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11 \chapter{Socket TCP elementari}
12 \label{cha:elem_TCP_sock}
14 In questo capitolo iniziamo ad approfondire la conoscenza dei socket TCP,
15 tratteremo qui dunque il funzionamento delle varie funzioni che si sono usate
16 nei due esempi elementari forniti in precedenza (vedi
17 \secref{sec:net_cli_sample} e \secref{sec:net_serv_sample}), previa una
18 descrizione delle principali caratteristiche del funzionamento di una
22 \section{Il funzionamento di una connessione TCP}
23 \label{sec:TCPel_connession}
25 Prima di entrare nei dettagli delle funzioni usate nelle applicazioni che
26 utilizzano i socket TCP, è fondamentale spiegare alcune basi del funzionamento
27 del TCP; la conoscenza del funzionamento del protocollo è infatti essenziale
28 per capire il modello di programmazione ed il funzionamento delle API.
30 In particolare ci concentreremo sulle modalità con le quali il protocollo dà
31 inizio e conclude una connessione; faremo inoltre anche un breve accenno al
32 significato di alcuni dei vari stati che il protocollo assume durante la vita
33 di una connessione, che possono essere osservati per ciascun socket attivo con
34 l'uso del programma \cmd{netstat}.
36 \subsection{La creazione della connessione: il \textit{three way handshake}}
37 \label{sec:TCPel_conn_cre}
39 Il processo che porta a creare una connessione TCP è chiamato \textit{three
40 way handshake}; la successione tipica degli eventi (la stessa che si
41 verifica utilizzando il codice dei due precedenti esempi elementari
42 \figref{fig:net_cli_code} e \figref{fig:net_serv_code}) che porta alla
43 creazione di una connessione è la seguente:
46 \item Il server deve essere preparato per accettare le connessioni in arrivo;
47 il procedimento si chiama \textsl{apertura passiva} del socket (in inglese
48 \textit{passive open}); questo viene fatto chiamando la sequenza di funzioni
49 \func{socket}, \func{bind} e \func{listen}. Completata l'apertura passiva il
50 server chiama la funzione \func{accept} e il processo si blocca in attesa di
53 \item Il client richiede l'inizio della connessione usando la funzione
54 \func{connect}, attraverso un procedimento che viene chiamato
55 \textsl{apertura attiva}, dall'inglese \textit{active open}. La chiamata di
56 \func{connect} blocca il processo e causa l'invio da parte del client di un
57 segmento SYN,\footnote{Si ricordi che il segmento è l'unità elementare di
58 dati trasmessa dal protocollo TCP al livello superiore; tutti i segmenti
59 hanno un header che contiene le informazioni che servono allo
60 \textit{stack TCP} (così viene di solito chiamata la parte del kernel che
61 implementa il protocollo) per realizzare la comunicazione, fra questi dati
62 ci sono una serie di flag usati per gestire la connessione, come SYN, ACK,
63 URG, FIN, alcuni di essi, come SYN (che sta per \textit{syncronize})
64 corrispondono a funzioni particolari del protocollo e danno il nome al
65 segmento, (per maggiori dettagli vedere \capref{cha:tcp_protocol}).} in
66 sostanza viene inviato al server un pacchetto IP che contiene solo gli
67 header IP e TCP (con il numero di sequenza iniziale e il flag SYN) e le
70 \item il server deve dare ricevuto (l'\textit{acknowledge}) del SYN del
71 client, inoltre anche il server deve inviare il suo SYN al client (e
72 trasmettere il suo numero di sequenza iniziale) questo viene fatto
73 ritrasmettendo un singolo segmento in cui sono impostati entrambi i flag SYN
76 \item una volta che il client ha ricevuto l'acknowledge dal server la funzione
77 \func{connect} ritorna, l'ultimo passo è dare dare il ricevuto del SYN del
78 server inviando un ACK. Alla ricezione di quest'ultimo la funzione
79 \func{accept} del server ritorna e la connessione è stabilita.
82 Il procedimento viene chiamato \textit{three way handshake} dato che per
83 realizzarlo devono essere scambiati tre segmenti. In \figref{fig:TCPel_TWH}
84 si è rappresentata graficamente la sequenza di scambio dei segmenti che
85 stabilisce la connessione.
87 % Una analogia citata da R. Stevens per la connessione TCP è quella con il
88 % sistema del telefono. La funzione \texttt{socket} può essere considerata
89 % l'equivalente di avere un telefono. La funzione \texttt{bind} è analoga al
90 % dire alle altre persone qual'è il proprio numero di telefono perché possano
91 % chiamare. La funzione \texttt{listen} è accendere il campanello del telefono
92 % per sentire le chiamate in arrivo. La funzione \texttt{connect} richiede di
93 % conoscere il numero di chi si vuole chiamare. La funzione \texttt{accept} è
94 % quando si risponde al telefono.
98 \includegraphics[width=10cm]{img/three_way_handshake}
99 \caption{Il \textit{three way handshake} del TCP}
100 \label{fig:TCPel_TWH}
103 Si è accennato in precedenza ai \textsl{numeri di sequenza} (che sono anche
104 riportati in \figref{fig:TCPel_TWH}); per gestire una connessione affidabile
105 infatti il protocollo TCP prevede nell'header la presenza di un numero a 32
106 bit (chiamato appunto \textit{sequence number}) che identifica a quale byte
107 nella sequenza del flusso corrisponde il primo byte della sezione dati
108 contenuta nel segmento.
110 Il numero di sequenza di ciascun segmento viene calcolato a partire da un
111 \textsl{numero di sequenza iniziale} generato in maniera casuale del kernel
112 all'inizio della connessione e trasmesso con il SYN; l'acknowledgement di
113 ciascun segmento viene effettuato dall'altro capo della connessione impostando
114 il flag ACK e restituendo nell'apposito campo dell'header un
115 \textit{acknowledge number}) pari al numero di sequenza che il ricevente si
116 aspetta di ricevere con il pacchetto successivo; dato che il primo pacchetto
117 SYN consuma un byte, nel \textit{three way handshake} il numero di acknowledge
118 è sempre pari al numero di sequenza iniziale incrementato di uno; lo stesso
119 varrà anche (vedi \figref{fig:TCPel_close}) per l'acknowledgement di un FIN.
121 \subsection{Le opzioni TCP.}
122 \label{sec:TCPel_TCP_opt}
124 Ciascun segmento SYN contiene in genere delle opzioni per il protocollo TCP
125 (le cosiddette \textit{TCP options}, che vengono inserite fra l'header e i
126 dati) che servono a comunicare all'altro capo una serie di parametri utili a
127 regolare la connessione. Normalmente vengono usate le seguenti opzioni:
130 \item \textit{MSS option}, dove MMS sta per \textit{maximum segment size}, con
131 questa opzione ciascun capo della connessione annuncia all'altro il massimo
132 ammontare di dati che vorrebbe accettare per ciascun segmento nella
133 connessione corrente. È possibile leggere e scrivere questo valore
134 attraverso l'opzione del socket \macro{TCP\_MAXSEG}.
136 \item \textit{window scale option}; come spiegato in \capref{cha:tcp_protocol}
137 il protocollo TCP implementa il controllo di flusso attraverso una
138 \textsl{finestra annunciata} (\textit{advertized window}) con la quale
139 ciascun capo della comunicazione dichiara quanto spazio disponibile ha in
140 memoria per i dati. Questo è un numero a 16 bit dell'header, che così può
141 indicare un massimo di 65535 byte (anche se Linux usa come massimo 32767 per
142 evitare problemi con alcuni stack bacati che usano l'aritmetica con segno
143 per implementare lo stack TCP); ma alcuni tipi di connessione come quelle ad
144 alta velocità (sopra i 45Mbits/sec) e quelle che hanno grandi ritardi nel
145 cammino dei pacchetti (come i satelliti) richiedono una finestra più grande
146 per poter ottenere il massimo dalla trasmissione, per questo esiste questa
147 opzione che indica un fattore di scala da applicare al valore della finestra
148 annunciata\footnote{essendo una nuova opzione per garantire la compatibilità
149 con delle vecchie implementazioni del protocollo la procedura che la
150 attiva prevede come negoziazione che l'altro capo della connessione
151 riconosca esplicitamente l'opzione inserendola anche lui nel suo SYN di
152 risposta dell'apertura della connessione.} per la connessione corrente
153 (espresso come numero di bit cui shiftare a sinistra il valore della
154 finestra annunciata inserito nel pacchetto).
156 \item \textit{timestamp option}, è anche questa una nuova opzione necessaria
157 per le connessioni ad alta velocità per evitare possibili corruzioni di dati
158 dovute a pacchetti perduti che riappaiono; anche questa viene negoziata come
163 La MSS è generalmente supportata da quasi tutte le implementazioni del
164 protocollo, le ultime due opzioni (trattate nell'RFC~1323) sono meno comuni;
165 vengono anche dette \textit{long fat pipe options} dato che questo è il nome
166 che viene dato alle connessioni caratterizzate da alta velocità o da ritardi
167 elevati. In ogni caso Linux supporta pienamente entrambe le opzioni.
169 \subsection{La terminazione della connessione}
170 \label{sec:TCPel_conn_term}
172 Mentre per creare una connessione occorre un interscambio di tre segmenti, la
173 procedura di chiusura ne richiede quattro; ancora una volta si può fare
174 riferimento al codice degli esempi \figref{fig:net_cli_code} e
175 \figref{fig:net_serv_code}, in questo caso la successione degli eventi è la
179 \item Un processo ad uno dei due capi chiama la funzione \func{close}, dando
180 l'avvio a quella che viene chiamata \textsl{chiusura attiva} (o
181 \textit{active close}). Questo comporta l'emissione di un segmento FIN, che
182 significa che si è finito con l'invio dei dati sulla connessione.
184 \item L'altro capo della connessione riceve il FIN ed esegue la
185 \textit{chiusura passiva} (o \textit{passive close}); al FIN, come ad ogni
186 altro pacchetto, viene risposto con un ACK. Inoltre il ricevimento del FIN
187 viene segnalato al processo che ha aperto il socket (dopo che ogni altro
188 eventuale dato rimasto in coda è stato ricevuto) come un end-of-file sulla
189 lettura, questo perché il ricevimento di un FIN significa che non si
190 riceveranno altri dati sulla connessione.
192 \item Dopo un certo tempo anche il secondo processo chiamerà la funzione
193 \func{close} sul proprio socket, causando l'emissione di un altro segmento
196 \item L'altro capo della connessione riceverà il FIN conclusivo e risponderà
200 Dato che in questo caso sono richiesti un FIN ed un ACK per ciascuna direzione
201 normalmente i segmenti scambiati sono quattro. Questo non è vero sempre
202 giacché in alcune situazioni il FIN del passo 1) è inviato insieme a dei dati.
203 Inoltre è possibile che i segmenti inviati nei passi 2 e 3 dal capo che
204 effettua la chiusura passiva, siano accorpati in un singolo segmento. In
205 \figref{fig:TCPel_close} si è rappresentato graficamente lo sequenza di
206 scambio dei segmenti che stabilisce la connessione.
210 \includegraphics[width=10cm]{img/tcp_close}
211 \caption{La chiusura di una connessione TCP}
212 \label{fig:TCPel_close}
215 Come per il SYN anche il FIN occupa un byte nel numero di sequenza, per cui
216 l'ACK riporterà un \textit{acknowledge number} incrementato di uno.
218 Si noti che nella sequenza di chiusura fra i passi 2 e 3 è in teoria possibile
219 che si mantenga un flusso di dati dal capo della connessione che deve ancora
220 eseguire la chiusura passiva a quello che sta eseguendo la chiusura attiva.
221 Nella sequenza indicata i dati verrebbero persi, dato che si è chiuso il
222 socket dal lato che esegue la chiusura attiva; esistono tuttavia situazioni in
223 cui si vuole poter sfruttare questa possibilità, usando una procedura che è
224 chiamata \textit{half-close}; torneremo su questo aspetto e su come
225 utilizzarlo più avanti, quando parleremo della funzione \func{shutdown}.
227 La emissione del FIN avviene quando il socket viene chiuso, questo però non
228 avviene solo per la chiamata della funzione \func{close} (come in
229 \figref{fig:net_serv_code}), ma anche alla terminazione di un processo (come
230 in \figref{fig:net_cli_code}). Questo vuol dire ad esempio che se un processo
231 viene terminato da un segnale tutte le connessioni aperte verranno chiuse.
233 Infine è da sottolineare che, benché nella figura (e nell'esempio che vedremo
234 più avanti in \secref{sec:TCPsimp_echo}) sia stato il client ad eseguire la
235 chiusura attiva, nella realtà questa può essere eseguita da uno qualunque dei
236 due capi della comunicazione (come in fatto in precedenza nell'esempio di
237 \figref{fig:net_serv_code}), e anche se il caso più comune resta quello del
238 client, ci sono alcuni servizi, il principale dei quali è l'HTTP, per i
239 quali è il server ad effettuare la chiusura attiva.
242 \subsection{Un esempio di connessione}
243 \label{sec:TCPel_conn_dia}
245 Le operazioni del TCP nella creazione e conclusione di una connessione sono
246 specificate attraverso il diagramma di transizione degli stati riportato in
247 \figref{fig:TPCel_conn_example}. TCP prevede l'esistenza di 11 diversi stati
248 per un socket ed un insieme di regole per le transizioni da uno stato
249 all'altro basate sullo stato corrente e sul tipo di segmento ricevuto; i nomi
250 degli stati sono gli stessi che vengono riportati del comando \cmd{netstat}
251 nel campo \textit{State}.
253 Una descrizione completa del funzionamento del protocollo va al di là degli
254 obiettivi di questo libro; un approfondimento sugli aspetti principali si
255 trova in \capref{cha:tcp_protocol}, ma per una trattazione esauriente il
256 miglior riferimento resta (FIXME citare lo Stevens); qui ci limiteremo a
257 descrivere brevemente un semplice esempio di connessione e le transizioni che
258 avvengono nei due casi appena citati (creazione e terminazione della
261 In assenza di connessione lo stato del TCP è \texttt{CLOSED}; quando una
262 applicazione esegue una apertura attiva il TCP emette un SYN e lo stato
263 diventa \texttt{SYN\_SENT}; quando il TCP riceve la risposta del SYN$+$ACK
264 emette un ACK e passa allo stato \texttt{ESTABLISHED}; questo è lo stato
265 finale in cui avviene la gran parte del trasferimento dei dati.
267 Dal lato server in genere invece il passaggio che si opera con l'apertura
268 passiva è quello di portare il socket dallo stato \texttt{CLOSED} allo
269 stato \texttt{LISTEN} in cui vengono accettate le connessioni.
271 Dallo stato \texttt{ESTABLISHED} si può uscire in due modi; se un'applicazione
272 chiama la \texttt{close} prima di aver ricevuto un end of file (chiusura
273 attiva) la transizione è verso lo stato \texttt{FIN\_WAIT\_1}; se invece
274 l'applicazione riceve un FIN nello stato \texttt{ESTABLISHED} (chiusura
275 passiva) la transizione è verso lo stato \texttt{CLOSE\_WAIT}.
277 In \figref{fig:TPCel_conn_example} è riportato lo schema dello scambio dei
278 pacchetti che avviene per una un esempio di connessione, insieme ai vari stati
279 che il protocollo viene ad assumere per i due lati, server e client.
283 \includegraphics[width=9cm]{img/tcp_connection}
284 \caption{Schema dello scambio di pacchetti per un esempio di connessione}
285 \label{fig:TPCel_conn_example}
288 La connessione viene iniziata dal client che annuncia un MSS di 1460 (un
289 valore tipico per IPv4 su Ethernet) con Linux, il server risponde con lo
290 stesso valore (ma potrebbe essere anche un valore diverso).
292 Una volta che la connessione è stabilita il client scrive al server una
293 richiesta (che assumiamo stare in un singolo segmento, cioè essere minore dei
294 1460 byte annunciati dal server), quest'ultimo riceve la richiesta e
295 restituisce una risposta (che di nuovo supponiamo stare in un singolo
296 segmento). Si noti che l'acknowledge della richiesta è mandato insieme alla
297 risposta, questo viene chiamato \textit{piggybacking} ed avviene tutte le
298 volte che che il server è sufficientemente veloce a costruire la risposta, in
299 caso contrario si avrebbe prima l'emissione di un ACK e poi l'invio della
302 Infine si ha lo scambio dei quattro segmenti che terminano la connessione
303 secondo quanto visto in \secref{sec:TCPel_conn_term}; si noti che il capo
304 della connessione che esegue la chiusura attiva entra nello stato
305 \texttt{TIME\_WAIT} su cui torneremo fra poco.
307 È da notare come per effettuare uno scambio di due pacchetti (uno di richiesta
308 e uno di risposta) il TCP necessiti di ulteriori otto segmenti, se invece si
309 fosse usato UDP sarebbero stati sufficienti due soli pacchetti. Questo è il
310 costo che occorre pagare per avere l'affidabilità garantita dal TCP, se si
311 fosse usato UDP si sarebbe dovuto trasferire la gestione di tutta una serie di
312 dettagli (come la verifica della ricezione dei pacchetti) dal livello del
313 trasporto all'interno dell'applicazione.
315 Quello che è bene sempre tenere presente è allora quali sono le esigenze che
316 si hanno in una applicazione di rete, perché non è detto che TCP sia la
317 miglior scelta in tutti i casi (ad esempio se si devono solo scambiare dati
318 già organizzati in piccoli pacchetti l'overhead aggiunto può essere eccessivo)
319 per questo esistono applicazioni che usano UDP e lo fanno perché nel caso
320 specifico le sue caratteristiche di velocità e compattezza nello scambio dei
321 dati rispondono meglio alle esigenze che devono essere affrontate.
323 \subsection{Lo stato \texttt{TIME\_WAIT}}
324 \label{sec:TCPel_time_wait}
326 Come riportato da Stevens in \cite{UNP1} lo stato \texttt{TIME\_WAIT} è
327 probabilmente uno degli aspetti meno compresi del protocollo TCP, è infatti
328 comune trovare nei newsgroup domande su come sia possibile evitare che
329 un'applicazione resti in questo stato lasciando attiva una connessione ormai
330 conclusa; la risposta è che non deve essere fatto, ed il motivo cercheremo di
333 Come si è visto nell'esempio precedente (vedi \figref{fig:TPCel_conn_example})
334 \texttt{TIME\_WAIT} è lo stato finale in cui il capo di una connessione che
335 esegue la chiusura attiva resta prima di passare alla chiusura definitiva
336 della connessione. Il tempo in cui l'applicazione resta in questo stato deve
337 essere due volte la MSL (\textit{Maximum Segment Lifetime}).
339 La MSL è la stima del massimo periodo di tempo che un pacchetto IP può vivere
340 sulla rete; questo tempo è limitato perché ogni pacchetto IP può essere
341 ritrasmesso dai router un numero massimo di volte (detto \textit{hop limit}).
342 Il numero di ritrasmissioni consentito è indicato dal campo TTL dell'header di
343 IP (per maggiori dettagli vedi \secref{sec:IP_xxx}), e viene decrementato
344 ad ogni passaggio da un router; quando si annulla il pacchetto viene scartato.
345 Siccome il numero è ad 8 bit il numero massimo di ``salti'' è di 255, pertanto
346 anche se il TTL (da \textit{time to live}) non è propriamente un limite sul
347 tempo di vita, si stima che un pacchetto IP non possa restare nella rete per
350 Ogni implementazione del TCP deve scegliere un valore per la MSL (l'RFC~1122
351 raccomanda 2 minuti, Linux usa 30 secondi), questo comporta una durata dello
352 stato \texttt{TIME\_WAIT} che a seconda delle implementazioni può variare fra
355 Lo stato \texttt{TIME\_WAIT} viene utilizzato dal protocollo per due motivi
358 \item implementare in maniera affidabile la terminazione della connessione
359 in entrambe le direzioni.
360 \item consentire l'eliminazione dei segmenti duplicati dalla rete.
363 Il punto è che entrambe le ragioni sono importanti, anche se spesso si fa
364 riferimento solo alla prima; ma è solo se si tiene conto della seconda che si
365 capisce il perché della scelta di un tempo pari al doppio della MSL come
366 durata di questo stato.
368 Il primo dei due motivi precedenti si può capire tornando a
369 \figref{fig:TPCel_conn_example}: assumendo che l'ultimo ACK della sequenza
370 (quello del capo che ha eseguito la chiusura attiva) vanga perso, chi esegue
371 la chiusura passiva non ricevendo risposta rimanderà un ulteriore FIN, per
372 questo motivo chi esegue la chiusura attiva deve mantenere lo stato della
373 connessione per essere in grado di reinviare l'ACK e chiuderla correttamente.
374 Se non fosse così la risposta sarebbe un RST (un altro tipo si segmento) che
375 verrebbe interpretato come un errore.
377 Se il TCP deve poter chiudere in maniera pulita entrambe le direzioni della
378 connessione allora deve essere in grado di affrontare la perdita di uno
379 qualunque dei quattro segmenti che costituiscono la chiusura. Per questo
380 motivo lo stato \texttt{TIME\_WAIT} deve essere mantenuto anche dopo l'invio
381 dell'ultimo ACK per poter essere in grado di poterne gestire l'eventuale
382 ritrasmissione in caso di perdita.
384 Il secondo motivo è più complesso da capire, e necessita di spiegare meglio
385 gli scenari in cui accade che i pacchetti si possono perdere nella rete o
386 restare intrappolati, per poi riemergere.
388 Il caso più comune in cui questo avviene è quello di anomalie
389 nell'instradamento; può accadere cioè che un router smetta di funzionare o che
390 una connessione fra due router si interrompa. In questo caso i protocolli di
391 instradamento dei pacchetti possono impiegare diverso tempo (anche dell'ordine
392 dei minuti) prima di trovare e stabilire un percorso alternativo per i
393 pacchetti. Nel frattempo possono accadere casi in cui un router manda i
394 pacchetti verso un'altro e quest'ultimo li rispedisce indietro, o li manda ad
395 un terzo router che li rispedisce al primo, si creano cioè dei circoli (i
396 cosiddetti \textit{routing loop}) in cui restano intrappolati i pacchetti.
398 Se uno di questi pacchetti intrappolati è un segmento di TCP chi l'ha inviato,
399 non ricevendo risposta, provvederà alla ritrasmissione e se nel frattempo sarà
400 stata stabilita una strada alternativa il pacchetto ritrasmesso giungerà a
403 Ma se dopo un po' di tempo (che non supera il limite dell'MSL, dato che
404 altrimenti verrebbe ecceduto il TTL) l'anomalia viene a cessare il circolo di
405 instradamento viene spezzato i pacchetti intrappolati potranno essere inviati
406 alla destinazione finale, con la conseguenza di avere dei pacchetti duplicati;
407 questo è un caso che il TCP deve essere in grado di gestire.
409 Allora per capire la seconda ragione per l'esistenza dello stato
410 \texttt{TIME\_WAIT} si consideri il caso seguente: si supponga di avere una
411 connessione fra l'IP 195.110.112.236 porta 1550 e l'IP 192.84.145.100 porta
412 22, che questa venga chiusa e che poco dopo si ristabilisca la stessa
413 connessione fra gli stessi IP sulle stesse porte (quella che viene detta,
414 essendo gli stessi porte e numeri IP, una nuova \textsl{incarnazione} della
415 connessione precedente); in questo caso ci si potrebbe trovare con dei
416 pacchetti duplicati relativi alla precedente connessione che riappaiono nella
419 Ma fintanto che il socket non è chiuso una nuova incarnazione non può essere
420 creata, per questo un socket TCP resta sempre nello stato \texttt{TIME\_WAIT}
421 per un periodo di 2MSL, in modo da attendere MSL secondi per essere sicuri che
422 tutti i pacchetti duplicati in arrivo siano stati ricevuti (e scartati) o che
423 nel frattempo siano stati eliminati dalla rete, e altri MSL secondi per essere
424 sicuri che lo stesso avvenga le risposte nella direzione opposta.
426 In questo modo il TCP si assicura che quando una viene creata una nuova
427 connessione tutti gli eventuali segmenti residui di una precedente connessione
428 che possono causare disturbi sono stati eliminati dalla rete.
431 \subsection{I numeri di porta}
432 \label{sec:TCPel_port_num}
434 In un ambiente multitasking in un dato momento più processi possono dover
435 usare sia UDP che TCP, e ci devono poter essere più connessioni in
436 contemporanea. Per poter tenere distinte le diverse connessioni entrambi i
437 protocolli usano i \textsl{numeri di porta}, che fanno parte, come si può
438 vedere in \secref{sec:sock_sa_ipv4} e \secref{sec:sock_sa_ipv6} pure delle
439 strutture degli indirizzi del socket.
441 Quando un client contatta un server deve poter identificare con quale dei vari
442 possibili server attivi intende parlare. Sia TCP che UDP definiscono un gruppo
443 di \textsl{porte conosciute} (le cosiddette \textit{well-known port}) che
444 identificano una serie di servizi noti (ad esempio la porta 22 identifica il
445 servizio \texttt{ssh}) effettuati da appositi server che rispondono alle
446 connessioni verso tali porte.
448 D'altra parte un client non ha necessità di usare un numero di porta
449 specifico, per cui in genere vengono usate le cosiddette \textsl{porte
450 effimere} (o \textit{ephemeral ports}) cioè porte a cui non è assegnato
451 nessun servizio noto e che vengono assegnate automaticamente dal kernel alla
452 creazione della connessione. Queste sono dette effimere in quanto vengono
453 usate solo per la durata della connessione, e l'unico requisito che deve
454 essere soddisfatto è che ognuna di esse sia assegnata in maniera univoca.
456 La lista delle porte conosciute è definita dall'RFC~1700 che contiene l'elenco
457 delle porte assegnate dalla IANA (\textit{Internet Assigned Number Authority})
458 ma l'elenco viene costantemente aggiornato e pubblicato all'indirizzo
459 \texttt{ftp://ftp.isi.edu/in-notes/iana/assignements/port-numbers}, inoltre il
460 file \file{/etc/services} contiene un analogo elenco, con la corrispondenza
461 fra i numeri di porta ed il nome simbolico del servizio. I numeri sono divisi
465 \item \textsl{le porte conosciute}. I numeri da 0 a 1023. Queste sono
466 controllate e assegnate dalla IANA. Se è possibile la stessa porta è
467 assegnata allo stesso servizio sia su UDP che su TCP (ad esempio la porta 22
468 è assegnata a ssh su entrambi i protocolli, anche se viene usata solo dal
471 \item \textsl{le porte registrate}. I numeri da 1024 a 49151. Queste porte non
472 sono controllate dalla IANA, che però registra ed elenca chi usa queste
473 porte come servizio agli utenti. Come per le precedenti si assegna una porta
474 ad un servizio sia per TCP che UDP anche se poi il servizio è implementato
475 solo su TCP. Ad esempio X Window usa le porte TCP e UDP dal 6000 al 6063
476 anche se il protocollo è implementato solo tramite TCP.
478 \item \textsl{le porte private} o \textsl{dinamiche}. I numeri da 49152 a
479 65535. La IANA non dice nulla riguardo a queste porte che pertanto
480 sono i candidati naturali ad essere usate come porte effimere.
483 In realtà rispetto a quanto indicato nell'RFC~1700 i vari sistemi hanno fatto
484 scelte diverse per le porte effimere, in particolare in
485 \figref{fig:TCPel_port_alloc} sono riportate quelle di BSD, Solaris e Linux.
486 Nel caso di Linux poi la scelta fra i due intervalli possibili viene fatta
487 dinamicamente a seconda della memoria a disposizione del kernel per gestire le
492 \includegraphics[width=10cm]{img/port_alloc}
493 \caption{Allocazione dei numeri di porta}
494 \label{fig:TCPel_port_alloc}
497 I sistemi unix hanno inoltre il concetto di \textsl{porte riservate} (che
498 corrispondono alle porte con numero minore di 1024 e coincidono quindi con le
499 porte conosciute). La loro caratteristica è che possono essere assegnate a un
500 socket solo da un processo con i privilegi di root, per far si che solo
501 l'amministratore possa allocare queste porte per far partire i relativi
504 Si tenga conto poi che ci sono alcuni client (in particolare \cmd{rsh} e
505 \cmd{rlogin}) che richiedono una connessione su una porta riservata anche
506 dal lato client come parte dell'autenticazione. Questo viene fatto tramite la
507 funzione \func{rresvport} assegnando al socket una porta libera
508 nell'intervallo fra 512 e 1023.
510 Data una connessione TCP si suole chiamare \textit{socket pair} la
511 combinazione dei quattro numeri che definiscono i due capi della connessione e
512 cioè l'indirizzo IP locale e la porta TCP locale, e l'indirizzo IP remoto e la
513 porta TCP remota; questa combinazione, che scriveremo usando una notazione del
514 tipo (195.110.112.152:22, 192.84.146.100:20100), identifica univocamente una
515 connessione su internet. Questo concetto viene di solito esteso anche a UDP,
516 benché in questo caso non abbia senso parlare di connessione. L'utilizzo del
517 programma \cmd{netstat} permette di visualizzare queste informazioni nei campi
518 \textit{Local Address} e \textit{Foreing Address}.
521 \subsection{Le porte ed il modello client/server}
522 \label{sec:TCPel_port_cliserv}
524 Per capire meglio l'uso delle porte e come vengono utilizzate quando si ha a
525 che fare con un'applicazione client/server (come quella che scriveremo in
526 \secref{sec:TCPel_cunc_serv}) esamineremo cosa accade con le connessioni nel
527 caso di un server TCP che deve gestire connessioni multiple.
529 Se eseguiamo un \cmd{netstat} su una macchina di prova (che supponiamo avere
530 indirizzo 195.110.112.152) potremo avere un risultato del tipo:
532 Active Internet connections (servers and established)
533 Proto Recv-Q Send-Q Local Address Foreign Address State
534 tcp 0 0 0.0.0.0:22 0.0.0.0:* LISTEN
535 tcp 0 0 0.0.0.0:25 0.0.0.0:* LISTEN
536 tcp 0 0 127.0.0.1:53 0.0.0.0:* LISTEN
538 essendo presenti e attivi un server ssh, un server di posta e un DNS per il
541 Questo ci mostra ad esempio che il server ssh ha compiuto un'apertura passiva
542 mettendosi in ascolto sulla porta 22 riservata a questo servizio e che si è
543 posto in ascolto per connessioni provenienti da uno qualunque degli indirizzi
544 associati alle interfacce locali; la notazione 0.0.0.0 usata da netstat è
545 equivalente all'asterisco utilizzato per il numero di porta ed indica il
546 valore generico, e corrisponde al valore \macro{INADDR\_ANY} definito in
549 Inoltre la porta e l'indirizzo di ogni eventuale connessione esterna non sono
550 specificati; in questo caso la \textit{socket pair} associata al socket può
551 essere indicata come (*:22, *:*), usando l'asterisco anche per gli indirizzi
552 come carattere di \textit{wildchard}.
554 In genere avendo le macchine associato un solo IP ci si può chiedere che senso
555 abbia l'utilizzo dell'indirizzo generico per l'indirizzo locale, ma esistono
556 anche macchine che hanno più di un indirizzo IP (il cosiddetto
557 \textit{multihoming}) in questo modo si possono accettare connessioni
558 indirizzate verso uno qualunque di essi. Ma come si può vedere nell'esempio
559 con il DNS in ascolto sulla porta 53 è anche possibile restringere l'accesso
560 solo alle connessioni che provengono da uno specifico indirizzo, cosa che nel
561 caso è fatta accettando solo connessioni che arrivino sull'interfaccia di
564 Una volta che ci si vorrà collegare a questa macchina da un'altra posta
565 all'indirizzo 192.84.146.100 si potrà lanciare un client \cmd{ssh} per
566 creare una connessione verso la precedente, e il kernel assocerà al suddetto
567 una porta effimera che per esempio potrà essere la 21100, la connessione
568 allora sarà espressa dalla socket pair (192.84.146.100:21100,
571 Alla ricezione della richiesta dal client il server creerà un processo figlio
572 per gestire la connessione, se a questo punto eseguiamo nuovamente il
573 programma netstat otterremo come risultato:
575 Active Internet connections (servers and established)
576 Proto Recv-Q Send-Q Local Address Foreign Address State
577 tcp 0 0 0.0.0.0:22 0.0.0.0:* LISTEN
578 tcp 0 0 0.0.0.0:25 0.0.0.0:* LISTEN
579 tcp 0 0 127.0.0.1:53 0.0.0.0:* LISTEN
580 tcp 0 0 195.110.112.152:22 192.84.146.100:21100 ESTABLISHED
583 Come si può notare il server è ancora in ascolto sulla porta 22, però adesso
584 c'è un nuovo socket (con lo stato \texttt{ESTABLISHED}) che anch'esso utilizza
585 la porta 22, ed ha specificato l'indirizzo locale, questo è il socket con cui
586 il processo figlio gestisce la connessione mentre il padre resta in ascolto
587 sul socket originale.
589 Se a questo punto lanciamo un'altra volta il client ssh per una seconda
590 connessione quello che otterremo usando netstat sarà qualcosa del genere:
592 Active Internet connections (servers and established)
593 Proto Recv-Q Send-Q Local Address Foreign Address State
594 tcp 0 0 0.0.0.0:22 0.0.0.0:* LISTEN
595 tcp 0 0 0.0.0.0:25 0.0.0.0:* LISTEN
596 tcp 0 0 127.0.0.1:53 0.0.0.0:* LISTEN
597 tcp 0 0 195.110.112.152:22 192.84.146.100:21100 ESTABLISHED
598 tcp 0 0 195.110.112.152:22 192.84.146.100:21101 ESTABLISHED
600 cioè il client effettuerà la connessione usando un'altra porta effimera, con
601 questa sarà aperta la connessione, ed il server creerà un'altro processo
602 figlio sarà creato per gestirla.
604 Tutto ciò mostra come TCP, per poter gestire le connessioni con un server
605 concorrente, non può suddividere i pacchetti solo sulla base della porta di
606 destinazione, ma deve usare tutta l'informazione contenuta nella socket pair,
607 compresa la porta dell'indirizzo remoto. E se andassimo a vedere quali sono i
608 processi a cui fanno riferimento i vari socket vedremmo che i pacchetti che
609 arrivano dalla porta remota 21100 vanno al primo figlio e quelli che arrivano
610 alla porta 21101 al secondo.
613 \section{Le funzioni dei socket TCP}
614 \label{sec:TCPel_functions}
616 In questa sezione descriveremo in dettaglio le varie funzioni necessarie per
617 l'uso dei socket TCP già citate in precedenza (e utilizzate nei due esempi
618 \secref{sec:net_cli_sample} e \secref{sec:net_serv_sample}) con l'eccezione
619 della funzione \func{socket} che è già stata esaminata in dettaglio in
620 \secref{sec:sock_socket}.
622 In \figref{fig:TCPel_cliserv_func} abbiamo un tipico schema di funzionamento
623 di un'applicazione client-server che usa i socket TCP: prima il server viene
624 avviato ed in seguito il client si connette, in questo caso, a differenza di
625 quanto accadeva con gli esempi elementari del \capref{cha:network} si assume
626 che sia il client ad effettuare delle richieste a cui il server risponde, il
627 client notifica poi di avere concluso inviando un end-of-file a cui il server
628 risponderà anche lui chiudendo la connessione per aspettarne una nuova.
633 \caption{Struttura delle funzioni dei socket per una semplice applicazione
634 client/server su TCP.}
635 \label{fig:TCPel_cliserv_func}
638 Useremo questo schema anche per l'esempio di reimplementazione del servizio
639 \texttt{daytime} che illustreremo in \secref{sec:TCPel_cunc_serv}.
642 \subsection{La funzione \func{bind}}
643 \label{sec:TCPel_func_bind}
645 La funzione \func{bind} assegna un indirizzo locale ad un socket. È usata
646 cioè per specificare la prima parte dalla socket pair. Viene usata sul lato
647 server per specificare la porta (e gli eventuali indirizzi locali) su cui poi
648 ci si porrà in ascolto. Il prototipo della funzione è il seguente:
649 \begin{prototype}{sys/socket.h}
650 {int bind(int sockfd, const struct sockaddr *serv\_addr, socklen\_t addrlen)}
652 Il primo argomento è un file descriptor ottenuto da una precedente chiamata
653 a \func{socket}, mentre il secondo e terzo argomento sono rispettivamente
654 l'indirizzo (locale) del socket e la dimensione della struttura che lo
655 contiene, secondo quanto già trattato in \secref{sec:sock_sockaddr}.
657 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
658 errore; in caso di errore la variabile \var{errno} viene impostata secondo
659 i seguenti codici di errore:
661 \item[\macro{EBADF}] il file descriptor non è valido.
662 \item[\macro{EINVAL}] il socket ha già un indirizzo assegnato.
663 \item[\macro{ENOTSOCK}] il file descriptor non è associato ad un socket.
664 \item[\macro{EACCESS}] si è cercato di usare una porta riservata senza
665 sufficienti privilegi.
669 Con il TCP la chiamata \func{bind} permette di specificare l'indirizzo, la
670 porta, entrambi o nessuno dei due. In genere i server utilizzano una porta
671 nota che assegnano all'avvio, se questo non viene fatto è il kernel a
672 scegliere una porta effimera quando vengono eseguite la funzioni
673 \func{connect} o \func{listen}, ma se questo è normale per il client non lo è
674 per il server\footnote{un'eccezione a tutto ciò sono i server che usano RPC.
675 In questo caso viene fatta assegnare dal kernel una porta effimera che poi
676 viene registrata presso il \textit{portmapper}; quest'ultimo è un altro
677 demone che deve essere contattato dai client per ottenere la porta effimera
678 su cui si trova il server.} che in genere viene identificato dalla porta su
681 Con \func{bind} si può assegnare un IP specifico ad un socket, purché questo
682 appartenga ad una interfaccia della macchina. Per un client TCP questo
683 diventerà l'indirizzo sorgente usato per i tutti i pacchetti inviati sul
684 socket, mentre per un server TCP questo restringerà l'accesso al socket solo
685 alle connessioni che arrivano verso tale indirizzo.
687 Normalmente un client non specifica mai un indirizzo ad un suo socket, ed il
688 kernel sceglie l'indirizzo di origine quando viene effettuata la connessione
689 sulla base dell'interfaccia usata per trasmettere i pacchetti, (che dipende
690 dalle regole di instradamento usate per raggiungere il server).
691 Se un server non specifica il suo indirizzo locale il kernel userà come
692 indirizzo di origine l'indirizzo di destinazione specificato dal SYN del
695 Per specificare un indirizzo generico con IPv4 si usa il valore
696 \macro{INADDR\_ANY}, il cui valore, come visto anche negli esempi precedenti
697 è pari a zero, nell'esempio \figref{fig:net_serv_code} si è usata
698 un'assegnazione immediata del tipo:
701 \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
702 serv_add.sin_addr.s_addr = htonl(INADDR_ANY); /* connect from anywhere */
706 Si noti che si è usato \func{htonl} per assegnare il valore
707 \macro{INADDR\_ANY}; benché essendo questo pari a zero il riordinamento sia
708 inutile; ma dato che tutte le costanti \macro{INADDR\_} sono definite
709 secondo l'ordinamento della macchina è buona norma usare sempre la funzione
712 L'esempio precedete funziona con IPv4 dato che l'indirizzo è rappresentabile
713 anche con un intero a 32 bit; non si può usare lo stesso metodo con IPv6,
714 in cui l'indirizzo è specificato come struttura, perché il linguaggio C non
715 consente l'uso di una struttura costante come operando a destra in una
718 Per questo nell'header \file{netinet/in.h} è definita una variabile
719 \type{in6addr\_any} (dichiarata come \ctyp{extern}, ed inizializzata dal
720 sistema al valore \macro{IN6ADRR\_ANY\_INIT}) che permette di effettuare una
721 assegnazione del tipo:
724 \begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
725 serv_add.sin6_addr = in6addr_any; /* connect from anywhere */
730 \subsection{La funzione \func{connect}}
731 \label{sec:TCPel_func_connect}
733 La funzione \func{connect} è usata da un client TCP per stabilire la
734 connessione con un server TCP, il prototipo della funzione è il seguente:
735 \begin{prototype}{sys/socket.h}
736 {int connect(int sockfd, const struct sockaddr *servaddr, socklen\_t addrlen)}
738 Il primo argomento è un file descriptor ottenuto da una precedente chiamata
739 a \func{socket}, mentre il secondo e terzo argomento sono rispettivamente
740 l'indirizzo e la dimensione della struttura che contiene l'indirizzo del
741 socket, già descritta in \secref{sec:sock_sockaddr}.
743 \bodydesc{La funzione restituisce zero in caso di successo e -1 per un
744 errore, in caso di errore la variabile \var{errno} viene impostata secondo
745 i seguenti codici di errore:
747 \item[\macro{ECONNREFUSED}] non c'è nessuno in ascolto sull'indirizzo remoto.
748 \item[\macro{ETIMEDOUT}] si è avuto timeout durante il tentativo di
750 \item[\macro{ENETUNREACH}] la rete non è raggiungibile.
751 \item[\macro{EINPROGRESS}] il socket è non bloccante (vedi
752 \secref{sec:file_noblocking}) e la connessione non può essere conclusa
754 \item[\macro{EALREADY}] il socket è non bloccante (vedi
755 \secref{sec:file_noblocking}) e un tentativo precedente di connessione non
756 si è ancora concluso.
757 \item[\macro{EAGAIN}] non ci sono più porte locali libere.
758 \item[\macro{EAFNOSUPPORT}] l'indirizzo non ha una famiglia di indirizzi
759 corretta nel relativo campo.
760 \item[\macro{EACCESS, EPERM}] si è tentato di eseguire una connessione ad un
761 indirizzo broadcast senza che il socket fosse stato abilitato per il
764 altri errori possibili sono: \macro{EFAULT}, \macro{EBADF},
765 \macro{ENOTSOCK}, \macro{EISCONN} e \macro{EADDRINUSE}.}
768 La struttura dell'indirizzo deve essere inizializzata con l'indirizzo IP e il
769 numero di porta del server a cui ci si vuole connettere, come mostrato
770 nell'esempio \secref{sec:net_cli_sample} usando le funzioni illustrate in
771 \secref{sec:sock_addr_func}.
773 Nel caso di socket TCP la funzione \func{connect} avvia il \textit{three way
774 handshake}, e ritorna solo quando la connessione è stabilita o si è
775 verificato un errore. Le possibili cause di errore sono molteplici (ed i
776 relativi codici riportati sopra), quelle che però dipendono dalla situazione
777 della rete e non da errori o problemi nella chiamata della funzione sono le
780 \item Il client non riceve risposta al SYN: l'errore restituito è
781 \macro{ETIMEDOUT}. Stevens riporta che BSD invia un primo SYN alla chiamata
782 di \func{connect}, un'altro dopo 6 secondi, un terzo dopo 24 secondi, se
783 dopo 75 secondi non ha ricevuto risposta viene ritornato l'errore. Linux
784 invece ripete l'emissione del SYN ad intervalli di 30 secondi per un numero
785 di volte che può essere stabilito dall'utente sia con una opportuna
786 \func{sysctl} che attraverso il filesystem \file{/proc} scrivendo il valore
787 voluto in \file{/proc/sys/net/ipv4/tcp\_syn\_retries}. Il valore predefinito
788 per la ripetizione dell'invio è di 5 volte, che comporta un timeout dopo
791 % Le informazioni su tutte le opzioni impostabili via /proc stanno in
792 % Linux/Documentation/networking/ip-sysctl.txt
794 \item Il client riceve come risposta al SYN un RST significa che non c'è
795 nessun programma in ascolto per la connessione sulla porta specificata (il
796 che vuol dire probabilmente che o si è sbagliato il numero della porta o che
797 non è stato avviato il server), questo è un errore fatale e la funzione
798 ritorna non appena il RST viene ricevuto riportando un errore
799 \macro{ECONNREFUSED}.
801 Il flag RST sta per \textit{reset} ed è un segmento inviato direttamente
802 dal TCP quando qualcosa non va. Tre condizioni che generano un RST sono:
803 quando arriva un SYN per una porta che non ha nessun server in ascolto,
804 quando il TCP abortisce una connessione in corso, quando TCP riceve un
805 segmento per una connessione che non esiste.
807 \item Il SYN del client provoca l'emissione di un messaggio ICMP di
808 destinazione non raggiungibile. In questo caso dato che il messaggio può
809 essere dovuto ad una condizione transitoria si ripete l'emissione dei SYN
810 come nel caso precedente, fino al timeout, e solo allora si restituisce il
811 codice di errore dovuto al messaggio ICMP, che da luogo ad un
816 Se si fa riferimento al diagramma degli stati del TCP riportato in
817 \figref{fig:TCP_state_diag} la funzione \func{connect} porta un socket
818 dallo stato \texttt{CLOSED} (lo stato iniziale in cui si trova un socket
819 appena creato) prima allo stato \texttt{SYN\_SENT} e poi, al ricevimento del
820 ACK, nello stato \texttt{ESTABLISHED}. Se invece la connessione fallisce il
821 socket non è più utilizzabile e deve essere chiuso.
823 Si noti infine che con la funzione \func{connect} si è specificato solo
824 indirizzo e porta del server, quindi solo una metà della socket pair; essendo
825 questa funzione usata nei client l'altra metà contenente indirizzo e porta
826 locale viene lasciata all'assegnazione automatica del kernel, e non è
827 necessario effettuare una \func{bind}.
830 \subsection{La funzione \func{listen}}
831 \label{sec:TCPel_func_listen}
833 La funzione \func{listen} è usata per usare un socket in modalità passiva,
834 cioè, come dice il nome, per metterlo in ascolto di eventuali connessioni; in
835 sostanza l'effetto della funzione è di portare il socket dallo stato
836 \texttt{CLOSED} a quello \texttt{LISTEN}. In genere si chiama la funzione in
837 un server dopo le chiamate a \func{socket} e \func{bind} e prima della
838 chiamata ad \func{accept}. Il prototipo della funzione come definito dalla
840 \begin{prototype}{sys/socket.h}{int listen(int sockfd, int backlog)}
841 La funzione pone il socket specificato da \var{sockfd} in modalità
842 passiva e predispone una coda per le connessioni in arrivo di lunghezza pari
843 a \var{backlog}. La funzione si può applicare solo a socket di tipo
844 \macro{SOCK\_STREAM} o \macro{SOCK\_SEQPACKET}.
846 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
847 errore. I codici di errore restituiti in \var{errno} sono i seguenti:
849 \item[\macro{EBADF}] l'argomento \var{sockfd} non è un file descriptor
851 \item[\macro{ENOTSOCK}] l'argomento \var{sockfd} non è un socket.
852 \item[\macro{EOPNOTSUPP}] il socket è di un tipo che non supporta questa
858 Il parametro \var{backlog} indica il numero massimo di connessioni pendenti
859 accettate; se esso viene ecceduto il client riceverà una errore di tipo
860 \macro{ECONNREFUSED}, o se il protocollo, come nel caso del TCP, supporta la
861 ritrasmissione, la richiesta sarà ignorata in modo che la connessione possa
864 Per capire meglio il significato di tutto ciò occorre approfondire la modalità
865 con cui il kernel tratta le connessioni in arrivo. Per ogni socket in ascolto
866 infatti vengono mantenute due code:
868 \item Una coda delle connessioni incomplete (\textit{incomplete connection
869 queue} che contiene un ingresso per ciascun socket per il quale è arrivato
870 un SYN ma il three way handshake non si è ancora concluso. Questi socket
871 sono tutti nello stato \texttt{SYN\_RECV}.
872 \item Una coda delle connessioni complete (\textit{complete connection queue}
873 che contiene un ingresso per ciascun socket per il quale il three way
874 handshake è stato completato ma ancora \func{accept} non è ritornata.
875 Questi socket sono tutti nello stato \texttt{ESTABLISHED}.
878 Lo schema di funzionamento è descritto in \figref{fig:TCPel_xxx}, quando
879 arriva un SYN da un client il server crea una nuova entrata nella coda delle
880 connessioni incomplete, e poi risponde con il SYN$+$ACK. La entrata resterà
881 nella coda delle connessioni incomplete fino al ricevimento dell'ACK dal
882 client o fino ad un timeout. Nel caso di completamento del three way handshake
883 l'entrata viene sostata nella coda delle connessioni complete. Quando il
884 processo chiama la funzione \func{accept} (vedi
885 \secref{sec:TCPel_func_accept}) la prima entrata nella coda delle connessioni
886 complete è passata al programma, o, se la coda è vuota, il processo viene
887 posto in attesa e risvegliato all'arrivo della prima connessione completa.
889 Storicamente il valore del parametro \var{backlog} era corrispondente al
890 massimo valore della somma del numero di entrate possibili per ciascuna di
891 dette code. Stevens riporta che BSD ha sempre applicato un fattore di 1.5 al
892 valore, e provvede una tabella con i risultati ottenuti con vari kernel,
893 compreso Linux 2.0, che mostrano le differenze fra diverse implementazioni.
895 In Linux il significato di questo valore è cambiato a partire dal kernel 2.2
896 per prevenire l'attacco chiamato \textit{syn flood}. Questo si basa
897 sull'emissione da parte dell'attaccante di un grande numero di pacchetti SYN
898 indirizzati verso una porta forgiati con indirizzo IP fasullo\footnote{con la
899 tecnica che viene detta \textit{ip spoofing}.} così che i SYN$+$ACK vanno
900 perduti e la coda delle connessioni incomplete viene saturata, impedendo di
901 fatto ulteriori connessioni.
903 Per ovviare a questo il significato del \var{backlog} è stato cambiato a
904 indicare la lunghezza della coda delle connessioni complete. La lunghezza
905 della coda delle connessioni incomplete può essere ancora controllata usando
906 la \func{sysctl} o scrivendola direttamente in
907 \file{/proc/sys/net/ipv4/tcp\_max\_syn\_backlog}. Quando si attiva la
908 protezione dei syncookies però (con l'opzione da compilare nel kernel e da
909 attivare usando \file{/proc/sys/net/ipv4/tcp\_syncookies}) questo valore
910 viene ignorato e non esiste più un valore massimo. In ogni caso in Linux il
911 valore di \var{backlog} viene troncato ad un massimo di \macro{SOMAXCONN}
912 se è superiore a detta costante (che di default vale 128).
914 La scelta storica per il valore di questo parametro è di 5, e alcuni vecchi
915 kernel non supportavano neanche valori superiori, ma la situazione corrente è
916 molto cambiata per via della presenza di server web che devono gestire un gran
917 numero di connessioni per cui un tale valore non è più adeguato. Non esiste
918 comunque una risposta univoca per la scelta del valore, per questo non
919 conviene specificarlo con una costante (il cui cambiamento richiederebbe la
920 ricompilazione del server) ma usare piuttosto una variabile di ambiente (vedi
921 \secref{sec:proc_environ}).
923 Lo Stevens tratta accuratamente questo argomento, con esempi presi da casi
924 reali su web server, ed in particolare evidenzia come non sia più vero che il
925 compito principale della coda sia quello di gestire il caso in cui il server è
926 occupato fra chiamate successive alla \func{accept} (per cui la coda più
927 occupata sarebbe quella delle connessioni completate), ma piuttosto quello di
928 gestire la presenza di un gran numero di SYN in attesa di concludere il
931 Infine va messo in evidenza che nel caso di socket TCP quando un SYN arriva
932 con tutte le code piene, il pacchetto deve essere ignorato. Questo perché la
933 condizione in cui le code sono piene è ovviamente transitoria, per cui se il
934 client ritrasmette il SYN è probabile che passato un po' di tempo possa
935 trovare nella coda lo spazio per una nuova connessione. Se invece si
936 rispondesse con un RST per indicare l'impossibilità di effettuare la
937 connessione la chiamata a \func{connect} nel client ritornerebbe con una
938 condizione di errore, costringendo a inserire nell'applicazione la gestione
939 dei tentativi di riconnessione che invece può essere effettuata in maniera
940 trasparente dal protocollo TCP.
943 \subsection{La funzione \func{accept}}
944 \label{sec:TCPel_func_accept}
946 La funzione \func{accept} è chiamata da un server TCP per gestire la
947 connessione una volta che sia stato completato il three way handshake, la
948 funzione restituisce un nuovo socket descriptor su cui si potrà operare per
949 effettuare la comunicazione. Se non ci sono connessioni completate il processo
950 viene messo in attesa. Il prototipo della funzione è il seguente:
951 \begin{prototype}{sys/socket.h}
952 {int accept(int sockfd, struct sockaddr *addr, socklen\_t *addrlen)}
953 Estrae la prima connessione relativa al socket \var{sockfd}
954 in attesa sulla coda delle connessioni complete, che associa ad nuovo socket
955 con le stesse caratteristiche di \var{sockfd} (restituito dalla funzione
956 stessa). Il socket originale non viene toccato. Nella struttura
957 \var{addr} e nella variabile \var{addrlen} vengono restituiti
958 indirizzo e relativa lunghezza del client che si è connesso.
960 \bodydesc{La funzione restituisce un numero di socket descriptor positivo in
961 caso di successo e -1 in caso di errore, nel qual caso la variabile
962 \var{errno} viene impostata ai seguenti valori:
965 \item[\macro{EBADF}] l'argomento \var{sockfd} non è un file descriptor
967 \item[\macro{ENOTSOCK}] l'argomento \var{sockfd} non è un socket.
968 \item[\macro{EOPNOTSUPP}] il socket è di un tipo che non supporta questa
970 \item[\macro{EAGAIN} o \macro{EWOULDBLOCK}] il socket è stato impostato come
971 non bloccante (vedi \secref{sec:file_noblocking}), e non ci sono
972 connessioni in attesa di essere accettate.
973 \item[\macro{EPERM}] Le regole del firewall non consentono la connessione.
974 \item[\macro{ENOBUFS, ENOMEM}] questo spesso significa che l'allocazione
975 della memoria è limitata dai limiti sui buffer dei socket, non dalla
978 Inoltre possono essere restituiti gli errori di rete relativi al nuovo
979 socket come: \macro{EMFILE}, \macro{EINVAL}, \macro{ENOSR}, \macro{ENOBUFS},
980 \macro{EFAULT}, \macro{EPERM}, \macro{ECONNABORTED},
981 \macro{ESOCKTNOSUPPORT}, \macro{EPROTONOSUPPORT}, \macro{ETIMEDOUT},
982 \macro{ERESTARTSYS}.}
985 La funzione può essere usata solo con socket che supportino la connessione
986 (cioè di tipo \macro{SOCK\_STREAM}, \macro{SOCK\_SEQPACKET} o
987 \macro{SOCK\_RDM}). Per alcuni protocolli che richiedono una conferma
988 esplicita della connessione, (attualmente in Linux solo DECnet ha questo
989 comportamento), la funzione opera solo l'estrazione dalla coda delle
990 connessioni, la conferma della connessione viene fatta implicitamente dalla
991 prima chiamata ad una \func{read} o una \func{write} mentre il rifiuto della
992 connessione viene fatto con la funzione \func{close}.
994 È da chiarire che Linux presenta un comportamento diverso nella gestione degli
995 errori rispetto ad altre implementazioni dei socket BSD, infatti la funzione
996 \func{accept} passa gli errori di rete pendenti sul nuovo socket come codici
997 di errore per \func{accept}. Inoltre la funzione non fa ereditare ai nuovi
998 socket flag come \macro{O\_NONBLOCK}, che devono essere rispecificati volta
999 volta, questo è un comportamento diverso rispetto a quanto accade con BSD e
1000 deve essere tenuto in conto per scrivere programmi portabili.
1002 I due argomenti \var{cliaddr} e \var{addrlen} (si noti che quest'ultimo
1003 è passato per indirizzo per avere indietro il valore) sono usati per ottenere
1004 l'indirizzo del client da cui proviene la connessione. Prima della chiamata
1005 \var{addrlen} deve essere inizializzato alle dimensioni della struttura il
1006 cui indirizzo è passato come argomento in \var{cliaddr}, al ritorno della
1007 funzione \var{addrlen} conterrà il numero di byte scritti dentro
1008 \var{cliaddr}. Se questa informazione non interessa basterà inizializzare a
1009 \macro{NULL} detti puntatori.
1011 Se la funzione ha successo restituisce il descrittore di un nuovo socket
1012 creato dal kernel (detto \textit{connected socket}) a cui viene associata la
1013 prima connessione completa (estratta dalla relativa coda, vedi
1014 \secref{sec:TCPel_func_listen}) che il client TCP ha effettuato verso il
1015 socket \var{sockfd}. Quest'ultimo (detto \textit{listening socket}) è quello
1016 creato all'inizio e messo in ascolto con \func{listen}, e non viene toccato
1017 dalla funzione. Se non ci sono connessioni pendenti da accettare la funzione
1018 mette in attesa il processo\footnote{a meno che non si sia imopstato il socket
1019 per essere non bloccante (vedi \secref{sec:file_noblocking}), nel qual caso
1020 ritorna con l'errore \macro{EAGAIN}. Torneremo su questa modalità di
1021 operazione in \secref{sec:xxx_sock_noblock}.} fintanto che non ne arriva
1024 Il meccanismo di funzionamento di \func{accept} è essenziale per capire il
1025 funzionamento di un server: in generale infatti c'è sempre un solo socket in
1026 ascolto, che resta per tutto il tempo nello stato \texttt{LISTEN}, mentre le
1027 connessioni vengono gestite dai nuovi socket ritornati da \func{accept} che
1028 si trovano automaticamente nello stato \texttt{ESTABLISHED} e utilizzati fino
1029 alla chiusura della connessione che avviene su di essi. Si può riconoscere
1030 questo schema anche nell'esempio elementare in \figref{fig:net_serv_code} dove
1031 per ogni connessione il socket creato da \func{accept} viene chiuso dopo
1035 \subsection{La funzione \func{close}}
1036 \label{sec:TCPel_func_close}
1038 La funzione standard unix \func{close} (vedi \secref{sec:file_close}) che si
1039 usa sui file può essere usata con lo stesso effetto anche sui socket
1042 L'azione standard di questa funzione quando applicata a socket è di marcarlo
1043 come chiuso e ritornare immediatamente al processo. Una volta chiamata il
1044 socket descriptor non è più utilizzabile dal processo e non può essere usato
1045 come argomento per una \func{write} o una \func{read} (anche se l'altro
1046 capo della connessione non avesse chiuso la sua parte). Il kernel invierà
1047 comunque tutti i dati che ha in coda prima di iniziare la sequenza di chiusura.
1049 Vedremo più avanti in \secref{sec:TCPadv_so_linger} come è possibile cambiare
1050 questo comportamento, e cosa deve essere fatto perché il processo possa
1051 assicurarsi che l'altro capo abbia ricevuto tutti i dati.
1053 Come per i file anche per i socket descriptor viene mantenuto un numero di
1054 riferimenti, per cui se più di un processo ha lo stesso socket aperto
1055 l'emissione del FIN e la sequenza di chiusura di TCP non viene innescata
1056 fintanto che il numero di riferimenti non si annulla. Questo è il
1057 comportamento normale che ci si aspetta in un'applicazione client/server quale
1058 quella che illustreremo in \secref{sec:TCPel_cunc_serv}.
1060 Per attivare immediatamente l'emissione del FIN e la sequenza di chiusura si
1061 può usare la funzione \func{shutdown} su cui torneremo in seguito.
1065 \section{I server concorrenti su TCP}
1066 \label{sec:TCPel_cunc_serv}
1068 Il server \texttt{daytime} dell'esempio in \secref{sec:net_cli_sample} è un
1069 tipico esempio di server iterativo, in cui viene servita una richiesta alla
1070 volta; in generale però, specie se il servizio è più complesso e comporta uno
1071 scambio di dati più sostanzioso di quello in questione, non è opportuno
1072 bloccare un server nel servizio di un client per volta; per questo si ricorre
1073 alle capacità di multitasking del sistema.
1075 Il modo più immediato per creare un server concorrente è allora quello di
1076 usare la funzione \func{fork} per far creare al server per ogni richiesta da
1077 parte di un client un processo figlio che si incarichi della gestione della
1081 \subsection{Un esempio di server \textit{daytime} concorrente}
1082 \label{sec:TCPel_cunc_daytime}
1084 Per illustrare il meccanismo usato in generale per creare un server
1085 concorrente abbiamo riscritto il server \texttt{daytime} dell'esempio
1086 precedente in forma concorrente, inserendo anche una opzione per la stampa
1087 degli indirizzi delle connessioni ricevute.
1089 In \figref{fig:TCPel_serv_code} è mostrato un estratto del codice, in cui si
1090 sono tralasciati il trattamento delle opzioni e le parti rimaste invariate
1091 rispetto al precedente esempio. Al solito il sorgente completo del server
1092 \file{ElemDaytimeTCPCuncServ.c} è allegato nella directory dei sorgenti.
1094 \begin{figure}[!htb]
1096 \begin{lstlisting}{}
1097 #include <sys/types.h> /* predefined types */
1098 #include <unistd.h> /* include unix standard library */
1099 #include <arpa/inet.h> /* IP addresses conversion utiliites */
1100 #include <sys/socket.h> /* socket library */
1101 #include <stdio.h> /* include standard I/O library */
1104 int main(int argc, char *argv[])
1106 int list_fd, conn_fd;
1108 struct sockaddr_in serv_add, client;
1109 char buffer[MAXLINE];
1115 /* write daytime to client */
1117 if ( (conn_fd = accept(list_fd, (struct sockaddr *)&client, &len))
1119 perror("accept error");
1122 /* fork to handle connection */
1123 if ( (pid = fork()) < 0 ){
1124 perror("fork error");
1127 if (pid == 0) { /* child */
1129 timeval = time(NULL);
1130 snprintf(buffer, sizeof(buffer), "%.24s\r\n", ctime(&timeval));
1131 if ( (write(conn_fd, buffer, strlen(buffer))) < 0 ) {
1132 perror("write error");
1136 inet_ntop(AF_INET, &client.sin_addr, buffer, sizeof(buffer));
1137 printf("Request from host %s, port %d\n", buffer,
1138 ntohs(client.sin_port));
1142 } else { /* parent */
1146 /* normal exit, never reached */
1150 \caption{Esempio di codice di un server concorrente elementare per il
1152 \label{fig:TCPel_serv_code}
1155 Come si può vedere (alle linee \texttt{\small 21--25}) la funzione
1156 \func{accept} stavolta è chiamata fornendo una struttura di indirizzi in cui
1157 saranno ritornati numero IP e porta da cui il client effettua la connessione,
1158 che stamperemo, se avremo abilitato il logging, sullo standard output
1159 (\texttt{\small 39--43}).
1161 Quando \func{accept} ritorna il server chiama la funzione \func{fork}
1162 (\texttt{\small 26--30}) per creare il processo figlio che effettuerà tutte le
1163 operazioni relative a quella connessione (\texttt{\small 31--45}), mentre il
1164 padre resterà in attesa di ulteriori connessioni.
1166 Si noti come il figlio operi solo sul socket connesso, chiudendo
1167 immediatamente il socket \var{list\_fd}; mentre il padre continua ad operare
1168 solo sul socket in ascolto chiudendo \var{sock\_fd} dopo ciascuna
1169 \func{accept}. Per quanto abbiamo detto in \secref{sec:TCPel_func_close}
1170 queste due chiusure non causano l'innesco della sequenza di chiusura perché il
1171 numero di riferimenti non si è annullato.
1173 Infatti subito dopo la creazione del socket \var{list\_fd} ha una
1174 referenza, e lo stesso vale per \var{sock\_fd} dopo il ritorno di
1175 \func{accept}, ma dopo la fork i descrittori vengono duplicati nel padre e
1176 nel figlio per cui entrambi i socket si trovano con due referenze. Questo fa
1177 si che quando il padre chiude \var{sock\_fd} esso resta con una referenza
1178 da parte del figlio, e sarà definitivamente chiuso solo quando quest'ultimo,
1179 dopo aver completato le sue operazioni, chiamerà la funzione \func{close}.
1181 In realtà per il figlio non sarebbero necessarie nessuna delle due chiamate a
1182 \func{close} in quanto nella \func{exit} tutti i file ed i socket vengono
1183 chiusi, ma si è preferito effettuare la chiusura esplicitamente per avere una
1184 maggiore chiarezza del codice ed evitare possibili errori.
1186 Si noti come sia essenziale che il padre chiuda ogni volta il socket connesso
1187 dopo la \func{accept}; se così non fosse nessuno di questi socket sarebbe
1188 effettivamente chiuso dato che alla chiusura da parte del figlio resterebbe
1189 ancora un riferimento. Si avrebbero così due effetti, il padre potrebbe
1190 esaurire i descrittori disponibili (che sono un numero limitato per ogni
1191 processo) e soprattutto nessuna delle connessioni con i client verrebbe
1195 \subsection{Le funzioni \func{getsockname} e \func{getpeername}}
1196 \label{sec:TCPel_get_names}
1198 Queste due funzioni vengono usate per ottenere la socket pair associata ad un
1199 certo socket; la prima restituisce l'indirizzo locale, la seconda quello
1202 \begin{prototype}{sys/socket.h}
1203 {int getsockname(int sockfd, struct sockaddr * name, socklen\_t * namelen)}
1204 Legge l'indirizzo locale del socket \param{sockfd} nella struttura
1207 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1208 errore. I codici di errore restituiti in \var{errno} sono i seguenti:
1210 \item[\macro{EBADF}] l'argomento \var{sockfd} non è un file descriptor
1212 \item[\macro{ENOTSOCK}] l'argomento \var{sockfd} non è un socket.
1213 \item[\macro{ENOBUFS}] non ci sono risorse sufficienti nel sistema per
1214 eseguire l'operazione.
1215 \item[\macro{EFAULT}] l'argomento \var{name} punta al di fuori dello
1216 spazio di indirizzi del processo.
1220 La funzione \func{getsockname} si usa tutte le volte che si vuole avere
1221 l'indirizzo locale di un socket; ad esempio può essere usata da un client (che
1222 usualmente non chiama \func{bind}) per ottenere numero IP e porta locale
1223 associati al socket restituito da una \func{connect}, o da un server che ha
1224 chiamato \func{bind} su un socket usando 0 come porta locale per ottenere il
1225 numero di porta effimera assegnato dal kernel.
1227 Inoltre quando un server esegue una \func{bind} su un indirizzo generico, se
1228 chiamata dopo il completamento di una connessione sul socket restituito da
1229 \func{accept}, restituisce l'indirizzo locale che il kernel ha assegnato a
1232 \begin{prototype}{sys/socket.h}
1233 {int getpeername(int sockfd, struct sockaddr * name, socklen\_t * namelen)}
1234 Legge l'indirizzo remoto del socket \param{sockfd} nella struttura
1237 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1238 errore. I codici di errore restituiti in \var{errno} sono i seguenti:
1240 \item[\macro{EBADF}] l'argomento \var{sockfd} non è un file descriptor
1242 \item[\macro{ENOTSOCK}] l'argomento \var{sockfd} non è un socket.
1243 \item[\macro{ENOTCONN}] il socket non è connesso.
1244 \item[\macro{ENOBUFS}] non ci sono risorse sufficienti nel sistema per
1245 eseguire l'operazione.
1246 \item[\macro{EFAULT}] l'argomento \var{name} punta al di fuori dello
1247 spazio di indirizzi del processo.
1252 La funzione \func{getpeername} si usa tutte le volte che si vuole avere
1253 l'indirizzo remoto di un socket.
1255 Ci si può chiedere a cosa serva questa funzione dato che dal lato client
1256 l'indirizzo remoto è sempre noto quando si esegue la \func{connect} mentre
1257 dal lato server si possono usare, come si è fatto nell'esempio precedente, i
1258 valori di ritorno di \func{accept}.
1260 In generale però questa ultima possibilità è sempre possibile. In particolare
1261 questo avviene quando il server invece di far gestire la connessione
1262 direttamente a un processo figlio, come nell'esempio precedente, lancia un
1263 opportuno programma per ciascuna connessione usando \func{exec} (questa ad
1264 esempio è la modalità con cui opera il \textsl{super-server} \cmd{inetd}
1265 che gestisce tutta una serie di servizi lanciando per ogni connessione
1266 l'opportuno server).
1268 In questo caso benché il processo figlio abbia una immagine della memoria che
1269 è copia di quella del processo padre (e contiene quindi anche la struttura
1270 ritornata da \func{accept}), all'esecuzione di \func{exec} viene caricata
1271 in memoria l'immagine del programma eseguito che a questo punto perde ogni
1272 riferimento. Il socket descriptor però resta aperto. Allora se una opportuna
1273 convenzione è seguita per rendere noto al programma eseguito qual'è il socket
1274 connesso (\cmd{inetd} ad esempio fa sempre in modo che i file descriptor 0,
1275 1 e 2 corrispondano al socket connesso) quest'ultimo potrà usare la funzione
1276 \func{getpeername} per determinare l'indirizzo remoto del client.
1278 Infine è da chiarire (si legga la pagina di manuale) che, come per
1279 \func{accept}, il terzo parametro, che è specificato dallo standard POSIX.1g
1280 come di tipo \code{socklen\_t *} in realtà deve sempre corrispondere ad un
1281 \ctyp{int *} come prima dello standard perché tutte le implementazioni dei
1282 socket BSD fanno questa assunzione.
1286 %%% Local Variables:
1288 %%% TeX-master: "gapil"