1 \chapter{File e directory}
2 \label{cha:files_and_dirs}
4 In questo capitolo tratteremo in dettaglio le modalità con cui si gestiscono
5 file e directory, iniziando dalle funzioni di libreria che si usano per
6 copiarli, spostarli e cambiarne i nomi. Esamineremo poi l'interfaccia che
7 permette la manipolazione dei vari attributi di file e directory ed alla fine
8 faremo una trattazione dettagliata su come è strutturato il sistema base di
9 protezioni e controllo dell'accesso ai file e sulle funzioni che ne permettono
10 la gestione. Tutto quello che riguarda invece la manipolazione del contenuto
11 dei file è lasciato ai capitoli successivi.
15 \section{La gestione di file e directory}
18 Come già accennato in \secref{sec:file_filesystem} in un sistema unix-like la
19 gestione dei file ha delle caratteristiche specifiche che derivano
20 direttamente dall'architettura del sistema; in questa sezione esamineremo le
21 funzioni usate per manipolazione nel filesytem di file e directory, per la
22 creazione di link simbolici e diretti, per la gestione e la lettura delle
23 directory; il tutto mettendo in evidenza le conseguenze della struttura
24 standard della gestione dei file in un sistema unix-like, introdotta nel
28 \subsection{Le funzioni \func{link} e \func{unlink}}
31 Una caratteristica comune a diversi sistemi operativi è quella di poter creare
32 dei nomi fittizi (come gli alias del MacOS o i collegamenti di Windows) che
33 permettono di fare riferimento allo stesso file chiamandolo con nomi diversi
34 o accedendovi da directory diverse.
36 Questo è possibile anche in ambiente Unix, dove tali collegamenti sono
37 usualmente chiamati \textit{link}; ma data la struttura del sistema di
38 gestione dei file (ed in particolare quanto trattato in
39 \secref{sec:file_arch_func}) ci sono due metodi sostanzialmente diversi per
40 fare questa operazione.
42 Come spiegato in \secref{sec:file_filesystem} l'accesso al contenuto di un
43 file su disco avviene attraverso il suo inode\index{inode}, e il nome che si
44 trova in una directory è solo un'etichetta associata ad un puntatore a che fa
45 riferimento al suddetto inode.
47 Questo significa che la realizzazione di un link è immediata in quanto uno
48 stesso file può avere tanti nomi diversi allo stesso tempo, dati da
49 altrettante diverse associazioni allo stesso inode; si noti poi che nessuno di
50 questi nomi viene ad assumere una particolare preferenza o originalità
53 Per aggiungere un nome ad un inode si utilizza la funzione \func{link}; si
54 suole chiamare questo tipo di associazione un collegamento diretto (o
55 \textit{hard link}). Il prototipo della funzione e le sue caratteristiche
56 principali, come risultano dalla man page, sono le seguenti:
57 \begin{prototype}{unistd.h}
58 {int link(const char *oldpath, const char *newpath)}
59 Crea un nuovo collegamento diretto al file indicato da \var{oldpath}
60 dandogli nome \var{newpath}.
62 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 in
63 caso di errore. La variabile \var{errno} viene settata
64 opportunamente, i principali codici di errore sono:
66 \item[\macro{EXDEV}] \var{oldpath} e \var{newpath} non sono sullo
68 \item[\macro{EPERM}] il filesystem che contiene \var{oldpath} e
69 \macro{newpath} non supporta i link diretti o è una directory.
70 \item[\macro{EEXIST}] un file (o una directory) con quel nome esiste di
72 \item[\macro{EMLINK}] ci sono troppi link al file \var{oldpath} (il
73 numero massimo è specificato dalla variabile \macro{LINK\_MAX}, vedi
74 \secref{sec:sys_limits}).
76 ed inoltre \macro{EACCES}, \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOTDIR},
77 \macro{EFAULT}, \macro{ENOMEM}, \macro{EROFS}, \macro{ELOOP},
78 \macro{ENOSPC}, \macro{EIO}.}
81 La creazione di un nuovo collegamento diretto non copia il contenuto del file,
82 ma si limita a creare una voce nella directory specificata con \var{newpath} e
83 ad aumentare di uno il numero di referenze al file (riportato nel campo
84 \var{st\_nlink} della struttura \var{stat}, vedi \secref{sec:file_stat})
85 aggiungendo il nuovo nome ai precedenti. Si noti che uno stesso file può
86 essere così chiamato con vari nomi in diverse directory.
88 Per quanto dicevamo in \secref{sec:file_filesystem} la creazione di un
89 collegamento diretto è possibile solo se entrambi i pathname sono nello stesso
90 filesystem; inoltre il filesystem deve supportare i collegamenti diretti (il
91 meccanismo non è disponibile ad esempio con il filesystem \acr{vfat} di
94 La funzione inoltre opera sia sui file ordinari che sugli altri oggetti del
95 filesystem, con l'eccezione delle directory. In alcune versioni di Unix solo
96 l'amministratore è in grado di creare un collegamento diretto ad un'altra
97 directory: questo viene fatto perché con una tale operazione è possibile
98 creare dei circoli nel filesystem (vedi l'esempio mostrato in
99 \secref{sec:file_symlink}, dove riprenderemo il discorso) che molti programmi
100 non sono in grado di gestire e la cui rimozione diventerebbe estremamente
101 complicata (in genere per questo tipo di errori occorre far girare il
102 programma \cmd{fsck} per riparare il filesystem).
104 Data la pericolosità di questa operazione e la disponibilità dei link
105 simbolici che possono fornire la stessa funzionalità senza questi problemi,
106 nei filesystem usati in Linux questa caratteristica è stata completamente
107 disabilitata, e al tentativo di creare un link diretto ad una directory la
108 funzione restituisce l'errore \macro{EPERM}.
110 La rimozione di un file (o più precisamente della voce che lo referenzia
111 all'interno di una directory) si effettua con la funzione \func{unlink}; il
112 suo prototipo è il seguente:
113 \begin{prototype}{unistd.h}{int unlink(const char *pathname)}
114 Cancella il nome specificato dal pathname nella relativa directory e
115 decrementa il numero di riferimenti nel relativo inode. Nel caso di link
116 simbolico cancella il link simbolico; nel caso di socket, fifo o file di
117 dispositivo rimuove il nome, ma come per i file i processi che hanno aperto
118 uno di questi oggetti possono continuare ad utilizzarlo.
120 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
121 errore, nel qual caso il file non viene toccato. La variabile
122 \var{errno} viene settata secondo i seguenti codici di errore:
124 \item[\macro{EISDIR}] \var{pathname} si riferisce ad una directory
125 (valore specifico ritornato da Linux che non consente l'uso di
126 \var{unlink} con le directory, e non conforme allo standard POSIX, che
127 prescrive invece l'uso di \macro{EPERM} in caso l'operazione non sia
128 consentita o il processo non abbia privilegi sufficienti).
129 \item[\macro{EROFS}] \var{pathname} è su un filesystem montato in sola
131 \item[\macro{EISDIR}] \var{pathname} fa riferimento a una directory.
133 ed inoltre: \macro{EACCES}, \macro{EFAULT}, \macro{ENOENT}, \macro{ENOTDIR},
134 \macro{ENOMEM}, \macro{EROFS}, \macro{ELOOP}, \macro{EIO}.}
137 Per cancellare una voce in una directory è necessario avere il permesso di
138 scrittura su di essa (dato che si va a rimuovere una voce dal suo contenuto) e
139 il diritto di esecuzione sulla directory che la contiene (torneremo in
140 dettaglio sui permessi e gli attributi in \secref{sec:file_access_control}),
141 se inoltre lo \textit{sticky} bit è settato occorrerà anche essere proprietari
142 del file o proprietari della directory (o root, per cui nessuna delle
143 restrizioni è applicata).
145 Una delle caratteristiche di queste funzioni è che la creazione/rimozione
146 del nome dalla directory e l'incremento/decremento del numero di riferimenti
147 nell'inode devono essere effettuati in maniera atomica (si veda
148 \secref{sec:proc_atom_oper}) senza possibili interruzioni fra le due
149 operazioni. Per questo entrambe queste funzioni sono realizzate tramite una
152 Si ricordi infine che il file non viene eliminato dal disco fintanto che tutti
153 i riferimenti ad esso sono stati cancellati: solo quando il \textit{link
154 count} mantenuto nell'inode diventa zero lo spazio occupato viene rimosso. A
155 questo però si aggiunge un'altra condizione, e cioè che non ci siano processi
156 che abbiano detto file aperto.
158 Questa proprietà viene spesso usata per essere sicuri di non lasciare file
159 temporanei su disco in caso di crash dei programmi; la tecnica è quella di
160 aprire il file e chiamare \func{unlink} subito dopo, in questo modo il
161 contenuto del file è sempre disponibile all'interno del processo attraverso il
162 suo file descriptor (vedi \secref{sec:file_fd}) fintanto che il processo non
163 chiude il file, ma non ne resta traccia in nessuna directory, e lo spazio
164 occupato su disco viene immediatamente rilasciato alla conclusione del
165 processo (quando tutti i file vengono chiusi).
168 \subsection{Le funzioni \func{remove} e \func{rename}}
169 \label{sec:file_remove}
171 Al contrario di quanto avviene con altri unix in Linux non è possibile usare
172 \func{unlink} sulle directory; per cancellare una directory si può usare la
173 funzione \func{rmdir} (vedi \secref{sec:file_dir_creat_rem}), oppure la
174 funzione \func{remove}. Questa è la funzione prevista dallo standard ANSI C
175 per cancellare un file o una directory (e funziona anche per i sistemi che non
176 supportano i link diretti). Per i file è identica a \func{unlink} e per le
177 directory è identica a \func{rmdir}:
178 \begin{prototype}{stdio.h}{int remove(const char *pathname)}
179 Cancella un nome dal filesystem. Usa \func{unlink} per i file e
180 \func{rmdir} per le directory.
182 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
183 errore, nel qual caso il file non viene toccato. Per i codici di
184 errore vedi quanto riportato nelle descrizioni di \func{unlink} e
188 Per cambiare nome ad un file o a una directory (che devono comunque essere
189 nello stesso filesystem) si usa invece la funzione \func{rename},\footnote{la
190 funzione è definita dallo standard ANSI C solo per i file, POSIX estende la
191 funzione anche alle directory.} il cui prototipo è:
192 \begin{prototype}{stdio.h}
193 {int rename(const char *oldpath, const char *newpath)}
195 Rinomina \var{oldpath} in \var{newpath}, eseguendo se necessario lo
196 spostamento di un file fra directory diverse. Eventuali altri link diretti
197 allo stesso file non vengono influenzati.
199 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
200 errore, nel qual caso il file non viene toccato. La variabile
201 \var{errno} viene settata secondo i seguenti codici di errore:
203 \item[\macro{EISDIR}] \var{newpath} è una directory mentre \var{oldpath} non
205 \item[\macro{EXDEV}] \var{oldpath} e \var{newpath} non sono sullo stesso
207 \item[\macro{ENOTEMPTY}] \var{newpath} è una directory già esistente e non
209 \item[\macro{EBUSY}] o \var{oldpath} o \var{newpath} sono in uso da parte di
210 qualche processo (come directory di lavoro o come radice) o del sistema
212 \item[\macro{EINVAL}] \var{newpath} contiene un prefisso di \var{oldpath} o
213 più in generale si è cercato di creare una directory come sottodirectory
215 \item[\macro{ENOTDIR}] Uno dei componenti dei pathname non è una directory o
216 \var{oldpath} è una directory e \var{newpath} esiste e non è una
219 ed inoltre \macro{EACCESS}, \macro{EPERM}, \macro{EMLINK}, \macro{ENOENT},
220 \macro{ENOMEM}, \macro{EROFS}, \macro{ELOOP} e \macro{ENOSPC}.}
223 Il comportamento della funzione è diverso a seconda che si voglia rinominare
224 un file o una directory; se ci riferisce a un file allora \var{newpath}, se
225 esiste, non deve essere una directory (altrimenti si ha l'errore
226 \macro{EISDIR}). Nel caso \var{newpath} indichi un file esistente questo viene
227 cancellato e rimpiazzato (atomicamente).
229 Se \var{oldpath} è una directory allora \var{newpath}, se esiste, deve essere
230 una directory vuota, altrimenti si avranno gli errori \macro{ENOTDIR} (se non
231 è una directory) o \macro{ENOTEMPTY} (se non è vuota). Chiaramente
232 \var{newpath} non può contenere \var{oldpath} altrimenti si avrà un errore
235 Se \var{oldpath} si riferisce a un link simbolico questo sarà rinominato; se
236 \var{newpath} è un link simbolico verrà cancellato come qualunque altro file.
237 Infine qualora \var{oldpath} e \var{newpath} siano due nomi dello stesso file
238 lo standard POSIX prevede che la funzione non dia errore, e non faccia nulla,
239 lasciando entrambi i nomi; Linux segue questo standard, anche se, come fatto
240 notare dal manuale delle \textit{glibc}, il comportamento più ragionevole
241 sarebbe quello di cancellare \var{oldpath}.
243 Il vantaggio nell'uso di questa funzione al posto della chiamata successiva di
244 \func{link} e \func{unlink} è che l'operazione è eseguita atomicamente, non
245 può esistere cioè nessun istante in cui un altro processo può trovare attivi
246 entrambi i nomi dello stesso file, o, in caso di sostituzione di un file
247 esistente, non trovare quest'ultimo prima che la sostituzione sia stata
250 In ogni caso se \var{newpath} esiste e l'operazione fallisce per un qualche
251 motivo (come un crash del kernel), \func{rename} garantisce di lasciare
252 presente un'istanza di \var{newpath}. Tuttavia nella sovrascrittura potrà
253 esistere una finestra in cui sia \var{oldpath} che \var{newpath} fanno
254 riferimento allo stesso file.
257 \subsection{I link simbolici}
258 \label{sec:file_symlink}
260 Come abbiamo visto in \secref{sec:file_link} la funzione \func{link} crea
261 riferimenti agli inodes, pertanto può funzionare soltanto per file che
262 risiedono sullo stesso filesystem e solo per un filesystem di tipo Unix.
263 Inoltre abbiamo visto che in Linux non è consentito eseguire un link diretto
266 Per ovviare a queste limitazioni i sistemi Unix supportano un'altra forma di
267 link (i cosiddetti \textit{soft link} o \textit{symbolic link}), che sono,
268 come avviene in altri sistemi operativi, dei file speciali che contengono
269 semplicemente il riferimento ad un altro file (o directory). In questo modo è
270 possibile effettuare link anche attraverso filesystem diversi, a file posti in
271 filesystem che non supportano i link diretti, a delle directory, ed anche a
272 file che non esistono ancora.
274 Il sistema funziona in quanto i link simbolici sono contrassegnati come tali
275 al kernel (analogamente a quanto avviene per le directory) per cui per alcune
276 funzioni di libreria (come \func{open} o \func{stat}) dare come parametro un
277 link simbolico comporta l'applicazione della funzione al file da esso
278 specificato. La funzione che permette di creare un nuovo link simbolico è
279 \func{symlink}; il suo prototipo è:
280 \begin{prototype}{unistd.h}
281 {int symlink(const char *oldpath, const char *newpath)}
282 Crea un nuovo link simbolico di nome \param{newpath} il cui contenuto è
285 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
286 errore, nel qual caso la variabile \var{errno} restituisce i valori:
288 \item[\macro{EPERM}] il filesystem che contiene \param{newpath} non supporta
290 \item[\macro{ENOENT}] una componente di \param{newpath} non esiste o
291 \param{oldpath} è una stringa vuota.
292 \item[\macro{EEXIST}] esiste già un file \param{newpath}.
293 \item[\macro{EROFS}] \param{newpath} è su un filesystem montato in sola
296 ed inoltre \macro{EFAULT}, \macro{EACCES}, \macro{ENAMETOOLONG},
297 \macro{ENOTDIR}, \macro{ENOMEM}, \macro{ELOOP}, \macro{ENOSPC} e
301 Si tenga presente che la funzione non effettua nessun controllo sull'esistenza
302 di un file di nome \param{oldpath}, ma si limita ad inserire quella stringa
303 nel link simbolico. Pertanto un link simbolico può anche riferirsi ad un file
304 che non esiste: in questo caso si ha quello che viene chiamato un
305 \textit{dangling link}, letteralmente un \textsl{link ciondolante}.
307 Come accennato i link simbolici sono risolti automaticamente dal kernel
308 all'invocazione delle varie system call; in \ntab\ si è riportato un elenco
309 dei comportamenti delle varie funzioni di libreria che operano sui file nei
310 confronti della risoluzione dei link simbolici, specificando quali seguono il
311 link simbolico e quali invece possono operare direttamente sul suo contenuto.
315 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|}
317 \textbf{Funzione} & \textbf{Segue il link} & \textbf{Non segue il link} \\
320 \func{access} & $\bullet$ & \\
321 \func{chdir} & $\bullet$ & \\
322 \func{chmod} & $\bullet$ & \\
323 \func{chown} & & $\bullet$ \\
324 \func{creat} & $\bullet$ & \\
325 \func{exec} & $\bullet$ & \\
326 \func{lchown} & $\bullet$ & $\bullet$ \\
328 \func{lstat} & & $\bullet$ \\
329 \func{mkdir} & $\bullet$ & \\
330 \func{mkfifo} & $\bullet$ & \\
331 \func{mknod} & $\bullet$ & \\
332 \func{open} & $\bullet$ & \\
333 \func{opendir} & $\bullet$ & \\
334 \func{pathconf} & $\bullet$ & \\
335 \func{readlink} & & $\bullet$ \\
336 \func{remove} & & $\bullet$ \\
337 \func{rename} & & $\bullet$ \\
338 \func{stat} & $\bullet$ & \\
339 \func{truncate} & $\bullet$ & \\
340 \func{unlink} & & $\bullet$ \\
343 \caption{Uso dei link simbolici da parte di alcune funzioni.}
344 \label{tab:file_symb_effect}
347 Si noti che non si è specificato il comportamento delle funzioni che operano
348 con i file descriptor, in quanto la risoluzione del link simbolico viene in
349 genere effettuata dalla funzione che restituisce il file descriptor
350 (normalmente la \func{open}) e tutte le operazioni seguenti fanno riferimento
353 Dato che, come indicato in \tabref{tab:file_symb_effect}, funzioni come la
354 \func{open} seguono i link simbolici, occorrono funzioni apposite per accedere
355 alle informazioni del link invece che a quelle del file a cui esso fa
356 riferimento. Quando si vuole leggere il contenuto di un link simbolico si usa
357 la funzione \func{readlink}, il cui prototipo è:
358 \begin{prototype}{unistd.h}
359 {int readlink(const char *path, char *buff, size\_t size)}
360 Legge il contenuto del link simbolico indicato da \var{path} nel buffer
361 \var{buff} di dimensione \var{size}.
363 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di caratteri letti dentro
364 \var{buff} o -1 per un errore, nel qual caso la variabile
365 \var{errno} viene settata a:
367 \item[\macro{EINVAL}] \param{path} non è un link simbolico o \param{size}
370 ed inoltre \macro{ENOTDIR}, \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT},
371 \macro{EACCES}, \macro{ELOOP}, \macro{EIO}, \macro{EFAULT} e
375 La funzione apre il link simbolico, ne legge il contenuto, lo scrive nel
376 buffer, e lo richiude. Si tenga presente che la funzione non termina la
377 stringa con un carattere nullo e la tronca alla dimensione specificata da
378 \var{size} per evitare di sovrascrivere oltre le dimensioni del buffer.
383 \includegraphics[width=7cm]{img/link_loop}
384 \caption{Esempio di loop nel filesystem creato con un link simbolico.}
385 \label{fig:file_link_loop}
388 Un caso comune che si può avere con i link simbolici è la creazione dei
389 cosiddetti \textit{loop}. La situazione è illustrata in \curfig, che riporta
390 la struttura della directory \file{/boot}. Come si vede si è creato al suo
391 interno un link simbolico che punta di nuovo a \file{/boot}.\footnote{Questo
392 tipo di loop è stato effettuato per poter permettere a \cmd{grub} (un
393 bootloader in grado di leggere direttamente da vari filesystem il file da
394 lanciare come sistema operativo) di vedere i file in questa directory con lo
395 stesso path con cui verrebbero visti dal sistema operativo, anche se essi si
396 trovano, come è solito, su una partizione separata (e che \cmd{grub}
397 vedrebbe come radice).}
399 Questo può causare problemi per tutti quei programmi che effettuano la
400 scansione di una directory senza tener conto dei link simbolici, ad esempio se
401 lanciassimo un comando del tipo \code{grep -r linux *}, il loop nella
402 directory porterebbe il comando ad esaminare \file{/boot}, \file{/boot/boot},
403 \file{/boot/boot/boot} e così via.
405 Per questo motivo il kernel e le librerie prevedono che nella risoluzione di
406 un pathname possano essere seguiti un numero limitato di link simbolici, il
407 cui valore limite è specificato dalla costante \macro{MAXSYMLINKS}. Qualora
408 questo limite venga superato viene generato un errore ed \var{errno} viene
409 settata al valore \macro{ELOOP}.
411 Un punto da tenere sempre presente è che, come abbiamo accennato, un link
412 simbolico può fare riferimento anche ad un file che non esiste; ad esempio
413 possiamo creare un file temporaneo nella nostra directory con un link del
416 $ ln -s /tmp/tmp_file temporaneo
418 anche se \file{/tmp/tmp\_file} non esiste. Questo può generare confusione, in
419 quanto aprendo in scrittura \file{temporaneo} verrà creato
420 \file{/tmp/tmp\_file} e scritto; ma accedendo in sola lettura a
421 \file{temporaneo}, ad esempio con \cmd{cat}, otterremmo:
424 cat: temporaneo: No such file or directory
426 con un errore che può sembrare sbagliato, dato che un'ispezione con \cmd{ls}
427 ci mostrerebbe invece l'esistenza di \file{temporaneo}.
430 \subsection{La creazione e la cancellazione delle directory}
431 \label{sec:file_dir_creat_rem}
433 Per creare e cancellare delle directory si usano le due funzioni (omonime
434 degli analoghi comandi di shell) \func{mkdir} e \func{rmdir}. Per poter
435 accedere ai tipi usati da queste funzioni si deve includere il file
436 \file{sys/types.h}, il prototipo della prima è:
437 \begin{prototype}{sys/stat.h}
438 {int mkdir(const char *dirname, mode\_t mode)}
439 Crea una nuova directory vuota con il nome indicato da \var{dirname},
440 assegnandole i permessi indicati da \var{mode}. Il nome può essere indicato
441 con il pathname assoluto o relativo.
443 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
444 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
446 \item[\macro{EEXIST}] Un file (o una directory) con quel nome esiste di già.
447 \item[\macro{EACCESS}]
448 Non c'è il permesso di scrittura per la directory in cui si vuole inserire
450 \item[\macro{EMLINK}] La directory in cui si vuole creare la nuova directory
451 contiene troppi file. Sotto Linux questo normalmente non avviene perché il
452 filesystem standard consente la creazione di un numero di file maggiore di
453 quelli che possono essere contenuti nel disco, ma potendo avere a che
454 fare anche con filesystem di altri sistemi questo errore può presentarsi.
455 \item[\macro{ENOSPC}] Non c'è abbastanza spazio sul file system per creare
456 la nuova directory o si è esaurita la quota disco dell'utente.
458 ed inoltre anche \macro{EPERM}, \macro{EFAULT}, \macro{ENAMETOOLONG},
459 \macro{ENOENT}, \macro{ENOTDIR}, \macro{ENOMEM}, \macro{ELOOP},
463 La funzione crea una nuova directory vuota (che contiene solo le due voci
464 standard \file{.} e \file{..}). I permessi di accesso (vedi la trattazione in
465 \secref{sec:file_access_control}) specificati da \var{mode} (i cui possibili
466 valori sono riportati in \tabref{tab:file_permission_const}) sono modificati
467 dalla maschera di creazione dei file (si veda \secref{sec:file_umask}). La
468 titolarità della nuova directory è settata secondo quanto riportato in
469 \secref{sec:file_ownership}.
471 La seconda funzione serve ad eliminare una directory già vuota (la directory
472 deve cioè contenere soltanto le due voci standard \file{.} e \file{..}); il
474 \begin{prototype}{sys/stat.h}{int rmdir(const char *dirname)}
475 Cancella la directory \var{dirname}, che deve essere vuota. Il nome può
476 essere indicato con il pathname assoluto o relativo.
478 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
479 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
481 \item[\macro{EPERM}] Il filesystem non supporta la cancellazione di
482 directory, oppure la directory che contiene \var{dirname} ha lo sticky bit
483 settato e l'\textit{effective user id} del processo non corrisponde al
484 proprietario della directory.
485 \item[\macro{EACCESS}] Non c'è il permesso di scrittura per la directory che
486 contiene la directory che si vuole cancellare, o non c'è il permesso di
487 attraversare (esecuzione) una delle directory specificate in
489 \item[\macro{EBUSY}] La directory specificata è la directory di lavoro o la
490 radice di qualche processo.
491 \item[\macro{ENOTEMPTY}] La directory non è vuota.
493 ed inoltre anche \macro{EFAULT}, \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT},
494 \macro{ENOTDIR}, \macro{ENOMEM}, \macro{ELOOP}, \macro{EROFS}.}
497 La modalità con cui avviene la cancellazione è analoga a quella di
498 \func{unlink}: fintanto che il numero di link all'inode della directory non
499 diventa nullo e nessun processo ha la directory aperta lo spazio occupato su
500 disco non viene rilasciato. Se un processo ha la directory aperta la funzione
501 rimuove il link all'inode e nel caso sia l'ultimo, pure le voci standard
502 \file{.} e \file{..}, a questo punto il kernel non consentirà di creare più
503 nuovi file nella directory.
506 \subsection{La creazione di file speciali}
507 \label{sec:file_mknod}
509 Finora abbiamo parlato esclusivamente di file, directory e link simbolici; in
510 \secref{sec:file_file_types} abbiamo visto però che il sistema prevede pure
511 degli altri tipi di file speciali, come i file di dispositivo e le fifo (i
512 socket sono un caso a parte, che vedremo in \capref{cha:socket_intro}).
514 La manipolazione delle caratteristiche di questi file e la loro cancellazione
515 può essere effettuata con le stesse funzioni che operano sui file normali; ma
516 quando li si devono creare sono necessarie delle funzioni apposite. La prima
517 di queste funzioni è \func{mknod}, il suo prototipo è:
519 \headdecl{sys/types.h}
520 \headdecl{sys/stat.h}
523 \funcdecl{int mknod(const char *pathname, mode\_t mode, dev\_t dev)} Crea un
524 inode, si usa per creare i file speciali.
526 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
527 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
529 \item[\macro{EPERM}] Non si hanno privilegi sufficienti a creare l'inode, o
530 il filesystem su cui si è cercato di creare \func{pathname} non supporta
532 \item[\macro{EINVAL}] Il valore di \var{mode} non indica un file, una fifo o
534 \item[\macro{EEXIST}] \param{pathname} esiste già o è un link simbolico.
536 ed inoltre anche \macro{EFAULT}, \macro{EACCESS}, \macro{ENAMETOOLONG},
537 \macro{ENOENT}, \macro{ENOTDIR}, \macro{ENOMEM}, \macro{ELOOP},
538 \macro{ENOSPC}, \macro{EROFS}.}
541 La funzione permette di creare un file speciale, ma si può usare anche per
542 creare file normali e fifo; l'argomento \param{mode} specifica il tipo di file
543 che si vuole creare ed i relativi permessi, secondo i valori riportati in
544 \tabref{tab:file_mode_flags}, che vanno combinati con un OR binario. I
545 permessi sono comunque modificati nella maniera usuale dal valore di
546 \var{umask} (si veda \secref{sec:file_umask}).
548 Per il tipo di file può essere specificato solo uno fra: \macro{S\_IFREG} per
549 un file normale (che sarà creato vuoto), \macro{S\_IFBLK} per un device a
550 blocchi, \macro{S\_IFCHR} per un device a caratteri e \macro{S\_IFIFO} per una
551 fifo. Un valore diverso comporterà l'errore \macro{EINVAL}. Qualora si sia
552 specificato in \param{mode} un file di dispositivo, il valore di \param{dev}
553 viene usato per indicare a quale dispositivo si fa riferimento.
555 Solo l'amministratore può creare un file di dispositivo o un file regolare
556 usando questa funzione; ma in Linux\footnote{la funzione non è prevista dallo
557 standard POSIX, e deriva da SVr4, con appunto questa differenza e diversi
558 codici di errore.} l'uso per la creazione di una fifo è consentito anche
561 I nuovi inode creati con \func{mknod} apparterranno al proprietario e al
562 gruppo del processo che li ha creati, a meno che non si sia attivato il bit
563 \acr{sgid} per la directory o sia stata attivata la semantica BSD per il
564 filesystem (si veda \secref{sec:file_ownership}) in cui si va a creare
567 Per creare una fifo (un file speciale, su cui torneremo in dettaglio in
568 \secref{sec:ipc_named_pipe}) lo standard POSIX specifica l'uso della funzione
569 \func{mkfifo}, il cui prototipo è:
571 \headdecl{sys/types.h} \headdecl{sys/stat.h}
573 \funcdecl{int mkfifo(const char *pathname, mode\_t mode)} Crea una fifo.
575 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
576 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori \macro{EACCESS},
577 \macro{EEXIST}, \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT}, \macro{ENOSPC},
578 \macro{ENOTDIR} e \macro{EROFS}.}
580 \noindent come per \func{mknod} il file \param{pathname} non deve esistere
581 (neanche come link simbolico); al solito i permessi specificati da
582 \param{mode} vengono modificati dal valore di \var{umask}.
586 \subsection{Accesso alle directory}
587 \label{sec:file_dir_read}
589 Benché le directory siano oggetti del filesystem come tutti gli altri non ha
590 ovviamente senso aprirle come fossero dei file di dati. Può però essere utile
591 poterne leggere il contenuto ad esempio per fare la lista dei file che esse
592 contengono o ricerche sui medesimi. Solo il kernel può scrivere direttamente
593 in una directory (onde evitare inconsistenze all'interno del filesystem), i
594 processi devono creare i file usando le apposite funzioni.
596 Per accedere al contenuto delle directory si usano i cosiddetti
597 \textit{directory streams} (chiamati così per l'analogia con i file stream di
598 \capref{cha:files_std_interface}); la funzione \func{opendir} apre uno di
599 questi stream e la funzione \func{readdir} legge il contenuto della directory,
600 i cui elementi sono le \textit{directory entry} (da distinguersi da quelle
601 della cache di cui parlavamo in \secref{sec:file_vfs}) in un'opportuna
602 struttura \var{struct dirent}.
604 (NdA Il resto va scritto!!! É noioso e lo farò più avanti).
607 \subsection{La directory di lavoro}
608 \label{sec:file_work_dir}
610 A ciascun processo è associato ad una directory nel filesystem che è chiamata
611 directory corrente o directory di lavoro (\textit{current working directory})
612 che è quella a cui si fa riferimento quando un filename è espresso in forma
613 relativa, dove il ``relativa'' fa riferimento appunto a questa directory.
615 Quando un utente effettua il login questa directory viene settata alla
616 \textit{home directory} del suo account. Il comando \cmd{cd} della shell
617 consente di cambiarla a piacere, spostandosi da una directory ad un'altra, il
618 comando \cmd{pwd} la stampa sul terminale. Siccome la directory corrente
619 resta la stessa quando viene creato un processo figlio (vedi
620 \secref{sec:proc_fork}), la directory corrente della shell diventa anche la
621 directory corrente di qualunque comando da essa lanciato.
623 In genere il kernel tiene traccia per ciascun processo dell'inode della
624 directory di lavoro corrente, per ottenere il pathname occorre usare una
625 apposita funzione di libreria, \func{getcwd}, il cui prototipo è:
626 \begin{prototype}{unistd.h}{char *getcwd(char *buffer, size\_t size)}
627 Restituisce il filename completo della directory di lavoro corrente nella
628 stringa puntata da \var{buffer}, che deve essere precedentemente
629 allocata, per una dimensione massima di \var{size}.
631 \bodydesc{La funzione restituisce il puntatore \var{buffer} se riesce,
632 \macro{NULL} se fallisce, in quest'ultimo caso la variabile
633 \var{errno} è settata con i seguenti codici di errore:
635 \item[\macro{EINVAL}] L'argomento \var{size} è zero e \var{buffer} non
637 \item[\macro{ERANGE}] L'argomento \var{size} è più piccolo della
638 lunghezza del pathname.
639 \item[\macro{EACCESS}] Manca il permesso di lettura o di ricerca su uno dei
640 componenti del pathname (cioè su una delle directory superiori alla
645 Il buffer deve essere sufficientemente lungo da poter contenere il pathname
646 completo più lo zero di terminazione della stringa. Qualora esso ecceda le
647 dimensioni specificate con \var{size} la funzione restituisce un errore. Si
648 può anche specificare un puntatore nullo come \var{buffer},\footnote{questa è
649 un'estensione allo standard POSIX.1, supportata da Linux.} nel qual caso la
650 stringa sarà allocata automaticamente per una dimensione pari a \var{size}
651 qualora questa sia diversa da zero, o della lunghezza esatta del pathname
652 altrimenti. In questo caso ci si deve ricordare di disallocare la stringa una
653 volta cessato il suo utilizzo.
655 Di questa funzione esiste una versione \code{char *getwd(char *buffer)}
656 fatta per compatibilità all'indietro con BSD, che non consente di specificare
657 la dimensione del buffer; esso deve essere allocato in precedenza ed avere una
658 dimensione superiore a \macro{PATH\_MAX} (di solito 256 byte, vedi
659 \secref{sec:sys_limits}); il problema è che in Linux non esiste una dimensione
660 superiore per un pathname, per cui non è detto che il buffer sia sufficiente a
661 contenere il nome del file, e questa è la ragione principale per cui questa
662 funzione è deprecata.
664 Una seconda funzione simile è \code{char *get\_current\_dir\_name(void)} che è
665 sostanzialmente equivalente ad una \code{getcwd(NULL, 0)}, con la sola
666 differenza che essa ritorna il valore della variabile di ambiente \macro{PWD},
667 che essendo costruita dalla shell può contenere un pathname comprendente anche
668 dei link simbolici. Usando \func{getcwd} infatti, essendo il pathname ricavato
669 risalendo all'indietro l'albero della directory, si perderebbe traccia di ogni
670 passaggio attraverso eventuali link simbolici.
672 Per cambiare la directory di lavoro corrente si può usare la funzione
673 \func{chdir} (equivalente del comando di shell \cmd{cd}) il cui nome sta
674 appunto per \textit{change directory}, il suo prototipo è:
675 \begin{prototype}{unistd.h}{int chdir(const char *pathname)}
676 Cambia la directory di lavoro corrente in \param{pathname}.
678 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 per un errore,
679 nel qual caso \var{errno} viene settata a:
681 \item[\macro{ENOTDIR}] Non si è specificata una directory.
682 \item[\macro{EACCESS}] Manca il permesso di ricerca su uno dei componenti di
685 ed inoltre \macro{EFAULT}, \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT},
686 \macro{ENOMEM}, \macro{ELOOP} e \macro{EIO}.}
688 \noindent ed ovviamente \param{pathname} deve indicare una directory per la
689 quale si hanno i permessi di accesso.
691 Dato che anche le directory sono file, è possibile riferirsi ad esse anche
692 tramite il file descriptor, e non solo tramite il filename, per fare questo si
693 usa \func{fchdir}, il cui prototipo è:
694 \begin{prototype}{unistd.h}{int fchdir(int fd)}
695 Identica a \func{chdir}, ma usa il file descriptor \param{fd} invece del
698 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
699 errore, in caso di errore \var{errno} viene settata ai valori
700 \macro{EBADF} o \macro{EACCES}.}
702 \noindent anche in questo caso \param{fd} deve essere un file descriptor
703 valido che fa riferimento ad una directory. Inoltre l'unico errore di accesso
704 possibile (tutti gli altri sarebbero occorsi all'apertura di \func{fd}), è
705 quello in cui il processo non ha il permesso di accesso alla directory
706 specificata da \param{fd}.
710 \subsection{I file temporanei}
711 \label{sec:file_temp_file}
713 In molte occasioni è utile poter creare dei file temporanei; benché la cosa
714 sembri semplice in realtà il problema è più sottile di quanto non appaia a
715 prima vista. Infatti anche se sembrerebbe banale generare un nome a caso e
716 creare il file dopo aver controllato che questo non esista, nel momento fra il
717 controllo e la creazione si ha giusto lo spazio per una \textit{race
718 condition} (si ricordi quanto visto in \secref{sec:proc_race_cond}).
720 Le \acr{glibc} provvedono varie funzioni per generare nomi di file temporanei,
721 di cui si abbia certezza di unicità (al momento della generazione); la prima
722 di queste funzioni è \func{tmpnam} il cui prototipo è:
723 \begin{prototype}{stdio.h}{char *tmpnam(char *string)}
724 Restituisce il puntatore ad una stringa contente un nome di file valido e
725 non esistente al momento dell'invocazione.
727 \bodydesc{La funzione ritorna il puntatore alla stringa con il nome o
728 \macro{NULL} in caso di fallimento. Non sono definiti errori.}
730 \noindent se si è passato un puntatore \param{string} non nullo questo deve
731 essere di dimensione \macro{L\_tmpnam} (costante definita in \file{stdio.h},
732 come \macro{P\_tmpdir} e \macro{TMP\_MAX}) ed il nome generato vi verrà
733 copiato automaticamente; altrimenti il nome sarà generato in un buffer statico
734 interno che verrà sovrascritto ad una chiamata successiva. Successive
735 invocazioni della funzione continueranno a restituire nomi unici fino ad un
736 massimo di \macro{TMP\_MAX} volte. Al nome viene automaticamente aggiunto come
737 prefisso la directory specificata da \macro{P\_tmpdir}.
739 Di questa funzione esiste una versione rientrante, \func{tmpnam\_r}, che non
740 fa nulla quando si passa \macro{NULL} come parametro. Una funzione simile,
741 \func{tempnam}, permette di specificare un prefisso per il file
742 esplicitamente, il suo prototipo è:
743 \begin{prototype}{stdio.h}{char *tempnam(const char *dir, const char *pfx)}
744 Restituisce il puntatore ad una stringa contente un nome di file valido e
745 non esistente al momento dell'invocazione.
747 \bodydesc{La funzione ritorna il puntatore alla stringa con il nome o
748 \macro{NULL} in caso di fallimento, \var{errno} viene settata a
749 \macro{ENOMEM} qualora fallisca l'allocazione della stringa.}
752 La funzione alloca con \code{malloc} la stringa in cui restituisce il nome,
753 per cui è sempre rientrante, occorre però ricordarsi di disallocare il
754 puntatore che restituisce. L'argomento \param{pfx} specifica un prefisso di
755 massimo 5 caratteri per il nome provvisorio. La funzione assegna come
756 directory per il file temporaneo (verificando che esista e sia accessibili),
757 la prima valida delle seguenti:
759 \item La variabile di ambiente \macro{TMPNAME} (non ha effetto se non è
760 definita o se il programma chiamante è \acr{suid} o \acr{sgid}, vedi
761 \secref{sec:file_suid_sgid}).
762 \item il valore dell'argomento \param{dir} (se diverso da \macro{NULL}).
763 \item Il valore della costante \macro{P\_tmpdir}.
764 \item la directory \file{/tmp}.
767 In ogni caso, anche se la generazione del nome è casuale, ed è molto difficile
768 ottenere un nome duplicato, nulla assicura che un altro processo non possa
769 avere creato, fra l'ottenimento del nome e l'apertura del file, un altro file
770 con lo stesso nome; per questo motivo quando si usa il nome ottenuto da una di
771 queste funzioni occorre sempre aprire il nuovo file in modalità di esclusione
772 (cioè con l'opzione \macro{O\_EXCL} per i file descriptor o con il flag
773 \code{x} per gli stream) che fa fallire l'apertura in caso il file sia già
776 Per evitare di dovere effettuare a mano tutti questi controlli, lo standard
777 POSIX definisce la funzione \func{tempfile}, il cui prototipo è:
778 \begin{prototype}{stdio.h}{FILE *tmpfile (void)}
779 Restituisce un file temporaneo aperto in lettura/scrittura.
781 \bodydesc{La funzione ritorna il puntatore allo stream associato al file
782 temporaneo in caso di successo e \macro{NULL} in caso di errore, nel qual
783 caso \var{errno} viene settata a
785 \item[\macro{EINTR}] La funzione è stata interrotta da un segnale.
786 \item[\macro{EEXIST}] Non è stato possibile generare un nome univoco.
788 ed inoltre \macro{EFAULT}, \macro{EMFILE}, \macro{ENFILE}, \macro{ENOSPC},
789 \macro{EROFS} e \macro{EACCESS}.}
791 \noindent essa restituisce direttamente uno stream già aperto (in modalità
792 \code{r+b}, si veda \secref{sec:file_fopen}) e pronto per l'uso, che viene
793 automaticamente cancellato alla sua chiusura o all'uscita dal programma. Lo
794 standard non specifica in quale directory verrà aperto il file, ma le
795 \acr{glibc} prima tentano con \macro{P\_tmpdir} e poi con \file{/tmp}. Questa
796 funzione è rientrante e non soffre di problemi di \textit{race condition}.
798 Alcune versioni meno recenti di Unix non supportano queste funzioni; in questo
799 caso si possono usare le vecchie funzioni \func{mktemp} e \func{mkstemp} che
800 modificano una stringa di input che serve da modello e che deve essere
801 conclusa da 6 caratteri \code{X} che verranno sostituiti da un codice
802 unico. La prima delle due è analoga a \func{tmpnam} e genera un nome casuale,
804 \begin{prototype}{stlib.h}{char *mktemp(char *template)}
805 Genera un filename univoco sostituendo le \code{XXXXXX} finali di
808 \bodydesc{La funzione ritorna il puntatore \param{template} in caso di
809 successo e \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} viene
812 \item[\macro{EINVAL}] \param{template} non termina con \code{XXXXXX}.
815 \noindent dato che \param{template} deve poter essere modificata dalla
816 funzione non si può usare una stringa costante. Tutte le avvertenze riguardo
817 alle possibili \textit{race condition} date per \func{tmpnam} continuano a
818 valere; inoltre in alcune vecchie implementazioni il valore di usato per
819 sostituire le \code{XXXXXX} viene formato con il \acr{pid} del processo più
820 una lettera, il che mette a disposizione solo 26 possibilità diverse per il
821 nome del file, e rende il nome temporaneo facile da indovinare. Per tutti
822 questi motivi la funzione è deprecata e non dovrebbe mai essere usata.
826 La seconda funzione, \func{mkstemp} è sostanzialmente equivalente a
827 \func{tmpfile}, ma restituisce un file descriptor invece di uno stream; il suo
829 \begin{prototype}{stlib.h}{int mkstemp(char *template)}
830 Genera un file temporaneo con un nome ottenuto sostituendo le \code{XXXXXX}
831 finali di \param{template}.
833 \bodydesc{La funzione ritorna il file descriptor in caso successo e
834 -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} viene settata a:
836 \item[\macro{EINVAL}] \param{template} non termina con \code{XXXXXX}.
837 \item[\macro{EEXIST}] non è riuscita a creare un file temporano, il
838 contenuto di \param{template} è indefinito.
841 \noindent come per \func{mktemp} anche in questo caso \param{template} non può
842 essere una stringa costante. La funzione apre un file in lettura/scrittura con
843 la funzione \func{open}, usando l'opzione \macro{O\_EXCL} (si veda
844 \secref{sec:file_open}), in questo modo al ritorno della funzione si ha la
845 certezza di essere i soli utenti del file. I permessi sono settati al valore
846 \code{0600}\footnote{questo è vero a partire dalle \acr{glibc} 2.0.7, le
847 versioni precedenti delle \acr{glibc} e le vecchie \acr{libc5} e \acr{libc4}
848 usavano il valore \code{0666} che permetteva a chiunque di leggere i
849 contenuti del file.} (si veda \secref{sec:file_perm_overview}).
851 In OpenBSD è stata introdotta un'altra funzione\footnote{introdotta anche in
852 Linux a partire dalle \acr{glibc} 2.1.91.} simile alle precedenti,
853 \func{mkdtemp}, che crea una directory temporanea; il suo prototipo è:
854 \begin{prototype}{stlib.h}{char *mkdtemp(char *template)}
855 Genera una directory temporaneo il cui nome è ottenuto sostituendo le
856 \code{XXXXXX} finali di \param{template}.
858 \bodydesc{La funzione ritorna il puntatore al nome della directory in caso
859 successo e \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} viene
862 \item[\macro{EINVAL}] \param{template} non termina con \code{XXXXXX}.
864 più gli altri eventuali codici di errore di \func{mkdir}.}
866 \noindent la directory è creata con permessi \code{0700} (al solito si veda
867 \capref{cha:file_unix_interface} per i dettagli); dato che la creazione della
868 directory è sempre esclusiva i precedenti problemi di \textit{race condition}
872 \section{La manipolazione delle caratteristiche dei files}
873 \label{sec:file_infos}
875 Come spiegato in \secref{sec:file_filesystem} tutte le informazioni
876 generali relative alle caratteristiche di ciascun file, a partire dalle
877 informazioni relative al controllo di accesso, sono mantenute nell'inode.
879 Vedremo in questa sezione come sia possibile leggere tutte queste informazioni
880 usando la funzione \func{stat}, che permette l'accesso a tutti i dati
881 memorizzati nell'inode; esamineremo poi le varie funzioni usate per manipolare
882 tutte queste informazioni (eccetto quelle che riguardano la gestione del
883 controllo di accesso, trattate in in \secref{sec:file_access_control}).
886 \subsection{Le funzioni \func{stat}, \func{fstat} e \func{lstat}}
887 \label{sec:file_stat}
889 La lettura delle informazioni relative ai file è fatta attraverso la famiglia
890 delle funzioni \func{stat}; questa è la funzione che ad esempio usa il comando
891 \cmd{ls} per poter ottenere e mostrare tutti i dati dei files. I prototipi di
892 queste funzioni sono i seguenti:
894 \headdecl{sys/types.h}
895 \headdecl{sys/stat.h}
898 \funcdecl{int stat(const char *file\_name, struct stat *buf)} Legge le
899 informazione del file specificato da \var{file\_name} e le inserisce in
902 \funcdecl{int lstat(const char *file\_name, struct stat *buf)} Identica a
903 \func{stat} eccetto che se il \var{file\_name} è un link simbolico vengono
904 lette le informazioni relativa ad esso e non al file a cui fa riferimento.
906 \funcdecl{int fstat(int filedes, struct stat *buf)} Identica a \func{stat}
907 eccetto che si usa con un file aperto, specificato tramite il suo file
908 descriptor \var{filedes}.
910 \bodydesc{Le funzioni restituiscono zero in caso di successo e -1 per
911 un errore, in caso di errore \var{errno} può assumere uno dei
912 valori: \macro{EBADF}, \macro{ENOENT}, \macro{ENOTDIR},
913 \macro{ELOOP}, \macro{EFAULT}, \macro{EACCESS}, \macro{ENOMEM},
914 \macro{ENAMETOOLONG}.}
916 \noindent il loro comportamento è identico, solo che operano rispettivamente
917 su un file, su un link simbolico e su un file descriptor.
919 La struttura \var{stat} usata da queste funzioni è definita nell'header
920 \file{sys/stat.h} e in generale dipende dall'implementazione, la versione
921 usata da Linux è mostrata in \nfig, così come riportata dalla man page di
922 \func{stat} (in realtà la definizione effettivamente usata nel kernel dipende
923 dall'architettura e ha altri campi riservati per estensioni come tempi più
924 precisi, o per il padding dei campi).
929 \begin{minipage}[c]{15cm}
930 \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
932 dev_t st_dev; /* device */
933 ino_t st_ino; /* inode */
934 mode_t st_mode; /* protection */
935 nlink_t st_nlink; /* number of hard links */
936 uid_t st_uid; /* user ID of owner */
937 gid_t st_gid; /* group ID of owner */
938 dev_t st_rdev; /* device type (if inode device) */
939 off_t st_size; /* total size, in bytes */
940 unsigned long st_blksize; /* blocksize for filesystem I/O */
941 unsigned long st_blocks; /* number of blocks allocated */
942 time_t st_atime; /* time of last access */
943 time_t st_mtime; /* time of last modification */
944 time_t st_ctime; /* time of last change */
949 \caption{La struttura \var{stat} per la lettura delle informazioni dei
951 \label{fig:file_stat_struct}
954 Si noti come i vari membri della struttura siano specificati come tipi nativi
955 del sistema (di quelli definiti in \tabref{tab:xxx_sys_types}, e dichiarati in
959 \subsection{I tipi di file}
960 \label{sec:file_types}
962 Come riportato in \tabref{tab:file_file_types} in Linux oltre ai file e alle
963 directory esistono vari altri oggetti che possono stare su un filesystem. Il
964 tipo di file è ritornato dalla \func{stat} come maschera binaria nel campo
965 \var{st\_mode} (che che contiene anche le informazioni relative ai permessi).
967 Dato che il valore numerico può variare a seconda delle implementazioni, lo
968 standard POSIX definisce un insieme di macro per verificare il tipo di files,
969 queste vengono usate anche da Linux che supporta pure le estensioni allo
970 standard per i link simbolici e i socket definite da BSD; l'elenco completo
971 delle macro con cui è possibile estrarre l'informazione da \var{st\_mode} è
976 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
978 \textbf{Macro} & \textbf{Tipo del file} \\
981 \macro{S\_ISREG(m)} & file regolare \\
982 \macro{S\_ISDIR(m)} & directory \\
983 \macro{S\_ISCHR(m)} & device a caratteri \\
984 \macro{S\_ISBLK(m)} & device a blocchi\\
985 \macro{S\_ISFIFO(m)} & fifo \\
986 \macro{S\_ISLNK(m)} & link simbolico \\
987 \macro{S\_ISSOCK(m)} & socket \\
990 \caption{Macro per i tipi di file (definite in \texttt{sys/stat.h}).}
991 \label{tab:file_type_macro}
994 Oltre alle macro di \tabref{tab:file_type_macro} è possibile usare
995 direttamente il valore di \var{st\_mode} per ricavare il tipo di file
996 controllando direttamente i vari bit in esso memorizzati. Per questo sempre in
997 \file{sys/stat.h} sono definite le costanti numeriche riportate in \ntab.
999 Il primo valore dell'elenco di \secref{tab:file_mode_flags} è la maschera
1000 binaria che permette di estrarre i bit nei quali viene memorizzato il tipo di
1001 file, i valori successivi sono le costanti corrispondenti ai singoli bit, e
1002 possono essere usati per effettuare la selezione sul tipo di file voluto, con
1003 un'opportuna combinazione.
1008 \begin{tabular}[c]{|l|c|l|}
1010 \textbf{Flag} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
1013 \macro{S\_IFMT} & 0170000 & bitmask per i bit del tipo di file \\
1014 \macro{S\_IFSOCK} & 0140000 & socket \\
1015 \macro{S\_IFLNK} & 0120000 & link simbolico \\
1016 \macro{S\_IFREG} & 0100000 & file regolare \\
1017 \macro{S\_IFBLK} & 0060000 & device a blocchi \\
1018 \macro{S\_IFDIR} & 0040000 & directory \\
1019 \macro{S\_IFCHR} & 0020000 & device a caratteri \\
1020 \macro{S\_IFIFO} & 0010000 & fifo \\
1022 \macro{S\_ISUID} & 0004000 & set UID bit \\
1023 \macro{S\_ISGID} & 0002000 & set GID bit \\
1024 \macro{S\_ISVTX} & 0001000 & sticky bit \\
1026 % \macro{S\_IRWXU} & 00700 & bitmask per i permessi del proprietario \\
1027 \macro{S\_IRUSR} & 00400 & il proprietario ha permesso di lettura \\
1028 \macro{S\_IWUSR} & 00200 & il proprietario ha permesso di scrittura \\
1029 \macro{S\_IXUSR} & 00100 & il proprietario ha permesso di esecuzione\\
1031 % \macro{S\_IRWXG} & 00070 & bitmask per i permessi del gruppo \\
1032 \macro{S\_IRGRP} & 00040 & il gruppo ha permesso di lettura \\
1033 \macro{S\_IWGRP} & 00020 & il gruppo ha permesso di scrittura \\
1034 \macro{S\_IXGRP} & 00010 & il gruppo ha permesso di esecuzione \\
1036 % \macro{S\_IRWXO} & 00007 & bitmask per i permessi di tutti gli altri\\
1037 \macro{S\_IROTH} & 00004 & gli altri hanno permesso di lettura \\
1038 \macro{S\_IWOTH} & 00002 & gli altri hanno permesso di esecuzione \\
1039 \macro{S\_IXOTH} & 00001 & gli altri hanno permesso di esecuzione \\
1042 \caption{Costanti per l'identificazione dei vari bit che compongono il campo
1043 \var{st\_mode} (definite in \file{sys/stat.h}).}
1044 \label{tab:file_mode_flags}
1047 Ad esempio se si volesse impostare una condizione che permetta di controllare
1048 se un file è una directory o un file ordinario si potrebbe definire la macro
1050 \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
1051 #define IS_FILE_DIR(x) (((x) & S_IFMT) & (S_IFDIR | S_IFREG))
1053 in cui prima si estraggono da \var{st\_mode} i bit relativi al tipo di file e
1054 poi si effettua il confronto con la combinazione di tipi scelta.
1057 \subsection{Le dimensioni dei file}
1058 \label{sec:file_file_size}
1060 Il membro \var{st\_size} contiene la dimensione del file in byte (se il file è
1061 un file normale, nel caso di un link simbolico la dimensione è quella del
1062 pathname che contiene).
1064 Il campo \var{st\_blocks} definisce la lunghezza del file in blocchi di 512
1065 byte. Il campo \var{st\_blksize} infine definisce la dimensione preferita per
1066 i trasferimenti sui file (che è la dimensione usata anche dalle librerie del C
1067 per l'interfaccia degli stream); scrivere sul file a blocchi di dati di
1068 dimensione inferiore sarebbe inefficiente.
1070 Si tenga conto che la lunghezza del file riportata in \var{st\_size} non è
1071 detto che corrisponda all'occupazione dello spazio su disco per via della
1072 possibile esistenza dei cosiddetti \textit{holes} (letteralmente
1073 \textsl{buchi}) che si formano tutte le volte che si va a scrivere su un file
1074 dopo aver eseguito una \func{lseek} (vedi \secref{sec:file_lseek}) oltre la
1077 In questo caso si avranno risultati differenti a seconda del modo in cui si
1078 calcola la lunghezza del file, ad esempio il comando \cmd{du}, (che riporta il
1079 numero di blocchi occupati) potrà dare una dimensione inferiore, mentre se si
1080 legge dal file (ad esempio usando il comando \cmd{wc -c}), dato che in tal
1081 caso per le parti non scritte vengono restituiti degli zeri, si avrà lo stesso
1082 risultato di \cmd{ls}.
1084 Se è sempre possibile allargare un file, scrivendoci sopra od usando la
1085 funzione \func{lseek} per spostarsi oltre la sua fine, esistono anche casi in
1086 cui si può avere bisogno di effettuare un troncamento, scartando i dati
1087 presenti al di là della dimensione scelta come nuova fine del file.
1089 Un file può sempre essere troncato a zero aprendolo con il flag
1090 \macro{O\_TRUNC}, ma questo è un caso particolare; per qualunque altra
1091 dimensione si possono usare le due funzioni \func{truncate} e
1092 \func{ftruncate}, i cui prototipi sono:
1094 \headdecl{unistd.h} \funcdecl{int truncate(const char *file\_name, off\_t
1095 length)} Fa si che la dimensione del file \var{file\_name} sia troncata ad
1096 un valore massimo specificato da \var{lenght}.
1098 \funcdecl{int ftruncate(int fd, off\_t length))} Identica a \func{truncate}
1099 eccetto che si usa con un file aperto, specificato tramite il suo file
1100 descriptor \var{fd}.
1102 \bodydesc{Le funzioni restituiscono zero in caso di successo e -1 per
1103 un errore, nel qual caso \var{errno} viene settato opportunamente;
1104 per \func{ftruncate} si hanno i valori:
1106 \item[\macro{EBADF}] \var{fd} non è un file descriptor.
1107 \item[\macro{EINVAL}] \var{fd} è un riferimento ad un socket, non a un file
1108 o non è aperto in scrittura.
1110 per \func{truncate} si hanno:
1112 \item[\macro{EACCES}] il file non ha permesso di scrittura o non si ha il
1113 permesso di esecuzione una delle directory del pathname.
1114 \item[\macro{ETXTBSY}] Il file è un programma in esecuzione.
1116 ed anche \macro{ENOTDIR}, \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT},
1117 \macro{EROFS}, \macro{EIO}, \macro{EFAULT}, \macro{ELOOP}.}
1120 Se il file è più lungo della lunghezza specificata i dati in eccesso saranno
1121 perduti; il comportamento in caso di lunghezza inferiore non è specificato e
1122 dipende dall'implementazione: il file può essere lasciato invariato o esteso
1123 fino alla lunghezza scelta; in quest'ultimo caso lo spazio viene riempito con
1124 zeri (e in genere si ha la creazione di un \textit{hole} nel file).
1127 \subsection{I tempi dei file}
1128 \label{sec:file_file_times}
1130 Il sistema mantiene per ciascun file tre tempi. Questi sono registrati
1131 nell'inode insieme agli altri attributi del file e possono essere letti
1132 tramite la funzione \func{stat}, che li restituisce attraverso tre campi della
1133 struttura \var{stat} di \figref{fig:file_stat_struct}. Il significato di detti
1134 tempi e dei relativi campi è riportato nello schema in \ntab, dove si è anche
1135 riportato un esempio delle funzioni che effettuano cambiamenti su di essi.
1140 \begin{tabular}[c]{|c|l|l|c|}
1142 \textbf{Membro} & \textbf{Significato} & \textbf{Funzione}
1143 & \textbf{Opzione di \cmd{ls}} \\
1146 \var{st\_atime}& ultimo accesso ai dati del file &\func{read},
1147 \func{utime} & \cmd{-u}\\
1148 \var{st\_mtime}& ultima modifica ai dati del file &\func{write},
1149 \func{utime} & default\\
1150 \var{st\_ctime}& ultima modifica ai dati dell'inode&\func{chmod},
1151 \func{utime} & \cmd{-c} \\
1154 \caption{I tre tempi associati a ciascun file.}
1155 \label{tab:file_file_times}
1158 Il primo punto da tenere presente è la differenza fra il cosiddetto tempo di
1159 modifica (il \textit{modification time} \var{st\_mtime}) e il tempo di
1160 cambiamento di stato (il \textit{change time} \var{st\_ctime}). Il primo
1161 infatti fa riferimento ad una modifica del contenuto di un file, mentre il
1162 secondo ad una modifica dell'inode; siccome esistono molte operazioni (come la
1163 funzione \func{link} e molte altre che vedremo in seguito) che modificano solo
1164 le informazioni contenute nell'inode senza toccare il file, diventa necessario
1165 l'utilizzo di un altro tempo.
1167 Il sistema non tiene conto dell'ultimo accesso all'inode, pertanto funzioni
1168 come \func{access} o \func{stat} non hanno alcuna influenza sui tre tempi. Il
1169 tempo di ultimo accesso (ai dati) viene di solito usato per cancellare i file
1170 che non servono più dopo un certo lasso di tempo (ad esempio \cmd{leafnode}
1171 cancella i vecchi articoli sulla base di questo tempo).
1173 Il tempo di ultima modifica invece viene usato da \cmd{make} per decidere
1174 quali file necessitano di essere ricompilati o (talvolta insieme anche al
1175 tempo di cambiamento di stato) per decidere quali file devono essere
1176 archiviati per il backup. Il comando \cmd{ls} (quando usato con le opzioni
1177 \cmd{-l} o \cmd{-t}) mostra i tempi dei file secondo lo schema riportato
1178 nell'ultima colonna di \curtab.
1180 L'effetto delle varie funzioni di manipolazione dei file sui tempi è
1181 illustrato in \ntab. Si sono riportati gli effetti sia per il file a cui si fa
1182 riferimento, sia per la directory che lo contiene; questi ultimi possono
1183 essere capiti se si tiene conto di quanto già detto, e cioè che anche le
1184 directory sono file (che contengono una lista di nomi) che il sistema tratta
1185 in maniera del tutto analoga a tutti gli altri.
1187 Per questo motivo tutte le volte che compiremo un'operazione su un file che
1188 comporta una modifica del nome contenuto nella directory, andremo anche a
1189 scrivere sulla directory che lo contiene cambiandone il tempo di modifica. Un
1190 esempio di questo può essere la cancellazione di un file, invece leggere o
1191 scrivere o cambiare i permessi di un file ha effetti solo sui tempi di
1197 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c|c|c|c|l|}
1199 \multicolumn{1}{|p{3cm}|}{\centering{\vspace{6pt}\textbf{Funzione}}} &
1200 \multicolumn{3}{|p{3.6cm}|}{\centering{
1201 \textbf{File o directory del riferimento}}}&
1202 \multicolumn{3}{|p{3.6cm}|}{\centering{
1203 \textbf{Directory contenente il riferimento}}}
1204 &\multicolumn{1}{|p{3.6cm}|}{\centering{\vspace{6pt}\textbf{Note}}} \\
1207 \multicolumn{1}{|p{3cm}|}{}
1208 &\multicolumn{1}{|p{.9cm}|}{\centering{\textsl{(a)}}}
1209 &\multicolumn{1}{|p{.9cm}|}{\centering{\textsl{(m)}}}
1210 &\multicolumn{1}{|p{.9cm}|}{\centering{\textsl{(c)}}}
1211 &\multicolumn{1}{|p{.9cm}|}{\centering{\textsl{(a)}}}
1212 &\multicolumn{1}{|p{.9cm}|}{\centering{\textsl{(m)}}}
1213 &\multicolumn{1}{|p{.9cm}|}{\centering{\textsl{(c)}}}
1214 &\multicolumn{1}{|p{3cm}|}{} \\
1217 \func{chmod}, \func{fchmod}
1218 & & &$\bullet$& & & & \\
1219 \func{chown}, \func{fchown}
1220 & & &$\bullet$& & & & \\
1222 &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$& &$\bullet$&$\bullet$& con
1223 \macro{O\_CREATE} \\ \func{creat}
1224 & &$\bullet$&$\bullet$& &$\bullet$&$\bullet$&
1225 con \macro{O\_TRUNC} \\ \func{exec}
1226 &$\bullet$& & & & & & \\
1228 & & &$\bullet$& & & & \\
1230 & & &$\bullet$& &$\bullet$&$\bullet$& \\
1232 &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$& &$\bullet$&$\bullet$& \\
1234 &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$& &$\bullet$&$\bullet$& \\
1236 &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$& &$\bullet$&$\bullet$& con
1237 \macro{O\_CREATE} \\ \func{open}
1238 & &$\bullet$&$\bullet$& & & & con
1239 \macro{O\_TRUNC} \\ \func{pipe}
1240 &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$& & & & \\
1242 &$\bullet$& & & & & & \\
1244 & & &$\bullet$& &$\bullet$&$\bullet$& se esegue
1245 \func{unlink}\\ \func{remove}
1246 & & & & &$\bullet$&$\bullet$& se esegue
1247 \func{rmdir}\\ \func{rename}
1248 & & &$\bullet$& &$\bullet$&$\bullet$& per entrambi
1249 gli argomenti\\ \func{rmdir}
1250 & & & & &$\bullet$&$\bullet$& \\
1251 \func{truncate}, \func{ftruncate}
1252 & &$\bullet$&$\bullet$& & & & \\
1254 & & &$\bullet$& &$\bullet$&$\bullet$& \\
1256 &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$& & & & \\
1258 & &$\bullet$&$\bullet$& & & & \\
1261 \caption{Prospetto dei cambiamenti effettuati sui tempi di ultimo
1262 accesso \textsl{(a)}, ultima modifica \textsl{(m)} e ultimo cambiamento
1263 \textsl{(c)} dalle varie funzioni operanti su file e directory.}
1264 \label{tab:file_times_effects}
1267 Si noti infine come \var{st\_ctime} non abbia nulla a che fare con il tempo di
1268 creazione del file, usato in molti altri sistemi operativi, ma che in Unix non
1269 esiste. Per questo motivo quando si copia un file, a meno di preservare
1270 esplicitamente i tempi (ad esempio con l'opzione \cmd{-p} di \cmd{cp}) esso
1271 avrà sempre il tempo corrente come data di ultima modifica.
1274 \subsection{La funzione \func{utime}}
1275 \label{sec:file_utime}
1277 I tempi di ultimo accesso e modifica possono essere cambiati usando la
1278 funzione \func{utime}, il cui prototipo è:
1279 \begin{prototype}{utime.h}
1280 {int utime(const char *filename, struct utimbuf *times)}
1282 Cambia i tempi di ultimo accesso e modifica dell'inode specificato da
1283 \param{filename} secondo i campi \var{actime} e \var{modtime} di
1284 \param{times}. Se questa è \macro{NULL} allora viene usato il tempo corrente.
1286 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 in caso
1287 di errore, nel qual caso \var{errno} è settata opportunamente.
1289 \item[\macro{EACCESS}] non si ha il permesso di scrittura sul file.
1290 \item[\macro{ENOENT}] \param{filename} non esiste.
1294 La struttura \var{utimebuf} usata da \func{utime} è definita come:
1295 \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
1297 time_t actime; /* access time */
1298 time_t modtime; /* modification time */
1302 L'effetto della funzione e i privilegi necessari per eseguirla dipendono da
1303 cosa è l'argomento \param{times}; se è \macro{NULL} la funzione setta il tempo
1304 corrente ed è sufficiente avere accesso in scrittura al file; se invece si è
1305 specificato un valore la funzione avrà successo solo se si è proprietari del
1306 file (o si hanno i privilegi di amministratore).
1308 Si tenga presente che non è comunque possibile specificare il tempo di
1309 cambiamento di stato del file, che viene comunque cambiato dal kernel tutte le
1310 volte che si modifica l'inode (quindi anche alla chiamata di \func{utime}).
1311 Questo serve anche come misura di sicurezza per evitare che si possa
1312 modificare un file nascondendo completamente le proprie tracce. In realtà la
1313 cosa resta possibile, se si è in grado di accedere al device, scrivendo
1314 direttamente sul disco senza passare attraverso il filesystem, ma ovviamente
1315 in questo modo la cosa è molto più complicata da realizzare.
1319 \section{Il controllo di accesso ai file}
1320 \label{sec:file_access_control}
1322 Una delle caratteristiche fondamentali di tutti i sistemi unix-like è quella
1323 del controllo di accesso ai file, che viene implementato per qualunque
1324 filesystem standard. In questa sezione ne esamineremo i concetti essenziali e
1325 le funzioni usate per gestirne i vari aspetti.
1328 \subsection{I permessi per l'accesso ai file}
1329 \label{sec:file_perm_overview}
1331 Ad ogni file Linux associa sempre l'utente che ne è proprietario (il
1332 cosiddetto \textit{owner}) ed un gruppo di appartenenza, secondo il meccanismo
1333 degli identificatori di utenti e gruppi (\acr{uid} e \acr{gid}). Questi valori
1334 sono accessibili da programma tramite la funzione \func{stat}, e sono
1335 mantenuti nei campi \var{st\_uid} e \var{st\_gid} della struttura \var{stat}
1336 (si veda \secref{sec:file_stat}).\footnote{Questo è vero solo per filesystem
1337 di tipo Unix, ad esempio non è vero per il filesystem vfat di Windows, che
1338 non fornisce nessun supporto per l'accesso multiutente, e per il quale i
1339 permessi vengono assegnati in maniera fissa con un opzione in fase di
1342 Il controllo di accesso ai file segue un modello abbastanza semplice che
1343 prevede tre permessi fondamentali strutturati su tre livelli di accesso.
1344 Esistono varie estensioni a questo modello,\footnote{come le \textit{Access
1345 Control List} che possono essere aggiunte al filesystem standard con
1346 opportune patch, e sono presenti in filesystem non ancora inclusi nel kernel
1347 ufficiale come \textsl{xfs}, o meccanismi di controllo ancora più
1348 sofisticati come il \textit{mandatory access control} di SE-Linux.} ma nella
1349 maggior parte dei casi il meccanismo standard è più che sufficiente a
1350 soffisfare tutte le necessità più comuni. I tre permessi di base associati ad
1353 \item il permesso di lettura (indicato con la lettera \texttt{r}, dall'inglese
1355 \item il permesso di scrittura (indicato con la lettera \texttt{w},
1356 dall'inglese \textit{write}).
1357 \item il permesso di esecuzione (indicato con la lettera \texttt{x},
1358 dall'inglese \textit{execute}).
1360 mentre i tre livelli su cui sono divisi i privilegi sono:
1362 \item i privilegi per l'utente proprietario del file.
1363 \item i privilegi per un qualunque utente faccia parte del gruppo cui
1365 \item i privilegi per tutti gli altri utenti.
1368 L'insieme dei permessi viene espresso con un numero a 12 bit; di questi i nove
1369 meno significativi sono usati a gruppi di tre per indicare i permessi base di
1370 lettura, scrittura ed esecuzione e sono applicati rispettivamente
1371 rispettivamente al proprietario, al gruppo, a tutti gli altri.
1373 I restanti tre bit (noti come \acr{suid}, \acr{sgid}, e \textsl{sticky}) sono
1374 usati per indicare alcune caratteristiche più complesse del meccanismo del
1375 controllo di accesso su cui torneremo in seguito (in
1376 \secref{sec:file_suid_sgid} e \secref{sec:file_sticky}).
1378 Anche i permessi, come tutte le altre informazioni pertinenti al file, sono
1379 memorizzati nell'inode; in particolare essi sono contenuti in alcuni bit del
1380 campo \var{st\_mode} della struttura \func{stat} (si veda di nuovo
1381 \figref{fig:file_stat_struct}).
1383 In genere ci si riferisce ai tre livelli dei privilegi usando le lettere
1384 \cmd{u} (per \textit{user}), \cmd{g} (per \textit{group}) e \cmd{o} (per
1385 \textit{other}), inoltre se si vuole indicare tutti i raggruppamenti insieme
1386 si usa la lettera \cmd{a} (per \textit{all}). Si tenga ben presente questa
1387 distinzione dato che in certi casi, mutuando la terminologia in uso nel VMS,
1388 si parla dei permessi base come di permessi per \textit{owner}, \textit{group}
1389 ed \textit{all}, le cui iniziali possono dar luogo a confusione. Le costanti
1390 che permettono di accedere al valore numerico di questi bit nel campo
1391 \var{st\_mode} sono riportate in \ntab.
1396 \begin{tabular}[c]{|c|l|}
1398 \textbf{\var{st\_mode}} bit & \textbf{Significato} \\
1401 \macro{S\_IRUSR} & \textit{user-read}, l'utente può leggere \\
1402 \macro{S\_IWUSR} & \textit{user-write}, l'utente può scrivere \\
1403 \macro{S\_IXUSR} & \textit{user-execute}, l'utente può eseguire \\
1405 \macro{S\_IRGRP} & \textit{group-read}, il gruppo può leggere \\
1406 \macro{S\_IWGRP} & \textit{group-write}, il gruppo può scrivere \\
1407 \macro{S\_IXGRP} & \textit{group-execute}, il gruppo può eseguire\\
1409 \macro{S\_IROTH} & \textit{other-read}, tutti possono leggere \\
1410 \macro{S\_IWOTH} & \textit{other-write}, tutti possono scrivere \\
1411 \macro{S\_IXOTH} & \textit{other-execute}, tutti possono eseguire\\
1414 \caption{I bit dei permessi di accesso ai file, come definiti in
1415 \texttt{<sys/stat.h>}}
1416 \label{tab:file_bit_perm}
1419 I permessi vengono usati in maniera diversa dalle varie funzioni, e a seconda
1420 che si riferiscano a dei file, dei link simbolici o delle directory, qui ci
1421 limiteremo ad un riassunto delle regole generali, entrando nei dettagli più
1424 La prima regola è che per poter accedere ad un file attraverso il suo pathname
1425 occorre il permesso di esecuzione in ciascuna delle directory che compongono
1426 il pathname; lo stesso vale per aprire un file nella directory corrente (per
1427 la quale appunto serve il diritto di esecuzione).
1429 Per una directory infatti il permesso di esecuzione significa che essa può
1430 essere attraversata nella risoluzione del pathname, ed è distinto dal permesso
1431 di lettura che invece implica che si può leggere il contenuto della directory.
1432 Questo significa che se si ha il permesso di esecuzione senza permesso di
1433 lettura si potrà lo stesso aprire un file in una directory (se si hanno i
1434 permessi opportuni per il medesimo) ma non si potrà vederlo con \cmd{ls}
1435 (mentre per crearlo occorrerà anche il permesso di scrittura per la
1438 Avere il permesso di lettura per un file consente di aprirlo con le opzioni
1439 (si veda quanto riportato in \tabref{tab:file_open_flags}) di sola lettura o
1440 di lettura/scrittura e leggerne il contenuto. Avere il permesso di scrittura
1441 consente di aprire un file in sola scrittura o lettura/scrittura e modificarne
1442 il contenuto, lo stesso permesso è necessario per poter troncare il file.
1444 Non si può creare un file fintanto che non si disponga del permesso di
1445 esecuzione e di quello di scrittura per la directory di destinazione; gli
1446 stessi permessi occorrono per cancellare un file da una directory (si ricordi
1447 che questo non implica necessariamente la rimozione del contenuto del file dal
1448 disco), non è necessario nessun tipo di permesso per il file stesso (infatti
1449 esso non viene toccato, viene solo modificato il contenuto della directory,
1450 rimuovendo la voce che ad esso fa riferimento).
1452 Per poter eseguire un file (che sia un programma compilato od uno script di
1453 shell, od un altro tipo di file eseguibile riconosciuto dal kernel), occorre
1454 avere il permesso di esecuzione, inoltre solo i file regolari possono essere
1457 I permessi per un link simbolico sono ignorati, contano quelli del file a cui
1458 fa riferimento; per questo in genere il comando \cmd{ls} riporta per un link
1459 simbolico tutti i permessi come concessi; utente e gruppo a cui esso
1460 appartiene vengono pure ignorati quando il link viene risolto, vengono
1461 controllati solo quando viene richiesta la rimozione del link e quest'ultimo è
1462 in una directory con lo \textsl{sticky bit} settato (si veda
1463 \secref{sec:file_sticky}).
1465 La procedura con cui il kernel stabilisce se un processo possiede un certo
1466 permesso (di lettura, scrittura o esecuzione) si basa sul confronto fra
1467 l'utente e il gruppo a cui il file appartiene (i valori di \var{st\_uid} e
1468 \var{st\_gid} accennati in precedenza) e l'\textit{effective user id},
1469 l'\textit{effective group id} e gli eventuali \textit{supplementary group id}
1470 del processo.\footnote{in realtà Linux per quanto riguarda l'accesso ai file
1471 utilizza al posto degli \textit{effective id} i \textit{filesystem id} (si
1472 veda \secref{sec:proc_perms}), ma essendo questi del tutto equivalenti ai
1473 primi, eccetto il caso in cui si voglia scrivere un server NFS, ignoreremo
1476 Per una spiegazione dettagliata degli identificatori associati ai processi si
1477 veda \secref{sec:proc_perms}; normalmente, a parte quanto vedremo in
1478 \secref{sec:file_suid_sgid}, l'\textit{effective user id} e
1479 l'\textit{effective group id} corrispondono a \acr{uid} e \acr{gid}
1480 dell'utente che ha lanciato il processo, mentre i \textit{supplementary group
1481 id} sono quelli dei gruppi cui l'utente appartiene.
1483 I passi attraverso i quali viene stabilito se il processo possiede il diritto
1484 di accesso sono i seguenti:
1486 \item Se l'\textit{effective user id} del processo è zero (corrispondente
1487 all'amministratore) l'accesso è sempre garantito senza nessun ulteriore
1488 controllo. Per questo motivo \textsl{root} ha piena libertà di accesso a
1490 \item Se l'\textit{effective user id} del processo è uguale all'\acr{uid} del
1491 proprietario del file (nel qual caso si dice che il processo è proprietario
1494 \item se il relativo\footnote{per relativo si intende il bit di user-read se
1495 il processo vuole accedere in scrittura, quello di user-write per
1496 l'accesso in scrittura, etc.} bit dei permessi d'accesso dell'utente è
1497 settato, l'accesso è consentito
1498 \item altrimenti l'accesso è negato
1500 \item Se l'\textit{effective group id} del processo o uno dei
1501 \textit{supplementary group id} dei processi corrispondono al \acr{gid} del
1504 \item se il bit dei permessi d'accesso del gruppo è settato, l'accesso è
1506 \item altrimenti l'accesso è negato
1508 \item se il bit dei permessi d'accesso per tutti gli altri è settato,
1509 l'accesso è consentito, altrimenti l'accesso è negato.
1512 Si tenga presente che questi passi vengono eseguiti esattamente in
1513 quest'ordine. Questo vuol dire che se un processo è il proprietario di un file
1514 l'accesso è consentito o negato solo sulla base dei permessi per l'utente; i
1515 permessi per il gruppo non vengono neanche controllati. Lo stesso vale se il
1516 processo appartiene ad un gruppo appropriato, in questo caso i permessi per
1517 tutti gli altri non vengono controllati.
1520 \subsection{I bit \acr{suid} e \acr{sgid}}
1521 \label{sec:file_suid_sgid}
1523 Come si è accennato (in \secref{sec:file_perm_overview}) nei dodici bit del
1524 campo \var{st\_mode} di \var{stat} che vengono usati per il controllo di
1525 accesso oltre ai bit dei permessi veri e propri, ci sono altri tre bit che
1526 vengono usati per indicare alcune proprietà speciali dei file. Due di questi
1527 sono i bit detti \acr{suid} (da \textit{set-user-ID bit}) e \acr{sgid} (da
1528 \textit{set-group-ID bit}) che sono identificati dalle costanti
1529 \macro{S\_ISUID} e \macro{S\_ISGID}.
1531 Come spiegato in dettaglio in \secref{sec:proc_exec}, quando si lancia un
1532 programma il comportamento normale del kernel è quello di settare
1533 l'\textit{effective user id} e l'\textit{effective group id} del nuovo
1534 processo all'\acr{uid} e al \acr{gid} del processo corrente, che normalmente
1535 corrispondono dell'utente con cui si è entrati nel sistema.
1537 Se però il file del programma\footnote{per motivi di sicurezza il kernel
1538 ignora i bit \acr{suid} e \acr{sgid} per gli script eseguibili.} (che
1539 ovviamente deve essere eseguibile) ha il bit \acr{suid} settato, il kernel
1540 assegnerà come \textit{effective user id} al nuovo processo l'\acr{uid} del
1541 proprietario del file al posto dell'\acr{uid} del processo originario. Avere
1542 il bit \acr{sgid} settato ha lo stesso effetto sull'\textit{effective group
1545 I bit \acr{suid} e \acr{sgid} vengono usati per permettere agli utenti normali
1546 di usare programmi che abbisognano di privilegi speciali; l'esempio classico è
1547 il comando \cmd{passwd} che ha la necessità di modificare il file delle
1548 password, quest'ultimo ovviamente può essere scritto solo dall'amministratore,
1549 ma non è necessario chiamare l'amministratore per cambiare la propria
1550 password. Infatti il comando \cmd{passwd} appartiene a root ma ha il bit
1551 \acr{suid} settato per cui quando viene lanciato da un utente normale parte
1552 con i privilegi di root.
1554 Chiaramente avere un processo che ha privilegi superiori a quelli che avrebbe
1555 normalmente l'utente che lo ha lanciato comporta vari rischi, e questo tipo di
1556 programmi devono essere scritti accuratamente per evitare che possano essere
1557 usati per guadagnare privilegi non consentiti (l'argomento è affrontato in
1558 dettaglio in \secref{sec:proc_perms}).
1560 La presenza dei bit \acr{suid} e \acr{sgid} su un file può essere rilevata con
1561 il comando \cmd{ls -l}, che visualizza una lettera \cmd{s} al posto della
1562 \cmd{x} in corrispondenza dei permessi di utente o gruppo. La stessa lettera
1563 \cmd{s} può essere usata nel comando \cmd{chmod} per settare questi bit.
1564 Infine questi bit possono essere controllati all'interno di \var{st\_mode} con
1565 l'uso delle due costanti \macro{S\_ISUID} e \macro{S\_IGID}, i cui valori sono
1566 riportati in \tabref{tab:file_mode_flags}.
1568 Gli stessi bit vengono ad assumere in significato completamente diverso per le
1569 directory, normalmente infatti Linux usa la convenzione di SVR4 per indicare
1570 con questi bit l'uso della semantica BSD nella creazione di nuovi file (si
1571 veda \secref{sec:file_ownership} per una spiegazione dettagliata al
1574 Infine Linux utilizza il bit \acr{sgid} per una ulteriore estensione mutuata
1575 da SVr4. Il caso in cui un file ha il bit \acr{sgid} settato senza che lo sia
1576 anche il corrispondente bit di esecuzione viene utilizzato per attivare per
1577 quel file il \textit{mandatory locking} (argomento che affronteremo in
1578 dettagliopiù avanti in \secref{sec:file_mand_locking}).
1581 \subsection{Il bit \textsl{sticky}}
1582 \label{sec:file_sticky}
1584 L'ultimo dei bit rimanenti, identificato dalla costante \macro{S\_ISVTX}, è in
1585 parte un rimasuglio delle origini dei sistemi Unix. A quell'epoca infatti la
1586 memoria virtuale e l'accesso ai files erano molto meno sofisticati e per
1587 ottenere la massima velocità possibile per i programmi usati più comunemente
1588 si poteva settare questo bit.
1590 L'effetto di questo bit era che il segmento di testo del programma (si veda
1591 \secref{sec:proc_mem_layout} per i dettagli) veniva scritto nella swap la
1592 prima volta che questo veniva lanciato, e vi permaneva fino al riavvio della
1593 macchina (da questo il nome di \textsl{sticky bit}); essendo la swap un file
1594 continuo indicizzato direttamente in questo modo si poteva risparmiare in
1595 tempo di caricamento rispetto alla ricerca del file su disco. Lo
1596 \textsl{sticky bit} è indicato usando la lettera \cmd{t} al posto della
1597 \cmd{x} nei permessi per gli altri.
1599 Ovviamente per evitare che gli utenti potessero intasare la swap solo
1600 l'amministratore era in grado di settare questo bit, che venne chiamato anche
1601 con il nome di \textit{saved text bit}, da cui deriva quello della costante.
1602 Le attuali implementazioni di memoria virtuale e filesystem rendono
1603 sostanzialmente inutile questo procedimento.
1605 Benché ormai non venga più utilizzato per i file, lo \textsl{sticky bit} ha
1606 invece assunto un uso importante per le directory;\footnote{lo \textsl{sticky
1607 bit} per le directory è un'estensione non definita nello standard POSIX,
1608 Linux però la supporta, così come BSD e SVR4.} in questo caso se il bit è
1609 settato un file potrà essere rimosso dalla directory soltanto se l'utente ha
1610 il permesso di scrittura su di essa ed inoltre è vera una delle seguenti
1613 \item l'utente è proprietario del file
1614 \item l'utente è proprietario della directory
1615 \item l'utente è l'amministratore
1617 un classico esempio di directory che ha questo bit settato è \file{/tmp}, i
1618 permessi infatti di solito sono settati come:
1621 drwxrwxrwt 6 root root 1024 Aug 10 01:03 /tmp
1623 in questo modo chiunque può creare file in questa directory (che infatti è
1624 normalmente utilizzata per la creazione di file temporanei), ma solo l'utente
1625 che ha creato un certo file potrà cancellarlo o rinominarlo. In questo modo si
1626 evita che un utente possa, più o meno consapevolmente, cancellare i file degli
1630 \subsection{La titolarità di nuovi file e directory}
1631 \label{sec:file_ownership}
1633 Vedremo in \secref{sec:file_base_func} con quali funzioni si possono creare
1634 nuovi file, in tale occasione vedremo che è possibile specificare in sede di
1635 creazione quali permessi applicare ad un file, però non si può indicare a
1636 quale utente e gruppo esso deve appartenere. Lo stesso problema di presenta
1637 per la creazione di nuove directory (procedimento descritto in
1638 \secref{sec:file_dir_creat_rem}).
1640 Lo standard POSIX prescrive che l'\acr{uid} del nuovo file corrisponda
1641 all'\textit{effective user id} del processo che lo crea; per il \acr{gid}
1642 invece prevede due diverse possibilità:
1644 \item il \acr{gid} del file corrisponde all'\textit{effective group id} del
1646 \item il \acr{gid} del file corrisponde al \acr{gid} della directory in cui
1649 in genere BSD usa sempre la seconda possibilità, che viene per questo chiamata
1650 semantica BSD. Linux invece segue quella che viene chiamata semantica SVr4; di
1651 norma cioè il nuovo file viene creato, seguendo la prima opzione, con il
1652 \acr{gid} del processo, se però la directory in cui viene creato il file ha il
1653 bit \acr{sgid} settato allora viene usata la seconda opzione.
1655 Usare la semantica BSD ha il vantaggio che il \acr{gid} viene sempre
1656 automaticamente propagato, restando coerente a quello della directory di
1657 partenza, in tutte le sottodirectory. La semantica SVr4 offre la possibilità
1658 di scegliere, ma per ottenere lo stesso risultato di coerenza che si ha con
1659 BSD necessita che per le nuove directory venga anche propagato anche il bit
1660 \acr{sgid}. Questo è il comportamento di default di \func{mkdir}, ed è in
1661 questo modo ad esempio che Debian assicura che le sottodirectory create nelle
1662 home di un utente restino sempre con il \acr{gid} del gruppo primario dello
1666 \subsection{La funzione \func{access}}
1667 \label{sec:file_access}
1669 Come visto in \secref{sec:file_access_control} il controllo di accesso ad un
1670 file viene fatto usando \textit{effective user id} e \textit{effective group
1671 id} del processo; ma ci sono casi in cui è necessario effettuare il
1672 controllo usando il \textit{real user id} ed il \textit{real group id} (cioè
1673 \acr{uid} e \acr{gid} dell'utente che ha lanciato il programma, e che, come
1674 accennato in \secref{sec:file_suid_sgid} e spiegato in
1675 \secref{sec:proc_perms}, non è detto siano uguali agli \textit{effective id}).
1676 Per far questo si può usare la funzione \func{access}, il cui prototipo è:
1677 \begin{prototype}{unistd.h}
1678 {int access(const char *pathname, int mode)}
1680 Verifica i permessi di accesso, indicati da \var{mode}, per il file indicato
1683 \bodydesc{La funzione ritorna 0 se l'accesso è consentito, -1 altrimenti; in
1684 quest'ultimo caso la variabile \var{errno} viene settata secondo i codici di
1685 errore: \macro{EACCES}, \macro{EROFS}, \macro{EFAULT}, \macro{EINVAL},
1686 \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT}, \macro{ENOTDIR}, \macro{ELOOP},
1690 I valori possibili per l'argomento \param{mode} sono esprimibili come
1691 combinazione delle costanti numeriche riportate in \ntab\ (attraverso un OR
1692 binario). I primi tre valori implicano anche la verifica dell'esistenza del
1693 file, se si vuole verificare solo quest'ultima si può usare \macro{F\_OK}, o
1694 anche direttamente \func{stat}. In caso \var{pathname} si riferisca ad un link
1695 simbolico il controllo è fatto sul file a cui esso fa riferimento.
1697 La funzione controlla solo i bit dei permessi di accesso, si ricordi che il
1698 fatto che una directory abbia permesso di scrittura non significa che ci si
1699 possa scrivere come in un file, e il fatto che un file abbia permesso di
1700 esecuzione non comporta che contenga un programma eseguibile. La funzione
1701 ritorna zero solo se tutte i permessi controllati sono disponibili, in caso
1702 contrario (o di errore) ritorna -1.
1706 \begin{tabular}{|c|l|}
1708 \textbf{\var{mode}} & \textbf{Significato} \\
1711 \macro{R\_OK} & verifica il permesso di lettura \\
1712 \macro{W\_OK} & verifica il permesso di scritture \\
1713 \macro{X\_OK} & verifica il permesso di esecuzione \\
1714 \macro{F\_OK} & verifica l'esistenza del file \\
1717 \caption{Valori possibile per il parametro \var{mode} della funzione
1719 \label{tab:file_access_mode_val}
1722 Un esempio tipico per l'uso di questa funzione è quello di un processo che sta
1723 eseguendo un programma coi privilegi di un altro utente (ad esmepio attraverso
1724 l'uso del \acr{suid} bit) che vuole controllare se l'utente originale ha i
1725 permessi per accedere ad un certo file.
1728 \subsection{Le funzioni \func{chmod} e \func{fchmod}}
1729 \label{sec:file_chmod}
1731 Per cambiare i permessi di un file il sistema mette ad disposizione due
1732 funzioni \func{chmod} e \func{fchmod}, che operano rispettivamente su un
1733 filename e su un file descriptor, i loro prototipi sono:
1735 \headdecl{sys/types.h}
1736 \headdecl{sys/stat.h}
1738 \funcdecl{int chmod(const char *path, mode\_t mode)} Cambia i permessi del
1739 file indicato da \var{path} al valore indicato da \var{mode}.
1741 \funcdecl{int fchmod(int fd, mode\_t mode)} Analoga alla precedente, ma usa
1742 il file descriptor \var{fd} per indicare il file.
1744 \bodydesc{Le funzioni restituiscono zero in caso di successo e -1 per
1745 un errore, in caso di errore \var{errno} può assumere i valori:
1747 \item[\macro{EPERM}] L'\textit{effective user id} non corrisponde a quello
1748 del proprietario del file o non è zero.
1750 ed inoltre \macro{EROFS} e \macro{EIO}; \func{chmod} restituisce anche
1751 \macro{EFAULT}, \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT}, \macro{ENOMEM},
1752 \macro{ENOTDIR}, \macro{EACCES}, \macro{ELOOP}; \func{fchmod} anche
1756 I valori possibili per \var{mode} sono indicati in \ntab. I valori possono
1757 esser combinati con l'OR binario delle relative costanti simboliche, o
1758 specificati direttamente, come per l'analogo comando di shell, con il valore
1759 numerico (la shell lo vuole in ottale, dato che i bit dei permessi sono
1760 divisibili in gruppi di tre). Ad esempio i permessi standard assegnati ai
1761 nuovi file (lettura e scrittura per il proprietario, sola lettura per il
1762 gruppo e gli altri) sono corrispondenti al valore ottale $0644$, un programma
1763 invece avrebbe anche il bit di esecuzione attivo, con un valore di $0755$, se
1764 si volesse attivare il bit \acr{suid} il valore da fornire sarebbe $4755$.
1769 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
1771 \textbf{\var{mode}} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
1774 \macro{S\_ISUID} & 04000 & set user ID \\
1775 \macro{S\_ISGID} & 02000 & set group ID \\
1776 \macro{S\_ISVTX} & 01000 & sticky bit \\
1778 \macro{S\_IRWXU} & 00700 & l'utente ha tutti i permessi \\
1779 \macro{S\_IRUSR} & 00400 & l'utente ha il permesso di lettura \\
1780 \macro{S\_IWUSR} & 00200 & l'utente ha il permesso di scrittura \\
1781 \macro{S\_IXUSR} & 00100 & l'utente ha il permesso di esecuzione \\
1783 \macro{S\_IRWXG} & 00070 & il gruppo ha tutti i permessi \\
1784 \macro{S\_IRGRP} & 00040 & il gruppo ha il permesso di lettura \\
1785 \macro{S\_IWGRP} & 00020 & il gruppo ha il permesso di scrittura \\
1786 \macro{S\_IXGRP} & 00010 & il gruppo ha il permesso di esecuzione \\
1788 \macro{S\_IRWXO} & 00007 & gli altri hanno tutti i permessi \\
1789 \macro{S\_IROTH} & 00004 & gli altri hanno il permesso di lettura \\
1790 \macro{S\_IWOTH} & 00002 & gli altri hanno il permesso di scrittura \\
1791 \macro{S\_IXOTH} & 00001 & gli altri hanno il permesso di esecuzione \\
1794 \caption{I valori delle costanti usate per indicare i permessi dei file.}
1795 \label{tab:file_permission_const}
1798 Il cambiamento dei permessi di un file attraverso queste funzioni ha comunque
1799 alcune limitazioni, provviste per motivi di sicurezza. Questo significa che
1800 anche se si è proprietari del file non tutte le operazioni sono permesse, in
1803 \item siccome solo l'amministratore può settare lo \textit{sticky bit}, se
1804 l'\textit{effective user id} del processo non è zero esso viene
1805 automaticamente cancellato (senza notifica di errore) qualora sia stato
1806 indicato in \var{mode}.
1807 \item per via della semantica SVr4 nella creazione dei nuovi file, si può
1808 avere il caso in cui il file creato da un processo è assegnato a un gruppo
1809 per il quale il processo non ha privilegi. Per evitare che si possa
1810 assegnare il bit \acr{sgid} ad un file appartenente a un gruppo per cui
1811 non si hanno diritti, questo viene automaticamente cancellato (senza
1812 notifica di errore) da \var{mode} qualora il gruppo del file non corrisponda
1813 a quelli associati al processo (la cosa non avviene quando
1814 l'\textit{effective user id} del processo è zero).
1817 Per alcuni filesystem\footnote{il filesystem \acr{ext2} supporta questa
1818 caratteristica, che è mutuata da BSD.} è inoltre prevista una ulteriore
1819 misura di sicurezza, volta a scongiurare l'abuso dei bit \acr{suid} e
1820 \acr{sgid}; essa consiste nel cancellare automaticamente questi bit qualora un
1821 processo che non appartenga all'amministratore scriva su un file. In questo
1822 modo anche se un utente malizioso scopre un file \acr{suid} su cui può
1823 scrivere, un'eventuale modifica comporterà la perdita di ogni ulteriore
1826 \subsection{La funzione \func{umask}}
1827 \label{sec:file_umask}
1829 Oltre che dai valori indicati in sede di creazione, i permessi assegnati ai
1830 nuovi file sono controllati anche da una maschera di bit settata con la
1831 funzione \func{umask}, il cui prototipo è:
1832 \begin{prototype}{stat.h}
1833 {mode\_t umask(mode\_t mask)}
1835 Setta la maschera dei permessi dei bit al valore specificato da \var{mask}
1836 (di cui vengono presi solo i 9 bit meno significativi).
1838 \bodydesc{La funzione ritorna il precedente valore della maschera. È una
1839 delle poche funzioni che non restituisce codici di errore.}
1842 Questa maschera è una caratteristica di ogni processo\footnote{è infatti
1843 contenuta nel campo \var{umask} di \var{fs\_struct}, vedi
1844 \figref{fig:proc_task_struct}.} e viene utilizzata per impedire che alcuni
1845 permessi possano essere assegnati ai nuovi file in sede di creazione. I bit
1846 indicati nella maschera vengono infatti esclusi quando un nuovo file viene
1849 In genere questa maschera serve per impostare un default che escluda alcuni
1850 permessi (usualmente quello di scrittura per il gruppo e gli altri,
1851 corrispondente ad un valore di $022$). Essa è utile perché le routine
1852 dell'interfaccia ANSI C degli stream non prevedono l'esistenza dei permessi, e
1853 pertanto tutti i nuovi file vengono sempre creati con un default di $666$
1854 (cioè permessi di lettura e scrittura per tutti, si veda
1855 \tabref{tab:file_permission_const} per un confronto); in questo modo è
1856 possibile cancellare automaticamente i permessi non voluti, senza doverlo fare
1859 In genere il valore di \func{umask} viene stabilito una volta per tutte al
1860 login a $022$, e di norma gli utenti non hanno motivi per modificarlo. Se però
1861 si vuole che un processo possa creare un file che chiunque possa leggere
1862 allora occorrerà cambiare il valore di \func{umask}.
1865 \subsection{Le funzioni \func{chown}, \func{fchown} e \func{lchown}}
1866 \label{sec:file_chown}
1868 Come per i permessi, il sistema fornisce anche delle funzioni che permettano
1869 di cambiare utente e gruppo cui il file appartiene; le funzioni in questione
1870 sono tre e i loro prototipi sono i seguenti:
1872 \headdecl{sys/types.h}
1873 \headdecl{sys/stat.h}
1875 \funcdecl{int chown(const char *path, uid\_t owner, gid\_t group)}
1876 \funcdecl{int fchown(int fd, uid\_t owner, gid\_t group)}
1877 \funcdecl{int lchown(const char *path, uid\_t owner, gid\_t group)}
1879 Le funzioni cambiano utente e gruppo di appartenenza di un file ai valori
1880 specificati dalle variabili \var{owner} e \var{group}.
1882 \bodydesc{Le funzioni restituiscono zero in caso di successo e -1 per
1883 un errore, in caso di errore \var{errno} viene settato ai valori:
1885 \item[\macro{EPERM}] L'\textit{effective user id} non corrisponde a quello
1886 del proprietario del file o non è zero, o utente e gruppo non sono validi
1888 Oltre a questi entrambe restituiscono gli errori \macro{EROFS} e
1889 \macro{EIO}; \func{chown} restituisce anche \macro{EFAULT},
1890 \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT}, \macro{ENOMEM}, \macro{ENOTDIR},
1891 \macro{EACCES}, \macro{ELOOP}; \func{fchown} anche \macro{EBADF}.}
1894 In Linux soltanto l'amministratore può cambiare il proprietario di un file,
1895 seguendo la semantica di BSD che non consente agli utenti di assegnare i loro
1896 file ad altri (per evitare eventuali aggiramenti delle quote).
1897 L'amministratore può cambiare il gruppo di un file, il proprietario può
1898 cambiare il gruppo dei file che gli appartengono solo se il nuovo gruppo è il
1899 suo gruppo primario o uno dei gruppi a cui appartiene.
1901 La funzione \func{chown} segue i link simbolici, per operare direttamente su
1902 un link simbolico si deve usare la funzione \func{lchown}.\footnote{fino alla
1903 versione 2.1.81 in Linux \func{chown} non seguiva i link simbolici, da
1904 allora questo comportamento è stato assegnato alla funzione \func{lchown},
1905 introdotta per l'occasione, ed è stata creata una nuova system call per
1906 \func{chown} che seguisse i link simbolici.} La funzione \func{fchown} opera
1907 su un file aperto, essa è mutuata da BSD, ma non è nello standard POSIX.
1908 Un'altra estensione rispetto allo standard POSIX è che specificando -1 come
1909 valore per \var{owner} e \var{group} i valori restano immutati.
1911 Quando queste funzioni sono chiamate con successo da un processo senza i
1912 privilegi di root entrambi i bit \acr{suid} e \acr{sgid} vengono
1913 cancellati. Questo non avviene per il bit \acr{sgid} nel caso in cui esso
1914 sia usato (in assenza del corrispondente permesso di esecuzione) per indicare
1915 che per il file è attivo il \textit{mandatory locking}.
1917 %La struttura fondamentale che contiene i dati essenziali relativi ai file è il
1918 %cosiddetto \textit{inode}; questo conterrà informazioni come il
1919 %tipo di file (file di dispositivo, directory, file di dati, per un elenco
1920 %completo vedi \ntab), i permessi (vedi \secref{sec:file_perms}), le date (vedi
1921 %\secref{sec:file_times}).
1923 \subsection{La funzione \func{chroot}}
1924 \label{sec:file_chroot}
1926 Benché non abbia niente a che fare con permessi, utenti e gruppi, questa
1927 funzione viene usata spesso per restringere le capacità di acccesso di un
1928 programma ad una sezione limitata del filesystem, per cui ne parleremo in
1931 Come accennato in \secref{sec:proc_fork} ogni processo oltre ad una directory
1932 di lavoro corrente, ha anche una directory radice,\footnote{entrambe sono
1933 contenute in due campi di \var{fs\_struct}, vedi
1934 \figref{fig:proc_task_struct}.} che è la directory che per il processo
1935 costituisce la radice dell'albero dei file e rispetto alla quale vengono
1936 risolti i pathname assoluti (si ricordi quanto detto in
1937 \secref{sec:file_organization}). La radice viene eredidata dal padre per ogni
1938 processo figlio, e quindi di norma coincide con la \file{/} del sistema.
1940 In certe situazioni però per motivi di sicurezza non si vuole che un processo
1941 possa accedere a tutto il filesystem; per questo si può cambiare la directory
1942 radice con la funzione \func{chroot}, il cui prototipo è:
1943 \begin{prototype}{unistd.h}{int chroot(const char *path)}
1944 Cambia la directory radice del processo a quella specificata da
1947 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per
1948 un errore, in caso di errore \var{errno} viene settato ai valori:
1950 \item[\macro{EPERM}] L'\textit{effective user id} non è zero.
1952 ed inoltre \macro{EFAULT}, \macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT},
1953 \macro{ENOMEM}, \macro{ENOTDIR}, \macro{EACCES}, \macro{ELOOP};
1954 \macro{EROFS} e \macro{EIO}.}
1956 \noindent in questo modo la directory radice del processo diventerà
1957 \param{path} (che ovviamente deve esistere) ed ogni pathname assoluto sarà
1958 risolto a partire da essa, rendendo impossibile accedere alla parte di albero
1959 sovrastante; si ha cioè quella che viene chiamata una \textit{chroot jail}.
1961 Solo l'amministratore può usare questa funzione, e la nuova radice, per quanto
1962 detto in \secref{sec:proc_fork}, sarà ereditata da tutti i processi figli. Si
1963 tenga presente che la funzione non cambia la directory di lavoro corrente, che
1964 potrebbe restare fuori dalla \textit{chroot jail}.
1966 Questo è il motivo per cui la funzione è efficace solo se dopo averla eseguita
1967 si cedono i privilegi di root. Infatti se in qualche modo il processo ha una
1968 directory di lavoro corrente fuori dalla \textit{chroot jail}, potrà comunque
1969 accedere a tutto il filesystem usando pathname relativi.
1971 Ma quando ad un processo restano i privilegi di root esso potrà sempre portare
1972 la directory di lavoro corrente fuori dalla \textit{chroot jail} creando una
1973 sottodirectory ed eseguendo una \func{chroot} su di essa. Per questo motivo
1974 l'uso di questa funzione non ha molto senso quando un processo necessita dei
1975 privilegi di root per le sue normali operazioni.
1977 Un caso tipico di uso di \func{chroot} è quello di un server ftp anonimo, in
1978 questo caso infatti si vuole che il server veda solo i file che deve
1979 trasferire, per cui in genere si esegue una \func{chroot} sulla directory che
1980 contiene i file. Si tenga presente però che in questo caso occorrerà
1981 replicare all'interno della \textit{chroot jail} tutti i file (in genere
1982 programmi e librerie) di cui il server potrebbe avere bisogno.
1984 %%% Local Variables:
1986 %%% TeX-master: "gapil"