsection{La gestione delle \textit{capabilities}}
2088 \label{sec:proc_capabilities}
2090 \itindbeg{capabilities}
2092 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_access_id} l'architettura classica della
2093 gestione dei privilegi in un sistema unix-like ha il sostanziale problema di
2094 fornire all'amministratore dei poteri troppo ampi, questo comporta che anche
2095 quando si siano predisposte delle misure di protezione per in essere in grado
2096 di difendersi dagli effetti di una eventuale compromissione del
2097 sistema,\footnote{come montare un filesystem in sola lettura per impedirne
2098 modifiche, o marcare un file come immutabile.} una volta che questa sia
2099 stata effettuata e si siano ottenuti i privilegi di amministratore, queste
2100 potranno essere comunque rimosse.\footnote{nei casi elencati nella precedente
2101 nota si potrà sempre rimontare il sistema in lettura-scrittura, o togliere
2102 la marcatura di immutabilità.}
2104 Il problema consiste nel fatto che nell'architettura tradizionale di un
2105 sistema unix-like i controlli di accesso sono basati su un solo livello di
2106 separazione: per i processi normali essi sono posti in atto, mentre per i
2107 processi con i privilegi di amministratore essi non vengono neppure eseguiti;
2108 per questo motivo non era previsto alcun modo per evitare che un processo con
2109 diritti di amministratore non potesse eseguire certe operazioni, o per cedere
2110 definitivamente alcuni privilegi da un certo momento in poi.
2112 Per ovviare a tutto ciò, a partire dai kernel della serie 2.2, è stato
2113 introdotto un meccanismo, detto \textit{capabilities}, che consentisse di
2114 suddividere i vari privilegi tradizionalmente associati all'amministratore in
2115 un insieme di \textsl{capacità} distinte. L'idea era che queste capacità
2116 potessero essere abilitate e disabilitate in maniera indipendente per ciascun
2117 processo con privilegi di amministratore, permettendo così una granularità
2118 molto più fine nella distribuzione degli stessi che evitasse la originaria
2119 situazione di \textsl{tutto o nulla}.
2121 Il meccanismo completo delle \textit{capabilities}\footnote{l'implementazione
2122 di Linux si rifà ad una bozza per quello che dovrebbe divenire lo standard
2123 POSIX.1e, che prevede questa funzionalità.} prevederebbe anche la
2124 possibilità di associare le stesse \textit{capabilities} anche ai singoli file
2125 eseguibili,\footnote{una descrizione sommaria di questa funzionalità è
2126 riportata nella pagina di manuale che descrive l'implementazione delle
2127 \textit{capabilities} con Linux (accessibile con \texttt{man capabilities}),
2128 ma non essendo implementata non ne tratteremo qui.} in modo da poter
2129 stabilire quali capacità possono essere utilizzate quando viene messo in
2130 esecuzione uno specifico programma; attualmente però questa funzionalità non è
2131 implementata.\footnote{per attualmente si intende fino al kernel 2.6.23;
2132 benché l'infrastruttura per crearla sia presente (vedi anche
2133 sez.~\ref{sec:file_xattr}) finora non è disponibile nessuna realizzazione
2134 delle specifiche POSIX.1e, esistono però dei patch di sicurezza del kernel,
2135 come LIDS (vedi \href{http://www.lids.org}{\textsf{http://www.lids.org/})}
2136 che realizzano qualcosa di simile.}
2138 % TODO verificare per process capability bounding set, vedi:
2139 % http://git.kernel.org/git/?p=linux/kernel/git/torvalds/linux-2.6.git;a=commit;h=3b7391de67da515c91f48aa371de77cb6cc5c07e
2141 % TODO capire cosa cambia con i patch del 2.6.26, vedi
2142 % http://lwn.net/Articles/280279/
2144 \begin{table}[!h!bt]
2147 \begin{tabular}{|l|p{12cm}|}
2149 \textbf{Capacità}&\textbf{Descrizione}\\
2153 % POSIX-draft defined capabilities.
2155 \const{CAP\_CHOWN} & La capacità di cambiare proprietario e gruppo
2156 proprietario di un file (vedi
2157 sez.~\ref{sec:file_ownership_management}).\\
2158 \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE}& La capacità di evitare il controllo dei
2159 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione dei
2160 file, (vedi sez.~\ref{sec:file_access_control})
2161 caratteristici del modello classico del
2162 controllo di accesso chiamato
2163 \itindex{Discrectionary~Access~Control~(DAC)}
2164 \textit{Discrectionary Access Control} (da cui
2166 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}& La capacità di evitare il controllo dei
2167 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione per
2169 sez.~\ref{sec:file_access_control}).\\
2170 \const{CAP\_FOWNER} & La capacità di evitare il controllo che
2171 l'user-ID effettivo del processo (o meglio il
2172 \textit{filesystem user-ID}, vedi
2173 sez.~\ref{sec:proc_setuid}) coincida con
2174 quello del proprietario di un file per tutte
2175 le operazioni privilegiate non coperte dalle
2176 precedenti \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE} e
2177 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}. Queste
2178 comprendono i cambiamenti dei permessi e dei
2179 tempi del file (vedi
2180 sez.~\ref{sec:file_perm_management} e
2181 sez.~\ref{sec:file_file_times}), le impostazioni
2182 degli attributi estesi (con il comando
2183 \cmd{chattr}) e delle ACL, poter ignorare lo
2184 \itindex{sticky~bit} \textit{sticky bit} nella
2185 cancellazione dei file (vedi
2186 sez.~\ref{sec:file_special_perm}), la possibilità
2187 di impostare il flag di \const{O\_NOATIME} con
2188 \func{open} e \func{fcntl} (vedi
2189 sez.~\ref{sec:file_open} e
2190 sez.~\ref{sec:file_fcntl}).\\
2191 \const{CAP\_FSETID} & La capacità di evitare la cancellazione
2192 automatica dei bit \itindex{suid~bit} \acr{suid}
2193 e \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} quando un file
2194 per i quali sono impostati viene modificato da
2195 un processo senza questa capacità e la capacità
2196 di impostare il bit \acr{sgid} su un file anche
2197 quando questo è relativo ad un gruppo cui non si
2199 sez.~\ref{sec:file_perm_management}).\\
2200 \const{CAP\_KILL} & La capacità di mandare segnali a qualunque
2201 processo (vedi sez.~\ref{sec:sig_kill_raise}).\\
2202 \const{CAP\_SETGID} & La capacità di manipolare i group ID dei
2203 processi, sia il principale che i supplementari,
2204 (vedi sez.~\ref{sec:proc_setgroups} che quelli
2205 trasmessi tramite i socket \textit{unix domain}
2206 (vedi sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
2207 \const{CAP\_SETUID} & La capacità di manipolare gli user ID del
2208 processo (con \func{setuid}, \func{setreuid},
2209 \func{setresuid}, \func{setfsuid}) e di
2210 trasmettere un valore arbitrario
2211 dell'\textsl{uid} nel passaggio delle
2212 credenziali coi socket \textit{unix domain} (vedi
2213 sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
2215 % Linux specific capabilities
2218 \const{CAP\_SETPCAP} & La capacità di impostare o rimuovere una capacità
2219 (limitatamente a quelle che il processo
2220 chiamante ha nel suo insieme di capacità
2221 permesse) da qualunque processo.\\
2222 % TODO cambiata nel 2.4.24 rc1 ?
2223 \const{CAP\_LINUX\_IMMUTABLE}& La capacità di impostare gli attributi
2224 \textit{immutable} e \itindex{append~mode}
2225 \textit{append only} per i file su un
2226 filesystem che supporta questi
2228 \const{CAP\_NET\_BIND\_SERVICE}& La capacità di porre in ascolto server
2229 su porte riservate (vedi
2230 sez.~\ref{sec:TCP_func_bind}).\\
2231 \const{CAP\_NET\_BROADCAST}& La capacità di consentire l'uso di socket in
2232 \itindex{broadcast} \textit{broadcast} e
2233 \itindex{multicast} \textit{multicast}.\\
2234 \const{CAP\_NET\_ADMIN} & La capacità di eseguire alcune operazioni
2235 privilegiate sulla rete (impostare le opzioni
2236 privilegiate dei socket, abilitare il
2237 \itindex{multicast} \textit{multicasting},
2238 impostare interfacce di rete e
2239 tabella di instradamento).\\
2240 \const{CAP\_NET\_RAW} & La capacità di usare socket \texttt{RAW} e
2241 \texttt{PACKET} (quelli che permettono di creare
2242 pacchetti nei protocolli di basso livello).\\
2243 \const{CAP\_IPC\_LOCK} & La capacità di effettuare il \textit{memory
2244 locking} \itindex{memory~locking} con le
2245 funzioni \func{mlock}, \func{mlockall},
2246 \func{shmctl}, \func{mmap} (vedi
2247 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock} e
2248 sez.~\ref{sec:file_memory_map}). \\
2249 \const{CAP\_IPC\_OWNER} & La capacità di evitare il controllo dei permessi
2250 per le operazioni sugli oggetti di
2251 intercomunicazione fra processi (vedi
2252 sez.~\ref{sec:ipc_sysv}).\\
2253 \const{CAP\_SYS\_MODULE}& La capacità di caricare e rimuovere moduli del
2255 \const{CAP\_SYS\_RAWIO} & La capacità di eseguire operazioni sulle porte
2256 di I/O con \func{ioperm} e \func{iopl} (vedi
2257 sez.~\ref{sec:file_io_port}).\\
2258 \const{CAP\_SYS\_CHROOT}& La capacità di eseguire la funzione
2260 sez.~\ref{sec:file_chroot}).\\
2261 \const{CAP\_SYS\_PTRACE}& Consente di tracciare qualunque processo con
2263 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).\\
2264 \const{CAP\_SYS\_PACCT} & La capacità di usare le funzioni di
2265 \textit{accounting} dei processi (vedi
2266 sez.~\ref{sec:sys_bsd_accounting}).\\
2267 \const{CAP\_SYS\_ADMIN} & La capacità di eseguire una serie di compiti
2268 amministrativi (come impostare le quote,
2269 attivare e disattivare la swap, montare,
2270 rimontare e smontare filesystem, ecc.). \\
2271 \const{CAP\_SYS\_BOOT} & La capacità di fare eseguire un riavvio del
2273 \const{CAP\_SYS\_NICE} & La capacità di modificare le priorità dei
2274 processi (vedi sez.~\ref{sec:proc_priority}). \\
2275 \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}& La capacità di superare le limitazioni sulle
2276 risorse, aumentare le quote disco, usare lo
2277 spazio disco riservato all'amministratore.\\
2278 \const{CAP\_SYS\_TIME} & La capacità di modificare il tempo di sistema
2279 (vedi sez.~\ref{sec:sys_time}).\\
2280 \const{CAP\_SYS\_TTY\_CONFIG}& La capacità di simulare un \textit{hangup}
2281 della console, con la funzione
2283 \const{CAP\_MKNOD} & La capacità di creare file di dispositivo con la
2284 funzione \func{mknod} (vedi
2285 sez.~\ref{sec:file_mknod}).\footnotemark\\
2286 \const{CAP\_LEASE} & La capacità di creare dei \textit{file lease}
2287 \index{file!lease} su di un file (vedi
2288 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_lease})
2289 indipendentemente dalla proprietà dello
2290 stesso.\footnotemark\\
2291 \const{CAP\_SETFCAP} & La capacità di impostare le
2292 \textit{capabilities} di un file (non
2296 \caption{Le costanti che identificano le \textit{capabilities} presenti nel
2298 \label{tab:proc_capabilities}
2301 \footnotetext[21]{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel
2304 \footnotetext{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel della
2307 Per gestire questo nuovo meccanismo ciascun processo porta con sé tre distinti
2308 insiemi di \textit{capabilities}, che vengono denominati rispettivamente
2309 \textit{effective}, \textit{permitted} ed \textit{inherited}. Questi insiemi
2310 vengono mantenuti in forma di tre diverse maschere binarie,\footnote{il kernel
2311 li mantiene, come i vari identificatori di sez.~\ref{sec:proc_setuid},
2312 all'interno della \struct{task\_struct} di ciascun processo (vedi
2313 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}), nei tre campi \texttt{cap\_effective},
2314 \texttt{cap\_inheritable}, \texttt{cap\_permitted} del tipo
2315 \texttt{kernel\_cap\_t}; questo è attualmente definito come intero a 32 bit,
2316 il che comporta un massimo di 32 \textit{capabilities} distinte.} in cui
2317 ciascun bit corrisponde ad una capacità diversa; se ne è riportato
2318 l'elenco,\footnote{si tenga presente che l'elenco delle \textit{capabilities}
2319 presentato questa tabella, ripreso dalla relativa pagina di manuale
2320 (accessibile con \texttt{man capabilities}) e dalle definizioni in
2321 \texttt{sys/capabilities.h}, è quello aggiornato al kernel 2.6.6.} con una
2322 breve descrizione, ed il nome delle costanti che identificano i singoli bit,
2323 in tab.~\ref{tab:proc_capabilities}; la tabella è divisa in due parti, la
2324 prima riporta le \textit{capabilities} previste nella bozza dello standard
2325 POSIX1.e, la seconda quelle specifiche di Linux.
2327 L'utilizzo di tre distinti insiemi serve a fornire una interfaccia flessibile
2328 per l'uso delle \textit{capabilities}, con scopi analoghi a quelli per cui
2329 sono mantenuti i diversi insiemi di identificatori di
2330 sez.~\ref{sec:proc_setuid}; il loro significato è il seguente:
2331 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2332 \item[\textit{effective}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2333 ``\textsl{effettive}'', cioè di quelle che vengono effettivamente usate dal
2334 kernel quando deve eseguire il controllo di accesso per le varie operazioni
2335 compiute dal processo.
2336 \item[\textit{permitted}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2337 ``\textsl{permesse}'', cioè l'insieme di quelle capacità che un processo
2338 \textsl{può} impostare come \textsl{effettive}. Se un processo cancella una
2339 capacità da questo insieme non potrà più riassumerla (almeno che non esegua
2340 un programma che è \acr{suid} di root).
2341 \item[\textit{inherited}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2342 ``\textsl{ereditabili}'', cioè quelle che vengono trasmesse ad un nuovo
2343 programma eseguito attraverso una chiamata ad \func{exec} (con l'eccezione
2344 del caso che questo sia \acr{suid} di root).
2345 \label{sec:capabilities_set}
2348 Oltre a questi tre insiemi, che sono relativi al singolo processo, il kernel
2349 mantiene un insieme generale valido per tutto il sistema, chiamato
2350 \itindex{capabilities~bounding~set} \textit{capabilities bounding set}. Ogni
2351 volta che un programma viene posto in esecuzione con \func{exec} il contenuto
2352 degli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted} vengono mascherati con
2353 un \textsl{AND} binario del contenuto corrente del \textit{capabilities
2354 bounding set}, così che il nuovo processo potrà disporre soltanto delle
2355 capacità in esso elencate.
2357 Il \textit{capabilities bounding set} è un parametro di sistema, accessibile
2358 attraverso il contenuto del file \procfile{/proc/sys/kernel/cap-bound}, che per
2359 questa sua caratteristica consente di impostare un limite generale alle
2360 capacità che possono essere accordate ai vari processi. Questo valore può
2361 essere impostato ad un valore arbitrario esclusivamente dal primo processo
2362 eseguito nel sistema (di norma cioè da \texttt{/sbin/init}), ogni processo
2363 eseguito successivamente (cioè con \textsl{pid} diverso da 1) anche se
2364 eseguito con privilegi di amministratore potrà soltanto rimuovere uno dei bit
2365 già presenti dell'insieme: questo significa che una volta rimossa una
2366 \textit{capability} dal \textit{capabilities bounding set} essa non sarà più
2367 disponibile, neanche per l'amministratore, a meno di un riavvio.
2369 Quando un programma viene messo in esecuzione\footnote{cioè quando viene
2370 eseguita la \func{execve} con cui lo si lancia; in corrispondenza di una
2371 \func{fork} le \textit{capabilities} non vengono modificate.} esso eredita
2372 (nel senso che assume negli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted})
2373 le \textit{capabilities} mantenute nell'insieme \textit{inherited}, a meno che
2374 non sia eseguito un programma \acr{suid} di root o la \func{exec} sia stata
2375 eseguita da un programma con \textsl{uid} reale zero; in tal caso il programma
2376 ottiene tutte le \textit{capabilities} presenti nel \textit{capabilities
2377 bounding set}. In questo modo si può far si che ad un processo eseguito in
2378 un secondo tempo possano essere trasmesse solo un insieme limitato di
2379 capacità, impedendogli di recuperare quelle assenti nell'insieme
2380 \textit{inherited}. Si tenga presente invece che attraverso una \func{fork}
2381 vengono mantenute le stesse capacità del processo padre.
2383 Per la gestione delle \textit{capabilities} il kernel mette a disposizione due
2384 funzioni che permettono rispettivamente di leggere ed impostare i valori dei
2385 tre insiemi illustrati in precedenza. Queste due funzioni sono \funcd{capget}
2386 e \funcd{capset} e costituiscono l'interfaccia di gestione basso livello; i
2387 loro rispettivi prototipi sono:
2389 \headdecl{sys/capability.h}
2391 \funcdecl{int capget(cap\_user\_header\_t hdrp, cap\_user\_data\_t datap)}
2392 Legge le \textit{capabilities}.
2394 \funcdecl{int capset(cap\_user\_header\_t hdrp, const cap\_user\_data\_t
2396 Imposta le \textit{capabilities}.
2399 \bodydesc{Entrambe le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso
2400 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2402 \item[\errcode{ESRCH}] si è fatto riferimento ad un processo inesistente.
2403 \item[\errcode{EPERM}] si è tentato di aggiungere una capacità
2404 nell'insieme delle \textit{capabilities} permesse, o di impostare una
2405 capacità non presente nell'insieme di quelle permesse negli insieme
2406 delle effettive o ereditate, o si è cercato di impostare una
2407 \textit{capability} di un altro processo senza avare
2408 \const{CAP\_SETPCAP}.
2410 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
2415 Queste due funzioni prendono come argomenti due tipi di dati dedicati,
2416 definiti come puntatori a due strutture specifiche di Linux, illustrate in
2417 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}. Per poterle utilizzare occorre anche
2418 cancellare la macro \macro{\_POSIX\_SOURCE}.\footnote{per farlo occorre
2419 utilizzare la direttiva di preprocessore \direct{undef}; si dovrà cioè
2420 inserire una istruzione \texttt{\#undef \_POSIX\_SOURCE} prima di includere
2421 \texttt{sys/capability.h}.} Si tenga presente che le strutture di
2422 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}, come i prototipi delle due funzioni
2423 \func{capget} e \func{capset}, sono soggette ad essere modificate con il
2424 cambiamento del kernel (in particolare i tipi di dati delle strutture) ed
2425 anche se finora l'interfaccia è risultata stabile, non c'è nessuna
2426 assicurazione che questa venga mantenuta. Pertanto se si vogliono scrivere
2427 programmi portabili che possano essere eseguiti su qualunque versione del
2428 kernel è opportuno utilizzare le interfacce di alto livello.
2430 \begin{figure}[!htb]
2433 \begin{minipage}[c]{15cm}
2434 \includestruct{listati/cap_user_header_t.h}
2437 \caption{Definizione delle strutture a cui fanno riferimento i puntatori
2438 \structd{cap\_user\_header\_t} e \structd{cap\_user\_data\_t} usati per
2439 l'interfaccia di gestione di basso livello delle \textit{capabilities}.}
2440 \label{fig:cap_kernel_struct}
2443 La struttura a cui deve puntare l'argomento \param{hdrp} serve ad indicare,
2444 tramite il campo \var{pid}, il processo del quale si vogliono leggere o
2445 modificare le \textit{capabilities}. Il campo \var{version} deve essere
2446 impostato al valore della versione delle usata dal kernel (quello indicato
2447 dalla costante \const{\_LINUX\_CAPABILITY\_VERSION} di
2448 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}) altrimenti le funzioni ritorneranno con un
2449 errore di \errcode{EINVAL}, restituendo nel campo stesso il valore corretto
2450 della versione in uso. La struttura a cui deve puntare l'argomento
2451 \param{datap} invece conterrà i valori letti o da impostare per i tre insiemi
2452 delle capacità del processo.
2454 Dato che le precedenti funzioni, oltre ad essere specifiche di Linux, non
2455 garantiscono la stabilità nell'interfaccia, è sempre opportuno effettuare la
2456 gestione delle \textit{capabilities} utilizzando le funzioni di libreria a
2457 questo dedicate. Queste funzioni, che seguono quanto previsto nelle bozze
2458 dello standard POSIX.1e, non fanno parte delle \acr{glibc} e sono fornite in
2459 una libreria a parte,\footnote{la libreria è \texttt{libcap2}, nel caso di
2460 Debian può essere installata con il pacchetto omonimo.} pertanto se un
2461 programma le utilizza si dovrà indicare esplicitamente l'uso della suddetta
2462 libreria attraverso l'opzione \texttt{-lcap} del compilatore.
2464 Le funzioni dell'interfaccia delle bozze di POSIX.1e prevedono l'uso di uno
2465 tipo di dato opaco, \type{cap\_t}, come puntatore ai dati mantenuti nel
2466 cosiddetto \textit{capability state},\footnote{si tratta in sostanza di un
2467 puntatore ad una struttura interna utilizzata dalle librerie, i cui campi
2468 non devono mai essere acceduti direttamente.} in sono memorizzati tutti i
2469 dati delle \textit{capabilities}. In questo modo è possibile mascherare i
2470 dettagli della gestione di basso livello, che potranno essere modificati senza
2471 dover cambiare le funzioni dell'interfaccia, che faranno riferimento soltanto
2472 ad oggetti di questo tipo. L'interfaccia pertanto non soltanto fornisce le
2473 funzioni per modificare e leggere le \textit{capabilities}, ma anche quelle
2474 per gestire i dati attraverso \type{cap\_t}.
2476 La prima funzione dell'interfaccia è quella che permette di inizializzare un
2477 \textit{capability state}, allocando al contempo la memoria necessaria per i
2478 relativi dati. La funzione è \funcd{cap\_init} ed il suo prototipo è:
2480 \headdecl{sys/capability.h}
2482 \funcdecl{cap\_t cap\_init(void)}
2483 Crea ed inizializza un \textit{capability state}.
2485 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2486 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il
2487 valore \errval{ENOMEM}.
2491 La funzione restituisce il puntatore \type{cap\_t} ad uno stato inizializzato
2492 con tutte le \textit{capabilities} azzerate. In caso di errore (cioè quando
2493 non c'è memoria sufficiente ad allocare i dati) viene restituito \macro{NULL}
2494 ed \var{errno} viene impostata a \errval{ENOMEM}. La memoria necessaria a
2495 mantenere i dati viene automaticamente allocata da \func{cap\_init}, ma dovrà
2496 essere disallocata esplicitamente quando non più necessaria utilizzando la
2497 funzione \funcd{cap\_free}, il cui prototipo è:
2499 \headdecl{sys/capability.h}
2501 \funcdecl{int cap\_free(void *obj\_d)}
2502 Disalloca la memoria allocata per i dati delle \textit{capabilities}.
2504 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2505 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2509 La funzione permette di liberare la memoria allocata dalle altre funzioni
2510 della libreria sia per un \textit{capability state}, nel qual caso l'argomento
2511 dovrà essere un dato di tipo \type{cap\_t}, che per una descrizione testuale
2512 dello stesso,\footnote{cioè quanto ottenuto tramite la funzione
2513 \func{cap\_to\_text}.} nel qual caso l'argomento dovrà essere di tipo
2514 \texttt{char *}. L'argomento \param{obj\_d} deve corrispondere ad un oggetto
2515 ottenuto tramite altre funzioni della libreria, altrimenti la funzione fallirà
2516 con un errore di \errval{EINVAL}.
2518 Infine si può creare una copia di un \textit{capability state} ottenuto in
2519 precedenza tramite la funzione \funcd{cap\_dup}, il cui prototipo è:
2521 \headdecl{sys/capability.h}
2523 \funcdecl{cap\_t cap\_dup(cap\_t cap\_p)}
2524 Duplica un \textit{capability state} restituendone una copia.
2526 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2527 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} potrà assumere i
2528 valori \errval{ENOMEM} o \errval{EINVAL}.
2532 La funzione crea una copia del \textit{capability state} posto all'indirizzo
2533 \param{cap\_p} che si è passato come argomento, restituendo il puntatore alla
2534 copia, che conterrà gli stessi valori delle \textit{capabilities} presenti
2535 nell'originale. La memoria necessaria viene allocata automaticamente dalla
2536 funzione. Una volta effettuata la copia i due \textit{capability state}
2537 potranno essere modificati in maniera completamente indipendente.
2539 Una seconda classe di funzioni di servizio sono quelle per la gestione dei
2540 dati contenuti all'interno di un \textit{capability state}; la prima di esse è
2541 \funcd{cap\_clear}, il cui prototipo è:
2543 \headdecl{sys/capability.h}
2545 \funcdecl{int cap\_clear(cap\_t cap\_p)}
2546 Inizializza un \textit{capability state} cancellando tutte le
2547 \textit{capabilities}.
2549 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2550 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2554 La funzione si limita ad azzerare tutte le \textit{capabilities} presenti nel
2555 \textit{capability state} all'indirizzo \param{cap\_p} passato come argomento,
2556 restituendo uno stato \textsl{vuoto}, analogo a quello che si ottiene nella
2557 creazione con \func{cap\_init}.
2559 Per la gestione dei valori delle \textit{capabilities} presenti in un
2560 \textit{capability state} l'interfaccia prevede due funzioni,
2561 \funcd{cap\_get\_flag} e \funcd{cap\_set\_flag}, che permettono
2562 rispettivamente di leggere o impostare il valore di un flag delle
2563 \textit{capabilities}; i rispettivi prototipi sono:
2565 \headdecl{sys/capability.h}
2567 \funcdecl{int cap\_get\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_value\_t cap, cap\_flag\_t
2568 flag, cap\_flag\_value\_t *value\_p)}
2569 Legge il valore di una \textit{capability}.
2571 \funcdecl{int cap\_set\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_flag\_t flag, int ncap,
2572 cap\_value\_t *caps, cap\_flag\_value\_t value)}
2573 Imposta il valore di una \textit{capability}.
2575 \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2576 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2580 In entrambe le funzioni l'argomento \param{cap\_p} indica il puntatore al
2581 \textit{capability state} su cui operare, mentre l'argomento \param{flag}
2582 indica su quale dei tre insiemi illustrati a
2583 pag.~\pageref{sec:capabilities_set} si intende operare. Questi devono essere
2584 specificati con una variabile di tipo \type{cap\_flag\_t} che può assumere
2585 esclusivamente\footnote{si tratta in effetti di un tipo enumerato, come si può
2586 verificare dalla sua definizione che si trova in
2587 \texttt{/usr/include/sys/capability.h}.} uno dei valori illustrati in
2588 tab.~\ref{tab:cap_set_identifier}.
2593 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2595 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2598 \const{CAP\_EFFECTIVE} & Capacità dell'insieme \textsl{effettivo}.\\
2599 \const{CAP\_PERMITTED} & Capacità dell'insieme \textsl{permesso}.\\
2600 \const{CAP\_INHERITABLE}& Capacità dell'insieme \textsl{ereditabile}.\\
2603 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_t} che
2604 identifica gli insiemi delle \textit{capabilities}.}
2605 \label{tab:cap_set_identifier}
2608 La capacità che si intende controllare o impostare invece deve essere
2609 specificata attraverso una variabile di tipo \type{cap\_value\_t}, che può
2610 prendere come valore uno qualunque di quelli riportati in
2611 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}, in questo caso però non è possibile
2612 combinare diversi valori in una maschera binaria, una variabile di tipo
2613 \type{cap\_value\_t} deve indicare una sola capacità.\footnote{nel file di
2614 header citato nella nota precedente il tipo \type{cap\_value\_t} è definito
2615 come \ctyp{int}, ma i valori validi sono soltanto quelli di
2616 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}.} Infine lo stato di una capacità è
2617 descritto ad una variabile di tipo \type{cap\_flag\_value\_t}, che a sua volta
2618 può assumere soltanto uno\footnote{anche questo è un tipo enumerato.} dei
2619 valori di tab.~\ref{tab:cap_value_type}.
2624 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2626 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2629 \const{CAP\_CLEAR}& La capacità non è impostata.\\
2630 \const{CAP\_SET} & La capacità è impostata.\\
2633 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_value\_t} che
2634 indica lo stato di una capacità.}
2635 \label{tab:cap_value_type}
2638 La funzione \func{cap\_get\_flag} legge lo stato della capacità indicata
2639 dall'argomento \param{cap} all'interno dell'insieme indicato dall'argomento
2640 \param{flag} e ne restituisce il valore nella variabile posta all'indirizzo
2641 puntato dall'argomento \param{value\_p}; è possibile cioè leggere soltanto uno
2642 stato di una capacità alla volta.
2644 La funzione \func{cap\_set\_flag} può invece impostare in una sola chiamata
2645 più capacità, anche se solo all'interno dello stesso insieme; per questo essa
2646 prende un vettore di valori di tipo \type{cap\_value\_t} nell'argomento
2647 \param{caps}, la cui dimensione è specificata dall'argomento \param{ncap}. Il
2648 tipo di impostazione da eseguire (cancellazione o impostazione) viene indicato
2649 dall'argomento \param{value}.
2651 Per la visualizzazione dello stato delle \textit{capabilities} l'interfaccia
2652 prevede una funzione apposita, \funcd{cap\_to\_text}, il cui prototipo è:
2654 \headdecl{sys/capability.h}
2656 \funcdecl{char * cap\_to\_text(cap\_t caps, ssize\_t * length\_p)}
2658 Genera una visualizzazione testuale delle \textit{capabilities}.
2660 \bodydesc{La funzione ritorna un puntatore alla stringa con la descrizione
2661 delle \textit{capabilities} in caso di successo e \val{NULL} in caso di
2662 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL} o
2667 La funzione ritorna l'indirizzo di una stringa contente la descrizione
2668 testuale del contenuto del \textit{capabilities state} \param{caps} passato
2669 come argomento, e, qualora l'argomento \param{length\_p} sia diverso da
2670 \val{NULL}, restituisce nella variabile intera da questo puntata la lunghezza
2671 della stringa. La stringa restituita viene allocata automaticamente dalla
2672 funzione e deve essere liberata con \func{cap\_free}.
2674 Fin quei abbiamo trattato delle funzioni di manipolazione dei
2675 \textit{capabilities state}; quando si vuole eseguire la lettura delle
2676 \textit{capabilities} del processo corrente si deve usare la funzione
2677 \funcd{cap\_get\_proc}, il cui prototipo è:
2679 \headdecl{sys/capability.h}
2681 \funcdecl{cap\_t cap\_get\_proc(void)}
2682 Legge le \textit{capabilities} del processo corrente.
2684 \bodydesc{La funzione ritorna un valore diverso da \val{NULL} in caso di
2685 successo e \val{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può
2686 assumere i valori \errval{EINVAL}, \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}. }
2689 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo corrente
2690 e restituisce il puntatore ad un \textit{capabilities state} contenente il
2691 risultato, che provvede ad allocare autonomamente, e che occorrerà liberare
2692 con \func{cap\_free} quando non sarà più utilizzato.
2694 Se invece si vogliono leggere le \textit{capabilities} di un processo
2695 specifico occorre usare la funzione \funcd{capgetp}, il cui
2696 prototipo\footnote{su alcune pagine di manuale la funzione è descritta con un
2697 prototipo sbagliato, che prevede un valore di ritorno di tipo \type{cap\_t},
2698 ma il valore di ritorno è intero, come si può verificare anche dalla
2699 dichiarazione della stessa in \texttt{sys/capability.h}.} è:
2701 \headdecl{sys/capability.h}
2703 \funcdecl{int capgetp(pid\_t pid, cap\_t cap\_d)}
2704 Legge le \textit{capabilities} del processo indicato da \param{pid}.
2706 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2707 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2708 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2712 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo indicato
2713 con l'argomento \param{pid}, salvando il risultato nel \textit{capabilities
2714 state} all'indirizzo \param{cap\_d} che deve essere stato creato in
2715 precedenza. Qualora il processo non esista si avrà un errore di
2716 \errval{ESRCH}. Gli stessi valori possono essere letti direttamente nel
2717 filesystem \textit{proc}, nei file \texttt{/proc/<pid>/status}; ad esempio per
2718 \texttt{init} si otterrà qualcosa del tipo:
2721 CapInh: 0000000000000000
2722 CapPrm: 00000000fffffeff
2723 CapEff: 00000000fffffeff
2726 Infine per impostare le \textit{capabilities} del processo corrente (non
2727 esiste una funzione che permetta di cambiare le \textit{capabilities} di un
2728 altro processo) si deve usare la funzione \funcd{cap\_set\_proc}, il cui
2731 \headdecl{sys/capability.h}
2733 \funcdecl{int cap\_set\_proc(cap\_t cap\_p)}
2734 Imposta le \textit{capabilities} del processo corrente.
2736 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2737 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2738 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2742 La funzione modifica le \textit{capabilities} del processo corrente secondo
2743 quanto specificato con l'argomento \param{cap\_p}, posto che questo sia
2744 possibile nei termini spiegati in precedenza (non sarà ad esempio possibile
2745 impostare capacità non presenti nell'insieme di quelle permesse). In caso di
2746 successo i nuovi valori saranno effettivi al ritorno della funzione, in caso
2747 di fallimento invece lo stato delle capacità resterà invariato. Si tenga
2748 presente che \textsl{tutte} le capacità specificate tramite \param{cap\_p}
2749 devono essere permesse; se anche una sola non lo è la funzione fallirà, e per
2750 quanto appena detto, lo stato delle \textit{capabilities} non verrà modificato
2751 (neanche per le parti eventualmente permesse).
2753 Come esempio di utilizzo di queste funzioni nei sorgenti allegati alla guida
2754 si è distribuito il programma \texttt{getcap.c}, che consente di leggere le
2755 \textit{capabilities} del processo corrente\footnote{vale a dire di sé stesso,
2756 quando lo si lancia, il che può sembrare inutile, ma serve a mostrarci quali
2757 sono le \textit{capabilities} standard che ottiene un processo lanciato
2758 dalla riga di comando.} o tramite l'opzione \texttt{-p}, quelle di un
2759 processo qualunque il cui pid viene passato come parametro dell'opzione.
2762 \footnotesize \centering
2763 \begin{minipage}[c]{15cm}
2764 \includecodesample{listati/getcap.c}
2767 \caption{Corpo principale del programma \texttt{getcap.c}.}
2768 \label{fig:proc_getcap}
2771 La sezione principale del programma è riportata in fig.~\ref{fig:proc_getcap},
2772 e si basa su una condizione sulla variabile \var{pid} che se si è usato
2773 l'opzione \texttt{-p} è impostata (nella sezione di gestione delle opzioni,
2774 che si è tralasciata) al valore del \textsl{pid} del processo di cui si vuole
2775 leggere le \textit{capabilities} e nulla altrimenti. Nel primo caso
2776 (\texttt{\small 1--6}) si utilizza direttamente (\texttt{\small 2})
2777 \func{cap\_get\_proc} per ottenere lo stato delle capacità del processo, nel
2778 secondo (\texttt{\small 7--14}) prima si inizializza (\texttt{\small 8}) uno
2779 stato vuoto e poi (\texttt{\small 9}) si legge il valore delle capacità del
2782 Il passo successivo è utilizzare (\texttt{\small 16}) \func{cap\_to\_text} per
2783 tradurre in una stringa lo stato, e poi (\texttt{\small 17}) stamparlo; infine
2784 (\texttt{\small 19--20}) si libera la memoria allocata dalle precedenti
2785 funzioni con \func{cap\_free} per poi ritornare dal ciclo principale della
2788 \itindend{capabilities}
2790 % TODO vedi http://lwn.net/Articles/198557/ e
2791 % http://www.madore.org/~david/linux/newcaps/
2792 % TODO documentare prctl ...
2795 % TODO: rivedere alla luce degli aggiornamenti del 2.6 (man sched_setscheduler)
2797 \section{La gestione della priorità di esecuzione}
2798 \label{sec:proc_priority}
2800 In questa sezione tratteremo più approfonditamente i meccanismi con il quale
2801 lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler} assegna la CPU ai vari processi
2802 attivi. In particolare prenderemo in esame i vari meccanismi con cui viene
2803 gestita l'assegnazione del tempo di CPU, ed illustreremo le varie funzioni di
2807 \subsection{I meccanismi di \textit{scheduling}}
2808 \label{sec:proc_sched}
2810 \itindbeg{scheduler}
2812 La scelta di un meccanismo che sia in grado di distribuire in maniera efficace
2813 il tempo di CPU per l'esecuzione dei processi è sempre una questione delicata,
2814 ed oggetto di numerose ricerche; in generale essa dipende in maniera
2815 essenziale anche dal tipo di utilizzo che deve essere fatto del sistema, per
2816 cui non esiste un meccanismo che sia valido per tutti gli usi.
2818 La caratteristica specifica di un sistema multitasking come Linux è quella del
2819 cosiddetto \itindex{prehemptive~multitasking} \textit{prehemptive
2820 multitasking}: questo significa che al contrario di altri sistemi (che usano
2821 invece il cosiddetto \itindex{cooperative~multitasking} \textit{cooperative
2822 multitasking}) non sono i singoli processi, ma il kernel stesso a decidere
2823 quando la CPU deve essere passata ad un altro processo. Come accennato in
2824 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} questa scelta viene eseguita da una sezione
2825 apposita del kernel, lo \textit{scheduler}, il cui scopo è quello di
2826 distribuire al meglio il tempo di CPU fra i vari processi.
2828 La cosa è resa ancora più complicata dal fatto che con le architetture
2829 multi-processore si deve anche scegliere quale sia la CPU più opportuna da
2830 utilizzare.\footnote{nei processori moderni la presenza di ampie cache può
2831 rendere poco efficiente trasferire l'esecuzione di un processo da una CPU ad
2832 un'altra, per cui effettuare la migliore scelta fra le diverse CPU non è
2833 banale.} Tutto questo comunque appartiene alle sottigliezze
2834 dell'implementazione del kernel; dal punto di vista dei programmi che girano
2835 in user space, anche quando si hanno più processori (e dei processi che sono
2836 eseguiti davvero in contemporanea), le politiche di scheduling riguardano
2837 semplicemente l'allocazione della risorsa \textsl{tempo di esecuzione}, la cui
2838 assegnazione sarà governata dai meccanismi di scelta delle priorità che
2839 restano gli stessi indipendentemente dal numero di processori.
2841 Si tenga conto poi che i processi non devono solo eseguire del codice: ad
2842 esempio molto spesso saranno impegnati in operazioni di I/O, o potranno
2843 venire bloccati da un comando dal terminale, o sospesi per un certo periodo di
2844 tempo. In tutti questi casi la CPU diventa disponibile ed è compito dello
2845 kernel provvedere a mettere in esecuzione un altro processo.
2847 Tutte queste possibilità sono caratterizzate da un diverso \textsl{stato} del
2848 processo, in Linux un processo può trovarsi in uno degli stati riportati in
2849 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}; ma soltanto i processi che sono nello stato
2850 \textit{runnable} concorrono per l'esecuzione. Questo vuol dire che, qualunque
2851 sia la sua priorità, un processo non potrà mai essere messo in esecuzione
2852 fintanto che esso si trova in uno qualunque degli altri stati.
2857 \begin{tabular}[c]{|p{2.8cm}|c|p{10cm}|}
2859 \textbf{Stato} & \texttt{STAT} & \textbf{Descrizione} \\
2862 \textbf{Runnable}& \texttt{R} & Il processo è in esecuzione o è pronto ad
2863 essere eseguito (cioè è in attesa che gli
2864 venga assegnata la CPU). \\
2865 \textbf{Sleep} & \texttt{S} & Il processo è in attesa di un
2866 risposta dal sistema, ma può essere
2867 interrotto da un segnale. \\
2868 \textbf{Uninterrutible Sleep}& \texttt{D} & Il processo è in
2869 attesa di un risposta dal sistema (in
2870 genere per I/O), e non può essere
2871 interrotto in nessuna circostanza. \\
2872 \textbf{Stopped} & \texttt{T} & Il processo è stato fermato con un
2873 \const{SIGSTOP}, o è tracciato.\\
2874 \textbf{Zombie}\index{zombie} & \texttt{Z} & Il processo è terminato ma il
2875 suo stato di terminazione non è ancora
2876 stato letto dal padre. \\
2879 \caption{Elenco dei possibili stati di un processo in Linux, nella colonna
2880 \texttt{STAT} si è riportata la corrispondente lettera usata dal comando
2881 \cmd{ps} nell'omonimo campo.}
2882 \label{tab:proc_proc_states}
2885 % TODO nel 2.6.25 è stato aggiunto TASK_KILLABLE, da capire dova va messo.
2887 Si deve quindi tenere presente che l'utilizzo della CPU è soltanto una delle
2888 risorse che sono necessarie per l'esecuzione di un programma, e a seconda
2889 dello scopo del programma non è detto neanche che sia la più importante (molti
2890 programmi dipendono in maniera molto più critica dall'I/O). Per questo motivo
2891 non è affatto detto che dare ad un programma la massima priorità di esecuzione
2892 abbia risultati significativi in termini di prestazioni.
2894 Il meccanismo tradizionale di scheduling di Unix (che tratteremo in
2895 sez.~\ref{sec:proc_sched_stand}) è sempre stato basato su delle
2896 \textsl{priorità dinamiche}, in modo da assicurare che tutti i processi, anche
2897 i meno importanti, possano ricevere un po' di tempo di CPU. In sostanza quando
2898 un processo ottiene la CPU la sua priorità viene diminuita. In questo modo
2899 alla fine, anche un processo con priorità iniziale molto bassa, finisce per
2900 avere una priorità sufficiente per essere eseguito.
2902 Lo standard POSIX.1b però ha introdotto il concetto di \textsl{priorità
2903 assoluta}, (chiamata anche \textsl{priorità statica}, in contrapposizione
2904 alla normale priorità dinamica), per tenere conto dei sistemi
2905 real-time,\footnote{per sistema real-time si intende un sistema in grado di
2906 eseguire operazioni in un tempo ben determinato; in genere si tende a
2907 distinguere fra l'\textit{hard real-time} in cui è necessario che i tempi di
2908 esecuzione di un programma siano determinabili con certezza assoluta (come
2909 nel caso di meccanismi di controllo di macchine, dove uno sforamento dei
2910 tempi avrebbe conseguenze disastrose), e \textit{soft-real-time} in cui un
2911 occasionale sforamento è ritenuto accettabile.} in cui è vitale che i
2912 processi che devono essere eseguiti in un determinato momento non debbano
2913 aspettare la conclusione di altri che non hanno questa necessità.
2915 Il concetto di priorità assoluta dice che quando due processi si contendono
2916 l'esecuzione, vince sempre quello con la priorità assoluta più alta.
2917 Ovviamente questo avviene solo per i processi che sono pronti per essere
2918 eseguiti (cioè nello stato \textit{runnable}). La priorità assoluta viene in
2919 genere indicata con un numero intero, ed un valore più alto comporta una
2920 priorità maggiore. Su questa politica di scheduling torneremo in
2921 sez.~\ref{sec:proc_real_time}.
2923 In generale quello che succede in tutti gli Unix moderni è che ai processi
2924 normali viene sempre data una priorità assoluta pari a zero, e la decisione di
2925 assegnazione della CPU è fatta solo con il meccanismo tradizionale della
2926 priorità dinamica. In Linux tuttavia è possibile assegnare anche una priorità
2927 assoluta, nel qual caso un processo avrà la precedenza su tutti gli altri di
2928 priorità inferiore, che saranno eseguiti solo quando quest'ultimo non avrà
2932 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling} standard}
2933 \label{sec:proc_sched_stand}
2935 A meno che non si abbiano esigenze specifiche, l'unico meccanismo di
2936 scheduling con il quale si avrà a che fare è quello tradizionale, che prevede
2937 solo priorità dinamiche. È di questo che, di norma, ci si dovrà preoccupare
2938 nella programmazione.
2940 Come accennato in Linux tutti i processi ordinari hanno la stessa priorità
2941 assoluta. Quello che determina quale, fra tutti i processi in attesa di
2942 esecuzione, sarà eseguito per primo, è la priorità dinamica, che è chiamata
2943 così proprio perché varia nel corso dell'esecuzione di un processo. Oltre a
2944 questo la priorità dinamica determina quanto a lungo un processo continuerà ad
2945 essere eseguito, e quando un processo potrà subentrare ad un altro
2948 Il meccanismo usato da Linux è piuttosto semplice,\footnote{in realtà nella
2949 serie 2.6.x lo scheduler è stato riscritto da zero e può usare diversi
2950 algoritmi, selezionabili sia in fase di compilazione, che, nelle versioni
2951 più recenti, all'avvio (addirittura è stato ideato un sistema modulare che
2952 permette di cambiare lo scheduler al volo, che comunque non è incluso nel
2953 kernel ufficiale).} ad ogni processo è assegnata una \textit{time-slice},
2954 cioè un intervallo di tempo (letteralmente una fetta) per il quale esso deve
2955 essere eseguito. Il valore della \textit{time-slice} è controllato dalla
2956 cosiddetta \textit{nice} (o \textit{niceness}) del processo. Essa è contenuta
2957 nel campo \var{nice} di \struct{task\_struct}; tutti i processi vengono creati
2958 con lo stesso valore, ed essa specifica il valore della durata iniziale della
2959 \textit{time-slice} che viene assegnato ad un altro campo della struttura
2960 (\var{counter}) quando il processo viene eseguito per la prima volta e
2961 diminuito progressivamente ad ogni interruzione del timer.
2963 Durante la sua esecuzione lo scheduler scandisce la coda dei processi in stato
2964 \textit{runnable} associando, in base al valore di \var{counter}, un peso ad
2965 ogni processo in attesa di esecuzione,\footnote{il calcolo del peso in realtà
2966 è un po' più complicato, ad esempio nei sistemi multiprocessore viene
2967 favorito un processo eseguito sulla stessa CPU, e a parità del valore di
2968 \var{counter} viene favorito chi ha una priorità più elevata.} chi ha il
2969 peso più alto verrà posto in esecuzione, ed il precedente processo sarà
2970 spostato in fondo alla coda. Dato che ad ogni interruzione del timer il
2971 valore di \var{counter} del processo corrente viene diminuito, questo assicura
2972 che anche i processi con priorità più bassa verranno messi in esecuzione.
2974 La priorità di un processo è così controllata attraverso il valore di
2975 \var{nice}, che stabilisce la durata della \textit{time-slice}; per il
2976 meccanismo appena descritto infatti un valore più lungo assicura una maggiore
2977 attribuzione di CPU. L'origine del nome di questo parametro sta nel fatto che
2978 generalmente questo viene usato per diminuire la priorità di un processo, come
2979 misura di cortesia nei confronti degli altri. I processi infatti vengono
2980 creati dal sistema con lo stesso valore di \var{nice} (nullo) e nessuno è
2981 privilegiato rispetto agli altri; il valore può essere modificato solo
2982 attraverso la funzione \funcd{nice}, il cui prototipo è:
2983 \begin{prototype}{unistd.h}
2985 Aumenta il valore di \var{nice} per il processo corrente.
2987 \bodydesc{La funzione ritorna zero in caso di successo e -1 in caso di
2988 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2990 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2991 specificato un valore di \param{inc} negativo.
2995 L'argomento \param{inc} indica l'incremento del valore di \var{nice}:
2996 quest'ultimo può assumere valori compresi fra \const{PRIO\_MIN} e
2997 \const{PRIO\_MAX} (che nel caso di Linux sono $-19$ e $20$), ma per
2998 \param{inc} si può specificare un valore qualunque, positivo o negativo, ed il
2999 sistema provvederà a troncare il risultato nell'intervallo consentito. Valori
3000 positivi comportano maggiore \textit{cortesia} e cioè una diminuzione della
3001 priorità, ogni utente può solo innalzare il valore di un suo processo. Solo
3002 l'amministratore può specificare valori negativi che permettono di aumentare
3003 la priorità di un processo.
3005 In SUSv2 la funzione ritorna il nuovo valore di \var{nice}; Linux non segue
3006 questa convenzione, e per leggere il nuovo valore occorre invece usare la
3007 funzione \funcd{getpriority}, derivata da BSD, il cui prototipo è:
3008 \begin{prototype}{sys/resource.h}
3009 {int getpriority(int which, int who)}
3011 Restituisce il valore di \var{nice} per l'insieme dei processi specificati.
3013 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
3014 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3016 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
3017 \param{which} e \param{who}.
3018 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
3021 \noindent nelle vecchie versioni può essere necessario includere anche
3022 \file{<sys/time.h>}, questo non è più necessario con versioni recenti delle
3023 librerie, ma è comunque utile per portabilità.
3025 La funzione permette, a seconda del valore di \param{which}, di leggere la
3026 priorità di un processo, di un gruppo di processi (vedi
3027 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o di un utente, specificando un corrispondente
3028 valore per \param{who} secondo la legenda di tab.~\ref{tab:proc_getpriority};
3029 un valore nullo di quest'ultimo indica il processo, il gruppo di processi o
3035 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
3037 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
3040 \const{PRIO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo \\
3041 \const{PRIO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
3042 \textit{process group} \\
3043 \const{PRIO\_USER} & \type{uid\_t} & utente \\
3046 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
3047 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{getpriority} e
3048 \func{setpriority} per le tre possibili scelte.}
3049 \label{tab:proc_getpriority}
3052 La funzione restituisce la priorità più alta (cioè il valore più basso) fra
3053 quelle dei processi specificati; dato che -1 è un valore possibile, per poter
3054 rilevare una condizione di errore è necessario cancellare sempre \var{errno}
3055 prima della chiamata alla funzione, per verificare che essa resti uguale a
3058 Analoga a \func{getpriority} la funzione \funcd{setpriority} permette di
3059 impostare la priorità di uno o più processi; il suo prototipo è:
3060 \begin{prototype}{sys/resource.h}
3061 {int setpriority(int which, int who, int prio)}
3062 Imposta la priorità per l'insieme dei processi specificati.
3064 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
3065 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3067 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
3068 \param{which} e \param{who}.
3069 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
3070 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
3071 specificato un valore di \param{inc} negativo.
3072 \item[\errcode{EACCES}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
3073 cercato di modificare la priorità di un processo di un altro utente.
3077 La funzione imposta la priorità al valore specificato da \param{prio} per
3078 tutti i processi indicati dagli argomenti \param{which} e \param{who}. La
3079 gestione dei permessi dipende dalle varie implementazioni; in Linux, secondo
3080 le specifiche dello standard SUSv3, e come avviene per tutti i sistemi che
3081 derivano da SysV, è richiesto che l'user-ID reale o effettivo del processo
3082 chiamante corrispondano al real user-ID (e solo quello) del processo di cui si
3083 vuole cambiare la priorità; per i sistemi derivati da BSD invece (SunOS,
3084 Ultrix, *BSD) la corrispondenza può essere anche con l'user-ID effettivo.
3088 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling real-time}}
3089 \label{sec:proc_real_time}
3091 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_sched} lo standard POSIX.1b ha introdotto
3092 le priorità assolute per permettere la gestione di processi real-time. In
3093 realtà nel caso di Linux non si tratta di un vero hard real-time, in quanto in
3094 presenza di eventuali interrupt il kernel interrompe l'esecuzione di un
3095 processo qualsiasi sia la sua priorità,\footnote{questo a meno che non si
3096 siano installate le patch di RTLinux, RTAI o Adeos, con i quali è possibile
3097 ottenere un sistema effettivamente hard real-time. In tal caso infatti gli
3098 interrupt vengono intercettati dall'interfaccia real-time (o nel caso di
3099 Adeos gestiti dalle code del nano-kernel), in modo da poterli controllare
3100 direttamente qualora ci sia la necessità di avere un processo con priorità
3101 più elevata di un \textit{interrupt handler}.} mentre con l'incorrere in un
3102 \itindex{page~fault} \textit{page fault} si possono avere ritardi non
3103 previsti. Se l'ultimo problema può essere aggirato attraverso l'uso delle
3104 funzioni di controllo della memoria virtuale (vedi
3105 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), il primo non è superabile e può comportare
3106 ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di esecuzione di qualunque processo.
3108 Occorre usare le priorità assolute con molta attenzione: se si dà ad un
3109 processo una priorità assoluta e questo finisce in un loop infinito, nessun
3110 altro processo potrà essere eseguito, ed esso sarà mantenuto in esecuzione
3111 permanentemente assorbendo tutta la CPU e senza nessuna possibilità di
3112 riottenere l'accesso al sistema. Per questo motivo è sempre opportuno, quando
3113 si lavora con processi che usano priorità assolute, tenere attiva una shell
3114 cui si sia assegnata la massima priorità assoluta, in modo da poter essere
3115 comunque in grado di rientrare nel sistema.
3117 Quando c'è un processo con priorità assoluta lo scheduler lo metterà in
3118 esecuzione prima di ogni processo normale. In caso di più processi sarà
3119 eseguito per primo quello con priorità assoluta più alta. Quando ci sono più
3120 processi con la stessa priorità assoluta questi vengono tenuti in una coda e
3121 tocca al kernel decidere quale deve essere eseguito. Il meccanismo con cui
3122 vengono gestiti questi processi dipende dalla politica di scheduling che si è
3123 scelta; lo standard ne prevede due:
3124 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3125 \item[\textsf{FIFO}] \textit{First In First Out}. Il processo viene eseguito
3126 fintanto che non cede volontariamente la CPU (con \func{sched\_yield}), si
3127 blocca, finisce o viene interrotto da un processo a priorità più alta. Se il
3128 processo viene interrotto da uno a priorità più alta esso resterà in cima
3129 alla lista e sarà il primo ad essere eseguito quando i processi a priorità
3130 più alta diverranno inattivi. Se invece lo si blocca volontariamente sarà
3131 posto in coda alla lista (ed altri processi con la stessa priorità potranno
3133 \item[\textsf{RR}] \textit{Round Robin}. Il comportamento è del tutto analogo
3134 a quello precedente, con la sola differenza che ciascun processo viene
3135 eseguito al massimo per un certo periodo di tempo (la cosiddetta
3136 \textit{time slice}) dopo di che viene automaticamente posto in fondo alla
3137 coda dei processi con la stessa priorità. In questo modo si ha comunque una
3138 esecuzione a turno di tutti i processi, da cui il nome della politica. Solo
3139 i processi con la stessa priorità ed in stato \textit{runnable} entrano nel
3143 La funzione per impostare le politiche di scheduling (sia real-time che
3144 ordinarie) ed i relativi parametri è \funcd{sched\_setscheduler}; il suo
3146 \begin{prototype}{sched.h}
3147 {int sched\_setscheduler(pid\_t pid, int policy, const struct sched\_param *p)}
3148 Imposta priorità e politica di scheduling.
3150 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso
3151 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3153 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3154 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non esiste o il
3155 relativo valore di \param{p} non è valido.
3156 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi per attivare la
3161 La funzione esegue l'impostazione per il processo specificato dall'argomento
3162 \param{pid}; un valore nullo esegue l'impostazione per il processo corrente.
3163 La politica di scheduling è specificata dall'argomento \param{policy} i cui
3164 possibili valori sono riportati in tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}; un valore
3165 negativo per \param{policy} mantiene la politica di scheduling corrente.
3166 Solo un processo con i privilegi di amministratore può impostare priorità
3167 assolute diverse da zero o politiche \const{SCHED\_FIFO} e \const{SCHED\_RR}.
3172 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
3174 \textbf{Policy} & \textbf{Significato} \\
3177 \const{SCHED\_FIFO} & Scheduling real-time con politica \textit{FIFO}. \\
3178 \const{SCHED\_RR} & Scheduling real-time con politica \textit{Round
3180 \const{SCHED\_OTHER}& Scheduling ordinario.\\
3181 \const{SCHED\_BATCH}& Scheduling ordinario con l'assunzione ulteriore di
3182 lavoro \textit{CPU intensive}.\footnotemark\\
3185 \caption{Valori dell'argomento \param{policy} per la funzione
3186 \func{sched\_setscheduler}.}
3187 \label{tab:proc_sched_policy}
3190 \footnotetext{introdotto con il kernel 2.6.16.}
3192 Il valore della priorità è passato attraverso la struttura
3193 \struct{sched\_param} (riportata in fig.~\ref{fig:sig_sched_param}), il cui
3194 solo campo attualmente definito è \var{sched\_priority}, che nel caso delle
3195 priorità assolute deve essere specificato nell'intervallo fra un valore
3196 massimo ed uno minimo, che nel caso sono rispettivamente 1 e 99; il valore
3197 nullo è legale, ma indica i processi normali.
3199 \begin{figure}[!bht]
3200 \footnotesize \centering
3201 \begin{minipage}[c]{15cm}
3202 \includestruct{listati/sched_param.c}
3205 \caption{La struttura \structd{sched\_param}.}
3206 \label{fig:sig_sched_param}
3209 Si tenga presente che quando si imposta una politica di scheduling real-time
3210 per un processo (o se ne cambia la priorità con \func{sched\_setparam}) questo
3211 viene messo in cima alla lista dei processi con la stessa priorità; questo
3212 comporta che verrà eseguito subito, interrompendo eventuali altri processi con
3213 la stessa priorità in quel momento in esecuzione.
3215 Lo standard POSIX.1b prevede comunque che i due valori della massima e minima
3216 priorità statica possano essere ottenuti, per ciascuna delle politiche di
3217 scheduling \textit{real-time}, tramite le due funzioni
3218 \funcd{sched\_get\_priority\_max} e \funcd{sched\_get\_priority\_min}, i cui
3223 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_max(int policy)} Legge il valore
3224 massimo della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
3227 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_min(int policy)} Legge il valore minimo
3228 della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
3230 \bodydesc{La funzioni ritornano il valore della priorità in caso di successo
3231 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3233 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non è valido.
3238 I processi con politica di scheduling \const{SCHED\_OTHER} devono specificare
3239 un valore nullo (altrimenti si avrà un errore \errcode{EINVAL}), questo valore
3240 infatti non ha niente a che vedere con la priorità dinamica determinata dal
3241 valore di \var{nice}, che deve essere impostato con le funzioni viste in
3244 Il kernel mantiene i processi con la stessa priorità assoluta in una lista, ed
3245 esegue sempre il primo della lista, mentre un nuovo processo che torna in
3246 stato \textit{runnable} viene sempre inserito in coda alla lista. Se la
3247 politica scelta è \const{SCHED\_FIFO} quando il processo viene eseguito viene
3248 automaticamente rimesso in coda alla lista, e la sua esecuzione continua
3249 fintanto che non viene bloccato da una richiesta di I/O, o non rilascia
3250 volontariamente la CPU (in tal caso, tornando nello stato \textit{runnable}
3251 sarà reinserito in coda alla lista); l'esecuzione viene ripresa subito solo
3252 nel caso che esso sia stato interrotto da un processo a priorità più alta.
3254 Se si intende operare solo sulla priorità assoluta di un processo si possono
3255 usare le funzioni \funcd{sched\_setparam} e \funcd{sched\_getparam}, i cui
3260 \funcdecl{int sched\_setparam(pid\_t pid, const struct sched\_param *p)}
3261 Imposta la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3263 \funcdecl{int sched\_getparam(pid\_t pid, struct sched\_param *p)}
3264 Legge la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3266 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo
3267 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3269 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3270 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{p} non ha senso per la
3272 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3273 eseguire l'operazione.
3277 L'uso di \func{sched\_setparam} che è del tutto equivalente a
3278 \func{sched\_setscheduler} con \param{priority} uguale a -1. Come per
3279 \func{sched\_setscheduler} specificando 0 come valore di \param{pid} si opera
3280 sul processo corrente. La disponibilità di entrambe le funzioni può essere
3281 verificata controllando la macro \macro{\_POSIX\_PRIORITY\_SCHEDULING} che è
3282 definita nell'header \file{sched.h}.
3284 Si tenga presente che per eseguire la funzione il processo chiamante deve
3285 avere un user-ID effettivo uguale all'user-ID reale o a quello effettivo del
3286 processo di cui vuole cambiare la priorità, oppure deve avere i privilegi di
3287 amministratore (con la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}).
3289 La priorità assoluta può essere riletta indietro dalla funzione
3290 \funcd{sched\_getscheduler}, il cui prototipo è:
3291 \begin{prototype}{sched.h}
3292 {int sched\_getscheduler(pid\_t pid)}
3293 Legge la politica di scheduling per il processo \param{pid}.
3295 \bodydesc{La funzione ritorna la politica di scheduling in caso di successo
3296 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3298 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3299 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{pid} è negativo.
3303 La funzione restituisce il valore (secondo quanto elencato in
3304 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}) della politica di scheduling per il processo
3305 specificato; se \param{pid} è nullo viene restituito quello del processo
3308 L'ultima funzione che permette di leggere le informazioni relative ai processi
3309 real-time è \funcd{sched\_rr\_get\_interval}, che permette di ottenere la
3310 lunghezza della \textit{time slice} usata dalla politica \textit{round robin};
3312 \begin{prototype}{sched.h}
3313 {int sched\_rr\_get\_interval(pid\_t pid, struct timespec *tp)} Legge in
3314 \param{tp} la durata della \textit{time slice} per il processo \param{pid}.
3316 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3317 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3319 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3320 \item[\errcode{ENOSYS}] la system call non è stata implementata.
3324 La funzione restituisce il valore dell'intervallo di tempo usato per la
3325 politica \textit{round robin} in una struttura \struct{timespec}, (la cui
3326 definizione si può trovare in fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}). In realtà
3327 dato che in Linux questo intervallo di tempo è prefissato e non modificabile,
3328 questa funzione ritorna sempre un valore di 150 millisecondi, e non importa
3329 specificare il PID di un processo reale.
3331 Come accennato ogni processo che usa lo scheduling real-time può rilasciare
3332 volontariamente la CPU; questo viene fatto attraverso la funzione
3333 \funcd{sched\_yield}, il cui prototipo è:
3334 \begin{prototype}{sched.h}
3335 {int sched\_yield(void)}
3337 Rilascia volontariamente l'esecuzione.
3339 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3340 nel qual caso \var{errno} viene impostata opportunamente.}
3343 La funzione fa sì che il processo rilasci la CPU, in modo da essere rimesso in
3344 coda alla lista dei processi da eseguire, e permettere l'esecuzione di un
3345 altro processo; se però il processo è l'unico ad essere presente sulla coda
3346 l'esecuzione non sarà interrotta. In genere usano questa funzione i processi
3347 in modalità \textit{fifo}, per permettere l'esecuzione degli altri processi
3348 con pari priorità quando la sezione più urgente è finita.
3350 % TODO: con il 2.6.23 il comportamento è stato leggermente modificato ed è
3351 % stato introdotto /proc/sys/kernel/sched_compat_yield da mettere a 1 per aver
3352 % la compatibilità con il precedente.
3354 \subsection{Il controllo dello \textit{scheduler} per i sistemi
3356 \label{sec:proc_sched_multiprocess}
3358 Infine con il supporto dei sistemi multiprocessore sono state introdotte delle
3359 funzioni che permettono di controllare in maniera più dettagliata la scelta di
3360 quale processore utilizzare per eseguire un certo programma. Uno dei problemi
3361 che si pongono nei sistemi multiprocessore è infatti quello del cosiddetto
3362 \index{effetto~ping-pong} \textsl{effetto ping-pong}. Può accadere cioè che lo
3363 scheduler, quando riavvia un processo precedentemente interrotto scegliendo il
3364 primo processore disponibile, lo faccia eseguire da un processore diverso
3365 rispetto a quello su cui era stato eseguito in precedenza. Se il processo
3366 passa da un processore all'altro in questo modo (cosa che avveniva abbastanza
3367 di frequente con i kernel della seria 2.4.x) si ha l'\textsl{effetto
3370 Questo tipo di comportamento può generare dei seri problemi di prestazioni;
3371 infatti tutti i processori moderni utilizzano una memoria interna (la
3372 \textit{cache}) contenente i dati più usati, che permette di evitare di
3373 eseguire un accesso (molto più lento) alla memoria principale sulla scheda
3374 madre. Chiaramente un processo sarà favorito se i suoi dati sono nella cache
3375 del processore, ma è ovvio che questo può essere vero solo per un processore
3376 alla volta, perché in presenza di più copie degli stessi dati su più
3377 processori, non si potrebbe determinare quale di questi ha la versione dei
3378 dati aggiornata rispetto alla memoria principale.
3380 Questo comporta che quando un processore inserisce un dato nella sua cache,
3381 tutti gli altri processori che hanno lo stesso dato devono invalidarlo, e
3382 questa operazione è molto costosa in termini di prestazioni. Il problema
3383 diventa serio quando si verifica l'\textsl{effetto ping-pong}, in tal caso
3384 infatti un processo \textsl{rimbalza} continuamente da un processore all'altro
3385 e si ha una continua invalidazione della cache, che non diventa mai
3388 \itindbeg{CPU~affinity}
3390 Per ovviare a questo tipo di problemi è nato il concetto di \textsl{affinità
3391 di processore} (o \textit{CPU affinity}); la possibilità cioè di far sì che
3392 un processo possa essere assegnato per l'esecuzione sempre allo stesso
3393 processore. Lo scheduler dei kernel della serie 2.4.x aveva una scarsa
3394 \textit{CPU affinity}, e \index{effetto~ping-pong} l'effetto ping-pong era
3395 comune; con il nuovo scheduler dei kernel della 2.6.x questo problema è stato
3396 risolto ed esso cerca di mantenere il più possibile ciascun processo sullo
3399 In certi casi però resta l'esigenza di poter essere sicuri che un processo sia
3400 sempre eseguito dallo stesso processore,\footnote{quella che viene detta
3401 \textit{hard CPU affinity}, in contrasto con quella fornita dallo scheduler,
3402 detta \textit{soft CPU affinity}, che di norma indica solo una preferenza,
3403 non un requisito assoluto.} e per poter risolvere questo tipo di
3404 problematiche nei nuovi kernel\footnote{le due system call per la gestione
3405 della \textit{CPU affinity} sono state introdotte nel kernel 2.5.8, e le
3406 funzioni di libreria nelle \textsl{glibc} 2.3.} è stata introdotta
3407 l'opportuna infrastruttura ed una nuova system call che permette di impostare
3408 su quali processori far eseguire un determinato processo attraverso una
3409 \textsl{maschera di affinità}. La corrispondente funzione di libreria è
3410 \funcd{sched\_setaffinity} ed il suo prototipo\footnote{di questa funzione (e
3411 della corrispondente \func{sched\_setaffinity}) esistono versioni diverse
3412 per gli argomenti successivi a \param{pid}: la prima (quella riportata nella
3413 pagina di manuale) prevedeva due ulteriori argomenti di tipo
3414 \texttt{unsigned int len} e \texttt{unsigned long *mask}, poi l'argomento
3415 \texttt{len} è stato eliminato, successivamente si è introdotta la versione
3416 riportata con però un secondo argomento di tipo \texttt{size\_t cpusetsize}
3417 (anche questa citata nella pagina di manuale); la versione citata è quella
3418 riportata nel manuale delle \textsl{glibc} e corrispondente alla definizione
3419 presente in \file{sched.h}.} è:
3420 \begin{prototype}{sched.h}
3421 {int sched\_setaffinity (pid\_t pid, const cpu\_set\_t *cpuset)}
3422 Imposta la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3424 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3425 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3427 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3428 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{cpuset} contiene riferimenti a
3429 processori non esistenti nel sistema.
3430 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3431 eseguire l'operazione.
3433 ed inoltre anche \errval{EFAULT}.}
3436 La funzione imposta, con l'uso del valore contenuto all'indirizzo
3437 \param{cpuset}, l'insieme dei processori sui quali deve essere eseguito il
3438 processo identificato tramite il valore passato in \param{pid}. Come in
3439 precedenza il valore nullo di \param{pid} indica il processo corrente. Per
3440 poter utilizzare questa funzione sono richiesti i privilegi di amministratore
3441 (è necessaria la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}) altrimenti essa fallirà con
3442 un errore di \errcode{EPERM}. Una volta impostata una maschera di affinità,
3443 questa viene ereditata attraverso una \func{fork}, in questo modo diventa
3444 possibile legare automaticamente un gruppo di processi ad un singolo
3447 Nell'uso comune, almeno con i kernel della serie 2.6.x, l'uso di questa
3448 funzione non è necessario, in quanto è lo scheduler stesso che provvede a
3449 mantenere al meglio l'affinità di processore. Esistono però esigenze
3450 particolari, ad esempio quando un processo (o un gruppo di processi) è
3451 utilizzato per un compito importante (ad esempio per applicazioni real-time o
3452 la cui risposta è critica) e si vuole la massima velocità, con questa
3453 interfaccia diventa possibile selezionare gruppi di processori utilizzabili in
3454 maniera esclusiva. Lo stesso dicasi quando l'accesso a certe risorse (memoria
3455 o periferiche) può avere un costo diverso a seconda del processore (come
3456 avviene nelle architetture NUMA).
3458 Infine se un gruppo di processi accede alle stesse risorse condivise (ad
3459 esempio una applicazione con più thread) può avere senso usare lo stesso
3460 processore in modo da sfruttare meglio l'uso della sua cache; questo
3461 ovviamente riduce i benefici di un sistema multiprocessore nell'esecuzione
3462 contemporanea dei thread, ma in certi casi (quando i thread sono inerentemente
3463 serializzati nell'accesso ad una risorsa) possono esserci sufficienti vantaggi
3464 nell'evitare la perdita della cache da rendere conveniente l'uso dell'affinità
3467 Per facilitare l'uso dell'argomento \param{cpuset} le \acr{glibc} hanno
3468 introdotto un apposito dato di tipo, \ctyp{cpu\_set\_t},\footnote{questa è una
3469 estensione specifica delle \acr{glibc}, da attivare definendo la macro
3470 \macro{\_GNU\_SOURCE}, non esiste infatti una standardizzazione per
3471 questo tipo di interfaccia e POSIX al momento non prevede nulla al
3472 riguardo.} che permette di identificare un insieme di processori. Il dato è
3473 una maschera binaria: in generale è un intero a 32 bit in cui ogni bit
3474 corrisponde ad un processore, ma dato che per architetture particolari il
3475 numero di bit di un intero può non essere sufficiente, è stata creata questa
3476 che è una interfaccia generica che permette di usare a basso livello un tipo
3477 di dato qualunque rendendosi indipendenti dal numero di bit e dalla loro
3480 Questa interfaccia, oltre alla definizione del tipo di dato apposito, prevede
3481 anche una serie di macro di preprocessore per la manipolazione dello stesso,
3482 che consentono di svuotare un insieme, aggiungere o togliere un processore da
3483 esso o verificare se vi è già presente:
3486 \funcdecl{void \macro{CPU\_ZERO}(cpu\_set\_t *set)}
3487 Inizializza l'insieme (vuoto).
3489 \funcdecl{void \macro{CPU\_SET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3490 Inserisce il processore \param{cpu} nell'insieme.
3492 \funcdecl{void \macro{CPU\_CLR}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3493 Rimuove il processore \param{cpu} nell'insieme.
3495 \funcdecl{int \macro{CPU\_ISSET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3496 Controlla se il processore \param{cpu} è nell'insieme.
3499 Oltre a queste macro, simili alle analoghe usate per gli insiemi di file
3500 descriptor (vedi sez.~\ref{sec:file_select}) è definita la costante
3501 \const{CPU\_SETSIZE} che indica il numero massimo di processori che possono
3502 far parte dell'insieme, e che costituisce un limite massimo al valore
3503 dell'argomento \param{cpu}.
3505 In generale la maschera di affinità è preimpostata in modo che un processo
3506 possa essere eseguito su qualunque processore, se può comunque leggere il
3507 valore per un processo specifico usando la funzione
3508 \funcd{sched\_getaffinity}, il suo prototipo è:
3509 \begin{prototype}{sched.h}
3510 {int sched\_getaffinity (pid\_t pid, const cpu\_set\_t *cpuset)}
3511 Legge la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3513 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3514 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3516 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3517 \item[\errcode{EFAULT}] il valore di \param{cpuset} non è un indirizzo
3522 La funzione restituirà all'indirizzo specificato da \param{cpuset} il valore
3523 della maschera di affinità del processo, così da poterla riutilizzare per una
3524 successiva reimpostazione. In questo caso non sono necessari privilegi
3527 È chiaro che queste funzioni per la gestione dell'affinità hanno significato
3528 soltanto su un sistema multiprocessore, esse possono comunque essere
3529 utilizzate anche in un sistema con un processore singolo, nel qual caso però
3530 non avranno alcun risultato effettivo.
3532 \itindend{scheduler}
3533 \itindend{CPU~affinity}
3537 \section{Problematiche di programmazione multitasking}
3538 \label{sec:proc_multi_prog}
3540 Benché i processi siano strutturati in modo da apparire il più possibile come
3541 indipendenti l'uno dall'altro, nella programmazione in un sistema multitasking
3542 occorre tenere conto di una serie di problematiche che normalmente non
3543 esistono quando si ha a che fare con un sistema in cui viene eseguito un solo
3544 programma alla volta.
3546 Pur essendo questo argomento di carattere generale, ci è parso opportuno
3547 introdurre sinteticamente queste problematiche, che ritroveremo a più riprese
3548 in capitoli successivi, in questa sezione conclusiva del capitolo in cui
3549 abbiamo affrontato la gestione dei processi.
3552 \subsection{Le operazioni atomiche}
3553 \label{sec:proc_atom_oper}
3555 La nozione di \textsl{operazione atomica} deriva dal significato greco della
3556 parola atomo, cioè indivisibile; si dice infatti che un'operazione è atomica
3557 quando si ha la certezza che, qualora essa venga effettuata, tutti i passaggi
3558 che devono essere compiuti per realizzarla verranno eseguiti senza possibilità
3559 di interruzione in una fase intermedia.
3561 In un ambiente multitasking il concetto è essenziale, dato che un processo può
3562 essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in esecuzione un
3563 altro processo o dalla ricezione di un segnale; occorre pertanto essere
3564 accorti nei confronti delle possibili \itindex{race~condition} \textit{race
3565 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}) derivanti da operazioni
3566 interrotte in una fase in cui non erano ancora state completate.
3568 Nel caso dell'interazione fra processi la situazione è molto più semplice, ed
3569 occorre preoccuparsi della atomicità delle operazioni solo quando si ha a che
3570 fare con meccanismi di intercomunicazione (che esamineremo in dettaglio in
3571 cap.~\ref{cha:IPC}) o nelle operazioni con i file (vedremo alcuni esempi in
3572 sez.~\ref{sec:file_atomic}). In questi casi in genere l'uso delle appropriate
3573 funzioni di libreria per compiere le operazioni necessarie è garanzia
3574 sufficiente di atomicità in quanto le system call con cui esse sono realizzate
3575 non possono essere interrotte (o subire interferenze pericolose) da altri
3578 Nel caso dei segnali invece la situazione è molto più delicata, in quanto lo
3579 stesso processo, e pure alcune system call, possono essere interrotti in
3580 qualunque momento, e le operazioni di un eventuale \textit{signal handler}
3581 sono compiute nello stesso spazio di indirizzi del processo. Per questo, anche
3582 il solo accesso o l'assegnazione di una variabile possono non essere più
3583 operazioni atomiche (torneremo su questi aspetti in
3584 sez.~\ref{sec:sig_adv_control}).
3586 In questo caso il sistema provvede un tipo di dato, il \type{sig\_atomic\_t},
3587 il cui accesso è assicurato essere atomico. In pratica comunque si può
3588 assumere che, in ogni piattaforma su cui è implementato Linux, il tipo
3589 \ctyp{int}, gli altri interi di dimensione inferiore ed i puntatori sono
3590 atomici. Non è affatto detto che lo stesso valga per interi di dimensioni
3591 maggiori (in cui l'accesso può comportare più istruzioni in assembler) o per
3592 le strutture. In tutti questi casi è anche opportuno marcare come
3593 \direct{volatile} le variabili che possono essere interessate ad accesso
3594 condiviso, onde evitare problemi con le ottimizzazioni del codice.
3598 \subsection{Le \textit{race condition} ed i \textit{deadlock}}
3599 \label{sec:proc_race_cond}
3601 \itindbeg{race~condition}
3603 Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
3604 diversi operano su una risorsa comune, ed in cui il risultato viene a
3605 dipendere dall'ordine in cui essi effettuano le loro operazioni. Il caso
3606 tipico è quello di un'operazione che viene eseguita da un processo in più
3607 passi, e può essere compromessa dall'intervento di un altro processo che
3608 accede alla stessa risorsa quando ancora non tutti i passi sono stati
3611 Dato che in un sistema multitasking ogni processo può essere interrotto in
3612 qualunque momento per farne subentrare un altro in esecuzione, niente può
3613 assicurare un preciso ordine di esecuzione fra processi diversi o che una
3614 sezione di un programma possa essere eseguita senza interruzioni da parte di
3615 altri. Queste situazioni comportano pertanto errori estremamente subdoli e
3616 difficili da tracciare, in quanto nella maggior parte dei casi tutto
3617 funzionerà regolarmente, e solo occasionalmente si avranno degli errori.
3619 Per questo occorre essere ben consapevoli di queste problematiche, e del fatto
3620 che l'unico modo per evitarle è quello di riconoscerle come tali e prendere
3621 gli adeguati provvedimenti per far sì che non si verifichino. Casi tipici di
3622 \textit{race condition} si hanno quando diversi processi accedono allo stesso
3623 file, o nell'accesso a meccanismi di intercomunicazione come la memoria
3624 condivisa. In questi casi, se non si dispone della possibilità di eseguire
3625 atomicamente le operazioni necessarie, occorre che quelle parti di codice in
3626 cui si compiono le operazioni sulle risorse condivise (le cosiddette
3627 \index{sezione~critica} \textsl{sezioni critiche}) del programma, siano
3628 opportunamente protette da meccanismi di sincronizzazione (torneremo su queste
3629 problematiche di questo tipo in cap.~\ref{cha:IPC}).
3632 Un caso particolare di \textit{race condition} sono poi i cosiddetti
3633 \textit{deadlock}, particolarmente gravi in quanto comportano spesso il blocco
3634 completo di un servizio, e non il fallimento di una singola operazione. Per
3635 definizione un \textit{deadlock} è una situazione in cui due o più processi
3636 non sono più in grado di proseguire perché ciascuno aspetta il risultato di
3637 una operazione che dovrebbe essere eseguita dall'altro.
3640 L'esempio tipico di una situazione che può condurre ad un
3641 \textit{deadlock} è quello in cui un flag di
3642 ``\textsl{occupazione}'' viene rilasciato da un evento asincrono (come un
3643 segnale o un altro processo) fra il momento in cui lo si è controllato
3644 (trovandolo occupato) e la successiva operazione di attesa per lo sblocco. In
3645 questo caso, dato che l'evento di sblocco del flag è avvenuto senza che ce ne
3646 accorgessimo proprio fra il controllo e la messa in attesa, quest'ultima
3647 diventerà perpetua (da cui il nome di \textit{deadlock}).
3649 In tutti questi casi è di fondamentale importanza il concetto di atomicità
3650 visto in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper}; questi problemi infatti possono essere
3651 risolti soltanto assicurandosi, quando essa sia richiesta, che sia possibile
3652 eseguire in maniera atomica le operazioni necessarie.
3653 \itindend{race~condition}
3657 \subsection{Le funzioni rientranti}
3658 \label{sec:proc_reentrant}
3660 Si dice \textsl{rientrante} una funzione che può essere interrotta in
3661 qualunque punto della sua esecuzione ed essere chiamata una seconda volta da
3662 un altro thread di esecuzione senza che questo comporti nessun problema
3663 nell'esecuzione della stessa. La problematica è comune nella programmazione
3664 multi-thread, ma si hanno gli stessi problemi quando si vogliono chiamare
3665 delle funzioni all'interno dei gestori dei segnali.
3667 Fintanto che una funzione opera soltanto con le variabili locali è rientrante;
3668 queste infatti vengono allocate nello \itindex{stack} stack, ed un'altra
3669 invocazione non fa altro che allocarne un'altra copia. Una funzione può non
3670 essere rientrante quando opera su memoria che non è nello \itindex{stack}
3671 stack. Ad esempio una funzione non è mai rientrante se usa una variabile
3674 Nel caso invece la funzione operi su un oggetto allocato dinamicamente, la
3675 cosa viene a dipendere da come avvengono le operazioni: se l'oggetto è creato
3676 ogni volta e ritornato indietro la funzione può essere rientrante, se invece
3677 esso viene individuato dalla funzione stessa due chiamate alla stessa funzione
3678 potranno interferire quando entrambe faranno riferimento allo stesso oggetto.
3679 Allo stesso modo una funzione può non essere rientrante se usa e modifica un
3680 oggetto che le viene fornito dal chiamante: due chiamate possono interferire
3681 se viene passato lo stesso oggetto; in tutti questi casi occorre molta cura da
3682 parte del programmatore.
3684 In genere le funzioni di libreria non sono rientranti, molte di esse ad
3685 esempio utilizzano variabili statiche, le \acr{glibc} però mettono a
3686 disposizione due macro di compilatore, \macro{\_REENTRANT} e
3687 \macro{\_THREAD\_SAFE}, la cui definizione attiva le versioni rientranti di
3688 varie funzioni di libreria, che sono identificate aggiungendo il suffisso
3689 \code{\_r} al nome della versione normale.
3691 % LocalWords: multitasking like VMS child process identifier pid sez shell fig
3692 % LocalWords: parent kernel init pstree keventd kswapd table struct linux call
3693 % LocalWords: nell'header scheduler system interrupt timer HZ asm Hertz clock
3694 % LocalWords: l'alpha tick fork wait waitpid exit exec image glibc int pgid ps
3695 % LocalWords: sid threads thread Ingo Molnar ppid getpid getppid sys unistd LD
3696 % LocalWords: void ForkTest tempnam pathname sibling cap errno EAGAIN ENOMEM
3697 % LocalWords: stack read only copy write tab client spawn forktest sleep PATH
3698 % LocalWords: source LIBRARY scheduling race condition printf descriptor dup
3699 % LocalWords: close group session tms lock vfork execve BSD stream main abort
3700 % LocalWords: SIGABRT SIGCHLD SIGHUP foreground SIGCONT termination signal ANY
3701 % LocalWords: handler kill EINTR POSIX options WNOHANG ECHILD option WUNTRACED
3702 % LocalWords: dump bits rusage getrusage heap const filename argv envp EACCES
3703 % LocalWords: filesystem noexec EPERM suid sgid root nosuid ENOEXEC ENOENT ELF
3704 % LocalWords: ETXTBSY EINVAL ELIBBAD BIG EFAULT EIO ENAMETOOLONG ELOOP ENOTDIR
3705 % LocalWords: ENFILE EMFILE argc execl path execv execle execlp execvp vector
3706 % LocalWords: list environ NULL umask pending utime cutime ustime fcntl linker
3707 % LocalWords: opendir libc interpreter FreeBSD capabilities Mandatory Access
3708 % LocalWords: Control MAC SELinux Security Modules LSM superuser uid gid saved
3709 % LocalWords: effective euid egid dell' fsuid fsgid getuid geteuid getgid SVr
3710 % LocalWords: getegid IDS NFS setuid setgid all' logout utmp screen xterm TODO
3711 % LocalWords: setreuid setregid FIXME ruid rgid seteuid setegid setresuid size
3712 % LocalWords: setresgid getresuid getresgid value result argument setfsuid DAC
3713 % LocalWords: setfsgid NGROUPS sysconf getgroups getgrouplist groups ngroups
3714 % LocalWords: setgroups initgroups patch LIDS CHOWN OVERRIDE Discrectionary PF
3715 % LocalWords: SEARCH chattr sticky NOATIME socket domain immutable append mmap
3716 % LocalWords: broadcast multicast multicasting memory locking mlock mlockall
3717 % LocalWords: shmctl ioperm iopl chroot ptrace accounting swap reboot hangup
3718 % LocalWords: vhangup mknod lease permitted inherited inheritable bounding AND
3719 % LocalWords: capability capget capset header ESRCH undef version obj clear PT
3720 % LocalWords: pag ssize length proc capgetp prehemptive cache runnable Stopped
3721 % LocalWords: Uninterrutible SIGSTOP soft slice nice niceness counter which SC
3722 % LocalWords: getpriority who setpriority RTLinux RTAI Adeos fault FIFO First
3723 % LocalWords: yield Robin setscheduler policy param OTHER priority setparam to
3724 % LocalWords: min getparam getscheduler interval robin ENOSYS fifo ping long
3725 % LocalWords: affinity setaffinity unsigned mask cpu NUMA CLR ISSET SETSIZE RR
3726 % LocalWords: getaffinity assembler deadlock REENTRANT SAFE tgz MYPGRP l'OR rr
3727 % LocalWords: WIFEXITED WEXITSTATUS WIFSIGNALED WTERMSIG WCOREDUMP WIFSTOPPED
3728 % LocalWords: WSTOPSIG opt char INTERP arg SIG IGN DFL mascheck grp FOWNER RAW
3729 % LocalWords: FSETID SETPCAP BIND SERVICE ADMIN PACKET IPC OWNER MODULE RAWIO
3730 % LocalWords: PACCT RESOURCE TTY CONFIG SETFCAP hdrp datap libcap lcap text tp
3731 % LocalWords: get ncap caps CapInh CapPrm fffffeff CapEff getcap STAT dall'I
3732 % LocalWords: inc PRIO SUSv PRGR prio SysV SunOS Ultrix sched timespec len sig
3733 % LocalWords: cpusetsize cpuset atomic tickless redirezione WCONTINUED stopped
3734 % LocalWords: waitid NOCLDSTOP ENOCHLD WIFCONTINUED ifdef endif idtype siginfo
3735 % LocalWords: infop ALL WEXITED WSTOPPED WNOWAIT signo CLD EXITED KILLED page
3736 % LocalWords: CONTINUED
3738 %%% Local Variables:
3740 %%% TeX-master: "gapil"