1 \chapter{L'architettura del sistema}
4 In questo primo capitolo sarà fatta un'introduzione ai concetti generali su
5 cui è basato un sistema operativo di tipo Unix come GNU/Linux, in questo modo
6 potremo fornire una base di comprensione mirata a sottolineare le peculiarità
7 del sistema che sono più rilevanti per quello che riguarda la programmazione.
9 Dopo un'introduzione sulle caratteristiche principali di un sistema di tipo
10 Unix passeremo ad illustrare alcuni dei concetti base dell'architettura di
11 GNU/Linux (che sono comunque comuni a tutti i sistemi \textit{unix-like}) ed
12 introdurremo alcuni degli standard principali a cui viene fatto riferimento.
15 \section{Una panoramica}
16 \label{sec:intro_unix_struct}
18 In questa prima sezione faremo una breve panoramica sull'architettura del
19 sistema. Chi avesse già una conoscenza di questa materia può tranquillamente
20 saltare questa sezione.
23 \subsection{Concetti base}
24 \label{sec:intro_base_concept}
26 Il concetto base di un sistema unix-like è quello di un nucleo del sistema (il
27 cosiddetto \textit{kernel}, nel nostro caso Linux) a cui si demanda la
28 gestione delle risorse essenziali (la CPU, la memoria, le periferiche) mentre
29 tutto il resto, quindi anche la parte che prevede l'interazione con l'utente,
30 deve venire realizzato tramite programmi eseguiti dal kernel e che accedano
31 alle risorse hardware tramite delle richieste a quest'ultimo.
33 Fin dall'inizio uno Unix si presenta come un sistema operativo
34 \textit{multitasking}, cioè in grado di eseguire contemporaneamente più
35 programmi, e multiutente, in cui è possibile che più utenti siano connessi ad
36 una macchina eseguendo più programmi ``in contemporanea'' (in realtà, almeno
37 per macchine a processore singolo, i programmi vengono eseguiti singolarmente
40 % Questa e` una distinzione essenziale da capire,
41 %specie nei confronti dei sistemi operativi successivi, nati per i personal
42 %computer (e quindi per un uso personale), sui quali l'hardware (allora
43 %limitato) non consentiva la realizzazione di un sistema evoluto come uno unix.
45 I kernel Unix più recenti, come Linux, sono realizzati sfruttando alcune
46 caratteristiche dei processori moderni come la gestione hardware della memoria
47 e la modalità protetta. In sostanza con i processori moderni si può
48 disabilitare temporaneamente l'uso di certe istruzioni e l'accesso a certe
49 zone di memoria fisica. Quello che succede è che il kernel è il solo
50 programma ad essere eseguito in modalità privilegiata, con il completo accesso
51 all'hardware, mentre i programmi normali vengono eseguiti in modalità protetta
52 (e non possono accedere direttamente alle zone di memoria riservate o alle
53 porte di input/output).
55 Una parte del kernel, lo \textit{scheduler}, si occupa di stabilire, ad
56 intervalli fissi e sulla base di un opportuno calcolo delle priorità, quale
57 ``processo'' deve essere posto in esecuzione (il cosiddetto \textit{preemptive
58 scheduling}\index{preemptive scheduling}). Questo verrà comunque eseguito in
59 modalità protetta; quando necessario il processo potrà accedere alle risorse
60 hardware soltanto attraverso delle opportune chiamate al sistema che
61 restituiranno il controllo al kernel.
63 La memoria viene sempre gestita dal kernel attraverso il meccanismo della
64 \textsl{memoria virtuale}\index{memoria virtuale}, che consente di assegnare a
65 ciascun processo uno spazio di indirizzi ``virtuale'' (vedi
66 \secref{sec:proc_memory}) che il kernel stesso, con l'ausilio della unità di
67 gestione della memoria, si incaricherà di rimappare automaticamente sulla
68 memoria disponibile, salvando su disco quando necessario (nella cosiddetta
69 area di \textit{swap}) le pagine di memoria in eccedenza.
71 Le periferiche infine vengono viste in genere attraverso un'interfaccia
72 astratta che permette di trattarle come fossero file, secondo il concetto per
73 cui \textit{everything is a file}, su cui torneremo in dettaglio in
74 \capref{cha:file_intro}, (questo non è vero per le interfacce di rete, che
75 hanno un'interfaccia diversa, ma resta valido il concetto generale che tutto
76 il lavoro di accesso e gestione a basso livello è effettuato dal kernel).
79 \subsection{User space e kernel space}
80 \label{sec:intro_user_kernel_space}
82 Uno dei concetti fondamentali su cui si basa l'architettura dei sistemi Unix è
83 quello della distinzione fra il cosiddetto \textit{user space}, che
84 contraddistingue l'ambiente in cui vengono eseguiti i programmi, e il
85 \textit{kernel space}, che è l'ambiente in cui viene eseguito il kernel. Ogni
86 programma vede sé stesso come se avesse la piena disponibilità della CPU e
87 della memoria ed è, salvo i meccanismi di comunicazione previsti
88 dall'architettura, completamente ignaro del fatto che altri programmi possono
89 essere messi in esecuzione dal kernel.
91 Per questa separazione non è possibile ad un singolo programma disturbare
92 l'azione di un altro programma o del sistema e questo è il principale motivo
93 della stabilità di un sistema unix-like nei confronti di altri sistemi in cui
94 i processi non hanno di questi limiti, o che vengono per vari motivi eseguiti
95 al livello del kernel.
97 Pertanto deve essere chiaro a chi programma in Unix che l'accesso diretto
98 all'hardware non può avvenire se non all'interno del kernel; al di fuori dal
99 kernel il programmatore deve usare le opportune interfacce che quest'ultimo
100 fornisce allo user space.
103 \subsection{Il kernel e il sistema}
104 \label{sec:intro_kern_and_sys}
106 Per capire meglio la distinzione fra kernel space e user space si può prendere
107 in esame la procedura di avvio di un sistema unix-like; all'avvio il BIOS (o
108 in generale il software di avvio posto nelle EPROM) eseguirà la procedura di
109 avvio del sistema (il cosiddetto \textit{boot}), incaricandosi di caricare il
110 kernel in memoria e di farne partire l'esecuzione; quest'ultimo, dopo aver
111 inizializzato le periferiche, farà partire il primo processo, \cmd{init}, che
112 è quello che a sua volta farà partire tutti i processi successivi. Fra questi
113 ci sarà pure quello che si occupa di dialogare con la tastiera e lo schermo
114 della console, e quello che mette a disposizione dell'utente che si vuole
115 collegare, un terminale e la \textit{shell} da cui inviare i comandi.
117 E' da rimarcare come tutto ciò, che usualmente viene visto come parte del
118 sistema, non abbia in realtà niente a che fare con il kernel, ma sia
119 effettuato da opportuni programmi che vengono eseguiti, allo stesso modo di un
120 qualunque programma di scrittura o di disegno, in user space.
122 Questo significa, ad esempio, che il sistema di per sé non dispone di
123 primitive per tutta una serie di operazioni (come la copia di un file) che
124 altri sistemi (come Windows) hanno invece al loro interno. Pertanto buona
125 parte delle operazioni di normale amministrazione di un sistema, come quella
126 in esempio, sono implementate come normali programmi.
128 %Una delle caratteristiche base di unix \`e perci\`o che \`e possibile
129 %realizzare un sistema di permessi e controlli che evitano che i programmi
130 %eseguano accessi non autorizzati.
132 Per questo motivo quando ci si riferisce al sistema nella sua interezza è
133 corretto parlare di un sistema GNU/Linux: da solo il kernel è assolutamente
134 inutile; quello che costruisce un sistema operativo utilizzabile è la presenza
135 di tutta una serie di librerie e programmi di utilità (che di norma sono
136 quelli realizzati dal progetto GNU della Free Software Foundation) che
137 permettono di eseguire le normali operazioni che ci si aspetta da un sistema
141 \subsection{Chiamate al sistema e librerie di funzioni}
142 \label{sec:intro_syscall}
144 Come accennato le interfacce con cui i programmi possono accedere all'hardware
145 vanno sotto il nome di chiamate al sistema (le cosiddette \textit{system
146 call}), si tratta di un insieme di funzioni che un programma può chiamare,
147 per le quali viene generata un'interruzione del processo passando il controllo
148 dal programma al kernel. Sarà poi quest'ultimo che (oltre a compiere una serie
149 di operazioni interne come la gestione del multitasking e l'allocazione della
150 memoria) eseguirà la funzione richiesta in \textit{kernel space} restituendo i
151 risultati al chiamante.
153 Ogni versione di Unix ha storicamente sempre avuto un certo numero di queste
154 chiamate, che sono riportate nella seconda sezione del \textsl{Manuale di
155 programmazione di Unix} (quella cui si accede con il comando \cmd{man 2
156 <nome>}) e Linux non fa eccezione. Queste sono poi state codificate da vari
157 standard, che esamineremo brevemente in \secref{sec:intro_standard}. Uno
158 schema elementare della struttura del sistema è riportato in
159 \figref{fig:intro_sys_struct}.
163 \includegraphics[width=10cm]{img/struct_sys}
164 \caption{Schema di massima della struttura di interazione fra processi,
165 kernel e dispositivi in Linux.}
166 \label{fig:intro_sys_struct}
169 Normalmente ciascuna di queste chiamate al sistema viene rimappata in
170 opportune funzioni con lo stesso nome definite dentro la Libreria Standard del
171 C, che, oltre alle interfacce alle system call, contiene anche tutta la serie
172 delle ulteriori funzioni definite dai vari standard, che sono comunemente
173 usate nella programmazione.
175 Questo è importante da capire perché programmare in Linux significa anzitutto
176 essere in grado di usare le varie interfacce contenute nella Libreria Standard
177 del C, in quanto né il kernel, né il linguaggio C, implementano direttamente
178 operazioni comuni come l'allocazione dinamica della memoria, l'input/output
179 bufferizzato o la manipolazione delle stringhe, presenti in qualunque
182 Quanto appena illustrato mette in evidenza il fatto che nella stragrande
183 maggioranza dei casi,\footnote{esistono implementazioni diverse delle librerie
184 del C, come le \textit{libc5} o le \textit{uclib}, che non derivano dal
185 progetto GNU, ma oggi sono, tranne casi particolari, completamente
186 soppiantate dalle \acr{glibc}.} si dovrebbe usare il nome GNU/Linux
187 (piuttosto che soltanto Linux) in quanto una parte essenziale del sistema
188 (senza la quale niente funzionerebbe) è la GNU Standard C Library (in breve
189 \acr{glibc}), ovvero la libreria realizzata dalla Free Software Foundation
190 nella quale sono state implementate tutte le funzioni essenziali definite
191 negli standard POSIX e ANSI C, utilizzabili da qualunque programma.
193 Le funzioni di questa libreria sono quelle riportate dalla terza sezione del
194 \textsl{Manuale di Programmazione di Unix }(cioè accessibili con il comando
195 \cmd{man 3 <nome>}) e sono costruite sulla base delle chiamate al sistema del
196 kernel; è importante avere presente questa distinzione, fondamentale dal punto
197 di vista dell'implementazione, anche se poi, nella realizzazione di normali
198 programmi, non si hanno differenze pratiche fra l'uso di una funzione di
199 libreria e quello di una chiamata al sistema.
202 \subsection{Un sistema multiutente}
203 \label{sec:intro_multiuser}
205 Linux, come gli altri kernel Unix, nasce fin dall'inizio come sistema
206 multiutente, cioè in grado di fare lavorare più persone in contemporanea. Per
207 questo esistono una serie di meccanismi di sicurezza, che non sono previsti in
208 sistemi operativi monoutente, e che occorre tenere presente.
210 Il concetto base è quello di utente (\textit{user}) del sistema, le cui
211 capacità rispetto a quello che può fare sono sottoposte a ben precisi limiti.
212 Sono così previsti una serie di meccanismi per identificare i singoli utenti
213 ed una serie di permessi e protezioni per impedire che utenti diversi possano
214 danneggiarsi a vicenda o danneggiare il sistema.
216 Ogni utente è identificato da un nome (l'\textit{username}), che è quello che
217 viene richiesto all'ingresso nel sistema dalla procedura di \textit{login}
218 (descritta in dettaglio in \secref{sec:sess_login}). Questa procedura si
219 incarica di verificare l'identità dell'utente, in genere attraverso la
220 richiesta di una parola d'ordine (la \textit{password}), anche se sono
221 possibili meccanismi diversi.\footnote{Ad esempio usando la libreria PAM
222 (\textit{Pluggable Autentication Methods}) è possibile astrarre
223 completamente dai meccanismi di autenticazione e sostituire ad esempio l'uso
224 delle password con meccanismi di identificazione biometrica.}
226 Eseguita la procedura di riconoscimento in genere il sistema manda in
227 esecuzione un programma di interfaccia (che può essere la \textit{shell} su
228 terminale o un'interfaccia grafica) che mette a disposizione dell'utente un
229 meccanismo con cui questo può impartire comandi o eseguire altri programmi.
231 Ogni utente appartiene anche ad almeno un gruppo (il cosiddetto
232 \textit{default group}), ma può essere associato ad altri gruppi (i
233 \textit{supplementary group}), questo permette di gestire i permessi di
234 accesso ai file e quindi anche alle periferiche, in maniera più flessibile,
235 definendo gruppi di lavoro, di accesso a determinate risorse, etc.
237 L'utente e il gruppo sono identificati da due numeri (la cui corrispondenza ad
238 un nome espresso in caratteri è inserita nei due file \file{/etc/passwd} e
239 \file{/etc/groups}). Questi numeri sono l'\textit{user identifier}, detto in
240 breve \textsl{userid}, ed indicato dall'acronimo \acr{uid}, e il \textit{group
241 identifier}, detto in breve \textsl{groupid}, ed identificato dall'acronimo
242 \acr{gid}, e sono quelli che vengono usati dal kernel per identificare
245 In questo modo il sistema è in grado di tenere traccia per ogni processo
246 dell'utente a cui appartiene ed impedire ad altri utenti di interferire con
247 esso. Inoltre con questo sistema viene anche garantita una forma base di
248 sicurezza interna in quanto anche l'accesso ai file (vedi
249 \secref{sec:file_access_control}) è regolato da questo meccanismo di
252 Infine in ogni Unix è presente un utente speciale privilegiato, il cosiddetto
253 \textit{superuser}, il cui username è di norma \textit{root}, ed il cui
254 \acr{uid} è zero. Esso identifica l'amministratore del sistema, che deve
255 essere in grado di fare qualunque operazione; per l'utente \textit{root}
256 infatti i meccanismi di controllo descritti in precedenza sono
257 disattivati.\footnote{i controlli infatti vengono sempre eseguiti da un codice
258 del tipo \code{if (uid) \{ ... \}}}
261 \section{Gli standard}
262 \label{sec:intro_standard}
264 In questa sezione faremo una breve panoramica relativa ai vari standard che
265 nel tempo sono stati formalizzati da enti, associazioni, consorzi e
266 organizzazioni varie al riguardo del sistema o alle caratteristiche che si
267 sono stabilite come standard di fatto in quanto facenti parte di alcune
268 implementazioni molto diffuse come BSD o SVr4.
270 Ovviamente prenderemo in considerazione solo gli standard riguardanti
271 interfacce di programmazione e le altre caratteristiche di un sistema
272 unix-like (alcuni standardizzano pure i comandi base del sistema e la shell)
273 ed in particolare ci concentreremo sul come ed in che modo essi sono
274 supportati sia per quanto riguarda il kernel che le librerie del C (con una
275 particolare attenzione alle \acr{glibc}).
278 \subsection{Lo standard ANSI C}
279 \label{sec:intro_ansiC}
281 Lo standard ANSI C è stato definito nel 1989 dall'\textit{American National
282 Standard Institute}, come standard del linguaggio C ed è stato
283 successivamente adottato dalla \textit{International Standard Organisation}
284 come standard internazionale con la sigla ISO/IEC 9899:1990, e va anche sotto
285 il nome di standard ISO C.
287 Scopo dello standard è quello di garantire la portabilità dei programmi C fra
288 sistemi operativi diversi, ma oltre alla sintassi ed alla semantica del
289 linguaggio C (operatori, parole chiave, tipi di dati) lo standard prevede
290 anche una libreria di funzioni che devono poter essere implementate su
291 qualunque sistema operativo.
293 Per questo motivo, anche se lo standard non ha alcun riferimento ad un sistema
294 di tipo Unix, GNU/Linux (per essere precisi le \acr{glibc}), come molti Unix
295 moderni, provvede la compatibilità con questo standard, fornendo le funzioni
296 di libreria da esso previste. Queste sono dichiarate in quindici header file
297 (anch'essi provvisti dalla \acr{glibc}), uno per ciascuna delle quindici aree
298 in cui è stata suddivisa una libreria standard. In
299 \tabref{tab:intro_posix_header} si sono riportati questi header, insieme a
300 quelli definiti negli altri standard descritti nelle sezioni successive.
305 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
307 \textbf{Standard} & \textbf{Contenuto} \\
310 \file{assert.h}& Verifica le asserzioni fatte in un programma.\\
321 \file{stdio.h} & I/O bufferizzato in standard ANSI C.\\
322 \file{stdlib.h}& definizioni della libreria standard.\\
325 \caption{Elenco dei vari file di include definiti dallo standard POSIX.}
326 \label{tab:intro_posix_header}
330 In realtà \acr{glibc} ed i relativi header file definiscono un insieme di
331 funzionalità in cui sono incluse come sottoinsieme anche quelle previste dallo
332 standard ANSI C. È possibile ottenere una conformità stretta allo standard
333 (scartando le funzionalità addizionali) usando il \cmd{gcc} con l'opzione
334 \cmd{-ansi}. Questa opzione istruisce il compilatore a definire nei vari
335 header file soltanto le funzionalità previste dallo standard ANSI C e a non
336 usare le varie estensioni al linguaggio e al preprocessore da esso supportate.
339 \subsection{I tipi di dati primitivi}
340 \label{sec:intro_data_types}
342 Uno dei problemi di portabilità del codice più comune è quello dei tipi di
343 dati utilizzati nei programmi, che spesso variano da sistema a sistema, o
344 anche da una architettura ad un altra (ad esempio passando da macchine con
345 processori 32 bit a 64).
347 Storicamente alcuni tipi di dati definiti dallo standard ANSI C sono sempre
348 stati associati ad alcune variabili nei sistemi Unix, ad esempio la posizione
349 corrente all'interno di un file è sempre stato associato ad un intero a 32
350 bit, mentre il numero di dispositivo è sempre stato associato ad un intero a
351 16 bit. Tutto questo ovviamente costituisce un incubo per la portabilità tutte
352 le volte che, con l'evolversi delle piattaforme hardware, alcuni di questi
353 tipi si sono rivelati inadeguati, e se ne è dovuto cambiare la dimensione.
358 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
360 \textbf{Tipo} & \textbf{Contenuto} \\
363 \type{caddr\_t} & core address.\\
364 \type{clock\_t} & contatore del tempo di sistema.\\
365 \type{dev\_t} & Numero di dispositivo.\\
366 \type{gid\_t} & Identificatore di un gruppo.\\
367 \type{ino\_t} & Numero di \textit{inode}.\\
368 \type{key\_t} & Chiave per il System V IPC.\\
369 \type{loff\_t} & Posizione corrente in un file.\\
370 \type{mode\_t} & Attributi di un file.\\
371 \type{nlink\_t} & Contatore dei link su un file.\\
372 \type{off\_t} & Posizione corrente in un file.\\
373 \type{pid\_t} & Identificatore di un processo.\\
374 \type{rlim\_t} & Limite sulle risorse.\\
375 \type{sigset\_t}& Insieme di segnali.\\
376 \type{ssize\_t} & Dimensione di un oggetto.\\
377 \type{ssize\_t} & Dimensione in numero byte ritornata dalle funzioni.\\
378 \type{ptrdiff\_t}& Differenza fra due puntatori.\\
379 \type{time\_t} & Numero di secondi (in tempo di calendario).\\
380 \type{uid\_t} & Identificatore di un utente.\\
383 \caption{Elenco dei tipi primitivi, definiti in \file{sys/types.h}.}
384 \label{tab:intro_primitive_types}
387 Per questo motivo tutte le funzioni di libreria di solito non fanno
388 riferimento ai tipi standard del linguaggio C, ma ad una serie di \textsl{tipi
389 primitivi}, riportati in \tabref{tab:intro_primitive_types}, caratteristici
390 di ogni sistema, definiti nell'header file \file{sys/types.h}, che associano i
391 tipi utilizzati dalle funzioni di sistema ai tipi elementari supportati dal
396 \subsection{Lo standard IEEE -- POSIX}
397 \label{sec:intro_posix}
399 Uno standard più attinente al sistema nel suo complesso (e che concerne sia il
400 kernel che le librerie) è lo standard POSIX. Esso prende origine dallo
401 standard ANSI C, che contiene come sottoinsieme, prevedendo ulteriori capacità
402 per le funzioni in esso definite, ed aggiungendone di nuove.
404 In realtà POSIX è una famiglia di standard diversi, il cui nome, suggerito da
405 Richard Stallman, sta per \textit{Portable Operating System Interface}, ma la
406 X finale denuncia la sua stretta relazione con i sistemi Unix. Esso nasce dal
407 lavoro dell'IEEE (\textit{Institute of Electrical and Electronics Engeneers})
408 che ne produsse una prima versione, nota come IEEE 1003.1-1988, mirante a
409 standardizzare l'interfaccia con il sistema operativo.
411 Ma gli standard POSIX non si limitano alla standardizzazione delle funzioni di
412 libreria, e in seguito sono stati prodotti anche altri standard per la shell e
413 i comandi di sistema (1003.2), per le estensioni realtime e per i thread
414 (1003.1d e 1003.1c) e vari altri. In \tabref{tab:intro_posix_std} è riportata
415 una classificazione sommaria dei principali documenti prodotti, e di come sono
416 identificati fra IEEE ed ISO; si tenga conto inoltre che molto spesso si usa
417 l'estensione IEEE anche come aggiunta al nome POSIX (ad esempio si può parlare
418 di POSIX.4 come di POSIX.1b).
420 Si tenga presente però che nuove specifiche e proposte di standardizzazione si
421 aggiungono continuamente, mentre le versioni precedenti vengono riviste;
422 talvolta poi i riferimenti cambiamo nome, per cui anche solo seguire le
423 denominazioni usate diventa particolarmente faticoso; una pagina dove si
424 possono recuperare varie (e di norma piuttosto intricate) informazioni è:
425 \href{http://www.pasc.org/standing/sd11.html}
426 {http://www.pasc.org/standing/sd11.html}.
432 \begin{tabular}[c]{|l|l|l|l|}
434 \textbf{Standard} & \textbf{IEEE} & \textbf{ISO} & \textbf{Contenuto} \\
437 POSIX.1 & 1003.1 & 9945-1& Interfacce di base \\
438 POSIX.1a& 1003.1a& 9945-1& Estensioni a POSIX.1 \\
439 POSIX.2 & 1003.2 & 9945-2& Comandi \\
440 POSIX.3 & 2003 &TR13210& Metodi di test \\
441 POSIX.4 & 1003.1b & --- & Estensioni real-time \\
442 POSIX.4a& 1003.1c & --- & Threads \\
443 POSIX.4b& 1003.1d &9945-1& Ulteriori estensioni real-time \\
444 POSIX.5 & 1003.5 & 14519& Interfaccia per il linguaggio ADA \\
445 POSIX.6 & 1003.2c,1e& 9945-2& Sicurezza \\
446 POSIX.8 & 1003.1f& 9945-1& Accesso ai file via rete \\
447 POSIX.9 & 1003.9 & --- & Intercaccia per il Fortran-77 \\
448 POSIX.12& 1003.1g& 9945-1& Sockets \\
451 \caption{Elenco dei vari standard POSIX e relative denominazioni.}
452 \label{tab:intro_posix_std}
455 Benché l'insieme degli standard POSIX siano basati sui sistemi Unix essi
456 definiscono comunque un'interfaccia di programmazione generica e non fanno
457 riferimento ad una implementazione specifica (ad esempio esiste
458 un'implementazione di POSIX.1 anche sotto Windows NT). Lo standard principale
459 resta comunque POSIX.1, che continua ad evolversi; la versione più nota, cui
460 gran parte delle implementazioni fanno riferimento, e che costituisce una base
461 per molti altri tentativi di standardizzazione, è stata rilasciata anche come
462 standard internazionale con la sigla ISO/IEC 9945-1:1996.
464 Linux e le \acr{glibc} implementano tutte le funzioni definite nello standard
465 POSIX.1, queste ultime forniscono in più alcune ulteriori capacità (per
466 funzioni di \textit{pattern matching} e per la manipolazione delle
467 \textit{regular expression}), che vengono usate dalla shell e dai comandi di
468 sistema e che sono definite nello standard POSIX.2.
470 Nelle versioni più recenti del kernel e delle librerie sono inoltre supportate
471 ulteriori funzionalità aggiunte dallo standard POSIX.1c per quanto riguarda i
472 \textit{thread} (vedi \capref{cha:threads}), e dallo standard POSIX.1b per
473 quanto riguarda i segnali e lo scheduling real-time
474 (\secref{sec:sig_real_time} e \secref{sec:proc_real_time}), la misura del
475 tempo, i meccanismi di intercomunicazione (\secref{sec:ipc_posix}) e l'I/O
476 asincrono (\secref{sec:file_asyncronous_io}).
480 \subsection{Lo standard X/Open -- XPG3}
481 \label{sec:intro_xopen}
483 Il consorzio X/Open nacque nel 1984 come consorzio di venditori di sistemi
484 Unix per giungere ad un'armonizzazione delle varie implementazioni. Per far
485 questo iniziò a pubblicare una serie di documentazioni e specifiche sotto il
486 nome di \textit{X/Open Portability Guide} (a cui di norma si fa riferimento
487 con l'abbreviazione XPGn).
489 Nel 1989 produsse una terza versione di questa guida particolarmente
490 voluminosa (la \textit{X/Open Portability Guide, Issue 3}), contenente
491 un'ulteriore standardizzazione dell'interfaccia di sistema di Unix, che venne
492 presa come riferimento da vari produttori.
494 Questo standard, detto anche XPG3 dal nome della suddetta guida, è sempre
495 basato sullo standard POSIX.1, ma prevede una serie di funzionalità aggiuntive
496 fra cui le specifiche delle API (\textit{Application Programmable Interface})
497 per l'interfaccia grafica (X11).
499 Nel 1992 lo standard venne rivisto con una nuova versione della guida, la
500 Issue 4 (da cui la sigla XPG4) che aggiungeva l'interfaccia XTI (\textit{X
501 Transport Interface}) mirante a soppiantare (senza molto successo)
502 l'interfaccia dei socket derivata da BSD. Una seconda versione della guida fu
503 rilasciata nel 1994, questa è nota con il nome di Spec 1170 (dal numero delle
504 interfacce, header e comandi definiti).
506 Nel 1993 il marchio Unix passò di proprietà dalla Novell (che a sua volta lo
507 aveva comprato dalla AT\&T) al consorzio X/Open che iniziò a pubblicare le sue
508 specifiche sotto il nome di \textit{Single UNIX Specification}, l'ultima
509 versione di Spec 1170 diventò così la prima versione delle \textit{Single UNIX
510 Specification}, SUSv1, più comunemente nota come \textit{Unix 95}.
513 \subsection{Gli standard Unix -- Open Group}
514 \label{sec:intro_opengroup}
516 Nel 1996 la fusione del consorzio X/Open con la Open Software Foundation (nata
517 da un gruppo di aziende concorrenti rispetto ai fondatori di X/Open) portò
518 alla costituzione dell'Open Group, un consorzio internazionale che raccoglie
519 produttori, utenti industriali, entità accademiche e governative.
521 Attualmente il consorzio è detentore del marchio depositato Unix, e prosegue
522 il lavoro di standardizzazione delle varie implementazioni, rilasciando
523 periodicamente nuove specifiche e strumenti per la verifica della conformità
526 Nel 1997 fu annunciata la seconda versione delle \textit{Single UNIX
527 Specification}, nota con la sigla SUSv2, in queste versione le interfacce
528 specificate salgono a 1434 (e 3030 se si considerano le stazioni di lavoro
529 grafiche, per le quali sono inserite pure le interfacce usate da CDE che
530 richiede sia X11 che Motif). La conformità a questa versione permette l'uso
531 del nome \textit{Unix 98}, usato spesso anche per riferirsi allo standard.
534 \subsection{Lo ``standard'' BSD}
535 \label{sec:intro_bsd}
537 Lo sviluppo di BSD iniziò quando la fine della collaborazione fra l'Università
538 di Berkley e la AT\&T generò una delle prime e più importanti fratture del
539 mondo Unix. L'Università di Berkley proseguì nello sviluppo della base di
540 codice di cui disponeva, e che presentava parecchie migliorie rispetto alle
541 allora versioni disponibili, fino ad arrivare al rilascio di una versione
542 completa di Unix, chiamata appunto BSD, del tutto indipendente dal codice
545 Benché BSD non sia uno standard formalizzato, l'implementazione di Unix
546 dell'Università di Berkley, ha provveduto nel tempo una serie di estensioni e
547 API di grande rilievo, come il link simbolici, la funzione \code{select}, i
550 Queste estensioni sono state via via aggiunte al sistema nelle varie versioni
551 del sistema (BSD 4.2, BSD 4.3 e BSD 4.4) come pure in alcuni derivati
552 commerciali come SunOS. Il kernel e le \acr{glibc} provvedono tutte queste
553 estensioni che sono state in gran parte incorporate negli standard successivi.
556 \subsection{Lo standard System V}
557 \label{sec:intro_sysv}
559 Come noto Unix nasce nei laboratori della AT\&T, che ne registrò il nome come
560 marchio depositato, sviluppandone una serie di versioni diverse; nel 1983 la
561 versione supportata ufficialmente venne rilasciata al pubblico con il nome di
562 Unix System V. Negli anni successivi l'AT\&T proseguì lo sviluppo rilasciando
563 varie versioni con aggiunte e integrazioni; nel 1989 un accordo fra vari
564 venditori (AT\&T, Sun, HP, e altro) portò ad una versione che provvedeva
565 un'unificazione delle interfacce comprendente Xenix e BSD, la System V release
568 L'interfaccia di questa ultima release è descritta in un documento dal titolo
569 \textit{System V Interface Description}, o SVID; spesso però si fa riferimento
570 a questo standard con il nome della sua implementazione, usando la sigla SVr4.
572 Anche questo costituisce un sovrainsieme delle interfacce definite dallo
573 standard POSIX. Nel 1992 venne rilasciata una seconda versione del sistema:
574 la SVr4.2. L'anno successivo la divisione della AT\&T (già a suo tempo
575 rinominata in Unix System Laboratories) venne acquistata dalla Novell, che poi
576 trasferì il marchio Unix al consorzio X/Open; l'ultima versione di System V fu
577 la SVr4.2MP rilasciata nel Dicembre 93.
579 Linux e le \acr{glibc} implementano le principali funzionalità richieste da
580 SVID che non sono già incluse negli standard POSIX ed ANSI C, per
581 compatibilità con lo Unix System V e con altri Unix (come SunOS) che le
582 includono. Tuttavia le funzionalità più oscure e meno utilizzate (che non sono
583 presenti neanche in System V) sono state tralasciate.
585 Le funzionalità implementate sono principalmente il meccanismo di
586 intercomunicazione fra i processi e la memoria condivisa (il cosiddetto System
587 V IPC, che vedremo in \secref{sec:ipc_sysv}) le funzioni della famiglia
588 \func{hsearch} e \func{drand48}, \func{fmtmsg} e svariate funzioni
592 \subsection{Il comportamento standard del \cmd{gcc} e delle \acr{glibc}}
593 \label{sec:intro_gcc_glibc_std}
595 In Linux, grazie alle \acr{glibc}, gli standard appena descritti sono
596 ottenibili sia attraverso l'uso di opzioni del compilatore (il \cmd{gcc}) che
597 definendo opportune costanti prima dell'inclusione dei file degli header.
599 Se si vuole che i programmi seguano una stretta attinenza allo standard ANSI C
600 si può usare l'opzione \cmd{-ansi} del compilatore, e non sarà riconosciuta
601 nessuna funzione non riconosciuta dalle specifiche standard ISO per il C.
603 Per attivare le varie opzioni è possibile definire le macro di preprocessore,
604 che controllano le funzionalità che le \acr{glibc} possono mettere a
605 disposizione: questo può essere fatto attraverso l'opzione \cmd{-D} del
606 compilatore, ma è buona norma inserire gli opportuni \code{\#define} nei
609 Le macro disponibili per i vari standard sono le seguenti:
610 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{3cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
611 \item[\macro{\_POSIX\_SOURCE}] definendo questa macro si rendono disponibili
612 tutte le funzionalità dello standard POSIX.1 (la versione IEEE Standard
613 1003.1) insieme a tutte le funzionalità dello standard ISO C. Se viene anche
614 definita con un intero positivo la macro \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE} lo stato
615 di questa non viene preso in considerazione.
616 \item[\macro{\_POSIX\_C\_SOURCE}] definendo questa macro ad un valore intero
617 positivo si controlla quale livello delle funzionalità specificate da POSIX
618 viene messa a disposizione; più alto è il valore maggiori sono le
619 funzionalità. Se è uguale a '1' vengono attivate le funzionalità specificate
620 nella edizione del 1990 (IEEE Standard 1003.1-1990), valori maggiori o
621 uguali a '2' attivano le funzionalità POSIX.2 specificate nell'edizione del
622 1992 (IEEE Standard 1003.2-1992). Un valore maggiore o uguale a `199309L'
623 attiva le funzionalità POSIX.1b specificate nell'edizione del 1993 (IEEE
624 Standard 1003.1b-1993). Un valore maggiore o uguale a `199506L' attiva le
625 funzionalità POSIX.1 specificate nell'edizione del 1996 (ISO/IEC 9945-1:
626 1996). Valori superiori abiliteranno ulteriori estensioni.
627 \item[\macro{\_BSD\_SOURCE}] definendo questa macro si attivano le
628 funzionalità derivate da BSD4.3, insieme a quelle previste dagli standard
629 ISO C, POSIX.1 e POSIX.2. Alcune delle funzionalità previste da BSD sono
630 però in conflitto con le corrispondenti definite nello standard POSIX.1, in
631 questo caso le definizioni previste da BSD4.3 hanno la precedenza rispetto a
632 POSIX. A causa della natura dei conflitti con POSIX per ottenere una piena
633 compatibilità con BSD4.3 è necessario anche usare una libreria di
634 compatibilità, dato che alcune funzioni sono definite in modo diverso. In
635 questo caso occorre pertanto anche usare l'opzione \cmd{-lbsd-compat} con il
636 compilatore per indicargli di utilizzare le versioni nella libreria di
637 compatibilità prima di quelle normali.
638 \item[\macro{\_SVID\_SOURCE}] definendo questa macro si attivano le
639 funzionalità derivate da SVID. Esse comprendono anche quelle definite negli
640 standard ISO C, POSIX.1, POSIX.2, and X/Open.
641 \item[\macro{\_XOPEN\_SOURCE}] definendo questa macro si attivano le
642 funzionalità descritte nella \textit{X/Open Portability Guide}. Anche queste
643 sono un soprainsieme di quelle definite in POSIX.1 e POSIX.2 ed in effetti
644 sia \macro{\_POSIX\_SOURCE} che \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE} vengono
645 automaticamente definite. Sono incluse anche ulteriori funzionalità
646 disponibili in BSD e SVID. Se il valore della macro è posto a 500 questo
647 include anche le nuove definizioni introdotte con la \textit{Single UNIX
648 Specification, version 2}, cioè Unix98.
649 \item[\macro{\_XOPEN\_SOURCE\_EXTENDED}] definendo questa macro si attivano le
650 ulteriori funzionalità necessarie ad essere conformi al rilascio del marchio
651 \textit{X/Open Unix}.
652 \item[\macro{\_ISOC99\_SOURCE}] definendo questa macro si attivano le
653 funzionalità previste per la revisione delle librerie standard del C
654 denominato ISO C99. Dato che lo standard non è ancora adottato in maniera
655 ampia queste non sono abilitate automaticamente, ma le \acr{glibc} hanno già
656 un'implementazione completa che può essere attivata definendo questa macro.
657 \item[\macro{\_LARGEFILE\_SOURCE}] definendo questa macro si attivano le
658 funzionalità per il supporto dei file di grandi dimensioni (il \textit{Large
659 File Support} o LFS) con indici e dimensioni a 64 bit.
660 \item[\macro{\_GNU\_SOURCE}] definendo questa macro si attivano tutte le
661 funzionalità disponibili: ISO C89, ISO C99, POSIX.1, POSIX.2, BSD, SVID,
662 X/Open, LFS più le estensioni specifiche GNU. Nel caso in cui BSD e POSIX
663 confliggano viene data la precedenza a POSIX.
666 In particolare è da sottolineare che le \acr{glibc} supportano alcune
667 estensioni specifiche GNU, che non sono comprese in nessuno degli
668 standard citati. Per poterle utilizzare esse devono essere attivate
669 esplicitamente definendo la macro \macro{\_GNU\_SOURCE} prima di
670 includere i vari header file.
673 \subsection{Gli standard di GNU/Linux}
674 \label{sec:intro_linux_std}
676 Da fare (o cassare, a seconda del tempo e della voglia).
682 %%% TeX-master: "gapil"