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12 \chapter{L'intercomunicazione fra processi}
16 Uno degli aspetti fondamentali della programmazione in un sistema unix-like è
17 la comunicazione fra processi. In questo capitolo affronteremo solo i
18 meccanismi più elementari che permettono di mettere in comunicazione processi
19 diversi, come quelli tradizionali che coinvolgono \textit{pipe} e
20 \textit{fifo} e i meccanismi di intercomunicazione di System V e quelli POSIX.
22 Tralasceremo invece tutte le problematiche relative alla comunicazione
23 attraverso la rete (e le relative interfacce) che saranno affrontate in
24 dettaglio in un secondo tempo. Non affronteremo neanche meccanismi più
25 complessi ed evoluti come le RPC (\textit{Remote Procedure Calls}) che in
26 genere sono implementati da un ulteriore livello di librerie sopra i
27 meccanismi elementari.
30 \section{L'intercomunicazione fra processi tradizionale}
33 Il primo meccanismo di comunicazione fra processi introdotto nei sistemi Unix,
34 è quello delle cosiddette \textit{pipe}; esse costituiscono una delle
35 caratteristiche peculiari del sistema, in particolar modo dell'interfaccia a
36 linea di comando. In questa sezione descriveremo le sue basi, le funzioni che
37 ne gestiscono l'uso e le varie forme in cui si è evoluto.
40 \subsection{Le \textit{pipe} standard}
43 Le \textit{pipe} nascono sostanzialmente con Unix, e sono il primo, e tuttora
44 uno dei più usati, meccanismi di comunicazione fra processi. Si tratta in
45 sostanza di una coppia di file descriptor connessi fra di loro in modo che
46 quanto scrive su di uno si può rileggere dall'altro. Si viene così a
47 costituire un canale di comunicazione realizzato tramite i due file
48 descriptor, che costituisce appunto una sorta di \textsl{tubo} (che appunto il
49 significato del termine inglese \textit{pipe}) attraverso cui si possono far
52 In pratica si tratta di un buffer circolare in memoria in cui il kernel
53 appoggia i dati immessi nel file descriptor su cui si scrive per farli poi
54 riemergere dal file descriptor da cui si legge. Si tenga ben presente che in
55 questo passaggio di dati non è previsto nessun tipo di accesso al disco e che
56 nonostante l'uso dei file descriptor le \textit{pipe} non han nulla a che fare
57 con i file di dati di cui si è parlato al cap.~\ref{cha:file_IO_interface}.
59 La funzione di sistema che permette di creare questa speciale coppia di file
60 descriptor associati ad una \textit{pipe} è appunto \funcd{pipe}, ed il suo
65 \fdecl{int pipe(int filedes[2])}
66 \fdesc{Crea la coppia di file descriptor di una \textit{pipe}.}
69 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
70 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
72 \item[\errcode{EFAULT}] \param{filedes} non è un indirizzo valido.
74 ed inoltre \errval{EMFILE} e \errval{ENFILE} nel loro significato generico.}
77 La funzione restituisce la coppia di file descriptor nel vettore
78 \param{filedes}, il primo è aperto in lettura ed il secondo in scrittura. Come
79 accennato concetto di funzionamento di una \textit{pipe} è semplice: quello
80 che si scrive nel file descriptor aperto in scrittura viene ripresentato tale
81 e quale nel file descriptor aperto in lettura.
83 I file descriptor infatti non sono connessi a nessun file reale, ma, come
84 accennato, ad un buffer nel kernel la cui dimensione è specificata dal
85 parametro di sistema \const{PIPE\_BUF}, (vedi
86 sez.~\ref{sec:sys_file_limits}). Lo schema di funzionamento di una
87 \textit{pipe} è illustrato in fig.~\ref{fig:ipc_pipe_singular}, in cui sono
88 indicati i due capi della \textit{pipe}, associati a ciascun file descriptor,
89 con le frecce che indicano la direzione del flusso dei dati.
93 \includegraphics[height=5cm]{img/pipe}
94 \caption{Schema della struttura di una \textit{pipe}.}
95 \label{fig:ipc_pipe_singular}
98 Della funzione di sistema esiste una seconda versione, \funcd{pipe2},
99 introdotta con il kernel 2.6.27 e le \acr{glibc} 2.9 e specifica di Linux
100 (utilizzabile solo definendo la macro \macro{\_GNU\_SOURCE}), che consente di
101 impostare atomicamente le caratteristiche dei file descriptor restituiti, il
107 \fdecl{int pipe2(int pipefd[2], int flags)}
108 \fdesc{Crea la coppia di file descriptor di una \textit{pipe}.}
111 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
112 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
114 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{flags} non valido.
116 e gli altri già visti per \func{pipe} con lo stesso significato.}
119 Utilizzando un valore nullo per \param{flags} la funzione è identica a
120 \func{pipe}, si può però passare come valore l'OR aritmetico di uno qualunque
121 fra \const{O\_NONBLOCK} o \const{O\_CLOEXEC} che hanno l'effetto di impostare
122 su entrambi i file descriptor restituiti dalla funzione i relativi flag, già
123 descritti per \func{open} in tab.~\ref{tab:open_operation_flag}, che attivano
124 rispettivamente la modalità di accesso \textsl{non-bloccante} ed il
125 \textit{close-on-exec} \itindex{close-on-exec}.
127 Chiaramente creare una \textit{pipe} all'interno di un singolo processo non
128 serve a niente; se però ricordiamo quanto esposto in
129 sez.~\ref{sec:file_shared_access} riguardo al comportamento dei file
130 descriptor nei processi figli, è immediato capire come una \textit{pipe} possa
131 diventare un meccanismo di intercomunicazione. Un processo figlio infatti
132 condivide gli stessi file descriptor del padre, compresi quelli associati ad
133 una \textit{pipe} (secondo la situazione illustrata in
134 fig.~\ref{fig:ipc_pipe_fork}). In questo modo se uno dei processi scrive su un
135 capo della \textit{pipe}, l'altro può leggere.
139 \includegraphics[height=5cm]{img/pipefork}
140 \caption{Schema dei collegamenti ad una \textit{pipe}, condivisi fra
141 processo padre e figlio dopo l'esecuzione \func{fork}.}
142 \label{fig:ipc_pipe_fork}
145 Tutto ciò ci mostra come sia immediato realizzare un meccanismo di
146 comunicazione fra processi attraverso una \textit{pipe}, utilizzando le
147 proprietà ordinarie dei file, ma ci mostra anche qual è il principale limite
148 nell'uso delle \textit{pipe}.\footnote{Stevens in \cite{APUE} riporta come
149 limite anche il fatto che la comunicazione è unidirezionale, ma in realtà
150 questo è un limite superabile usando una coppia di \textit{pipe}, anche se
151 al costo di una maggiore complessità di gestione.} È necessario infatti che
152 i processi possano condividere i file descriptor della \textit{pipe}, e per
153 questo essi devono comunque essere \textsl{parenti} (dall'inglese
154 \textit{siblings}), cioè o derivare da uno stesso processo padre in cui è
155 avvenuta la creazione della \textit{pipe}, o, più comunemente, essere nella
156 relazione padre/figlio.
158 A differenza di quanto avviene con i file normali, la lettura da una
159 \textit{pipe} può essere bloccante (qualora non siano presenti dati), inoltre
160 se si legge da una \textit{pipe} il cui capo in scrittura è stato chiuso, si
161 avrà la ricezione di un EOF (vale a dire che la funzione \func{read} ritornerà
162 restituendo 0). Se invece si esegue una scrittura su una \textit{pipe} il cui
163 capo in lettura non è aperto il processo riceverà il segnale \signal{SIGPIPE},
164 e la funzione di scrittura restituirà un errore di \errcode{EPIPE} (al ritorno
165 del gestore, o qualora il segnale sia ignorato o bloccato).
167 La dimensione del buffer della \textit{pipe} (\const{PIPE\_BUF}) ci dà inoltre
168 un'altra importante informazione riguardo il comportamento delle operazioni di
169 lettura e scrittura su di una \textit{pipe}; esse infatti sono atomiche
170 fintanto che la quantità di dati da scrivere non supera questa
171 dimensione. Qualora ad esempio si effettui una scrittura di una quantità di
172 dati superiore l'operazione verrà effettuata in più riprese, consentendo
173 l'intromissione di scritture effettuate da altri processi.
175 La dimensione originale del buffer era di 4096 byte (uguale ad una pagina di
176 memoria) fino al kernel 2.6.11, ed è stata portata in seguito a 64kb; ma a
177 partire dal kernel 2.6.35 è stata resa disponibile l'operazione di controllo
178 \const{F\_SETPIPE\_SZ} (vedi sez.~\ref{sec:ipc_pipes}) che consente di
179 modificarne la dimensione.
183 \subsection{Un esempio dell'uso delle \textit{pipe}}
184 \label{sec:ipc_pipe_use}
186 Per capire meglio il funzionamento delle \textit{pipe} faremo un esempio di
187 quello che è il loro uso più comune, analogo a quello effettuato della shell,
188 e che consiste nell'inviare l'output di un processo (lo standard output)
189 sull'input di un altro. Realizzeremo il programma di esempio nella forma di un
190 \textit{CGI}\footnote{quella dei CGI (\textit{Common Gateway Interface}) è una
191 interfaccia che consente ad un server web di eseguire un programma il cui
192 output (che deve essere opportunamente formattato seguendo le specifiche
193 dell'interfaccia) può essere presentato come risposta ad una richiesta HTTP
194 al posto del contenuto di un file, e che ha costituito probabilmente la
195 prima modalità con cui sono state create pagine HTML dinamiche.} che genera
196 una immagine JPEG di un codice a barre, specificato come argomento in
199 Un programma che deve essere eseguito come \textit{CGI} deve rispondere a
200 delle caratteristiche specifiche, esso infatti non viene lanciato da una
201 shell, ma dallo stesso web server, alla richiesta di una specifica URL, che di
204 http://www.sito.it/cgi-bin/programma?argomento
206 ed il risultato dell'elaborazione deve essere presentato (con una intestazione
207 che ne descrive il \textit{mime-type}) sullo \textit{standard output}, in modo
208 che il server web possa reinviarlo al browser che ha effettuato la richiesta,
209 che in questo modo è in grado di visualizzarlo opportunamente.
213 \includegraphics[height=5cm]{img/pipeuse}
214 \caption{Schema dell'uso di una \textit{pipe} come mezzo di comunicazione fra
215 due processi attraverso l'esecuzione una \func{fork} e la chiusura dei
216 capi non utilizzati.}
217 \label{fig:ipc_pipe_use}
220 Per realizzare quanto voluto useremo in sequenza i programmi \cmd{barcode} e
221 \cmd{gs}, il primo infatti è in grado di generare immagini PostScript di
222 codici a barre corrispondenti ad una qualunque stringa, mentre il secondo
223 serve per poter effettuare la conversione della stessa immagine in formato
224 JPEG. Usando una \textit{pipe} potremo inviare l'output del primo sull'input del
225 secondo, secondo lo schema mostrato in fig.~\ref{fig:ipc_pipe_use}, in cui la
226 direzione del flusso dei dati è data dalle frecce continue.
228 Si potrebbe obiettare che sarebbe molto più semplice salvare il risultato
229 intermedio su un file temporaneo. Questo però non tiene conto del fatto che un
230 \textit{CGI} può essere eseguito più volte in contemporanea, e si avrebbe una
231 evidente \itindex{race~condition} \textit{race condition} in caso di accesso
232 simultaneo a detto file da istanze diverse. Il problema potrebbe essere
233 superato utilizzando un sempre diverso per il file temporaneo, che verrebbe
234 creato all'avvio di ogni istanza, utilizzato dai sottoprocessi, e cancellato
235 alla fine della sua esecuzione; ma a questo punto le cose non sarebbero più
236 tanto semplici. L'uso di una \textit{pipe} invece permette di risolvere il
237 problema in maniera semplice ed elegante, oltre ad essere molto più
238 efficiente, dato che non si deve scrivere su disco.
240 Il programma ci servirà anche come esempio dell'uso delle funzioni di
241 duplicazione dei file descriptor che abbiamo trattato in
242 sez.~\ref{sec:file_dup}, in particolare di \func{dup2}. È attraverso queste
243 funzioni infatti che è possibile dirottare gli stream standard dei processi
244 (che abbiamo visto in tab.~\ref{tab:file_std_files} e
245 sez.~\ref{sec:file_stream}) sulla \textit{pipe}. In
246 fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code} abbiamo riportato il corpo del programma,
247 il cui codice completo è disponibile nel file \file{BarCodePage.c} che si
248 trova nella directory dei sorgenti.
251 \footnotesize \centering
252 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
253 \includecodesample{listati/BarCodePage.c}
256 \caption{Sezione principale del codice del \textit{CGI}
257 \file{BarCodePage.c}.}
258 \label{fig:ipc_barcodepage_code}
261 La prima operazione del programma (\texttt{\small 4--12}) è quella di creare
262 le due \textit{pipe} che serviranno per la comunicazione fra i due comandi
263 utilizzati per produrre il codice a barre; si ha cura di controllare la
264 riuscita della chiamata, inviando in caso di errore un messaggio invece
265 dell'immagine richiesta. La funzione \func{WriteMess} non è riportata in
266 fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code}; essa si incarica semplicemente di
267 formattare l'uscita alla maniera dei CGI, aggiungendo l'opportuno
268 \textit{mime-type}, e formattando il messaggio in HTML, in modo che
269 quest'ultimo possa essere visualizzato correttamente da un browser.
271 Una volta create le \textit{pipe}, il programma può creare (\texttt{\small
272 13-17}) il primo processo figlio, che si incaricherà (\texttt{\small
273 19--25}) di eseguire \cmd{barcode}. Quest'ultimo legge dallo standard input
274 una stringa di caratteri, la converte nell'immagine PostScript del codice a
275 barre ad essa corrispondente, e poi scrive il risultato direttamente sullo
278 Per poter utilizzare queste caratteristiche prima di eseguire \cmd{barcode} si
279 chiude (\texttt{\small 20}) il capo aperto in scrittura della prima
280 \textit{pipe}, e se ne collega (\texttt{\small 21}) il capo in lettura allo
281 \textit{standard input} usando \func{dup2}. Si ricordi che invocando
282 \func{dup2} il secondo file, qualora risulti aperto, viene, come nel caso
283 corrente, chiuso prima di effettuare la duplicazione. Allo stesso modo, dato
284 che \cmd{barcode} scrive l'immagine PostScript del codice a barre sullo
285 standard output, per poter effettuare una ulteriore redirezione il capo in
286 lettura della seconda \textit{pipe} viene chiuso (\texttt{\small 22}) mentre
287 il capo in scrittura viene collegato allo standard output (\texttt{\small
290 In questo modo all'esecuzione (\texttt{\small 25}) di \cmd{barcode} (cui si
291 passa in \var{size} la dimensione della pagina per l'immagine) quest'ultimo
292 leggerà dalla prima \textit{pipe} la stringa da codificare che gli sarà
293 inviata dal padre, e scriverà l'immagine PostScript del codice a barre sulla
296 Al contempo una volta lanciato il primo figlio, il processo padre prima chiude
297 (\texttt{\small 26}) il capo inutilizzato della prima \textit{pipe} (quello in
298 ingresso) e poi scrive (\texttt{\small 27}) la stringa da convertire sul capo
299 in uscita, così che \cmd{barcode} possa riceverla dallo \textit{standard
300 input}. A questo punto l'uso della prima \textit{pipe} da parte del padre è
301 finito ed essa può essere definitivamente chiusa (\texttt{\small 28}), si
302 attende poi (\texttt{\small 29}) che l'esecuzione di \cmd{barcode} sia
305 Alla conclusione della sua esecuzione \cmd{barcode} avrà inviato l'immagine
306 PostScript del codice a barre sul capo in scrittura della seconda
307 \textit{pipe}; a questo punto si può eseguire la seconda conversione, da PS a
308 JPEG, usando il programma \cmd{gs}. Per questo si crea (\texttt{\small
309 30--34}) un secondo processo figlio, che poi (\texttt{\small 35--42})
310 eseguirà questo programma leggendo l'immagine PostScript creata da
311 \cmd{barcode} dallo \textit{standard input}, per convertirla in JPEG.
313 Per fare tutto ciò anzitutto si chiude (\texttt{\small 37}) il capo in
314 scrittura della seconda \textit{pipe}, e se ne collega (\texttt{\small 38}) il
315 capo in lettura allo \textit{standard input}. Per poter formattare l'output
316 del programma in maniera utilizzabile da un browser, si provvede anche
317 \texttt{\small 40}) alla scrittura dell'apposita stringa di identificazione
318 del \textit{mime-type} in testa allo \textit{standard output}. A questo punto
319 si può invocare \texttt{\small 41}) \cmd{gs}, provvedendo le opportune opzioni
320 del comando che consentono di leggere il file da convertire dallo
321 \textit{standard input} e di inviare la conversione sullo \textit{standard
324 Per completare le operazioni il processo padre chiude (\texttt{\small 44}) il
325 capo in scrittura della seconda \textit{pipe}, e attende la conclusione del
326 figlio (\texttt{\small 45}); a questo punto può (\texttt{\small 46})
327 uscire. Si tenga conto che l'operazione di chiudere il capo in scrittura della
328 seconda \textit{pipe} è necessaria, infatti, se non venisse chiusa, \cmd{gs},
329 che legge il suo \textit{standard input} da detta \textit{pipe}, resterebbe
330 bloccato in attesa di ulteriori dati in ingresso (l'unico modo che un
331 programma ha per sapere che i dati in ingresso sono terminati è rilevare che
332 lo \textit{standard input} è stato chiuso), e la \func{wait} non ritornerebbe.
335 \subsection{Le funzioni \func{popen} e \func{pclose}}
336 \label{sec:ipc_popen}
338 Come si è visto la modalità più comune di utilizzo di una \textit{pipe} è
339 quella di utilizzarla per fare da tramite fra output ed input di due programmi
340 invocati in sequenza; per questo motivo lo standard POSIX.2 ha introdotto due
341 funzioni che permettono di sintetizzare queste operazioni. La prima di esse si
342 chiama \funcd{popen} ed il suo prototipo è:
347 \fdecl{FILE *popen(const char *command, const char *type)}
348 \fdesc{Esegue un programma dirottando l'uscita su una \textit{pipe}.}
351 {La funzione ritorna l'indirizzo dello stream associato alla \textit{pipe} in
352 caso di successo e \val{NULL} per un errore, nel qual caso \var{errno} potrà
353 assumere i valori relativi alle sottostanti invocazioni di \func{pipe} e
354 \func{fork} o \errcode{EINVAL} se \param{type} non è valido.}
357 La funzione crea una \textit{pipe}, esegue una \func{fork} creando un nuovo
358 processe nel quale invoca il programma \param{command} attraverso la shell (in
359 sostanza esegue \file{/bin/sh} con il flag \code{-c}).
360 L'argomento \param{type} deve essere una delle due stringhe \verb|"w"| o
361 \verb|"r"|, per richiedere che la \textit{pipe} restituita come valore di
362 ritorno sia collegata allo \textit{standard input} o allo \textit{standard
363 output} del comando invocato.
365 La funzione restituisce il puntatore ad uno stream associato alla
366 \textit{pipe} creata, che sarà aperto in sola lettura (e quindi associato allo
367 \textit{standard output} del programma indicato) in caso si sia indicato
368 \code{r}, o in sola scrittura (e quindi associato allo \textit{standard
369 input}) in caso di \code{w}. A partire dalla versione 2.9 delle \acr{glibc}
370 (questa è una estensione specifica di Linux) all'argomento \param{type} può
371 essere aggiunta la lettera ``\texttt{e}'' per impostare automaticamente il
372 flag di \textit{close-on-exec} \itindex{close-on-exec} sul file descriptor
373 sottostante (si ricordi quanto spiegato in sez.~\ref{sec:file_open_close}).
375 Lo \textit{stream} restituito da \func{popen} è identico a tutti gli effetti
376 ai \textit{file stream} visti in sez.~\ref{sec:files_std_interface}, anche se
377 è collegato ad una \textit{pipe} e non ad un file, e viene sempre aperto in
378 modalità \textit{fully-buffered} (vedi sez.~\ref{sec:file_buffering}); l'unica
379 differenza con gli usuali stream è che dovrà essere chiuso dalla seconda delle
380 due nuove funzioni, \funcd{pclose}, il cui prototipo è:
384 \fdecl{int pclose(FILE *stream)}
385 \fdesc{Chiude una \textit{pipe} creata con \func{popen}.}
388 {La funzione ritorna lo stato del processo creato da \func{popen} in caso di
389 successo e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori
390 derivanti dalle sottostanti funzioni \func{fclose} e \func{wait4}.}
393 La funzione chiude il file \param{stream} associato ad una \textit{pipe}
394 creato da una precedente \func{popen}, ed oltre alla chiusura dello stream si
395 incarica anche di attendere (tramite \func{wait4}) la conclusione del processo
396 creato dalla precedente \func{popen}. Se lo stato di uscita non può essere
397 letto la funzione restituirà per \var{errno} un errore di \errval{ECHILD}.
399 Per illustrare l'uso di queste due funzioni riprendiamo il problema
400 precedente: il programma mostrato in fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code} per
401 quanto funzionante, è volutamente codificato in maniera piuttosto complessa,
402 inoltre doveva scontare un problema di \cmd{gs} che non era in grado di
403 riconoscere correttamente l'Encapsulated PostScript,\footnote{si fa
404 riferimento alla versione di GNU Ghostscript 6.53 (2002-02-13), usata quando
405 l'esempio venne scritto per la prima volta.} per cui si era utilizzato il
406 PostScript semplice, generando una pagina intera invece che una immagine delle
407 dimensioni corrispondenti al codice a barre.
409 Se si vuole generare una immagine di dimensioni appropriate si deve usare un
410 approccio diverso. Una possibilità sarebbe quella di ricorrere ad ulteriore
411 programma, \cmd{epstopsf}, per convertire in PDF un file EPS (che può essere
412 generato da \cmd{barcode} utilizzando l'opzione \cmd{-E}). Utilizzando un PDF
413 al posto di un EPS \cmd{gs} esegue la conversione rispettando le dimensioni
414 originarie del codice a barre e produce un JPEG di dimensioni corrette.
416 Questo approccio però non può funzionare per via di una delle caratteristiche
417 principali delle \textit{pipe}. Per poter effettuare la conversione di un PDF
418 infatti è necessario, per la struttura del formato, potersi spostare (con
419 \func{lseek}) all'interno del file da convertire. Se si esegue la conversione
420 con \cmd{gs} su un file regolare non ci sono problemi, una \textit{pipe} però
421 è rigidamente sequenziale, e l'uso di \func{lseek} su di essa fallisce sempre
422 con un errore di \errcode{ESPIPE}, rendendo impossibile la conversione.
423 Questo ci dice che in generale la concatenazione di vari programmi funzionerà
424 soltanto quando tutti prevedono una lettura sequenziale del loro input.
426 Per questo motivo si è dovuto utilizzare un procedimento diverso, eseguendo
427 prima la conversione (sempre con \cmd{gs}) del PS in un altro formato
428 intermedio, il PPM,\footnote{il \textit{Portable PixMap file format} è un
429 formato usato spesso come formato intermedio per effettuare conversioni, è
430 infatti molto facile da manipolare, dato che usa caratteri ASCII per
431 memorizzare le immagini, anche se per questo è estremamente inefficiente
432 come formato di archiviazione.} dal quale poi si può ottenere un'immagine
433 di dimensioni corrette attraverso vari programmi di manipolazione
434 (\cmd{pnmcrop}, \cmd{pnmmargin}) che può essere infine trasformata in PNG (con
437 In questo caso però occorre eseguire in sequenza ben quattro comandi diversi,
438 inviando l'uscita di ciascuno all'ingresso del successivo, per poi ottenere il
439 risultato finale sullo \textit{standard output}: un caso classico di
440 utilizzazione delle \textit{pipe}, in cui l'uso di \func{popen} e \func{pclose}
441 permette di semplificare notevolmente la stesura del codice.
443 Nel nostro caso, dato che ciascun processo deve scrivere la sua uscita sullo
444 \textit{standard input} del successivo, occorrerà usare \func{popen} aprendo
445 la \textit{pipe} in scrittura. Il codice del nuovo programma è riportato in
446 fig.~\ref{fig:ipc_barcode_code}. Come si può notare l'ordine di invocazione
447 dei programmi è l'inverso di quello in cui ci si aspetta che vengano
448 effettivamente eseguiti. Questo non comporta nessun problema dato che la
449 lettura su una \textit{pipe} è bloccante, per cui un processo, anche se
450 lanciato per primo, se non ottiene i dati che gli servono si bloccherà in
451 attesa sullo \textit{standard input} finché non otterrà il risultato
452 dell'elaborazione del processo che li deve creare, che pur essendo logicamente
453 precedente, viene lanciato dopo di lui.
456 \footnotesize \centering
457 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
458 \includecodesample{listati/BarCode.c}
461 \caption{Codice completo del \textit{CGI} \file{BarCode.c}.}
462 \label{fig:ipc_barcode_code}
465 Nel nostro caso il primo passo (\texttt{\small 14}) è scrivere il
466 \textit{mime-type} sullo \textit{standard output}; a questo punto il processo
467 padre non necessita più di eseguire ulteriori operazioni sullo
468 \textit{standard output} e può tranquillamente provvedere alla redirezione.
470 Dato che i vari programmi devono essere lanciati in successione, si è
471 approntato un ciclo (\texttt{\small 15--19}) che esegue le operazioni in
472 sequenza: prima crea una \textit{pipe} (\texttt{\small 17}) per la scrittura
473 eseguendo il programma con \func{popen}, in modo che essa sia collegata allo
474 \textit{standard input}, e poi redirige (\texttt{\small 18}) lo
475 \textit{standard output} su detta \textit{pipe}.
477 In questo modo il primo processo ad essere invocato (che è l'ultimo della
478 catena) scriverà ancora sullo \textit{standard output} del processo padre, ma
479 i successivi, a causa di questa redirezione, scriveranno sulla \textit{pipe}
480 associata allo \textit{standard input} del processo invocato nel ciclo
483 Alla fine tutto quello che resta da fare è lanciare (\texttt{\small 21}) il
484 primo processo della catena, che nel caso è \cmd{barcode}, e scrivere
485 (\texttt{\small 23}) la stringa del codice a barre sulla \textit{pipe}, che è
486 collegata al suo \textit{standard input}, infine si può eseguire
487 (\texttt{\small 24--27}) un ciclo che chiuda con \func{pclose}, nell'ordine
488 inverso rispetto a quello in cui le si sono create, tutte le \textit{pipe}
489 create in precedenza.
492 \subsection{Le \textit{pipe} con nome, o \textit{fifo}}
493 \label{sec:ipc_named_pipe}
495 Come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_pipes} il problema delle \textit{pipe} è
496 che esse possono essere utilizzate solo da processi con un progenitore comune
497 o nella relazione padre/figlio. Per superare questo problema lo standard
498 POSIX.1 ha introdotto le \textit{fifo}, che hanno le stesse caratteristiche
499 delle \textit{pipe}, ma che invece di essere visibili solo attraverso un file
500 descriptor creato all'interno di un processo da una \textit{system call}
501 apposita, costituiscono un oggetto che risiede sul filesystem (si rammenti
502 quanto detto in sez.~\ref{sec:file_file_types}) che può essere aperto come un
503 qualunque file, così che i processi le possono usare senza dovere per forza
504 essere in una relazione di \textsl{parentela}.
506 Utilizzando una \textit{fifo} tutti i dati passeranno, come per le
507 \textit{pipe}, attraverso un buffer nel kernel, senza transitare dal
508 filesystem. Il fatto che siano associate ad un \itindex{inode}
509 \textit{inode} presente sul filesystem serve infatti solo a fornire un punto
510 di accesso per i processi, che permetta a questi ultimi di accedere alla
511 stessa \textit{fifo} senza avere nessuna relazione, con una semplice
512 \func{open}. Il comportamento delle funzioni di lettura e scrittura è identico
513 a quello illustrato per le \textit{pipe} in sez.~\ref{sec:ipc_pipes}.
515 Abbiamo già trattato in sez.~\ref{sec:file_mknod} le funzioni \func{mknod} e
516 \func{mkfifo} che permettono di creare una \textit{fifo}. Per utilizzarne una
517 un processo non avrà che da aprire il relativo \index{file!speciali} file
518 speciale o in lettura o scrittura; nel primo caso il processo sarà collegato
519 al capo di uscita della \textit{fifo}, e dovrà leggere, nel secondo al capo di
520 ingresso, e dovrà scrivere.
522 Il kernel alloca un singolo buffer per ciascuna \textit{fifo} che sia stata
523 aperta, e questa potrà essere acceduta contemporaneamente da più processi, sia
524 in lettura che in scrittura. Dato che per funzionare deve essere aperta in
525 entrambe le direzioni, per una \textit{fifo} la funzione \func{open} di norma
526 si blocca se viene eseguita quando l'altro capo non è aperto.
528 Le \textit{fifo} però possono essere anche aperte in modalità
529 \textsl{non-bloccante}, nel qual caso l'apertura del capo in lettura avrà
530 successo solo quando anche l'altro capo è aperto, mentre l'apertura del capo
531 in scrittura restituirà l'errore di \errcode{ENXIO} fintanto che non verrà
532 aperto il capo in lettura.
534 In Linux è possibile aprire le \textit{fifo} anche in lettura/scrittura (lo
535 standard POSIX lascia indefinito il comportamento in questo caso) operazione
536 che avrà sempre successo immediato qualunque sia la modalità di apertura,
537 bloccante e non bloccante. Questo può essere utilizzato per aprire comunque
538 una \textit{fifo} in scrittura anche se non ci sono ancora processi il
539 lettura. Infine è possibile anche usare la \textit{fifo} all'interno di un
540 solo processo, nel qual caso però occorre stare molto attenti alla possibili
541 situazioni di stallo: se si cerca di leggere da una \textit{fifo} che non
542 contiene dati si avrà infatti un \itindex{deadlock} \textit{deadlock}
543 immediato, dato che il processo si blocca e quindi non potrà mai eseguire le
544 funzioni di scrittura.
546 Per la loro caratteristica di essere accessibili attraverso il filesystem, è
547 piuttosto frequente l'utilizzo di una \textit{fifo} come canale di
548 comunicazione nelle situazioni un processo deve ricevere informazioni da
549 altri. In questo caso è fondamentale che le operazioni di scrittura siano
550 atomiche; per questo si deve sempre tenere presente che questo è vero soltanto
551 fintanto che non si supera il limite delle dimensioni di \const{PIPE\_BUF} (si
552 ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:ipc_pipes}).
554 A parte il caso precedente, che resta probabilmente il più comune, Stevens
555 riporta in \cite{APUE} altre due casistiche principali per l'uso delle
558 \item Da parte dei comandi di shell, per evitare la creazione di file
559 temporanei quando si devono inviare i dati di uscita di un processo
560 sull'input di parecchi altri (attraverso l'uso del comando \cmd{tee}).
561 \item Come canale di comunicazione fra un client ed un
562 server (il modello \textit{client-server} è illustrato in
563 sez.~\ref{sec:net_cliserv}).
566 Nel primo caso quello che si fa è creare tante \textit{fifo} da usare come
567 \textit{standard input} quanti sono i processi a cui i vogliono inviare i
568 dati; questi ultimi saranno stati posti in esecuzione ridirigendo lo
569 \textit{standard input} dalle \textit{fifo}, si potrà poi eseguire il processo
570 che fornisce l'output replicando quest'ultimo, con il comando \cmd{tee}, sulle
573 Il secondo caso è relativamente semplice qualora si debba comunicare con un
574 processo alla volta, nel qual caso basta usare due \textit{fifo}, una per
575 leggere ed una per scrivere. Le cose diventano invece molto più complesse
576 quando si vuole effettuare una comunicazione fra un server ed un numero
577 imprecisato di client. Se il primo infatti può ricevere le richieste
578 attraverso una \textit{fifo} ``\textsl{nota}'', per le risposte non si può
579 fare altrettanto, dato che, per la struttura sequenziale delle \textit{fifo},
580 i client dovrebbero sapere prima di leggerli quando i dati inviati sono
583 Per risolvere questo problema, si può usare un'architettura come quella
584 illustrata in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server_arch} in cui i client
585 inviano le richieste al server su una \textit{fifo} nota mentre le
586 risposte vengono reinviate dal server a ciascuno di essi su una
587 \textit{fifo} temporanea creata per l'occasione.
591 \includegraphics[height=9cm]{img/fifoserver}
592 \caption{Schema dell'utilizzo delle \textit{fifo} nella realizzazione di una
593 architettura di comunicazione client/server.}
594 \label{fig:ipc_fifo_server_arch}
597 Come esempio di uso questa architettura e dell'uso delle \textit{fifo},
598 abbiamo scritto un server di \textit{fortunes}, che restituisce, alle
599 richieste di un client, un detto a caso estratto da un insieme di frasi. Sia
600 il numero delle frasi dell'insieme, che i file da cui esse vengono lette
601 all'avvio, sono impostabili da riga di comando. Il corpo principale del
602 server è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server}, dove si è
603 tralasciata la parte che tratta la gestione delle opzioni a riga di comando,
604 che effettua l'impostazione delle variabili \var{fortunefilename}, che indica
605 il file da cui leggere le frasi, ed \var{n}, che indica il numero di frasi
606 tenute in memoria, ad un valore diverso da quelli preimpostati. Il codice
607 completo è nel file \file{FortuneServer.c}.
609 \begin{figure}[!htbp]
610 \footnotesize \centering
611 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
612 \includecodesample{listati/FortuneServer.c}
615 \caption{Sezione principale del codice del server di \textit{fortunes}
616 basato sulle \textit{fifo}.}
617 \label{fig:ipc_fifo_server}
620 Il server richiede (\texttt{\small 12}) che sia stata impostata una dimensione
621 dell'insieme delle frasi non nulla, dato che l'inizializzazione del vettore
622 \var{fortune} avviene solo quando questa dimensione viene specificata, la
623 presenza di un valore nullo provoca l'uscita dal programma attraverso la
624 funzione (non riportata) che ne stampa le modalità d'uso. Dopo di che
625 installa (\texttt{\small 13--15}) la funzione che gestisce i segnali di
626 interruzione (anche questa non è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server})
627 che si limita a rimuovere dal filesystem la \textit{fifo} usata dal server per
630 Terminata l'inizializzazione (\texttt{\small 16}) si effettua la chiamata alla
631 funzione \code{FortuneParse} che legge dal file specificato in
632 \var{fortunefilename} le prime \var{n} frasi e le memorizza (allocando
633 dinamicamente la memoria necessaria) nel vettore di puntatori \var{fortune}.
634 Anche il codice della funzione non è riportato, in quanto non direttamente
635 attinente allo scopo dell'esempio.
637 Il passo successivo (\texttt{\small 17--22}) è quello di creare con
638 \func{mkfifo} la \textit{fifo} nota sulla quale il server ascolterà le
639 richieste, qualora si riscontri un errore il server uscirà (escludendo
640 ovviamente il caso in cui la funzione \func{mkfifo} fallisce per la precedente
641 esistenza della \textit{fifo}).
643 Una volta che si è certi che la \textit{fifo} di ascolto esiste la procedura
644 di inizializzazione è completata. A questo punto si può chiamare
645 (\texttt{\small 23}) la funzione \func{daemon} per far proseguire l'esecuzione
646 del programma in background come demone. Si può quindi procedere
647 (\texttt{\small 24--33}) alla apertura della \textit{fifo}: si noti che questo
648 viene fatto due volte, prima in lettura e poi in scrittura, per evitare di
649 dover gestire all'interno del ciclo principale il caso in cui il server è in
650 ascolto ma non ci sono client che effettuano richieste. Si ricordi infatti
651 che quando una \textit{fifo} è aperta solo dal capo in lettura, l'esecuzione di
652 \func{read} ritorna con zero byte (si ha cioè una condizione di end-of-file).
654 Nel nostro caso la prima apertura si bloccherà fintanto che un qualunque
655 client non apre a sua volta la \textit{fifo} nota in scrittura per effettuare la sua
656 richiesta. Pertanto all'inizio non ci sono problemi, il client però, una volta
657 ricevuta la risposta, uscirà, chiudendo tutti i file aperti, compresa la
658 \textit{fifo}. A questo punto il server resta (se non ci sono altri client
659 che stanno effettuando richieste) con la \textit{fifo} chiusa sul lato in
660 lettura, ed in questo stato la funzione \func{read} non si bloccherà in attesa
661 di dati in ingresso, ma ritornerà in continuazione, restituendo una condizione
662 di \textit{end-of-file}.
664 Si è usata questa tecnica per compatibilità, Linux infatti supporta l'apertura
665 delle \textit{fifo} in lettura/scrittura, per cui si sarebbe potuto effettuare
666 una singola apertura con \const{O\_RDWR}; la doppia apertura comunque ha il
667 vantaggio che non si può scrivere per errore sul capo aperto in sola lettura.
669 Per questo motivo, dopo aver eseguito l'apertura in lettura (\texttt{\small
670 24--28}),\footnote{di solito si effettua l'apertura del capo in lettura di
671 una \textit{fifo} in modalità non bloccante, per evitare il rischio di uno
672 stallo: se infatti nessuno apre la \textit{fifo} in scrittura il processo
673 non ritornerà mai dalla \func{open}. Nel nostro caso questo rischio non
674 esiste, mentre è necessario potersi bloccare in lettura in attesa di una
675 richiesta.} si esegue una seconda apertura in scrittura (\texttt{\small
676 29--32}), scartando il relativo file descriptor, che non sarà mai usato, in
677 questo modo però la \textit{fifo} resta comunque aperta anche in scrittura,
678 cosicché le successive chiamate a \func{read} possono bloccarsi.
680 A questo punto si può entrare nel ciclo principale del programma che fornisce
681 le risposte ai client (\texttt{\small 34--50}); questo viene eseguito
682 indefinitamente (l'uscita del server viene effettuata inviando un segnale, in
683 modo da passare attraverso la funzione di chiusura che cancella la
686 Il server è progettato per accettare come richieste dai client delle stringhe
687 che contengono il nome della \textit{fifo} sulla quale deve essere inviata la
688 risposta. Per cui prima (\texttt{\small 35--39}) si esegue la lettura dalla
689 stringa di richiesta dalla \textit{fifo} nota (che a questo punto si bloccherà
690 tutte le volte che non ci sono richieste). Dopo di che, una volta terminata la
691 stringa (\texttt{\small 40}) e selezionato (\texttt{\small 41}) un numero
692 casuale per ricavare la frase da inviare, si procederà (\texttt{\small
693 42--46}) all'apertura della \textit{fifo} per la risposta, che poi
694 \texttt{\small 47--48}) vi sarà scritta. Infine (\texttt{\small 49}) si chiude
695 la \textit{fifo} di risposta che non serve più.
697 Il codice del client è invece riportato in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_client},
698 anche in questo caso si è omessa la gestione delle opzioni e la funzione che
699 stampa a video le informazioni di utilizzo ed esce, riportando solo la sezione
700 principale del programma e le definizioni delle variabili. Il codice completo
701 è nel file \file{FortuneClient.c} dei sorgenti allegati.
703 \begin{figure}[!htbp]
704 \footnotesize \centering
705 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
706 \includecodesample{listati/FortuneClient.c}
709 \caption{Sezione principale del codice del client di \textit{fortunes}
710 basato sulle \textit{fifo}.}
711 \label{fig:ipc_fifo_client}
714 La prima istruzione (\texttt{\small 12}) compone il nome della \textit{fifo}
715 che dovrà essere utilizzata per ricevere la risposta dal server. Si usa il
716 \ids{PID} del processo per essere sicuri di avere un nome univoco; dopo di che
717 (\texttt{\small 13-18}) si procede alla creazione del relativo file, uscendo
718 in caso di errore (a meno che il file non sia già presente sul filesystem).
720 A questo punto il client può effettuare l'interrogazione del server, per
721 questo prima si apre la \textit{fifo} nota (\texttt{\small 19--23}), e poi ci
722 si scrive (\texttt{\small 24}) la stringa composta in precedenza, che contiene
723 il nome della \textit{fifo} da utilizzare per la risposta. Infine si richiude
724 la \textit{fifo} del server che a questo punto non serve più (\texttt{\small
727 Inoltrata la richiesta si può passare alla lettura della risposta; anzitutto
728 si apre (\texttt{\small 26--30}) la \textit{fifo} appena creata, da cui si
729 deve riceverla, dopo di che si effettua una lettura (\texttt{\small 31})
730 nell'apposito buffer; si è supposto, come è ragionevole, che le frasi inviate
731 dal server siano sempre di dimensioni inferiori a \const{PIPE\_BUF},
732 tralasciamo la gestione del caso in cui questo non è vero. Infine si stampa
733 (\texttt{\small 32}) a video la risposta, si chiude (\texttt{\small 33}) la
734 \textit{fifo} e si cancella (\texttt{\small 34}) il relativo file. Si noti
735 come la \textit{fifo} per la risposta sia stata aperta solo dopo aver inviato
736 la richiesta, se non si fosse fatto così si avrebbe avuto uno stallo, in
737 quanto senza la richiesta, il server non avrebbe potuto aprirne il capo in
738 scrittura e l'apertura si sarebbe bloccata indefinitamente.
740 Verifichiamo allora il comportamento dei nostri programmi, in questo, come in
741 altri esempi precedenti, si fa uso delle varie funzioni di servizio, che sono
742 state raccolte nella libreria \file{libgapil.so}, per poter usare quest'ultima
743 occorrerà definire la variabile di ambiente \envvar{LD\_LIBRARY\_PATH} in modo
744 che il linker dinamico possa accedervi.
746 In generale questa variabile indica il \textit{pathname} della directory
747 contenente la libreria. Nell'ipotesi (che daremo sempre per verificata) che si
748 facciano le prove direttamente nella directory dei sorgenti (dove di norma
749 vengono creati sia i programmi che la libreria), il comando da dare sarà
750 \code{export LD\_LIBRARY\_PATH=./}; a questo punto potremo lanciare il server,
751 facendogli leggere una decina di frasi, con:
753 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./fortuned -n10}
757 Avendo usato \func{daemon} per eseguire il server in background il comando
758 ritornerà immediatamente, ma potremo verificare con \cmd{ps} che in effetti il
759 programma resta un esecuzione in background, e senza avere associato un
760 terminale di controllo (si ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:sess_daemon}):
762 [piccardi@gont sources]$ \textbf{ps aux}
764 piccardi 27489 0.0 0.0 1204 356 ? S 01:06 0:00 ./fortuned -n10
765 piccardi 27492 3.0 0.1 2492 764 pts/2 R 01:08 0:00 ps aux
768 e si potrà verificare anche che in \file{/tmp} è stata creata la \textit{fifo}
769 di ascolto \file{fortune.fifo}. A questo punto potremo interrogare il server
770 con il programma client; otterremo così:
772 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./fortune}
773 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
774 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
775 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./fortune}
776 Let's call it an accidental feature.
778 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./fortune}
779 ......... Escape the 'Gates' of Hell
782 ::: .:: .:.::. .:: .:: `::. :'
783 ::: :: :: :: :: :: :::.
784 ::: .::. .:: ::. `::::. .:' ::.
785 ...:::.....................::' .::::..
786 -- William E. Roadcap
787 [piccardi@gont sources]$ ./fortune
788 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
789 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
792 e ripetendo varie volte il comando otterremo, in ordine casuale, le dieci
793 frasi tenute in memoria dal server.
795 Infine per chiudere il server basterà inviargli un segnale di terminazione (ad
796 esempio con \cmd{killall fortuned}) e potremo verificare che il gestore del
797 segnale ha anche correttamente cancellato la \textit{fifo} di ascolto da
800 Benché il nostro sistema client-server funzioni, la sua struttura è piuttosto
801 complessa e continua ad avere vari inconvenienti\footnote{lo stesso Stevens,
802 che esamina questa architettura in \cite{APUE}, nota come sia impossibile
803 per il server sapere se un client è andato in crash, con la possibilità di
804 far restare le \textit{fifo} temporanee sul filesystem, di come sia
805 necessario intercettare \signal{SIGPIPE} dato che un client può terminare
806 dopo aver fatto una richiesta, ma prima che la risposta sia inviata (cosa
807 che nel nostro esempio non è stata fatta).}; in generale infatti
808 l'interfaccia delle \textit{fifo} non è adatta a risolvere questo tipo di
809 problemi, che possono essere affrontati in maniera più semplice ed efficace o
810 usando i socket (che tratteremo in dettaglio a partire da
811 cap.~\ref{cha:socket_intro}) o ricorrendo a meccanismi di comunicazione
812 diversi, come quelli che esamineremo in seguito.
816 \subsection{La funzione \func{socketpair}}
817 \label{sec:ipc_socketpair}
819 Un meccanismo di comunicazione molto simile alle \textit{pipe}, ma che non
820 presenta il problema della unidirezionalità del flusso dei dati, è quello dei
821 cosiddetti \textsl{socket locali} (o \textit{Unix domain socket}). Tratteremo
822 in generale i socket in cap.~\ref{cha:socket_intro}, nell'ambito
823 dell'interfaccia che essi forniscono per la programmazione di rete, e vedremo
824 anche (in~sez.~\ref{sec:sock_sa_local}) come si possono utilizzare i
825 \index{file!speciali} file speciali di tipo socket, analoghi a quelli
826 associati alle \textit{fifo} (si rammenti sez.~\ref{sec:file_file_types}) cui
827 si accede però attraverso quella medesima interfaccia; vale però la pena
828 esaminare qui una modalità di uso dei socket locali che li rende
829 sostanzialmente identici ad una \textit{pipe} bidirezionale.
831 La funzione di sistema \funcd{socketpair}, introdotta da BSD ma supportata in
832 genere da qualunque sistema che fornisca l'interfaccia dei socket ed inclusa
833 in POSIX.1-2001, consente infatti di creare una coppia di file descriptor
834 connessi fra loro (tramite un socket, appunto) senza dover ricorrere ad un
835 \index{file!speciali} file speciale sul filesystem. I descrittori sono del
836 tutto analoghi a quelli che si avrebbero con una chiamata a \func{pipe}, con
837 la sola differenza è che in questo caso il flusso dei dati può essere
838 effettuato in entrambe le direzioni. Il prototipo della funzione è:
843 \fdecl{int socketpair(int domain, int type, int protocol, int sv[2])}
844 \fdesc{Crea una coppia di socket connessi fra loro.}
847 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
848 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
850 \item[\errcode{EAFNOSUPPORT}] i socket locali non sono supportati.
851 \item[\errcode{EOPNOTSUPP}] il protocollo specificato non supporta la
852 creazione di coppie di socket.
853 \item[\errcode{EPROTONOSUPPORT}] il protocollo specificato non è supportato.
855 ed inoltre \errval{EFAULT}, \errval{EMFILE} e \errval{ENFILE} nel loro
856 significato generico.}
859 La funzione restituisce in \param{sv} la coppia di descrittori connessi fra di
860 loro: quello che si scrive su uno di essi sarà ripresentato in input
861 sull'altro e viceversa. Gli argomenti \param{domain}, \param{type} e
862 \param{protocol} derivano dall'interfaccia dei socket (vedi
863 sez.~\ref{sec:sock_creation}) che è quella che fornisce il substrato per
864 connettere i due descrittori, ma in questo caso i soli valori validi che
865 possono essere specificati sono rispettivamente \const{AF\_UNIX},
866 \const{SOCK\_STREAM} e \val{0}.
868 A partire dal kernel 2.6.27 la funzione supporta anche l'uso dei flag
869 \const{SOCK\_NONBLOCK} e \const{SOCK\_CLOEXEC} (trattati in
870 sez.~\ref{sec:sock_type}) nell'indicazione del tipo di socket, con effetto
871 identico agli analoghi \const{O\_CLOEXEC} e \const{O\_NONBLOCK} di una
872 \func{open} (vedi tab.~\ref{tab:open_operation_flag}).
874 L'utilità di chiamare questa funzione per evitare due chiamate a \func{pipe}
875 può sembrare limitata; in realtà l'utilizzo di questa funzione (e dei socket
876 locali in generale) permette di trasmettere attraverso le linea non solo dei
877 dati, ma anche dei file descriptor: si può cioè passare da un processo ad un
878 altro un file descriptor, con una sorta di duplicazione dello stesso non
879 all'interno di uno stesso processo, ma fra processi distinti (torneremo su
880 questa funzionalità in sez.~\ref{sec:sock_fd_passing}).
883 \section{L'intercomunicazione fra processi di System V}
886 Benché le \textit{pipe} e le \textit{fifo} siano ancora ampiamente usate, esse
887 scontano il limite fondamentale che il meccanismo di comunicazione che
888 forniscono è rigidamente sequenziale: una situazione in cui un processo scrive
889 qualcosa che molti altri devono poter leggere non può essere implementata con
892 Per questo nello sviluppo di System V vennero introdotti una serie di nuovi
893 oggetti per la comunicazione fra processi ed una nuova interfaccia di
894 programmazione, poi inclusa anche in POSIX.1-2001, che fossero in grado di
895 garantire una maggiore flessibilità. In questa sezione esamineremo come Linux
896 supporta quello che viene chiamato il \textsl{Sistema di comunicazione fra
897 processi} di System V, cui da qui in avanti faremo riferimento come
898 \textit{SysV-IPC} (dove IPC è la sigla di \textit{Inter-Process
903 \subsection{Considerazioni generali}
904 \label{sec:ipc_sysv_generic}
906 La principale caratteristica del \textit{SysV-IPC} è quella di essere basato
907 su oggetti permanenti che risiedono nel kernel. Questi, a differenza di quanto
908 avviene per i file descriptor, non mantengono un contatore dei riferimenti, e
909 non vengono cancellati dal sistema una volta che non sono più in uso. Questo
910 comporta due problemi: il primo è che, al contrario di quanto avviene per
911 \textit{pipe} e \textit{fifo}, la memoria allocata per questi oggetti non
912 viene rilasciata automaticamente quando non c'è più nessuno che li utilizzi ed
913 essi devono essere cancellati esplicitamente, se non si vuole che restino
914 attivi fino al riavvio del sistema. Il secondo problema è, dato che non c'è
915 come per i file un contatore del numero di riferimenti che ne indichi l'essere
916 in uso, che essi possono essere cancellati anche se ci sono dei processi che
917 li stanno utilizzando, con tutte le conseguenze (ovviamente assai sgradevoli)
920 Un'ulteriore caratteristica negativa è che gli oggetti usati nel
921 \textit{SysV-IPC} vengono creati direttamente dal kernel, e sono accessibili
922 solo specificando il relativo \textsl{identificatore}. Questo è un numero
923 progressivo (un po' come il \ids{PID} dei processi) che il kernel assegna a
924 ciascuno di essi quanto vengono creati (sul procedimento di assegnazione
925 torneremo in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_id_use}). L'identificatore viene
926 restituito dalle funzioni che creano l'oggetto, ed è quindi locale al processo
927 che le ha eseguite. Dato che l'identificatore viene assegnato dinamicamente
928 dal kernel non è possibile prevedere quale sarà, né utilizzare un qualche
929 valore statico, si pone perciò il problema di come processi diversi possono
930 accedere allo stesso oggetto.
932 Per risolvere il problema nella struttura \struct{ipc\_perm} che il kernel
933 associa a ciascun oggetto, viene mantenuto anche un campo apposito che
934 contiene anche una \textsl{chiave}, identificata da una variabile del tipo
935 primitivo \type{key\_t}, da specificare in fase di creazione dell'oggetto, e
936 tramite la quale è possibile ricavare l'identificatore.\footnote{in sostanza
937 si sposta il problema dell'accesso dalla classificazione in base
938 all'identificatore alla classificazione in base alla chiave, una delle tante
939 complicazioni inutili presenti nel \textit{SysV-IPC}.} Oltre la chiave, la
940 struttura, la cui definizione è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_ipc_perm},
941 mantiene varie proprietà ed informazioni associate all'oggetto.
944 \footnotesize \centering
945 \begin{minipage}[c]{0.80\textwidth}
946 \includestruct{listati/ipc_perm.h}
949 \caption{La struttura \structd{ipc\_perm}, come definita in
950 \headfile{sys/ipc.h}.}
951 \label{fig:ipc_ipc_perm}
954 Usando la stessa chiave due processi diversi possono ricavare l'identificatore
955 associato ad un oggetto ed accedervi. Il problema che sorge a questo punto è
956 come devono fare per accordarsi sull'uso di una stessa chiave. Se i processi
957 sono \textsl{imparentati} la soluzione è relativamente semplice, in tal caso
958 infatti si può usare il valore speciale \texttt{IPC\_PRIVATE} per creare un
959 nuovo oggetto nel processo padre, l'identificatore così ottenuto sarà
960 disponibile in tutti i figli, e potrà essere passato come argomento attraverso
963 Però quando i processi non sono \textsl{imparentati} (come capita tutte le
964 volte che si ha a che fare con un sistema client-server) tutto questo non è
965 possibile; si potrebbe comunque salvare l'identificatore su un file noto, ma
966 questo ovviamente comporta lo svantaggio di doverselo andare a rileggere. Una
967 alternativa più efficace è quella che i programmi usino un valore comune per
968 la chiave (che ad esempio può essere dichiarato in un header comune), ma c'è
969 sempre il rischio che questa chiave possa essere stata già utilizzata da
970 qualcun altro. Dato che non esiste una convenzione su come assegnare queste
971 chiavi in maniera univoca l'interfaccia mette a disposizione una funzione
972 apposita, \funcd{ftok}, che permette di ottenere una chiave specificando il
973 nome di un file ed un numero di versione; il suo prototipo è:
978 \fdecl{key\_t ftok(const char *pathname, int proj\_id)}
979 \fdesc{Restituisce una chiave per identificare un oggetto del \textit{SysV
982 {La funzione ritorna la chiave in caso di successo e $-1$ per un errore, nel
983 qual caso \var{errno} assumerà uno dei possibili codici di errore di
987 La funzione determina un valore della chiave sulla base di \param{pathname},
988 che deve specificare il \textit{pathname} di un file effettivamente esistente
989 e di un numero di progetto \param{proj\_id)}, che di norma viene specificato
990 come carattere, dato che ne vengono utilizzati solo gli 8 bit meno
991 significativi. Nelle \acr{libc4} e \acr{libc5}, come avviene in SunOS,
992 l'argomento \param{proj\_id} è dichiarato tipo \ctyp{char}, la \acr{glibc} usa
993 il prototipo specificato da XPG4, ma vengono lo stesso utilizzati gli 8 bit
996 Il problema è che anche così non c'è la sicurezza che il valore della chiave
997 sia univoco, infatti esso è costruito combinando il byte di \param{proj\_id)}
998 con i 16 bit meno significativi \itindex{inode} dell'inode del file
999 \param{pathname} (che vengono ottenuti attraverso \func{stat}, da cui derivano
1000 i possibili errori), e gli 8 bit meno significativi del numero del dispositivo
1001 su cui è il file. Diventa perciò relativamente facile ottenere delle
1002 collisioni, specie se i file sono su dispositivi con lo stesso
1003 \itindex{minor~number} \textit{minor number}, come \file{/dev/hda1} e
1006 In genere quello che si fa è utilizzare un file comune usato dai programmi che
1007 devono comunicare (ad esempio un header comune, o uno dei programmi che devono
1008 usare l'oggetto in questione), utilizzando il numero di progetto per ottenere
1009 le chiavi che interessano. In ogni caso occorre sempre controllare, prima di
1010 creare un oggetto, che la chiave non sia già stata utilizzata. Se questo va
1011 bene in fase di creazione, le cose possono complicarsi per i programmi che
1012 devono solo accedere, in quanto, a parte gli eventuali controlli sugli altri
1013 attributi di \struct{ipc\_perm}, non esiste una modalità semplice per essere
1014 sicuri che l'oggetto associato ad una certa chiave sia stato effettivamente
1015 creato da chi ci si aspetta.
1017 Questo è, insieme al fatto che gli oggetti sono permanenti e non mantengono un
1018 contatore di riferimenti per la cancellazione automatica, il principale
1019 problema del \textit{SysV-IPC}. Non esiste infatti una modalità chiara per
1020 identificare un oggetto, come sarebbe stato se lo si fosse associato ad in
1021 file, e tutta l'interfaccia è inutilmente complessa. Per questo se ne
1022 sconsiglia assolutamente l'uso nei nuovi programmi, considerato che è ormai
1023 disponibile una revisione completa dei meccamismi di IPC fatta secondo quanto
1024 indicato dallo standard POSIX.1b, che presenta una realizzazione più sicura ed
1025 una interfaccia più semplice, che tratteremo in sez.~\ref{sec:ipc_posix}.
1028 \subsection{Il controllo di accesso}
1029 \label{sec:ipc_sysv_access_control}
1031 Oltre alle chiavi, abbiamo visto in fig.~\ref{fig:ipc_ipc_perm} che ad ogni
1032 oggetto sono associate in \struct{ipc\_perm} ulteriori informazioni, come gli
1033 identificatori del creatore (nei campi \var{cuid} e \var{cgid}) e del
1034 proprietario (nei campi \var{uid} e \var{gid}) dello stesso, e un insieme di
1035 permessi (nel campo \var{mode}). In questo modo è possibile definire un
1036 controllo di accesso sugli oggetti di IPC, simile a quello che si ha per i
1037 file (vedi sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1039 Benché questo controllo di accesso sia molto simile a quello dei file, restano
1040 delle importanti differenze. La prima è che il permesso di esecuzione non
1041 esiste (e se specificato viene ignorato), per cui si può parlare solo di
1042 permessi di lettura e scrittura (nel caso dei semafori poi quest'ultimo è più
1043 propriamente un permesso di modifica). I valori di \var{mode} sono gli stessi
1044 ed hanno lo stesso significato di quelli riportati in
1045 tab.~\ref{tab:file_mode_flags} e come per i file definiscono gli accessi per
1046 il proprietario, il suo gruppo e tutti gli altri.
1048 Se però si vogliono usare le costanti simboliche di
1049 tab.~\ref{tab:file_mode_flags} occorrerà includere anche il file
1050 \headfile{sys/stat.h}; alcuni sistemi definiscono le costanti \const{MSG\_R}
1051 (il valore ottale \texttt{0400}) e \const{MSG\_W} (il valore ottale
1052 \texttt{0200}) per indicare i permessi base di lettura e scrittura per il
1053 proprietario, da utilizzare, con gli opportuni shift, pure per il gruppo e gli
1054 altri. In Linux, visto la loro scarsa utilità, queste costanti non sono
1057 Quando l'oggetto viene creato i campi \var{cuid} e \var{uid} di
1058 \struct{ipc\_perm} ed i campi \var{cgid} e \var{gid} vengono impostati
1059 rispettivamente al valore dell'\ids{UID} e del \ids{GID} effettivo del processo
1060 che ha chiamato la funzione, ma, mentre i campi \var{uid} e \var{gid} possono
1061 essere cambiati, i campi \var{cuid} e \var{cgid} restano sempre gli stessi.
1063 Il controllo di accesso è effettuato a due livelli. Il primo livello è nelle
1064 funzioni che richiedono l'identificatore di un oggetto data la chiave. Queste
1065 specificano tutte un argomento \param{flag}, in tal caso quando viene
1066 effettuata la ricerca di una chiave, qualora \param{flag} specifichi dei
1067 permessi, questi vengono controllati e l'identificatore viene restituito solo
1068 se corrispondono a quelli dell'oggetto. Se ci sono dei permessi non presenti
1069 in \var{mode} l'accesso sarà negato. Questo controllo però è di utilità
1070 indicativa, dato che è sempre possibile specificare per \param{flag} un valore
1071 nullo, nel qual caso l'identificatore sarà restituito comunque.
1073 Il secondo livello di controllo è quello delle varie funzioni che accedono
1074 direttamente (in lettura o scrittura) all'oggetto. In tal caso lo schema dei
1075 controlli è simile a quello dei file, ed avviene secondo questa sequenza:
1077 \item se il processo ha i privilegi di amministratore (più precisamente la
1078 capacità \itindex{capability} \const{CAP\_IPC\_OWNER}) l'accesso è sempre
1080 \item se l'\ids{UID} effettivo del processo corrisponde o al valore del campo
1081 \var{cuid} o a quello del campo \var{uid} ed il permesso per il proprietario
1082 in \var{mode} è appropriato\footnote{per appropriato si intende che è
1083 impostato il permesso di scrittura per le operazioni di scrittura e quello
1084 di lettura per le operazioni di lettura.} l'accesso è consentito.
1085 \item se il \ids{GID} effettivo del processo corrisponde o al
1086 valore del campo \var{cgid} o a quello del campo \var{gid} ed il permesso
1087 per il gruppo in \var{mode} è appropriato l'accesso è consentito.
1088 \item se il permesso per gli altri è appropriato l'accesso è consentito.
1090 solo se tutti i controlli elencati falliscono l'accesso è negato. Si noti che
1091 a differenza di quanto avviene per i permessi dei file, fallire in uno dei
1092 passi elencati non comporta il fallimento dell'accesso. Un'ulteriore
1093 differenza rispetto a quanto avviene per i file è che per gli oggetti di IPC
1094 il valore di \itindex{umask} \textit{umask} (si ricordi quanto esposto in
1095 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) non ha alcun significato.
1098 \subsection{Gli identificatori ed il loro utilizzo}
1099 \label{sec:ipc_sysv_id_use}
1101 L'unico campo di \struct{ipc\_perm} del quale non abbiamo ancora parlato è
1102 \var{seq}, che in fig.~\ref{fig:ipc_ipc_perm} è qualificato con un criptico
1103 ``\textsl{numero di sequenza}'', ne parliamo adesso dato che esso è
1104 strettamente attinente alle modalità con cui il kernel assegna gli
1105 identificatori degli oggetti del sistema di IPC.
1107 Quando il sistema si avvia, alla creazione di ogni nuovo oggetto di IPC viene
1108 assegnato un numero progressivo, pari al numero di oggetti di quel tipo
1109 esistenti. Se il comportamento fosse sempre questo sarebbe identico a quello
1110 usato nell'assegnazione dei file descriptor nei processi, ed i valori degli
1111 identificatori tenderebbero ad essere riutilizzati spesso e restare di piccole
1112 dimensioni (inferiori al numero massimo di oggetti disponibili).
1114 Questo va benissimo nel caso dei file descriptor, che sono locali ad un
1115 processo, ma qui il comportamento varrebbe per tutto il sistema, e per
1116 processi del tutto scorrelati fra loro. Così si potrebbero avere situazioni
1117 come quella in cui un server esce e cancella le sue code di messaggi, ed il
1118 relativo identificatore viene immediatamente assegnato a quelle di un altro
1119 server partito subito dopo, con la possibilità che i client del primo non
1120 facciano in tempo ad accorgersi dell'avvenuto, e finiscano con l'interagire
1121 con gli oggetti del secondo, con conseguenze imprevedibili.
1123 Proprio per evitare questo tipo di situazioni il sistema usa il valore di
1124 \var{seq} per provvedere un meccanismo che porti gli identificatori ad
1125 assumere tutti i valori possibili, rendendo molto più lungo il periodo in cui
1126 un identificatore può venire riutilizzato.
1128 Il sistema dispone sempre di un numero fisso di oggetti di IPC, fino al kernel
1129 2.2.x questi erano definiti dalle costanti \const{MSGMNI}, \const{SEMMNI} e
1130 \const{SHMMNI}, e potevano essere cambiati (come tutti gli altri limiti
1131 relativi al \textit{SysV-IPC}) solo con una ricompilazione del kernel. A
1132 partire dal kernel 2.4.x è possibile cambiare questi valori a sistema attivo
1133 scrivendo sui file \sysctlrelfile{kernel}{shmmni},
1134 \sysctlrelfile{kernel}{msgmni} e \sysctlrelfile{kernel}{sem} di
1135 \file{/proc/sys/kernel} o con l'uso di \func{sysctl}.
1137 \begin{figure}[!htb]
1138 \footnotesize \centering
1139 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1140 \includecodesample{listati/IPCTestId.c}
1143 \caption{Sezione principale del programma di test per l'assegnazione degli
1144 identificatori degli oggetti di IPC \file{IPCTestId.c}.}
1145 \label{fig:ipc_sysv_idtest}
1148 Per ciascun tipo di oggetto di IPC viene mantenuto in \var{seq} un numero di
1149 sequenza progressivo che viene incrementato di uno ogni volta che l'oggetto
1150 viene cancellato. Quando l'oggetto viene creato usando uno spazio che era già
1151 stato utilizzato in precedenza, per restituire il nuovo identificatore al
1152 numero di oggetti presenti viene sommato il valore corrente del campo
1153 \var{seq}, moltiplicato per il numero massimo di oggetti di quel tipo.
1155 Questo in realtà è quanto avveniva fino ai kernel della serie 2.2, dalla serie
1156 2.4 viene usato lo stesso fattore di moltiplicazione per qualunque tipo di
1157 oggetto, utilizzando il valore dalla costante \const{IPCMNI} (definita in
1158 \file{include/linux/ipc.h}), che indica il limite massimo complessivo per il
1159 numero di tutti gli oggetti presenti nel \textit{SysV-IPC}, ed il cui default
1160 è 32768. Si evita così il riutilizzo degli stessi numeri, e si fa sì che
1161 l'identificatore assuma tutti i valori possibili.
1163 In fig.~\ref{fig:ipc_sysv_idtest} è riportato il codice di un semplice
1164 programma di test che si limita a creare un oggetto di ICP (specificato con
1165 una opzione a riga di comando), stamparne il numero di identificatore, e
1166 cancellarlo, il tutto un numero di volte specificato tramite una seconda
1167 opzione. La figura non riporta il codice di selezione delle opzioni, che
1168 permette di inizializzare i valori delle variabili \var{type} al tipo di
1169 oggetto voluto, e \var{n} al numero di volte che si vuole effettuare il ciclo
1170 di creazione, stampa, cancellazione.
1172 I valori di default sono per l'uso delle code di messaggi e per 5 ripetizioni
1173 del ciclo. Per questo motivo se non si utilizzano opzioni verrà eseguito per
1174 cinque volte il ciclo (\texttt{\small 7-11}), in cui si crea una coda di
1175 messaggi (\texttt{\small 8}), se ne stampa l'identificativo (\texttt{\small
1176 9}) e la si rimuove (\texttt{\small 10}). Non stiamo ad approfondire adesso
1177 il significato delle funzioni utilizzate, che verranno esaminate nelle
1180 Quello che ci interessa infatti è verificare l'allocazione degli
1181 identificativi associati agli oggetti; lanciando il comando si otterrà
1182 pertanto qualcosa del tipo:
1184 piccardi@gont sources]$ \textbf{./ipctestid}
1186 Identifier Value 32768
1187 Identifier Value 65536
1188 Identifier Value 98304
1189 Identifier Value 131072
1192 il che ci mostra che stiamo lavorando con un kernel posteriore alla serie 2.2
1193 nel quale non avevamo ancora usato nessuna coda di messaggi (il valore nullo
1194 del primo identificativo indica che il campo \var{seq} era zero). Ripetendo il
1195 comando, e quindi eseguendolo in un processo diverso, in cui non può esistere
1196 nessuna traccia di quanto avvenuto in precedenza, otterremo come nuovo
1199 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./ipctestid}
1200 Identifier Value 163840
1201 Identifier Value 196608
1202 Identifier Value 229376
1203 Identifier Value 262144
1204 Identifier Value 294912
1207 in cui la sequenza numerica prosegue, cosa che ci mostra come il valore di
1208 \var{seq} continui ad essere incrementato e costituisca in effetti una
1209 quantità mantenuta all'interno del sistema ed indipendente dai processi.
1212 \subsection{Code di messaggi}
1213 \label{sec:ipc_sysv_mq}
1215 Il primo oggetto introdotto dal \textit{SysV-IPC} è quello delle code di
1216 messaggi. Le code di messaggi sono oggetti analoghi alle \textit{pipe} o alle
1217 \textit{fifo} ed il loro scopo principale è quello di fornire a processi
1218 diversi un meccanismo con cui scambiarsi dei dati in forma di messaggio. Dato
1219 che le \textit{pipe} e le \textit{fifo} costituiscono una ottima alternativa,
1220 ed in genere sono molto più semplici da usare, le code di messaggi sono il
1221 meno utilizzato degli oggetti introdotti dal \textit{SysV-IPC}.
1223 La funzione di sistema che permette di ottenere l'identificativo di una coda
1224 di messaggi esistente per potervi accedere, oppure di creare una nuova coda
1225 qualora quella indicata non esista ancora, è \funcd{msgget}, e il suo
1232 \fdecl{int msgget(key\_t key, int flag)}
1233 \fdesc{Ottiene o crea una coda di messaggi.}
1236 {La funzione ritorna l'identificatore (un intero positivo) in caso di successo
1237 e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1239 \item[\errcode{EACCES}] il processo chiamante non ha i privilegi per
1240 accedere alla coda richiesta.
1241 \item[\errcode{EEXIST}] si è richiesta la creazione di una coda che già
1242 esiste, ma erano specificati sia \const{IPC\_CREAT} che \const{IPC\_EXCL}.
1243 \item[\errcode{EIDRM}] la coda richiesta è marcata per essere cancellata
1244 (solo fino al kernel 2.3.20).
1245 \item[\errcode{ENOENT}] si è cercato di ottenere l'identificatore di una coda
1246 di messaggi specificando una chiave che non esiste e \const{IPC\_CREAT}
1247 non era specificato.
1248 \item[\errcode{ENOSPC}] si è cercato di creare una coda di messaggi quando è
1249 stato superato il limite massimo di code (\const{MSGMNI}).
1251 ed inoltre \errval{ENOMEM} nel suo significato generico.}
1254 Le funzione (come le analoghe che si usano per gli altri oggetti) serve sia a
1255 ottenere l'identificatore di una coda di messaggi esistente, che a crearne una
1256 nuova. L'argomento \param{key} specifica la chiave che è associata
1257 all'oggetto, eccetto il caso in cui si specifichi il valore
1258 \const{IPC\_PRIVATE}, nel qual caso la coda è creata ex-novo e non vi è
1259 associata alcuna chiave (per questo viene detta \textsl{privata}), ed il
1260 processo e i suoi eventuali figli potranno farvi riferimento solo attraverso
1263 Se invece si specifica un valore diverso da \const{IPC\_PRIVATE} (in Linux
1264 questo significa un valore diverso da zero) l'effetto della funzione dipende
1265 dal valore di \param{flag}, se questo è nullo la funzione si limita ad
1266 effettuare una ricerca sugli oggetti esistenti, restituendo l'identificatore
1267 se trova una corrispondenza, o fallendo con un errore di \errcode{ENOENT} se
1268 non esiste o di \errcode{EACCES} se si sono specificati dei permessi non
1271 Se invece si vuole creare una nuova coda di messaggi \param{flag} non può
1272 essere nullo e deve essere fornito come maschera binaria, impostando il bit
1273 corrispondente al valore \const{IPC\_CREAT}. In questo caso i nove bit meno
1274 significativi di \param{flag} saranno usati come permessi per il nuovo
1275 oggetto, secondo quanto illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}.
1276 Se si imposta anche il bit corrispondente a \const{IPC\_EXCL} la funzione avrà
1277 successo solo se l'oggetto non esiste già, fallendo con un errore di
1278 \errcode{EEXIST} altrimenti.
1280 Si tenga conto che l'uso di \const{IPC\_PRIVATE} non impedisce ad altri
1281 processi di accedere alla coda, se hanno privilegi sufficienti, una volta che
1282 questi possano indovinare o ricavare, ad esempio per tentativi,
1283 l'identificatore ad essa associato. Per come sono implementati gli oggetti di
1284 IPC infatti non esiste alcun modo in cui si possa garantire l'accesso
1285 esclusivo ad una coda di messaggi. Usare \const{IPC\_PRIVATE} o
1286 \const{IPC\_CREAT} e \const{IPC\_EXCL} per \param{flag} comporta solo la
1287 creazione di una nuova coda.
1292 \begin{tabular}[c]{|c|r|l|l|}
1294 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{File in \file{/proc}}
1295 & \textbf{Significato} \\
1298 \const{MSGMNI}& 16& \file{msgmni} & Numero massimo di code di
1300 \const{MSGMAX}& 8192& \file{msgmax} & Dimensione massima di un singolo
1302 \const{MSGMNB}&16384& \file{msgmnb} & Dimensione massima del contenuto di
1306 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti delle code di messaggi.}
1307 \label{tab:ipc_msg_limits}
1310 Le code di messaggi sono caratterizzate da tre limiti fondamentali, un tempo
1311 definiti staticamente e corrispondenti alle prime tre costanti riportate in
1312 tab.~\ref{tab:ipc_msg_limits}. Come accennato però con tutte le versioni più
1313 recenti del kernel con Linux è possibile modificare questi limiti attraverso
1314 l'uso di \func{sysctl} o scrivendo nei file \sysctlrelfile{kernel}{msgmax},
1315 \sysctlrelfile{kernel}{msgmnb} e \sysctlrelfile{kernel}{msgmni} di
1316 \file{/proc/sys/kernel/}.
1318 Una coda di messaggi è costituita da una \itindex{linked~list} \textit{linked
1319 list}.\footnote{una \itindex{linked~list} \textit{linked list} è una tipica
1320 struttura di dati, organizzati in una lista in cui ciascun elemento contiene
1321 un puntatore al successivo. In questo modo la struttura è veloce
1322 nell'estrazione ed immissione dei dati dalle estremità dalla lista (basta
1323 aggiungere un elemento in testa o in coda ed aggiornare un puntatore), e
1324 relativamente veloce da attraversare in ordine sequenziale (seguendo i
1325 puntatori), è invece relativamente lenta nell'accesso casuale e nella
1326 ricerca.} I nuovi messaggi vengono inseriti in coda alla lista e vengono
1327 letti dalla cima, in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} si è riportato uno schema
1328 semplificato con cui queste strutture vengono mantenute dal
1329 kernel.\footnote{lo schema illustrato è in realtà una semplificazione di
1330 quello usato fino ai kernel della serie 2.2, a partire della serie 2.4 la
1331 gestione delle code di messaggi è effettuata in maniera diversa, ma abbiamo
1332 mantenuto lo schema precedente dato che illustra in maniera più che adeguata
1333 i principi di funzionamento delle code di messaggi.}
1335 \begin{figure}[!htb]
1336 \centering \includegraphics[width=13cm]{img/mqstruct}
1337 \caption{Schema della struttura di una coda messaggi.}
1338 \label{fig:ipc_mq_schema}
1342 A ciascuna coda è associata una struttura \struct{msqid\_ds} la cui
1343 definizione è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_msqid_ds}. In questa struttura il
1344 kernel mantiene le principali informazioni riguardo lo stato corrente della
1345 coda.\footnote{come accennato questo vale fino ai kernel della serie 2.2, essa
1346 viene usata nei kernel della serie 2.4 solo per compatibilità in quanto è
1347 quella restituita dalle funzioni dell'interfaccia; si noti come ci sia una
1348 differenza con i campi mostrati nello schema di fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema}
1349 che sono presi dalla definizione di \file{include/linux/msg.h}, e fanno
1350 riferimento alla definizione della omonima struttura usata nel kernel.} In
1351 fig.~\ref{fig:ipc_msqid_ds} sono elencati i campi significativi definiti in
1352 \headfile{sys/msg.h}, a cui si sono aggiunti gli ultimi tre campi che sono
1353 previsti dalla implementazione originale di System V, ma non dallo standard
1356 \begin{figure}[!htb]
1357 \footnotesize \centering
1358 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
1359 \includestruct{listati/msqid_ds.h}
1362 \caption{La struttura \structd{msqid\_ds}, associata a ciascuna coda di
1364 \label{fig:ipc_msqid_ds}
1367 Quando si crea una nuova coda con \func{msgget} questa struttura viene
1368 inizializzata, in particolare il campo \var{msg\_perm} viene inizializzato
1369 come illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}, per quanto riguarda
1370 gli altri campi invece:
1372 \item il campo \var{msg\_qnum}, che esprime il numero di messaggi presenti
1373 sulla coda, viene inizializzato a 0.
1374 \item i campi \var{msg\_lspid} e \var{msg\_lrpid}, che esprimono
1375 rispettivamente il \ids{PID} dell'ultimo processo che ha inviato o ricevuto
1376 un messaggio sulla coda, sono inizializzati a 0.
1377 \item i campi \var{msg\_stime} e \var{msg\_rtime}, che esprimono
1378 rispettivamente il tempo in cui è stato inviato o ricevuto l'ultimo
1379 messaggio sulla coda, sono inizializzati a 0.
1380 \item il campo \var{msg\_ctime}, che esprime il tempo di creazione della coda,
1381 viene inizializzato al tempo corrente.
1382 \item il campo \var{msg\_qbytes} che esprime la dimensione massima del
1383 contenuto della coda (in byte) viene inizializzato al valore preimpostato
1384 del sistema (\const{MSGMNB}).
1385 \item i campi \var{msg\_first} e \var{msg\_last} che esprimono l'indirizzo del
1386 primo e ultimo messaggio sono inizializzati a \val{NULL} e
1387 \var{msg\_cbytes}, che esprime la dimensione in byte dei messaggi presenti è
1388 inizializzato a zero. Questi campi sono ad uso interno dell'implementazione
1389 e non devono essere utilizzati da programmi in user space).
1392 Una volta creata una coda di messaggi le operazioni di controllo vengono
1393 effettuate con la funzione di sistema \funcd{msgctl}, che, come le analoghe
1394 \func{semctl} e \func{shmctl}, fa le veci di quello che \func{ioctl} è per i
1395 file; il suo prototipo è:
1401 \fdecl{int msgctl(int msqid, int cmd, struct msqid\_ds *buf)}
1402 \fdesc{Esegue una operazione su una coda.}
1405 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1406 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1408 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto \const{IPC\_STAT} ma processo
1409 chiamante non ha i privilegi di lettura sulla coda.
1410 \item[\errcode{EIDRM}] la coda richiesta è stata cancellata.
1411 \item[\errcode{EPERM}] si è richiesto \const{IPC\_SET} o \const{IPC\_RMID} ma
1412 il processo non ha i privilegi, o si è richiesto di aumentare il valore di
1413 \var{msg\_qbytes} oltre il limite \const{MSGMNB} senza essere
1416 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL} nel loro significato
1421 La funzione permette di accedere ai valori della struttura \struct{msqid\_ds},
1422 mantenuta all'indirizzo \param{buf}, per la coda specificata
1423 dall'identificatore \param{msqid}. Il comportamento della funzione dipende dal
1424 valore dell'argomento \param{cmd}, che specifica il tipo di azione da
1425 eseguire; i valori possibili sono:
1426 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
1427 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge le informazioni riguardo la coda nella
1428 struttura indicata da \param{buf}. Occorre avere il permesso di lettura
1430 \item[\const{IPC\_RMID}] Rimuove la coda, cancellando tutti i dati, con
1431 effetto immediato. Tutti i processi che cercheranno di accedere alla coda
1432 riceveranno un errore di \errcode{EIDRM}, e tutti processi in attesa su
1433 funzioni di lettura o di scrittura sulla coda saranno svegliati ricevendo
1434 il medesimo errore. Questo comando può essere eseguito solo da un processo
1435 con \ids{UID} effettivo corrispondente al creatore o al proprietario della
1436 coda, o all'amministratore.
1437 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
1438 della coda, ed il limite massimo sulle dimensioni del totale dei messaggi in
1439 essa contenuti (\var{msg\_qbytes}). I valori devono essere passati in una
1440 struttura \struct{msqid\_ds} puntata da \param{buf}. Per modificare i valori
1441 di \var{msg\_perm.mode}, \var{msg\_perm.uid} e \var{msg\_perm.gid} occorre
1442 essere il proprietario o il creatore della coda, oppure l'amministratore; lo
1443 stesso vale per \var{msg\_qbytes}, ma l'amministratore ha la facoltà di
1444 incrementarne il valore a limiti superiori a \const{MSGMNB}.
1448 Una volta che si abbia a disposizione l'identificatore, per inviare un
1449 messaggio su una coda si utilizza la funzione \funcd{msgsnd}; il suo prototipo
1452 \headdecl{sys/types.h}
1453 \headdecl{sys/ipc.h}
1454 \headdecl{sys/msg.h}
1456 \funcdecl{int msgsnd(int msqid, struct msgbuf *msgp, size\_t msgsz, int
1459 Invia un messaggio sulla coda \param{msqid}.
1461 \bodydesc{La funzione restituisce 0, e $-1$ in caso di errore, nel qual caso
1462 \var{errno} assumerà uno dei valori:
1464 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i privilegi di accesso sulla coda.
1465 \item[\errcode{EIDRM}] la coda è stata cancellata.
1466 \item[\errcode{EAGAIN}] il messaggio non può essere inviato perché si è
1467 superato il limite \var{msg\_qbytes} sul numero massimo di byte presenti
1468 sulla coda, e si è richiesto \const{IPC\_NOWAIT} in \param{flag}.
1469 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un \param{msgid} invalido, o un
1470 valore non positivo per \param{mtype}, o un valore di \param{msgsz}
1471 maggiore di \const{MSGMAX}.
1473 ed inoltre \errval{EFAULT}, \errval{EINTR} ed \errval{ENOMEM}. }
1476 La funzione inserisce il messaggio sulla coda specificata da \param{msqid}; il
1477 messaggio ha lunghezza specificata da \param{msgsz} ed è passato attraverso il
1478 l'argomento \param{msgp}. Quest'ultimo deve venire passato sempre come
1479 puntatore ad una struttura \struct{msgbuf} analoga a quella riportata in
1480 fig.~\ref{fig:ipc_msbuf} che è quella che deve contenere effettivamente il
1481 messaggio. La dimensione massima per il testo di un messaggio non può
1482 comunque superare il limite \const{MSGMAX}.
1484 La struttura di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf} è comunque solo un modello, tanto che
1485 la definizione contenuta in \headfile{sys/msg.h} usa esplicitamente per il
1486 secondo campo il valore \code{mtext[1]}, che non è di nessuna utilità ai fini
1487 pratici. La sola cosa che conta è che la struttura abbia come primo membro un
1488 campo \var{mtype} come nell'esempio; esso infatti serve ad identificare il
1489 tipo di messaggio e deve essere sempre specificato come intero positivo di
1490 tipo \ctyp{long}. Il campo \var{mtext} invece può essere di qualsiasi tipo e
1491 dimensione, e serve a contenere il testo del messaggio.
1493 In generale pertanto per inviare un messaggio con \func{msgsnd} si usa
1494 ridefinire una struttura simile a quella di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}, adattando
1495 alle proprie esigenze il campo \var{mtype}, (o ridefinendo come si vuole il
1496 corpo del messaggio, anche con più campi o con strutture più complesse) avendo
1497 però la cura di mantenere nel primo campo un valore di tipo \ctyp{long} che ne
1500 Si tenga presente che la lunghezza che deve essere indicata in questo
1501 argomento è solo quella del messaggio, non quella di tutta la struttura, se
1502 cioè \var{message} è una propria struttura che si passa alla funzione,
1503 \param{msgsz} dovrà essere uguale a \code{sizeof(message)-sizeof(long)}, (se
1504 consideriamo il caso dell'esempio in fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}, \param{msgsz}
1505 dovrà essere pari a \const{LENGTH}).
1507 \begin{figure}[!htb]
1508 \footnotesize \centering
1509 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
1510 \includestruct{listati/msgbuf.h}
1513 \caption{Schema della struttura \structd{msgbuf}, da utilizzare come
1514 argomento per inviare/ricevere messaggi.}
1515 \label{fig:ipc_msbuf}
1518 Per capire meglio il funzionamento della funzione riprendiamo in
1519 considerazione la struttura della coda illustrata in
1520 fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema}. Alla chiamata di \func{msgsnd} il nuovo messaggio
1521 sarà aggiunto in fondo alla lista inserendo una nuova struttura \struct{msg},
1522 il puntatore \var{msg\_last} di \struct{msqid\_ds} verrà aggiornato, come pure
1523 il puntatore al messaggio successivo per quello che era il precedente ultimo
1524 messaggio; il valore di \var{mtype} verrà mantenuto in \var{msg\_type} ed il
1525 valore di \param{msgsz} in \var{msg\_ts}; il testo del messaggio sarà copiato
1526 all'indirizzo specificato da \var{msg\_spot}.
1528 Il valore dell'argomento \param{flag} permette di specificare il comportamento
1529 della funzione. Di norma, quando si specifica un valore nullo, la funzione
1530 ritorna immediatamente a meno che si sia ecceduto il valore di
1531 \var{msg\_qbytes}, o il limite di sistema sul numero di messaggi, nel qual
1532 caso si blocca mandando il processo in stato di \textit{sleep}. Se si
1533 specifica per \param{flag} il valore \const{IPC\_NOWAIT} la funzione opera in
1534 modalità non bloccante, ed in questi casi ritorna immediatamente con un errore
1535 di \errcode{EAGAIN}.
1537 Se non si specifica \const{IPC\_NOWAIT} la funzione resterà bloccata fintanto
1538 che non si liberano risorse sufficienti per poter inserire nella coda il
1539 messaggio, nel qual caso ritornerà normalmente. La funzione può ritornare, con
1540 una condizione di errore anche in due altri casi: quando la coda viene rimossa
1541 (nel qual caso si ha un errore di \errcode{EIDRM}) o quando la funzione viene
1542 interrotta da un segnale (nel qual caso si ha un errore di \errcode{EINTR}).
1544 Una volta completato con successo l'invio del messaggio sulla coda, la
1545 funzione aggiorna i dati mantenuti in \struct{msqid\_ds}, in particolare
1548 \item Il valore di \var{msg\_lspid}, che viene impostato al \ids{PID} del
1550 \item Il valore di \var{msg\_qnum}, che viene incrementato di uno.
1551 \item Il valore \var{msg\_stime}, che viene impostato al tempo corrente.
1554 La funzione che viene utilizzata per estrarre un messaggio da una coda è
1555 \funcd{msgrcv}; il suo prototipo è:
1557 \headdecl{sys/types.h}
1558 \headdecl{sys/ipc.h}
1559 \headdecl{sys/msg.h}
1561 \funcdecl{ssize\_t msgrcv(int msqid, struct msgbuf *msgp, size\_t msgsz,
1562 long msgtyp, int msgflg)}
1564 Legge un messaggio dalla coda \param{msqid}.
1566 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di byte letti in caso di
1567 successo, e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno
1570 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i privilegi di accesso sulla coda.
1571 \item[\errcode{EIDRM}] la coda è stata cancellata.
1572 \item[\errcode{E2BIG}] il testo del messaggio è più lungo di \param{msgsz} e
1573 non si è specificato \const{MSG\_NOERROR} in \param{msgflg}.
1574 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale mentre
1575 era in attesa di ricevere un messaggio.
1576 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un \param{msgid} invalido o un
1577 valore di \param{msgsz} negativo.
1579 ed inoltre \errval{EFAULT}.
1583 La funzione legge un messaggio dalla coda specificata, scrivendolo sulla
1584 struttura puntata da \param{msgp}, che dovrà avere un formato analogo a quello
1585 di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}. Una volta estratto, il messaggio sarà rimosso
1586 dalla coda. L'argomento \param{msgsz} indica la lunghezza massima del testo
1587 del messaggio (equivalente al valore del parametro \const{LENGTH} nell'esempio
1588 di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}).
1590 Se il testo del messaggio ha lunghezza inferiore a \param{msgsz} esso viene
1591 rimosso dalla coda; in caso contrario, se \param{msgflg} è impostato a
1592 \const{MSG\_NOERROR}, il messaggio viene troncato e la parte in eccesso viene
1593 perduta, altrimenti il messaggio non viene estratto e la funzione ritorna con
1594 un errore di \errcode{E2BIG}.
1596 L'argomento \param{msgtyp} permette di restringere la ricerca ad un
1597 sottoinsieme dei messaggi presenti sulla coda; la ricerca infatti è fatta con
1598 una scansione della struttura mostrata in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema},
1599 restituendo il primo messaggio incontrato che corrisponde ai criteri
1600 specificati (che quindi, visto come i messaggi vengono sempre inseriti dalla
1601 coda, è quello meno recente); in particolare:
1603 \item se \param{msgtyp} è 0 viene estratto il messaggio in cima alla coda, cioè
1604 quello fra i presenti che è stato inserito per primo.
1605 \item se \param{msgtyp} è positivo viene estratto il primo messaggio il cui
1606 tipo (il valore del campo \var{mtype}) corrisponde al valore di
1608 \item se \param{msgtyp} è negativo viene estratto il primo fra i messaggi con
1609 il valore più basso del tipo, fra tutti quelli il cui tipo ha un valore
1610 inferiore al valore assoluto di \param{msgtyp}.
1613 Il valore di \param{msgflg} permette di controllare il comportamento della
1614 funzione, esso può essere nullo o una maschera binaria composta da uno o più
1615 valori. Oltre al precedente \const{MSG\_NOERROR}, sono possibili altri due
1616 valori: \const{MSG\_EXCEPT}, che permette, quando \param{msgtyp} è positivo,
1617 di leggere il primo messaggio nella coda con tipo diverso da \param{msgtyp}, e
1618 \const{IPC\_NOWAIT} che causa il ritorno immediato della funzione quando non
1619 ci sono messaggi sulla coda.
1621 Il comportamento usuale della funzione infatti, se non ci sono messaggi
1622 disponibili per la lettura, è di bloccare il processo in stato di
1623 \textit{sleep}. Nel caso però si sia specificato \const{IPC\_NOWAIT} la
1624 funzione ritorna immediatamente con un errore \errcode{ENOMSG}. Altrimenti la
1625 funzione ritorna normalmente non appena viene inserito un messaggio del tipo
1626 desiderato, oppure ritorna con errore qualora la coda sia rimossa (con
1627 \var{errno} impostata a \errcode{EIDRM}) o se il processo viene interrotto da
1628 un segnale (con \var{errno} impostata a \errcode{EINTR}).
1630 Una volta completata con successo l'estrazione del messaggio dalla coda, la
1631 funzione aggiorna i dati mantenuti in \struct{msqid\_ds}, in particolare
1634 \item Il valore di \var{msg\_lrpid}, che viene impostato al \ids{PID} del
1636 \item Il valore di \var{msg\_qnum}, che viene decrementato di uno.
1637 \item Il valore \var{msg\_rtime}, che viene impostato al tempo corrente.
1640 Le code di messaggi presentano il solito problema di tutti gli oggetti del
1641 SysV-IPC; essendo questi permanenti restano nel sistema occupando risorse
1642 anche quando un processo è terminato, al contrario delle \textit{pipe} per le
1643 quali tutte le risorse occupate vengono rilasciate quanto l'ultimo processo
1644 che le utilizzava termina. Questo comporta che in caso di errori si può
1645 saturare il sistema, e che devono comunque essere esplicitamente previste
1646 delle funzioni di rimozione in caso di interruzioni o uscite dal programma
1647 (come vedremo in fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server}).
1649 L'altro problema è non facendo uso di file descriptor le tecniche di
1650 \textit{I/O multiplexing} descritte in sez.~\ref{sec:file_multiplexing} non
1651 possono essere utilizzate, e non si ha a disposizione niente di analogo alle
1652 funzioni \func{select} e \func{poll}. Questo rende molto scomodo usare più di
1653 una di queste strutture alla volta; ad esempio non si può scrivere un server
1654 che aspetti un messaggio su più di una coda senza fare ricorso ad una tecnica
1655 di \itindex{polling} \textit{polling} che esegua un ciclo di attesa su
1658 Come esempio dell'uso delle code di messaggi possiamo riscrivere il nostro
1659 server di \textit{fortunes} usando queste al posto delle \textit{fifo}. In
1660 questo caso useremo una sola coda di messaggi, usando il tipo di messaggio per
1661 comunicare in maniera indipendente con client diversi.
1663 \begin{figure}[!htbp]
1664 \footnotesize \centering
1665 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1666 \includecodesample{listati/MQFortuneServer.c}
1669 \caption{Sezione principale del codice del server di \textit{fortunes}
1670 basato sulle \textit{message queue}.}
1671 \label{fig:ipc_mq_fortune_server}
1674 In fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server} si è riportato un estratto delle parti
1675 principali del codice del nuovo server (il codice completo è nel file
1676 \file{MQFortuneServer.c} nei sorgenti allegati). Il programma è basato su un
1677 uso accorto della caratteristica di poter associate un ``tipo'' ai messaggi
1678 per permettere una comunicazione indipendente fra il server ed i vari client,
1679 usando il \ids{PID} di questi ultimi come identificativo. Questo è possibile
1680 in quanto, al contrario di una \textit{fifo}, la lettura di una coda di
1681 messaggi può non essere sequenziale, proprio grazie alla classificazione dei
1682 messaggi sulla base del loro tipo.
1684 Il programma, oltre alle solite variabili per il nome del file da cui leggere
1685 le \textit{fortunes} e per il vettore di stringhe che contiene le frasi,
1686 definisce due strutture appositamente per la comunicazione; con
1687 \var{msgbuf\_read} (\texttt{\small 8--11}) vengono passate le richieste mentre
1688 con \var{msgbuf\_write} (\texttt{\small 12--15}) vengono restituite le frasi.
1690 La gestione delle opzioni si è al solito omessa, essa si curerà di impostare
1691 in \var{n} il numero di frasi da leggere specificato a linea di comando ed in
1692 \var{fortunefilename} il file da cui leggerle; dopo aver installato
1693 (\texttt{\small 19--21}) i gestori dei segnali per trattare l'uscita dal
1694 server, viene prima controllato (\texttt{\small 22}) il numero di frasi
1695 richieste abbia senso (cioè sia maggiore di zero), le quali poi
1696 (\texttt{\small 23}) vengono lette nel vettore in memoria con la stessa
1697 funzione \code{FortuneParse} usata anche per il server basato sulle
1700 Una volta inizializzato il vettore di stringhe coi messaggi presi dal file
1701 delle \textit{fortune} si procede (\texttt{\small 25}) con la generazione di
1702 una chiave per identificare la coda di messaggi (si usa il nome del file dei
1703 sorgenti del server) con la quale poi si esegue (\texttt{\small 26}) la
1704 creazione della stessa (si noti come si sia chiamata \func{msgget} con un
1705 valore opportuno per l'argomento \param{flag}), avendo cura di abortire il
1706 programma (\texttt{\small 27--29}) in caso di errore.
1708 Finita la fase di inizializzazione il server prima (\texttt{\small 32}) chiama
1709 la funzione \func{daemon} per andare in background e poi esegue in permanenza
1710 il ciclo principale (\texttt{\small 33--40}). Questo inizia (\texttt{\small
1711 34}) con il porsi in attesa di un messaggio di richiesta da parte di un
1712 client; si noti infatti come \func{msgrcv} richieda un messaggio con
1713 \var{mtype} uguale a 1: questo è il valore usato per le richieste dato che
1714 corrisponde al \ids{PID} di \cmd{init}, che non può essere un client. L'uso
1715 del flag \const{MSG\_NOERROR} è solo per sicurezza, dato che i messaggi di
1716 richiesta sono di dimensione fissa (e contengono solo il \ids{PID} del
1719 Se non sono presenti messaggi di richiesta \func{msgrcv} si bloccherà,
1720 ritornando soltanto in corrispondenza dell'arrivo sulla coda di un messaggio
1721 di richiesta da parte di un client, in tal caso il ciclo prosegue
1722 (\texttt{\small 35}) selezionando una frase a caso, copiandola (\texttt{\small
1723 36}) nella struttura \var{msgbuf\_write} usata per la risposta e
1724 calcolandone (\texttt{\small 37}) la dimensione.
1726 Per poter permettere a ciascun client di ricevere solo la risposta indirizzata
1727 a lui il tipo del messaggio in uscita viene inizializzato (\texttt{\small 38})
1728 al valore del \ids{PID} del client ricevuto nel messaggio di richiesta.
1729 L'ultimo passo del ciclo (\texttt{\small 39}) è inviare sulla coda il
1730 messaggio di risposta. Si tenga conto che se la coda è piena anche questa
1731 funzione potrà bloccarsi fintanto che non venga liberato dello spazio.
1733 Si noti che il programma può terminare solo grazie ad una interruzione da
1734 parte di un segnale; in tal caso verrà eseguito (\texttt{\small 45--48}) il
1735 gestore \code{HandSIGTERM}, che semplicemente si limita a cancellare la coda
1736 (\texttt{\small 46}) ed ad uscire (\texttt{\small 47}).
1738 \begin{figure}[!htbp]
1739 \footnotesize \centering
1740 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1741 \includecodesample{listati/MQFortuneClient.c}
1744 \caption{Sezione principale del codice del client di \textit{fortunes}
1745 basato sulle \textit{message queue}.}
1746 \label{fig:ipc_mq_fortune_client}
1749 In fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_client} si è riportato un estratto il codice
1750 del programma client. Al solito il codice completo è con i sorgenti allegati,
1751 nel file \file{MQFortuneClient.c}. Come sempre si sono rimosse le parti
1752 relative alla gestione delle opzioni, ed in questo caso, anche la
1753 dichiarazione delle variabili, che, per la parte relative alle strutture usate
1754 per la comunicazione tramite le code, sono le stesse viste in
1755 fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server}.
1757 Il client in questo caso è molto semplice; la prima parte del programma
1758 (\texttt{\small 4--9}) si occupa di accedere alla coda di messaggi, ed è
1759 identica a quanto visto per il server, solo che in questo caso \func{msgget}
1760 non viene chiamata con il flag di creazione in quanto la coda deve essere
1761 preesistente. In caso di errore (ad esempio se il server non è stato avviato)
1762 il programma termina immediatamente.
1764 Una volta acquisito l'identificatore della coda il client compone il
1765 messaggio di richiesta (\texttt{\small 12--13}) in \var{msg\_read}, usando 1
1766 per il tipo ed inserendo il proprio \ids{PID} come dato da passare al server.
1767 Calcolata (\texttt{\small 14}) la dimensione, provvede (\texttt{\small 15}) ad
1768 immettere la richiesta sulla coda.
1770 A questo punto non resta che (\texttt{\small 16}) rileggere dalla coda la
1771 risposta del server richiedendo a \func{msgrcv} di selezionare i messaggi di
1772 tipo corrispondente al valore del \ids{PID} inviato nella richiesta. L'ultimo
1773 passo (\texttt{\small 17}) prima di uscire è quello di stampare a video il
1776 Proviamo allora il nostro nuovo sistema, al solito occorre definire
1777 \code{LD\_LIBRARY\_PATH} per accedere alla libreria \file{libgapil.so}, dopo di
1778 che, in maniera del tutto analoga a quanto fatto con il programma che usa le
1779 fifo, potremo far partire il server con:
1781 [piccardi@gont sources]$ ./mqfortuned -n10
1783 come nel caso precedente, avendo eseguito il server in background, il comando
1784 ritornerà immediatamente; potremo però verificare con \cmd{ps} che il
1785 programma è effettivamente in esecuzione, e che ha creato una coda di
1788 [piccardi@gont sources]$ ipcs
1790 ------ Shared Memory Segments --------
1791 key shmid owner perms bytes nattch status
1793 ------ Semaphore Arrays --------
1794 key semid owner perms nsems
1796 ------ Message Queues --------
1797 key msqid owner perms used-bytes messages
1798 0x0102dc6a 0 piccardi 666 0 0
1800 a questo punto potremo usare il client per ottenere le nostre frasi:
1802 [piccardi@gont sources]$ ./mqfortune
1803 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
1804 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
1805 [piccardi@gont sources]$ ./mqfortune
1806 Let's call it an accidental feature.
1809 con un risultato del tutto equivalente al precedente. Infine potremo chiudere
1810 il server inviando il segnale di terminazione con il comando \code{killall
1811 mqfortuned} verificando che effettivamente la coda di messaggi viene rimossa.
1813 Benché funzionante questa architettura risente dello stesso inconveniente
1814 visto anche nel caso del precedente server basato sulle \textit{fifo}; se il
1815 client viene interrotto dopo l'invio del messaggio di richiesta e prima della
1816 lettura della risposta, quest'ultima resta nella coda (così come per le
1817 \textit{fifo} si aveva il problema delle \textit{fifo} che restavano nel
1818 filesystem). In questo caso però il problemi sono maggiori, sia perché è molto
1819 più facile esaurire la memoria dedicata ad una coda di messaggi che gli
1820 \itindex{inode} inode di un filesystem, sia perché, con il riutilizzo dei
1821 \ids{PID} da parte dei processi, un client eseguito in un momento successivo
1822 potrebbe ricevere un messaggio non indirizzato a lui.
1826 \subsection{Semafori}
1827 \label{sec:ipc_sysv_sem}
1829 I semafori non sono meccanismi di intercomunicazione diretta come quelli
1830 (\textit{pipe}, \textit{fifo} e code di messaggi) visti finora, e non
1831 consentono di scambiare dati fra processi, ma servono piuttosto come
1832 meccanismi di sincronizzazione o di protezione per le \index{sezione~critica}
1833 \textsl{sezioni critiche} del codice (si ricordi quanto detto in
1834 sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
1836 Un semaforo è uno speciale contatore, mantenuto nel kernel, che permette, a
1837 seconda del suo valore, di consentire o meno la prosecuzione dell'esecuzione
1838 di un programma. In questo modo l'accesso ad una risorsa condivisa da più
1839 processi può essere controllato, associando ad essa un semaforo che consente
1840 di assicurare che non più di un processo alla volta possa usarla.
1842 Il concetto di semaforo è uno dei concetti base nella programmazione ed è
1843 assolutamente generico, così come del tutto generali sono modalità con cui lo
1844 si utilizza. Un processo che deve accedere ad una risorsa eseguirà un
1845 controllo del semaforo: se questo è positivo il suo valore sarà decrementato,
1846 indicando che si è consumato una unità della risorsa, ed il processo potrà
1847 proseguire nell'utilizzo di quest'ultima, provvedendo a rilasciarla, una volta
1848 completate le operazioni volute, reincrementando il semaforo.
1850 Se al momento del controllo il valore del semaforo è nullo, siamo invece in
1851 una situazione in cui la risorsa non è disponibile, ed il processo si
1852 bloccherà in stato di \textit{sleep} fin quando chi la sta utilizzando non la
1853 rilascerà, incrementando il valore del semaforo. Non appena il semaforo torna
1854 positivo, indicando che la risorsa è disponibile, il processo sarà svegliato,
1855 e si potrà operare come nel caso precedente (decremento del semaforo, accesso
1856 alla risorsa, incremento del semaforo).
1858 Per poter implementare questo tipo di logica le operazioni di controllo e
1859 decremento del contatore associato al semaforo devono essere atomiche,
1860 pertanto una realizzazione di un oggetto di questo tipo è necessariamente
1861 demandata al kernel. La forma più semplice di semaforo è quella del
1862 \textsl{semaforo binario}, o \textit{mutex}, in cui un valore diverso da zero
1863 (normalmente 1) indica la libertà di accesso, e un valore nullo l'occupazione
1864 della risorsa. In generale però si possono usare semafori con valori interi,
1865 utilizzando il valore del contatore come indicatore del ``numero di risorse''
1868 Il sistema di comunicazione inter-processo di \textit{SysV-IPC} prevede anche i
1869 semafori, ma gli oggetti utilizzati non sono semafori singoli, ma gruppi di
1870 semafori detti \textsl{insiemi} (o \textit{semaphore set}); la funzione che
1871 permette di creare o ottenere l'identificatore di un insieme di semafori è
1872 \funcd{semget}, ed il suo prototipo è:
1874 \headdecl{sys/types.h}
1875 \headdecl{sys/ipc.h}
1876 \headdecl{sys/sem.h}
1878 \funcdecl{int semget(key\_t key, int nsems, int flag)}
1880 Restituisce l'identificatore di un insieme di semafori.
1882 \bodydesc{La funzione restituisce l'identificatore (un intero positivo) o -1
1883 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1885 \item[\errcode{ENOSPC}] si è cercato di creare una insieme di semafori
1886 quando è stato superato o il limite per il numero totale di semafori
1887 (\const{SEMMNS}) o quello per il numero totale degli insiemi
1888 (\const{SEMMNI}) nel sistema.
1889 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{nsems} è minore di zero o
1890 maggiore del limite sul numero di semafori per ciascun insieme
1891 (\const{SEMMSL}), o se l'insieme già esiste, maggiore del numero di
1892 semafori che contiene.
1893 \item[\errcode{ENOMEM}] il sistema non ha abbastanza memoria per poter
1894 contenere le strutture per un nuovo insieme di semafori.
1896 ed inoltre \errval{EACCES}, \errval{ENOENT}, \errval{EEXIST},
1897 \errval{EIDRM}, con lo stesso significato che hanno per \func{msgget}.}
1900 La funzione è del tutto analoga a \func{msgget}, solo che in questo caso
1901 restituisce l'identificatore di un insieme di semafori, in particolare è
1902 identico l'uso degli argomenti \param{key} e \param{flag}, per cui non
1903 ripeteremo quanto detto al proposito in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq}. L'argomento
1904 \param{nsems} permette di specificare quanti semafori deve contenere l'insieme
1905 quando se ne richieda la creazione, e deve essere nullo quando si effettua una
1906 richiesta dell'identificatore di un insieme già esistente.
1908 Purtroppo questa implementazione complica inutilmente lo schema elementare che
1909 abbiamo descritto, dato che non è possibile definire un singolo semaforo, ma
1910 se ne deve creare per forza un insieme. Ma questa in definitiva è solo una
1911 complicazione inutile, il problema è che i semafori del \textit{SysV-IPC}
1912 soffrono di altri due, ben più gravi, difetti.
1914 Il primo difetto è che non esiste una funzione che permetta di creare ed
1915 inizializzare un semaforo in un'unica chiamata; occorre prima creare l'insieme
1916 dei semafori con \func{semget} e poi inizializzarlo con \func{semctl}, si
1917 perde così ogni possibilità di eseguire l'operazione atomicamente.
1919 Il secondo difetto deriva dalla caratteristica generale degli oggetti del
1920 \textit{SysV-IPC} di essere risorse globali di sistema, che non vengono
1921 cancellate quando nessuno le usa più; ci si così a trova a dover affrontare
1922 esplicitamente il caso in cui un processo termina per un qualche errore,
1923 lasciando un semaforo occupato, che resterà tale fino al successivo riavvio
1924 del sistema. Come vedremo esistono delle modalità per evitare tutto ciò, ma
1925 diventa necessario indicare esplicitamente che si vuole il ripristino del
1926 semaforo all'uscita del processo.
1928 \begin{figure}[!htb]
1929 \footnotesize \centering
1930 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
1931 \includestruct{listati/semid_ds.h}
1934 \caption{La struttura \structd{semid\_ds}, associata a ciascun insieme di
1936 \label{fig:ipc_semid_ds}
1939 A ciascun insieme di semafori è associata una struttura \struct{semid\_ds},
1940 riportata in fig.~\ref{fig:ipc_semid_ds}.\footnote{non si sono riportati i
1941 campi ad uso interno del kernel, che vedremo in
1942 fig.~\ref{fig:ipc_sem_schema}, che dipendono dall'implementazione.} Come nel
1943 caso delle code di messaggi quando si crea un nuovo insieme di semafori con
1944 \func{semget} questa struttura viene inizializzata, in particolare il campo
1945 \var{sem\_perm} viene inizializzato come illustrato in
1946 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control} (si ricordi che in questo caso il
1947 permesso di scrittura è in realtà permesso di alterare il semaforo), per
1948 quanto riguarda gli altri campi invece:
1950 \item il campo \var{sem\_nsems}, che esprime il numero di semafori
1951 nell'insieme, viene inizializzato al valore di \param{nsems}.
1952 \item il campo \var{sem\_ctime}, che esprime il tempo di creazione
1953 dell'insieme, viene inizializzato al tempo corrente.
1954 \item il campo \var{sem\_otime}, che esprime il tempo dell'ultima operazione
1955 effettuata, viene inizializzato a zero.
1958 Ciascun semaforo dell'insieme è realizzato come una struttura di tipo
1959 \struct{sem} che ne contiene i dati essenziali, la sua definizione\footnote{si
1960 è riportata la definizione originaria del kernel 1.0, che contiene la prima
1961 realizzazione del \textit{SysV-IPC} in Linux. In realtà questa struttura
1962 ormai è ridotta ai soli due primi membri, e gli altri vengono calcolati
1963 dinamicamente. La si è utilizzata a scopo di esempio, perché indica tutti i
1964 valori associati ad un semaforo, restituiti dalle funzioni di controllo, e
1965 citati dalle pagine di manuale.} è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_sem}.
1966 Questa struttura, non è accessibile in user space, ma i valori in essa
1967 specificati possono essere letti in maniera indiretta, attraverso l'uso delle
1968 funzioni di controllo.
1970 \begin{figure}[!htb]
1971 \footnotesize \centering
1972 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
1973 \includestruct{listati/sem.h}
1976 \caption{La struttura \structd{sem}, che contiene i dati di un singolo
1981 I dati mantenuti nella struttura, ed elencati in fig.~\ref{fig:ipc_sem},
1982 indicano rispettivamente:
1983 \begin{description*}
1984 \item[\var{semval}] il valore numerico del semaforo.
1985 \item[\var{sempid}] il \ids{PID} dell'ultimo processo che ha eseguito una
1986 operazione sul semaforo.
1987 \item[\var{semncnt}] il numero di processi in attesa che esso venga
1989 \item[\var{semzcnt}] il numero di processi in attesa che esso si annulli.
1995 \begin{tabular}[c]{|c|r|p{8cm}|}
1997 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2000 \const{SEMMNI}& 128 & Numero massimo di insiemi di semafori.\\
2001 \const{SEMMSL}& 250 & Numero massimo di semafori per insieme.\\
2002 \const{SEMMNS}&\const{SEMMNI}*\const{SEMMSL}& Numero massimo di semafori
2004 \const{SEMVMX}& 32767 & Massimo valore per un semaforo.\\
2005 \const{SEMOPM}& 32 & Massimo numero di operazioni per chiamata a
2007 \const{SEMMNU}&\const{SEMMNS}& Massimo numero di strutture di ripristino.\\
2008 \const{SEMUME}&\const{SEMOPM}& Massimo numero di voci di ripristino.\\
2009 \const{SEMAEM}&\const{SEMVMX}& Valore massimo per l'aggiustamento
2013 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti degli insiemi di
2014 semafori, definite in \file{linux/sem.h}.}
2015 \label{tab:ipc_sem_limits}
2018 Come per le code di messaggi anche per gli insiemi di semafori esistono una
2019 serie di limiti, i cui valori sono associati ad altrettante costanti, che si
2020 sono riportate in tab.~\ref{tab:ipc_sem_limits}. Alcuni di questi limiti sono
2021 al solito accessibili e modificabili attraverso \func{sysctl} o scrivendo
2022 direttamente nel file \sysctlfile{kernel/sem}.
2024 La funzione che permette di effettuare le varie operazioni di controllo sui
2025 semafori (fra le quali, come accennato, è impropriamente compresa anche la
2026 loro inizializzazione) è \funcd{semctl}; il suo prototipo è:
2028 \headdecl{sys/types.h}
2029 \headdecl{sys/ipc.h}
2030 \headdecl{sys/sem.h}
2032 \funcdecl{int semctl(int semid, int semnum, int cmd)}
2033 \funcdecl{int semctl(int semid, int semnum, int cmd, union semun arg)}
2035 Esegue le operazioni di controllo su un semaforo o un insieme di semafori.
2037 \bodydesc{La funzione restituisce in caso di successo un valore positivo
2038 quanto usata con tre argomenti ed un valore nullo quando usata con
2039 quattro. In caso di errore restituisce -1, ed \var{errno} assumerà uno dei
2042 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per eseguire
2043 l'operazione richiesta.
2044 \item[\errcode{EIDRM}] l'insieme di semafori è stato cancellato.
2045 \item[\errcode{EPERM}] si è richiesto \const{IPC\_SET} o \const{IPC\_RMID}
2046 ma il processo non ha privilegi sufficienti ad eseguire l'operazione.
2047 \item[\errcode{ERANGE}] si è richiesto \const{SETALL} \const{SETVAL} ma il
2048 valore a cui si vuole impostare il semaforo è minore di zero o maggiore
2051 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
2055 La funzione può avere tre o quattro argomenti, a seconda dell'operazione
2056 specificata con \param{cmd}, ed opera o sull'intero insieme specificato da
2057 \param{semid} o sul singolo semaforo di un insieme, specificato da
2060 \begin{figure}[!htb]
2061 \footnotesize \centering
2062 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
2063 \includestruct{listati/semun.h}
2066 \caption{La definizione dei possibili valori di una \direct{union}
2067 \structd{semun}, usata come quarto argomento della funzione
2069 \label{fig:ipc_semun}
2072 Qualora la funzione operi con quattro argomenti \param{arg} è un argomento
2073 generico, che conterrà un dato diverso a seconda dell'azione richiesta; per
2074 unificare l'argomento esso deve essere passato come una \struct{semun}, la cui
2075 definizione, con i possibili valori che può assumere, è riportata in
2076 fig.~\ref{fig:ipc_semun}.
2078 Come già accennato sia il comportamento della funzione che il numero di
2079 argomenti con cui deve essere invocata dipendono dal valore dell'argomento
2080 \param{cmd}, che specifica l'azione da intraprendere; i valori validi (che
2081 cioè non causano un errore di \errcode{EINVAL}) per questo argomento sono i
2083 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2084 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge i dati dell'insieme di semafori, copiando il
2085 contenuto della relativa struttura \struct{semid\_ds} all'indirizzo
2086 specificato con \var{arg.buf}. Occorre avere il permesso di lettura.
2087 L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
2088 \item[\const{IPC\_RMID}] Rimuove l'insieme di semafori e le relative strutture
2089 dati, con effetto immediato. Tutti i processi che erano stato di
2090 \textit{sleep} vengono svegliati, ritornando con un errore di
2091 \errcode{EIDRM}. L'\ids{UID} effettivo del processo deve corrispondere o al
2092 creatore o al proprietario dell'insieme, o all'amministratore. L'argomento
2093 \param{semnum} viene ignorato.
2094 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
2095 dell'insieme. I valori devono essere passati in una struttura
2096 \struct{semid\_ds} puntata da \param{arg.buf} di cui saranno usati soltanto i
2097 campi \var{sem\_perm.uid}, \var{sem\_perm.gid} e i nove bit meno
2098 significativi di \var{sem\_perm.mode}. L'\ids{UID} effettivo del processo deve
2099 corrispondere o al creatore o al proprietario dell'insieme, o
2100 all'amministratore. L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
2101 \item[\const{GETALL}] Restituisce il valore corrente di ciascun semaforo
2102 dell'insieme (corrispondente al campo \var{semval} di \struct{sem}) nel
2103 vettore indicato da \param{arg.array}. Occorre avere il permesso di lettura.
2104 L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
2105 \item[\const{GETNCNT}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
2106 numero di processi in attesa che il semaforo \param{semnum} dell'insieme
2107 \param{semid} venga incrementato (corrispondente al campo \var{semncnt} di
2108 \struct{sem}); va invocata con tre argomenti. Occorre avere il permesso di
2110 \item[\const{GETPID}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
2111 \ids{PID} dell'ultimo processo che ha compiuto una operazione sul semaforo
2112 \param{semnum} dell'insieme \param{semid} (corrispondente al campo
2113 \var{sempid} di \struct{sem}); va invocata con tre argomenti. Occorre avere
2114 il permesso di lettura.
2115 \item[\const{GETVAL}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il il
2116 valore corrente del semaforo \param{semnum} dell'insieme \param{semid}
2117 (corrispondente al campo \var{semval} di \struct{sem}); va invocata con tre
2118 argomenti. Occorre avere il permesso di lettura.
2119 \item[\const{GETZCNT}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
2120 numero di processi in attesa che il valore del semaforo \param{semnum}
2121 dell'insieme \param{semid} diventi nullo (corrispondente al campo
2122 \var{semncnt} di \struct{sem}); va invocata con tre argomenti. Occorre avere
2123 il permesso di lettura.
2124 \item[\const{SETALL}] Inizializza il valore di tutti i semafori dell'insieme,
2125 aggiornando il campo \var{sem\_ctime} di \struct{semid\_ds}. I valori devono
2126 essere passati nel vettore indicato da \param{arg.array}. Si devono avere i
2127 privilegi di scrittura sul semaforo. L'argomento \param{semnum} viene
2129 \item[\const{SETVAL}] Inizializza il semaforo \param{semnum} al valore passato
2130 dall'argomento \param{arg.val}, aggiornando il campo \var{sem\_ctime} di
2131 \struct{semid\_ds}. Si devono avere i privilegi di scrittura sul semaforo.
2134 Quando si imposta il valore di un semaforo (sia che lo si faccia per tutto
2135 l'insieme con \const{SETALL}, che per un solo semaforo con \const{SETVAL}), i
2136 processi in attesa su di esso reagiscono di conseguenza al cambiamento di
2137 valore. Inoltre la coda delle operazioni di ripristino viene cancellata per
2138 tutti i semafori il cui valore viene modificato.
2143 \begin{tabular}[c]{|c|l|}
2145 \textbf{Operazione} & \textbf{Valore restituito} \\
2148 \const{GETNCNT}& Valore di \var{semncnt}.\\
2149 \const{GETPID} & Valore di \var{sempid}.\\
2150 \const{GETVAL} & Valore di \var{semval}.\\
2151 \const{GETZCNT}& Valore di \var{semzcnt}.\\
2154 \caption{Valori di ritorno della funzione \func{semctl}.}
2155 \label{tab:ipc_semctl_returns}
2158 Il valore di ritorno della funzione in caso di successo dipende
2159 dall'operazione richiesta; per tutte le operazioni che richiedono quattro
2160 argomenti esso è sempre nullo, per le altre operazioni, elencate in
2161 tab.~\ref{tab:ipc_semctl_returns} viene invece restituito il valore richiesto,
2162 corrispondente al campo della struttura \struct{sem} indicato nella seconda
2163 colonna della tabella.
2165 Le operazioni ordinarie sui semafori, come l'acquisizione o il rilascio degli
2166 stessi (in sostanza tutte quelle non comprese nell'uso di \func{semctl})
2167 vengono effettuate con la funzione \funcd{semop}, il cui prototipo è:
2169 \headdecl{sys/types.h}
2170 \headdecl{sys/ipc.h}
2171 \headdecl{sys/sem.h}
2173 \funcdecl{int semop(int semid, struct sembuf *sops, unsigned nsops)}
2175 Esegue le operazioni ordinarie su un semaforo o un insieme di semafori.
2177 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2178 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2180 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per eseguire
2181 l'operazione richiesta.
2182 \item[\errcode{EIDRM}] l'insieme di semafori è stato cancellato.
2183 \item[\errcode{ENOMEM}] si è richiesto un \const{SEM\_UNDO} ma il sistema
2184 non ha le risorse per allocare la struttura di ripristino.
2185 \item[\errcode{EAGAIN}] un'operazione comporterebbe il blocco del processo,
2186 ma si è specificato \const{IPC\_NOWAIT} in \var{sem\_flg}.
2187 \item[\errcode{EINTR}] la funzione, bloccata in attesa dell'esecuzione
2188 dell'operazione, viene interrotta da un segnale.
2189 \item[\errcode{E2BIG}] l'argomento \param{nsops} è maggiore del numero
2190 massimo di operazioni \const{SEMOPM}.
2191 \item[\errcode{ERANGE}] per alcune operazioni il valore risultante del
2192 semaforo viene a superare il limite massimo \const{SEMVMX}.
2194 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
2199 %TODO manca semtimedop, trattare qui, referenziata in
2200 %sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}.
2202 La funzione permette di eseguire operazioni multiple sui singoli semafori di
2203 un insieme. La funzione richiede come primo argomento l'identificatore
2204 \param{semid} dell'insieme su cui si vuole operare. Il numero di operazioni da
2205 effettuare viene specificato con l'argomento \param{nsop}, mentre il loro
2206 contenuto viene passato con un puntatore ad un vettore di strutture
2207 \struct{sembuf} nell'argomento \param{sops}. Le operazioni richieste vengono
2208 effettivamente eseguite se e soltanto se è possibile effettuarle tutte quante.
2210 \begin{figure}[!htb]
2211 \footnotesize \centering
2212 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
2213 \includestruct{listati/sembuf.h}
2216 \caption{La struttura \structd{sembuf}, usata per le operazioni sui
2218 \label{fig:ipc_sembuf}
2221 Il contenuto di ciascuna operazione deve essere specificato attraverso una
2222 opportuna struttura \struct{sembuf} (la cui definizione è riportata in
2223 fig.~\ref{fig:ipc_sembuf}) che il programma chiamante deve avere cura di
2224 allocare in un opportuno vettore. La struttura permette di indicare il
2225 semaforo su cui operare, il tipo di operazione, ed un flag di controllo.
2226 Il campo \var{sem\_num} serve per indicare a quale semaforo dell'insieme fa
2227 riferimento l'operazione; si ricordi che i semafori sono numerati come in un
2228 vettore, per cui il primo semaforo corrisponde ad un valore nullo di
2231 Il campo \var{sem\_flg} è un flag, mantenuto come maschera binaria, per il
2232 quale possono essere impostati i due valori \const{IPC\_NOWAIT} e
2233 \const{SEM\_UNDO}. Impostando \const{IPC\_NOWAIT} si fa si che, invece di
2234 bloccarsi (in tutti quei casi in cui l'esecuzione di una operazione richiede
2235 che il processo vada in stato di \textit{sleep}), \func{semop} ritorni
2236 immediatamente con un errore di \errcode{EAGAIN}. Impostando \const{SEM\_UNDO}
2237 si richiede invece che l'operazione venga registrata in modo che il valore del
2238 semaforo possa essere ripristinato all'uscita del processo.
2240 Infine \var{sem\_op} è il campo che controlla l'operazione che viene eseguita
2241 e determina il comportamento della chiamata a \func{semop}; tre sono i casi
2243 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
2244 \item[\var{sem\_op}$>0$] In questo caso il valore di \var{sem\_op} viene
2245 aggiunto al valore corrente di \var{semval}. La funzione ritorna
2246 immediatamente (con un errore di \errcode{ERANGE} qualora si sia superato il
2247 limite \const{SEMVMX}) ed il processo non viene bloccato in nessun caso.
2248 Specificando \const{SEM\_UNDO} si aggiorna il contatore per il ripristino
2249 del valore del semaforo. Al processo chiamante è richiesto il privilegio di
2250 alterazione (scrittura) sull'insieme di semafori.
2252 \item[\var{sem\_op}$=0$] Nel caso \var{semval} sia zero l'esecuzione procede
2253 immediatamente. Se \var{semval} è diverso da zero il comportamento è
2254 controllato da \var{sem\_flg}, se è stato impostato \const{IPC\_NOWAIT} la
2255 funzione ritorna con un errore di \errcode{EAGAIN}, altrimenti viene
2256 incrementato \var{semzcnt} di uno ed il processo resta in stato di
2257 \textit{sleep} fintanto che non si ha una delle condizioni seguenti:
2259 \item \var{semval} diventa zero, nel qual caso \var{semzcnt} viene
2260 decrementato di uno.
2261 \item l'insieme di semafori viene rimosso, nel qual caso \func{semop} ritorna
2262 un errore di \errcode{EIDRM}.
2263 \item il processo chiamante riceve un segnale, nel qual caso \var{semzcnt}
2264 viene decrementato di uno e \func{semop} ritorna un errore di
2267 Al processo chiamante è richiesto il privilegio di lettura dell'insieme dei
2270 \item[\var{sem\_op}$<0$] Nel caso in cui \var{semval} è maggiore o uguale del
2271 valore assoluto di \var{sem\_op} (se cioè la somma dei due valori resta
2272 positiva o nulla) i valori vengono sommati e la funzione ritorna
2273 immediatamente; qualora si sia impostato \const{SEM\_UNDO} viene anche
2274 aggiornato il contatore per il ripristino del valore del semaforo. In caso
2275 contrario (quando cioè la somma darebbe luogo ad un valore di \var{semval}
2276 negativo) se si è impostato \const{IPC\_NOWAIT} la funzione ritorna con un
2277 errore di \errcode{EAGAIN}, altrimenti viene incrementato di uno
2278 \var{semncnt} ed il processo resta in stato di \textit{sleep} fintanto che
2279 non si ha una delle condizioni seguenti:
2281 \item \var{semval} diventa maggiore o uguale del valore assoluto di
2282 \var{sem\_op}, nel qual caso \var{semncnt} viene decrementato di uno, il
2283 valore di \var{sem\_op} viene sommato a \var{semval}, e se era stato
2284 impostato \const{SEM\_UNDO} viene aggiornato il contatore per il
2285 ripristino del valore del semaforo.
2286 \item l'insieme di semafori viene rimosso, nel qual caso \func{semop}
2287 ritorna un errore di \errcode{EIDRM}.
2288 \item il processo chiamante riceve un segnale, nel qual caso \var{semncnt}
2289 viene decrementato di uno e \func{semop} ritorna un errore di
2292 Al processo chiamante è richiesto il privilegio di alterazione (scrittura)
2293 sull'insieme di semafori.
2296 In caso di successo della funzione viene aggiornato il campo \var{sempid} per
2297 ogni semaforo modificato al valore del \ids{PID} del processo chiamante;
2298 inoltre vengono pure aggiornati al tempo corrente i campi \var{sem\_otime} e
2301 Dato che, come già accennato in precedenza, in caso di uscita inaspettata i
2302 semafori possono restare occupati, abbiamo visto come \func{semop} permetta di
2303 attivare un meccanismo di ripristino attraverso l'uso del flag
2304 \const{SEM\_UNDO}. Il meccanismo è implementato tramite una apposita struttura
2305 \kstruct{sem\_undo}, associata ad ogni processo per ciascun semaforo che esso
2306 ha modificato; all'uscita i semafori modificati vengono ripristinati, e le
2307 strutture disallocate. Per mantenere coerente il comportamento queste
2308 strutture non vengono ereditate attraverso una \func{fork} (altrimenti si
2309 avrebbe un doppio ripristino), mentre passano inalterate nell'esecuzione di
2310 una \func{exec} (altrimenti non si avrebbe ripristino).
2312 Tutto questo però ha un problema di fondo. Per capire di cosa si tratta
2313 occorre fare riferimento all'implementazione usata in Linux, che è riportata
2314 in maniera semplificata nello schema di fig.~\ref{fig:ipc_sem_schema}. Si è
2315 presa come riferimento l'architettura usata fino al kernel 2.2.x che è più
2316 semplice (ed illustrata in dettaglio in \cite{tlk}); nel kernel 2.4.x la
2317 struttura del \textit{SysV-IPC} è stata modificata, ma le definizioni relative
2318 a queste strutture restano per compatibilità.\footnote{in particolare con le
2319 vecchie versioni delle librerie del C, come le libc5.}
2321 \begin{figure}[!htb]
2322 \centering \includegraphics[width=13cm]{img/semtruct}
2323 \caption{Schema della struttura di un insieme di semafori.}
2324 \label{fig:ipc_sem_schema}
2327 Alla creazione di un nuovo insieme viene allocata una nuova strutture
2328 \struct{semid\_ds} ed il relativo vettore di strutture \struct{sem}. Quando si
2329 richiede una operazione viene anzitutto verificato che tutte le operazioni
2330 possono avere successo; se una di esse comporta il blocco del processo il
2331 kernel crea una struttura \kstruct{sem\_queue} che viene aggiunta in fondo alla
2332 coda di attesa associata a ciascun insieme di semafori\footnote{che viene
2333 referenziata tramite i campi \var{sem\_pending} e \var{sem\_pending\_last}
2334 di \struct{semid\_ds}.}.
2336 Nella struttura viene memorizzato il riferimento alle operazioni richieste
2337 (nel campo \var{sops}, che è un puntatore ad una struttura \struct{sembuf}) e
2338 al processo corrente (nel campo \var{sleeper}) poi quest'ultimo viene messo
2339 stato di attesa e viene invocato lo \itindex{scheduler} scheduler per passare
2340 all'esecuzione di un altro processo.
2342 Se invece tutte le operazioni possono avere successo queste vengono eseguite
2343 immediatamente, dopo di che il kernel esegue una scansione della coda di
2344 attesa (a partire da \var{sem\_pending}) per verificare se qualcuna delle
2345 operazioni sospese in precedenza può essere eseguita, nel qual caso la
2346 struttura \kstruct{sem\_queue} viene rimossa e lo stato del processo associato
2347 all'operazione (\var{sleeper}) viene riportato a \textit{running}; il tutto
2348 viene ripetuto fin quando non ci sono più operazioni eseguibili o si è
2349 svuotata la coda. Per gestire il meccanismo del ripristino tutte le volte che
2350 per un'operazione si è specificato il flag \const{SEM\_UNDO} viene mantenuta
2351 per ciascun insieme di semafori una apposita struttura \kstruct{sem\_undo} che
2352 contiene (nel vettore puntato dal campo \var{semadj}) un valore di
2353 aggiustamento per ogni semaforo cui viene sommato l'opposto del valore usato
2356 %TODO verificare queste strutture \kstruct{sem\_queue} e \kstruct{sem\_undo}
2358 Queste strutture sono mantenute in due liste,\footnote{rispettivamente
2359 attraverso i due campi \var{id\_next} e \var{proc\_next}.} una associata
2360 all'insieme di cui fa parte il semaforo, che viene usata per invalidare le
2361 strutture se questo viene cancellato o per azzerarle se si è eseguita una
2362 operazione con \func{semctl}; l'altra associata al processo che ha eseguito
2363 l'operazione;\footnote{attraverso il campo \var{semundo} di
2364 \kstruct{task\_struct}, come mostrato in \ref{fig:ipc_sem_schema}.} quando un
2365 processo termina, la lista ad esso associata viene scandita e le operazioni
2366 applicate al semaforo. Siccome un processo può accumulare delle richieste di
2367 ripristino per semafori differenti chiamate attraverso diverse chiamate a
2368 \func{semop}, si pone il problema di come eseguire il ripristino dei semafori
2369 all'uscita del processo, ed in particolare se questo può essere fatto
2372 Il punto è cosa succede quando una delle operazioni previste per il ripristino
2373 non può essere eseguita immediatamente perché ad esempio il semaforo è
2374 occupato; in tal caso infatti, se si pone il processo in stato di
2375 \textit{sleep} aspettando la disponibilità del semaforo (come faceva
2376 l'implementazione originaria) si perde l'atomicità dell'operazione. La scelta
2377 fatta dal kernel è pertanto quella di effettuare subito le operazioni che non
2378 prevedono un blocco del processo e di ignorare silenziosamente le altre;
2379 questo però comporta il fatto che il ripristino non è comunque garantito in
2382 Come esempio di uso dell'interfaccia dei semafori vediamo come implementare
2383 con essa dei semplici \textit{mutex} (cioè semafori binari), tutto il codice
2384 in questione, contenuto nel file \file{Mutex.c} allegato ai sorgenti, è
2385 riportato in fig.~\ref{fig:ipc_mutex_create}. Utilizzeremo l'interfaccia per
2386 creare un insieme contenente un singolo semaforo, per il quale poi useremo un
2387 valore unitario per segnalare la disponibilità della risorsa, ed un valore
2388 nullo per segnalarne l'indisponibilità.
2390 \begin{figure}[!htbp]
2391 \footnotesize \centering
2392 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2393 \includecodesample{listati/Mutex.c}
2396 \caption{Il codice delle funzioni che permettono di creare o recuperare
2397 l'identificatore di un semaforo da utilizzare come \textit{mutex}.}
2398 \label{fig:ipc_mutex_create}
2401 La prima funzione (\texttt{\small 2--15}) è \func{MutexCreate} che data una
2402 chiave crea il semaforo usato per il mutex e lo inizializza, restituendone
2403 l'identificatore. Il primo passo (\texttt{\small 6}) è chiamare \func{semget}
2404 con \const{IPC\_CREATE} per creare il semaforo qualora non esista,
2405 assegnandogli i privilegi di lettura e scrittura per tutti. In caso di errore
2406 (\texttt{\small 7--9}) si ritorna subito il risultato di \func{semget},
2407 altrimenti (\texttt{\small 10}) si inizializza il semaforo chiamando
2408 \func{semctl} con il comando \const{SETVAL}, utilizzando l'unione
2409 \struct{semunion} dichiarata ed avvalorata in precedenza (\texttt{\small 4})
2410 ad 1 per significare che risorsa è libera. In caso di errore (\texttt{\small
2411 11--13}) si restituisce il valore di ritorno di \func{semctl}, altrimenti
2412 (\texttt{\small 14}) si ritorna l'identificatore del semaforo.
2414 La seconda funzione (\texttt{\small 17--20}) è \func{MutexFind}, che, data una
2415 chiave, restituisce l'identificatore del semaforo ad essa associato. La
2416 comprensione del suo funzionamento è immediata in quanto essa è soltanto un
2417 \textit{wrapper}\footnote{si chiama così una funzione usata per fare da
2418 \textsl{involucro} alla chiamata di un altra, usata in genere per
2419 semplificare un'interfaccia (come in questo caso) o per utilizzare con la
2420 stessa funzione diversi substrati (librerie, ecc.) che possono fornire le
2421 stesse funzionalità.} di una chiamata a \func{semget} per cercare
2422 l'identificatore associato alla chiave, il valore di ritorno di quest'ultima
2423 viene passato all'indietro al chiamante.
2425 La terza funzione (\texttt{\small 22--25}) è \func{MutexRead} che, dato un
2426 identificatore, restituisce il valore del semaforo associato al mutex. Anche
2427 in questo caso la funzione è un \textit{wrapper} per una chiamata a
2428 \func{semctl} con il comando \const{GETVAL}, che permette di restituire il
2429 valore del semaforo.
2431 La quarta e la quinta funzione (\texttt{\small 36--44}) sono \func{MutexLock},
2432 e \func{MutexUnlock}, che permettono rispettivamente di bloccare e sbloccare
2433 il mutex. Entrambe fanno da wrapper per \func{semop}, utilizzando le due
2434 strutture \var{sem\_lock} e \var{sem\_unlock} definite in precedenza
2435 (\texttt{\small 27--34}). Si noti come per queste ultime si sia fatto uso
2436 dell'opzione \const{SEM\_UNDO} per evitare che il semaforo resti bloccato in
2437 caso di terminazione imprevista del processo.
2439 L'ultima funzione (\texttt{\small 46--49}) della serie, è \func{MutexRemove},
2440 che rimuove il mutex. Anche in questo caso si ha un wrapper per una chiamata a
2441 \func{semctl} con il comando \const{IPC\_RMID}, che permette di cancellare il
2442 semaforo; il valore di ritorno di quest'ultima viene passato all'indietro.
2444 Chiamare \func{MutexLock} decrementa il valore del semaforo: se questo è
2445 libero (ha già valore 1) sarà bloccato (valore nullo), se è bloccato la
2446 chiamata a \func{semop} si bloccherà fintanto che la risorsa non venga
2447 rilasciata. Chiamando \func{MutexUnlock} il valore del semaforo sarà
2448 incrementato di uno, sbloccandolo qualora fosse bloccato.
2450 Si noti che occorre eseguire sempre prima \func{MutexLock} e poi
2451 \func{MutexUnlock}, perché se per un qualche errore si esegue più volte
2452 quest'ultima il valore del semaforo crescerebbe oltre 1, e \func{MutexLock}
2453 non avrebbe più l'effetto aspettato (bloccare la risorsa quando questa è
2454 considerata libera). Infine si tenga presente che usare \func{MutexRead} per
2455 controllare il valore dei mutex prima di proseguire in una operazione di
2456 sblocco non servirebbe comunque, dato che l'operazione non sarebbe atomica.
2457 Vedremo in sez.~\ref{sec:ipc_lock_file} come sia possibile ottenere
2458 un'interfaccia analoga a quella appena illustrata, senza incorrere in questi
2459 problemi, usando il \itindex{file~locking} \textit{file locking}.
2462 \subsection{Memoria condivisa}
2463 \label{sec:ipc_sysv_shm}
2465 Il terzo oggetto introdotto dal \textit{SysV-IPC} è quello dei segmenti di
2466 memoria condivisa. La funzione che permette di ottenerne uno è \funcd{shmget},
2467 ed il suo prototipo è:
2469 \headdecl{sys/types.h}
2470 \headdecl{sys/ipc.h}
2471 \headdecl{sys/shm.h}
2473 \funcdecl{int shmget(key\_t key, int size, int flag)}
2475 Restituisce l'identificatore di una memoria condivisa.
2477 \bodydesc{La funzione restituisce l'identificatore (un intero positivo) o -1
2478 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2480 \item[\errcode{ENOSPC}] si è superato il limite (\const{SHMMNI}) sul numero
2481 di segmenti di memoria nel sistema, o cercato di allocare un segmento le
2482 cui dimensioni fanno superare il limite di sistema (\const{SHMALL}) per
2483 la memoria ad essi riservata.
2484 \item[\errcode{EINVAL}] si è richiesta una dimensione per un nuovo segmento
2485 maggiore di \const{SHMMAX} o minore di \const{SHMMIN}, o se il segmento
2486 già esiste \param{size} è maggiore delle sue dimensioni.
2487 \item[\errcode{ENOMEM}] il sistema non ha abbastanza memoria per poter
2488 contenere le strutture per un nuovo segmento di memoria condivisa.
2490 ed inoltre \errval{EACCES}, \errval{ENOENT}, \errval{EEXIST},
2491 \errval{EIDRM}, con lo stesso significato che hanno per \func{msgget}.}
2494 La funzione, come \func{semget}, è del tutto analoga a \func{msgget}, ed
2495 identico è l'uso degli argomenti \param{key} e \param{flag} per cui non
2496 ripeteremo quanto detto al proposito in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq}. L'argomento
2497 \param{size} specifica invece la dimensione, in byte, del segmento, che viene
2498 comunque arrotondata al multiplo superiore di \const{PAGE\_SIZE}.
2500 % TODO aggiungere l'uso di SHM_HUGETLB introdotto con il kernel 2.6.0
2502 La memoria condivisa è la forma più veloce di comunicazione fra due processi,
2503 in quanto permette agli stessi di vedere nel loro spazio di indirizzi una
2504 stessa sezione di memoria. Pertanto non è necessaria nessuna operazione di
2505 copia per trasmettere i dati da un processo all'altro, in quanto ciascuno può
2506 accedervi direttamente con le normali operazioni di lettura e scrittura dei
2509 Ovviamente tutto questo ha un prezzo, ed il problema fondamentale della
2510 memoria condivisa è la sincronizzazione degli accessi. È evidente infatti che
2511 se un processo deve scambiare dei dati con un altro, si deve essere sicuri che
2512 quest'ultimo non acceda al segmento di memoria condivisa prima che il primo
2513 non abbia completato le operazioni di scrittura, inoltre nel corso di una
2514 lettura si deve essere sicuri che i dati restano coerenti e non vengono
2515 sovrascritti da un accesso in scrittura sullo stesso segmento da parte di un
2516 altro processo. Per questo in genere la memoria condivisa viene sempre
2517 utilizzata in abbinamento ad un meccanismo di sincronizzazione, il che, di
2518 norma, significa insieme a dei semafori.
2520 \begin{figure}[!htb]
2521 \footnotesize \centering
2522 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
2523 \includestruct{listati/shmid_ds.h}
2526 \caption{La struttura \structd{shmid\_ds}, associata a ciascun segmento di
2528 \label{fig:ipc_shmid_ds}
2531 A ciascun segmento di memoria condivisa è associata una struttura
2532 \struct{shmid\_ds}, riportata in fig.~\ref{fig:ipc_shmid_ds}. Come nel caso
2533 delle code di messaggi quando si crea un nuovo segmento di memoria condivisa
2534 con \func{shmget} questa struttura viene inizializzata, in particolare il
2535 campo \var{shm\_perm} viene inizializzato come illustrato in
2536 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}, e valgono le considerazioni ivi fatte
2537 relativamente ai permessi di accesso; per quanto riguarda gli altri campi
2540 \item il campo \var{shm\_segsz}, che esprime la dimensione del segmento, viene
2541 inizializzato al valore di \param{size}.
2542 \item il campo \var{shm\_ctime}, che esprime il tempo di creazione del
2543 segmento, viene inizializzato al tempo corrente.
2544 \item i campi \var{shm\_atime} e \var{shm\_dtime}, che esprimono
2545 rispettivamente il tempo dell'ultima volta che il segmento è stato
2546 agganciato o sganciato da un processo, vengono inizializzati a zero.
2547 \item il campo \var{shm\_lpid}, che esprime il \ids{PID} del processo che ha
2548 eseguito l'ultima operazione, viene inizializzato a zero.
2549 \item il campo \var{shm\_cpid}, che esprime il \ids{PID} del processo che ha
2550 creato il segmento, viene inizializzato al \ids{PID} del processo chiamante.
2551 \item il campo \var{shm\_nattac}, che esprime il numero di processi agganciati
2552 al segmento viene inizializzato a zero.
2555 Come per le code di messaggi e gli insiemi di semafori, anche per i segmenti
2556 di memoria condivisa esistono una serie di limiti imposti dal sistema. Alcuni
2557 di questi limiti sono al solito accessibili e modificabili attraverso
2558 \func{sysctl} o scrivendo direttamente nei rispettivi file di
2559 \file{/proc/sys/kernel/}.
2561 In tab.~\ref{tab:ipc_shm_limits} si sono riportate le
2562 costanti simboliche associate a ciascuno di essi, il loro significato, i
2563 valori preimpostati, e, quando presente, il file in \file{/proc/sys/kernel/}
2564 che permettono di cambiarne il valore.
2570 \begin{tabular}[c]{|c|r|c|p{7cm}|}
2572 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{File in \texttt{proc}}
2573 & \textbf{Significato} \\
2576 \const{SHMALL}& 0x200000&\sysctlrelfile{kernel}{shmall}
2577 & Numero massimo di pagine che
2578 possono essere usate per i segmenti di
2579 memoria condivisa.\\
2580 \const{SHMMAX}&0x2000000&\sysctlrelfile{kernel}{shmmax}
2581 & Dimensione massima di un segmento di memoria
2583 \const{SHMMNI}& 4096&\sysctlrelfile{kernel}{msgmni}
2584 & Numero massimo di segmenti di memoria condivisa
2585 presenti nel kernel.\\
2586 \const{SHMMIN}& 1& --- & Dimensione minima di un segmento di
2587 memoria condivisa.\\
2588 \const{SHMLBA}&\const{PAGE\_SIZE}&--- & Limite inferiore per le dimensioni
2589 minime di un segmento (deve essere
2590 allineato alle dimensioni di una
2591 pagina di memoria).\\
2592 \const{SHMSEG}& --- & --- & Numero massimo di segmenti di
2593 memoria condivisa per ciascun
2599 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti dei segmenti di memoria
2600 condivisa, insieme al relativo file in \file{/proc/sys/kernel/} ed al
2601 valore preimpostato presente nel sistema.}
2602 \label{tab:ipc_shm_limits}
2605 Al solito la funzione che permette di effettuare le operazioni di controllo su
2606 un segmento di memoria condivisa è \funcd{shmctl}; il suo prototipo è:
2608 \headdecl{sys/ipc.h}
2609 \headdecl{sys/shm.h}
2611 \funcdecl{int shmctl(int shmid, int cmd, struct shmid\_ds *buf)}
2613 Esegue le operazioni di controllo su un segmento di memoria condivisa.
2615 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
2616 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
2618 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto \const{IPC\_STAT} ma i permessi non
2619 consentono l'accesso in lettura al segmento.
2620 \item[\errcode{EINVAL}] o \param{shmid} non è un identificatore valido o
2621 \param{cmd} non è un comando valido.
2622 \item[\errcode{EIDRM}] l'argomento \param{shmid} fa riferimento ad un
2623 segmento che è stato cancellato.
2624 \item[\errcode{EPERM}] si è specificato un comando con \const{IPC\_SET} o
2625 \const{IPC\_RMID} senza i permessi necessari.
2626 \item[\errcode{EOVERFLOW}] si è tentato il comando \const{IPC\_STAT} ma il
2627 valore del \ids{GID} o dell'\ids{UID} è troppo grande per essere
2628 memorizzato nella struttura puntata da \param{buf}.
2629 \item[\errcode{EFAULT}] l'indirizzo specificato con \param{buf} non è
2635 Il comando specificato attraverso l'argomento \param{cmd} determina i diversi
2636 effetti della funzione; i possibili valori che esso può assumere, ed il
2637 corrispondente comportamento della funzione, sono i seguenti:
2639 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2640 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge le informazioni riguardo il segmento di memoria
2641 condivisa nella struttura \struct{shmid\_ds} puntata da \param{buf}. Occorre
2642 che il processo chiamante abbia il permesso di lettura sulla segmento.
2643 \item[\const{IPC\_RMID}] Marca il segmento di memoria condivisa per la
2644 rimozione, questo verrà cancellato effettivamente solo quando l'ultimo
2645 processo ad esso agganciato si sarà staccato. Questo comando può essere
2646 eseguito solo da un processo con \ids{UID} effettivo corrispondente o al
2647 creatore del segmento, o al proprietario del segmento, o all'amministratore.
2648 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
2649 del segmento. Per modificare i valori di \var{shm\_perm.mode},
2650 \var{shm\_perm.uid} e \var{shm\_perm.gid} occorre essere il proprietario o
2651 il creatore del segmento, oppure l'amministratore. Compiuta l'operazione
2652 aggiorna anche il valore del campo \var{shm\_ctime}.
2653 \item[\const{SHM\_LOCK}] Abilita il \itindex{memory~locking} \textit{memory
2654 locking}\footnote{impedisce cioè che la memoria usata per il segmento
2655 venga salvata su disco dal meccanismo della \index{memoria~virtuale}
2656 memoria virtuale; si ricordi quanto trattato in
2657 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}.} sul segmento di memoria condivisa. Solo
2658 l'amministratore può utilizzare questo comando.
2659 \item[\const{SHM\_UNLOCK}] Disabilita il \itindex{memory~locking}
2660 \textit{memory locking} sul segmento di memoria condivisa. Solo
2661 l'amministratore può utilizzare questo comando.
2663 i primi tre comandi sono gli stessi già visti anche per le code di messaggi e
2664 gli insiemi di semafori, gli ultimi due sono delle estensioni specifiche
2665 previste da Linux, che permettono di abilitare e disabilitare il meccanismo
2666 della \index{memoria~virtuale} memoria virtuale per il segmento.
2668 L'argomento \param{buf} viene utilizzato solo con i comandi \const{IPC\_STAT}
2669 e \const{IPC\_SET} nel qual caso esso dovrà puntare ad una struttura
2670 \struct{shmid\_ds} precedentemente allocata, in cui nel primo caso saranno
2671 scritti i dati del segmento di memoria restituiti dalla funzione e da cui, nel
2672 secondo caso, verranno letti i dati da impostare sul segmento.
2674 Una volta che lo si è creato, per utilizzare un segmento di memoria condivisa
2675 l'interfaccia prevede due funzioni, \funcd{shmat} e \func{shmdt}. La prima di
2676 queste serve ad agganciare un segmento al processo chiamante, in modo che
2677 quest'ultimo possa inserirlo nel suo spazio di indirizzi per potervi accedere;
2680 \headdecl{sys/types.h}
2681 \headdecl{sys/shm.h}
2683 \funcdecl{void *shmat(int shmid, const void *shmaddr, int shmflg)}
2684 Aggancia al processo un segmento di memoria condivisa.
2686 \bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo del segmento in caso di
2687 successo, e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i
2690 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per accedere al
2691 segmento nella modalità richiesta.
2692 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un identificatore invalido per
2693 \param{shmid}, o un indirizzo non allineato sul confine di una pagina
2694 per \param{shmaddr}.
2696 ed inoltre \errval{ENOMEM}.}
2699 La funzione inserisce un segmento di memoria condivisa all'interno dello
2700 spazio di indirizzi del processo, in modo che questo possa accedervi
2701 direttamente, la situazione dopo l'esecuzione di \func{shmat} è illustrata in
2702 fig.~\ref{fig:ipc_shmem_layout} (per la comprensione del resto dello schema si
2703 ricordi quanto illustrato al proposito in sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}). In
2704 particolare l'indirizzo finale del segmento dati (quello impostato da
2705 \func{brk}, vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_alloc}) non viene influenzato.
2706 Si tenga presente infine che la funzione ha successo anche se il segmento è
2707 stato marcato per la cancellazione.
2709 \begin{figure}[!htb]
2710 \centering \includegraphics[height=10cm]{img/sh_memory_layout}
2711 \caption{Disposizione dei segmenti di memoria di un processo quando si è
2712 agganciato un segmento di memoria condivisa.}
2713 \label{fig:ipc_shmem_layout}
2716 L'argomento \param{shmaddr} specifica a quale indirizzo\footnote{lo standard
2717 SVID prevede che l'argomento \param{shmaddr} sia di tipo \ctyp{char *}, così
2718 come il valore di ritorno della funzione; in Linux è stato così con le
2719 \acr{libc4} e le \acr{libc5}, con il passaggio alla \acr{glibc} il tipo di
2720 \param{shmaddr} è divenuto un \ctyp{const void *} e quello del valore di
2721 ritorno un \ctyp{void *}.} deve essere associato il segmento, se il valore
2722 specificato è \val{NULL} è il sistema a scegliere opportunamente un'area di
2723 memoria libera (questo è il modo più portabile e sicuro di usare la funzione).
2724 Altrimenti il kernel aggancia il segmento all'indirizzo specificato da
2725 \param{shmaddr}; questo però può avvenire solo se l'indirizzo coincide con il
2726 limite di una pagina, cioè se è un multiplo esatto del parametro di sistema
2727 \const{SHMLBA}, che in Linux è sempre uguale \const{PAGE\_SIZE}.
2729 Si tenga presente però che quando si usa \val{NULL} come valore di
2730 \param{shmaddr}, l'indirizzo restituito da \func{shmat} può cambiare da
2731 processo a processo; pertanto se nell'area di memoria condivisa si salvano
2732 anche degli indirizzi, si deve avere cura di usare valori relativi (in genere
2733 riferiti all'indirizzo di partenza del segmento).
2735 L'argomento \param{shmflg} permette di cambiare il comportamento della
2736 funzione; esso va specificato come maschera binaria, i bit utilizzati sono
2737 solo due e sono identificati dalle costanti \const{SHM\_RND} e
2738 \const{SHM\_RDONLY}, che vanno combinate con un OR aritmetico. Specificando
2739 \const{SHM\_RND} si evita che \func{shmat} ritorni un errore quando
2740 \param{shmaddr} non è allineato ai confini di una pagina. Si può quindi usare
2741 un valore qualunque per \param{shmaddr}, e il segmento verrà comunque
2742 agganciato, ma al più vicino multiplo di \const{SHMLBA} (il nome della
2743 costante sta infatti per \textit{rounded}, e serve per specificare un
2744 indirizzo come arrotondamento, in Linux è equivalente a \const{PAGE\_SIZE}).
2746 L'uso di \const{SHM\_RDONLY} permette di agganciare il segmento in sola
2747 lettura (si ricordi che anche le pagine di memoria hanno dei permessi), in tal
2748 caso un tentativo di scrivere sul segmento comporterà una
2749 \itindex{segment~violation} violazione di accesso con l'emissione di un
2750 segnale di \signal{SIGSEGV}. Il comportamento usuale di \func{shmat} è quello
2751 di agganciare il segmento con l'accesso in lettura e scrittura (ed il processo
2752 deve aver questi permessi in \var{shm\_perm}), non è prevista la possibilità
2753 di agganciare un segmento in sola scrittura.
2755 In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di
2758 \item il tempo \var{shm\_atime} dell'ultima operazione di aggancio viene
2759 impostato al tempo corrente.
2760 \item il \ids{PID} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
2761 segmento viene impostato a quello del processo corrente.
2762 \item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
2766 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_fork} un segmento di memoria condivisa
2767 agganciato ad un processo viene ereditato da un figlio attraverso una
2768 \func{fork}, dato che quest'ultimo riceve una copia dello spazio degli
2769 indirizzi del padre. Invece, dato che attraverso una \func{exec} viene
2770 eseguito un diverso programma con uno spazio di indirizzi completamente
2771 diverso, tutti i segmenti agganciati al processo originario vengono
2772 automaticamente sganciati. Lo stesso avviene all'uscita del processo
2773 attraverso una \func{exit}.
2775 Una volta che un segmento di memoria condivisa non serve più, si può
2776 sganciarlo esplicitamente dal processo usando l'altra funzione
2777 dell'interfaccia, \funcd{shmdt}, il cui prototipo è:
2779 \headdecl{sys/types.h}
2780 \headdecl{sys/shm.h}
2782 \funcdecl{int shmdt(const void *shmaddr)}
2783 Sgancia dal processo un segmento di memoria condivisa.
2785 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo, e -1 in caso di
2786 errore, la funzione fallisce solo quando non c'è un segmento agganciato
2787 all'indirizzo \param{shmaddr}, con \var{errno} che assume il valore
2791 La funzione sgancia dallo spazio degli indirizzi del processo un segmento di
2792 memoria condivisa; questo viene identificato con l'indirizzo \param{shmaddr}
2793 restituito dalla precedente chiamata a \func{shmat} con il quale era stato
2794 agganciato al processo.
2796 In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di
2799 \item il tempo \var{shm\_dtime} dell'ultima operazione di sganciamento viene
2800 impostato al tempo corrente.
2801 \item il \ids{PID} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
2802 segmento viene impostato a quello del processo corrente.
2803 \item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
2804 decrementato di uno.
2806 inoltre la regione di indirizzi usata per il segmento di memoria condivisa
2807 viene tolta dallo spazio di indirizzi del processo.
2809 \begin{figure}[!htbp]
2810 \footnotesize \centering
2811 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2812 \includecodesample{listati/SharedMem.c}
2815 \caption{Il codice delle funzioni che permettono di creare, trovare e
2816 rimuovere un segmento di memoria condivisa.}
2817 \label{fig:ipc_sysv_shm_func}
2820 Come esempio di uso di queste funzioni vediamo come implementare una serie di
2821 funzioni di libreria che ne semplifichino l'uso, automatizzando le operazioni
2822 più comuni; il codice, contenuto nel file \file{SharedMem.c}, è riportato in
2823 fig.~\ref{fig:ipc_sysv_shm_func}.
2825 La prima funzione (\texttt{\small 3--16}) è \func{ShmCreate} che, data una
2826 chiave, crea il segmento di memoria condivisa restituendo il puntatore allo
2827 stesso. La funzione comincia (\texttt{\small 6}) con il chiamare
2828 \func{shmget}, usando il flag \const{IPC\_CREATE} per creare il segmento
2829 qualora non esista, ed assegnandogli i privilegi specificati dall'argomento
2830 \var{perm} e la dimensione specificata dall'argomento \var{shm\_size}. In
2831 caso di errore (\texttt{\small 7--9}) si ritorna immediatamente un puntatore
2832 nullo, altrimenti (\texttt{\small 10}) si prosegue agganciando il segmento di
2833 memoria condivisa al processo con \func{shmat}. In caso di errore
2834 (\texttt{\small 11--13}) si restituisce di nuovo un puntatore nullo, infine
2835 (\texttt{\small 14}) si inizializza con \func{memset} il contenuto del
2836 segmento al valore costante specificato dall'argomento \var{fill}, e poi si
2837 ritorna il puntatore al segmento stesso.
2839 La seconda funzione (\texttt{\small 17--31}) è \func{ShmFind}, che, data una
2840 chiave, restituisce l'indirizzo del segmento ad essa associato. Anzitutto
2841 (\texttt{\small 22}) si richiede l'identificatore del segmento con
2842 \func{shmget}, ritornando (\texttt{\small 23--25}) un puntatore nullo in caso
2843 di errore. Poi si prosegue (\texttt{\small 26}) agganciando il segmento al
2844 processo con \func{shmat}, restituendo (\texttt{\small 27--29}) di nuovo un
2845 puntatore nullo in caso di errore, se invece non ci sono errori si restituisce
2846 il puntatore ottenuto da \func{shmat}.
2848 La terza funzione (\texttt{\small 32--51}) è \func{ShmRemove} che, data la
2849 chiave ed il puntatore associati al segmento di memoria condivisa, prima lo
2850 sgancia dal processo e poi lo rimuove. Il primo passo (\texttt{\small 37}) è
2851 la chiamata a \func{shmdt} per sganciare il segmento, restituendo
2852 (\texttt{\small 38--39}) un valore -1 in caso di errore. Il passo successivo
2853 (\texttt{\small 41}) è utilizzare \func{shmget} per ottenere l'identificatore
2854 associato al segmento data la chiave \var{key}. Al solito si restituisce un
2855 valore di -1 (\texttt{\small 42--45}) in caso di errore, mentre se tutto va
2856 bene si conclude restituendo un valore nullo.
2858 Benché la memoria condivisa costituisca il meccanismo di intercomunicazione
2859 fra processi più veloce, essa non è sempre il più appropriato, dato che, come
2860 abbiamo visto, si avrà comunque la necessità di una sincronizzazione degli
2861 accessi. Per questo motivo, quando la comunicazione fra processi è
2862 sequenziale, altri meccanismi come le \textit{pipe}, le \textit{fifo} o i
2863 socket, che non necessitano di sincronizzazione esplicita, sono da
2864 preferire. Essa diventa l'unico meccanismo possibile quando la comunicazione
2865 non è sequenziale\footnote{come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq} per la
2866 comunicazione non sequenziale si possono usare le code di messaggi,
2867 attraverso l'uso del campo \var{mtype}, ma solo se quest'ultima può essere
2868 effettuata in forma di messaggio.} o quando non può avvenire secondo una
2869 modalità predefinita.
2871 Un esempio classico di uso della memoria condivisa è quello del
2872 ``\textit{monitor}'', in cui viene per scambiare informazioni fra un processo
2873 server, che vi scrive dei dati di interesse generale che ha ottenuto, e i
2874 processi client interessati agli stessi dati che così possono leggerli in
2875 maniera completamente asincrona. Con questo schema di funzionamento da una
2876 parte si evita che ciascun processo client debba compiere l'operazione,
2877 potenzialmente onerosa, di ricavare e trattare i dati, e dall'altra si evita
2878 al processo server di dover gestire l'invio a tutti i client di tutti i dati
2879 (non potendo il server sapere quali di essi servono effettivamente al singolo
2882 Nel nostro caso implementeremo un ``\textsl{monitor}'' di una directory: un
2883 processo si incaricherà di tenere sotto controllo alcuni parametri relativi ad
2884 una directory (il numero dei file contenuti, la dimensione totale, quante
2885 directory, link simbolici, file normali, ecc.) che saranno salvati in un
2886 segmento di memoria condivisa cui altri processi potranno accedere per
2887 ricavare la parte di informazione che interessa.
2889 In fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_main} si è riportata la sezione principale del
2890 corpo del programma server, insieme alle definizioni delle altre funzioni
2891 usate nel programma e delle \index{variabili!globali} variabili globali,
2892 omettendo tutto quello che riguarda la gestione delle opzioni e la stampa
2893 delle istruzioni di uso a video; al solito il codice completo si trova con i
2894 sorgenti allegati nel file \file{DirMonitor.c}.
2896 \begin{figure}[!htbp]
2897 \footnotesize \centering
2898 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2899 \includecodesample{listati/DirMonitor.c}
2902 \caption{Codice della funzione principale del programma \file{DirMonitor.c}.}
2903 \label{fig:ipc_dirmonitor_main}
2906 Il programma usa delle \index{variabili!globali} variabili globali
2907 (\texttt{\small 2--14}) per mantenere i valori relativi agli oggetti usati per
2908 la comunicazione inter-processo; si è definita inoltre una apposita struttura
2909 \struct{DirProp} che contiene i dati relativi alle proprietà che si vogliono
2910 mantenere nella memoria condivisa, per l'accesso da parte dei client.
2912 Il programma, dopo la sezione, omessa, relativa alla gestione delle opzioni da
2913 riga di comando (che si limitano alla eventuale stampa di un messaggio di
2914 aiuto a video ed all'impostazione della durata dell'intervallo con cui viene
2915 ripetuto il calcolo delle proprietà della directory) controlla (\texttt{\small
2916 20--23}) che sia stato specificato l'argomento necessario contenente il nome
2917 della directory da tenere sotto controllo, senza il quale esce immediatamente
2918 con un messaggio di errore.
2920 Poi, per verificare che l'argomento specifichi effettivamente una directory,
2921 si esegue (\texttt{\small 24--26}) su di esso una \func{chdir}, uscendo
2922 immediatamente in caso di errore. Questa funzione serve anche per impostare
2923 la \index{directory~di~lavoro} directory di lavoro del programma nella
2924 directory da tenere sotto controllo, in vista del successivo uso della
2925 funzione \func{daemon}.\footnote{si noti come si è potuta fare questa scelta,
2926 nonostante le indicazioni illustrate in sez.~\ref{sec:sess_daemon}, per il
2927 particolare scopo del programma, che necessita comunque di restare
2928 all'interno di una directory.} Infine (\texttt{\small 27--29}) si installano
2929 i gestori per i vari segnali di terminazione che, avendo a che fare con un
2930 programma che deve essere eseguito come server, sono il solo strumento
2931 disponibile per concluderne l'esecuzione.
2933 Il passo successivo (\texttt{\small 30--39}) è quello di creare gli oggetti di
2934 intercomunicazione necessari. Si inizia costruendo (\texttt{\small 30}) la
2935 chiave da usare come riferimento con il nome del programma,\footnote{si è
2936 usato un riferimento relativo alla home dell'utente, supposto che i sorgenti
2937 di GaPiL siano stati installati direttamente in essa. Qualora si effettui
2938 una installazione diversa si dovrà correggere il programma.} dopo di che si
2939 richiede (\texttt{\small 31}) la creazione di un segmento di memoria condivisa
2940 con usando la funzione \func{ShmCreate} illustrata in precedenza (una pagina
2941 di memoria è sufficiente per i dati che useremo), uscendo (\texttt{\small
2942 32--35}) qualora la creazione ed il successivo agganciamento al processo non
2943 abbia successo. Con l'indirizzo \var{shmptr} così ottenuto potremo poi
2944 accedere alla memoria condivisa, che, per come abbiamo lo abbiamo definito,
2945 sarà vista nella forma data da \struct{DirProp}. Infine (\texttt{\small
2946 36--39}) utilizzando sempre la stessa chiave, si crea, tramite le funzioni
2947 di interfaccia già descritte in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}, anche un mutex,
2948 che utilizzeremo per regolare l'accesso alla memoria condivisa.
2950 \begin{figure}[!htbp]
2951 \footnotesize \centering
2952 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2953 \includecodesample{listati/ComputeValues.c}
2956 \caption{Codice delle funzioni ausiliarie usate da \file{DirMonitor.c}.}
2957 \label{fig:ipc_dirmonitor_sub}
2960 Completata l'inizializzazione e la creazione degli oggetti di
2961 intercomunicazione il programma entra nel ciclo principale (\texttt{\small
2962 40--49}) dove vengono eseguite indefinitamente le attività di monitoraggio.
2963 Il primo passo (\texttt{\small 41}) è eseguire \func{daemon} per proseguire
2964 con l'esecuzione in background come si conviene ad un programma demone; si
2965 noti che si è mantenuta, usando un valore non nullo del primo argomento, la
2966 \index{directory~di~lavoro} directory di lavoro corrente. Una volta che il
2967 programma è andato in background l'esecuzione prosegue (\texttt{\small
2968 42--48}) all'interno di un ciclo infinito: si inizia (\texttt{\small 43})
2969 bloccando il mutex con \func{MutexLock} per poter accedere alla memoria
2970 condivisa (la funzione si bloccherà automaticamente se qualche client sta
2971 leggendo), poi (\texttt{\small 44}) si cancellano i valori precedentemente
2972 immagazzinati nella memoria condivisa con \func{memset}, e si esegue
2973 (\texttt{\small 45}) un nuovo calcolo degli stessi utilizzando la funzione
2974 \myfunc{dir\_scan}; infine (\texttt{\small 46}) si sblocca il mutex con
2975 \func{MutexUnlock}, e si attende (\texttt{\small 47}) per il periodo di tempo
2976 specificato a riga di comando con l'opzione \code{-p} con una \func{sleep}.
2978 Si noti come per il calcolo dei valori da mantenere nella memoria condivisa si
2979 sia usata ancora una volta la funzione \myfunc{dir\_scan}, già utilizzata (e
2980 descritta in dettaglio) in sez.~\ref{sec:file_dir_read}, che ci permette di
2981 effettuare la scansione delle voci della directory, chiamando per ciascuna di
2982 esse la funzione \func{ComputeValues}, che esegue tutti i calcoli necessari.
2984 Il codice di quest'ultima è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_sub}.
2985 Come si vede la funzione (\texttt{\small 2--16}) è molto semplice e si limita
2986 a chiamare (\texttt{\small 5}) la funzione \func{stat} sul file indicato da
2987 ciascuna voce, per ottenerne i dati, che poi utilizza per incrementare i vari
2988 contatori nella memoria condivisa, cui accede grazie alla
2989 \index{variabili!globali} variabile globale \var{shmptr}.
2991 Dato che la funzione è chiamata da \myfunc{dir\_scan}, si è all'interno del
2992 ciclo principale del programma, con un mutex acquisito, perciò non è
2993 necessario effettuare nessun controllo e si può accedere direttamente alla
2994 memoria condivisa usando \var{shmptr} per riempire i campi della struttura
2995 \struct{DirProp}; così prima (\texttt{\small 6--7}) si sommano le dimensioni
2996 dei file ed il loro numero, poi, utilizzando le macro di
2997 tab.~\ref{tab:file_type_macro}, si contano (\texttt{\small 8--14}) quanti ce
2998 ne sono per ciascun tipo.
3000 In fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_sub} è riportato anche il codice
3001 (\texttt{\small 17--23}) del gestore dei segnali di terminazione, usato per
3002 chiudere il programma. Esso, oltre a provocare l'uscita del programma, si
3003 incarica anche di cancellare tutti gli oggetti di intercomunicazione non più
3004 necessari. Per questo anzitutto (\texttt{\small 19}) acquisisce il mutex con
3005 \func{MutexLock}, per evitare di operare mentre un client sta ancora leggendo
3006 i dati, dopo di che (\texttt{\small 20}) distacca e rimuove il segmento di
3007 memoria condivisa usando \func{ShmRemove}. Infine (\texttt{\small 21})
3008 rimuove il mutex con \func{MutexRemove} ed esce (\texttt{\small 22}).
3010 \begin{figure}[!htbp]
3011 \footnotesize \centering
3012 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3013 \includecodesample{listati/ReadMonitor.c}
3016 \caption{Codice del programma client del monitor delle proprietà di una
3017 directory, \file{ReadMonitor.c}.}
3018 \label{fig:ipc_dirmonitor_client}
3021 Il codice del client usato per leggere le informazioni mantenute nella memoria
3022 condivisa è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_client}. Al solito si è
3023 omessa la sezione di gestione delle opzioni e la funzione che stampa a video
3024 le istruzioni; il codice completo è nei sorgenti allegati, nel file
3025 \file{ReadMonitor.c}.
3027 Una volta conclusa la gestione delle opzioni a riga di comando il programma
3028 rigenera (\texttt{\small 7}) con \func{ftok} la stessa chiave usata dal server
3029 per identificare il segmento di memoria condivisa ed il mutex, poi
3030 (\texttt{\small 8}) richiede con \func{ShmFind} l'indirizzo della memoria
3031 condivisa agganciando al contempo il segmento al processo, Infine
3032 (\texttt{\small 17--20}) con \func{MutexFind} si richiede l'identificatore del
3033 mutex. Completata l'inizializzazione ed ottenuti i riferimenti agli oggetti
3034 di intercomunicazione necessari viene eseguito il corpo principale del
3035 programma (\texttt{\small 21--33}); si comincia (\texttt{\small 22})
3036 acquisendo il mutex con \func{MutexLock}; qui avviene il blocco del processo
3037 se la memoria condivisa non è disponibile. Poi (\texttt{\small 23--31}) si
3038 stampano i vari valori mantenuti nella memoria condivisa attraverso l'uso di
3039 \var{shmptr}. Infine (\texttt{\small 41}) con \func{MutexUnlock} si rilascia
3040 il mutex, prima di uscire.
3042 Verifichiamo allora il funzionamento dei nostri programmi; al solito, usando
3043 le funzioni di libreria occorre definire opportunamente
3044 \code{LD\_LIBRARY\_PATH}; poi si potrà lanciare il server con:
3046 [piccardi@gont sources]$ ./dirmonitor ./
3049 ed avendo usato \func{daemon} il comando ritornerà immediatamente. Una volta
3050 che il server è in esecuzione, possiamo passare ad invocare il client per
3051 verificarne i risultati, in tal caso otterremo:
3053 [piccardi@gont sources]$ ./readmon
3054 Ci sono 68 file dati
3059 Ci sono 0 device a caratteri
3060 Ci sono 0 device a blocchi
3061 Totale 71 file, per 489831 byte
3064 ed un rapido calcolo (ad esempio con \code{ls -a | wc} per contare i file) ci
3065 permette di verificare che il totale dei file è giusto. Un controllo con
3066 \cmd{ipcs} ci permette inoltre di verificare la presenza di un segmento di
3067 memoria condivisa e di un semaforo:
3069 [piccardi@gont sources]$ ipcs
3070 ------ Shared Memory Segments --------
3071 key shmid owner perms bytes nattch status
3072 0xffffffff 54067205 piccardi 666 4096 1
3074 ------ Semaphore Arrays --------
3075 key semid owner perms nsems
3076 0xffffffff 229376 piccardi 666 1
3078 ------ Message Queues --------
3079 key msqid owner perms used-bytes messages
3083 Se a questo punto aggiungiamo un file, ad esempio con \code{touch prova},
3084 potremo verificare che, passati nel peggiore dei casi almeno 10 secondi (o
3085 l'eventuale altro intervallo impostato per la rilettura dei dati) avremo:
3087 [piccardi@gont sources]$ ./readmon
3088 Ci sono 69 file dati
3093 Ci sono 0 device a caratteri
3094 Ci sono 0 device a blocchi
3095 Totale 72 file, per 489887 byte
3099 A questo punto possiamo far uscire il server inviandogli un segnale di
3100 \signal{SIGTERM} con il comando \code{killall dirmonitor}, a questo punto
3101 ripetendo la lettura, otterremo un errore:
3103 [piccardi@gont sources]$ ./readmon
3104 Cannot find shared memory: No such file or directory
3107 e inoltre potremo anche verificare che anche gli oggetti di intercomunicazione
3108 visti in precedenza sono stati regolarmente cancellati:
3110 [piccardi@gont sources]$ ipcs
3111 ------ Shared Memory Segments --------
3112 key shmid owner perms bytes nattch status
3114 ------ Semaphore Arrays --------
3115 key semid owner perms nsems
3117 ------ Message Queues --------
3118 key msqid owner perms used-bytes messages
3123 %% Per capire meglio il funzionamento delle funzioni facciamo ancora una volta
3124 %% riferimento alle strutture con cui il kernel implementa i segmenti di memoria
3125 %% condivisa; uno schema semplificato della struttura è illustrato in
3126 %% fig.~\ref{fig:ipc_shm_struct}.
3128 %% \begin{figure}[!htb]
3130 %% \includegraphics[width=10cm]{img/shmstruct}
3131 %% \caption{Schema dell'implementazione dei segmenti di memoria condivisa in
3133 %% \label{fig:ipc_shm_struct}
3139 \section{Tecniche alternative}
3140 \label{sec:ipc_alternatives}
3142 Come abbiamo detto in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_generic}, e ripreso nella
3143 descrizione dei singoli oggetti che ne fan parte, il \textit{SysV-IPC}
3144 presenta numerosi problemi; in \cite{APUE}\footnote{in particolare nel
3145 capitolo 14.} Stevens ne effettua una accurata analisi (alcuni dei concetti
3146 sono già stati accennati in precedenza) ed elenca alcune possibili tecniche
3147 alternative, che vogliamo riprendere in questa sezione.
3150 \subsection{Alternative alle code di messaggi}
3151 \label{sec:ipc_mq_alternative}
3153 Le code di messaggi sono probabilmente il meno usato degli oggetti del
3154 \textit{SysV-IPC}; esse infatti nacquero principalmente come meccanismo di
3155 comunicazione bidirezionale quando ancora le \textit{pipe} erano
3156 unidirezionali; con la disponibilità di \func{socketpair} (vedi
3157 sez.~\ref{sec:ipc_socketpair}) o utilizzando una coppia di \textit{pipe}, si
3158 può ottenere questo risultato senza incorrere nelle complicazioni introdotte
3159 dal \textit{SysV-IPC}.
3161 In realtà, grazie alla presenza del campo \var{mtype}, le code di messaggi
3162 hanno delle caratteristiche ulteriori, consentendo una classificazione dei
3163 messaggi ed un accesso non rigidamente sequenziale; due caratteristiche che
3164 sono impossibili da ottenere con le \textit{pipe} e i socket di
3165 \func{socketpair}. A queste esigenze però si può comunque ovviare in maniera
3166 diversa con un uso combinato della memoria condivisa e dei meccanismi di
3167 sincronizzazione, per cui alla fine l'uso delle code di messaggi classiche è
3168 relativamente poco diffuso.
3170 % TODO: trattare qui, se non ssis trova posto migliore, copy_from_process e
3171 % copy_to_process, introdotte con il kernel 3.2. Vedi
3172 % http://lwn.net/Articles/405346/ e
3173 % http://ozlabs.org/~cyeoh/cma/process_vm_readv.txt
3176 \subsection{I \textsl{file di lock}}
3177 \label{sec:ipc_file_lock}
3179 \index{file!di lock|(}
3181 Come illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem} i semafori del \textit{SysV-IPC}
3182 presentano una interfaccia inutilmente complessa e con alcuni difetti
3183 strutturali, per questo quando si ha una semplice esigenza di sincronizzazione
3184 per la quale basterebbe un semaforo binario (quello che abbiamo definito come
3185 \textit{mutex}), per indicare la disponibilità o meno di una risorsa, senza la
3186 necessità di un contatore come i semafori, si possono utilizzare metodi
3189 La prima possibilità, utilizzata fin dalle origini di Unix, è quella di usare
3190 dei \textsl{file di lock} (per i quali esiste anche una opportuna directory,
3191 \file{/var/lock}, nel filesystem standard). Per questo si usa la
3192 caratteristica della funzione \func{open} (illustrata in
3193 sez.~\ref{sec:file_open_close}) che prevede\footnote{questo è quanto dettato dallo
3194 standard POSIX.1, ciò non toglie che in alcune implementazioni questa
3195 tecnica possa non funzionare; in particolare per Linux, nel caso di NFS, si
3196 è comunque soggetti alla possibilità di una \itindex{race~condition}
3197 \textit{race condition}.} che essa ritorni un errore quando usata con i
3198 flag di \const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}. In tal modo la creazione di un
3199 \textsl{file di lock} può essere eseguita atomicamente, il processo che crea
3200 il file con successo si può considerare come titolare del lock (e della
3201 risorsa ad esso associata) mentre il rilascio si può eseguire con una chiamata
3204 Un esempio dell'uso di questa funzione è mostrato dalle funzioni
3205 \func{LockFile} ed \func{UnlockFile} riportate in fig.~\ref{fig:ipc_file_lock}
3206 (sono contenute in \file{LockFile.c}, un altro dei sorgenti allegati alla
3207 guida) che permettono rispettivamente di creare e rimuovere un \textsl{file di
3208 lock}. Come si può notare entrambe le funzioni sono elementari; la prima
3209 (\texttt{\small 4--10}) si limita ad aprire il file di lock (\texttt{\small
3210 9}) nella modalità descritta, mentre la seconda (\texttt{\small 11--17}) lo
3211 cancella con \func{unlink}.
3213 \begin{figure}[!htbp]
3214 \footnotesize \centering
3215 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3216 \includecodesample{listati/LockFile.c}
3219 \caption{Il codice delle funzioni \func{LockFile} e \func{UnlockFile} che
3220 permettono di creare e rimuovere un \textsl{file di lock}.}
3221 \label{fig:ipc_file_lock}
3224 Uno dei limiti di questa tecnica è che, come abbiamo già accennato in
3225 sez.~\ref{sec:file_open_close}, questo comportamento di \func{open} può non
3226 funzionare (la funzione viene eseguita, ma non è garantita l'atomicità
3227 dell'operazione) se il filesystem su cui si va ad operare è su NFS; in tal
3228 caso si può adottare una tecnica alternativa che prevede l'uso della
3229 \func{link} per creare come \textsl{file di lock} un hard link ad un file
3230 esistente; se il link esiste già e la funzione fallisce, significa che la
3231 risorsa è bloccata e potrà essere sbloccata solo con un \func{unlink},
3232 altrimenti il link è creato ed il lock acquisito; il controllo e l'eventuale
3233 acquisizione sono atomici; la soluzione funziona anche su NFS, ma ha un altro
3234 difetto è che è quello di poterla usare solo se si opera all'interno di uno
3237 In generale comunque l'uso di un \textsl{file di lock} presenta parecchi
3238 problemi che non lo rendono una alternativa praticabile per la
3239 sincronizzazione: anzitutto in caso di terminazione imprevista del processo,
3240 si lascia allocata la risorsa (il \textsl{file di lock}) e questa deve essere
3241 sempre cancellata esplicitamente. Inoltre il controllo della disponibilità
3242 può essere eseguito solo con una tecnica di \itindex{polling}
3243 \textit{polling}, ed è quindi molto inefficiente.
3245 La tecnica dei file di lock ha comunque una sua utilità, e può essere usata
3246 con successo quando l'esigenza è solo quella di segnalare l'occupazione di una
3247 risorsa, senza necessità di attendere che questa si liberi; ad esempio la si
3248 usa spesso per evitare interferenze sull'uso delle porte seriali da parte di
3249 più programmi: qualora si trovi un file di lock il programma che cerca di
3250 accedere alla seriale si limita a segnalare che la risorsa non è disponibile.
3252 \index{file!di lock|)}
3255 \subsection{La sincronizzazione con il \textit{file locking}}
3256 \label{sec:ipc_lock_file}
3258 Dato che i \index{file!di lock} file di lock presentano gli inconvenienti
3259 illustrati in precedenza, la tecnica alternativa di sincronizzazione più
3260 comune è quella di fare ricorso al \itindex{file~locking} \textit{file
3261 locking} (trattato in sez.~\ref{sec:file_locking}) usando \func{fcntl} su un
3262 file creato per l'occasione per ottenere un write lock. In questo modo potremo
3263 usare il lock come un \textit{mutex}: per bloccare la risorsa basterà
3264 acquisire il lock, per sbloccarla basterà rilasciare il lock. Una richiesta
3265 fatta con un write lock metterà automaticamente il processo in stato di
3266 attesa, senza necessità di ricorrere al \itindex{polling} \textit{polling} per
3267 determinare la disponibilità della risorsa, e al rilascio della stessa da
3268 parte del processo che la occupava si otterrà il nuovo lock atomicamente.
3270 Questo approccio presenta il notevole vantaggio che alla terminazione di un
3271 processo tutti i lock acquisiti vengono rilasciati automaticamente (alla
3272 chiusura dei relativi file) e non ci si deve preoccupare di niente; inoltre
3273 non consuma risorse permanentemente allocate nel sistema. Lo svantaggio è che,
3274 dovendo fare ricorso a delle operazioni sul filesystem, esso è in genere
3275 leggermente più lento.
3277 \begin{figure}[!htbp]
3278 \footnotesize \centering
3279 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3280 \includecodesample{listati/MutexLocking.c}
3283 \caption{Il codice delle funzioni che permettono per la gestione dei
3284 \textit{mutex} con il \itindex{file~locking} \textit{file locking}.}
3285 \label{fig:ipc_flock_mutex}
3288 Il codice delle varie funzioni usate per implementare un mutex utilizzando il
3289 \textit{file locking} \itindex{file~locking} è riportato in
3290 fig.~\ref{fig:ipc_flock_mutex}; si è mantenuta volutamente una struttura
3291 analoga alle precedenti funzioni che usano i semafori, anche se le due
3292 interfacce non possono essere completamente equivalenti, specie per quanto
3293 riguarda la rimozione del mutex.
3295 La prima funzione (\texttt{\small 1--5}) è \func{CreateMutex}, e serve a
3296 creare il mutex; la funzione è estremamente semplice, e si limita
3297 (\texttt{\small 4}) a creare, con una opportuna chiamata ad \func{open}, il
3298 file che sarà usato per il successivo \textit{file locking}, assicurandosi che
3299 non esista già (nel qual caso segnala un errore); poi restituisce il file
3300 descriptor che sarà usato dalle altre funzioni per acquisire e rilasciare il
3303 La seconda funzione (\texttt{\small 6--10}) è \func{FindMutex}, che, come la
3304 precedente, è stata definita per mantenere una analogia con la corrispondente
3305 funzione basata sui semafori. Anch'essa si limita (\texttt{\small 9}) ad
3306 aprire il file da usare per il \itindex{file~locking} \textit{file locking},
3307 solo che in questo caso le opzioni di \func{open} sono tali che il file in
3308 questione deve esistere di già.
3310 La terza funzione (\texttt{\small 11--22}) è \func{LockMutex} e serve per
3311 acquisire il mutex. La funzione definisce (\texttt{\small 14}) e inizializza
3312 (\texttt{\small 16--19}) la struttura \var{lock} da usare per acquisire un
3313 write lock sul file, che poi (\texttt{\small 21}) viene richiesto con
3314 \func{fcntl}, restituendo il valore di ritorno di quest'ultima. Se il file è
3315 libero il lock viene acquisito e la funzione ritorna immediatamente;
3316 altrimenti \func{fcntl} si bloccherà (si noti che la si è chiamata con
3317 \const{F\_SETLKW}) fino al rilascio del lock.
3319 La quarta funzione (\texttt{\small 24--34}) è \func{UnlockMutex} e serve a
3320 rilasciare il mutex. La funzione è analoga alla precedente, solo che in questo
3321 caso si inizializza (\texttt{\small 28--31}) la struttura \var{lock} per il
3322 rilascio del lock, che viene effettuato (\texttt{\small 33}) con la opportuna
3323 chiamata a \func{fcntl}. Avendo usato il \itindex{file~locking} \textit{file
3324 locking} in semantica POSIX (si riveda quanto detto
3325 sez.~\ref{sec:file_posix_lock}) solo il processo che ha precedentemente
3326 eseguito il lock può sbloccare il mutex.
3328 La quinta funzione (\texttt{\small 36--39}) è \func{RemoveMutex} e serve a
3329 cancellare il mutex. Anche questa funzione è stata definita per mantenere una
3330 analogia con le funzioni basate sui semafori, e si limita a cancellare
3331 (\texttt{\small 38}) il file con una chiamata ad \func{unlink}. Si noti che in
3332 questo caso la funzione non ha effetto sui mutex già ottenuti con precedenti
3333 chiamate a \func{FindMutex} o \func{CreateMutex}, che continueranno ad essere
3334 disponibili fintanto che i relativi file descriptor restano aperti. Pertanto
3335 per rilasciare un mutex occorrerà prima chiamare \func{UnlockMutex} oppure
3336 chiudere il file usato per il lock.
3338 La sesta funzione (\texttt{\small 41--55}) è \func{ReadMutex} e serve a
3339 leggere lo stato del mutex. In questo caso si prepara (\texttt{\small 46--49})
3340 la solita struttura \var{lock} come l'acquisizione del lock, ma si effettua
3341 (\texttt{\small 51}) la chiamata a \func{fcntl} usando il comando
3342 \const{F\_GETLK} per ottenere lo stato del lock, e si restituisce
3343 (\texttt{\small 52}) il valore di ritorno in caso di errore, ed il valore del
3344 campo \var{l\_type} (che descrive lo stato del lock) altrimenti
3345 (\texttt{\small 54}). Per questo motivo la funzione restituirà -1 in caso di
3346 errore e uno dei due valori \const{F\_UNLCK} o \const{F\_WRLCK}\footnote{non
3347 si dovrebbe mai avere il terzo valore possibile, \const{F\_RDLCK}, dato che
3348 la nostra interfaccia usa solo i write lock. Però è sempre possibile che
3349 siano richiesti altri lock sul file al di fuori dell'interfaccia, nel qual
3350 caso si potranno avere, ovviamente, interferenze indesiderate.} in caso di
3351 successo, ad indicare che il mutex è, rispettivamente, libero o occupato.
3353 Basandosi sulla semantica dei file lock POSIX valgono tutte le considerazioni
3354 relative al comportamento di questi ultimi fatte in
3355 sez.~\ref{sec:file_posix_lock}; questo significa ad esempio che, al contrario
3356 di quanto avveniva con l'interfaccia basata sui semafori, chiamate multiple a
3357 \func{UnlockMutex} o \func{LockMutex} non si cumulano e non danno perciò
3358 nessun inconveniente.
3361 \subsection{Il \textit{memory mapping} anonimo}
3362 \label{sec:ipc_mmap_anonymous}
3364 \itindbeg{memory~mapping} Abbiamo già visto che quando i processi sono
3365 \textsl{correlati}\footnote{se cioè hanno almeno un progenitore comune.} l'uso
3366 delle \textit{pipe} può costituire una valida alternativa alle code di
3367 messaggi; nella stessa situazione si può evitare l'uso di una memoria
3368 condivisa facendo ricorso al cosiddetto \textit{memory mapping} anonimo.
3370 In sez.~\ref{sec:file_memory_map} abbiamo visto come sia possibile mappare il
3371 contenuto di un file nella memoria di un processo, e che, quando viene usato
3372 il flag \const{MAP\_SHARED}, le modifiche effettuate al contenuto del file
3373 vengono viste da tutti i processi che lo hanno mappato. Utilizzare questa
3374 tecnica per creare una memoria condivisa fra processi diversi è estremamente
3375 inefficiente, in quanto occorre passare attraverso il disco. Però abbiamo
3376 visto anche che se si esegue la mappatura con il flag \const{MAP\_ANONYMOUS}
3377 la regione mappata non viene associata a nessun file, anche se quanto scritto
3378 rimane in memoria e può essere riletto; allora, dato che un processo figlio
3379 mantiene nel suo spazio degli indirizzi anche le regioni mappate, esso sarà
3380 anche in grado di accedere a quanto in esse è contenuto.
3382 In questo modo diventa possibile creare una memoria condivisa fra processi
3383 diversi, purché questi abbiano almeno un progenitore comune che ha effettuato
3384 il \textit{memory mapping} anonimo.\footnote{nei sistemi derivati da SysV una
3385 funzionalità simile a questa viene implementata mappando il file speciale
3386 \file{/dev/zero}. In tal caso i valori scritti nella regione mappata non
3387 vengono ignorati (come accade qualora si scriva direttamente sul file), ma
3388 restano in memoria e possono essere riletti secondo le stesse modalità usate
3389 nel \textit{memory mapping} anonimo.} Vedremo come utilizzare questa tecnica
3390 più avanti, quando realizzeremo una nuova versione del monitor visto in
3391 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm} che possa restituisca i risultati via rete.
3392 \itindend{memory~mapping}
3394 % TODO: fare esempio di mmap anonima
3396 % TODO: con il kernel 3.2 è stata introdotta un nuovo meccanismo di
3397 % intercomunicazione veloce chiamato Cross Memory Attach, da capire se e come
3398 % trattarlo qui, vedi http://lwn.net/Articles/405346/
3399 % https://git.kernel.org/?p=linux/kernel/git/torvalds/linux-2.6.git;a=commitdiff;h=fcf634098c00dd9cd247447368495f0b79be12d1
3401 \section{L'intercomunicazione fra processi di POSIX}
3402 \label{sec:ipc_posix}
3404 Per superare i numerosi problemi del \textit{SysV-IPC}, evidenziati per i suoi
3405 aspetti generali in coda a sez.~\ref{sec:ipc_sysv_generic} e per i singoli
3406 oggetti nei paragrafi successivi, lo standard POSIX.1b ha introdotto dei nuovi
3407 meccanismi di comunicazione, che vanno sotto il nome di POSIX IPC, definendo
3408 una interfaccia completamente nuova, che tratteremo in questa sezione.
3411 \subsection{Considerazioni generali}
3412 \label{sec:ipc_posix_generic}
3414 Oggi Linux supporta tutti gli oggetti definito nello standard POSIX per l'IPC,
3415 ma a lungo non è stato così; la memoria condivisa è presente a partire dal
3416 kernel 2.4.x, i semafori sono forniti dalla \acr{glibc} nella sezione che
3417 implementa i \itindex{thread} \textit{thread} POSIX di nuova generazione che
3418 richiedono il kernel 2.6, le code di messaggi sono supportate a partire dal
3421 La caratteristica fondamentale dell'interfaccia POSIX è l'abbandono dell'uso
3422 degli identificatori e delle chiavi visti nel \textit{SysV-IPC}, per passare ai
3423 \itindex{POSIX~IPC~names} \textit{POSIX IPC names}, che sono sostanzialmente
3424 equivalenti ai nomi dei file. Tutte le funzioni che creano un oggetto di IPC
3425 POSIX prendono come primo argomento una stringa che indica uno di questi nomi;
3426 lo standard è molto generico riguardo l'implementazione, ed i nomi stessi
3427 possono avere o meno una corrispondenza sul filesystem; tutto quello che è
3430 \item i nomi devono essere conformi alle regole che caratterizzano i
3431 \textit{pathname}, in particolare non essere più lunghi di \const{PATH\_MAX}
3432 byte e terminati da un carattere nullo.
3433 \item se il nome inizia per una \texttt{/} chiamate differenti allo stesso
3434 nome fanno riferimento allo stesso oggetto, altrimenti l'interpretazione del
3435 nome dipende dall'implementazione.
3436 \item l'interpretazione di ulteriori \texttt{/} presenti nel nome dipende
3437 dall'implementazione.
3440 Data la assoluta genericità delle specifiche, il comportamento delle funzioni
3441 è subordinato in maniera quasi completa alla relativa
3442 implementazione.\footnote{tanto che Stevens in \cite{UNP2} cita questo caso
3443 come un esempio della maniera standard usata dallo standard POSIX per
3444 consentire implementazioni non standardizzabili.} Nel caso di Linux, sia per
3445 quanto riguarda la memoria condivisa ed i semafori, che per quanto riguarda le
3446 code di messaggi, tutto viene creato usando come radici delle opportune
3447 directory (rispettivamente \file{/dev/shm} e \file{/dev/mqueue}, per i
3448 dettagli si faccia riferimento a sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm},
3449 sez.~\ref{sec:ipc_posix_sem} e sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq}) ed i nomi
3450 specificati nelle relative funzioni sono considerati come un
3451 \itindsub{pathname}{assoluto} \textit{pathname} assoluto (comprendente
3452 eventuali sottodirectory) rispetto a queste radici.
3454 Il vantaggio degli oggetti di IPC POSIX è comunque che essi vengono inseriti
3455 nell'albero dei file, e possono essere maneggiati con le usuali funzioni e
3456 comandi di accesso ai file,\footnote{questo è vero nel caso di Linux, che usa
3457 una implementazione che lo consente, non è detto che altrettanto valga per
3458 altri kernel; in particolare, come si può facilmente verificare con uno
3459 \cmd{strace}, sia per la memoria condivisa che per le code di messaggi le
3460 system call utilizzate da Linux sono le stesse di quelle dei file, essendo
3461 detti oggetti realizzati come tali in appositi filesystem.} che funzionano
3462 come su dei file normali.
3464 In particolare i permessi associati agli oggetti di IPC POSIX sono identici ai
3465 permessi dei file, ed il controllo di accesso segue esattamente la stessa
3466 semantica (quella illustrata in sez.~\ref{sec:file_access_control}), e non
3467 quella particolare (si ricordi quanto visto in
3468 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}) che viene usata per gli oggetti del
3469 SysV-IPC. Per quanto riguarda l'attribuzione dell'utente e del gruppo
3470 proprietari dell'oggetto alla creazione di quest'ultimo essa viene effettuata
3471 secondo la semantica SysV: corrispondono cioè a \ids{UID} e \ids{GID} effettivi
3472 del processo che esegue la creazione.
3475 \subsection{Code di messaggi}
3476 \label{sec:ipc_posix_mq}
3478 Le code di messaggi POSIX sono supportate da Linux a partire dalla versione
3479 2.6.6-rc1 del kernel,\footnote{l'implementazione è dovuta a Michal Wronski e
3480 Krzysztof Benedyczak, e le relative informazioni si possono trovare su
3481 \url{http://www.geocities.com/wronski12/posix_ipc/index.html}.} In generale,
3482 come le corrispettive del \textit{SysV-IPC}, le code di messaggi sono poco
3483 usate, dato che i socket, nei casi in cui sono sufficienti, sono più comodi, e
3484 che in casi più complessi la comunicazione può essere gestita direttamente con
3485 mutex (o semafori) e memoria condivisa con tutta la flessibilità che occorre.
3487 Per poter utilizzare le code di messaggi, oltre ad utilizzare un kernel
3488 superiore al 2.6.6 (o precedente, se sono stati opportunamente applicati i
3489 relativi patch) occorre utilizzare la libreria \file{libmqueue}\footnote{i
3490 programmi che usano le code di messaggi cioè devono essere compilati
3491 aggiungendo l'opzione \code{-lmqueue} al comando \cmd{gcc}; in
3492 corrispondenza all'inclusione del supporto nel kernel ufficiale anche
3493 \file{libmqueue} è stata inserita nella \acr{glibc}, a partire dalla
3494 versione 2.3.4 delle medesime.} che contiene le funzioni dell'interfaccia
3495 POSIX.\footnote{in realtà l'implementazione è realizzata tramite delle
3496 opportune chiamate ad \func{ioctl} sui file del filesystem speciale su cui
3497 vengono mantenuti questi oggetti di IPC.}
3499 La libreria inoltre richiede la presenza dell'apposito filesystem di tipo
3500 \texttt{mqueue} montato su \file{/dev/mqueue}; questo può essere fatto
3501 aggiungendo ad \conffile{/etc/fstab} una riga come:
3503 mqueue /dev/mqueue mqueue defaults 0 0
3505 ed esso sarà utilizzato come radice sulla quale vengono risolti i nomi delle
3506 code di messaggi che iniziano con una ``\texttt{/}''. Le opzioni di mount
3507 accettate sono \texttt{uid}, \texttt{gid} e \texttt{mode} che permettono
3508 rispettivamente di impostare l'utente, il gruppo ed i permessi associati al
3512 La funzione che permette di aprire (e crearla se non esiste ancora) una coda
3513 di messaggi POSIX è \funcd{mq\_open}, ed il suo prototipo è:
3517 \funcdecl{mqd\_t mq\_open(const char *name, int oflag)}
3519 \funcdecl{mqd\_t mq\_open(const char *name, int oflag, unsigned long mode,
3520 struct mq\_attr *attr)}
3522 Apre una coda di messaggi POSIX impostandone le caratteristiche.
3524 \bodydesc{La funzione restituisce il descrittore associato alla coda in caso
3525 di successo e -1 per un errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i
3528 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per accedere al
3529 alla memoria secondo quanto specificato da \param{oflag}.
3530 \item[\errcode{EEXIST}] si è specificato \const{O\_CREAT} e
3531 \const{O\_EXCL} ma la coda già esiste.
3532 \item[\errcode{EINVAL}] il file non supporta la funzione, o si è
3533 specificato \const{O\_CREAT} con una valore non nullo di \param{attr} e
3534 valori non validi di \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize}.
3535 \item[\errcode{ENOENT}] non si è specificato \const{O\_CREAT} ma la coda
3538 ed inoltre \errval{ENOMEM}, \errval{ENOSPC}, \errval{EFAULT},
3539 \errval{EMFILE}, \errval{EINTR} ed \errval{ENFILE}.
3543 La funzione apre la coda di messaggi identificata dall'argomento \param{name}
3544 restituendo il descrittore ad essa associato, del tutto analogo ad un file
3545 descriptor, con l'unica differenza che lo standard prevede un apposito tipo
3546 \type{mqd\_t}.\footnote{nel caso di Linux si tratta in effetti proprio di un
3547 normale file descriptor; pertanto, anche se questo comportamento non è
3548 portabile, lo si può tenere sotto osservazione con le funzioni dell'I/O
3549 multiplexing (vedi sez.~\ref{sec:file_multiplexing}) come possibile
3550 alternativa all'uso dell'interfaccia di notifica di \func{mq\_notify} (che
3551 vedremo a breve).} Se la coda esiste già il descrittore farà riferimento
3552 allo stesso oggetto, consentendo così la comunicazione fra due processi
3555 La funzione è del tutto analoga ad \func{open} ed analoghi sono i valori che
3556 possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
3557 maschera binaria; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
3558 sez.~\ref{sec:file_open_close} dei quali però \func{mq\_open} riconosce solo i
3560 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3561 \item[\const{O\_RDONLY}] Apre la coda solo per la ricezione di messaggi. Il
3562 processo potrà usare il descrittore con \func{mq\_receive} ma non con
3564 \item[\const{O\_WRONLY}] Apre la coda solo per la trasmissione di messaggi. Il
3565 processo potrà usare il descrittore con \func{mq\_send} ma non con
3567 \item[\const{O\_RDWR}] Apre la coda solo sia per la trasmissione che per la
3569 \item[\const{O\_CREAT}] Necessario qualora si debba creare la coda; la
3570 presenza di questo bit richiede la presenza degli ulteriori argomenti
3571 \param{mode} e \param{attr}.
3572 \item[\const{O\_EXCL}] Se usato insieme a \const{O\_CREAT} fa fallire la
3573 chiamata se la coda esiste già, altrimenti esegue la creazione atomicamente.
3574 \item[\const{O\_NONBLOCK}] Imposta la coda in modalità non bloccante, le
3575 funzioni di ricezione e trasmissione non si bloccano quando non ci sono le
3576 risorse richieste, ma ritornano immediatamente con un errore di
3580 I primi tre bit specificano la modalità di apertura della coda, e sono fra
3581 loro esclusivi. Ma qualunque sia la modalità in cui si è aperta una coda,
3582 questa potrà essere riaperta più volte in una modalità diversa, e vi si potrà
3583 sempre accedere attraverso descrittori diversi, esattamente come si può fare
3586 Se la coda non esiste e la si vuole creare si deve specificare
3587 \const{O\_CREAT}, in tal caso occorre anche specificare i permessi di
3588 creazione con l'argomento \param{mode};\footnote{fino al 2.6.14 per un bug i
3589 valori della \textit{umask} del processo non venivano applicati a questi
3590 permessi.} i valori di quest'ultimo sono identici a quelli usati per
3591 \func{open}, anche se per le code di messaggi han senso solo i permessi di
3592 lettura e scrittura. Oltre ai permessi di creazione possono essere specificati
3593 anche gli attributi specifici della coda tramite l'argomento \param{attr};
3594 quest'ultimo è un puntatore ad una apposita struttura \struct{mq\_attr}, la
3595 cui definizione è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_mq_attr}.
3597 \begin{figure}[!htb]
3598 \footnotesize \centering
3599 \begin{minipage}[c]{\textwidth}
3600 \includestruct{listati/mq_attr.h}
3603 \caption{La struttura \structd{mq\_attr}, contenente gli attributi di una
3604 coda di messaggi POSIX.}
3605 \label{fig:ipc_mq_attr}
3608 Per la creazione della coda i campi della struttura che devono essere
3609 specificati sono \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize}, che indicano
3610 rispettivamente il numero massimo di messaggi che può contenere e la
3611 dimensione massima di un messaggio. Il valore dovrà essere positivo e minore
3612 dei rispettivi limiti di sistema \const{MQ\_MAXMSG} e \const{MQ\_MSGSIZE},
3613 altrimenti la funzione fallirà con un errore di \errcode{EINVAL}.
3614 Se \param{attr} è un puntatore nullo gli attributi della coda saranno
3615 impostati ai valori predefiniti.
3617 Quando l'accesso alla coda non è più necessario si può chiudere il relativo
3618 descrittore con la funzione \funcd{mq\_close}, il cui prototipo è:
3619 \begin{prototype}{mqueue.h}
3620 {int mq\_close(mqd\_t mqdes)}
3622 Chiude la coda \param{mqdes}.
3624 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 per un errore;
3625 nel quel caso \var{errno} assumerà i valori \errval{EBADF} o
3629 La funzione è analoga a \func{close},\footnote{in Linux, dove le code sono
3630 implementate come file su un filesystem dedicato, è esattamente la stessa
3631 funzione.} dopo la sua esecuzione il processo non sarà più in grado di usare
3632 il descrittore della coda, ma quest'ultima continuerà ad esistere nel sistema
3633 e potrà essere acceduta con un'altra chiamata a \func{mq\_open}. All'uscita di
3634 un processo tutte le code aperte, così come i file, vengono chiuse
3635 automaticamente. Inoltre se il processo aveva agganciato una richiesta di
3636 notifica sul descrittore che viene chiuso, questa sarà rilasciata e potrà
3637 essere richiesta da qualche altro processo.
3640 Quando si vuole effettivamente rimuovere una coda dal sistema occorre usare la
3641 funzione \funcd{mq\_unlink}, il cui prototipo è:
3642 \begin{prototype}{mqueue.h}
3643 {int mq\_unlink(const char *name)}
3645 Rimuove una coda di messaggi.
3647 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
3648 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori riportati da
3652 Anche in questo caso il comportamento della funzione è analogo a quello di
3653 \func{unlink} per i file,\footnote{di nuovo l'implementazione di Linux usa
3654 direttamente \func{unlink}.} la funzione rimuove la coda \param{name}, così
3655 che una successiva chiamata a \func{mq\_open} fallisce o crea una coda
3658 Come per i file ogni coda di messaggi ha un contatore di riferimenti, per cui
3659 la coda non viene effettivamente rimossa dal sistema fin quando questo non si
3660 annulla. Pertanto anche dopo aver eseguito con successo \func{mq\_unlink} la
3661 coda resterà accessibile a tutti i processi che hanno un descrittore aperto su
3662 di essa. Allo stesso modo una coda ed i suoi contenuti resteranno disponibili
3663 all'interno del sistema anche quando quest'ultima non è aperta da nessun
3664 processo (questa è una delle differenze più rilevanti nei confronti di
3665 \textit{pipe} e \textit{fifo}). La sola differenza fra code di messaggi POSIX
3666 e file normali è che, essendo il filesystem delle code di messaggi virtuale e
3667 basato su oggetti interni al kernel, il suo contenuto viene perduto con il
3668 riavvio del sistema.
3670 Come accennato ad ogni coda di messaggi è associata una struttura
3671 \struct{mq\_attr}, che può essere letta e modificata attraverso le due
3672 funzioni \funcd{mq\_getattr} e \funcd{mq\_setattr}, i cui prototipi sono:
3676 \funcdecl{int mq\_getattr(mqd\_t mqdes, struct mq\_attr *mqstat)}
3677 Legge gli attributi di una coda di messaggi POSIX.
3679 \funcdecl{int mq\_setattr(mqd\_t mqdes, const struct mq\_attr *mqstat,
3680 struct mq\_attr *omqstat)}
3681 Modifica gli attributi di una coda di messaggi POSIX.
3683 \bodydesc{Entrambe le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in
3684 caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori \errval{EBADF}
3688 La funzione \func{mq\_getattr} legge i valori correnti degli attributi della
3689 coda nella struttura puntata da \param{mqstat}; di questi l'unico relativo
3690 allo stato corrente della coda è \var{mq\_curmsgs} che indica il numero di
3691 messaggi da essa contenuti, gli altri indicano le caratteristiche generali
3694 La funzione \func{mq\_setattr} permette di modificare gli attributi di una
3695 coda tramite i valori contenuti nella struttura puntata da \param{mqstat}, ma
3696 può essere modificato solo il campo \var{mq\_flags}, gli altri campi vengono
3697 ignorati. In particolare i valori di \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize}
3698 possono essere specificati solo in fase ci creazione della coda. Inoltre i
3699 soli valori possibili per \var{mq\_flags} sono 0 e \const{O\_NONBLOCK}, per
3700 cui alla fine la funzione può essere utilizzata solo per abilitare o
3701 disabilitare la modalità non bloccante. L'argomento \param{omqstat} viene
3702 usato, quando diverso da \val{NULL}, per specificare l'indirizzo di una
3703 struttura su cui salvare i valori degli attributi precedenti alla chiamata
3706 Per inserire messaggi su di una coda sono previste due funzioni,
3707 \funcd{mq\_send} e \funcd{mq\_timedsend}, i cui prototipi sono:
3711 \funcdecl{int mq\_send(mqd\_t mqdes, const char *msg\_ptr, size\_t msg\_len,
3712 unsigned int msg\_prio)}
3713 Esegue l'inserimento di un messaggio su una coda.
3715 \funcdecl{int mq\_timedsend(mqd\_t mqdes, const char *msg\_ptr, size\_t
3716 msg\_len, unsigned msg\_prio, const struct timespec *abs\_timeout)}
3717 Esegue l'inserimento di un messaggio su una coda entro il tempo
3718 \param{abs\_timeout}.
3721 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e $-1$ per un
3722 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
3724 \item[\errcode{EAGAIN}] si è aperta la coda con \const{O\_NONBLOCK}, e la
3726 \item[\errcode{EMSGSIZE}] la lunghezza del messaggio \param{msg\_len}
3727 eccede il limite impostato per la coda.
3728 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore nullo per
3729 \param{msg\_len}, o un valore di \param{msg\_prio} fuori dai limiti, o
3730 un valore non valido per \param{abs\_timeout}.
3731 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] l'inserimento del messaggio non è stato
3732 effettuato entro il tempo stabilito.
3734 ed inoltre \errval{EBADF}, \errval{ENOMEM} ed \errval{EINTR}.}
3737 Entrambe le funzioni richiedono un puntatore al testo del messaggio
3738 nell'argomento \param{msg\_ptr} e la relativa lunghezza in \param{msg\_len}.
3739 Se quest'ultima eccede la dimensione massima specificata da \var{mq\_msgsize}
3740 le funzioni ritornano immediatamente con un errore di \errcode{EMSGSIZE}.
3742 L'argomento \param{msg\_prio} indica la priorità dell'argomento; i messaggi di
3743 priorità maggiore vengono inseriti davanti a quelli di priorità inferiore (e
3744 quindi saranno riletti per primi). A parità del valore della priorità il
3745 messaggio sarà inserito in coda a tutti quelli con la stessa priorità. Il
3746 valore della priorità non può eccedere il limite di sistema
3747 \const{MQ\_PRIO\_MAX}, che nel caso è pari a 32768.
3749 Qualora la coda sia piena, entrambe le funzioni si bloccano, a meno che non
3750 sia stata selezionata in fase di apertura la modalità non
3751 bloccante,\footnote{o si sia impostato il flag \const{O\_NONBLOCK} sul file
3752 descriptor della coda.} nel qual caso entrambe ritornano \errcode{EAGAIN}.
3753 La sola differenza fra le due funzioni è che la seconda, passato il tempo
3754 massimo impostato con l'argomento \param{abs\_timeout},\footnote{deve essere
3755 specificato un tempo assoluto tramite una struttura \struct{timespec} (vedi
3756 fig.~\ref{fig:sys_timespec_struct}) indicato in numero di secondi e
3757 nanosecondi a partire dal 1 gennaio 1970.} ritorna comunque con un errore di
3758 \errcode{ETIMEDOUT}, se invece il tempo è già scaduto al momento della
3759 chiamata e la coda è vuota la funzione ritorna immediatamente.
3761 Come per l'inserimento, anche per l'estrazione dei messaggi da una coda sono
3762 previste due funzioni, \funcd{mq\_receive} e \funcd{mq\_timedreceive}, i cui
3767 \funcdecl{ssize\_t mq\_receive(mqd\_t mqdes, char *msg\_ptr, size\_t
3768 msg\_len, unsigned int *msg\_prio)}
3769 Effettua la ricezione di un messaggio da una coda.
3771 \funcdecl{ssize\_t mq\_timedreceive(mqd\_t mqdes, char *msg\_ptr, size\_t
3772 msg\_len, unsigned int *msg\_prio, const struct timespec *abs\_timeout)}
3773 Effettua la ricezione di un messaggio da una coda entro il tempo
3774 \param{abs\_timeout}.
3776 \bodydesc{Le funzioni restituiscono il numero di byte del messaggio in caso
3777 di successo e -1 in caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i
3780 \item[\errcode{EAGAIN}] si è aperta la coda con \const{O\_NONBLOCK}, e la
3782 \item[\errcode{EMSGSIZE}] la lunghezza del messaggio sulla coda eccede il
3783 valore \param{msg\_len} specificato per la ricezione.
3784 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore nullo per
3785 \param{msg\_ptr}, o un valore non valido per \param{abs\_timeout}.
3786 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] la ricezione del messaggio non è stata
3787 effettuata entro il tempo stabilito.
3789 ed inoltre \errval{EBADF}, \errval{EINTR}, \errval{ENOMEM}, o
3793 La funzione estrae dalla coda il messaggio a priorità più alta, o il più
3794 vecchio fra quelli della stessa priorità. Una volta ricevuto il messaggio
3795 viene tolto dalla coda e la sua dimensione viene restituita come valore di
3796 ritorno.\footnote{si tenga presente che 0 è una dimensione valida e che la
3797 condizione di errore è restituita dal valore -1; Stevens in \cite{UNP2} fa
3798 notare che questo è uno dei casi in cui vale ciò che lo standard
3799 \textsl{non} dice, una dimensione nulla infatti, pur non essendo citata, non
3802 Se la dimensione specificata da \param{msg\_len} non è sufficiente a contenere
3803 il messaggio, entrambe le funzioni, al contrario di quanto avveniva nelle code
3804 di messaggi di SysV, ritornano un errore di \errcode{EMSGSIZE} senza estrarre
3805 il messaggio. È pertanto opportuno eseguire sempre una chiamata a
3806 \func{mq\_getattr} prima di eseguire una ricezione, in modo da ottenere la
3807 dimensione massima dei messaggi sulla coda, per poter essere in grado di
3808 allocare dei buffer sufficientemente ampi per la lettura.
3810 Se si specifica un puntatore per l'argomento \param{msg\_prio} il valore della
3811 priorità del messaggio viene memorizzato all'indirizzo da esso indicato.
3812 Qualora non interessi usare la priorità dei messaggi si può specificare
3813 \var{NULL}, ed usare un valore nullo della priorità nelle chiamate a
3816 Si noti che con le code di messaggi POSIX non si ha la possibilità di
3817 selezionare quale messaggio estrarre con delle condizioni sulla priorità, a
3818 differenza di quanto avveniva con le code di messaggi di SysV che permettono
3819 invece la selezione in base al valore del campo \var{mtype}.
3821 % TODO inserire i dati di /proc/sys/fs/mqueue
3823 Qualora la coda sia vuota entrambe le funzioni si bloccano, a meno che non si
3824 sia selezionata la modalità non bloccante; in tal caso entrambe ritornano
3825 immediatamente con l'errore \errcode{EAGAIN}. Anche in questo caso la sola
3826 differenza fra le due funzioni è che la seconda non attende indefinitamente e
3827 passato il tempo massimo \param{abs\_timeout} ritorna comunque con un errore
3828 di \errcode{ETIMEDOUT}.
3830 Uno dei problemi sottolineati da Stevens in \cite{UNP2}, comuni ad entrambe le
3831 tipologie di code messaggi, è che non è possibile per chi riceve identificare
3832 chi è che ha inviato il messaggio, in particolare non è possibile sapere da
3833 quale utente esso provenga. Infatti, in mancanza di un meccanismo interno al
3834 kernel, anche se si possono inserire delle informazioni nel messaggio, queste
3835 non possono essere credute, essendo completamente dipendenti da chi lo invia.
3836 Vedremo però come, attraverso l'uso del meccanismo di notifica, sia possibile
3837 superare in parte questo problema.
3839 Una caratteristica specifica delle code di messaggi POSIX è la possibilità di
3840 usufruire di un meccanismo di notifica asincrono; questo può essere attivato
3841 usando la funzione \funcd{mq\_notify}, il cui prototipo è:
3842 \begin{prototype}{mqueue.h}
3843 {int mq\_notify(mqd\_t mqdes, const struct sigevent *notification)}
3845 Attiva il meccanismo di notifica per la coda \param{mqdes}.
3847 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
3848 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
3850 \item[\errcode{EBUSY}] c'è già un processo registrato per la notifica.
3851 \item[\errcode{EBADF}] il descrittore non fa riferimento ad una coda di
3856 Il meccanismo di notifica permette di segnalare in maniera asincrona ad un
3857 processo la presenza di dati sulla coda, in modo da evitare la necessità di
3858 bloccarsi nell'attesa. Per far questo un processo deve registrarsi con la
3859 funzione \func{mq\_notify}, ed il meccanismo è disponibile per un solo
3860 processo alla volta per ciascuna coda.
3862 Il comportamento di \func{mq\_notify} dipende dal valore dell'argomento
3863 \param{notification}, che è un puntatore ad una apposita struttura
3864 \struct{sigevent}, (definita in fig.~\ref{fig:struct_sigevent}) introdotta
3865 dallo standard POSIX.1b per gestire la notifica di eventi; per altri dettagli
3866 si può vedere quanto detto in sez.~\ref{sec:sig_timer_adv} a proposito
3867 dell'uso della stessa struttura per la notifica delle scadenze dei
3870 Attraverso questa struttura si possono impostare le modalità con cui viene
3871 effettuata la notifica nel campo \var{sigev\_notify}, che può assumere i
3872 valori di tab.~\ref{tab:sigevent_sigev_notify}.\footnote{la pagina di manuale
3873 riporta soltanto i primi tre (inizialmente era possibile solo
3874 \const{SIGEV\_SIGNAL}).} Il metodo consigliato è quello di usare
3875 \const{SIGEV\_SIGNAL} usando il campo \var{sigev\_signo} per indicare il quale
3876 segnale deve essere inviato al processo. Inoltre il campo \var{sigev\_value} è
3877 un puntatore ad una struttura \struct{sigval} (definita in
3878 fig.~\ref{fig:sig_sigval}) che permette di restituire al gestore del segnale
3879 un valore numerico o un indirizzo,\footnote{per il suo uso si riveda la
3880 trattazione fatta in sez.~\ref{sec:sig_real_time} a proposito dei segnali
3881 \textit{real-time}.} posto che questo sia installato nella forma estesa
3882 vista in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}.
3884 La funzione registra il processo chiamante per la notifica se
3885 \param{notification} punta ad una struttura \struct{sigevent} opportunamente
3886 inizializzata, o cancella una precedente registrazione se è \val{NULL}. Dato
3887 che un solo processo alla volta può essere registrato, la funzione fallisce
3888 con \errcode{EBUSY} se c'è un altro processo già registrato.\footnote{questo
3889 significa anche che se si registra una notifica con \const{SIGEV\_NONE} il
3890 processo non la riceverà, ma impedirà anche che altri possano registrarsi
3891 per poterlo fare.} Si tenga presente inoltre che alla chiusura del
3892 descrittore associato alla coda (e quindi anche all'uscita del processo) ogni
3893 eventuale registrazione di notifica presente viene cancellata.
3895 La notifica del segnale avviene all'arrivo di un messaggio in una coda vuota
3896 (cioè solo se sulla coda non ci sono messaggi) e se non c'è nessun processo
3897 bloccato in una chiamata a \func{mq\_receive}, in questo caso infatti il
3898 processo bloccato ha la precedenza ed il messaggio gli viene immediatamente
3899 inviato, mentre per il meccanismo di notifica tutto funziona come se la coda
3900 fosse rimasta vuota.
3902 Quando un messaggio arriva su una coda vuota al processo che si era registrato
3903 viene inviato il segnale specificato da \code{notification->sigev\_signo}, e
3904 la coda diventa disponibile per una ulteriore registrazione. Questo comporta
3905 che se si vuole mantenere il meccanismo di notifica occorre ripetere la
3906 registrazione chiamando nuovamente \func{mq\_notify} all'interno del gestore
3907 del segnale di notifica. A differenza della situazione simile che si aveva con
3908 i segnali non affidabili,\footnote{l'argomento è stato affrontato in
3909 \ref{sec:sig_semantics}.} questa caratteristica non configura una
3910 \itindex{race~condition} \textit{race condition} perché l'invio di un segnale
3911 avviene solo se la coda è vuota; pertanto se si vuole evitare di correre il
3912 rischio di perdere eventuali ulteriori segnali inviati nel lasso di tempo che
3913 occorre per ripetere la richiesta di notifica basta avere cura di eseguire
3914 questa operazione prima di estrarre i messaggi presenti dalla coda.
3916 L'invio del segnale di notifica avvalora alcuni campi di informazione
3917 restituiti al gestore attraverso la struttura \struct{siginfo\_t} (definita in
3918 fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t}). In particolare \var{si\_pid} viene impostato al
3919 valore del \ids{PID} del processo che ha emesso il segnale, \var{si\_uid}
3920 all'userid effettivo, \var{si\_code} a \const{SI\_MESGQ}, e \var{si\_errno} a
3921 0. Questo ci dice che, se si effettua la ricezione dei messaggi usando
3922 esclusivamente il meccanismo di notifica, è possibile ottenere le informazioni
3923 sul processo che ha inserito un messaggio usando un gestore per il segnale in
3924 forma estesa.\footnote{di nuovo si faccia riferimento a quanto detto al
3925 proposito in sez.~\ref{sec:sig_sigaction} e sez.~\ref{sec:sig_real_time}.}
3929 \subsection{Memoria condivisa}
3930 \label{sec:ipc_posix_shm}
3932 La memoria condivisa è stato il primo degli oggetti di IPC POSIX inserito nel
3933 kernel ufficiale; il supporto a questo tipo di oggetti è realizzato attraverso
3934 il filesystem \texttt{tmpfs}, uno speciale filesystem che mantiene tutti i
3935 suoi contenuti in memoria, che viene attivato abilitando l'opzione
3936 \texttt{CONFIG\_TMPFS} in fase di compilazione del kernel.
3938 Per potere utilizzare l'interfaccia POSIX per la memoria condivisa la
3939 \acr{glibc}\footnote{le funzioni sono state introdotte con la versione 2.2.}
3940 richiede di compilare i programmi con l'opzione \code{-lrt}; inoltre è
3941 necessario che in \file{/dev/shm} sia montato un filesystem \texttt{tmpfs};
3942 questo di norma viene fatto aggiungendo una riga del tipo di:
3944 tmpfs /dev/shm tmpfs defaults 0 0
3946 ad \conffile{/etc/fstab}. In realtà si può montare un filesystem \texttt{tmpfs}
3947 dove si vuole, per usarlo come RAM disk, con un comando del tipo:
3949 mount -t tmpfs -o size=128M,nr_inodes=10k,mode=700 tmpfs /mytmpfs
3952 Il filesystem riconosce, oltre quelle mostrate, le opzioni \texttt{uid} e
3953 \texttt{gid} che identificano rispettivamente utente e gruppo cui assegnarne
3954 la titolarità, e \texttt{nr\_blocks} che permette di specificarne la
3955 dimensione in blocchi, cioè in multipli di \const{PAGECACHE\_SIZE} che in
3956 questo caso è l'unità di allocazione elementare.
3958 La funzione che permette di aprire un segmento di memoria condivisa POSIX, ed
3959 eventualmente di crearlo se non esiste ancora, è \funcd{shm\_open}; il suo
3962 \headdecl{sys/mman.h}
3963 \headdecl{sys/stat.h}
3966 \funcdecl{int shm\_open(const char *name, int oflag, mode\_t mode)}
3968 Apre un segmento di memoria condivisa.
3970 \bodydesc{La funzione restituisce un file descriptor positivo in caso di
3971 successo e -1 in caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli
3972 stessi valori riportati da \func{open}.}
3975 La funzione apre un segmento di memoria condivisa identificato dal nome
3976 \param{name}. Come già spiegato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_generic} questo
3977 nome può essere specificato in forma standard solo facendolo iniziare per
3978 ``\file{/}'' e senza ulteriori ``\file{/}''. Linux supporta comunque nomi
3979 generici, che verranno interpretati prendendo come radice
3980 \file{/dev/shm}.\footnote{occorre pertanto evitare di specificare qualcosa del
3981 tipo \file{/dev/shm/nome} all'interno di \param{name}, perché questo
3982 comporta, da parte delle funzioni di libreria, il tentativo di accedere a
3983 \file{/dev/shm/dev/shm/nome}.}
3985 La funzione è del tutto analoga ad \func{open} ed analoghi sono i valori che
3986 possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
3987 maschera binaria comprendente almeno uno dei due valori \const{O\_RDONLY} e
3988 \const{O\_RDWR}; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
3989 sez.~\ref{sec:file_open_close} dei quali però \func{shm\_open} riconosce solo
3991 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3992 \item[\const{O\_RDONLY}] Apre il file descriptor associato al segmento di
3993 memoria condivisa per l'accesso in sola lettura.
3994 \item[\const{O\_RDWR}] Apre il file descriptor associato al segmento di
3995 memoria condivisa per l'accesso in lettura e scrittura.
3996 \item[\const{O\_CREAT}] Necessario qualora si debba creare il segmento di
3997 memoria condivisa se esso non esiste; in questo caso viene usato il valore
3998 di \param{mode} per impostare i permessi, che devono essere compatibili con
3999 le modalità con cui si è aperto il file.
4000 \item[\const{O\_EXCL}] Se usato insieme a \const{O\_CREAT} fa fallire la
4001 chiamata a \func{shm\_open} se il segmento esiste già, altrimenti esegue la
4002 creazione atomicamente.
4003 \item[\const{O\_TRUNC}] Se il segmento di memoria condivisa esiste già, ne
4004 tronca le dimensioni a 0 byte.
4007 In caso di successo la funzione restituisce un file descriptor associato al
4008 segmento di memoria condiviso con le stesse modalità di
4009 \func{open}\footnote{in realtà, come accennato, \func{shm\_open} è un semplice
4010 wrapper per \func{open}, usare direttamente quest'ultima avrebbe lo stesso
4011 effetto.} viste in sez.~\ref{sec:file_open_close}; in particolare viene impostato
4012 il flag \const{FD\_CLOEXEC}. Chiamate effettuate da diversi processi usando
4013 lo stesso nome, restituiranno file descriptor associati allo stesso segmento
4014 (così come, nel caso di file di dati, essi sono associati allo stesso
4015 \itindex{inode} inode). In questo modo è possibile effettuare una chiamata ad
4016 \func{mmap} sul file descriptor restituito da \func{shm\_open} ed i processi
4017 vedranno lo stesso segmento di memoria condivisa.
4019 Quando il nome non esiste il segmento può essere creato specificando
4020 \const{O\_CREAT}; in tal caso il segmento avrà (così come i nuovi file)
4021 lunghezza nulla. Dato che un segmento di lunghezza nulla è di scarsa utilità,
4022 per impostarne la dimensione si deve usare \func{ftruncate} (vedi
4023 sez.~\ref{sec:file_file_size}), prima di mapparlo in memoria con \func{mmap}.
4024 Si tenga presente che una volta chiamata \func{mmap} si può chiudere il file
4025 descriptor (con \func{close}), senza che la mappatura ne risenta.
4027 Come per i file, quando si vuole effettivamente rimuovere segmento di memoria
4028 condivisa, occorre usare la funzione \funcd{shm\_unlink}, il cui prototipo è:
4029 \begin{prototype}{sys/mman.h}
4030 {int shm\_unlink(const char *name)}
4032 Rimuove un segmento di memoria condivisa.
4034 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
4035 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori riportati da
4039 La funzione è del tutto analoga ad \func{unlink}, e si limita a cancellare il
4040 nome del segmento da \file{/dev/shm}, senza nessun effetto né sui file
4041 descriptor precedentemente aperti con \func{shm\_open}, né sui segmenti già
4042 mappati in memoria; questi verranno cancellati automaticamente dal sistema
4043 solo con le rispettive chiamate a \func{close} e \func{munmap}. Una volta
4044 eseguita questa funzione però, qualora si richieda l'apertura di un segmento
4045 con lo stesso nome, la chiamata a \func{shm\_open} fallirà, a meno di non aver
4046 usato \const{O\_CREAT}, in quest'ultimo caso comunque si otterrà un file
4047 descriptor che fa riferimento ad un segmento distinto da eventuali precedenti.
4049 \begin{figure}[!htbp]
4050 \footnotesize \centering
4051 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4052 \includecodesample{listati/MemShared.c}
4055 \caption{Il codice delle funzioni di gestione dei segmenti di memoria
4057 \label{fig:ipc_posix_shmmem}
4060 Come esempio per l'uso di queste funzioni vediamo come è possibile riscrivere
4061 una interfaccia semplificata analoga a quella vista in
4062 fig.~\ref{fig:ipc_sysv_shm_func} per la memoria condivisa in stile SysV. Il
4063 codice, riportato in fig.~\ref{fig:ipc_posix_shmmem}, è sempre contenuto nel
4064 file \file{SharedMem.c} dei sorgenti allegati.
4066 La prima funzione (\texttt{\small 1--24}) è \func{CreateShm} che, dato un nome
4067 nell'argomento \var{name} crea un nuovo segmento di memoria condivisa,
4068 accessibile in lettura e scrittura, e ne restituisce l'indirizzo. Anzitutto si
4069 definiscono (\texttt{\small 8}) i flag per la successiva (\texttt{\small 9})
4070 chiamata a \func{shm\_open}, che apre il segmento in lettura e scrittura
4071 (creandolo se non esiste, ed uscendo in caso contrario) assegnandogli sul
4072 filesystem i permessi specificati dall'argomento \var{perm}. In caso di errore
4073 (\texttt{\small 10--12}) si restituisce un puntatore nullo, altrimenti si
4074 prosegue impostando (\texttt{\small 14}) la dimensione del segmento con
4075 \func{ftruncate}. Di nuovo (\texttt{\small 15--16}) si esce immediatamente
4076 restituendo un puntatore nullo in caso di errore. Poi si passa (\texttt{\small
4077 18}) a mappare in memoria il segmento con \func{mmap} specificando dei
4078 diritti di accesso corrispondenti alla modalità di apertura. Di nuovo si
4079 restituisce (\texttt{\small 19--21}) un puntatore nullo in caso di errore,
4080 altrimenti si inizializza (\texttt{\small 22}) il contenuto del segmento al
4081 valore specificato dall'argomento \var{fill} con \func{memset}, e se ne
4082 restituisce (\texttt{\small 23}) l'indirizzo.
4084 La seconda funzione (\texttt{\small 25--40}) è \func{FindShm} che trova un
4085 segmento di memoria condiviso già esistente, restituendone l'indirizzo. In
4086 questo caso si apre (\texttt{\small 31}) il segmento con \func{shm\_open}
4087 richiedendo che il segmento sia già esistente, in caso di errore
4088 (\texttt{\small 31--33}) si ritorna immediatamente un puntatore nullo.
4089 Ottenuto il file descriptor del segmento lo si mappa (\texttt{\small 35}) in
4090 memoria con \func{mmap}, restituendo (\texttt{\small 36--38}) un puntatore
4091 nullo in caso di errore, o l'indirizzo (\texttt{\small 39}) dello stesso in
4094 La terza funzione (\texttt{\small 40--45}) è \func{RemoveShm}, e serve a
4095 cancellare un segmento di memoria condivisa. Dato che al contrario di quanto
4096 avveniva con i segmenti del \textit{SysV-IPC} gli oggetti allocati nel kernel
4097 vengono rilasciati automaticamente quando nessuna li usa più, tutto quello che
4098 c'è da fare (\texttt{\small 44}) in questo caso è chiamare \func{shm\_unlink},
4099 restituendo al chiamante il valore di ritorno.
4104 \subsection{Semafori}
4105 \label{sec:ipc_posix_sem}
4107 Fino alla serie 2.4.x del kernel esisteva solo una implementazione parziale
4108 dei semafori POSIX che li realizzava solo a livello di \itindex{thread}
4109 \textit{thread} e non di processi,\footnote{questo significava che i semafori
4110 erano visibili solo all'interno dei \itindex{thread} \textit{thread} creati
4111 da un singolo processo, e non potevano essere usati come meccanismo di
4112 sincronizzazione fra processi diversi.} fornita attraverso la sezione delle
4113 estensioni \textit{real-time} della \acr{glibc}.\footnote{quelle che si
4114 accedono collegandosi alla libreria \texttt{librt}.} Esisteva inoltre una
4115 libreria che realizzava (parzialmente) l'interfaccia POSIX usando le funzioni
4116 dei semafori di \textit{SysV-IPC} (mantenendo così tutti i problemi
4117 sottolineati in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}).
4119 A partire dal kernel 2.5.7 è stato introdotto un meccanismo di
4120 sincronizzazione completamente nuovo, basato sui cosiddetti
4121 \textit{futex},\footnote{la sigla sta per \textit{fast user mode mutex}.} con
4122 il quale è stato possibile implementare una versione nativa dei semafori
4123 POSIX. Grazie a questo con i kernel della serie 2.6 e le nuove versioni della
4124 \acr{glibc} che usano questa nuova infrastruttura per quella che viene quella
4125 che viene chiamata \textit{New Posix Thread Library}, sono state implementate
4126 anche tutte le funzioni dell'interfaccia dei semafori POSIX.
4128 Anche in questo caso è necessario appoggiarsi alla libreria per le estensioni
4129 \textit{real-time} \texttt{librt}, questo significa che se si vuole utilizzare
4130 questa interfaccia, oltre ad utilizzare gli opportuni file di definizione,
4131 occorrerà compilare i programmi con l'opzione \texttt{-lrt}.
4133 La funzione che permette di creare un nuovo semaforo POSIX, creando il
4134 relativo file, o di accedere ad uno esistente, è \funcd{sem\_open}, questa
4135 prevede due forme diverse a seconda che sia utilizzata per aprire un semaforo
4136 esistente o per crearne uno nuovi, i relativi prototipi sono:
4138 \headdecl{semaphore.h}
4140 \funcdecl{sem\_t *sem\_open(const char *name, int oflag)}
4142 \funcdecl{sem\_t *sem\_open(const char *name, int oflag, mode\_t mode,
4143 unsigned int value)}
4145 Crea un semaforo o ne apre uno esistente.
4147 \bodydesc{La funzione restituisce l'indirizzo del semaforo in caso di
4148 successo e \const{SEM\_FAILED} in caso di errore; nel quel caso
4149 \var{errno} assumerà i valori:
4151 \item[\errcode{EACCES}] il semaforo esiste ma non si hanno permessi
4152 sufficienti per accedervi.
4153 \item[\errcode{EEXIST}] si sono specificati \const{O\_CREAT} e
4154 \const{O\_EXCL} ma il semaforo esiste.
4155 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
4156 \const{SEM\_VALUE\_MAX}.
4157 \item[\errcode{ENAMETOOLONG}] si è utilizzato un nome troppo lungo.
4158 \item[\errcode{ENOENT}] non si è usato \const{O\_CREAT} ed il nome
4159 specificato non esiste.
4161 ed inoltre \errval{ENFILE} ed \errval{ENOMEM}.}
4164 L'argomento \param{name} definisce il nome del semaforo che si vuole
4165 utilizzare, ed è quello che permette a processi diversi di accedere allo
4166 stesso semaforo. Questo deve essere specificato con un \textit{pathname} nella
4167 forma \texttt{/qualchenome}, che non ha una corrispondenza diretta con un
4168 \textit{pathname} reale; con Linux infatti i file associati ai semafori sono
4169 mantenuti nel filesystem virtuale \texttt{/dev/shm}, e gli viene assegnato
4170 automaticamente un nome nella forma \texttt{sem.qualchenome}.\footnote{si ha
4171 cioè una corrispondenza per cui \texttt{/qualchenome} viene rimappato, nella
4172 creazione tramite \func{sem\_open}, su \texttt{/dev/shm/sem.qualchenome}.}
4174 L'argomento \param{oflag} è quello che controlla le modalità con cui opera la
4175 funzione, ed è passato come maschera binaria; i bit corrispondono a quelli
4176 utilizzati per l'analogo argomento di \func{open}, anche se dei possibili
4177 valori visti in sez.~\ref{sec:file_open_close} sono utilizzati soltanto
4178 \const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}.
4180 Se si usa \const{O\_CREAT} si richiede la creazione del semaforo qualora
4181 questo non esista, ed in tal caso occorre utilizzare la seconda forma della
4182 funzione, in cui si devono specificare sia un valore iniziale con l'argomento
4183 \param{value},\footnote{e si noti come così diventa possibile, differenza di
4184 quanto avviene per i semafori del \textit{SysV-IPC}, effettuare in maniera
4185 atomica creazione ed inizializzazione di un semaforo usando una unica
4186 funzione.} che una maschera dei permessi con l'argomento
4187 \param{mode};\footnote{anche questo argomento prende gli stessi valori
4188 utilizzati per l'analogo di \func{open}, che si sono illustrati in dettaglio
4189 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}.} questi verranno assegnati al semaforo
4190 appena creato. Se il semaforo esiste già i suddetti valori saranno invece
4191 ignorati. Usando il flag \const{O\_EXCL} si richiede invece la verifica che il
4192 semaforo non esiste, usandolo insieme ad \const{O\_CREAT} la funzione fallisce
4193 qualora un semaforo con lo stesso nome sia già presente.
4195 La funzione restituisce in caso di successo un puntatore all'indirizzo del
4196 semaforo con un valore di tipo \ctyp{sem\_t *}, è questo valore che dovrà
4197 essere passato alle altre funzioni per operare sul semaforo stesso. Si tenga
4198 presente che, come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_generic}, i semafori
4199 usano la semantica standard dei file per quanto riguarda i controlli di
4202 Questo significa che un nuovo semaforo viene sempre creato con l'\ids{UID} ed
4203 il \ids{GID} effettivo del processo chiamante, e che i permessi indicati con
4204 \param{mode} vengono filtrati dal valore della \itindex{umask} \textit{umask}
4205 del processo. Inoltre per poter aprire un semaforo è necessario avere su di
4206 esso sia il permesso di lettura che quello di scrittura.
4208 Una volta che si sia ottenuto l'indirizzo di un semaforo, sarà possibile
4209 utilizzarlo; se si ricorda quanto detto all'inizio di
4210 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}, dove si sono introdotti i concetti generali
4211 relativi ai semafori, le operazioni principali sono due, quella che richiede
4212 l'uso di una risorsa bloccando il semaforo e quella che rilascia la risorsa
4213 liberando il semaforo. La prima operazione è effettuata dalla funzione
4214 \funcd{sem\_wait}, il cui prototipo è:
4216 \headdecl{semaphore.h}
4218 \funcdecl{int sem\_wait(sem\_t *sem)}
4220 Blocca il semaforo \param{sem}.
4222 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4223 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4225 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
4226 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4231 La funzione cerca di decrementare il valore del semaforo indicato dal
4232 puntatore \param{sem}, se questo ha un valore positivo, cosa che significa che
4233 la risorsa è disponibile, la funzione ha successo, il valore del semaforo
4234 viene diminuito di 1 ed essa ritorna immediatamente; se il valore è nullo la
4235 funzione si blocca fintanto che il valore del semaforo non torni
4236 positivo\footnote{ovviamente per opera di altro processo che lo rilascia
4237 chiamando \func{sem\_post}.} così che poi essa possa decrementarlo con
4238 successo e proseguire.
4240 Si tenga presente che la funzione può sempre essere interrotta da un segnale
4241 (nel qual caso si avrà un errore di \const{EINTR}) e che questo avverrà
4242 comunque, anche se si è richiesta la semantica BSD installando il relativo
4243 gestore con \const{SA\_RESTART} (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) per
4244 riavviare le system call interrotte.
4246 Della funzione \func{sem\_wait} esistono due varianti che consentono di
4247 gestire diversamente le modalità di attesa in caso di risorsa occupata, la
4248 prima di queste è \funcd{sem\_trywait}, che serve ad effettuare un tentativo
4249 di acquisizione senza bloccarsi; il suo prototipo è:
4251 \headdecl{semaphore.h}
4253 \funcdecl{int sem\_trywait(sem\_t *sem)}
4255 Tenta di bloccare il semaforo \param{sem}.
4257 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4258 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori:
4260 \item[\errcode{EAGAIN}] il semaforo non può essere acquisito senza
4262 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4267 La funzione è identica a \func{sem\_wait} ed se la risorsa è libera ha lo
4268 stesso effetto, vale a dire che in caso di semaforo diverso da zero la
4269 funzione lo decrementa e ritorna immediatamente; la differenza è che nel caso
4270 in cui il semaforo è occupato essa non si blocca e di nuovo ritorna
4271 immediatamente, restituendo però un errore di \errval{EAGAIN}, così che il
4272 programma possa proseguire.
4274 La seconda variante di \func{sem\_wait} è una estensione specifica che può
4275 essere utilizzata soltanto se viene definita la macro \macro{\_XOPEN\_SOURCE}
4276 ad un valore di 600 prima di includere \headfile{semaphore.h}, la funzione è
4277 \funcd{sem\_timedwait}, ed il suo prototipo è:
4279 \headdecl{semaphore.h}
4281 \funcdecl{int sem\_timedwait(sem\_t *sem, const struct timespec
4284 Blocca il semaforo \param{sem}.
4286 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4287 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori:
4289 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] è scaduto il tempo massimo di attesa.
4290 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4291 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
4296 Anche in questo caso il comportamento della funzione è identico a quello di
4297 \func{sem\_wait}, la sola differenza consiste nel fatto che con questa
4298 funzione è possibile impostare tramite l'argomento \param{abs\_timeout} un
4299 tempo limite per l'attesa, scaduto il quale la funzione ritorna comunque,
4300 anche se non è possibile acquisire il semaforo. In tal caso la funzione
4301 fallirà, riportando un errore di \errval{ETIMEDOUT}.
4303 La seconda funzione principale utilizzata per l'uso dei semafori è
4304 \funcd{sem\_post}, che viene usata per rilasciare un semaforo occupato o, in
4305 generale, per aumentare di una unità il valore dello stesso anche qualora non
4306 fosse occupato;\footnote{si ricordi che in generale un semaforo viene usato
4307 come indicatore di un numero di risorse disponibili.} il suo prototipo è:
4309 \headdecl{semaphore.h}
4311 \funcdecl{int sem\_post(sem\_t *sem)}
4313 Rilascia il semaforo \param{sem}.
4315 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4316 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4318 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4323 La funzione incrementa di uno il valore corrente del semaforo indicato
4324 dall'argomento \param{sem}, se questo era nullo la relativa risorsa risulterà
4325 sbloccata, cosicché un altro processo (o \itindex{thread} \textit{thread})
4326 eventualmente bloccato in una \func{sem\_wait} sul semaforo potrà essere
4327 svegliato e rimesso in esecuzione. Si tenga presente che la funzione è sicura
4328 \index{funzioni!sicure} per l'uso all'interno di un gestore di segnali (si
4329 ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:sig_signal_handler}).
4331 Se invece di operare su un semaforo se ne vuole solamente leggere il valore,
4332 si può usare la funzione \funcd{sem\_getvalue}, il cui prototipo è:
4334 \headdecl{semaphore.h}
4336 \funcdecl{int sem\_getvalue(sem\_t *sem, int *sval)}
4338 Richiede il valore del semaforo \param{sem}.
4340 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4341 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4343 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4348 La funzione legge il valore del semaforo indicato dall'argomento \param{sem} e
4349 lo restituisce nella variabile intera puntata dall'argomento
4350 \param{sval}. Qualora ci siano uno o più processi bloccati in attesa sul
4351 semaforo lo standard prevede che la funzione possa restituire un valore nullo
4352 oppure il numero di processi bloccati in una \func{sem\_wait} sul suddetto
4353 semaforo; nel caso di Linux vale la prima opzione.
4355 Questa funzione può essere utilizzata per avere un suggerimento sullo stato di
4356 un semaforo, ovviamente non si può prendere il risultato riportato in
4357 \param{sval} che come indicazione, il valore del semaforo infatti potrebbe
4358 essere già stato modificato al ritorno della funzione.
4360 % TODO verificare comportamento sem_getvalue
4362 Una volta che non ci sia più la necessità di operare su un semaforo se ne può
4363 terminare l'uso con la funzione \funcd{sem\_close}, il cui prototipo è:
4365 \headdecl{semaphore.h}
4367 \funcdecl{int sem\_close(sem\_t *sem)}
4369 Chiude il semaforo \param{sem}.
4371 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4372 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4374 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4379 La funzione chiude il semaforo indicato dall'argomento \param{sem}; questo
4380 comporta che tutte le risorse che il sistema può avere assegnato al processo
4381 nell'uso dello stesso vengono rilasciate. Questo significa che un altro
4382 processo bloccato sul semaforo a causa della acquisizione da parte del
4383 processo che chiama \func{sem\_close} potrà essere riavviato.
4385 Si tenga presente poi che come per i file all'uscita di un processo tutti i
4386 semafori che questo aveva aperto vengono automaticamente chiusi; questo
4387 comportamento risolve il problema che si aveva con i semafori del \textit{SysV
4388 IPC} (di cui si è parlato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}) per i quali le
4389 risorse possono restare bloccate. Si tenga poi presente che, a differenza di
4390 quanto avviene per i file, in caso di una chiamata ad \func{execve} tutti i
4391 semafori vengono chiusi automaticamente.
4393 Come per i semafori del \textit{SysV-IPC} anche quelli POSIX hanno una
4394 persistenza di sistema; questo significa che una volta che si è creato un
4395 semaforo con \func{sem\_open} questo continuerà ad esistere fintanto che il
4396 kernel resta attivo (vale a dire fino ad un successivo riavvio) a meno che non
4397 lo si cancelli esplicitamente. Per far questo si può utilizzare la funzione
4398 \funcd{sem\_unlink}, il cui prototipo è:
4400 \headdecl{semaphore.h}
4402 \funcdecl{int sem\_unlink(const char *name)}
4404 Rimuove il semaforo \param{name}.
4406 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4407 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4409 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i permessi necessari a cancellare il
4411 \item[\errcode{ENAMETOOLONG}] il nome indicato è troppo lungo.
4412 \item[\errcode{ENOENT}] il semaforo \param{name} non esiste.
4417 La funzione rimuove il semaforo indicato dall'argomento \param{name}, che
4418 prende un valore identico a quello usato per creare il semaforo stesso con
4419 \func{sem\_open}. Il semaforo viene rimosso dal filesystem immediatamente; ma
4420 il semaforo viene effettivamente cancellato dal sistema soltanto quando tutti
4421 i processi che lo avevano aperto lo chiudono. Si segue cioè la stessa
4422 semantica usata con \func{unlink} per i file, trattata in dettaglio in
4423 sez.~\ref{sec:link_symlink_rename}.
4425 Una delle caratteristiche peculiari dei semafori POSIX è che questi possono
4426 anche essere utilizzati anche in forma anonima, senza necessità di fare
4427 ricorso ad un nome sul filesystem o ad altri indicativi. In questo caso si
4428 dovrà porre la variabile che contiene l'indirizzo del semaforo in un tratto di
4429 memoria che sia accessibile a tutti i processi in gioco. La funzione che
4430 consente di inizializzare un semaforo anonimo è \funcd{sem\_init}, il cui
4433 \headdecl{semaphore.h}
4435 \funcdecl{int sem\_init(sem\_t *sem, int pshared, unsigned int value)}
4437 Inizializza il semaforo anonimo \param{sem}.
4439 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4440 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4442 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
4443 \const{SEM\_VALUE\_MAX}.
4444 \item[\errcode{ENOSYS}] il valore di \param{pshared} non è nullo ed il
4445 sistema non supporta i semafori per i processi.
4450 La funzione inizializza un semaforo all'indirizzo puntato dall'argomento
4451 \param{sem}, e come per \func{sem\_open} consente di impostare un valore
4452 iniziale con \param{value}. L'argomento \param{pshared} serve ad indicare se
4453 il semaforo deve essere utilizzato dai \itindex{thread} \textit{thread} di uno
4454 stesso processo (con un valore nullo) o condiviso fra processi diversi (con un
4457 Qualora il semaforo debba essere condiviso dai \itindex{thread}
4458 \textit{thread} di uno stesso processo (nel qual caso si parla di
4459 \textit{thread-shared semaphore}), occorrerà che \param{sem} sia l'indirizzo
4460 di una variabile visibile da tutti i \itindex{thread} \textit{thread}, si
4461 dovrà usare cioè una \index{variabili!globali} variabile globale o una
4462 variabile allocata dinamicamente nello \itindex{heap} \textit{heap}.
4464 Qualora il semaforo debba essere condiviso fra più processi (nel qual caso si
4465 parla di \textit{process-shared semaphore}) la sola scelta possibile per
4466 renderlo visibile a tutti è di porlo in un tratto di memoria condivisa. Questo
4467 potrà essere ottenuto direttamente sia con \func{shmget} (vedi
4468 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm}) che con \func{shm\_open} (vedi
4469 sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm}), oppure, nel caso che tutti i processi in gioco
4470 abbiano un genitore comune, con una mappatura anonima con \func{mmap} (vedi
4471 sez.~\ref{sec:file_memory_map}),\footnote{si ricordi che i tratti di memoria
4472 condivisa vengono mantenuti nei processi figli attraverso la funzione
4473 \func{fork}.} a cui essi poi potranno accedere.
4475 Una volta inizializzato il semaforo anonimo con \func{sem\_init} lo si potrà
4476 utilizzare nello stesso modo dei semafori normali con \func{sem\_wait} e
4477 \func{sem\_post}. Si tenga presente però che inizializzare due volte lo stesso
4478 semaforo può dar luogo ad un comportamento indefinito.
4480 Una volta che non si intenda più utilizzare un semaforo anonimo questo può
4481 essere eliminato dal sistema; per far questo di deve utilizzare una apposita
4482 funzione, \funcd{sem\_destroy}, il cui prototipo è:
4484 \headdecl{semaphore.h}
4486 \funcdecl{int sem\_destroy(sem\_t *sem)}
4488 Elimina il semaforo anonimo \param{sem}.
4490 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
4491 errore; nel quel caso \var{errno} assumerà i valori:
4493 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
4494 \const{SEM\_VALUE\_MAX}.
4499 La funzione prende come unico argomento l'indirizzo di un semaforo che deve
4500 essere stato inizializzato con \func{sem\_init}; non deve quindi essere
4501 applicata a semafori creati con \func{sem\_open}. Inoltre si deve essere
4502 sicuri che il semaforo sia effettivamente inutilizzato, la distruzione di un
4503 semaforo su cui sono presenti processi (o \itindex{thread} \textit{thread}) in
4504 attesa (cioè bloccati in una \func{sem\_wait}) provoca un comportamento
4507 Si tenga presente infine che utilizzare un semaforo che è stato distrutto con
4508 \func{sem\_destroy} di nuovo può dare esito a comportamenti indefiniti. Nel
4509 caso ci si trovi in una tale evenienza occorre reinizializzare il semaforo una
4510 seconda volta con \func{sem\_init}.
4512 Come esempio di uso sia della memoria condivisa che dei semafori POSIX si sono
4513 scritti due semplici programmi con i quali è possibile rispettivamente
4514 monitorare il contenuto di un segmento di memoria condivisa e modificarne il
4517 \begin{figure}[!htbp]
4518 \footnotesize \centering
4519 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4520 \includecodesample{listati/message_getter.c}
4523 \caption{Sezione principale del codice del programma
4524 \file{message\_getter.c}.}
4525 \label{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server}
4528 Il corpo principale del primo dei due, il cui codice completo è nel file
4529 \file{message\_getter.c} dei sorgenti allegati, è riportato in
4530 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server}; si è tralasciata la parte che
4531 tratta la gestione delle opzioni a riga di comando (che consentono di
4532 impostare un nome diverso per il semaforo e il segmento di memoria condivisa)
4533 ed il controllo che al programma venga fornito almeno un argomento, contenente
4534 la stringa iniziale da inserire nel segmento di memoria condivisa.
4536 Lo scopo del programma è quello di creare un segmento di memoria condivisa su
4537 cui registrare una stringa, e tenerlo sotto osservazione stampando la stessa
4538 una volta al secondo. Si utilizzerà un semaforo per proteggere l'accesso in
4539 lettura alla stringa, in modo che questa non possa essere modificata
4540 dall'altro programma prima di averla finita di stampare.
4542 La parte iniziale del programma contiene le definizioni (\texttt{\small 1--8})
4543 del gestore del segnale usato per liberare le risorse utilizzate, delle
4544 \index{variabili!globali} variabili globali contenenti i nomi di default del
4545 segmento di memoria condivisa e del semaforo (il default scelto è
4546 \texttt{messages}), e delle altre variabili utilizzate dal programma.
4548 Come prima istruzione (\texttt{\small 10}) si è provveduto ad installare un
4549 gestore di segnale che consentirà di effettuare le operazioni di pulizia
4550 (usando la funzione \func{Signal} illustrata in
4551 fig.~\ref{fig:sig_Signal_code}), dopo di che (\texttt{\small 10--16}) si è
4552 creato il segmento di memoria condivisa con la funzione \func{CreateShm} che
4553 abbiamo appena trattato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm}, uscendo con un
4554 messaggio in caso di errore.
4556 Si tenga presente che la funzione \func{CreateShm} richiede che il segmento
4557 non sia già presente e fallirà qualora un'altra istanza, o un altro programma
4558 abbia già allocato un segmento con quello stesso nome. Per semplicità di
4559 gestione si è usata una dimensione fissa pari a 256 byte, definita tramite la
4560 costante \texttt{MSGMAXSIZE}.
4562 Il passo successivo (\texttt{\small 17--21}) è quello della creazione del
4563 semaforo che regola l'accesso al segmento di memoria condivisa con
4564 \func{sem\_open}; anche in questo caso si gestisce l'uscita con stampa di un
4565 messaggio in caso di errore. Anche per il semaforo, avendo specificato la
4566 combinazione di flag \code{O\_CREAT|O\_EXCL} come secondo argomento, si esce
4567 qualora fosse già esistente; altrimenti esso verrà creato con gli opportuni
4568 permessi specificati dal terzo argomento, (indicante lettura e scrittura in
4569 notazione ottale). Infine il semaforo verrà inizializzato ad un valore nullo
4570 (il quarto argomento), corrispondete allo stato in cui risulta bloccato.
4572 A questo punto (\texttt{\small 23}) si potrà inizializzare il messaggio posto
4573 nel segmento di memoria condivisa usando la stringa passata come argomento al
4574 programma. Essendo il semaforo stato creato già bloccato non ci si dovrà
4575 preoccupare di eventuali \itindex{race~condition} \textit{race condition}
4576 qualora il programma di modifica del messaggio venisse lanciato proprio in
4577 questo momento. Una volta inizializzato il messaggio occorrerà però
4578 rilasciare il semaforo (\texttt{\small 25--28}) per consentirne l'uso; in
4579 tutte queste operazioni si provvederà ad uscire dal programma con un opportuno
4580 messaggio in caso di errore.
4582 Una volta completate le inizializzazioni il ciclo principale del programma
4583 (\texttt{\small 29--47}) viene ripetuto indefinitamente (\texttt{\small 29})
4584 per stampare sia il contenuto del messaggio che una serie di informazioni di
4585 controllo. Il primo passo (\texttt{\small 30--34}) è quello di acquisire (con
4586 \func{sem\_getvalue}, con uscita in caso di errore) e stampare il valore del
4587 semaforo ad inizio del ciclo; seguito (\texttt{\small 35--36}) dal tempo
4590 \begin{figure}[!htbp]
4591 \footnotesize \centering
4592 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4593 \includecodesample{listati/HandSigInt.c}
4596 \caption{Codice del gestore di segnale del programma
4597 \file{message\_getter.c}.}
4598 \label{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server_handler}
4601 Prima della stampa del messaggio invece si deve acquisire il semaforo
4602 (\texttt{\small 31--34}) per evitare accessi concorrenti alla stringa da parte
4603 del programma di modifica. Una volta eseguita la stampa (\texttt{\small 41})
4604 il semaforo dovrà essere rilasciato (\texttt{\small 42--45}). Il passo finale
4605 (\texttt{\small 46}) è attendere per un secondo prima di eseguire da capo il
4608 Per uscire in maniera corretta dal programma sarà necessario interromperlo con
4609 il break da tastiera (\texttt{C-c}), che corrisponde all'invio del segnale
4610 \signal{SIGINT}, per il quale si è installato (\texttt{\small 10}) una
4611 opportuna funzione di gestione, riportata in
4612 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server_handler}. La funzione è molto
4613 semplice e richiama le funzioni di rimozione sia per il segmento di memoria
4614 condivisa che per il semaforo, garantendo così che possa essere riaperto
4615 ex-novo senza errori in un futuro riutilizzo del comando.
4617 \begin{figure}[!htbp]
4618 \footnotesize \centering
4619 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4620 \includecodesample{listati/message_setter.c}
4623 \caption{Sezione principale del codice del programma
4624 \file{message\_setter.c}.}
4625 \label{fig:ipc_posix_sem_shm_message_setter}
4628 Il secondo programma di esempio è \file{message\_setter.c}, di cui si è
4629 riportato il corpo principale in
4630 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_setter},\footnote{al solito il codice
4631 completo è nel file dei sorgenti allegati.} dove si è tralasciata, non
4632 essendo significativa per quanto si sta trattando, la parte relativa alla
4633 gestione delle opzioni a riga di comando e degli argomenti, che sono identici
4634 a quelli usati da \file{message\_getter}, con l'unica aggiunta di un'opzione
4635 ``\texttt{-t}'' che consente di indicare un tempo di attesa (in secondi) in
4636 cui il programma si ferma tenendo bloccato il semaforo.
4638 Una volta completata la gestione delle opzioni e degli argomenti (ne deve
4639 essere presente uno solo, contenente la nuova stringa da usare come
4640 messaggio), il programma procede (\texttt{\small 10--14}) con l'acquisizione
4641 del segmento di memoria condivisa usando la funzione \func{FindShm} (trattata
4642 in sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm}) che stavolta deve già esistere. Il passo
4643 successivo (\texttt{\small 16--19}) è quello di aprire il semaforo, e a
4644 differenza di \file{message\_getter}, in questo caso si richiede a
4645 \func{sem\_open} che questo esista, passando uno zero come secondo ed unico
4648 Una volta completate con successo le precedenti inizializzazioni, il passo
4649 seguente (\texttt{\small 21--24}) è quello di acquisire il semaforo, dopo di
4650 che sarà possibile eseguire la sostituzione del messaggio (\texttt{\small 25})
4651 senza incorrere in possibili \itindex{race~condition} \textit{race condition}
4652 con la stampa dello stesso da parte di \file{message\_getter}.
4654 Una volta effettuata la modifica viene stampato (\texttt{\small 26}) il tempo
4655 di attesa impostato con l'opzione ``\texttt{-t}'' dopo di che (\texttt{\small
4656 27}) viene eseguita la stessa, senza rilasciare il semaforo che resterà
4657 quindi bloccato (causando a questo punto una interruzione delle stampe
4658 eseguite da \file{message\_getter}). Terminato il tempo di attesa si rilascerà
4659 (\texttt{\small 29--32}) il semaforo per poi uscire.
4661 Per verificare il funzionamento dei programmi occorrerà lanciare per primo
4662 \file{message\_getter}\footnote{lanciare per primo \file{message\_setter} darà
4663 luogo ad un errore, non essendo stati creati il semaforo ed il segmento di
4664 memoria condivisa.} che inizierà a stampare una volta al secondo il
4665 contenuto del messaggio ed i suoi dati, con qualcosa del tipo:
4667 piccardi@hain:~/gapil/sources$ \textbf{./message_getter messaggio}
4668 sem=1, Fri Dec 31 14:12:41 2010
4670 sem=1, Fri Dec 31 14:12:42 2010
4675 proseguendo indefinitamente fintanto che non si prema \texttt{C-c} per farlo
4676 uscire. Si noti come il valore del semaforo risulti sempre pari ad 1 (in
4677 quanto al momento esso sarà sempre libero).
4679 A questo punto si potrà lanciare \file{message\_setter} per cambiare il
4680 messaggio, nel nostro caso per rendere evidente il funzionamento del blocco
4681 richiederemo anche una attesa di 3 secondi, ed otterremo qualcosa del tipo:
4683 piccardi@hain:~/gapil/sources$ \textbf{./message_setter -t 3 ciao}
4684 Sleeping for 3 seconds
4687 dove il programma si fermerà per 3 secondi prima di rilasciare il semaforo e
4690 L'effetto di questo programma si potrà però apprezzare meglio nell'uscita di
4691 \file{message\_getter}, che verrà interrotta per questo stesso tempo, prima di
4692 ricominciare con il nuovo testo:
4695 sem=1, Fri Dec 31 14:16:27 2010
4697 sem=1, Fri Dec 31 14:16:28 2010
4699 sem=0, Fri Dec 31 14:16:29 2010
4701 sem=1, Fri Dec 31 14:16:32 2010
4703 sem=1, Fri Dec 31 14:16:33 2010
4709 E si noterà come nel momento in cui si è lanciato \file{message\_setter} le
4710 stampe di \file{message\_getter} si bloccheranno, come corretto, dopo aver
4711 registrato un valore nullo per il semaforo. Il programma infatti resterà
4712 bloccato nella \func{sem\_wait} (quella di riga (\texttt{\small 37}) in
4713 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server}) fino alla scadenza
4714 dell'attesa di \file{message\_setter} (con l'esecuzione della \func{sem\_post}
4715 della riga (\texttt{\small 29}) di
4716 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_setter}), e riprenderanno con il nuovo
4717 testo alla terminazione di quest'ultimo.
4720 % LocalWords: like fifo System POSIX RPC Calls Common Object Request Brocker
4721 % LocalWords: Architecture descriptor kernel unistd int filedes errno EMFILE
4722 % LocalWords: ENFILE EFAULT BUF sez fig fork Stevens siblings EOF read SIGPIPE
4723 % LocalWords: EPIPE shell CGI Gateway Interface HTML JPEG URL mime type gs dup
4724 % LocalWords: barcode PostScript race condition stream BarCodePage WriteMess
4725 % LocalWords: size PS switch wait popen pclose stdio const char command NULL
4726 % LocalWords: EINVAL cap fully buffered Ghostscript l'Encapsulated epstopsf of
4727 % LocalWords: PDF EPS lseek ESPIPE PPM Portable PixMap format pnmcrop PNG pnm
4728 % LocalWords: pnmmargin png BarCode inode filesystem l'inode mknod mkfifo RDWR
4729 % LocalWords: ENXIO deadlock client reinviate fortunes fortunefilename daemon
4730 % LocalWords: FortuneServer FortuneParse FortuneClient pid libgapil LD librt
4731 % LocalWords: PATH linker pathname ps tmp killall fortuned crash socket domain
4732 % LocalWords: socketpair BSD sys protocol sv EAFNOSUPPORT EPROTONOSUPPORT AF
4733 % LocalWords: EOPNOTSUPP SOCK Process Comunication ipc perm key exec
4734 % LocalWords: header ftok proj stat libc SunOS glibc XPG dell'inode number uid
4735 % LocalWords: cuid cgid gid tab MSG shift group umask seq MSGMNI SEMMNI SHMMNI
4736 % LocalWords: shmmni msgmni sem sysctl IPCMNI IPCTestId msgget EACCES EEXIST
4737 % LocalWords: CREAT EXCL EIDRM ENOENT ENOSPC ENOMEM novo proc MSGMAX msgmax ds
4738 % LocalWords: MSGMNB msgmnb linked list msqid msgid linux msg qnum lspid lrpid
4739 % LocalWords: rtime ctime qbytes first last cbytes msgctl semctl shmctl ioctl
4740 % LocalWords: cmd struct buf EPERM RMID msgsnd msgbuf msgp msgsz msgflg EAGAIN
4741 % LocalWords: NOWAIT EINTR mtype mtext long message sizeof LENGTH ts sleep BIG
4742 % LocalWords: msgrcv ssize msgtyp NOERROR EXCEPT ENOMSG multiplexing select ls
4743 % LocalWords: poll polling queue MQFortuneServer write init HandSIGTERM l'IPC
4744 % LocalWords: MQFortuneClient mqfortuned mutex risorse' inter semaphore semget
4745 % LocalWords: nsems SEMMNS SEMMSL semid otime semval sempid semncnt semzcnt nr
4746 % LocalWords: SEMVMX SEMOPM semop SEMMNU SEMUME SEMAEM semnum union semun arg
4747 % LocalWords: ERANGE SETALL SETVAL GETALL array GETNCNT GETPID GETVAL GETZCNT
4748 % LocalWords: sembuf sops unsigned nsops UNDO flg nsop num undo pending semadj
4749 % LocalWords: sleeper scheduler running next semundo MutexCreate semunion lock
4750 % LocalWords: MutexFind wrapper MutexRead MutexLock MutexUnlock unlock locking
4751 % LocalWords: MutexRemove shmget SHMALL SHMMAX SHMMIN shmid shm segsz atime FD
4752 % LocalWords: dtime lpid cpid nattac shmall shmmax SHMLBA SHMSEG EOVERFLOW brk
4753 % LocalWords: memory shmat shmdt void shmaddr shmflg SVID RND RDONLY rounded
4754 % LocalWords: SIGSEGV nattch exit SharedMem ShmCreate memset fill ShmFind home
4755 % LocalWords: ShmRemove DirMonitor DirProp chdir GaPiL shmptr ipcs NFS
4756 % LocalWords: ComputeValues ReadMonitor touch SIGTERM dirmonitor unlink fcntl
4757 % LocalWords: LockFile UnlockFile CreateMutex FindMutex LockMutex SETLKW GETLK
4758 % LocalWords: UnlockMutex RemoveMutex ReadMutex UNLCK WRLCK RDLCK mapping MAP
4759 % LocalWords: SHARED ANONYMOUS thread patch names strace system call userid Di
4760 % LocalWords: groupid Michal Wronski Krzysztof Benedyczak wrona posix mqueue
4761 % LocalWords: lmqueue gcc mount mqd name oflag attr maxmsg msgsize receive ptr
4762 % LocalWords: send WRONLY NONBLOCK close mqdes EBADF getattr setattr mqstat to
4763 % LocalWords: omqstat curmsgs flags timedsend len prio timespec abs EMSGSIZE
4764 % LocalWords: ETIMEDOUT timedreceive getaddr notify sigevent notification l'I
4765 % LocalWords: EBUSY sigev SIGNAL signo value sigval siginfo all'userid MESGQ
4766 % LocalWords: Konstantin Knizhnik futex tmpfs ramfs cache shared swap CONFIG
4767 % LocalWords: lrt blocks PAGECACHE TRUNC CLOEXEC mmap ftruncate munmap FindShm
4768 % LocalWords: CreateShm RemoveShm LIBRARY Library libmqueue FAILED has
4769 % LocalWords: ENAMETOOLONG qualchenome RESTART trywait XOPEN SOURCE timedwait
4770 % LocalWords: process getvalue sval execve pshared ENOSYS heap PAGE destroy it
4771 % LocalWords: xffffffff Arrays owner perms Queues used bytes messages device
4772 % LocalWords: Cannot find such Segments getter Signal MSGMAXSIZE been stable
4773 % LocalWords: for now it's break Berlin sources Let's an accidental feature
4774 % LocalWords: Larry Wall Escape the Hell William ipctestid Identifier segment
4775 % LocalWords: violation dell'I SIGINT setter Fri Dec Sleeping seconds
4778 %%% Local Variables:
4780 %%% TeX-master: "gapil"