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12 \chapter{La gestione dei processi}
13 \label{cha:process_handling}
15 Come accennato nell'introduzione in un sistema Unix tutte le operazioni
16 vengono svolte tramite opportuni processi. In sostanza questi ultimi vengono
17 a costituire l'unità base per l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema.
19 Nel precedente capitolo abbiamo esaminato il funzionamento di un processo come
20 unità a se stante, in questo esamineremo il funzionamento dei processi
21 all'interno del sistema. Saranno cioè affrontati i dettagli della creazione e
22 della terminazione dei processi, della gestione dei loro attributi e
23 privilegi, e di tutte le funzioni a questo connesse. Infine nella sezione
24 finale introdurremo alcune problematiche generiche della programmazione in
25 ambiente multitasking.
28 \section{Introduzione}
31 Inizieremo con un'introduzione generale ai concetti che stanno alla base della
32 gestione dei processi in un sistema unix-like. Introdurremo in questa sezione
33 l'architettura della gestione dei processi e le sue principali
34 caratteristiche, dando una panoramica sull'uso delle principali funzioni di
38 \subsection{L'architettura della gestione dei processi}
39 \label{sec:proc_hierarchy}
41 A differenza di quanto avviene in altri sistemi (ad esempio nel VMS la
42 generazione di nuovi processi è un'operazione privilegiata) una delle
43 caratteristiche di Unix (che esamineremo in dettaglio più avanti) è che
44 qualunque processo può a sua volta generarne altri, detti processi figli
45 (\textit{child process}). Ogni processo è identificato presso il sistema da un
46 numero univoco, il cosiddetto \textit{process identifier} o, più brevemente,
47 \acr{pid}, assegnato in forma progressiva (vedi sez.~\ref{sec:proc_pid})
48 quando il processo viene creato.
50 Una seconda caratteristica di un sistema Unix è che la generazione di un
51 processo è un'operazione separata rispetto al lancio di un programma. In
52 genere la sequenza è sempre quella di creare un nuovo processo, il quale
53 eseguirà, in un passo successivo, il programma desiderato: questo è ad esempio
54 quello che fa la shell quando mette in esecuzione il programma che gli
55 indichiamo nella linea di comando.
57 Una terza caratteristica è che ogni processo è sempre stato generato da un
58 altro, che viene chiamato processo padre (\textit{parent process}). Questo
59 vale per tutti i processi, con una sola eccezione: dato che ci deve essere un
60 punto di partenza esiste un processo speciale (che normalmente è
61 \cmd{/sbin/init}), che viene lanciato dal kernel alla conclusione della fase
62 di avvio; essendo questo il primo processo lanciato dal sistema ha sempre il
63 \acr{pid} uguale a 1 e non è figlio di nessun altro processo.
65 Ovviamente \cmd{init} è un processo speciale che in genere si occupa di far
66 partire tutti gli altri processi necessari al funzionamento del sistema,
67 inoltre \cmd{init} è essenziale per svolgere una serie di compiti
68 amministrativi nelle operazioni ordinarie del sistema (torneremo su alcuni di
69 essi in sez.~\ref{sec:proc_termination}) e non può mai essere terminato. La
70 struttura del sistema comunque consente di lanciare al posto di \cmd{init}
71 qualunque altro programma, e in casi di emergenza (ad esempio se il file di
72 \cmd{init} si fosse corrotto) è ad esempio possibile lanciare una shell al suo
73 posto, passando la riga \cmd{init=/bin/sh} come parametro di avvio.
78 [piccardi@gont piccardi]$ pstree -n
95 |-bash---startx---xinit-+-XFree86
96 | `-WindowMaker-+-ssh-agent
104 | |-wterm---bash---pstree
105 | `-wterm---bash-+-emacs
111 \caption{L'albero dei processi, così come riportato dal comando
113 \label{fig:proc_tree}
116 Dato che tutti i processi attivi nel sistema sono comunque generati da
117 \cmd{init} o da uno dei suoi figli\footnote{in realtà questo non è del tutto
118 vero, in Linux ci sono alcuni processi speciali che pur comparendo come
119 figli di \cmd{init}, o con \acr{pid} successivi, sono in realtà generati
120 direttamente dal kernel, (come \cmd{keventd}, \cmd{kswapd}, ecc.).} si
121 possono classificare i processi con la relazione padre/figlio in
122 un'organizzazione gerarchica ad albero, in maniera analoga a come i file sono
123 organizzati in un albero di directory (si veda
124 sez.~\ref{sec:file_organization}); in fig.~\ref{fig:proc_tree} si è mostrato il
125 risultato del comando \cmd{pstree} che permette di visualizzare questa
126 struttura, alla cui base c'è \cmd{init} che è progenitore di tutti gli altri
129 Il kernel mantiene una tabella dei processi attivi, la cosiddetta
130 \itindex{process~table} \textit{process table}; per ciascun processo viene
131 mantenuta una voce, costituita da una struttura \struct{task\_struct}, nella
132 tabella dei processi che contiene tutte le informazioni rilevanti per quel
133 processo. Tutte le strutture usate a questo scopo sono dichiarate nell'header
134 file \file{linux/sched.h}, ed uno schema semplificato, che riporta la
135 struttura delle principali informazioni contenute nella \struct{task\_struct}
136 (che in seguito incontreremo a più riprese), è mostrato in
137 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}.
141 \includegraphics[width=11cm]{img/task_struct}
142 \caption{Schema semplificato dell'architettura delle strutture usate dal
143 kernel nella gestione dei processi.}
144 \label{fig:proc_task_struct}
147 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_unix_struct} è lo \itindex{scheduler}
148 \textit{scheduler} che decide quale processo mettere in esecuzione; esso viene
149 eseguito ad ogni system call ed ad ogni interrupt,\footnote{più in una serie
151 % TODO completare questa parte su quando viene chiamato lo scheduler.
152 (ma può essere anche attivato esplicitamente). Il timer di sistema provvede
153 comunque a che esso sia invocato periodicamente; generando un interrupt
154 periodico secondo la frequenza specificata dalla costante
155 \const{HZ},\footnote{fino al kernel 2.4 il valore usuale di questa costante
156 era 100, per tutte le architetture eccetto l'alpha, per la quale era 1000,
157 nel 2.6 è stato portato a 1000 su tutte le architetture; occorre fare
158 attenzione a non confondere questo valore con quello dei
159 \itindex{clock~tick} \textit{clock tick} (vedi
160 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}).} definita in \file{asm/param.h}, ed il cui
161 valore è espresso in Hertz.\footnote{a partire dal kernel 2.6.21 è stato
162 introdotto (a cura di Ingo Molnar) un meccanismo completamente diverso,
163 detto \textit{tickless}, in cui non c'è più una interruzione periodica con
164 frequenza prefissata, ma ad ogni chiamata del time viene programmata
165 l'interruzione successiva sulla base di una stima; in questo modo si evita
166 di dover eseguire un migliaio di interruzioni al secondo anche su macchine
167 che non stanno facendo nulla, con un forte risparmio nell'uso dell'energia
168 da parte del processore che può essere messo in stato di sospensione anche
169 per lunghi periodi di tempo.}
172 Ogni volta che viene eseguito, lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler}
173 effettua il calcolo delle priorità dei vari processi attivi (torneremo su
174 questo in sez.~\ref{sec:proc_priority}) e stabilisce quale di essi debba
175 essere posto in esecuzione fino alla successiva invocazione.
178 \subsection{Una panoramica sulle funzioni fondamentali}
179 \label{sec:proc_handling_intro}
181 In un sistema unix-like i processi vengono sempre creati da altri processi
182 tramite la funzione \func{fork}; il nuovo processo (che viene chiamato
183 \textsl{figlio}) creato dalla \func{fork} è una copia identica del processo
184 processo originale (detto \textsl{padre}), ma ha un nuovo \acr{pid} e viene
185 eseguito in maniera indipendente (le differenze fra padre e figlio sono
186 affrontate in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_fork}).
188 Se si vuole che il processo padre si fermi fino alla conclusione del processo
189 figlio questo deve essere specificato subito dopo la \func{fork} chiamando la
190 funzione \func{wait} o la funzione \func{waitpid} (si veda
191 sez.~\ref{sec:proc_wait}); queste funzioni restituiscono anche un'informazione
192 abbastanza limitata sulle cause della terminazione del processo figlio.
194 Quando un processo ha concluso il suo compito o ha incontrato un errore non
195 risolvibile esso può essere terminato con la funzione \func{exit} (si veda
196 quanto discusso in sez.~\ref{sec:proc_conclusion}). La vita del processo però
197 termina completamente solo quando la notifica della sua conclusione viene
198 ricevuta dal processo padre, a quel punto tutte le risorse allocate nel
199 sistema ad esso associate vengono rilasciate.
201 Avere due processi che eseguono esattamente lo stesso codice non è molto
202 utile, normalmente si genera un secondo processo per affidargli l'esecuzione
203 di un compito specifico (ad esempio gestire una connessione dopo che questa è
204 stata stabilita), o fargli eseguire (come fa la shell) un altro programma. Per
205 quest'ultimo caso si usa la seconda funzione fondamentale per programmazione
206 coi processi che è la \func{exec}.
208 Il programma che un processo sta eseguendo si chiama immagine del processo (o
209 \textit{process image}), le funzioni della famiglia \func{exec} permettono di
210 caricare un altro programma da disco sostituendo quest'ultimo all'immagine
211 corrente; questo fa sì che l'immagine precedente venga completamente
212 cancellata. Questo significa che quando il nuovo programma termina, anche il
213 processo termina, e non si può tornare alla precedente immagine.
215 Per questo motivo la \func{fork} e la \func{exec} sono funzioni molto
216 particolari con caratteristiche uniche rispetto a tutte le altre, infatti la
217 prima ritorna due volte (nel processo padre e nel figlio) mentre la seconda
218 non ritorna mai (in quanto con essa viene eseguito un altro programma).
222 \section{Le funzioni di base}% della gestione dei processi}
223 \label{sec:proc_handling}
225 In questa sezione tratteremo le problematiche della gestione dei processi
226 all'interno del sistema, illustrandone tutti i dettagli. Inizieremo con le
227 funzioni elementari che permettono di leggerne gli identificatori, per poi
228 passare alla spiegazione delle funzioni base che si usano per la creazione e
229 la terminazione dei processi, e per la messa in esecuzione degli altri
233 \subsection{Gli identificatori dei processi}
236 Come accennato nell'introduzione, ogni processo viene identificato dal sistema
237 da un numero identificativo univoco, il \textit{process ID} o \acr{pid};
238 quest'ultimo è un tipo di dato standard, il \type{pid\_t} che in genere è un
239 intero con segno (nel caso di Linux e delle \acr{glibc} il tipo usato è
242 Il \acr{pid} viene assegnato in forma progressiva\footnote{in genere viene
243 assegnato il numero successivo a quello usato per l'ultimo processo creato,
244 a meno che questo numero non sia già utilizzato per un altro \acr{pid},
245 \acr{pgid} o \acr{sid} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}).} ogni volta
246 che un nuovo processo viene creato, fino ad un limite che, essendo il
247 \acr{pid} un numero positivo memorizzato in un intero a 16 bit, arriva ad un
248 massimo di 32768. Oltre questo valore l'assegnazione riparte dal numero più
249 basso disponibile a partire da un minimo di 300,\footnote{questi valori, fino
250 al kernel 2.4.x, sono definiti dalla macro \const{PID\_MAX} in
251 \file{threads.h} e direttamente in \file{fork.c}, con il kernel 2.5.x e la
252 nuova interfaccia per i thread creata da Ingo Molnar anche il meccanismo di
253 allocazione dei \acr{pid} è stato modificato.} che serve a riservare i
254 \acr{pid} più bassi ai processi eseguiti direttamente dal kernel. Per questo
255 motivo, come visto in sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, il processo di avvio
256 (\cmd{init}) ha sempre il \acr{pid} uguale a uno.
258 Tutti i processi inoltre memorizzano anche il \acr{pid} del genitore da cui
259 sono stati creati, questo viene chiamato in genere \acr{ppid} (da
260 \textit{parent process ID}). Questi due identificativi possono essere
261 ottenuti usando le due funzioni \funcd{getpid} e \funcd{getppid}, i cui
264 \headdecl{sys/types.h}
266 \funcdecl{pid\_t getpid(void)}
268 Restituisce il \acr{pid} del processo corrente.
270 \funcdecl{pid\_t getppid(void)}
272 Restituisce il \acr{pid} del padre del processo corrente.
274 \bodydesc{Entrambe le funzioni non riportano condizioni di errore.}
276 \noindent esempi dell'uso di queste funzioni sono riportati in
277 fig.~\ref{fig:proc_fork_code}, nel programma \file{ForkTest.c}.
279 Il fatto che il \acr{pid} sia un numero univoco per il sistema lo rende un
280 candidato per generare ulteriori indicatori associati al processo di cui
281 diventa possibile garantire l'unicità: ad esempio in alcune implementazioni la
282 funzione \func{tempnam} (si veda sez.~\ref{sec:file_temp_file}) usa il
283 \acr{pid} per generare un \itindex{pathname} \textit{pathname} univoco, che
284 non potrà essere replicato da un altro processo che usi la stessa funzione.
286 Tutti i processi figli dello stesso processo padre sono detti
287 \textit{sibling}, questa è una delle relazioni usate nel \textsl{controllo di
288 sessione}, in cui si raggruppano i processi creati su uno stesso terminale,
289 o relativi allo stesso login. Torneremo su questo argomento in dettaglio in
290 cap.~\ref{cha:session}, dove esamineremo gli altri identificativi associati ad
291 un processo e le varie relazioni fra processi utilizzate per definire una
294 Oltre al \acr{pid} e al \acr{ppid}, (e a quelli che vedremo in
295 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}, relativi al controllo di sessione), ad ogni
296 processo vengono associati degli altri identificatori che vengono usati per il
297 controllo di accesso. Questi servono per determinare se un processo può
298 eseguire o meno le operazioni richieste, a seconda dei privilegi e
299 dell'identità di chi lo ha posto in esecuzione; l'argomento è complesso e sarà
300 affrontato in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_perms}.
303 \subsection{La funzione \func{fork} e le funzioni di creazione dei processi}
304 \label{sec:proc_fork}
306 La funzione \funcd{fork} è la funzione fondamentale della gestione dei
307 processi: come si è detto l'unico modo di creare un nuovo processo è
308 attraverso l'uso di questa funzione, essa quindi riveste un ruolo centrale
309 tutte le volte che si devono scrivere programmi che usano il multitasking. Il
310 prototipo della funzione è:
312 \headdecl{sys/types.h}
314 \funcdecl{pid\_t fork(void)}
315 Crea un nuovo processo.
317 \bodydesc{In caso di successo restituisce il \acr{pid} del figlio al padre e
318 zero al figlio; ritorna -1 al padre (senza creare il figlio) in caso di
319 errore; \var{errno} può assumere i valori:
321 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono risorse sufficienti per creare un altro
322 processo (per allocare la tabella delle pagine e le strutture del task) o
323 si è esaurito il numero di processi disponibili.
324 \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare la memoria per le
325 strutture necessarie al kernel per creare il nuovo processo.
329 Dopo il successo dell'esecuzione di una \func{fork} sia il processo padre che
330 il processo figlio continuano ad essere eseguiti normalmente a partire
331 dall'istruzione successiva alla \func{fork}; il processo figlio è però una
332 copia del padre, e riceve una copia dei \index{segmento!testo} segmenti di
333 testo, \itindex{stack} stack e \index{segmento!dati} dati (vedi
334 sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}), ed esegue esattamente lo stesso codice del
335 padre. Si tenga presente però che la memoria è copiata, non condivisa,
336 pertanto padre e figlio vedono variabili diverse.
338 Per quanto riguarda la gestione della memoria, in generale il
339 \index{segmento!testo} segmento di testo, che è identico per i due processi, è
340 condiviso e tenuto in read-only per il padre e per i figli. Per gli altri
341 segmenti Linux utilizza la tecnica del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on
342 write}; questa tecnica comporta che una pagina di memoria viene
343 effettivamente copiata per il nuovo processo solo quando ci viene effettuata
344 sopra una scrittura (e si ha quindi una reale differenza fra padre e figlio).
345 In questo modo si rende molto più efficiente il meccanismo della creazione di
346 un nuovo processo, non essendo più necessaria la copia di tutto lo spazio
347 degli indirizzi virtuali del padre, ma solo delle pagine di memoria che sono
348 state modificate, e solo al momento della modifica stessa.
350 La differenza che si ha nei due processi è che nel processo padre il valore di
351 ritorno della funzione \func{fork} è il \acr{pid} del processo figlio, mentre
352 nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se viene
353 eseguito dal padre o dal figlio. Si noti come la funzione \func{fork} ritorni
354 \textbf{due} volte: una nel padre e una nel figlio.
356 La scelta di questi valori di ritorno non è casuale, un processo infatti può
357 avere più figli, ed il valore di ritorno di \func{fork} è l'unico modo che gli
358 permette di identificare quello appena creato; al contrario un figlio ha
359 sempre un solo padre (il cui \acr{pid} può sempre essere ottenuto con
360 \func{getppid}, vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) per cui si usa il valore nullo,
361 che non è il \acr{pid} di nessun processo.
364 \footnotesize \centering
365 \begin{minipage}[c]{15cm}
366 \includecodesample{listati/ForkTest.c}
369 \caption{Esempio di codice per la creazione di nuovi processi.}
370 \label{fig:proc_fork_code}
373 Normalmente la chiamata a \func{fork} può fallire solo per due ragioni, o ci
374 sono già troppi processi nel sistema (il che di solito è sintomo che
375 qualcos'altro non sta andando per il verso giusto) o si è ecceduto il limite
376 sul numero totale di processi permessi all'utente (vedi
377 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}, ed in particolare
378 tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values}).
380 L'uso di \func{fork} avviene secondo due modalità principali; la prima è
381 quella in cui all'interno di un programma si creano processi figli cui viene
382 affidata l'esecuzione di una certa sezione di codice, mentre il processo padre
383 ne esegue un'altra. È il caso tipico dei programmi server (il modello
384 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}) in cui il
385 padre riceve ed accetta le richieste da parte dei programmi client, per
386 ciascuna delle quali pone in esecuzione un figlio che è incaricato di fornire
389 La seconda modalità è quella in cui il processo vuole eseguire un altro
390 programma; questo è ad esempio il caso della shell. In questo caso il processo
391 crea un figlio la cui unica operazione è quella di fare una \func{exec} (di
392 cui parleremo in sez.~\ref{sec:proc_exec}) subito dopo la \func{fork}.
394 Alcuni sistemi operativi (il VMS ad esempio) combinano le operazioni di questa
395 seconda modalità (una \func{fork} seguita da una \func{exec}) in un'unica
396 operazione che viene chiamata \textit{spawn}. Nei sistemi unix-like è stato
397 scelto di mantenere questa separazione, dato che, come per la prima modalità
398 d'uso, esistono numerosi scenari in cui si può usare una \func{fork} senza
399 aver bisogno di eseguire una \func{exec}. Inoltre, anche nel caso della
400 seconda modalità d'uso, avere le due funzioni separate permette al figlio di
401 cambiare gli attributi del processo (maschera dei segnali, redirezione
402 dell'output, identificatori) prima della \func{exec}, rendendo così
403 relativamente facile intervenire sulle le modalità di esecuzione del nuovo
406 In fig.~\ref{fig:proc_fork_code} è riportato il corpo del codice del programma
407 di esempio \cmd{forktest}, che permette di illustrare molte caratteristiche
408 dell'uso della funzione \func{fork}. Il programma crea un numero di figli
409 specificato da linea di comando, e prende anche alcune opzioni per indicare
410 degli eventuali tempi di attesa in secondi (eseguiti tramite la funzione
411 \func{sleep}) per il padre ed il figlio (con \cmd{forktest -h} si ottiene la
412 descrizione delle opzioni); il codice completo, compresa la parte che gestisce
413 le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{ForkTest.c},
414 distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi su
415 \href{http://gapil.truelite.it/gapil_source.tgz}
416 {\textsf{http://gapil.truelite.it/gapil\_source.tgz}}.
418 Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
419 (\texttt{\small 24--40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
420 controllando il successo della chiamata a \func{fork} (\texttt{\small
421 25--29}); ciascun figlio (\texttt{\small 31--34}) si limita a stampare il
422 suo numero di successione, eventualmente attendere il numero di secondi
423 specificato e scrivere un messaggio prima di uscire. Il processo padre invece
424 (\texttt{\small 36--38}) stampa un messaggio di creazione, eventualmente
425 attende il numero di secondi specificato, e procede nell'esecuzione del ciclo;
426 alla conclusione del ciclo, prima di uscire, può essere specificato un altro
429 Se eseguiamo il comando\footnote{che è preceduto dall'istruzione \code{export
430 LD\_LIBRARY\_PATH=./} per permettere l'uso delle librerie dinamiche.}
431 senza specificare attese (come si può notare in (\texttt{\small 17--19}) i
432 valori predefiniti specificano di non attendere), otterremo come output sul
436 [piccardi@selidor sources]$ export LD_LIBRARY_PATH=./; ./forktest 3
437 Process 1963: forking 3 child
438 Spawned 1 child, pid 1964
439 Child 1 successfully executing
440 Child 1, parent 1963, exiting
442 Spawned 2 child, pid 1965
443 Child 2 successfully executing
444 Child 2, parent 1963, exiting
446 Child 3 successfully executing
447 Child 3, parent 1963, exiting
448 Spawned 3 child, pid 1966
453 Esaminiamo questo risultato: una prima conclusione che si può trarre è che non
454 si può dire quale processo fra il padre ed il figlio venga eseguito per primo
455 dopo la chiamata a \func{fork}; dall'esempio si può notare infatti come nei
456 primi due cicli sia stato eseguito per primo il padre (con la stampa del
457 \acr{pid} del nuovo processo) per poi passare all'esecuzione del figlio
458 (completata con i due avvisi di esecuzione ed uscita), e tornare
459 all'esecuzione del padre (con la stampa del passaggio al ciclo successivo),
460 mentre la terza volta è stato prima eseguito il figlio (fino alla conclusione)
463 In generale l'ordine di esecuzione dipenderà, oltre che dall'algoritmo di
464 \itindex{scheduler} scheduling usato dal kernel, dalla particolare situazione
465 in cui si trova la macchina al momento della chiamata, risultando del tutto
466 impredicibile. Eseguendo più volte il programma di prova e producendo un
467 numero diverso di figli, si sono ottenute situazioni completamente diverse,
468 compreso il caso in cui il processo padre ha eseguito più di una \func{fork}
469 prima che uno dei figli venisse messo in esecuzione.
471 Pertanto non si può fare nessuna assunzione sulla sequenza di esecuzione delle
472 istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
473 essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
474 occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
475 rischio di incorrere nelle cosiddette \itindex{race~condition} \textit{race
476 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
478 In realtà a partire dal kernel 2.5.2-pre10 il nuovo \itindex{scheduler}
479 \textit{scheduler} di Ingo Molnar esegue sempre per primo il
480 figlio;\footnote{i risultati precedenti sono stati ottenuti su un kernel della
481 serie 2.4.} questa è una ottimizzazione che serve a evitare che il padre,
482 effettuando per primo una operazione di scrittura in memoria, attivi il
483 meccanismo del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write}. Questa
484 operazione infatti potrebbe risultare del tutto inutile qualora il figlio
485 fosse stato creato solo per eseguire una \func{exec}, in tal caso infatti si
486 invocherebbe un'altro proramma scartando completamente lo spazio degli
487 indirizzi, rendendo superflua la copia della memoria modificata dal padre.
489 Eseguendo sempre per primo il figlio la \func{exec} verrebbe effettuata subito
490 avendo così la certezza che il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write}
491 viene utilizzato solo quando necessario. Quanto detto in precedenza vale
492 allora soltanto per i kernel fino al 2.4, per mantenere la portabilità è però
493 opportuno non fare affidamento su questo comportamento, che non si riscontra
494 in altri Unix e nelle versioni del kernel precendenti a quella indicata.
496 Si noti inoltre che essendo i segmenti di memoria utilizzati dai singoli
497 processi completamente separati, le modifiche delle variabili nei processi
498 figli (come l'incremento di \var{i} in \texttt{\small 31}) sono visibili solo
499 a loro (ogni processo vede solo la propria copia della memoria), e non hanno
500 alcun effetto sul valore che le stesse variabili hanno nel processo padre (ed
501 in eventuali altri processi figli che eseguano lo stesso codice).
503 Un secondo aspetto molto importante nella creazione dei processi figli è
504 quello dell'interazione dei vari processi con i file; per illustrarlo meglio
505 proviamo a redirigere su un file l'output del nostro programma di test, quello
509 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest 3 > output
510 [piccardi@selidor sources]$ cat output
511 Process 1967: forking 3 child
512 Child 1 successfully executing
513 Child 1, parent 1967, exiting
514 Test for forking 3 child
515 Spawned 1 child, pid 1968
517 Child 2 successfully executing
518 Child 2, parent 1967, exiting
519 Test for forking 3 child
520 Spawned 1 child, pid 1968
522 Spawned 2 child, pid 1969
524 Child 3 successfully executing
525 Child 3, parent 1967, exiting
526 Test for forking 3 child
527 Spawned 1 child, pid 1968
529 Spawned 2 child, pid 1969
531 Spawned 3 child, pid 1970
535 che come si vede è completamente diverso da quanto ottenevamo sul terminale.
537 Il comportamento delle varie funzioni di interfaccia con i file è analizzato
538 in gran dettaglio in cap.~\ref{cha:file_unix_interface} e in
539 cap.~\ref{cha:files_std_interface}. Qui basta accennare che si sono usate le
540 funzioni standard della libreria del C che prevedono l'output bufferizzato; e
541 questa bufferizzazione (trattata in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_buffering})
542 varia a seconda che si tratti di un file su disco (in cui il buffer viene
543 scaricato su disco solo quando necessario) o di un terminale (nel qual caso il
544 buffer viene scaricato ad ogni carattere di a capo).
546 Nel primo esempio allora avevamo che ad ogni chiamata a \func{printf} il
547 buffer veniva scaricato, e le singole righe erano stampate a video subito dopo
548 l'esecuzione della \func{printf}. Ma con la redirezione su file la scrittura
549 non avviene più alla fine di ogni riga e l'output resta nel buffer. Dato che
550 ogni figlio riceve una copia della memoria del padre, esso riceverà anche
551 quanto c'è nel buffer delle funzioni di I/O, comprese le linee scritte dal
552 padre fino allora. Così quando il buffer viene scritto su disco all'uscita del
553 figlio, troveremo nel file anche tutto quello che il processo padre aveva
554 scritto prima della sua creazione. E alla fine del file (dato che in questo
555 caso il padre esce per ultimo) troveremo anche l'output completo del padre.
557 L'esempio ci mostra un altro aspetto fondamentale dell'interazione con i file,
558 valido anche per l'esempio precedente, ma meno evidente: il fatto cioè che non
559 solo processi diversi possono scrivere in contemporanea sullo stesso file
560 (l'argomento della condivisione dei file è trattato in dettaglio in
561 sez.~\ref{sec:file_sharing}), ma anche che, a differenza di quanto avviene per
562 le variabili, la posizione corrente sul file è condivisa fra il padre e tutti
565 Quello che succede è che quando lo standard output del padre viene rediretto,
566 lo stesso avviene anche per tutti i figli; la funzione \func{fork} infatti ha
567 la caratteristica di duplicare nei figli tutti i file descriptor aperti nel
568 padre (allo stesso modo in cui lo fa la funzione \func{dup}, trattata in
569 sez.~\ref{sec:file_dup}), il che comporta che padre e figli condividono le
570 stesse voci della \itindex{file~table} \textit{file table} (per la spiegazione
571 di questi termini si veda sez.~\ref{sec:file_sharing}) fra cui c'è anche la
572 posizione corrente nel file.
574 In questo modo se un processo scrive sul file aggiornerà la posizione corrente
575 sulla \itindex{file~table} \textit{file table}, e tutti gli altri processi,
576 che vedono la stessa \itindex{file~table} \textit{file table}, vedranno il
577 nuovo valore. In questo modo si evita, in casi come quello appena mostrato in
578 cui diversi processi scrivono sullo stesso file, che l'output successivo di un
579 processo vada a sovrapporsi a quello dei precedenti: l'output potrà risultare
580 mescolato, ma non ci saranno parti perdute per via di una sovrascrittura.
582 Questo tipo di comportamento è essenziale in tutti quei casi in cui il padre
583 crea un figlio e attende la sua conclusione per proseguire, ed entrambi
584 scrivono sullo stesso file (un caso tipico è la shell quando lancia un
585 programma, il cui output va sullo standard output).
587 In questo modo, anche se l'output viene rediretto, il padre potrà sempre
588 continuare a scrivere in coda a quanto scritto dal figlio in maniera
589 automatica; se così non fosse ottenere questo comportamento sarebbe
590 estremamente complesso necessitando di una qualche forma di comunicazione fra
591 i due processi per far riprendere al padre la scrittura al punto giusto.
593 In generale comunque non è buona norma far scrivere più processi sullo stesso
594 file senza una qualche forma di sincronizzazione in quanto, come visto anche
595 con il nostro esempio, le varie scritture risulteranno mescolate fra loro in
596 una sequenza impredicibile. Per questo le modalità con cui in genere si usano
597 i file dopo una \func{fork} sono sostanzialmente due:
599 \item Il processo padre aspetta la conclusione del figlio. In questo caso non
600 è necessaria nessuna azione riguardo ai file, in quanto la sincronizzazione
601 della posizione corrente dopo eventuali operazioni di lettura e scrittura
602 effettuate dal figlio è automatica.
603 \item L'esecuzione di padre e figlio procede indipendentemente. In questo caso
604 ciascuno dei due processi deve chiudere i file che non gli servono una volta
605 che la \func{fork} è stata eseguita, per evitare ogni forma di interferenza.
608 Oltre ai file aperti i processi figli ereditano dal padre una serie di altre
609 proprietà; la lista dettagliata delle proprietà che padre e figlio hanno in
610 comune dopo l'esecuzione di una \func{fork} è la seguente:
612 \item i file aperti e gli eventuali flag di \itindex{close-on-exec}
613 \textit{close-on-exec} impostati (vedi sez.~\ref{sec:proc_exec} e
614 sez.~\ref{sec:file_fcntl});
615 \item gli identificatori per il controllo di accesso: l'\textsl{user-ID
616 reale}, il \textsl{group-ID reale}, l'\textsl{user-ID effettivo}, il
617 \textsl{group-ID effettivo} ed i \textit{group-ID supplementari} (vedi
618 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
619 \item gli identificatori per il controllo di sessione: il
620 \itindex{process~group} \textit{process group-ID} e il \textit{session id}
621 ed il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group});
622 \item la directory di lavoro e la directory radice (vedi
623 sez.~\ref{sec:file_work_dir} e sez.~\ref{sec:file_chroot});
624 \item la maschera dei permessi di creazione (vedi
625 sez.~\ref{sec:file_perm_management});
626 \item la maschera dei segnali bloccati (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) e le
627 azioni installate (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha});
628 \item i segmenti di memoria condivisa agganciati al processo (vedi
629 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm});
630 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
631 \item le priorità real-time e le affinità di processore (vedi
632 sez.~\ref{sec:proc_real_time} e sez.\ref{sec:proc_sched_multiprocess});
633 \item le variabili di ambiente (vedi sez.~\ref{sec:proc_environ}).
635 Le differenze fra padre e figlio dopo la \func{fork} invece sono:
637 \item il valore di ritorno di \func{fork};
638 \item il \acr{pid} (\textit{process id});
639 \item il \acr{ppid} (\textit{parent process id}), quello del figlio viene
640 impostato al \acr{pid} del padre;
641 \item i valori dei tempi di esecuzione della struttura \struct{tms} (vedi
642 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) che nel figlio sono posti a zero;
643 \item i \textit{lock} sui file (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}), che non
644 vengono ereditati dal figlio;
645 \item gli allarmi ed i segnali pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che
646 per il figlio vengono cancellati.
650 Una seconda funzione storica usata per la creazione di un nuovo processo è
651 \func{vfork}, che è esattamente identica a \func{fork} ed ha la stessa
652 semantica e gli stessi errori; la sola differenza è che non viene creata la
653 tabella delle pagine né la struttura dei task per il nuovo processo. Il
654 processo padre è posto in attesa fintanto che il figlio non ha eseguito una
655 \func{execve} o non è uscito con una \func{\_exit}. Il figlio condivide la
656 memoria del padre (e modifiche possono avere effetti imprevedibili) e non deve
657 ritornare o uscire con \func{exit} ma usare esplicitamente \func{\_exit}.
659 Questa funzione è un rimasuglio dei vecchi tempi in cui eseguire una
660 \func{fork} comportava anche la copia completa del segmento dati del processo
661 padre, che costituiva un inutile appesantimento in tutti quei casi in cui la
662 \func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
663 venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
665 Dato che Linux supporta il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write} la
666 perdita di prestazioni è assolutamente trascurabile, e l'uso di questa
667 funzione (che resta un caso speciale della system call \func{\_\_clone}) è
668 deprecato; per questo eviteremo di trattarla ulteriormente.
671 \subsection{La conclusione di un processo}
672 \label{sec:proc_termination}
674 In sez.~\ref{sec:proc_conclusion} abbiamo già affrontato le modalità con cui
675 chiudere un programma, ma dall'interno del programma stesso; avendo a che fare
676 con un sistema multitasking resta da affrontare l'argomento dal punto di vista
677 di come il sistema gestisce la conclusione dei processi.
679 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:proc_conclusion} le tre modalità con cui un
680 programma viene terminato in maniera normale: la chiamata di \func{exit} (che
681 esegue le funzioni registrate per l'uscita e chiude gli stream), il ritorno
682 dalla funzione \func{main} (equivalente alla chiamata di \func{exit}), e la
683 chiamata ad \func{\_exit} (che passa direttamente alle operazioni di
684 terminazione del processo da parte del kernel).
686 Ma abbiamo accennato che oltre alla conclusione normale esistono anche delle
687 modalità di conclusione anomala; queste sono in sostanza due: il programma può
688 chiamare la funzione \func{abort} per invocare una chiusura anomala, o essere
689 terminato da un segnale (torneremo sui segnali in cap.~\ref{cha:signals}). In
690 realtà anche la prima modalità si riconduce alla seconda, dato che
691 \func{abort} si limita a generare il segnale \const{SIGABRT}.
693 Qualunque sia la modalità di conclusione di un processo, il kernel esegue
694 comunque una serie di operazioni: chiude tutti i file aperti, rilascia la
695 memoria che stava usando, e così via; l'elenco completo delle operazioni
696 eseguite alla chiusura di un processo è il seguente:
698 \item tutti i file descriptor sono chiusi;
699 \item viene memorizzato lo stato di terminazione del processo;
700 \item ad ogni processo figlio viene assegnato un nuovo padre (in genere
702 \item viene inviato il segnale \const{SIGCHLD} al processo padre (vedi
703 sez.~\ref{sec:sig_sigchld});
704 \item se il processo è un leader di sessione ed il suo terminale di controllo
705 è quello della sessione viene mandato un segnale di \const{SIGHUP} a tutti i
706 processi del gruppo di \textit{foreground} e il terminale di controllo viene
707 disconnesso (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
708 \item se la conclusione di un processo rende orfano un \textit{process
709 group} ciascun membro del gruppo viene bloccato, e poi gli vengono
710 inviati in successione i segnali \const{SIGHUP} e \const{SIGCONT}
711 (vedi ancora sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
714 Oltre queste operazioni è però necessario poter disporre di un meccanismo
715 ulteriore che consenta di sapere come la terminazione è avvenuta: dato che in
716 un sistema unix-like tutto viene gestito attraverso i processi, il meccanismo
717 scelto consiste nel riportare lo stato di terminazione (il cosiddetto
718 \textit{termination status}) al processo padre.
720 Nel caso di conclusione normale, abbiamo visto in
721 sez.~\ref{sec:proc_conclusion} che lo stato di uscita del processo viene
722 caratterizzato tramite il valore del cosiddetto \textit{exit status}, cioè il
723 valore passato alle funzioni \func{exit} o \func{\_exit} (o dal valore di
724 ritorno per \func{main}). Ma se il processo viene concluso in maniera anomala
725 il programma non può specificare nessun \textit{exit status}, ed è il kernel
726 che deve generare autonomamente il \textit{termination status} per indicare le
727 ragioni della conclusione anomala.
729 Si noti la distinzione fra \textit{exit status} e \textit{termination status}:
730 quello che contraddistingue lo stato di chiusura del processo e viene
731 riportato attraverso le funzioni \func{wait} o \func{waitpid} (vedi
732 sez.~\ref{sec:proc_wait}) è sempre quest'ultimo; in caso di conclusione normale
733 il kernel usa il primo (nel codice eseguito da \func{\_exit}) per produrre il
736 La scelta di riportare al padre lo stato di terminazione dei figli, pur
737 essendo l'unica possibile, comporta comunque alcune complicazioni: infatti se
738 alla sua creazione è scontato che ogni nuovo processo ha un padre, non è detto
739 che sia così alla sua conclusione, dato che il padre potrebbe essere già
740 terminato (si potrebbe avere cioè quello che si chiama un processo
743 % TODO verificare il reparenting
745 Questa complicazione viene superata facendo in modo che il processo orfano
746 venga \textsl{adottato} da \cmd{init}. Come già accennato quando un processo
747 termina, il kernel controlla se è il padre di altri processi in esecuzione: in
748 caso positivo allora il \acr{ppid} di tutti questi processi viene sostituito
749 con il \acr{pid} di \cmd{init} (e cioè con 1); in questo modo ogni processo
750 avrà sempre un padre (nel caso possiamo parlare di un padre \textsl{adottivo})
751 cui riportare il suo stato di terminazione. Come verifica di questo
752 comportamento possiamo eseguire il nostro programma \cmd{forktest} imponendo a
753 ciascun processo figlio due secondi di attesa prima di uscire, il risultato è:
756 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest -c2 3
757 Process 1972: forking 3 child
758 Spawned 1 child, pid 1973
759 Child 1 successfully executing
761 Spawned 2 child, pid 1974
762 Child 2 successfully executing
764 Child 3 successfully executing
765 Spawned 3 child, pid 1975
767 [piccardi@selidor sources]$ Child 3, parent 1, exiting
768 Child 2, parent 1, exiting
769 Child 1, parent 1, exiting
772 come si può notare in questo caso il processo padre si conclude prima dei
773 figli, tornando alla shell, che stampa il prompt sul terminale: circa due
774 secondi dopo viene stampato a video anche l'output dei tre figli che
775 terminano, e come si può notare in questo caso, al contrario di quanto visto
776 in precedenza, essi riportano 1 come \acr{ppid}.
778 Altrettanto rilevante è il caso in cui il figlio termina prima del padre,
779 perché non è detto che il padre possa ricevere immediatamente lo stato di
780 terminazione, quindi il kernel deve comunque conservare una certa quantità di
781 informazioni riguardo ai processi che sta terminando.
783 Questo viene fatto mantenendo attiva la voce nella tabella dei processi, e
784 memorizzando alcuni dati essenziali, come il \acr{pid}, i tempi di CPU usati
785 dal processo (vedi sez.~\ref{sec:sys_unix_time}) e lo stato di terminazione,
786 mentre la memoria in uso ed i file aperti vengono rilasciati immediatamente. I
787 processi che sono terminati, ma il cui stato di terminazione non è stato
788 ancora ricevuto dal padre sono chiamati \index{zombie} \textit{zombie}, essi
789 restano presenti nella tabella dei processi ed in genere possono essere
790 identificati dall'output di \cmd{ps} per la presenza di una \texttt{Z} nella
791 colonna che ne indica lo stato (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}). Quando
792 il padre effettuerà la lettura dello stato di uscita anche questa
793 informazione, non più necessaria, verrà scartata e la terminazione potrà dirsi
794 completamente conclusa.
796 Possiamo utilizzare il nostro programma di prova per analizzare anche questa
797 condizione: lanciamo il comando \cmd{forktest} in \textit{background} (vedi
798 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), indicando al processo padre di aspettare 10
799 secondi prima di uscire; in questo caso, usando \cmd{ps} sullo stesso
800 terminale (prima dello scadere dei 10 secondi) otterremo:
804 [piccardi@selidor sources]$ ps T
805 PID TTY STAT TIME COMMAND
806 419 pts/0 S 0:00 bash
807 568 pts/0 S 0:00 ./forktest -e10 3
808 569 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
809 570 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
810 571 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
811 572 pts/0 R 0:00 ps T
813 \normalsize e come si vede, dato che non si è fatto nulla per riceverne lo
814 stato di terminazione, i tre processi figli sono ancora presenti pur essendosi
815 conclusi, con lo stato di \index{zombie} \textit{zombie} e l'indicazione che
816 sono stati terminati.
818 La possibilità di avere degli \index{zombie} \textit{zombie} deve essere
819 tenuta sempre presente quando si scrive un programma che deve essere mantenuto
820 in esecuzione a lungo e creare molti figli. In questo caso si deve sempre
821 avere cura di far leggere l'eventuale stato di uscita di tutti i figli (in
822 genere questo si fa attraverso un apposito \textit{signal handler}, che chiama
823 la funzione \func{wait}, vedi sez.~\ref{sec:sig_sigchld} e
824 sez.~\ref{sec:proc_wait}). Questa operazione è necessaria perché anche se gli
825 \index{zombie} \textit{zombie} non consumano risorse di memoria o processore,
826 occupano comunque una voce nella tabella dei processi, che a lungo andare
829 Si noti che quando un processo adottato da \cmd{init} termina, esso non
830 diviene uno \index{zombie} \textit{zombie}; questo perché una delle funzioni
831 di \cmd{init} è appunto quella di chiamare la funzione \func{wait} per i
832 processi cui fa da padre, completandone la terminazione. Questo è quanto
833 avviene anche quando, come nel caso del precedente esempio con \cmd{forktest},
834 il padre termina con dei figli in stato di \index{zombie} \textit{zombie}:
835 alla sua terminazione infatti tutti i suoi figli (compresi gli \index{zombie}
836 \textit{zombie}) verranno adottati da \cmd{init}, il quale provvederà a
837 completarne la terminazione.
839 Si tenga presente infine che siccome gli \index{zombie} \textit{zombie} sono
840 processi già usciti, non c'è modo di eliminarli con il comando \cmd{kill};
841 l'unica possibilità di cancellarli dalla tabella dei processi è quella di
842 terminare il processo che li ha generati, in modo che \cmd{init} possa
843 adottarli e provvedere a concluderne la terminazione.
846 \subsection{La funzione \func{waitpid} e le funzioni di ricezione degli stati
848 \label{sec:proc_wait}
850 Uno degli usi più comuni delle capacità multitasking di un sistema unix-like
851 consiste nella creazione di programmi di tipo server, in cui un processo
852 principale attende le richieste che vengono poi soddisfatte da una serie di
853 processi figli. Si è già sottolineato al paragrafo precedente come in questo
854 caso diventi necessario gestire esplicitamente la conclusione dei figli onde
855 evitare di riempire di \index{zombie} \textit{zombie} la tabella dei processi;
856 le funzioni deputate a questo compito sono principalmente due, \funcd{wait} e
857 \func{waitpid}. La prima, il cui prototipo è:
859 \headdecl{sys/types.h}
860 \headdecl{sys/wait.h}
861 \funcdecl{pid\_t wait(int *status)}
863 Sospende il processo corrente finché un figlio non è uscito, o finché un
864 segnale termina il processo o chiama una funzione di gestione.
866 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del figlio in caso di successo
867 e -1 in caso di errore; \var{errno} può assumere i valori:
869 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
873 è presente fin dalle prime versioni di Unix; la funzione ritorna non appena un
874 processo figlio termina. Se un figlio è già terminato la funzione ritorna
875 immediatamente, se più di un figlio è terminato occorre chiamare la funzione
876 più volte se si vuole recuperare lo stato di terminazione di tutti quanti.
878 Al ritorno della funzione lo stato di terminazione del figlio viene salvato
879 nella variabile puntata da \param{status} e tutte le risorse del kernel
880 relative al processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_termination}) vengono rilasciate.
881 Nel caso un processo abbia più figli il valore di ritorno (il \acr{pid} del
882 figlio) permette di identificare qual è quello che è uscito.
884 Questa funzione ha il difetto di essere poco flessibile, in quanto ritorna
885 all'uscita di un qualunque processo figlio. Nelle occasioni in cui è
886 necessario attendere la conclusione di un processo specifico occorrerebbe
887 predisporre un meccanismo che tenga conto dei processi già terminati, e
888 provvedere a ripetere la chiamata alla funzione nel caso il processo cercato
891 Per questo motivo lo standard POSIX.1 ha introdotto la funzione
892 \funcd{waitpid} che effettua lo stesso servizio, ma dispone di una serie di
893 funzionalità più ampie, legate anche al controllo di sessione (si veda
894 sez.~\ref{sec:sess_job_control}). Dato che è possibile ottenere lo stesso
895 comportamento di \func{wait}\footnote{in effetti il codice
896 \code{wait(\&status)} è del tutto equivalente a \code{waitpid(WAIT\_ANY,
897 \&status, 0)}.} si consiglia di utilizzare sempre questa funzione, il cui
900 \headdecl{sys/types.h}
901 \headdecl{sys/wait.h}
902 \funcdecl{pid\_t waitpid(pid\_t pid, int *status, int options)}
903 Attende la conclusione di un processo figlio.
905 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del processo che è uscito, 0 se
906 è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e il processo non è uscito e
907 -1 per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
909 \item[\errcode{EINTR}] non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
910 la funzione è stata interrotta da un segnale.
911 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
912 non è figlio del processo chiamante.
913 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
914 l'argomento \param{options}.
918 La prima differenza fra le due funzioni è che con \func{waitpid} si può
919 specificare in maniera flessibile quale processo attendere, sulla base del
920 valore fornito dall'argomento \param{pid}, questo può assumere diversi valori,
921 secondo lo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_waidpid_pid}, dove si
922 sono riportate anche le costanti definite per indicare alcuni di essi.
927 \begin{tabular}[c]{|c|c|p{8cm}|}
929 \textbf{Valore} & \textbf{Costante} &\textbf{Significato}\\
932 $<-1$& -- & Attende per un figlio il cui
933 \itindex{process~group} \textit{process group}
934 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è uguale
935 al valore assoluto di \param{pid}. \\
936 $-1$&\const{WAIT\_ANY} & Attende per un figlio qualsiasi, usata in
937 questa maniera senza specificare nessuna opzione
938 è equivalente a \func{wait}.\\
939 $ 0$&\const{WAIT\_MYPGRP}&Attende per un figlio il cui
940 \itindex{process~group} \textit{process group}
941 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è
942 uguale a quello del processo chiamante. \\
943 $>0$& -- & Attende per un figlio il cui \acr{pid} è uguale
944 al valore di \param{pid}.\\
947 \caption{Significato dei valori dell'argomento \param{pid} della funzione
949 \label{tab:proc_waidpid_pid}
952 Il comportamento di \func{waitpid} può inoltre essere modificato passando alla
953 funzione delle opportune opzioni tramite l'argomento \param{options}; questo
954 deve essere specificato come maschera binaria dei flag riportati in
955 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options},\footnote{oltre a queste in Linux sono
956 previste del altre opzioni non standard, relative al comportamento con i
957 thread, che riprenderemo in sez.~\ref{sec:thread_xxx}.} che possono essere
958 combinati fra loro con un OR aritmetico.
960 L'uso dell'opzione \const{WNOHANG} consente di prevenire il blocco della
961 funzione qualora nessun figlio sia uscito (o non si siano verificate le altre
962 condizioni per l'uscita della funzione); in tal caso la funzione ritornerà un
963 valore nullo anziché positivo.\footnote{anche in questo caso un valore
964 positivo indicherà il \acr{pid} del processo di cui si è ricevuto lo stato
965 ed un valore negativo un errore.}
970 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
972 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
975 \const{WNOHANG} & La funzione ritorna immediatamente anche se non è
976 terminato nessun processo figlio. \\
977 \const{WUNTRACED} & Ritorna anche se un processo figlio è stato fermato. \\
978 \const{WCONTINUED}& Ritorna anche quando un processo figlio che era stato
979 fermato ha ripreso l'esecuzione.\footnotemark \\
982 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
983 della funzione \func{waitpid}.}
984 \label{tab:proc_waitpid_options}
987 \footnotetext{disponibile solo a partire dal kernel 2.6.10.}
989 Le altre due opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} consentono
990 rispettivamente di tracciare non la terminazione di un processo, ma il fatto
991 che esso sia stato fermato, o fatto ripartire, e sono utilizzate per la
992 gestione del controllo di sessione (vedi sez.~\ref{sec:sess_job_control}).
994 Nel caso di \const{WUNTRACED} la funzione ritorna, restituendone il \acr{pid},
995 quando un processo figlio entra nello stato \textit{stopped}\footnote{in
996 realtà viene notificato soltanto il caso in cui il processo è stato fermato
997 da un segnale di stop (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}), e non quello in
998 cui lo stato \textit{stopped} è dovuto all'uso di \func{ptrace} (vedi
999 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).} (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}), mentre
1000 con \const{WCONTINUED} la funzione ritorna quando un processo in stato
1001 \textit{stopped} riprende l'esecuzione per la ricezione del segnale
1002 \const{SIGCONT} (l'uso di questi segnali per il controllo di sessione è
1003 dettagliato in sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
1005 La terminazione di un processo figlio (così come gli altri eventi osservabili
1006 con \func{waitpid}) è chiaramente un evento asincrono rispetto all'esecuzione
1007 di un programma e può avvenire in un qualunque momento. Per questo motivo,
1008 come accennato nella sezione precedente, una delle azioni prese dal kernel
1009 alla conclusione di un processo è quella di mandare un segnale di
1010 \const{SIGCHLD} al padre. L'azione predefinita (si veda
1011 sez.~\ref{sec:sig_base}) per questo segnale è di essere ignorato, ma la sua
1012 generazione costituisce il meccanismo di comunicazione asincrona con cui il
1013 kernel avverte il processo padre che uno dei suoi figli è terminato.
1015 Il comportamento delle funzioni è però cambiato nel passaggio dal kernel 2.4
1016 al kernel 2.6, quest'ultimo infatti si è adeguato alle prescrizioni dello
1017 standard POSIX.1-2001,\footnote{una revisione del 2001 dello standard POSIX.1
1018 che ha aggiunto dei requisiti e delle nuove funzioni, come \func{waitid}.}
1019 e come da esso richiesto se \const{SIGCHLD} viene ignorato, o se si imposta il
1020 flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} nella ricezione dello stesso (si veda
1021 sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) i processi figli che terminano non diventano
1022 \textit{zombie} e sia \func{wait} che \func{waitpid} si bloccano fintanto che
1023 tutti i processi figli non sono terminati, dopo di che falliscono con un
1024 errore di \errcode{ENOCHLD}.\footnote{questo è anche il motivo per cui le
1025 opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} sono utilizzabili soltanto
1026 qualora non si sia impostato il flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} per il segnale
1029 Con i kernel della serie 2.4 e tutti i kernel delle serie precedenti entrambe
1030 le funzioni di attesa ignorano questa prescrizione\footnote{lo standard POSIX.1
1031 originale infatti lascia indefinito il comportamento di queste funzioni
1032 quando \const{SIGCHLD} viene ignorato.} e si comportano sempre nello stesso
1033 modo, indipendentemente dal fatto \const{SIGCHLD} sia ignorato o meno:
1034 attendono la terminazione di un processo figlio e ritornano il relativo
1035 \acr{pid} e lo stato di terminazione nell'argomento \param{status}.
1037 In generale in un programma non si vuole essere forzati ad attendere la
1038 conclusione di un processo figlio per proseguire l'esecuzione, specie se tutto
1039 questo serve solo per leggerne lo stato di chiusura (ed evitare eventualmente
1040 la presenza di \index{zombie} \textit{zombie}). Per questo la modalità più
1041 comune di chiamare queste funzioni è quella di utilizzarle all'interno di un
1042 \textit{signal handler} (vedremo un esempio di come gestire \const{SIGCHLD}
1043 con i segnali in sez.~\ref{sec:sig_example}). In questo caso infatti, dato che
1044 il segnale è generato dalla terminazione di un figlio, avremo la certezza che
1045 la chiamata a \func{waitpid} non si bloccherà.
1047 Come accennato sia \func{wait} che \func{waitpid} restituiscono lo stato di
1048 terminazione del processo tramite il puntatore \param{status} (se non
1049 interessa memorizzare lo stato si può passare un puntatore nullo). Il valore
1050 restituito da entrambe le funzioni dipende dall'implementazione, ma
1051 tradizionalmente alcuni bit (in genere 8) sono riservati per memorizzare lo
1052 stato di uscita, e altri per indicare il segnale che ha causato la
1053 terminazione (in caso di conclusione anomala), uno per indicare se è stato
1054 generato un \itindex{core~dump} \textit{core dump}, ecc.\footnote{le
1055 definizioni esatte si possono trovare in \file{<bits/waitstatus.h>} ma
1056 questo file non deve mai essere usato direttamente, esso viene incluso
1057 attraverso \file{<sys/wait.h>}.}
1059 Lo standard POSIX.1 definisce una serie di macro di preprocessore da usare per
1060 analizzare lo stato di uscita. Esse sono definite sempre in
1061 \file{<sys/wait.h>} ed elencate in tab.~\ref{tab:proc_status_macro} (si tenga
1062 presente che queste macro prendono come parametro la variabile di tipo
1063 \ctyp{int} puntata da \param{status}).
1068 \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
1070 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1073 \macro{WIFEXITED(s)} & Condizione vera (valore non nullo) per un processo
1074 figlio che sia terminato normalmente. \\
1075 \macro{WEXITSTATUS(s)} & Restituisce gli otto bit meno significativi dello
1076 stato di uscita del processo (passato attraverso
1077 \func{\_exit}, \func{exit} o come valore di
1078 ritorno di \func{main}); può essere valutata solo
1079 se \val{WIFEXITED} ha restituito un valore non
1081 \macro{WIFSIGNALED(s)} & Condizione vera se il processo figlio è terminato
1082 in maniera anomala a causa di un segnale che non
1083 è stato catturato (vedi
1084 sez.~\ref{sec:sig_notification}).\\
1085 \macro{WTERMSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha causato
1086 la terminazione anomala del processo; può essere
1087 valutata solo se \val{WIFSIGNALED} ha restituito
1088 un valore non nullo.\\
1089 \macro{WCOREDUMP(s)} & Vera se il processo terminato ha generato un
1090 file di \itindex{core~dump} \textit{core
1091 dump}; può essere valutata solo se
1092 \val{WIFSIGNALED} ha restituito un valore non
1093 nullo.\footnotemark \\
1094 \macro{WIFSTOPPED(s)} & Vera se il processo che ha causato il ritorno di
1095 \func{waitpid} è bloccato; l'uso è possibile solo
1096 con \func{waitpid} avendo specificato l'opzione
1097 \const{WUNTRACED}.\\
1098 \macro{WSTOPSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha bloccato
1099 il processo; può essere valutata solo se
1100 \val{WIFSTOPPED} ha restituito un valore non
1102 \macro{WIFCONTINUED(s)}& Vera se il processo che ha causato il ritorno è
1103 stato riavviato da un
1104 \const{SIGCONT}.\footnotemark \\
1107 \caption{Descrizione delle varie macro di preprocessore utilizzabili per
1108 verificare lo stato di terminazione \var{s} di un processo.}
1109 \label{tab:proc_status_macro}
1112 \footnotetext[18]{questa macro non è definita dallo standard POSIX.1-2001, ma è
1113 presente come estensione sia in Linux che in altri Unix, deve essere
1114 pertanto utilizzata con attenzione (ad esempio è il caso di usarla in un
1115 blocco \texttt{\#ifdef WCOREDUMP ... \#endif}.}
1117 \footnotetext{è presente solo a partire dal kernel 2.6.10.}
1119 Si tenga conto che nel caso di conclusione anomala il valore restituito da
1120 \val{WTERMSIG} può essere confrontato con le costanti definite in
1121 \file{signal.h} ed elencate in tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, e stampato
1122 usando le apposite funzioni trattate in sez.~\ref{sec:sig_strsignal}.
1124 A partire dal kernel 2.6.9, sempre in conformità allo standard POSIX.1-2001, è
1125 stata introdotta una nuova funzione di attesa che consente di avere un
1126 controllo molto più preciso sui possibili cambiamenti di stato dei processi
1127 figli e più dettagli sullo stato di uscita; la funzione è \funcd{waitid} ed il
1130 \headdecl{sys/types.h}
1132 \headdecl{sys/wait.h}
1134 \funcdecl{int waitid(idtype\_t idtype, id\_t id, siginfo\_t *infop, int
1137 Attende la conclusione di un processo figlio.
1139 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 per un errore,
1140 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1142 \item[\errcode{EINTR}] se non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
1143 la funzione è stata interrotta da un segnale.
1144 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
1145 non è figlio del processo chiamante.
1146 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
1147 l'argomento \param{options}.
1151 La funzione prevede che si specifichi quali processi si intendono osservare
1152 usando i due argomenti \param{idtype} ed \param{id}; il primo indica se si
1153 vuole porsi in attesa su un singolo processo, un gruppo di processi o un
1154 processo qualsiasi, e deve essere specificato secondo uno dei valori di
1155 tab.~\ref{tab:proc_waitid_idtype}; il secondo indica, a seconda del valore del
1156 primo, quale processo o quale gruppo di processi selezionare.
1162 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1164 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1167 \const{P\_PID} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1168 il cui \acr{pid} corrisponda al valore dell'argomento
1170 \const{P\_PGID}& Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1171 appartenente al \textit{process group} (vedi
1172 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) il cui \acr{pgid}
1173 corrisponda al valore dell'argomento \param{id}.\\
1174 \const{P\_ALL} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1175 generico, il valore dell'argomento \param{id} viene
1179 \caption{Costanti per i valori dell'argomento \param{idtype} della funzione
1181 \label{tab:proc_waitid_idtype}
1184 Come per \func{waitpid} anche il comportamento di \func{waitid} viene
1185 controllato dall'argomento \param{options}, da specificare come maschera
1186 binaria dei valori riportati in tab.~\ref{tab:proc_waitid_options}. Benché
1187 alcuni di questi siano identici come significato ed effetto ai precedenti di
1188 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options}, ci sono delle differenze significative:
1189 in questo caso si dovrà specificare esplicitamente l'attesa della terminazione
1190 di un processo impostando l'opzione \const{WEXITED}, mentre il precedente
1191 \const{WUNTRACED} è sostituito da \const{WSTOPPED}. Infine è stata aggiunta
1192 l'opzione \const{WNOWAIT} che consente una lettura dello stato mantenendo il
1193 processo in attesa di ricezione, così che una successiva chiamata possa di
1194 nuovo riceverne lo stato.
1199 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1201 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1204 \const{WEXITED} & Ritorna quando un processo figlio è terminato.\\
1205 \const{WNOHANG} & Ritorna immediatamente anche se non c'è niente da
1207 \const{WSTOPPED} & Ritorna quando un processo figlio è stato fermato.\\
1208 \const{WCONTINUED}& Ritorna quando un processo figlio che era stato
1209 fermato ha ripreso l'esecuzione.\\
1210 \const{WNOWAIT} & Lascia il processo ancora in attesa di ricezione, così
1211 che una successiva chiamata possa di nuovo riceverne
1215 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
1216 della funzione \func{waitid}.}
1217 \label{tab:proc_waitid_options}
1220 La funzione \func{waitid} restituisce un valore nullo in caso di successo, e
1221 $-1$ in caso di errore; viene restituito un valore nullo anche se è stata
1222 specificata l'opzione \const{WNOHANG} e la funzione è ritornata immediatamente
1223 senza che nessun figlio sia terminato. Pertanto per verificare il motivo del
1224 ritorno della funzione occorre analizzare le informazioni che essa
1225 restituisce; queste, al contrario delle precedenti \func{wait} e
1226 \func{waitpid}, sono ritornate nella struttura di tipo \struct{siginfo\_t}
1227 (vedi fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t}) all'indirizzo puntato dall'argomento
1230 Tratteremo nei dettagli questa struttura ed il significato dei suoi vari campi
1231 in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}, per quanto ci interessa qui basta dire che al
1232 ritorno di \func{waitid} verranno avvalorati i seguenti campi:
1233 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
1234 \item[\var{si\_pid}] con il \acr{pid} del figlio.
1235 \item[\var{si\_uid}] con l'user-ID reale (vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}) del
1237 \item[\var{si\_signo}] con \const{SIGCHLD}.
1238 \item[\var{si\_status}] con lo stato di uscita del figlio o con il segnale che
1239 lo ha terminato, fermato o riavviato.
1240 \item[\var{si\_code}] con uno fra \const{CLD\_EXITED}, \const{CLD\_KILLED},
1241 \const{CLD\_STOPPED}, \const{CLD\_CONTINUED} (vedi tab.~\ref{xxx_si_code}).
1244 %TODO mettere riferimento alla tabella giusta (vedere man credentials e man
1247 Infine Linux, seguendo un'estensione di BSD, supporta altre due funzioni per
1248 la lettura dello stato di terminazione di un processo, analoghe alle
1249 precedenti ma che prevedono un ulteriore argomento attraverso il quale il
1250 kernel può restituire al padre informazioni sulle risorse usate dal processo
1251 terminato e dai vari figli. Le due funzioni sono \funcd{wait3} e
1252 \funcd{wait4}, che diventano accessibili definendo la macro
1253 \macro{\_USE\_BSD}; i loro prototipi sono:
1255 \headdecl{sys/times.h} \headdecl{sys/types.h} \headdecl{sys/wait.h}
1256 \headdecl{sys/resource.h}
1258 \funcdecl{pid\_t wait4(pid\_t pid, int *status, int options, struct rusage
1260 È identica a \func{waitpid} sia per comportamento che per i valori degli
1261 argomenti, ma restituisce in \param{rusage} un sommario delle risorse usate
1264 \funcdecl{pid\_t wait3(int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1265 Prima versione, equivalente a \code{wait4(-1, \&status, opt, rusage)} è
1266 ormai deprecata in favore di \func{wait4}.
1269 la struttura \struct{rusage} è definita in \file{sys/resource.h}, e viene
1270 utilizzata anche dalla funzione \func{getrusage} (vedi
1271 sez.~\ref{sec:sys_resource_use}) per ottenere le risorse di sistema usate da un
1272 processo; la sua definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}.
1274 \subsection{La funzione \func{exec} e le funzioni di esecuzione dei programmi}
1275 \label{sec:proc_exec}
1277 Abbiamo già detto che una delle modalità principali con cui si utilizzano i
1278 processi in Unix è quella di usarli per lanciare nuovi programmi: questo viene
1279 fatto attraverso una delle funzioni della famiglia \func{exec}. Quando un
1280 processo chiama una di queste funzioni esso viene completamente sostituito dal
1281 nuovo programma; il \acr{pid} del processo non cambia, dato che non viene
1282 creato un nuovo processo, la funzione semplicemente rimpiazza lo
1283 \itindex{stack} \textit{stack}, lo \itindex{heap} \textit{heap}, i
1284 \index{segmento!dati} dati ed il \index{segmento!testo} testo del processo
1285 corrente con un nuovo programma letto da disco.
1287 Ci sono sei diverse versioni di \func{exec} (per questo la si è chiamata
1288 famiglia di funzioni) che possono essere usate per questo compito, in realtà
1289 (come mostrato in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}), sono tutte un front-end a
1290 \funcd{execve}. Il prototipo di quest'ultima è:
1291 \begin{prototype}{unistd.h}
1292 {int execve(const char *filename, char *const argv[], char *const envp[])}
1293 Esegue il programma contenuto nel file \param{filename}.
1295 \bodydesc{La funzione ritorna solo in caso di errore, restituendo -1; nel
1296 qual caso \var{errno} può assumere i valori:
1298 \item[\errcode{EACCES}] il file non è eseguibile, oppure il filesystem è
1299 montato in \cmd{noexec}, oppure non è un file regolare o un interprete.
1300 \item[\errcode{EPERM}] il file ha i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1301 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}, l'utente non è root, il processo viene
1302 tracciato, o il filesystem è montato con l'opzione \cmd{nosuid}.
1303 \item[\errcode{ENOEXEC}] il file è in un formato non eseguibile o non
1304 riconosciuto come tale, o compilato per un'altra architettura.
1305 \item[\errcode{ENOENT}] il file o una delle librerie dinamiche o l'interprete
1306 necessari per eseguirlo non esistono.
1307 \item[\errcode{ETXTBSY}] l'eseguibile è aperto in scrittura da uno o più
1309 \item[\errcode{EINVAL}] l'eseguibile ELF ha più di un segmento
1310 \const{PF\_INTERP}, cioè chiede di essere eseguito da più di un
1312 \item[\errcode{ELIBBAD}] un interprete ELF non è in un formato
1314 \item[\errcode{E2BIG}] la lista degli argomenti è troppo grande.
1316 ed inoltre anche \errval{EFAULT}, \errval{ENOMEM}, \errval{EIO},
1317 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ELOOP}, \errval{ENOTDIR}, \errval{ENFILE},
1321 La funzione \func{exec} esegue il file o lo script indicato da
1322 \param{filename}, passandogli la lista di argomenti indicata da \param{argv}
1323 e come ambiente la lista di stringhe indicata da \param{envp}; entrambe le
1324 liste devono essere terminate da un puntatore nullo. I vettori degli
1325 argomenti e dell'ambiente possono essere acceduti dal nuovo programma
1326 quando la sua funzione \func{main} è dichiarata nella forma
1327 \code{main(int argc, char *argv[], char *envp[])}.
1329 Le altre funzioni della famiglia servono per fornire all'utente una serie di
1330 possibili diverse interfacce per la creazione di un nuovo processo. I loro
1334 \funcdecl{int execl(const char *path, const char *arg, ...)}
1335 \funcdecl{int execv(const char *path, char *const argv[])}
1336 \funcdecl{int execle(const char *path, const char *arg, ..., char
1338 \funcdecl{int execlp(const char *file, const char *arg, ...)}
1339 \funcdecl{int execvp(const char *file, char *const argv[])}
1341 Sostituiscono l'immagine corrente del processo con quella indicata nel primo
1342 argomento. Gli argomenti successivi consentono di specificare gli argomenti a
1343 linea di comando e l'ambiente ricevuti dal nuovo processo.
1345 \bodydesc{Queste funzioni ritornano solo in caso di errore, restituendo -1;
1346 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori visti in precedenza per
1350 Per capire meglio le differenze fra le funzioni della famiglia si può fare
1351 riferimento allo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_exec_scheme}. La
1352 prima differenza riguarda le modalità di passaggio dei valori che poi andranno
1353 a costituire gli argomenti a linea di comando (cioè i valori di
1354 \param{argv} e \param{argc} visti dalla funzione \func{main} del programma
1357 Queste modalità sono due e sono riassunte dagli mnemonici \code{v} e \code{l}
1358 che stanno rispettivamente per \textit{vector} e \textit{list}. Nel primo caso
1359 gli argomenti sono passati tramite il vettore di puntatori \var{argv[]} a
1360 stringhe terminate con zero che costituiranno gli argomenti a riga di comando,
1361 questo vettore \emph{deve} essere terminato da un puntatore nullo.
1363 Nel secondo caso le stringhe degli argomenti sono passate alla funzione come
1364 lista di puntatori, nella forma:
1365 \includecodesnip{listati/char_list.c}
1366 che deve essere terminata da un puntatore nullo. In entrambi i casi vale la
1367 convenzione che il primo argomento (\var{arg0} o \var{argv[0]}) viene usato
1368 per indicare il nome del file che contiene il programma che verrà eseguito.
1373 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|c|c|}
1375 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Caratteristiche}} &
1376 \multicolumn{6}{|c|}{\textbf{Funzioni}} \\
1378 &\func{execl}\texttt{ }&\func{execlp}&\func{execle}
1379 &\func{execv}\texttt{ }& \func{execvp}& \func{execve} \\
1382 argomenti a lista &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$&&& \\
1383 argomenti a vettore &&&&$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$\\
1385 filename completo &$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$\\
1386 ricerca su \var{PATH} &&$\bullet$&&&$\bullet$& \\
1388 ambiente a vettore &&&$\bullet$&&&$\bullet$ \\
1389 uso di \var{environ} &$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$& \\
1392 \caption{Confronto delle caratteristiche delle varie funzioni della
1393 famiglia \func{exec}.}
1394 \label{tab:proc_exec_scheme}
1397 La seconda differenza fra le funzioni riguarda le modalità con cui si
1398 specifica il programma che si vuole eseguire. Con lo mnemonico \code{p} si
1399 indicano le due funzioni che replicano il comportamento della shell nello
1400 specificare il comando da eseguire; quando l'argomento \param{file} non
1401 contiene una ``\texttt{/}'' esso viene considerato come un nome di programma,
1402 e viene eseguita automaticamente una ricerca fra i file presenti nella lista
1403 di directory specificate dalla variabile di ambiente \var{PATH}. Il file che
1404 viene posto in esecuzione è il primo che viene trovato. Se si ha un errore
1405 relativo a permessi di accesso insufficienti (cioè l'esecuzione della
1406 sottostante \func{execve} ritorna un \errcode{EACCES}), la ricerca viene
1407 proseguita nelle eventuali ulteriori directory indicate in \var{PATH}; solo se
1408 non viene trovato nessun altro file viene finalmente restituito
1411 Le altre quattro funzioni si limitano invece a cercare di eseguire il file
1412 indicato dall'argomento \param{path}, che viene interpretato come il
1413 \itindex{pathname} \textit{pathname} del programma.
1417 \includegraphics[width=15cm]{img/exec_rel}
1418 \caption{La interrelazione fra le sei funzioni della famiglia \func{exec}.}
1419 \label{fig:proc_exec_relat}
1422 La terza differenza è come viene passata la lista delle variabili di ambiente.
1423 Con lo mnemonico \texttt{e} vengono indicate quelle funzioni che necessitano
1424 di un vettore di parametri \var{envp[]} analogo a quello usato per gli
1425 argomenti a riga di comando (terminato quindi da un \val{NULL}), le altre
1426 usano il valore della variabile \var{environ} (vedi
1427 sez.~\ref{sec:proc_environ}) del processo di partenza per costruire
1430 Oltre a mantenere lo stesso \acr{pid}, il nuovo programma fatto partire da
1431 \func{exec} assume anche una serie di altre proprietà del processo chiamante;
1432 la lista completa è la seguente:
1434 \item il \textit{process id} (\acr{pid}) ed il \textit{parent process id}
1436 \item l'\textsl{user-ID reale}, il \textit{group-ID reale} ed i
1437 \textsl{group-ID supplementari} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1438 \item il \textit{session ID} (\acr{sid}) ed il \itindex{process~group}
1439 \textit{process group ID} (\acr{pgid}), vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group};
1440 \item il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
1441 \item il tempo restante ad un allarme (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort});
1442 \item la directory radice e la directory di lavoro corrente (vedi
1443 sez.~\ref{sec:file_work_dir});
1444 \item la maschera di creazione dei file (\var{umask}, vedi
1445 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) ed i \textit{lock} sui file (vedi
1446 sez.~\ref{sec:file_locking});
1447 \item i segnali sospesi (\textit{pending}) e la maschera dei segnali (si veda
1448 sez.~\ref{sec:sig_sigmask});
1449 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
1450 \item i valori delle variabili \var{tms\_utime}, \var{tms\_stime},
1451 \var{tms\_cutime}, \var{tms\_ustime} (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}).
1454 Inoltre i segnali che sono stati impostati per essere ignorati nel processo
1455 chiamante mantengono la stessa impostazione pure nel nuovo programma, tutti
1456 gli altri segnali vengono impostati alla loro azione predefinita. Un caso
1457 speciale è il segnale \const{SIGCHLD} che, quando impostato a
1458 \const{SIG\_IGN}, può anche non essere reimpostato a \const{SIG\_DFL} (si veda
1459 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}).
1461 La gestione dei file aperti dipende dal valore che ha il flag di
1462 \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec} (vedi anche
1463 sez.~\ref{sec:file_fcntl}) per ciascun file descriptor. I file per cui è
1464 impostato vengono chiusi, tutti gli altri file restano aperti. Questo
1465 significa che il comportamento predefinito è che i file restano aperti
1466 attraverso una \func{exec}, a meno di una chiamata esplicita a \func{fcntl}
1467 che imposti il suddetto flag.
1469 Per le directory, lo standard POSIX.1 richiede che esse vengano chiuse
1470 attraverso una \func{exec}, in genere questo è fatto dalla funzione
1471 \func{opendir} (vedi sez.~\ref{sec:file_dir_read}) che effettua da sola
1472 l'impostazione del flag di \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec}
1473 sulle directory che apre, in maniera trasparente all'utente.
1475 Abbiamo detto che l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID reale}
1476 restano gli stessi all'esecuzione di \func{exec}; lo stesso vale per
1477 l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} (il significato
1478 di questi identificatori è trattato in sez.~\ref{sec:proc_access_id}), tranne
1479 quando il file che si va ad eseguire abbia o il \itindex{suid~bit} \acr{suid}
1480 bit o lo \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} bit impostato, in questo caso
1481 l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} vengono
1482 impostati rispettivamente all'utente o al gruppo cui il file appartiene (per i
1483 dettagli vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}).
1485 Se il file da eseguire è in formato \emph{a.out} e necessita di librerie
1486 condivise, viene lanciato il \textit{linker} dinamico \cmd{/lib/ld.so} prima
1487 del programma per caricare le librerie necessarie ed effettuare il link
1488 dell'eseguibile. Se il programma è in formato ELF per caricare le librerie
1489 dinamiche viene usato l'interprete indicato nel segmento \const{PT\_INTERP},
1490 in genere questo è \sysfile{/lib/ld-linux.so.1} per programmi collegati con le
1491 \acr{libc5}, e \sysfile{/lib/ld-linux.so.2} per programmi collegati con le
1494 Infine nel caso il file sia uno script esso deve iniziare con una linea nella
1495 forma \cmd{\#!/path/to/interpreter [argomenti]} dove l'interprete indicato
1496 deve essere un programma valido (binario, non un altro script) che verrà
1497 chiamato come se si fosse eseguito il comando \cmd{interpreter [argomenti]
1498 filename}.\footnote{si tenga presente che con Linux quanto viene scritto
1499 come \texttt{argomenti} viene passato all'interprete come un unico argomento
1500 con una unica stringa di lunghezza massima di 127 caratteri e se questa
1501 dimensione viene ecceduta la stringa viene troncata; altri Unix hanno
1502 dimensioni massime diverse, e diversi comportamenti, ad esempio FreeBSD
1503 esegue la scansione della riga e la divide nei vari argomenti e se è troppo
1504 lunga restituisce un errore di \const{ENAMETOOLONG}, una comparazione dei
1505 vari comportamenti si trova su
1506 \href{http://www.in-ulm.de/~mascheck/various/shebang/}
1507 {\textsf{http://www.in-ulm.de/\tild mascheck/various/shebang/}}.}
1509 Con la famiglia delle \func{exec} si chiude il novero delle funzioni su cui è
1510 basata la gestione dei processi in Unix: con \func{fork} si crea un nuovo
1511 processo, con \func{exec} si lancia un nuovo programma, con \func{exit} e
1512 \func{wait} si effettua e verifica la conclusione dei processi. Tutte le
1513 altre funzioni sono ausiliarie e servono per la lettura e l'impostazione dei
1514 vari parametri connessi ai processi.
1518 \section{Il controllo di accesso}
1519 \label{sec:proc_perms}
1521 In questa sezione esamineremo le problematiche relative al controllo di
1522 accesso dal punto di vista dei processi; vedremo quali sono gli identificatori
1523 usati, come questi possono essere modificati nella creazione e nel lancio di
1524 nuovi processi, le varie funzioni per la loro manipolazione diretta e tutte le
1525 problematiche connesse ad una gestione accorta dei privilegi.
1528 \subsection{Gli identificatori del controllo di accesso}
1529 \label{sec:proc_access_id}
1531 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_multiuser} il modello base\footnote{in
1532 realtà già esistono estensioni di questo modello base, che lo rendono più
1533 flessibile e controllabile, come le \itindex{capabilities}
1534 \textit{capabilities} illustrate in sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, le ACL
1535 per i file (vedi sez.~\ref{sec:file_ACL}) o il
1536 \itindex{Mandatory~Access~Control~(MAC)} \textit{Mandatory Access Control}
1537 di \index{SELinux} SELinux; inoltre basandosi sul lavoro effettuato con
1538 SELinux, a partire dal kernel 2.5.x, è iniziato lo sviluppo di una
1539 infrastruttura di sicurezza, i \itindex{Linux~Security~Modules}
1540 \textit{Linux Security Modules}, o LSM, in grado di fornire diversi agganci
1541 a livello del kernel per modularizzare tutti i possibili controlli di
1542 accesso.} di sicurezza di un sistema unix-like è fondato sui concetti di
1543 utente e gruppo, e sulla separazione fra l'amministratore (\textsl{root},
1544 detto spesso anche \textit{superuser}) che non è sottoposto a restrizioni, ed
1545 il resto degli utenti, per i quali invece vengono effettuati i vari controlli
1548 Abbiamo già accennato come il sistema associ ad ogni utente e gruppo due
1549 identificatori univoci, lo user-ID ed il group-ID; questi servono al kernel per
1550 identificare uno specifico utente o un gruppo di utenti, per poi poter
1551 controllare che essi siano autorizzati a compiere le operazioni richieste. Ad
1552 esempio in sez.~\ref{sec:file_access_control} vedremo come ad ogni file vengano
1553 associati un utente ed un gruppo (i suoi \textsl{proprietari}, indicati
1554 appunto tramite un \acr{uid} ed un \acr{gid}) che vengono controllati dal
1555 kernel nella gestione dei permessi di accesso.
1557 Dato che tutte le operazioni del sistema vengono compiute dai processi, è
1558 evidente che per poter implementare un controllo sulle operazioni occorre
1559 anche poter identificare chi è che ha lanciato un certo programma, e pertanto
1560 anche a ciascun processo dovrà essere associato un utente e un gruppo.
1562 Un semplice controllo di una corrispondenza fra identificativi non garantisce
1563 però sufficiente flessibilità per tutti quei casi in cui è necessario poter
1564 disporre di privilegi diversi, o dover impersonare un altro utente per un
1565 limitato insieme di operazioni. Per questo motivo in generale tutti gli Unix
1566 prevedono che i processi abbiano almeno due gruppi di identificatori, chiamati
1567 rispettivamente \textit{real} ed \textit{effective} (cioè \textsl{reali} ed
1568 \textsl{effettivi}). Nel caso di Linux si aggiungono poi altri due gruppi, il
1569 \textit{saved} (\textsl{salvati}) ed il \textit{filesystem} (\textsl{di
1570 filesystem}), secondo la situazione illustrata in
1571 tab.~\ref{tab:proc_uid_gid}.
1576 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|p{7.3cm}|}
1578 \textbf{Suffisso} & \textbf{Gruppo} & \textbf{Denominazione}
1579 & \textbf{Significato} \\
1582 \acr{uid} & \textit{real} & \textsl{user-ID reale}
1583 & Indica l'utente che ha lanciato il programma.\\
1584 \acr{gid} & '' &\textsl{group-ID reale}
1585 & Indica il gruppo principale dell'utente che ha lanciato
1588 \acr{euid} & \textit{effective} &\textsl{user-ID effettivo}
1589 & Indica l'utente usato nel controllo di accesso.\\
1590 \acr{egid} & '' & \textsl{group-ID effettivo}
1591 & Indica il gruppo usato nel controllo di accesso.\\
1592 -- & -- & \textsl{group-ID supplementari}
1593 & Indicano gli ulteriori gruppi cui l'utente appartiene.\\
1595 -- & \textit{saved} & \textsl{user-ID salvato}
1596 & È una copia dell'\acr{euid} iniziale.\\
1597 -- & '' & \textsl{group-ID salvato}
1598 & È una copia dell'\acr{egid} iniziale.\\
1600 \acr{fsuid} & \textit{filesystem} &\textsl{user-ID di filesystem}
1601 & Indica l'utente effettivo per l'accesso al filesystem. \\
1602 \acr{fsgid} & '' & \textsl{group-ID di filesystem}
1603 & Indica il gruppo effettivo per l'accesso al filesystem.\\
1606 \caption{Identificatori di utente e gruppo associati a ciascun processo con
1607 indicazione dei suffissi usati dalle varie funzioni di manipolazione.}
1608 \label{tab:proc_uid_gid}
1611 Al primo gruppo appartengono l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID
1612 reale}: questi vengono impostati al login ai valori corrispondenti
1613 all'utente con cui si accede al sistema (e relativo gruppo principale).
1614 Servono per l'identificazione dell'utente e normalmente non vengono mai
1615 cambiati. In realtà vedremo (in sez.~\ref{sec:proc_setuid}) che è possibile
1616 modificarli, ma solo ad un processo che abbia i privilegi di amministratore;
1617 questa possibilità è usata proprio dal programma \cmd{login} che, una volta
1618 completata la procedura di autenticazione, lancia una shell per la quale
1619 imposta questi identificatori ai valori corrispondenti all'utente che entra
1622 Al secondo gruppo appartengono lo \textsl{user-ID effettivo} ed il
1623 \textsl{group-ID effettivo} (a cui si aggiungono gli eventuali \textsl{group-ID
1624 supplementari} dei gruppi dei quali l'utente fa parte). Questi sono invece
1625 gli identificatori usati nelle verifiche dei permessi del processo e per il
1626 controllo di accesso ai file (argomento affrontato in dettaglio in
1627 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1629 Questi identificatori normalmente sono identici ai corrispondenti del gruppo
1630 \textit{real} tranne nel caso in cui, come accennato in
1631 sez.~\ref{sec:proc_exec}, il programma che si è posto in esecuzione abbia i
1632 bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati
1633 (il significato di questi bit è affrontato in dettaglio in
1634 sez.~\ref{sec:file_special_perm}). In questo caso essi saranno impostati
1635 all'utente e al gruppo proprietari del file. Questo consente, per programmi in
1636 cui ci sia necessità, di dare a qualunque utente normale privilegi o permessi
1637 di un altro (o dell'amministratore).
1639 Come nel caso del \acr{pid} e del \acr{ppid}, anche tutti questi
1640 identificatori possono essere letti attraverso le rispettive funzioni:
1641 \funcd{getuid}, \funcd{geteuid}, \funcd{getgid} e \funcd{getegid}, i loro
1645 \headdecl{sys/types.h}
1646 \funcdecl{uid\_t getuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID reale} del
1649 \funcdecl{uid\_t geteuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID effettivo} del
1652 \funcdecl{gid\_t getgid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID reale} del
1655 \funcdecl{gid\_t getegid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID effettivo}
1656 del processo corrente.
1658 \bodydesc{Queste funzioni non riportano condizioni di errore.}
1661 In generale l'uso di privilegi superiori deve essere limitato il più
1662 possibile, per evitare abusi e problemi di sicurezza, per questo occorre anche
1663 un meccanismo che consenta ad un programma di rilasciare gli eventuali
1664 maggiori privilegi necessari, una volta che si siano effettuate le operazioni
1665 per i quali erano richiesti, e a poterli eventualmente recuperare in caso
1668 Questo in Linux viene fatto usando altri due gruppi di identificatori, il
1669 \textit{saved} ed il \textit{filesystem}. Il primo gruppo è lo stesso usato in
1670 SVr4, e previsto dallo standard POSIX quando è definita la costante
1671 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS},\footnote{in caso si abbia a cuore la portabilità
1672 del programma su altri Unix è buona norma controllare sempre la
1673 disponibilità di queste funzioni controllando se questa costante è
1674 definita.} il secondo gruppo è specifico di Linux e viene usato per
1675 migliorare la sicurezza con NFS.
1677 L'\textsl{user-ID salvato} ed il \textsl{group-ID salvato} sono copie
1678 dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo} del processo
1679 padre, e vengono impostati dalla funzione \func{exec} all'avvio del processo,
1680 come copie dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo}
1681 dopo che questi sono stati impostati tenendo conto di eventuali
1682 \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}. Essi quindi
1683 consentono di tenere traccia di quale fossero utente e gruppo effettivi
1684 all'inizio dell'esecuzione di un nuovo programma.
1686 L'\textsl{user-ID di filesystem} e il \textsl{group-ID di filesystem} sono
1687 un'estensione introdotta in Linux per rendere più sicuro l'uso di NFS
1688 (torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:proc_setuid}). Essi sono una
1689 replica dei corrispondenti identificatori del gruppo \textit{effective}, ai
1690 quali si sostituiscono per tutte le operazioni di verifica dei permessi
1691 relativi ai file (trattate in sez.~\ref{sec:file_perm_overview}). Ogni
1692 cambiamento effettuato sugli identificatori effettivi viene automaticamente
1693 riportato su di essi, per cui in condizioni normali si può tranquillamente
1694 ignorarne l'esistenza, in quanto saranno del tutto equivalenti ai precedenti.
1697 \subsection{Le funzioni di gestione degli identificatori dei processi}
1698 \label{sec:proc_setuid}
1700 Le due funzioni più comuni che vengono usate per cambiare identità (cioè
1701 utente e gruppo di appartenenza) ad un processo sono rispettivamente
1702 \funcd{setuid} e \funcd{setgid}; come accennato in
1703 sez.~\ref{sec:proc_access_id} in Linux esse seguono la semantica POSIX che
1704 prevede l'esistenza dell'\textit{user-ID salvato} e del \textit{group-ID
1705 salvato}; i loro prototipi sono:
1708 \headdecl{sys/types.h}
1710 \funcdecl{int setuid(uid\_t uid)} Imposta l'\textsl{user-ID} del processo
1713 \funcdecl{int setgid(gid\_t gid)} Imposta il \textsl{group-ID} del processo
1716 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1717 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1720 Il funzionamento di queste due funzioni è analogo, per cui considereremo solo
1721 la prima; la seconda si comporta esattamente allo stesso modo facendo
1722 riferimento al \textsl{group-ID} invece che all'\textsl{user-ID}. Gli
1723 eventuali \textsl{group-ID supplementari} non vengono modificati.
1725 L'effetto della chiamata è diverso a seconda dei privilegi del processo; se
1726 l'\textsl{user-ID effettivo} è zero (cioè è quello dell'amministratore di
1727 sistema) allora tutti gli identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e
1728 \textit{saved}) vengono impostati al valore specificato da \param{uid},
1729 altrimenti viene impostato solo l'\textsl{user-ID effettivo}, e soltanto se il
1730 valore specificato corrisponde o all'\textsl{user-ID reale} o
1731 all'\textsl{user-ID salvato}. Negli altri casi viene segnalato un errore (con
1734 Come accennato l'uso principale di queste funzioni è quello di poter
1735 consentire ad un programma con i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1736 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati (vedi sez.~\ref{sec:file_special_perm})
1737 di riportare l'\textsl{user-ID effettivo} a quello dell'utente che ha lanciato
1738 il programma, effettuare il lavoro che non necessita di privilegi aggiuntivi,
1739 ed eventualmente tornare indietro.
1741 Come esempio per chiarire l'uso di queste funzioni prendiamo quello con cui
1742 viene gestito l'accesso al file \sysfile{/var/log/utmp}. In questo file viene
1743 registrato chi sta usando il sistema al momento corrente; chiaramente non può
1744 essere lasciato aperto in scrittura a qualunque utente, che potrebbe
1745 falsificare la registrazione. Per questo motivo questo file (e l'analogo
1746 \sysfile{/var/log/wtmp} su cui vengono registrati login e logout) appartengono
1747 ad un gruppo dedicato (\acr{utmp}) ed i programmi che devono accedervi (ad
1748 esempio tutti i programmi di terminale in X, o il programma \cmd{screen} che
1749 crea terminali multipli su una console) appartengono a questo gruppo ed hanno
1750 il bit \acr{sgid} impostato.
1752 Quando uno di questi programmi (ad esempio \cmd{xterm}) viene lanciato, la
1753 situazione degli identificatori è la seguente:
1756 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (del chiamante)} \\
1757 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1758 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp}}
1760 in questo modo, dato che il \textsl{group-ID effettivo} è quello giusto, il
1761 programma può accedere a \sysfile{/var/log/utmp} in scrittura ed aggiornarlo.
1762 A questo punto il programma può eseguire una \code{setgid(getgid())} per
1763 impostare il \textsl{group-ID effettivo} a quello dell'utente (e dato che il
1764 \textsl{group-ID reale} corrisponde la funzione avrà successo), in questo modo
1765 non sarà possibile lanciare dal terminale programmi che modificano detto file,
1766 in tal caso infatti la situazione degli identificatori sarebbe:
1769 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1770 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{gid}} \\
1771 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1773 e ogni processo lanciato dal terminale avrebbe comunque \acr{gid} come
1774 \textsl{group-ID effettivo}. All'uscita dal terminale, per poter di nuovo
1775 aggiornare lo stato di \sysfile{/var/log/utmp} il programma eseguirà una
1776 \code{setgid(utmp)} (dove \var{utmp} è il valore numerico associato al gruppo
1777 \acr{utmp}, ottenuto ad esempio con una precedente \func{getegid}), dato che
1778 in questo caso il valore richiesto corrisponde al \textsl{group-ID salvato} la
1779 funzione avrà successo e riporterà la situazione a:
1782 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1783 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1784 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1786 consentendo l'accesso a \sysfile{/var/log/utmp}.
1788 Occorre però tenere conto che tutto questo non è possibile con un processo con
1789 i privilegi di amministratore, in tal caso infatti l'esecuzione di una
1790 \func{setuid} comporta il cambiamento di tutti gli identificatori associati al
1791 processo, rendendo impossibile riguadagnare i privilegi di amministratore.
1792 Questo comportamento è corretto per l'uso che ne fa \cmd{login} una volta che
1793 crea una nuova shell per l'utente; ma quando si vuole cambiare soltanto
1794 l'\textsl{user-ID effettivo} del processo per cedere i privilegi occorre
1795 ricorrere ad altre funzioni.
1797 Le due funzioni \funcd{setreuid} e \funcd{setregid} derivano da BSD che, non
1798 supportando\footnote{almeno fino alla versione 4.3+BSD.} gli identificatori
1799 del gruppo \textit{saved}, le usa per poter scambiare fra di loro
1800 \textit{effective} e \textit{real}. I rispettivi prototipi sono:
1803 \headdecl{sys/types.h}
1805 \funcdecl{int setreuid(uid\_t ruid, uid\_t euid)} Imposta l'\textsl{user-ID
1806 reale} e l'\textsl{user-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1807 specificati da \param{ruid} e \param{euid}.
1809 \funcdecl{int setregid(gid\_t rgid, gid\_t egid)} Imposta il \textsl{group-ID
1810 reale} ed il \textsl{group-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1811 specificati da \param{rgid} e \param{egid}.
1813 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1814 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1817 La due funzioni sono analoghe ed il loro comportamento è identico; quanto
1818 detto per la prima riguardo l'user-ID, si applica immediatamente alla seconda
1819 per il group-ID. I processi non privilegiati possono impostare solo i valori
1820 del loro user-ID effettivo o reale; valori diversi comportano il fallimento
1821 della chiamata; l'amministratore invece può specificare un valore qualunque.
1822 Specificando un argomento di valore -1 l'identificatore corrispondente verrà
1823 lasciato inalterato.
1825 Con queste funzioni si possono scambiare fra loro gli user-ID reale e
1826 effettivo, e pertanto è possibile implementare un comportamento simile a
1827 quello visto in precedenza per \func{setgid}, cedendo i privilegi con un primo
1828 scambio, e recuperandoli, eseguito il lavoro non privilegiato, con un secondo
1831 In questo caso però occorre porre molta attenzione quando si creano nuovi
1832 processi nella fase intermedia in cui si sono scambiati gli identificatori, in
1833 questo caso infatti essi avranno un user-ID reale privilegiato, che dovrà
1834 essere esplicitamente eliminato prima di porre in esecuzione un nuovo
1835 programma (occorrerà cioè eseguire un'altra chiamata dopo la \func{fork} e
1836 prima della \func{exec} per uniformare l'user-ID reale a quello effettivo) in
1837 caso contrario il nuovo programma potrebbe a sua volta effettuare uno scambio
1838 e riottenere privilegi non previsti.
1840 Lo stesso problema di propagazione dei privilegi ad eventuali processi figli
1841 si pone per l'user-ID salvato: questa funzione deriva da un'implementazione che
1842 non ne prevede la presenza, e quindi non è possibile usarla per correggere la
1843 situazione come nel caso precedente. Per questo motivo in Linux tutte le volte
1844 che si imposta un qualunque valore diverso da quello dall'user-ID reale
1845 corrente, l'user-ID salvato viene automaticamente uniformato al valore
1846 dell'user-ID effettivo.
1848 Altre due funzioni, \funcd{seteuid} e \funcd{setegid}, sono un'estensione
1849 dello standard POSIX.1, ma sono comunque supportate dalla maggior parte degli
1850 Unix; esse vengono usate per cambiare gli identificatori del gruppo
1851 \textit{effective} ed i loro prototipi sono:
1854 \headdecl{sys/types.h}
1856 \funcdecl{int seteuid(uid\_t uid)} Imposta l'user-ID effettivo del processo
1857 corrente a \param{uid}.
1859 \funcdecl{int setegid(gid\_t gid)} Imposta il group-ID effettivo del processo
1860 corrente a \param{gid}.
1862 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1863 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1866 Come per le precedenti le due funzioni sono identiche, per cui tratteremo solo
1867 la prima. Gli utenti normali possono impostare l'user-ID effettivo solo al
1868 valore dell'user-ID reale o dell'user-ID salvato, l'amministratore può
1869 specificare qualunque valore. Queste funzioni sono usate per permettere
1870 all'amministratore di impostare solo l'user-ID effettivo, dato che l'uso
1871 normale di \func{setuid} comporta l'impostazione di tutti gli identificatori.
1874 Le due funzioni \funcd{setresuid} e \funcd{setresgid} sono invece
1875 un'estensione introdotta in Linux,\footnote{per essere precisi a partire dal
1876 kernel 2.1.44.} e permettono un completo controllo su tutti e tre i gruppi
1877 di identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}), i loro
1881 \headdecl{sys/types.h}
1883 \funcdecl{int setresuid(uid\_t ruid, uid\_t euid, uid\_t suid)} Imposta
1884 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente
1885 ai valori specificati rispettivamente da \param{ruid}, \param{euid} e
1888 \funcdecl{int setresgid(gid\_t rgid, gid\_t egid, gid\_t sgid)} Imposta il
1889 group-ID reale, il group-ID effettivo ed il group-ID salvato del processo
1890 corrente ai valori specificati rispettivamente da \param{rgid}, \param{egid} e
1893 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1894 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1897 Le due funzioni sono identiche, quanto detto per la prima riguardo gli user-ID
1898 si applica alla seconda per i group-ID. I processi non privilegiati possono
1899 cambiare uno qualunque degli user-ID solo ad un valore corrispondente o
1900 all'user-ID reale, o a quello effettivo o a quello salvato, l'amministratore
1901 può specificare i valori che vuole; un valore di -1 per un qualunque argomento
1902 lascia inalterato l'identificatore corrispondente.
1904 Per queste funzioni esistono anche due controparti che permettono di leggere
1905 in blocco i vari identificatori: \funcd{getresuid} e \funcd{getresgid}; i loro
1909 \headdecl{sys/types.h}
1911 \funcdecl{int getresuid(uid\_t *ruid, uid\_t *euid, uid\_t *suid)} Legge
1912 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente.
1914 \funcdecl{int getresgid(gid\_t *rgid, gid\_t *egid, gid\_t *sgid)} Legge il
1915 group-ID reale, il group-ID effettivo e il group-ID salvato del processo
1918 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
1919 fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EFAULT} se gli indirizzi delle
1920 variabili di ritorno non sono validi.}
1923 Anche queste funzioni sono un'estensione specifica di Linux, e non richiedono
1924 nessun privilegio. I valori sono restituiti negli argomenti, che vanno
1925 specificati come puntatori (è un altro esempio di
1926 \itindex{value~result~argument} \textit{value result argument}). Si noti che
1927 queste funzioni sono le uniche in grado di leggere gli identificatori del
1928 gruppo \textit{saved}.
1931 Infine le funzioni \func{setfsuid} e \func{setfsgid} servono per impostare gli
1932 identificatori del gruppo \textit{filesystem} che sono usati da Linux per il
1933 controllo dell'accesso ai file. Come già accennato in
1934 sez.~\ref{sec:proc_access_id} Linux definisce questo ulteriore gruppo di
1935 identificatori, che in circostanze normali sono assolutamente equivalenti a
1936 quelli del gruppo \textit{effective}, dato che ogni cambiamento di questi
1937 ultimi viene immediatamente riportato su di essi.
1939 C'è un solo caso in cui si ha necessità di introdurre una differenza fra gli
1940 identificatori dei gruppi \textit{effective} e \textit{filesystem}, ed è per
1941 ovviare ad un problema di sicurezza che si presenta quando si deve
1942 implementare un server NFS.
1944 Il server NFS infatti deve poter cambiare l'identificatore con cui accede ai
1945 file per assumere l'identità del singolo utente remoto, ma se questo viene
1946 fatto cambiando l'user-ID effettivo o l'user-ID reale il server si espone alla
1947 ricezione di eventuali segnali ostili da parte dell'utente di cui ha
1948 temporaneamente assunto l'identità. Cambiando solo l'user-ID di filesystem si
1949 ottengono i privilegi necessari per accedere ai file, mantenendo quelli
1950 originari per quanto riguarda tutti gli altri controlli di accesso, così che
1951 l'utente non possa inviare segnali al server NFS.
1953 Le due funzioni usate per cambiare questi identificatori sono \funcd{setfsuid}
1954 e \funcd{setfsgid}, ovviamente sono specifiche di Linux e non devono essere
1955 usate se si intendono scrivere programmi portabili; i loro prototipi sono:
1957 \headdecl{sys/fsuid.h}
1959 \funcdecl{int setfsuid(uid\_t fsuid)} Imposta l'user-ID di filesystem del
1960 processo corrente a \param{fsuid}.
1962 \funcdecl{int setfsgid(gid\_t fsgid)} Imposta il group-ID di filesystem del
1963 processo corrente a \param{fsgid}.
1965 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1966 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1968 \noindent queste funzioni hanno successo solo se il processo chiamante ha i
1969 privilegi di amministratore o, per gli altri utenti, se il valore specificato
1970 coincide con uno dei di quelli del gruppo \textit{real}, \textit{effective} o
1974 \subsection{Le funzioni per la gestione dei gruppi associati a un processo}
1975 \label{sec:proc_setgroups}
1977 Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui
1978 gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere
1979 almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di
1980 gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
1981 sez.~\ref{sec:sys_sysconf}), leggendo il parametro
1982 \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono
1983 ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni.
1985 La funzione che permette di leggere i gruppi supplementari associati ad un
1986 processo è \funcd{getgroups}; questa funzione è definita nello standard
1987 POSIX.1, ed il suo prototipo è:
1989 \headdecl{sys/types.h}
1992 \funcdecl{int getgroups(int size, gid\_t list[])}
1994 Legge gli identificatori dei gruppi supplementari.
1996 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di gruppi letti in caso di
1997 successo e -1 in caso di fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà
2000 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2001 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è diverso da zero ma
2002 minore del numero di gruppi supplementari del processo.
2006 La funzione legge gli identificatori dei gruppi supplementari del processo sul
2007 vettore \param{list} di dimensione \param{size}. Non è specificato se la
2008 funzione inserisca o meno nella lista il group-ID effettivo del processo. Se si
2009 specifica un valore di \param{size} uguale a 0 \param{list} non viene
2010 modificato, ma si ottiene il numero di gruppi supplementari.
2012 Una seconda funzione, \funcd{getgrouplist}, può invece essere usata per
2013 ottenere tutti i gruppi a cui appartiene un certo utente; il suo prototipo è:
2015 \headdecl{sys/types.h}
2018 \funcdecl{int getgrouplist(const char *user, gid\_t group, gid\_t *groups,
2019 int *ngroups)} Legge i gruppi supplementari.
2021 \bodydesc{La funzione legge fino ad un massimo di \param{ngroups} valori,
2022 restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento.}
2025 La funzione legge i gruppi supplementari dell'utente specificato da
2026 \param{user}, eseguendo una scansione del database dei gruppi (si veda
2027 sez.~\ref{sec:sys_user_group}). Ritorna poi in \param{groups} la lista di
2028 quelli a cui l'utente appartiene. Si noti che \param{ngroups} è passato come
2029 puntatore perché, qualora il valore specificato sia troppo piccolo, la
2030 funzione ritorna -1, passando indietro il numero dei gruppi trovati.
2032 Per impostare i gruppi supplementari di un processo ci sono due funzioni, che
2033 possono essere usate solo se si hanno i privilegi di amministratore. La prima
2034 delle due è \funcd{setgroups}, ed il suo prototipo è:
2036 \headdecl{sys/types.h}
2039 \funcdecl{int setgroups(size\_t size, gid\_t *list)}
2041 Imposta i gruppi supplementari del processo.
2043 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2044 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2046 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2047 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
2048 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è maggiore del valore
2053 La funzione imposta i gruppi supplementari del processo corrente ai valori
2054 specificati nel vettore passato con l'argomento \param{list}, di dimensioni
2055 date dall'argomento \param{size}. Il numero massimo di gruppi supplementari è
2056 un parametro di sistema, che può essere ricavato con le modalità spiegate in
2057 sez.~\ref{sec:sys_characteristics}.
2059 Se invece si vogliono impostare i gruppi supplementari del processo a quelli di
2060 un utente specifico, si può usare \funcd{initgroups} il cui prototipo è:
2062 \headdecl{sys/types.h}
2065 \funcdecl{int initgroups(const char *user, gid\_t group)}
2067 Inizializza la lista dei gruppi supplementari.
2069 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2070 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà gli stessi valori di
2071 \func{setgroups} più \errval{ENOMEM} quando non c'è memoria sufficiente
2072 per allocare lo spazio per informazioni dei gruppi.}
2075 La funzione esegue la scansione del database dei gruppi (usualmente
2076 \conffile{/etc/group}) cercando i gruppi di cui è membro l'utente \param{user}
2077 con cui costruisce una lista di gruppi supplementari, a cui aggiunge anche
2078 \param{group}, infine imposta questa lista per il processo corrente usando
2079 \func{setgroups}. Si tenga presente che sia \func{setgroups} che
2080 \func{initgroups} non sono definite nello standard POSIX.1 e che pertanto non
2081 è possibile utilizzarle quando si definisce \macro{\_POSIX\_SOURCE} o si
2082 compila con il flag \cmd{-ansi}, è pertanto meglio evitarle se si vuole
2083 scrivere codice portabile.
2086 \subsection{La gestione delle \textit{capabilities}}
2087 \label{sec:proc_capabilities}
2089 \itindbeg{capabilities}
2091 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_access_id} l'architettura classica della
2092 gestione dei privilegi in un sistema unix-like ha il sostanziale problema di
2093 fornire all'amministratore dei poteri troppo ampi, questo comporta che anche
2094 quando si siano predisposte delle misure di protezione per in essere in grado
2095 di difendersi dagli effetti di una eventuale compromissione del
2096 sistema,\footnote{come montare un filesystem in sola lettura per impedirne
2097 modifiche, o marcare un file come immutabile.} una volta che questa sia
2098 stata effettuata e si siano ottenuti i privilegi di amministratore, queste
2099 potranno essere comunque rimosse.\footnote{nei casi elencati nella precedente
2100 nota si potrà sempre rimontare il sistema in lettura-scrittura, o togliere
2101 la marcatura di immutabilità.}
2103 Il problema consiste nel fatto che nell'architettura tradizionale di un
2104 sistema unix-like i controlli di accesso sono basati su un solo livello di
2105 separazione: per i processi normali essi sono posti in atto, mentre per i
2106 processi con i privilegi di amministratore essi non vengono neppure eseguiti;
2107 per questo motivo non era previsto alcun modo per evitare che un processo con
2108 diritti di amministratore non potesse eseguire certe operazioni, o per cedere
2109 definitivamente alcuni privilegi da un certo momento in poi.
2111 Per ovviare a tutto ciò, a partire dai kernel della serie 2.2, è stato
2112 introdotto un meccanismo, detto \textit{capabilities}, che consentisse di
2113 suddividere i vari privilegi tradizionalmente associati all'amministratore in
2114 un insieme di \textsl{capacità} distinte. L'idea era che queste capacità
2115 potessero essere abilitate e disabilitate in maniera indipendente per ciascun
2116 processo con privilegi di amministratore, permettendo così una granularità
2117 molto più fine nella distribuzione degli stessi che evitasse la originaria
2118 situazione di \textsl{tutto o nulla}.
2120 Il meccanismo completo delle \textit{capabilities}\footnote{l'implementazione
2121 di Linux si rifà ad una bozza per quello che dovrebbe divenire lo standard
2122 POSIX.1e, che prevede questa funzionalità.} prevederebbe anche la
2123 possibilità di associare le stesse \textit{capabilities} anche ai singoli file
2124 eseguibili,\footnote{una descrizione sommaria di questa funzionalità è
2125 riportata nella pagina di manuale che descrive l'implementazione delle
2126 \textit{capabilities} con Linux (accessibile con \texttt{man capabilities}),
2127 ma non essendo implementata non ne tratteremo qui.} in modo da poter
2128 stabilire quali capacità possono essere utilizzate quando viene messo in
2129 esecuzione uno specifico programma; attualmente però questa funzionalità non è
2130 implementata.\footnote{per attualmente si intende fino al kernel 2.6.23;
2131 benché l'infrastruttura per crearla sia presente (vedi anche
2132 sez.~\ref{sec:file_xattr}) finora non è disponibile nessuna realizzazione
2133 delle specifiche POSIX.1e, esistono però dei patch di sicurezza del kernel,
2134 come LIDS (vedi \href{http://www.lids.org}{\textsf{http://www.lids.org/})}
2135 che realizzano qualcosa di simile.}
2138 \begin{table}[!h!bt]
2141 \begin{tabular}{|l|p{12cm}|}
2143 \textbf{Capacità}&\textbf{Descrizione}\\
2147 % POSIX-draft defined capabilities.
2149 \const{CAP\_CHOWN} & La capacità di cambiare proprietario e gruppo
2150 proprietario di un file (vedi
2151 sez.~\ref{sec:file_ownership_management}).\\
2152 \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE}& La capacità di evitare il controllo dei
2153 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione dei
2154 file, (vedi sez.~\ref{sec:file_access_control})
2155 caratteristici del modello classico del
2156 controllo di accesso chiamato
2157 \itindex{Discrectionary~Access~Control~(DAC)}
2158 \textit{Discrectionary Access Control} (da cui
2160 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}& La capacità di evitare il controllo dei
2161 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione per
2163 sez.~\ref{sec:file_access_control}).\\
2164 \const{CAP\_FOWNER} & La capacità di evitare il controllo che
2165 l'user-ID effettivo del processo (o meglio il
2166 \textit{filesystem user-ID}, vedi
2167 sez.~\ref{sec:proc_setuid}) coincida con
2168 quello del proprietario di un file per tutte
2169 le operazioni privilegiate non coperte dalle
2170 precedenti \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE} e
2171 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}. Queste
2172 comprendono i cambiamenti dei permessi e dei
2173 tempi del file (vedi
2174 sez.~\ref{sec:file_perm_management} e
2175 sez.~\ref{sec:file_file_times}), le impostazioni
2176 degli attributi estesi (con il comando
2177 \cmd{chattr}) e delle ACL, poter ignorare lo
2178 \itindex{sticky~bit} \textit{sticky bit} nella
2179 cancellazione dei file (vedi
2180 sez.~\ref{sec:file_special_perm}), la possibilità
2181 di impostare il flag di \const{O\_NOATIME} con
2182 \func{open} e \func{fcntl} (vedi
2183 sez.~\ref{sec:file_open} e
2184 sez.~\ref{sec:file_fcntl}).\\
2185 \const{CAP\_FSETID} & La capacità di evitare la cancellazione
2186 automatica dei bit \itindex{suid~bit} \acr{suid}
2187 e \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} quando un file
2188 per i quali sono impostati viene modificato da
2189 un processo senza questa capacità e la capacità
2190 di impostare il bit \acr{sgid} su un file anche
2191 quando questo è relativo ad un gruppo cui non si
2193 sez.~\ref{sec:file_perm_management}).\\
2194 \const{CAP\_KILL} & La capacità di mandare segnali a qualunque
2195 processo (vedi sez.~\ref{sec:sig_kill_raise}).\\
2196 \const{CAP\_SETGID} & La capacità di manipolare i group ID dei
2197 processi, sia il principale che i supplementari,
2198 (vedi sez.~\ref{sec:proc_setgroups} che quelli
2199 trasmessi tramite i socket \textit{unix domain}
2200 (vedi sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
2201 \const{CAP\_SETUID} & La capacità di manipolare gli user ID del
2202 processo (con \func{setuid}, \func{setreuid},
2203 \func{setresuid}, \func{setfsuid}) e di
2204 trasmettere un valore arbitrario
2205 dell'\textsl{uid} nel passaggio delle
2206 credenziali coi socket \textit{unix domain} (vedi
2207 sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
2209 % Linux specific capabilities
2212 \const{CAP\_SETPCAP} & La capacità di impostare o rimuovere una capacità
2213 (limitatamente a quelle che il processo
2214 chiamante ha nel suo insieme di capacità
2215 permesse) da qualunque processo.\\
2216 % TODO cambiata nel 2.4.24 rc1 ?
2217 \const{CAP\_LINUX\_IMMUTABLE}& La capacità di impostare gli attributi
2218 \textit{immutable} e \itindex{append~mode}
2219 \textit{append only} per i file su un
2220 filesystem che supporta questi
2222 \const{CAP\_NET\_BIND\_SERVICE}& La capacità di porre in ascolto server
2223 su porte riservate (vedi
2224 sez.~\ref{sec:TCP_func_bind}).\\
2225 \const{CAP\_NET\_BROADCAST}& La capacità di consentire l'uso di socket in
2226 \itindex{broadcast} \textit{broadcast} e
2227 \itindex{multicast} \textit{multicast}.\\
2228 \const{CAP\_NET\_ADMIN} & La capacità di eseguire alcune operazioni
2229 privilegiate sulla rete (impostare le opzioni
2230 privilegiate dei socket, abilitare il
2231 \itindex{multicast} \textit{multicasting},
2232 impostare interfacce di rete e
2233 tabella di instradamento).\\
2234 \const{CAP\_NET\_RAW} & La capacità di usare socket \texttt{RAW} e
2235 \texttt{PACKET} (quelli che permettono di creare
2236 pacchetti nei protocolli di basso livello).\\
2237 \const{CAP\_IPC\_LOCK} & La capacità di effettuare il \textit{memory
2238 locking} \itindex{memory~locking} con le
2239 funzioni \func{mlock}, \func{mlockall},
2240 \func{shmctl}, \func{mmap} (vedi
2241 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock} e
2242 sez.~\ref{sec:file_memory_map}). \\
2243 \const{CAP\_IPC\_OWNER} & La capacità di evitare il controllo dei permessi
2244 per le operazioni sugli oggetti di
2245 intercomunicazione fra processi (vedi
2246 sez.~\ref{sec:ipc_sysv}).\\
2247 \const{CAP\_SYS\_MODULE}& La capacità di caricare e rimuovere moduli del
2249 \const{CAP\_SYS\_RAWIO} & La capacità di eseguire operazioni sulle porte
2250 di I/O con \func{ioperm} e \func{iopl} (vedi
2251 sez.~\ref{sec:file_io_port}).\\
2252 \const{CAP\_SYS\_CHROOT}& La capacità di eseguire la funzione
2254 sez.~\ref{sec:file_chroot}).\\
2255 \const{CAP\_SYS\_PTRACE}& Consente di tracciare qualunque processo con
2257 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).\\
2258 \const{CAP\_SYS\_PACCT} & La capacità di usare le funzioni di
2259 \textit{accounting} dei processi (vedi
2260 sez.~\ref{sec:sys_bsd_accounting}).\\
2261 \const{CAP\_SYS\_ADMIN} & La capacità di eseguire una serie di compiti
2262 amministrativi (come impostare le quote,
2263 attivare e disattivare la swap, montare,
2264 rimontare e smontare filesystem, ecc.). \\
2265 \const{CAP\_SYS\_BOOT} & La capacità di fare eseguire un riavvio del
2267 \const{CAP\_SYS\_NICE} & La capacità di modificare le priorità dei
2268 processi (vedi sez.~\ref{sec:proc_priority}). \\
2269 \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}& La capacità di superare le limitazioni sulle
2270 risorse, aumentare le quote disco, usare lo
2271 spazio disco riservato all'amministratore.\\
2272 \const{CAP\_SYS\_TIME} & La capacità di modificare il tempo di sistema
2273 (vedi sez.~\ref{sec:sys_time}).\\
2274 \const{CAP\_SYS\_TTY\_CONFIG}& La capacità di simulare un \textit{hangup}
2275 della console, con la funzione
2277 \const{CAP\_MKNOD} & La capacità di creare file di dispositivo con la
2278 funzione \func{mknod} (vedi
2279 sez.~\ref{sec:file_mknod}).\footnotemark\\
2280 \const{CAP\_LEASE} & La capacità di creare dei \textit{file lease}
2281 \index{file!lease} su di un file (vedi
2282 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_lease})
2283 indipendentemente dalla proprietà dello
2284 stesso.\footnotemark\\
2285 \const{CAP\_SETFCAP} & La capacità di impostare le
2286 \textit{capabilities} di un file (non
2290 \caption{Le costanti che identificano le \textit{capabilities} presenti nel
2292 \label{tab:proc_capabilities}
2295 \footnotetext[21]{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel
2298 \footnotetext{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel della
2301 Per gestire questo nuovo meccanismo ciascun processo porta con sé tre distinti
2302 insiemi di \textit{capabilities}, che vengono denominati rispettivamente
2303 \textit{effective}, \textit{permitted} ed \textit{inherited}. Questi insiemi
2304 vengono mantenuti in forma di tre diverse maschere binarie,\footnote{il kernel
2305 li mantiene, come i vari identificatori di sez.~\ref{sec:proc_setuid},
2306 all'interno della \struct{task\_struct} di ciascun processo (vedi
2307 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}), nei tre campi \texttt{cap\_effective},
2308 \texttt{cap\_inheritable}, \texttt{cap\_permitted} del tipo
2309 \texttt{kernel\_cap\_t}; questo è attualmente definito come intero a 32 bit,
2310 il che comporta un massimo di 32 \textit{capabilities} distinte.} in cui
2311 ciascun bit corrisponde ad una capacità diversa; se ne è riportato
2312 l'elenco,\footnote{si tenga presente che l'elenco delle \textit{capabilities}
2313 presentato questa tabella, ripreso dalla relativa pagina di manuale
2314 (accessibile con \texttt{man capabilities}) e dalle definizioni in
2315 \texttt{sys/capabilities.h}, è quello aggiornato al kernel 2.6.6.} con una
2316 breve descrizione, ed il nome delle costanti che identificano i singoli bit,
2317 in tab.~\ref{tab:proc_capabilities}; la tabella è divisa in due parti, la
2318 prima riporta le \textit{capabilities} previste nella bozza dello standard
2319 POSIX1.e, la seconda quelle specifiche di Linux.
2321 L'utilizzo di tre distinti insiemi serve a fornire una interfaccia flessibile
2322 per l'uso delle \textit{capabilities}, con scopi analoghi a quelli per cui
2323 sono mantenuti i diversi insiemi di identificatori di
2324 sez.~\ref{sec:proc_setuid}; il loro significato è il seguente:
2325 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2326 \item[\textit{effective}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2327 ``\textsl{effettive}'', cioè di quelle che vengono effettivamente usate dal
2328 kernel quando deve eseguire il controllo di accesso per le varie operazioni
2329 compiute dal processo.
2330 \item[\textit{permitted}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2331 ``\textsl{permesse}'', cioè l'insieme di quelle capacità che un processo
2332 \textsl{può} impostare come \textsl{effettive}. Se un processo cancella una
2333 capacità da questo insieme non potrà più riassumerla (almeno che non esegua
2334 un programma che è \acr{suid} di root).
2335 \item[\textit{inherited}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2336 ``\textsl{ereditabili}'', cioè quelle che vengono trasmesse ad un nuovo
2337 programma eseguito attraverso una chiamata ad \func{exec} (con l'eccezione
2338 del caso che questo sia \acr{suid} di root).
2339 \label{sec:capabilities_set}
2342 Oltre a questi tre insiemi, che sono relativi al singolo processo, il kernel
2343 mantiene un insieme generale valido per tutto il sistema, chiamato
2344 \itindex{capabilities~bounding~set} \textit{capabilities bounding set}. Ogni
2345 volta che un programma viene posto in esecuzione con \func{exec} il contenuto
2346 degli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted} vengono mascherati con
2347 un \textsl{AND} binario del contenuto corrente del \textit{capabilities
2348 bounding set}, così che il nuovo processo potrà disporre soltanto delle
2349 capacità in esso elencate.
2351 Il \textit{capabilities bounding set} è un parametro di sistema, accessibile
2352 attraverso il contenuto del file \procfile{/proc/sys/kernel/cap-bound}, che per
2353 questa sua caratteristica consente di impostare un limite generale alle
2354 capacità che possono essere accordate ai vari processi. Questo valore può
2355 essere impostato ad un valore arbitrario esclusivamente dal primo processo
2356 eseguito nel sistema (di norma cioè da \texttt{/sbin/init}), ogni processo
2357 eseguito successivamente (cioè con \textsl{pid} diverso da 1) anche se
2358 eseguito con privilegi di amministratore potrà soltanto rimuovere uno dei bit
2359 già presenti dell'insieme: questo significa che una volta rimossa una
2360 \textit{capability} dal \textit{capabilities bounding set} essa non sarà più
2361 disponibile, neanche per l'amministratore, a meno di un riavvio.
2363 Quando un programma viene messo in esecuzione\footnote{cioè quando viene
2364 eseguita la \func{execve} con cui lo si lancia; in corrispondenza di una
2365 \func{fork} le \textit{capabilities} non vengono modificate.} esso eredita
2366 (nel senso che assume negli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted})
2367 le \textit{capabilities} mantenute nell'insieme \textit{inherited}, a meno che
2368 non sia eseguito un programma \acr{suid} di root o la \func{exec} sia stata
2369 eseguita da un programma con \textsl{uid} reale zero; in tal caso il programma
2370 ottiene tutte le \textit{capabilities} presenti nel \textit{capabilities
2371 bounding set}. In questo modo si può far si che ad un processo eseguito in
2372 un secondo tempo possano essere trasmesse solo un insieme limitato di
2373 capacità, impedendogli di recuperare quelle assenti nell'insieme
2374 \textit{inherited}. Si tenga presente invece che attraverso una \func{fork}
2375 vengono mantenute le stesse capacità del processo padre.
2377 Per la gestione delle \textit{capabilities} il kernel mette a disposizione due
2378 funzioni che permettono rispettivamente di leggere ed impostare i valori dei
2379 tre insiemi illustrati in precedenza. Queste due funzioni sono \funcd{capget}
2380 e \funcd{capset} e costituiscono l'interfaccia di gestione basso livello; i
2381 loro rispettivi prototipi sono:
2383 \headdecl{sys/capability.h}
2385 \funcdecl{int capget(cap\_user\_header\_t hdrp, cap\_user\_data\_t datap)}
2386 Legge le \textit{capabilities}.
2388 \funcdecl{int capset(cap\_user\_header\_t hdrp, const cap\_user\_data\_t
2390 Imposta le \textit{capabilities}.
2393 \bodydesc{Entrambe le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso
2394 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2396 \item[\errcode{ESRCH}] si è fatto riferimento ad un processo inesistente.
2397 \item[\errcode{EPERM}] si è tentato di aggiungere una capacità
2398 nell'insieme delle \textit{capabilities} permesse, o di impostare una
2399 capacità non presente nell'insieme di quelle permesse negli insieme
2400 delle effettive o ereditate, o si è cercato di impostare una
2401 \textit{capability} di un altro processo senza avare
2402 \const{CAP\_SETPCAP}.
2404 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
2409 Queste due funzioni prendono come argomenti due tipi di dati dedicati,
2410 definiti come puntatori a due strutture specifiche di Linux, illustrate in
2411 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}. Per poterle utilizzare occorre anche
2412 cancellare la macro \macro{\_POSIX\_SOURCE}.\footnote{per farlo occorre
2413 utilizzare la direttiva di preprocessore \direct{undef}; si dovrà cioè
2414 inserire una istruzione \texttt{\#undef \_POSIX\_SOURCE} prima di includere
2415 \texttt{sys/capability.h}.} Si tenga presente che le strutture di
2416 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}, come i prototipi delle due funzioni
2417 \func{capget} e \func{capset}, sono soggette ad essere modificate con il
2418 cambiamento del kernel (in particolare i tipi di dati delle strutture) ed
2419 anche se finora l'interfaccia è risultata stabile, non c'è nessuna
2420 assicurazione che questa venga mantenuta. Pertanto se si vogliono scrivere
2421 programmi portabili che possano essere eseguiti su qualunque versione del
2422 kernel è opportuno utilizzare le interfacce di alto livello.
2424 \begin{figure}[!htb]
2427 \begin{minipage}[c]{15cm}
2428 \includestruct{listati/cap_user_header_t.h}
2431 \caption{Definizione delle strutture a cui fanno riferimento i puntatori
2432 \structd{cap\_user\_header\_t} e \structd{cap\_user\_data\_t} usati per
2433 l'interfaccia di gestione di basso livello delle \textit{capabilities}.}
2434 \label{fig:cap_kernel_struct}
2437 La struttura a cui deve puntare l'argomento \param{hdrp} serve ad indicare,
2438 tramite il campo \var{pid}, il processo del quale si vogliono leggere o
2439 modificare le \textit{capabilities}. Il campo \var{version} deve essere
2440 impostato al valore della versione delle usata dal kernel (quello indicato
2441 dalla costante \const{\_LINUX\_CAPABILITY\_VERSION} di
2442 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}) altrimenti le funzioni ritorneranno con un
2443 errore di \errcode{EINVAL}, restituendo nel campo stesso il valore corretto
2444 della versione in uso. La struttura a cui deve puntare l'argomento
2445 \param{datap} invece conterrà i valori letti o da impostare per i tre insiemi
2446 delle capacità del processo.
2448 Dato che le precedenti funzioni, oltre ad essere specifiche di Linux, non
2449 garantiscono la stabilità nell'interfaccia, è sempre opportuno effettuare la
2450 gestione delle \textit{capabilities} utilizzando le funzioni di libreria a
2451 questo dedicate. Queste funzioni, che seguono quanto previsto nelle bozze
2452 dello standard POSIX.1e, non fanno parte delle \acr{glibc} e sono fornite in
2453 una libreria a parte,\footnote{la libreria è \texttt{libcap2}, nel caso di
2454 Debian può essere installata con il pacchetto omonimo.} pertanto se un
2455 programma le utilizza si dovrà indicare esplicitamente l'uso della suddetta
2456 libreria attraverso l'opzione \texttt{-lcap} del compilatore.
2458 Le funzioni dell'interfaccia delle bozze di POSIX.1e prevedono l'uso di uno
2459 tipo di dato opaco, \type{cap\_t}, come puntatore ai dati mantenuti nel
2460 cosiddetto \textit{capability state},\footnote{si tratta in sostanza di un
2461 puntatore ad una struttura interna utilizzata dalle librerie, i cui campi
2462 non devono mai essere acceduti direttamente.} in sono memorizzati tutti i
2463 dati delle \textit{capabilities}. In questo modo è possibile mascherare i
2464 dettagli della gestione di basso livello, che potranno essere modificati senza
2465 dover cambiare le funzioni dell'interfaccia, che faranno riferimento soltanto
2466 ad oggetti di questo tipo. L'interfaccia pertanto non soltanto fornisce le
2467 funzioni per modificare e leggere le \textit{capabilities}, ma anche quelle
2468 per gestire i dati attraverso \type{cap\_t}.
2470 La prima funzione dell'interfaccia è quella che permette di inizializzare un
2471 \textit{capability state}, allocando al contempo la memoria necessaria per i
2472 relativi dati. La funzione è \funcd{cap\_init} ed il suo prototipo è:
2474 \headdecl{sys/capability.h}
2476 \funcdecl{cap\_t cap\_init(void)}
2477 Crea ed inizializza un \textit{capability state}.
2479 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2480 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il
2481 valore \errval{ENOMEM}.
2485 La funzione restituisce il puntatore \type{cap\_t} ad uno stato inizializzato
2486 con tutte le \textit{capabilities} azzerate. In caso di errore (cioè quando
2487 non c'è memoria sufficiente ad allocare i dati) viene restituito \macro{NULL}
2488 ed \var{errno} viene impostata a \errval{ENOMEM}. La memoria necessaria a
2489 mantenere i dati viene automaticamente allocata da \func{cap\_init}, ma dovrà
2490 essere disallocata esplicitamente quando non più necessaria utilizzando la
2491 funzione \funcd{cap\_free}, il cui prototipo è:
2493 \headdecl{sys/capability.h}
2495 \funcdecl{int cap\_free(void *obj\_d)}
2496 Disalloca la memoria allocata per i dati delle \textit{capabilities}.
2498 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2499 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2503 La funzione permette di liberare la memoria allocata dalle altre funzioni
2504 della libreria sia per un \textit{capability state}, nel qual caso l'argomento
2505 dovrà essere un dato di tipo \type{cap\_t}, che per una descrizione testuale
2506 dello stesso,\footnote{cioè quanto ottenuto tramite la funzione
2507 \func{cap\_to\_text}.} nel qual caso l'argomento dovrà essere di tipo
2508 \texttt{char *}. L'argomento \param{obj\_d} deve corrispondere ad un oggetto
2509 ottenuto tramite altre funzioni della libreria, altrimenti la funzione fallirà
2510 con un errore di \errval{EINVAL}.
2512 Infine si può creare una copia di un \textit{capability state} ottenuto in
2513 precedenza tramite la funzione \funcd{cap\_dup}, il cui prototipo è:
2515 \headdecl{sys/capability.h}
2517 \funcdecl{cap\_t cap\_dup(cap\_t cap\_p)}
2518 Duplica un \textit{capability state} restituendone una copia.
2520 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2521 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} potrà assumere i
2522 valori \errval{ENOMEM} o \errval{EINVAL}.
2526 La funzione crea una copia del \textit{capability state} posto all'indirizzo
2527 \param{cap\_p} che si è passato come argomento, restituendo il puntatore alla
2528 copia, che conterrà gli stessi valori delle \textit{capabilities} presenti
2529 nell'originale. La memoria necessaria viene allocata automaticamente dalla
2530 funzione. Una volta effettuata la copia i due \textit{capability state}
2531 potranno essere modificati in maniera completamente indipendente.
2533 Una seconda classe di funzioni di servizio sono quelle per la gestione dei
2534 dati contenuti all'interno di un \textit{capability state}; la prima di esse è
2535 \funcd{cap\_clear}, il cui prototipo è:
2537 \headdecl{sys/capability.h}
2539 \funcdecl{int cap\_clear(cap\_t cap\_p)}
2540 Inizializza un \textit{capability state} cancellando tutte le
2541 \textit{capabilities}.
2543 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2544 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2548 La funzione si limita ad azzerare tutte le \textit{capabilities} presenti nel
2549 \textit{capability state} all'indirizzo \param{cap\_p} passato come argomento,
2550 restituendo uno stato \textsl{vuoto}, analogo a quello che si ottiene nella
2551 creazione con \func{cap\_init}.
2553 Per la gestione dei valori delle \textit{capabilities} presenti in un
2554 \textit{capability state} l'interfaccia prevede due funzioni,
2555 \funcd{cap\_get\_flag} e \funcd{cap\_set\_flag}, che permettono
2556 rispettivamente di leggere o impostare il valore di un flag delle
2557 \textit{capabilities}; i rispettivi prototipi sono:
2559 \headdecl{sys/capability.h}
2561 \funcdecl{int cap\_get\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_value\_t cap, cap\_flag\_t
2562 flag, cap\_flag\_value\_t *value\_p)}
2563 Legge il valore di una \textit{capability}.
2565 \funcdecl{int cap\_set\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_flag\_t flag, int ncap,
2566 cap\_value\_t *caps, cap\_flag\_value\_t value)}
2567 Imposta il valore di una \textit{capability}.
2569 \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2570 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2574 In entrambe le funzioni l'argomento \param{cap\_p} indica il puntatore al
2575 \textit{capability state} su cui operare, mentre l'argomento \param{flag}
2576 indica su quale dei tre insiemi illustrati a
2577 pag.~\pageref{sec:capabilities_set} si intende operare. Questi devono essere
2578 specificati con una variabile di tipo \type{cap\_flag\_t} che può assumere
2579 esclusivamente\footnote{si tratta in effetti di un tipo enumerato, come si può
2580 verificare dalla sua definizione che si trova in
2581 \texttt{/usr/include/sys/capability.h}.} uno dei valori illustrati in
2582 tab.~\ref{tab:cap_set_identifier}.
2587 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2589 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2592 \const{CAP\_EFFECTIVE} & Capacità dell'insieme \textsl{effettivo}.\\
2593 \const{CAP\_PERMITTED} & Capacità dell'insieme \textsl{permesso}.\\
2594 \const{CAP\_INHERITABLE}& Capacità dell'insieme \textsl{ereditabile}.\\
2597 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_t} che
2598 identifica gli insiemi delle \textit{capabilities}.}
2599 \label{tab:cap_set_identifier}
2602 La capacità che si intende controllare o impostare invece deve essere
2603 specificata attraverso una variabile di tipo \type{cap\_value\_t}, che può
2604 prendere come valore uno qualunque di quelli riportati in
2605 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}, in questo caso però non è possibile
2606 combinare diversi valori in una maschera binaria, una variabile di tipo
2607 \type{cap\_value\_t} deve indicare una sola capacità.\footnote{nel file di
2608 header citato nella nota precedente il tipo \type{cap\_value\_t} è definito
2609 come \ctyp{int}, ma i valori validi sono soltanto quelli di
2610 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}.} Infine lo stato di una capacità è
2611 descritto ad una variabile di tipo \type{cap\_flag\_value\_t}, che a sua volta
2612 può assumere soltanto uno\footnote{anche questo è un tipo enumerato.} dei
2613 valori di tab.~\ref{tab:cap_value_type}.
2618 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2620 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2623 \const{CAP\_CLEAR}& La capacità non è impostata.\\
2624 \const{CAP\_SET} & La capacità è impostata.\\
2627 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_value\_t} che
2628 indica lo stato di una capacità.}
2629 \label{tab:cap_value_type}
2632 La funzione \func{cap\_get\_flag} legge lo stato della capacità indicata
2633 dall'argomento \param{cap} all'interno dell'insieme indicato dall'argomento
2634 \param{flag} e ne restituisce il valore nella variabile posta all'indirizzo
2635 puntato dall'argomento \param{value\_p}; è possibile cioè leggere soltanto uno
2636 stato di una capacità alla volta.
2638 La funzione \func{cap\_set\_flag} può invece impostare in una sola chiamata
2639 più capacità, anche se solo all'interno dello stesso insieme; per questo essa
2640 prende un vettore di valori di tipo \type{cap\_value\_t} nell'argomento
2641 \param{caps}, la cui dimensione è specificata dall'argomento \param{ncap}. Il
2642 tipo di impostazione da eseguire (cancellazione o impostazione) viene indicato
2643 dall'argomento \param{value}.
2645 Per la visualizzazione dello stato delle \textit{capabilities} l'interfaccia
2646 prevede una funzione apposita, \funcd{cap\_to\_text}, il cui prototipo è:
2648 \headdecl{sys/capability.h}
2650 \funcdecl{char * cap\_to\_text(cap\_t caps, ssize\_t * length\_p)}
2652 Genera una visualizzazione testuale delle \textit{capabilities}.
2654 \bodydesc{La funzione ritorna un puntatore alla stringa con la descrizione
2655 delle \textit{capabilities} in caso di successo e \val{NULL} in caso di
2656 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL} o
2661 La funzione ritorna l'indirizzo di una stringa contente la descrizione
2662 testuale del contenuto del \textit{capabilities state} \param{caps} passato
2663 come argomento, e, qualora l'argomento \param{length\_p} sia diverso da
2664 \val{NULL}, restituisce nella variabile intera da questo puntata la lunghezza
2665 della stringa. La stringa restituita viene allocata automaticamente dalla
2666 funzione e deve essere liberata con \func{cap\_free}.
2668 Fin quei abbiamo trattato delle funzioni di manipolazione dei
2669 \textit{capabilities state}; quando si vuole eseguire la lettura delle
2670 \textit{capabilities} del processo corrente si deve usare la funzione
2671 \funcd{cap\_get\_proc}, il cui prototipo è:
2673 \headdecl{sys/capability.h}
2675 \funcdecl{cap\_t cap\_get\_proc(void)}
2676 Legge le \textit{capabilities} del processo corrente.
2678 \bodydesc{La funzione ritorna un valore diverso da \val{NULL} in caso di
2679 successo e \val{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può
2680 assumere i valori \errval{EINVAL}, \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}. }
2683 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo corrente
2684 e restituisce il puntatore ad un \textit{capabilities state} contenente il
2685 risultato, che provvede ad allocare autonomamente, e che occorrerà liberare
2686 con \func{cap\_free} quando non sarà più utilizzato.
2688 Se invece si vogliono leggere le \textit{capabilities} di un processo
2689 specifico occorre usare la funzione \funcd{capgetp}, il cui
2690 prototipo\footnote{su alcune pagine di manuale la funzione è descritta con un
2691 prototipo sbagliato, che prevede un valore di ritorno di tipo \type{cap\_t},
2692 ma il valore di ritorno è intero, come si può verificare anche dalla
2693 dichiarazione della stessa in \texttt{sys/capability.h}.} è:
2695 \headdecl{sys/capability.h}
2697 \funcdecl{int capgetp(pid\_t pid, cap\_t cap\_d)}
2698 Legge le \textit{capabilities} del processo indicato da \param{pid}.
2700 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2701 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2702 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2706 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo indicato
2707 con l'argomento \param{pid}, salvando il risultato nel \textit{capabilities
2708 state} all'indirizzo \param{cap\_d} che deve essere stato creato in
2709 precedenza. Qualora il processo non esista si avrà un errore di
2710 \errval{ESRCH}. Gli stessi valori possono essere letti direttamente nel
2711 filesystem \textit{proc}, nei file \texttt{/proc/<pid>/status}; ad esempio per
2712 \texttt{init} si otterrà qualcosa del tipo:
2715 CapInh: 0000000000000000
2716 CapPrm: 00000000fffffeff
2717 CapEff: 00000000fffffeff
2720 Infine per impostare le \textit{capabilities} del processo corrente (non
2721 esiste una funzione che permetta di cambiare le \textit{capabilities} di un
2722 altro processo) si deve usare la funzione \funcd{cap\_set\_proc}, il cui
2725 \headdecl{sys/capability.h}
2727 \funcdecl{int cap\_set\_proc(cap\_t cap\_p)}
2728 Imposta le \textit{capabilities} del processo corrente.
2730 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2731 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2732 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2736 La funzione modifica le \textit{capabilities} del processo corrente secondo
2737 quanto specificato con l'argomento \param{cap\_p}, posto che questo sia
2738 possibile nei termini spiegati in precedenza (non sarà ad esempio possibile
2739 impostare capacità non presenti nell'insieme di quelle permesse). In caso di
2740 successo i nuovi valori saranno effettivi al ritorno della funzione, in caso
2741 di fallimento invece lo stato delle capacità resterà invariato. Si tenga
2742 presente che \textsl{tutte} le capacità specificate tramite \param{cap\_p}
2743 devono essere permesse; se anche una sola non lo è la funzione fallirà, e per
2744 quanto appena detto, lo stato delle \textit{capabilities} non verrà modificato
2745 (neanche per le parti eventualmente permesse).
2747 Come esempio di utilizzo di queste funzioni nei sorgenti allegati alla guida
2748 si è distribuito il programma \texttt{getcap.c}, che consente di leggere le
2749 \textit{capabilities} del processo corrente\footnote{vale a dire di sé stesso,
2750 quando lo si lancia, il che può sembrare inutile, ma serve a mostrarci quali
2751 sono le \textit{capabilities} standard che ottiene un processo lanciato
2752 dalla riga di comando.} o tramite l'opzione \texttt{-p}, quelle di un
2753 processo qualunque il cui pid viene passato come parametro dell'opzione.
2756 \footnotesize \centering
2757 \begin{minipage}[c]{15cm}
2758 \includecodesample{listati/getcap.c}
2761 \caption{Corpo principale del programma \texttt{getcap.c}.}
2762 \label{fig:proc_getcap}
2765 La sezione principale del programma è riportata in fig.~\ref{fig:proc_getcap},
2766 e si basa su una condizione sulla variabile \var{pid} che se si è usato
2767 l'opzione \texttt{-p} è impostata (nella sezione di gestione delle opzioni,
2768 che si è tralasciata) al valore del \textsl{pid} del processo di cui si vuole
2769 leggere le \textit{capabilities} e nulla altrimenti. Nel primo caso
2770 (\texttt{\small 1--6}) si utilizza direttamente (\texttt{\small 2})
2771 \func{cap\_get\_proc} per ottenere lo stato delle capacità del processo, nel
2772 secondo (\texttt{\small 7--14}) prima si inizializza (\texttt{\small 8}) uno
2773 stato vuoto e poi (\texttt{\small 9}) si legge il valore delle capacità del
2776 Il passo successivo è utilizzare (\texttt{\small 16}) \func{cap\_to\_text} per
2777 tradurre in una stringa lo stato, e poi (\texttt{\small 17}) stamparlo; infine
2778 (\texttt{\small 19--20}) si libera la memoria allocata dalle precedenti
2779 funzioni con \func{cap\_free} per poi ritornare dal ciclo principale della
2782 \itindend{capabilities}
2784 % TODO vedi http://lwn.net/Articles/198557/ e
2785 % http://www.madore.org/~david/linux/newcaps/
2786 % TODO documentare prctl ...
2789 \section{La gestione della priorità di esecuzione}
2790 \label{sec:proc_priority}
2792 In questa sezione tratteremo più approfonditamente i meccanismi con il quale
2793 lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler} assegna la CPU ai vari processi
2794 attivi. In particolare prenderemo in esame i vari meccanismi con cui viene
2795 gestita l'assegnazione del tempo di CPU, ed illustreremo le varie funzioni di
2799 \subsection{I meccanismi di \textit{scheduling}}
2800 \label{sec:proc_sched}
2802 \itindbeg{scheduler}
2804 La scelta di un meccanismo che sia in grado di distribuire in maniera efficace
2805 il tempo di CPU per l'esecuzione dei processi è sempre una questione delicata,
2806 ed oggetto di numerose ricerche; in generale essa dipende in maniera
2807 essenziale anche dal tipo di utilizzo che deve essere fatto del sistema, per
2808 cui non esiste un meccanismo che sia valido per tutti gli usi.
2810 La caratteristica specifica di un sistema multitasking come Linux è quella del
2811 cosiddetto \itindex{prehemptive~multitasking} \textit{prehemptive
2812 multitasking}: questo significa che al contrario di altri sistemi (che usano
2813 invece il cosiddetto \itindex{cooperative~multitasking} \textit{cooperative
2814 multitasking}) non sono i singoli processi, ma il kernel stesso a decidere
2815 quando la CPU deve essere passata ad un altro processo. Come accennato in
2816 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} questa scelta viene eseguita da una sezione
2817 apposita del kernel, lo \textit{scheduler}, il cui scopo è quello di
2818 distribuire al meglio il tempo di CPU fra i vari processi.
2820 La cosa è resa ancora più complicata dal fatto che con le architetture
2821 multi-processore si deve anche scegliere quale sia la CPU più opportuna da
2822 utilizzare.\footnote{nei processori moderni la presenza di ampie cache può
2823 rendere poco efficiente trasferire l'esecuzione di un processo da una CPU ad
2824 un'altra, per cui effettuare la migliore scelta fra le diverse CPU non è
2825 banale.} Tutto questo comunque appartiene alle sottigliezze
2826 dell'implementazione del kernel; dal punto di vista dei programmi che girano
2827 in user space, anche quando si hanno più processori (e dei processi che sono
2828 eseguiti davvero in contemporanea), le politiche di scheduling riguardano
2829 semplicemente l'allocazione della risorsa \textsl{tempo di esecuzione}, la cui
2830 assegnazione sarà governata dai meccanismi di scelta delle priorità che
2831 restano gli stessi indipendentemente dal numero di processori.
2833 Si tenga conto poi che i processi non devono solo eseguire del codice: ad
2834 esempio molto spesso saranno impegnati in operazioni di I/O, o potranno
2835 venire bloccati da un comando dal terminale, o sospesi per un certo periodo di
2836 tempo. In tutti questi casi la CPU diventa disponibile ed è compito dello
2837 kernel provvedere a mettere in esecuzione un altro processo.
2839 Tutte queste possibilità sono caratterizzate da un diverso \textsl{stato} del
2840 processo, in Linux un processo può trovarsi in uno degli stati riportati in
2841 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}; ma soltanto i processi che sono nello stato
2842 \textit{runnable} concorrono per l'esecuzione. Questo vuol dire che, qualunque
2843 sia la sua priorità, un processo non potrà mai essere messo in esecuzione
2844 fintanto che esso si trova in uno qualunque degli altri stati.
2849 \begin{tabular}[c]{|p{2.8cm}|c|p{10cm}|}
2851 \textbf{Stato} & \texttt{STAT} & \textbf{Descrizione} \\
2854 \textbf{Runnable}& \texttt{R} & Il processo è in esecuzione o è pronto ad
2855 essere eseguito (cioè è in attesa che gli
2856 venga assegnata la CPU). \\
2857 \textbf{Sleep} & \texttt{S} & Il processo è in attesa di un
2858 risposta dal sistema, ma può essere
2859 interrotto da un segnale. \\
2860 \textbf{Uninterrutible Sleep}& \texttt{D} & Il processo è in
2861 attesa di un risposta dal sistema (in
2862 genere per I/O), e non può essere
2863 interrotto in nessuna circostanza. \\
2864 \textbf{Stopped} & \texttt{T} & Il processo è stato fermato con un
2865 \const{SIGSTOP}, o è tracciato.\\
2866 \textbf{Zombie}\index{zombie} & \texttt{Z} & Il processo è terminato ma il
2867 suo stato di terminazione non è ancora
2868 stato letto dal padre. \\
2871 \caption{Elenco dei possibili stati di un processo in Linux, nella colonna
2872 \texttt{STAT} si è riportata la corrispondente lettera usata dal comando
2873 \cmd{ps} nell'omonimo campo.}
2874 \label{tab:proc_proc_states}
2877 Si deve quindi tenere presente che l'utilizzo della CPU è soltanto una delle
2878 risorse che sono necessarie per l'esecuzione di un programma, e a seconda
2879 dello scopo del programma non è detto neanche che sia la più importante (molti
2880 programmi dipendono in maniera molto più critica dall'I/O). Per questo motivo
2881 non è affatto detto che dare ad un programma la massima priorità di esecuzione
2882 abbia risultati significativi in termini di prestazioni.
2884 Il meccanismo tradizionale di scheduling di Unix (che tratteremo in
2885 sez.~\ref{sec:proc_sched_stand}) è sempre stato basato su delle
2886 \textsl{priorità dinamiche}, in modo da assicurare che tutti i processi, anche
2887 i meno importanti, possano ricevere un po' di tempo di CPU. In sostanza quando
2888 un processo ottiene la CPU la sua priorità viene diminuita. In questo modo
2889 alla fine, anche un processo con priorità iniziale molto bassa, finisce per
2890 avere una priorità sufficiente per essere eseguito.
2892 Lo standard POSIX.1b però ha introdotto il concetto di \textsl{priorità
2893 assoluta}, (chiamata anche \textsl{priorità statica}, in contrapposizione
2894 alla normale priorità dinamica), per tenere conto dei sistemi
2895 real-time,\footnote{per sistema real-time si intende un sistema in grado di
2896 eseguire operazioni in un tempo ben determinato; in genere si tende a
2897 distinguere fra l'\textit{hard real-time} in cui è necessario che i tempi di
2898 esecuzione di un programma siano determinabili con certezza assoluta (come
2899 nel caso di meccanismi di controllo di macchine, dove uno sforamento dei
2900 tempi avrebbe conseguenze disastrose), e \textit{soft-real-time} in cui un
2901 occasionale sforamento è ritenuto accettabile.} in cui è vitale che i
2902 processi che devono essere eseguiti in un determinato momento non debbano
2903 aspettare la conclusione di altri che non hanno questa necessità.
2905 Il concetto di priorità assoluta dice che quando due processi si contendono
2906 l'esecuzione, vince sempre quello con la priorità assoluta più alta.
2907 Ovviamente questo avviene solo per i processi che sono pronti per essere
2908 eseguiti (cioè nello stato \textit{runnable}). La priorità assoluta viene in
2909 genere indicata con un numero intero, ed un valore più alto comporta una
2910 priorità maggiore. Su questa politica di scheduling torneremo in
2911 sez.~\ref{sec:proc_real_time}.
2913 In generale quello che succede in tutti gli Unix moderni è che ai processi
2914 normali viene sempre data una priorità assoluta pari a zero, e la decisione di
2915 assegnazione della CPU è fatta solo con il meccanismo tradizionale della
2916 priorità dinamica. In Linux tuttavia è possibile assegnare anche una priorità
2917 assoluta, nel qual caso un processo avrà la precedenza su tutti gli altri di
2918 priorità inferiore, che saranno eseguiti solo quando quest'ultimo non avrà
2922 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling} standard}
2923 \label{sec:proc_sched_stand}
2925 A meno che non si abbiano esigenze specifiche, l'unico meccanismo di
2926 scheduling con il quale si avrà a che fare è quello tradizionale, che prevede
2927 solo priorità dinamiche. È di questo che, di norma, ci si dovrà preoccupare
2928 nella programmazione.
2930 Come accennato in Linux tutti i processi ordinari hanno la stessa priorità
2931 assoluta. Quello che determina quale, fra tutti i processi in attesa di
2932 esecuzione, sarà eseguito per primo, è la priorità dinamica, che è chiamata
2933 così proprio perché varia nel corso dell'esecuzione di un processo. Oltre a
2934 questo la priorità dinamica determina quanto a lungo un processo continuerà ad
2935 essere eseguito, e quando un processo potrà subentrare ad un altro
2938 Il meccanismo usato da Linux è piuttosto semplice,\footnote{in realtà nella
2939 serie 2.6.x lo scheduler è stato riscritto da zero e può usare diversi
2940 algoritmi, selezionabili sia in fase di compilazione, che, nelle versioni
2941 più recenti, all'avvio (addirittura è stato ideato un sistema modulare che
2942 permette di cambiare lo scheduler al volo, che comunque non è incluso nel
2943 kernel ufficiale).} ad ogni processo è assegnata una \textit{time-slice},
2944 cioè un intervallo di tempo (letteralmente una fetta) per il quale esso deve
2945 essere eseguito. Il valore della \textit{time-slice} è controllato dalla
2946 cosiddetta \textit{nice} (o \textit{niceness}) del processo. Essa è contenuta
2947 nel campo \var{nice} di \struct{task\_struct}; tutti i processi vengono creati
2948 con lo stesso valore, ed essa specifica il valore della durata iniziale della
2949 \textit{time-slice} che viene assegnato ad un altro campo della struttura
2950 (\var{counter}) quando il processo viene eseguito per la prima volta e
2951 diminuito progressivamente ad ogni interruzione del timer.
2953 Durante la sua esecuzione lo scheduler scandisce la coda dei processi in stato
2954 \textit{runnable} associando, in base al valore di \var{counter}, un peso ad
2955 ogni processo in attesa di esecuzione,\footnote{il calcolo del peso in realtà
2956 è un po' più complicato, ad esempio nei sistemi multiprocessore viene
2957 favorito un processo eseguito sulla stessa CPU, e a parità del valore di
2958 \var{counter} viene favorito chi ha una priorità più elevata.} chi ha il
2959 peso più alto verrà posto in esecuzione, ed il precedente processo sarà
2960 spostato in fondo alla coda. Dato che ad ogni interruzione del timer il
2961 valore di \var{counter} del processo corrente viene diminuito, questo assicura
2962 che anche i processi con priorità più bassa verranno messi in esecuzione.
2964 La priorità di un processo è così controllata attraverso il valore di
2965 \var{nice}, che stabilisce la durata della \textit{time-slice}; per il
2966 meccanismo appena descritto infatti un valore più lungo assicura una maggiore
2967 attribuzione di CPU. L'origine del nome di questo parametro sta nel fatto che
2968 generalmente questo viene usato per diminuire la priorità di un processo, come
2969 misura di cortesia nei confronti degli altri. I processi infatti vengono
2970 creati dal sistema con lo stesso valore di \var{nice} (nullo) e nessuno è
2971 privilegiato rispetto agli altri; il valore può essere modificato solo
2972 attraverso la funzione \funcd{nice}, il cui prototipo è:
2973 \begin{prototype}{unistd.h}
2975 Aumenta il valore di \var{nice} per il processo corrente.
2977 \bodydesc{La funzione ritorna zero in caso di successo e -1 in caso di
2978 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2980 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2981 specificato un valore di \param{inc} negativo.
2985 L'argomento \param{inc} indica l'incremento del valore di \var{nice}:
2986 quest'ultimo può assumere valori compresi fra \const{PRIO\_MIN} e
2987 \const{PRIO\_MAX} (che nel caso di Linux sono $-19$ e $20$), ma per
2988 \param{inc} si può specificare un valore qualunque, positivo o negativo, ed il
2989 sistema provvederà a troncare il risultato nell'intervallo consentito. Valori
2990 positivi comportano maggiore \textit{cortesia} e cioè una diminuzione della
2991 priorità, ogni utente può solo innalzare il valore di un suo processo. Solo
2992 l'amministratore può specificare valori negativi che permettono di aumentare
2993 la priorità di un processo.
2995 In SUSv2 la funzione ritorna il nuovo valore di \var{nice}; Linux non segue
2996 questa convenzione, e per leggere il nuovo valore occorre invece usare la
2997 funzione \funcd{getpriority}, derivata da BSD, il cui prototipo è:
2998 \begin{prototype}{sys/resource.h}
2999 {int getpriority(int which, int who)}
3001 Restituisce il valore di \var{nice} per l'insieme dei processi specificati.
3003 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
3004 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3006 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
3007 \param{which} e \param{who}.
3008 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
3011 \noindent nelle vecchie versioni può essere necessario includere anche
3012 \file{<sys/time.h>}, questo non è più necessario con versioni recenti delle
3013 librerie, ma è comunque utile per portabilità.
3015 La funzione permette, a seconda del valore di \param{which}, di leggere la
3016 priorità di un processo, di un gruppo di processi (vedi
3017 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o di un utente, specificando un corrispondente
3018 valore per \param{who} secondo la legenda di tab.~\ref{tab:proc_getpriority};
3019 un valore nullo di quest'ultimo indica il processo, il gruppo di processi o
3025 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
3027 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
3030 \const{PRIO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo \\
3031 \const{PRIO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
3032 \textit{process group} \\
3033 \const{PRIO\_USER} & \type{uid\_t} & utente \\
3036 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
3037 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{getpriority} e
3038 \func{setpriority} per le tre possibili scelte.}
3039 \label{tab:proc_getpriority}
3042 La funzione restituisce la priorità più alta (cioè il valore più basso) fra
3043 quelle dei processi specificati; dato che -1 è un valore possibile, per poter
3044 rilevare una condizione di errore è necessario cancellare sempre \var{errno}
3045 prima della chiamata alla funzione, per verificare che essa resti uguale a
3048 Analoga a \func{getpriority} la funzione \funcd{setpriority} permette di
3049 impostare la priorità di uno o più processi; il suo prototipo è:
3050 \begin{prototype}{sys/resource.h}
3051 {int setpriority(int which, int who, int prio)}
3052 Imposta la priorità per l'insieme dei processi specificati.
3054 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
3055 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3057 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
3058 \param{which} e \param{who}.
3059 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
3060 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
3061 specificato un valore di \param{inc} negativo.
3062 \item[\errcode{EACCES}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
3063 cercato di modificare la priorità di un processo di un altro utente.
3067 La funzione imposta la priorità al valore specificato da \param{prio} per
3068 tutti i processi indicati dagli argomenti \param{which} e \param{who}. La
3069 gestione dei permessi dipende dalle varie implementazioni; in Linux, secondo
3070 le specifiche dello standard SUSv3, e come avviene per tutti i sistemi che
3071 derivano da SysV, è richiesto che l'user-ID reale o effettivo del processo
3072 chiamante corrispondano al real user-ID (e solo quello) del processo di cui si
3073 vuole cambiare la priorità; per i sistemi derivati da BSD invece (SunOS,
3074 Ultrix, *BSD) la corrispondenza può essere anche con l'user-ID effettivo.
3078 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling real-time}}
3079 \label{sec:proc_real_time}
3081 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_sched} lo standard POSIX.1b ha introdotto
3082 le priorità assolute per permettere la gestione di processi real-time. In
3083 realtà nel caso di Linux non si tratta di un vero hard real-time, in quanto in
3084 presenza di eventuali interrupt il kernel interrompe l'esecuzione di un
3085 processo qualsiasi sia la sua priorità,\footnote{questo a meno che non si
3086 siano installate le patch di RTLinux, RTAI o Adeos, con i quali è possibile
3087 ottenere un sistema effettivamente hard real-time. In tal caso infatti gli
3088 interrupt vengono intercettati dall'interfaccia real-time (o nel caso di
3089 Adeos gestiti dalle code del nano-kernel), in modo da poterli controllare
3090 direttamente qualora ci sia la necessità di avere un processo con priorità
3091 più elevata di un \textit{interrupt handler}.} mentre con l'incorrere in un
3092 \itindex{page~fault} \textit{page fault} si possono avere ritardi non
3093 previsti. Se l'ultimo problema può essere aggirato attraverso l'uso delle
3094 funzioni di controllo della memoria virtuale (vedi
3095 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), il primo non è superabile e può comportare
3096 ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di esecuzione di qualunque processo.
3098 Occorre usare le priorità assolute con molta attenzione: se si dà ad un
3099 processo una priorità assoluta e questo finisce in un loop infinito, nessun
3100 altro processo potrà essere eseguito, ed esso sarà mantenuto in esecuzione
3101 permanentemente assorbendo tutta la CPU e senza nessuna possibilità di
3102 riottenere l'accesso al sistema. Per questo motivo è sempre opportuno, quando
3103 si lavora con processi che usano priorità assolute, tenere attiva una shell
3104 cui si sia assegnata la massima priorità assoluta, in modo da poter essere
3105 comunque in grado di rientrare nel sistema.
3107 Quando c'è un processo con priorità assoluta lo scheduler lo metterà in
3108 esecuzione prima di ogni processo normale. In caso di più processi sarà
3109 eseguito per primo quello con priorità assoluta più alta. Quando ci sono più
3110 processi con la stessa priorità assoluta questi vengono tenuti in una coda e
3111 tocca al kernel decidere quale deve essere eseguito. Il meccanismo con cui
3112 vengono gestiti questi processi dipende dalla politica di scheduling che si è
3113 scelta; lo standard ne prevede due:
3114 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3115 \item[\textsf{FIFO}] \textit{First In First Out}. Il processo viene eseguito
3116 fintanto che non cede volontariamente la CPU (con \func{sched\_yield}), si
3117 blocca, finisce o viene interrotto da un processo a priorità più alta. Se il
3118 processo viene interrotto da uno a priorità più alta esso resterà in cima
3119 alla lista e sarà il primo ad essere eseguito quando i processi a priorità
3120 più alta diverranno inattivi. Se invece lo si blocca volontariamente sarà
3121 posto in coda alla lista (ed altri processi con la stessa priorità potranno
3123 \item[\textsf{RR}] \textit{Round Robin}. Il comportamento è del tutto analogo
3124 a quello precedente, con la sola differenza che ciascun processo viene
3125 eseguito al massimo per un certo periodo di tempo (la cosiddetta
3126 \textit{time slice}) dopo di che viene automaticamente posto in fondo alla
3127 coda dei processi con la stessa priorità. In questo modo si ha comunque una
3128 esecuzione a turno di tutti i processi, da cui il nome della politica. Solo
3129 i processi con la stessa priorità ed in stato \textit{runnable} entrano nel
3133 La funzione per impostare le politiche di scheduling (sia real-time che
3134 ordinarie) ed i relativi parametri è \funcd{sched\_setscheduler}; il suo
3136 \begin{prototype}{sched.h}
3137 {int sched\_setscheduler(pid\_t pid, int policy, const struct sched\_param *p)}
3138 Imposta priorità e politica di scheduling.
3140 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso
3141 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3143 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3144 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non esiste o il
3145 relativo valore di \param{p} non è valido.
3146 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi per attivare la
3151 La funzione esegue l'impostazione per il processo specificato dall'argomento
3152 \param{pid}; un valore nullo esegue l'impostazione per il processo corrente.
3153 La politica di scheduling è specificata dall'argomento \param{policy} i cui
3154 possibili valori sono riportati in tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}; un valore
3155 negativo per \param{policy} mantiene la politica di scheduling corrente.
3156 Solo un processo con i privilegi di amministratore può impostare priorità
3157 assolute diverse da zero o politiche \const{SCHED\_FIFO} e \const{SCHED\_RR}.
3162 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
3164 \textbf{Policy} & \textbf{Significato} \\
3167 \const{SCHED\_FIFO} & Scheduling real-time con politica \textit{FIFO}. \\
3168 \const{SCHED\_RR} & Scheduling real-time con politica \textit{Round
3170 \const{SCHED\_OTHER}& Scheduling ordinario.\\
3173 \caption{Valori dell'argomento \param{policy} per la funzione
3174 \func{sched\_setscheduler}.}
3175 \label{tab:proc_sched_policy}
3178 Il valore della priorità è passato attraverso la struttura
3179 \struct{sched\_param} (riportata in fig.~\ref{fig:sig_sched_param}), il cui
3180 solo campo attualmente definito è \var{sched\_priority}, che nel caso delle
3181 priorità assolute deve essere specificato nell'intervallo fra un valore
3182 massimo ed uno minimo, che nel caso sono rispettivamente 1 e 99; il valore
3183 nullo è legale, ma indica i processi normali.
3185 \begin{figure}[!bht]
3186 \footnotesize \centering
3187 \begin{minipage}[c]{15cm}
3188 \includestruct{listati/sched_param.c}
3191 \caption{La struttura \structd{sched\_param}.}
3192 \label{fig:sig_sched_param}
3195 Si tenga presente che quando si imposta una politica di scheduling real-time
3196 per un processo (o se ne cambia la priorità con \func{sched\_setparam}) questo
3197 viene messo in cima alla lista dei processi con la stessa priorità; questo
3198 comporta che verrà eseguito subito, interrompendo eventuali altri processi con
3199 la stessa priorità in quel momento in esecuzione.
3201 Lo standard POSIX.1b prevede comunque che i due valori della massima e minima
3202 priorità statica possano essere ottenuti, per ciascuna delle politiche di
3203 scheduling \textit{real-time}, tramite le due funzioni
3204 \funcd{sched\_get\_priority\_max} e \funcd{sched\_get\_priority\_min}, i cui
3209 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_max(int policy)} Legge il valore
3210 massimo della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
3213 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_min(int policy)} Legge il valore minimo
3214 della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
3216 \bodydesc{La funzioni ritornano il valore della priorità in caso di successo
3217 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3219 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non è valido.
3224 I processi con politica di scheduling \const{SCHED\_OTHER} devono specificare
3225 un valore nullo (altrimenti si avrà un errore \errcode{EINVAL}), questo valore
3226 infatti non ha niente a che vedere con la priorità dinamica determinata dal
3227 valore di \var{nice}, che deve essere impostato con le funzioni viste in
3230 Il kernel mantiene i processi con la stessa priorità assoluta in una lista, ed
3231 esegue sempre il primo della lista, mentre un nuovo processo che torna in
3232 stato \textit{runnable} viene sempre inserito in coda alla lista. Se la
3233 politica scelta è \const{SCHED\_FIFO} quando il processo viene eseguito viene
3234 automaticamente rimesso in coda alla lista, e la sua esecuzione continua
3235 fintanto che non viene bloccato da una richiesta di I/O, o non rilascia
3236 volontariamente la CPU (in tal caso, tornando nello stato \textit{runnable}
3237 sarà reinserito in coda alla lista); l'esecuzione viene ripresa subito solo
3238 nel caso che esso sia stato interrotto da un processo a priorità più alta.
3240 Se si intende operare solo sulla priorità assoluta di un processo si possono
3241 usare le funzioni \funcd{sched\_setparam} e \funcd{sched\_getparam}, i cui
3246 \funcdecl{int sched\_setparam(pid\_t pid, const struct sched\_param *p)}
3247 Imposta la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3249 \funcdecl{int sched\_getparam(pid\_t pid, struct sched\_param *p)}
3250 Legge la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3252 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo
3253 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3255 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3256 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{p} non ha senso per la
3258 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3259 eseguire l'operazione.
3263 L'uso di \func{sched\_setparam} che è del tutto equivalente a
3264 \func{sched\_setscheduler} con \param{priority} uguale a -1. Come per
3265 \func{sched\_setscheduler} specificando 0 come valore di \param{pid} si opera
3266 sul processo corrente. La disponibilità di entrambe le funzioni può essere
3267 verificata controllando la macro \macro{\_POSIX\_PRIORITY\_SCHEDULING} che è
3268 definita nell'header \file{sched.h}.
3270 Si tenga presente che per eseguire la funzione il processo chiamante deve
3271 avere un user-ID effettivo uguale all'user-ID reale o a quello effettivo del
3272 processo di cui vuole cambiare la priorità, oppure deve avere i privilegi di
3273 amministratore (con la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}).
3275 La priorità assoluta può essere riletta indietro dalla funzione
3276 \funcd{sched\_getscheduler}, il cui prototipo è:
3277 \begin{prototype}{sched.h}
3278 {int sched\_getscheduler(pid\_t pid)}
3279 Legge la politica di scheduling per il processo \param{pid}.
3281 \bodydesc{La funzione ritorna la politica di scheduling in caso di successo
3282 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3284 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3285 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{pid} è negativo.
3289 La funzione restituisce il valore (secondo quanto elencato in
3290 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}) della politica di scheduling per il processo
3291 specificato; se \param{pid} è nullo viene restituito quello del processo
3294 L'ultima funzione che permette di leggere le informazioni relative ai processi
3295 real-time è \funcd{sched\_rr\_get\_interval}, che permette di ottenere la
3296 lunghezza della \textit{time slice} usata dalla politica \textit{round robin};
3298 \begin{prototype}{sched.h}
3299 {int sched\_rr\_get\_interval(pid\_t pid, struct timespec *tp)} Legge in
3300 \param{tp} la durata della \textit{time slice} per il processo \param{pid}.
3302 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3303 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3305 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3306 \item[\errcode{ENOSYS}] la system call non è stata implementata.
3310 La funzione restituisce il valore dell'intervallo di tempo usato per la
3311 politica \textit{round robin} in una struttura \struct{timespec}, (la cui
3312 definizione si può trovare in fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}). In realtà
3313 dato che in Linux questo intervallo di tempo è prefissato e non modificabile,
3314 questa funzione ritorna sempre un valore di 150 millisecondi, e non importa
3315 specificare il PID di un processo reale.
3317 Come accennato ogni processo che usa lo scheduling real-time può rilasciare
3318 volontariamente la CPU; questo viene fatto attraverso la funzione
3319 \funcd{sched\_yield}, il cui prototipo è:
3320 \begin{prototype}{sched.h}
3321 {int sched\_yield(void)}
3323 Rilascia volontariamente l'esecuzione.
3325 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3326 nel qual caso \var{errno} viene impostata opportunamente.}
3329 La funzione fa sì che il processo rilasci la CPU, in modo da essere rimesso in
3330 coda alla lista dei processi da eseguire, e permettere l'esecuzione di un
3331 altro processo; se però il processo è l'unico ad essere presente sulla coda
3332 l'esecuzione non sarà interrotta. In genere usano questa funzione i processi
3333 in modalità \textit{fifo}, per permettere l'esecuzione degli altri processi
3334 con pari priorità quando la sezione più urgente è finita.
3336 % TODO: con il 2.6.23 il comportamento è stato leggermente modificato ed è
3337 % stato introdotto /proc/sys/kernel/sched_compat_yield da mettere a 1 per aver
3338 % la compatibilità con il precedente.
3340 \subsection{Il controllo dello \textit{scheduler} per i sistemi
3342 \label{sec:proc_sched_multiprocess}
3344 Infine con il supporto dei sistemi multiprocessore sono state introdotte delle
3345 funzioni che permettono di controllare in maniera più dettagliata la scelta di
3346 quale processore utilizzare per eseguire un certo programma. Uno dei problemi
3347 che si pongono nei sistemi multiprocessore è infatti quello del cosiddetto
3348 \index{effetto~ping-pong} \textsl{effetto ping-pong}. Può accadere cioè che lo
3349 scheduler, quando riavvia un processo precedentemente interrotto scegliendo il
3350 primo processore disponibile, lo faccia eseguire da un processore diverso
3351 rispetto a quello su cui era stato eseguito in precedenza. Se il processo
3352 passa da un processore all'altro in questo modo (cosa che avveniva abbastanza
3353 di frequente con i kernel della seria 2.4.x) si ha l'\textsl{effetto
3356 Questo tipo di comportamento può generare dei seri problemi di prestazioni;
3357 infatti tutti i processori moderni utilizzano una memoria interna (la
3358 \textit{cache}) contenente i dati più usati, che permette di evitare di
3359 eseguire un accesso (molto più lento) alla memoria principale sulla scheda
3360 madre. Chiaramente un processo sarà favorito se i suoi dati sono nella cache
3361 del processore, ma è ovvio che questo può essere vero solo per un processore
3362 alla volta, perché in presenza di più copie degli stessi dati su più
3363 processori, non si potrebbe determinare quale di questi ha la versione dei
3364 dati aggiornata rispetto alla memoria principale.
3366 Questo comporta che quando un processore inserisce un dato nella sua cache,
3367 tutti gli altri processori che hanno lo stesso dato devono invalidarlo, e
3368 questa operazione è molto costosa in termini di prestazioni. Il problema
3369 diventa serio quando si verifica l'\textsl{effetto ping-pong}, in tal caso
3370 infatti un processo \textsl{rimbalza} continuamente da un processore all'altro
3371 e si ha una continua invalidazione della cache, che non diventa mai
3374 \itindbeg{CPU~affinity}
3376 Per ovviare a questo tipo di problemi è nato il concetto di \textsl{affinità
3377 di processore} (o \textit{CPU affinity}); la possibilità cioè di far sì che
3378 un processo possa essere assegnato per l'esecuzione sempre allo stesso
3379 processore. Lo scheduler dei kernel della serie 2.4.x aveva una scarsa
3380 \textit{CPU affinity}, e \index{effetto~ping-pong} l'effetto ping-pong era
3381 comune; con il nuovo scheduler dei kernel della 2.6.x questo problema è stato
3382 risolto ed esso cerca di mantenere il più possibile ciascun processo sullo
3385 In certi casi però resta l'esigenza di poter essere sicuri che un processo sia
3386 sempre eseguito dallo stesso processore,\footnote{quella che viene detta
3387 \textit{hard CPU affinity}, in contrasto con quella fornita dallo scheduler,
3388 detta \textit{soft CPU affinity}, che di norma indica solo una preferenza,
3389 non un requisito assoluto.} e per poter risolvere questo tipo di
3390 problematiche nei nuovi kernel\footnote{le due system call per la gestione
3391 della \textit{CPU affinity} sono state introdotte nel kernel 2.5.8, e le
3392 funzioni di libreria nelle \textsl{glibc} 2.3.} è stata introdotta
3393 l'opportuna infrastruttura ed una nuova system call che permette di impostare
3394 su quali processori far eseguire un determinato processo attraverso una
3395 \textsl{maschera di affinità}. La corrispondente funzione di libreria è
3396 \funcd{sched\_setaffinity} ed il suo prototipo\footnote{di questa funzione (e
3397 della corrispondente \func{sched\_setaffinity}) esistono versioni diverse
3398 per gli argomenti successivi a \param{pid}: la prima (quella riportata nella
3399 pagina di manuale) prevedeva due ulteriori argomenti di tipo
3400 \texttt{unsigned int len} e \texttt{unsigned long *mask}, poi l'argomento
3401 \texttt{len} è stato eliminato, successivamente si è introdotta la versione
3402 riportata con però un secondo argomento di tipo \texttt{size\_t cpusetsize}
3403 (anche questa citata nella pagina di manuale); la versione citata è quella
3404 riportata nel manuale delle \textsl{glibc} e corrispondente alla definizione
3405 presente in \file{sched.h}.} è:
3406 \begin{prototype}{sched.h}
3407 {int sched\_setaffinity (pid\_t pid, const cpu\_set\_t *cpuset)}
3408 Imposta la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3410 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3411 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3413 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3414 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{cpuset} contiene riferimenti a
3415 processori non esistenti nel sistema.
3416 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3417 eseguire l'operazione.
3419 ed inoltre anche \errval{EFAULT}.}
3422 La funzione imposta, con l'uso del valore contenuto all'indirizzo
3423 \param{cpuset}, l'insieme dei processori sui quali deve essere eseguito il
3424 processo identificato tramite il valore passato in \param{pid}. Come in
3425 precedenza il valore nullo di \param{pid} indica il processo corrente. Per
3426 poter utilizzare questa funzione sono richiesti i privilegi di amministratore
3427 (è necessaria la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}) altrimenti essa fallirà con
3428 un errore di \errcode{EPERM}. Una volta impostata una maschera di affinità,
3429 questa viene ereditata attraverso una \func{fork}, in questo modo diventa
3430 possibile legare automaticamente un gruppo di processi ad un singolo
3433 Nell'uso comune, almeno con i kernel della serie 2.6.x, l'uso di questa
3434 funzione non è necessario, in quanto è lo scheduler stesso che provvede a
3435 mantenere al meglio l'affinità di processore. Esistono però esigenze
3436 particolari, ad esempio quando un processo (o un gruppo di processi) è
3437 utilizzato per un compito importante (ad esempio per applicazioni real-time o
3438 la cui risposta è critica) e si vuole la massima velocità, con questa
3439 interfaccia diventa possibile selezionare gruppi di processori utilizzabili in
3440 maniera esclusiva. Lo stesso dicasi quando l'accesso a certe risorse (memoria
3441 o periferiche) può avere un costo diverso a seconda del processore (come
3442 avviene nelle architetture NUMA).
3444 Infine se un gruppo di processi accede alle stesse risorse condivise (ad
3445 esempio una applicazione con più thread) può avere senso usare lo stesso
3446 processore in modo da sfruttare meglio l'uso della sua cache; questo
3447 ovviamente riduce i benefici di un sistema multiprocessore nell'esecuzione
3448 contemporanea dei thread, ma in certi casi (quando i thread sono inerentemente
3449 serializzati nell'accesso ad una risorsa) possono esserci sufficienti vantaggi
3450 nell'evitare la perdita della cache da rendere conveniente l'uso dell'affinità
3453 Per facilitare l'uso dell'argomento \param{cpuset} le \acr{glibc} hanno
3454 introdotto un apposito dato di tipo, \ctyp{cpu\_set\_t},\footnote{questa è una
3455 estensione specifica delle \acr{glibc}, da attivare definendo la macro
3456 \macro{\_GNU\_SOURCE}, non esiste infatti una standardizzazione per
3457 questo tipo di interfaccia e POSIX al momento non prevede nulla al
3458 riguardo.} che permette di identificare un insieme di processori. Il dato è
3459 una maschera binaria: in generale è un intero a 32 bit in cui ogni bit
3460 corrisponde ad un processore, ma dato che per architetture particolari il
3461 numero di bit di un intero può non essere sufficiente, è stata creata questa
3462 che è una interfaccia generica che permette di usare a basso livello un tipo
3463 di dato qualunque rendendosi indipendenti dal numero di bit e dalla loro
3466 Questa interfaccia, oltre alla definizione del tipo di dato apposito, prevede
3467 anche una serie di macro di preprocessore per la manipolazione dello stesso,
3468 che consentono di svuotare un insieme, aggiungere o togliere un processore da
3469 esso o verificare se vi è già presente:
3472 \funcdecl{void \macro{CPU\_ZERO}(cpu\_set\_t *set)}
3473 Inizializza l'insieme (vuoto).
3475 \funcdecl{void \macro{CPU\_SET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3476 Inserisce il processore \param{cpu} nell'insieme.
3478 \funcdecl{void \macro{CPU\_CLR}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3479 Rimuove il processore \param{cpu} nell'insieme.
3481 \funcdecl{int \macro{CPU\_ISSET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3482 Controlla se il processore \param{cpu} è nell'insieme.
3485 Oltre a queste macro, simili alle analoghe usate per gli insiemi di file
3486 descriptor (vedi sez.~\ref{sec:file_select}) è definita la costante
3487 \const{CPU\_SETSIZE} che indica il numero massimo di processori che possono
3488 far parte dell'insieme, e che costituisce un limite massimo al valore
3489 dell'argomento \param{cpu}.
3491 In generale la maschera di affinità è preimpostata in modo che un processo
3492 possa essere eseguito su qualunque processore, se può comunque leggere il
3493 valore per un processo specifico usando la funzione
3494 \funcd{sched\_getaffinity}, il suo prototipo è:
3495 \begin{prototype}{sched.h}
3496 {int sched\_getaffinity (pid\_t pid, const cpu\_set\_t *cpuset)}
3497 Legge la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3499 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3500 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3502 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3503 \item[\errcode{EFAULT}] il valore di \param{cpuset} non è un indirizzo
3508 La funzione restituirà all'indirizzo specificato da \param{cpuset} il valore
3509 della maschera di affinità del processo, così da poterla riutilizzare per una
3510 successiva reimpostazione. In questo caso non sono necessari privilegi
3513 È chiaro che queste funzioni per la gestione dell'affinità hanno significato
3514 soltanto su un sistema multiprocessore, esse possono comunque essere
3515 utilizzate anche in un sistema con un processore singolo, nel qual caso però
3516 non avranno alcun risultato effettivo.
3518 \itindend{scheduler}
3519 \itindend{CPU~affinity}
3523 \section{Problematiche di programmazione multitasking}
3524 \label{sec:proc_multi_prog}
3526 Benché i processi siano strutturati in modo da apparire il più possibile come
3527 indipendenti l'uno dall'altro, nella programmazione in un sistema multitasking
3528 occorre tenere conto di una serie di problematiche che normalmente non
3529 esistono quando si ha a che fare con un sistema in cui viene eseguito un solo
3530 programma alla volta.
3532 Pur essendo questo argomento di carattere generale, ci è parso opportuno
3533 introdurre sinteticamente queste problematiche, che ritroveremo a più riprese
3534 in capitoli successivi, in questa sezione conclusiva del capitolo in cui
3535 abbiamo affrontato la gestione dei processi.
3538 \subsection{Le operazioni atomiche}
3539 \label{sec:proc_atom_oper}
3541 La nozione di \textsl{operazione atomica} deriva dal significato greco della
3542 parola atomo, cioè indivisibile; si dice infatti che un'operazione è atomica
3543 quando si ha la certezza che, qualora essa venga effettuata, tutti i passaggi
3544 che devono essere compiuti per realizzarla verranno eseguiti senza possibilità
3545 di interruzione in una fase intermedia.
3547 In un ambiente multitasking il concetto è essenziale, dato che un processo può
3548 essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in esecuzione un
3549 altro processo o dalla ricezione di un segnale; occorre pertanto essere
3550 accorti nei confronti delle possibili \itindex{race~condition} \textit{race
3551 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}) derivanti da operazioni
3552 interrotte in una fase in cui non erano ancora state completate.
3554 Nel caso dell'interazione fra processi la situazione è molto più semplice, ed
3555 occorre preoccuparsi della atomicità delle operazioni solo quando si ha a che
3556 fare con meccanismi di intercomunicazione (che esamineremo in dettaglio in
3557 cap.~\ref{cha:IPC}) o nelle operazioni con i file (vedremo alcuni esempi in
3558 sez.~\ref{sec:file_atomic}). In questi casi in genere l'uso delle appropriate
3559 funzioni di libreria per compiere le operazioni necessarie è garanzia
3560 sufficiente di atomicità in quanto le system call con cui esse sono realizzate
3561 non possono essere interrotte (o subire interferenze pericolose) da altri
3564 Nel caso dei segnali invece la situazione è molto più delicata, in quanto lo
3565 stesso processo, e pure alcune system call, possono essere interrotti in
3566 qualunque momento, e le operazioni di un eventuale \textit{signal handler}
3567 sono compiute nello stesso spazio di indirizzi del processo. Per questo, anche
3568 il solo accesso o l'assegnazione di una variabile possono non essere più
3569 operazioni atomiche (torneremo su questi aspetti in
3570 sez.~\ref{sec:sig_adv_control}).
3572 In questo caso il sistema provvede un tipo di dato, il \type{sig\_atomic\_t},
3573 il cui accesso è assicurato essere atomico. In pratica comunque si può
3574 assumere che, in ogni piattaforma su cui è implementato Linux, il tipo
3575 \ctyp{int}, gli altri interi di dimensione inferiore ed i puntatori sono
3576 atomici. Non è affatto detto che lo stesso valga per interi di dimensioni
3577 maggiori (in cui l'accesso può comportare più istruzioni in assembler) o per
3578 le strutture. In tutti questi casi è anche opportuno marcare come
3579 \direct{volatile} le variabili che possono essere interessate ad accesso
3580 condiviso, onde evitare problemi con le ottimizzazioni del codice.
3584 \subsection{Le \textit{race condition} ed i \textit{deadlock}}
3585 \label{sec:proc_race_cond}
3587 \itindbeg{race~condition}
3589 Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
3590 diversi operano su una risorsa comune, ed in cui il risultato viene a
3591 dipendere dall'ordine in cui essi effettuano le loro operazioni. Il caso
3592 tipico è quello di un'operazione che viene eseguita da un processo in più
3593 passi, e può essere compromessa dall'intervento di un altro processo che
3594 accede alla stessa risorsa quando ancora non tutti i passi sono stati
3597 Dato che in un sistema multitasking ogni processo può essere interrotto in
3598 qualunque momento per farne subentrare un altro in esecuzione, niente può
3599 assicurare un preciso ordine di esecuzione fra processi diversi o che una
3600 sezione di un programma possa essere eseguita senza interruzioni da parte di
3601 altri. Queste situazioni comportano pertanto errori estremamente subdoli e
3602 difficili da tracciare, in quanto nella maggior parte dei casi tutto
3603 funzionerà regolarmente, e solo occasionalmente si avranno degli errori.
3605 Per questo occorre essere ben consapevoli di queste problematiche, e del fatto
3606 che l'unico modo per evitarle è quello di riconoscerle come tali e prendere
3607 gli adeguati provvedimenti per far sì che non si verifichino. Casi tipici di
3608 \textit{race condition} si hanno quando diversi processi accedono allo stesso
3609 file, o nell'accesso a meccanismi di intercomunicazione come la memoria
3610 condivisa. In questi casi, se non si dispone della possibilità di eseguire
3611 atomicamente le operazioni necessarie, occorre che quelle parti di codice in
3612 cui si compiono le operazioni sulle risorse condivise (le cosiddette
3613 \index{sezione~critica} \textsl{sezioni critiche}) del programma, siano
3614 opportunamente protette da meccanismi di sincronizzazione (torneremo su queste
3615 problematiche di questo tipo in cap.~\ref{cha:IPC}).
3618 Un caso particolare di \textit{race condition} sono poi i cosiddetti
3619 \textit{deadlock}, particolarmente gravi in quanto comportano spesso il blocco
3620 completo di un servizio, e non il fallimento di una singola operazione. Per
3621 definizione un \textit{deadlock} è una situazione in cui due o più processi
3622 non sono più in grado di proseguire perché ciascuno aspetta il risultato di
3623 una operazione che dovrebbe essere eseguita dall'altro.
3626 L'esempio tipico di una situazione che può condurre ad un
3627 \textit{deadlock} è quello in cui un flag di
3628 ``\textsl{occupazione}'' viene rilasciato da un evento asincrono (come un
3629 segnale o un altro processo) fra il momento in cui lo si è controllato
3630 (trovandolo occupato) e la successiva operazione di attesa per lo sblocco. In
3631 questo caso, dato che l'evento di sblocco del flag è avvenuto senza che ce ne
3632 accorgessimo proprio fra il controllo e la messa in attesa, quest'ultima
3633 diventerà perpetua (da cui il nome di \textit{deadlock}).
3635 In tutti questi casi è di fondamentale importanza il concetto di atomicità
3636 visto in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper}; questi problemi infatti possono essere
3637 risolti soltanto assicurandosi, quando essa sia richiesta, che sia possibile
3638 eseguire in maniera atomica le operazioni necessarie.
3639 \itindend{race~condition}
3643 \subsection{Le funzioni rientranti}
3644 \label{sec:proc_reentrant}
3646 Si dice \textsl{rientrante} una funzione che può essere interrotta in
3647 qualunque punto della sua esecuzione ed essere chiamata una seconda volta da
3648 un altro thread di esecuzione senza che questo comporti nessun problema
3649 nell'esecuzione della stessa. La problematica è comune nella programmazione
3650 multi-thread, ma si hanno gli stessi problemi quando si vogliono chiamare
3651 delle funzioni all'interno dei gestori dei segnali.
3653 Fintanto che una funzione opera soltanto con le variabili locali è rientrante;
3654 queste infatti vengono allocate nello \itindex{stack} stack, ed un'altra
3655 invocazione non fa altro che allocarne un'altra copia. Una funzione può non
3656 essere rientrante quando opera su memoria che non è nello \itindex{stack}
3657 stack. Ad esempio una funzione non è mai rientrante se usa una variabile
3660 Nel caso invece la funzione operi su un oggetto allocato dinamicamente, la
3661 cosa viene a dipendere da come avvengono le operazioni: se l'oggetto è creato
3662 ogni volta e ritornato indietro la funzione può essere rientrante, se invece
3663 esso viene individuato dalla funzione stessa due chiamate alla stessa funzione
3664 potranno interferire quando entrambe faranno riferimento allo stesso oggetto.
3665 Allo stesso modo una funzione può non essere rientrante se usa e modifica un
3666 oggetto che le viene fornito dal chiamante: due chiamate possono interferire
3667 se viene passato lo stesso oggetto; in tutti questi casi occorre molta cura da
3668 parte del programmatore.
3670 In genere le funzioni di libreria non sono rientranti, molte di esse ad
3671 esempio utilizzano variabili statiche, le \acr{glibc} però mettono a
3672 disposizione due macro di compilatore, \macro{\_REENTRANT} e
3673 \macro{\_THREAD\_SAFE}, la cui definizione attiva le versioni rientranti di
3674 varie funzioni di libreria, che sono identificate aggiungendo il suffisso
3675 \code{\_r} al nome della versione normale.
3677 % LocalWords: multitasking like VMS child process identifier pid sez shell fig
3678 % LocalWords: parent kernel init pstree keventd kswapd table struct linux call
3679 % LocalWords: nell'header scheduler system interrupt timer HZ asm Hertz clock
3680 % LocalWords: l'alpha tick fork wait waitpid exit exec image glibc int pgid ps
3681 % LocalWords: sid threads thread Ingo Molnar ppid getpid getppid sys unistd LD
3682 % LocalWords: void ForkTest tempnam pathname sibling cap errno EAGAIN ENOMEM
3683 % LocalWords: stack read only copy write tab client spawn forktest sleep PATH
3684 % LocalWords: source LIBRARY scheduling race condition printf descriptor dup
3685 % LocalWords: close group session tms lock vfork execve BSD stream main abort
3686 % LocalWords: SIGABRT SIGCHLD SIGHUP foreground SIGCONT termination signal ANY
3687 % LocalWords: handler kill EINTR POSIX options WNOHANG ECHILD option WUNTRACED
3688 % LocalWords: dump bits rusage getrusage heap const filename argv envp EACCES
3689 % LocalWords: filesystem noexec EPERM suid sgid root nosuid ENOEXEC ENOENT ELF
3690 % LocalWords: ETXTBSY EINVAL ELIBBAD BIG EFAULT EIO ENAMETOOLONG ELOOP ENOTDIR
3691 % LocalWords: ENFILE EMFILE argc execl path execv execle execlp execvp vector
3692 % LocalWords: list environ NULL umask pending utime cutime ustime fcntl linker
3693 % LocalWords: opendir libc interpreter FreeBSD capabilities Mandatory Access
3694 % LocalWords: Control MAC SELinux Security Modules LSM superuser uid gid saved
3695 % LocalWords: effective euid egid dell' fsuid fsgid getuid geteuid getgid SVr
3696 % LocalWords: getegid IDS NFS setuid setgid all' logout utmp screen xterm TODO
3697 % LocalWords: setreuid setregid FIXME ruid rgid seteuid setegid setresuid size
3698 % LocalWords: setresgid getresuid getresgid value result argument setfsuid DAC
3699 % LocalWords: setfsgid NGROUPS sysconf getgroups getgrouplist groups ngroups
3700 % LocalWords: setgroups initgroups patch LIDS CHOWN OVERRIDE Discrectionary PF
3701 % LocalWords: SEARCH chattr sticky NOATIME socket domain immutable append mmap
3702 % LocalWords: broadcast multicast multicasting memory locking mlock mlockall
3703 % LocalWords: shmctl ioperm iopl chroot ptrace accounting swap reboot hangup
3704 % LocalWords: vhangup mknod lease permitted inherited inheritable bounding AND
3705 % LocalWords: capability capget capset header ESRCH undef version obj clear PT
3706 % LocalWords: pag ssize length proc capgetp prehemptive cache runnable Stopped
3707 % LocalWords: Uninterrutible SIGSTOP soft slice nice niceness counter which SC
3708 % LocalWords: getpriority who setpriority RTLinux RTAI Adeos fault FIFO First
3709 % LocalWords: yield Robin setscheduler policy param OTHER priority setparam to
3710 % LocalWords: min getparam getscheduler interval robin ENOSYS fifo ping long
3711 % LocalWords: affinity setaffinity unsigned mask cpu NUMA CLR ISSET SETSIZE RR
3712 % LocalWords: getaffinity assembler deadlock REENTRANT SAFE tgz MYPGRP l'OR rr
3713 % LocalWords: WIFEXITED WEXITSTATUS WIFSIGNALED WTERMSIG WCOREDUMP WIFSTOPPED
3714 % LocalWords: WSTOPSIG opt char INTERP arg SIG IGN DFL mascheck grp FOWNER RAW
3715 % LocalWords: FSETID SETPCAP BIND SERVICE ADMIN PACKET IPC OWNER MODULE RAWIO
3716 % LocalWords: PACCT RESOURCE TTY CONFIG SETFCAP hdrp datap libcap lcap text tp
3717 % LocalWords: get ncap caps CapInh CapPrm fffffeff CapEff getcap STAT dall'I
3718 % LocalWords: inc PRIO SUSv PRGR prio SysV SunOS Ultrix sched timespec len sig
3719 % LocalWords: cpusetsize cpuset atomic tickless redirezione WCONTINUED stopped
3720 % LocalWords: waitid NOCLDSTOP ENOCHLD WIFCONTINUED ifdef endif idtype siginfo
3721 % LocalWords: infop ALL WEXITED WSTOPPED WNOWAIT signo CLD EXITED KILLED page
3722 % LocalWords: CONTINUED
3724 %%% Local Variables:
3726 %%% TeX-master: "gapil"